Pavia, 19-20 Febbraio 2009 Convegno Congiunto Dipartimento Genetica e Microbiologia Istituto di Genetica Molecolare del CNR ABSTRACTS PROGRAMMA 19 FEBBRAIO 2009 8.45 Apertura dei lavori da parte dei Direttori Guglielmina Nadia Ranzani e Giuseppe Biamonti 9.00-9.30 Liliana Ironi IMATI-CNR - Modellizzazione e simulazione di fenomeni biologici a conoscenza incompleta I sessione: GENETICA UMANA ED EVOLUZIONISTICA 9.30-9.50 10.40-10.55 Astolfi P, Fiorani O, Lisa A, Zei G, Tentoni S. Longevità riproduttiva in Sardegna. Eterogeneità spaziale e determinanti bio-demografiche Lisa A, Fiorani O, Zei G, Cavalli-Sforza LL. Studio della struttura genetica della popolazione italiana Vella F, Belloni E, Bensi M, Biscaro V, Coperchini V, De Pascali V, Marcialis C, Paulis M, Raimondi E. Citogenetica Molecolare Biino G, Casula L, De Terlizzi F, Pirastu M. Epidemiologia dell’osteoporosi in un isolato genetico dell’Ogliastra Damiani G. Darwin, Lamarck e l’origine delle patologie complesse 10.55-11.10 CAFFE’ 11.10-11.30 Bonfiglio S, Achilli A, Olivieri A, Malusà A, Pala M, Hooshiar Kashani B, Perego UA, Semino O, Torroni A, Ferretti L. Sulle tracce degli antichi uri Pala M, Olivieri A, Perego UA, Hooshiar Kashani B, Carossa V, Al-Zahery N, Battaglia V, Santachiara-Benerecetti AS, Semino O, Achilli A, Torroni A. La variazione di sequenza normale e patologica del DNA mitocondriale umano Piras F, Santagostino M, Attolini C, Bertoni L, Khoriauli L, Nergadze S, Smirnova A, Vidale P, Giulotto E. Laboratorio di Biologia Molecolare e Cellulare Mondello C, Chiodi I, Belgiovine C, Ricotti R, Pirronello F, Sciarrillo M, Marcucci I, Chiesa G. Instabilità genomica e trasformazione cellulare Battaglia V, Al-Zahery N, Olivieri A, Pala M, Grugni V, Nici C, Hooshiar Kashani B, Achilli A, Torroni A, Santachiara-Benerecetti AS, Semino O. La storia evolutiva dell’uomo moderno: approfondimenti attraverso l’analisi della variazione della regione maschio specifica del cromosoma Y 9.50-10.05 10.05-10.25 10.25-10.40 11.30-11.50 11.50-12.10 12.10-12.25 12.25-12.45 12.45-14-15 PRANZO 14.15-14.45 Luigi Manzo Università di Pavia e Fondazione Salvatore Maugeri Tossicologia molecolare e valutazione del rischio chimico II sessione REGOLAZIONE GENICA E CROMATINA 14.45-15.00 Capanni C. Dal precursore della lamina A alla cromatina. Studio della localizzazione ed espressione della proteina “Barrier-to Autointegration factor” in cellule con accumulo di prelamina A. Forneris F, Tortorici M, Karytinos A, Banushi B, Ciossani G, Rovida S, Coda A, Binda C, Mattevi A. Complessi della Cromatina Ghigna C, Valacca, C, Bonomi S, Apicella M, Biamonti G. Regolazione post-trascrizionale della transizione epitelio mesenchimale (EMT) 15.00-15.20 15.20-15.35 15.35-15.50 15.50-16.05 Santi S. Meccanismi molecolari della neurogenesi dell’adulto Giordano M, Ghigna C, Riva S, Biamonti G. Analisi degli RNA non codificanti di satellite III indotti da stress termico 16.05-16.20 CAFFE’ 16.20-16.40 Osera C, Scavone F, Romeo G, Calvio C, Galizzi A. I geni coinvolti nella motilità e nella produzione del biopolimero poli-g-glutammato in Bacillus subtilis Cubells M, Mura M, Arrigoni L, Precotto D, Zocco M, Carchedi G, Falaschi A, Riva S, Biamonti G, Peverali F. Identificazione della sequenza minima di un replicatore 16.40-16.55 III sessione BERSAGLI MOLECOLARI E BIOMOLECOLE 16.55-17.10 Bavagnoli L, Garbelli A, Kataropoulou A, Trabatti S, Zanoli S, Maga G. Nuovi bersagli molecolari per la chemioterapia antivirale: le proteine NS1 e DDX3 Pasca M R, Manina G, Buroni S, Lucarelli AP, La Rosa V, Milano A, De Rossi E, Riccardi G. Nuovi farmaci e nuovi bersagli terapeutici contro la tubercolosi Torti A, Lossani A, Focher F. TK e UCK di Entamoeba histolytica: clonaggio, caratterizzazione e ricerca di nuovi inibitori Buroni S, Bazzini S, Degiacomi G, Ribeiro AL, Pasca MR, Riccardi G. Ruolo delle pompe di efflusso RND nella resistenza intrinseca agli antibiotici in isolati clinici di Burkholderia cenocepacia e Pseudomonas aeruginosa Comincini S, Azzalin A, Sbalchiero E, Barbieri G, Palumbo S, Marchesi N, Marongiu L, Loraschi L. Sviluppo di protocolli sperimentali in modelli gliali tumorali basati su strategie di interferenza genica in grado di indurre mortalità cellulare neoplastica 17.10-17.30 17.30-17.45 17.45-18.05 18.05-18-25 20 FEBBRAIO 2009 09.00-09.30 Ilaria Cristiani - CNISM e Dipartimento di Elettronica Università di Pavia - Pinze ottiche in fibra IV sessione BIOTECNOLOGIE 09.30-09.45 10.40-11.00 Croce A C, De Simone U, Bottone M G, Pellicciari C, Bottiroli G. Hypocrellin-B acetato: un substrato fluorogenico per la terapia fotodinamica Serra I, Cecchini D, Amati G, Albertini A. Nuovi enzimi di origine batterica per biocatalisi farmaceutica Mazzini G. Cellule tumorali circolanti (CTC): stato dell’arte e contributi metodologici alla loro separazione e conta Balestrazzi A, Macovei A, Carbonera D. Laboratorio di biotecnologie vegetali Doria E, Nielsen E. Laboratorio di biochimica vegetale 11.00-11.15 CAFFE’ 11.15-11.35 Longoni P, Maggio C, Concia L, Cueva A, Cella R. Laboratorio di biologia molecolare vegetale V sessione MEDICINA MOLECOLARE 11.35-11.50 Botta E, Lanzafame E, Nardo T, Orioli D, Stefanini M. Tricotiodistrofia e difetti nel differenziamento epidermico Azar G, Marchese L, Mazzini G, Obici L, Minutillo P, Necchi V, Magrini U, Bellotti V, Merlini G, Tribioli C. Caratterizzazione di un modello murino di amiloidosi senile D’Agostino V, Garbin G, Malpasso G, Loda A, Quadri M, Ranzani GN. Genetica dei tumori Scovassi I, Camboni T, Donà F, Giansanti V, Parks M, Raineri T, Tillhon M. Identificazione di nuovi composti che interferiscono con la proliferazione cellulare e promuovono l’apoptosi di linee cellulari tumorali Lattanzi G. Difetti del tessuto osseo nelle laminopatie: possibili meccanismi patogenetici 09.45-10.05 10.05-10.20 10.20-10.40 11.50-12.05 12.05-12.25 12.25-12.40 12.40-12.55 12.55-14.30 PRANZO 14.30-15.00 Francesco Svelto – Dipartimento di Elettronica, Università di Pavia Microelectronics: Evolution and Revolution 15.00-15.15 Zini N. Inibitori della processazione della prelamina A e differenziamento osteoclastico Capittini C, Bergamaschi P, Boiocchi C, Martinetti M, Salvaneschi L, Cuccia M. HLA-G dal gene alla proteina: un nuovo mondo di potenzialità terapeutiche Leva V, Soza, S, Rossi R, Galeone C, Biamonti G, Montecucco A. Caratterizzazione della risposta cellulare al danno sul DNA mediato da deficienza cronica della DNA ligasi replicative Prosperi E. Molteplici ruoli dell’inibitore del ciclo cellulare p21CDKN1A nella risposta a danno genotossico: regolazione dell’interazione tra PCNA e proteine della riparazione del DNA 15.15-15.35 15.35-15.50 15.50-16.05 16.05-16.20 16.20-16.35 Azzalin A, Magrassi L Proteine SHC e tumori cerebrali umani Orioli D, Nardo T, Botta E, Mura M, Lanzafame M, Barroso A, Peverali F, Stefanini M. Alterazioni trascrizionali associate a mutazioni in XPD 16.35-16.50 CAFFE’ 16.50-17.20 Tesi di dottorato 17.20 Premiazione 17.40 Saluto dei Direttori DGM e IGM e chiusura lavori RELATORI ESTERNI Liliana Ironi, IMATI-CNR MODELLIZZAZIONE INCOMPLETA. E SIMULAZIONE DI FENOMENI BIOLOGICI A CONOSCENZA I modelli matematici di tipo differenziale e i metodi tradizionali di analisi, sia qualitativa che numerica, si sono spesso dimostrati adatti ed efficaci per lo studio della dinamica di una grande varietà di fenomeni biologici complessi. Tuttavia, per molti fenomeni l’incompletezza della conoscenza disponibile sui processi biologici/biochimici e/o sui valori numerici dei parametri rende proibitivo il ricorso all’approccio classico. Si pensi, ad esempio alle reti di regolazione genica per le quali i metodi classici di simulazione sono spesso non applicabili poiché i valori numerici dei parametri cinetici e delle concentrazioni molecolari che caratterizzano le interazioni tra le diverse componenti non sono identificabili oppure alla dinamica di germinazione di patogeni fungini per i quali la conoscenza sui processi biochimici che controllano la germinazione è parzialmente nota. Durante il seminario verrà presentata una panoramica sui metodi sviluppati presso l’IMATI per affrontare le problematiche connesse alla formulazione e simulazione di sistemi a conoscenza incompleta. Luigi Manzo, Direttore del Servizio di Tossicologia, Fondazione Maugeri, Pavia. TOSSICOLOGIA MOLECOLARE E VALUTAZIONE DEL RISCHIO CHIMICO L’analisi del rischio chimico (Chemical Risk Assessment) è una metodologia standardizzata cui si ricorre per determinare le conseguenze (natura, probabilità e gravità) dell’esposizione umana a sostanze chimiche o della loro dispersione nell’ambiente. Dai risultati degli studi di risk assessment, le agenzie regolatorie stabiliscono i limiti massimi tollerabili per l’assorbimento di inquinanti chimici in ambienti di vita o di lavoro e decidono in merito all’autorizzazione di farmaci e di altri tipi di prodotti potenzialmente pericolosi. I moderni indirizzi della ricerca biomedica hanno consentito di ampliare notevolmente le conoscenze sul meccanismo d’azione delle sostanze tossiche e di sviluppare nuovi marcatori cellulari e molecolari predittivi del danno d’organo. Le ricadute riferibili a questi progressi comprendono (a) una maggiore precisione del processo di risk assessment e (b) la sua applicabilità anche allo studio di “fattori di rischio emergenti”, come ad esempio gli interferenti endocrini ed i nanomateriali. I. Cristiani1, P. Minzioni1, F. Bragheri1, C. Liberale2 , F. De Angelis2, E. Di Fabrizio2 1 2 CNISM e Dipartimento di Elettronica, Università di Pavia BioNEM, Università della Magna Graecia, Catanzaro PINZE OTTICHE IN FIBRA Le pinze ottiche rappresentano uno strumento molto potente per la manipolazione senza contatto fisico di oggetti caratterizzati da dimensioni fisiche che variano da decine di nanometri a centinaia di micrometri [1]. Trappole stabili tridimensionali possono essere prodotte creando una forte focalizzazione di un fascio ottico; le forze indotte otticamente sono dell’ordine dei femto- e nano- Newton. Le pinze ottiche hanno trovato una grande varietà di applicazioni sia nel campo della fisica fondamentale, sia nel campo della biologia. In quest’ultima in particolare rappresentano una tecnica non invasiva sia per la manipolazione di cellule sia di singole molecole o di organelli. Le pinze ottiche sono normalmente basate sull’utilizzo di microscopi dotati di obiettivi ad elevatissima apertura numerica (NA >1). Un fascio laser viene allineato all’interno del microscopio e focalizzato tramite l’obiettivo in modo da produrre la trappola ottica. Questi strumenti sono però ingombranti e costosi e la loro struttura massiva rende difficile il loro utilizzo in molte applicazioni. L’utilizzo di una fibra ottica per trasportare e focalizzare il fascio ottico in prossimità dell’oggetto da intrappolare permetterebbe di superare molti dei problema legati alla struttura del microscopio rendendo accessibili nuovi campi di applicazione. Il nostro gruppo ha recentemente sviluppato una pinza ottica in fibra basata su di un nuovo approccio[2]. Il sistema proposto di basa su una struttura di fibra anulare (o equivalentemente da un fascio di fibre ottiche) la cui faccetta finale deve essere micro-lavorata in modo opportuno secondo lo schema di principio riportato in fig. 1. Utilizzando il fenomeno della riflessione totale all’interfaccia tra fibra e mezzo circostante si ottiene che i fasci convergono tutti nel medesimo punto producendo l’effetto equivalente di un sistema ottico ad elevata apertura numerica. Considerando ad esempio che gli indici di rifrazione della fibra e del mezzo circostante siano rispettivamente 1.45 e 1.33, la struttura produce l’effetto equivalente di un sistema ottico con N.A. = 1.06 e il punto di trappola risulta a circa 40 mm dall’uscita della fibra, garantendo ampio margine per la manipolazione e l’analisi del campione intrappolato. Il dispositivo è stato fabbricato partendo da una fascio di quattro fibre ottiche che è stato poi lavorato tramite la tecnica FIB (focused-ion beam). La testa della fibra lavorata è mostrata in figura 2. L’intrappolamento è stato dimostrato accoppiando nelle quattro fibre un laser in fibra drogata Ytterbio che emette a 1070 nm e intrappolando particelle dielettriche di diametro pari a 10 mm [3,4]. L’obiettivo finale del progetto è quello di realizzare una sonda integrata la quale permetta contemporaneamente di intrappolare, manipolare e analizzare otticamente il campione sotto esame. Questo può essere ottenuto utilizzando fasci di fibre contenenti fibre supplementari in grado di portare radiazioni a diverse lunghezze d’onda in prossimità della zona di trappola e raccogliere la radiazione emessa dal campione. Fig. 1 Schema di principio di funzionamento della pinza ottica Fig. 2 Immagine SEM del dispositivo References [1] A. Ashkin, “Applications of laser radiation pressure” Science 210, p. 1081, 1980 [2] I. Cristiani, C. Liberale, P. Minzioni, “Method and optical device for trapping a particle” PCT Patent Application PCT/EP/2007/056798, Priority Date July 2006. [3] C. Liberale, P. Minzioni, F. Bragheri, F. De Angelis, E. Di Fabrizio, I. Cristiani, “Miniaturized all-fiber probe for optical trapping and manipulation of biological systems” Nature Photonics, 1, p. 723, 2007. Francesco Svelto, Dipartimento di Elettronica, Università di Pavia MICROELECTRONICS: EVOLUTION AND REVOLUTION With the invention of the transistor and the advent of integrated circuits, Microelectronics has been at the core of the development of Computer Science and Information technology. This presentation will highlight the key factors behind the evolution of integrated electronics, enabling consumer applications of daily use: wireless communication will be introduced as an example. Next, the research activities carried on in the recent past within “Studio di Microelettronica”, the Laboratory housed in Pavia campus and joint between our University and STMicroelectronics, will be presented. In perspective, microelectronics might play a role in life sciences and new energy sources. Foreseen activities within the Research Laboratory will include applications for computer and communication infrastructures but also bio-medical. Still a gap between Microelectronics, Biology and Medicine needs to be bridged toward systems of mass production. INDICE DIPARTIMENTO DI GENETICA E MICROBIOLOGIA DGM1. Astolfi P, Fiorani O, Lisa A, Zei G, Tentoni S- Longevità riproduttiva in Sardegna. Eterogeneità spaziale e determinanti bio-demografiche DGM2. Balestrazzi A, Macovei A, Carbonera D- Laboratorio di Biotecnologie Vegetali DGM3. Battaglia V, Al-Zahery N, Olivieri A, Pala M, Grugni V, Nici C, Hooshiar Kashani B, Achilli A, Torroni A, Santachiara-Benerecetti AS, Semino O- La storia evolutiva dell’uomo moderno: approfondimenti attraverso l’analisi della variazione della regione maschio specifica del cromosoma Y DGM4. Bonfiglio S, Achilli A, Olivieri A, Malusà A, Pala M, Hooshiar Kashani B, Perego UA, Semino O, Torroni A, Ferretti L- Sulle tracce degli antichi uri DGM5. Buroni S, Bazzini S, Degiacomi G, Ribeiro AL, Pasca MR, Riccardi G- Ruolo delle pompe di efflusso RND nella resistenza intrinseca agli antibiotici in isolati clinici di Burkholderia cenocepacia e Pseudomonas aeruginosa DGM6. Capittini C, Bergamaschi P, Boiocchi C, Martinetti M, Salvaneschi L, Cuccia MHLA-G dal gene alla proteina: un nuovo mondo di potenzialità terapeutiche DGM7. Comincini S, Azzalin A, Sbalchiero E, Barbieri G, Palumbo S, Marchesi N, Marongiu L, Loraschi L.- Sviluppo di protocolli sperimentali in modelli gliali tumorali basati su strategie di interferenza genica in grado di indurre mortalità cellulare neoplastica DGM8. D’Agostino V, Garbin G, Malpasso G, Loda A, Quadri M, Ranzani GNLaboratorio di Genetica Umana: Genetica dei tumori DGM9. Doria E, Nielsen E- Laboratorio di Biochimica Vegetale DGM10. Forneris F, Tortorici M, Karytinos A, Banushi B, Ciossani G, Rovida S, Coda A, Binda C, Mattevi A- Laboratorio di Biologia Strutturale: Complessi della Cromatina DGM11. Longoni P, Maggio C, Concia L, Cueva A, Cella R.- Laboratorio di Biologia Molecolare Vegetale DGM12. Osera C, Scavone F, Romeo G, Calvio C, Galizzi A- I geni coinvolti nella motilità e nella produzione del biopolimero poli-γ-glutammato in Bacillus subtilis DGM13. Pala M, Olivieri A, Perego UA, Hooshiar Kashani B, Carossa V, Al-Zahery N, Battaglia V, Santachiara-Benerecetti AS, Semino O, Achilli A, Torroni A- La variazione di sequenza normale e patologica del DNA mitocondriale umano DGM14. Pasca MR, Manina G, Buroni S, Lucarelli AP, La Rosa V, Milano A, De Rossi E, Riccardi G- Nuovi farmaci e nuovi bersagli terapeutici contro la tubercolosi DGM15. Piras F, Santagostino M, Attolini C, Bertoni L, Khoriauli L, Nergadze S, Smirnova A, Vidale P, Giulotto E- Laboratorio di Biologia Molecolare e Cellulare DGM16. Serra I, Cecchini D, Amati G, Albertini A- Nuovi enzimi di origine batterica per biocatalisi farmaceutica DGM17. Vella F, Belloni E, Bensi M, Biscaro V, Coperchini V, De Pascali V, Marcialis C, Paulis M, Raimondi E- Citogenetica Molecolare ISITUTO DI GENETICA MOLECOLARE CNR BIOLOGIA MOLECOLARE E CELLULARE DEL NUCLEO IGM1. Claudia Ghigna, Giuseppe Biamonti, Cristina Valacca, Serena Bonomi, Maria Apicella- Regolazione post-trascrizionale della transizione epitelio mesenchimale (EMT) IGM2. Manuela Giordano, Claudia Ghigna Silvano Riva e Giuseppe Biamonti- Analisi degli RNA non codificanti di satellite III indotti da stress termico IGM3. Valentina Leva, Samuela Soza, Rossella Rossi, Caterina Galeone, Giuseppe Biamonti, Alessandra Montecucco- Caratterizzazione della risposta cellulare al danno sul DNA mediato da deficienza cronica della DNA ligasi replicativa IGM4. Matthieu Cubells, Manuela Mura, Laura Arrigoni, Danilo Presotto, Manuel Zocco, Giustina Carchedi, Arturo Falaschi, Silvano Riva, Giuseppe Biamonti e Fiorenzo A. PeveraliIdentificazione della Sequenza Minima di un Replicatore Umano IGM5. Alberto Azzalin & Lorenzo Magrassi- Proteine shc e tumori cerebrali umani GENETICA UMANA E GENOMICA IGM6. Elena Botta, Manuela Lanzafame, Tiziana Nardo, Donata Orioli, Miria StefaniniTricotiodistrofia e difetti nel differenziamento epidermico IGM7. Chiara Mondello, Ilaria Chiodi, Cristina Belgiovine, Roberta Ricotti, Fausto Pirronello, Maria Sciarrillo, Ilenia Marcucci, Giulio Chiesa- Instabilità genomica e trasformazione cellulare IGM8. Donata Orioli, Tiziana Nardo, Elena Botta, Manuela Mura, Manuela Lanzafame, Antonio Barroso, Fiorenzo Peverali, Miria Stefanini- Alterazioni trascrizionali associate a mutazioni in XPD IGM9. A. Ivana Scovassi, Tania Camboni, Francesca Donà, Vincenzo Giansanti, Michele Parks, Tatiana Raineri, Micol Tillhon- Identificazione di nuovi composti che interferiscono con la proliferazione cellulare e promuovono l'apoptosi di linee cellulari tumorali IGM10. Miria Stefanini, Elena Botta, Donata Orioli, Roberta Ricotti, Bruno Vaz, Hugo Pinto, Chiara Fontò, Roberta Guglielmino, Tiziana Nardo- Malattie ereditarie difettive nella risposta al danno indotto da radiazioni UV IGM11. Grace Azar, Loredana Marchese, Giulia Mazzini, Laura Obici, Palma Minutillo, Vittorio Necchi, Umberto Magrini, Vittorio Bellotti, Giampaolo Merlini, Carla TribioliCaratterizzazione di un modello murino di amiloidosi senile GENETICA EVOLUZIONISTICA IGM12. Ginevra Biino, Laura Casula, Francesca De Terlizzi, Mario Pirastu- Epidemiologia dell’osteoporosi in un isolato genetico dell’Ogliastra IGM13. Giuseppe Damiani- Darwin, Lamarck e l'origine delle patologie complesse IGM14. Lisa A., Fiorani O., Zei G., Cavalli-Sforza L.L.- Studio della struttura genetica della popolazione Italiana ENZIMOLOGIA DEL DNA E VIROLOGIA MOLECOLARE IGM15. Laura Bavagnoli, Anna Garbelli, Giovanni Maga- Caratterizzazione di varianti naturali della proteina NS1 del virus dell'influenza umana e aviaria IGM16. Federico Focher - Quando la scienza della vita si fa arte: Alexander von Humboldt IGM17. Anna Garbelli, Samantha Zanoli, Giovanni Maga- La RNA elicasi cellulare DDX3: un nuovo bersaglio farmacologico per il trattamento delle infezioni da HIV-1 IGM18. Alexandra Kataropoulou, Sonia Trabatti, Giovanni Maga- Ruolo della proteina Vif di HIV-1 nel processo di retrotrascrizione virale IGM19. Andrea Lossani, Andrea Torti e Federico Focher- TK e UCK di Entamoeba histolytica: clonaggio, caratterizzazione e ricerca di nuovi inibitori ISTOCHIMICA E CITOMETRIA IGM20. Croce AC., De Simone U. Bottone MG., Pellicciari C., Bottiroli G.- Hypocrellin-B acetato: un substrato fluorogenico per la terapia fotodinamica IGM21. Giuliano Mazzini- Cellule tumorali circolanti (CTC): “stato dell’arte” e contributi metodologici alla loro separazione e conta IGM22. Ennio Prosperi, Anna Ivana Scovassi, Ornella Cazzalini, Monica Savio, Paola Perucca, Lucia A. Stivala- Molteplici ruoli dell’inibitore del ciclo cellulare p21CDKN1A nella risposta a danno genotossico: regolazione dell’interazione tra PCNA e proteine della riparazione del DNA SEZIONE DI BOLOGNA IGM23. Cristina Capanni- Dal precursore della lamina A alla cromatina. Studio della localizzazione ed espressione della proteina “Barrier-to-Autointegration Factor “ in cellule con accumulo di prelamina A IGM24. Giovanna Lattanzi- Difetti del tessuto osseo nelle laminopatie: possibili meccanismi patogenetici IGM25. Spartaco Santi - Meccanismi molecolari della neurogenesi dell’adulto IGM26. Nicoletta Zini- Inibitori della processazione della prelamina A e differenziamento osteoclastico Dipartimento di Genetica e Microbiologia DGM1.Longevità riproduttiva in Sardegna. Eterogeneità spaziale e determinanti bio-demografiche Astolfi P, Fiorani O, Lisa A, Zei G, Tentoni S Popolazioni umane isolate sono particolarmente adatte allo studio dell’evoluzione di caratteri complessi e delle possibili interazioni tra i loro determinanti biodemografici, genetici e socio-culturali. La Sardegna, per condizioni di isolamento geografico e/o culturale, è particolarmente qualificata per lo studio di tali caratteri. Scopo del lavoro è identificare aree caratterizzate da picchi di longevità riproduttiva e longevità, sotto l’ipotesi che differenti condizioni storiche, culturali, socio-economiche e demografiche, associate a diversi gradi di endogamia e consanguineità e a differenti condizioni geografiche di isolamento, abbiano determinato una distribuzione eterogenea dei caratteri nell’isola. Referenza: Astolfi P, Caselli G, Fiorani O, Lipsi RM, Lisa A, Tentoni S (2009) Late reproduction behaviour in Sardinia: spatial analysis suggests local aptitude towards reproductive longevity. Evol Hum Behav (in press). DGM2.Laboratorio di Biotecnologie Vegetali Balestrazzi A, Macovei A, Carbonera D L'attività di ricerca del Laboratorio di Biotecnologie Vegetali si focalizza sulle problematiche relative all'interazione stress ossidativo-nucleo, utilizzando una leguminosa (Medicago truncatula) punto di riferimento essenziale per la ricerca di base ed applicata nel settore delle colture foraggere. Condizioni ambientali sfavorevoli inducono produzione e accumulo di specie reattive dell'ossigeno (Reactive Oxygen Species, ROS) nei tessuti vegetali con conseguenti effetti genotossici. In ambito vegetale i meccanismi che caratterizzano la risposta antiossidante nel nucleo sono poco esplorati. Si sta attualmente analizzando il ruolo di nuovi geni (TFIIS, tdp1 e top1), che sono coinvolti nei meccanismi di riparo delle lesioni ossidative del DNA, nella risposta della pianta a stress ossidativo indotto da metalli pesanti e da siccità. Tali geni saranno poi sovraespressi per valutare in planta la loro capacità di conferire protezione in condizioni di stress ossidativo. Un'altro tema di ricerca riguarda la valutazione di sistemi innovativi per la produzione di piante geneticamente modificate (GM) a ridotto impatto ambientale. Si sta attualmente testando un set di vettori che contengono elementi genetici vegetali (P-DNA) come alternativa al T-DNA di A. tumefaciens. In tali vettori, forniti dal Dott. Caius Rommens (Simplot Plant Sciences, Boise-ID, USA) le sequenze RB ed LB, che delimitano le estremità del T-DNA di A. tumefaciens, sono state sostituite da sequenze analoghe (RB-like) isolate dal genoma vegetale. Inoltre, all'esterno della regione P-DNA si trova un marcatore morfologico (gene ipt) che consente di individuare eventi anomali caratterizzati dal trasferimento alla cellula vegetale di regioni del vettore (backbone transfer). Ciò consentirà di ottenere prodotti GM di più facile commercializzazione, perchè privi di sequenze di origine batterica. DGM3.La storia evolutiva dell’uomo moderno: approfondimenti attraverso l’analisi della variazione della regione maschio specifica del cromosoma Y Battaglia V, Al-Zahery N, Olivieri A, Pala M, Grugni V, Nici C, Hooshiar Kashani B, Achilli A, Torroni A, Santachiara-Benerecetti AS, Semino O L’analisi della variazione dei sistemi ad eredità uniparentale del genoma umano che, sfuggendo ai processi di rimescolamento che caratterizzano il DNA ad eredità biparentale, variano nel tempo solo per accumulo sequenziale di mutazioni, ha svolto un ruolo fondamentale nella comprensione della storia evolutiva dell’uomo moderno. Queste regioni rappresentano un registro della storia maschile e femminile della nostra specie che può essere utilizzato per verificare le teorie sulla storia antica dell’uomo proposte sulla base dei risultati ottenuti da altre discipline. Gli studi in corso in laboratorio riguardano varie popolazioni, principalmente Europee, Asiatiche e del bacino del Mediterraneo ed hanno come scopo la comprensione dei movimenti migratori, antichi e recenti, responsabili del popolamento di queste aree. La presentazione avrà come oggetto i risultati ottenuti dall’analisi approfondita della variazione del cromosoma Y in gruppi di popolazione dell’Europa centro-meridionale che ci hanno permesso di dimostrare, per la prima volta, che la diffusione culturale in questa area svolse un ruolo importante nel processo di transizione all’agricoltura (Battaglia et al., 2008). Infatti, nonostante la nostra analisi confermi in Europa centro-meridionale la presenza di evidenze genetiche dei primi agricoltori arrivati dal Medio Oriente, essa dimostra che il contributo di questi agricoltori non è stato tanto determinante dal punto di vista genetico, quanto nella diffusione del concetto e della pratica agricola tra i gruppi indigeni mesolitici locali che, a loro volta, divennero promotori della diffusione demica dell’agricoltura. Dipartimento di Genetica e Microbiologia Bibliografia Battaglia V, Fornarino S, Al-Zahery N, Olivieri A, Pala M, Myres NM, Rootsi S, Marjanovic D, Primorac D, Hadziselimovic R, Vidovic S, Drobnic K, Durmishi N, Torroni A, Santachiara-Benerecetti AS, Underhill PA, Semino O. (2008) Y-chromosomal evidence of the cultural diffusion of agriculture in southeast Europe. Eur J Hum Genet, on-line pub. December 24th, 2008. DGM4.Sulle tracce degli antichi uri Bonfiglio S, Achilli A, Olivieri A, Malusà A, Pala M, Hooshiar Kashani B, Perego UA, Semino O, Torroni A, Ferretti L Studi filogeografici hanno dimostrato che tutti i mtDNA di Bos taurus appartengono a un singolo macroaplogruppo (T) databile a ~16,000 anni fa, che si ramifica in pochi sottoaplogruppi (T1-T5) le cui età di coalescenza e distribuzioni geografiche suggeriscono un’origine neolitica a partire da popolazioni di Bos primigenius della Mezzaluna Fertile, piuttosto che eventi multipli di domesticazione in aree geografiche differenti. Tuttavia, in un lavoro recente (Achilli et al., 2008) abbiamo trovato genomi mitocondriali pre-T in due B. taurus moderni: un “beef cattle” coreano contraddistinto dal motivo mutazionale P nella regione di controllo, tipico degli uri (ora estinti) dell’Europa centrale e del Nord, e una Cabannina (razza Ligure a limitata diffusione) caratterizzata da un nuovo aplogruppo Q. Per valutare la natura e l’entità del flusso genico dagli antichi uri europei alle razze taurine moderne abbiamo analizzato la regione di controllo del mtDNA di 416 soggetti appartenenti a 24 razze europee. Quattro soggetti di aplogruppo non-T sono stati individuati e sequenziati completamente: una Pezzata Rossa è risultata appartenere all’aplogruppo Q già trovato nella razza Cabannina, mentre gli mtDNA di due Cinisare (Sicilia) e una Agerolese (Campania) hanno mostrato una grande divergenza (31 mutazioni) nella regione di controllo rispetto alla sequenza T di riferimento, formando un nuovo aplogruppo (denominato R) che è il più antico finora descritto (~142,000 anni). Questi dati dimostrano che almeno 4 linee di genoma mitocondriale degli estinti uri europei sono state trasmesse alla razze taurine europee moderne. Il fatto che questa inattesa riserva di variabilità genetica sia stata trovata in razze a limitata diffusione, se non a rischio di estinzione, rappresenta un motivo in più per valorizzare e preservare il nostro patrimonio zootecnico autoctono. Bibliografia Achilli A, Olivieri A, Pellecchia M, Uboldi C, Colli L, Al-Zahery N, Accetturo M, Pala M, Hooshiar Kashani B, Perego UA, Battaglia V, Fornarino S, Kalamati J, Houshmand M, Negrini R, Semino O, Richards M, Macaulay V, Ferretti L, Bandelt H-J, Ajmone Marsan P, Torroni A. (2008) Mitochondrial Genomes of Extinct Aurochs Survive in Domestic Cattle. Curr Biol 18, R157-158. DGM5.Ruolo delle pompe di efflusso RND nella resistenza intrinseca agli antibiotici in isolati clinici di Burkholderia cenocepacia e Pseudomonas aeruginosa Buroni S, Bazzini S, Degiacomi G, Ribeiro AL, Pasca MR, Riccardi G Burkholderia cenocepacia e Pseudomonas aeruginosa sono microrganismi Gram-negativi, opportunisti e responsabili di gravi infezioni riscontrate nei pazienti affetti da fibrosi cistica. Inoltre, P. aeruginosa è causa anche di serie complicanze nosocomiali. Entrambi i microrganismi presentano una resistenza intrinseca a diversi antibiotici rendendo la terapia particolarmente difficile. I sistemi di efflusso RND, tipici dei batteri Gram-negativi, sono in grado di espellere dalla cellula diversi composti, tra cui i farmaci comunemente utilizzati per la cura delle infezioni nosocomiali. Un metodo per definire meglio il ruolo di questi trasportatori nella resistenza agli antibiotici si basa sull’inattivazione genica e sull’analisi molecolare della resistenza ai farmaci del ceppo inattivato. Abbiamo quindi inattivato e caratterizzato tre operoni che codificano le tre componenti delle pompe di efflusso RND dell’isolato clinico B. cenocepacia J2315. Questa ricerca è condotta in collaborazione con: V. Venturi (ICGBE Trieste), M. Valvano (University of Western Ontario) e E. Mahenthiralingam (University of Cardiff). Inoltre, è in corso la caratterizzazione di isolati clinici di P. aeruginosa multi-resistenti agli antibiotici provenienti dal Laboratorio di Batteriologia del Policlinico S. Matteo di Pavia. Questa ricerca è condotta in collaborazione con: P. Marone (Laboratorio di Batteriologia e Micologia, IRCCS S. Matteo, Pavia), R. Fani (Dipartimento di Biologia Animale e Genetica, Università di Firenze). Dipartimento di Genetica e Microbiologia DGM6.HLA-G dal gene alla proteina: un nuovo mondo di potenzialità terapeutiche Capittini C, Bergamaschi P, Boiocchi C, Martinetti M, Salvaneschi L, Cuccia M La molecola HLA-G non classica di classe I, diversamente dalle classiche, possiede basso grado di polimorfismo, è espressa in 7 isoforme (4 transmembrana e 3 solubili derivate da splicing alternativo) e mostra una distribuzione tessutale ristretta a livello di trofoblasto, cornea, timo e di alcuni tumori. Essendo una molecola dalle spiccate proprietà tollerogeniche, HLA-G è stata al centro di numerosi studi riguardanti sia fenomeni fisiologici come il rapporto materno-fetale, sia fenomeni patologici quali cancro, infezioni virali e patologie autoimmuni, sia fenomeni collegati all’esito di terapie cliniche come il rigetto posttrapianto e il mancato impianto dopo inseminazione artificiale. Da anni un’attiva collaborazione con la Banca del Sangue Cordonale di Pavia ci ha permesso non solo di indagare il ruolo della molecola HLA-G nel rapporto materno-fetale in gravidanze fisiologiche, ma anche di studiare l’impatto dei polimorfismi di espressione sulla trasmissione verticale del virus HCV. La molecola HLA-G è risultata giocare un ruolo centrale nello sviluppo del feto in utero, poiché in grado di reprimere le funzioni citotossiche delle cellule NK e di stimolare la produzione di citochine pro-angiogeniche modulando l’invasività della placenta; ma anche un ruolo di protezione del feto dalla trasmissione di virus materni. Inoltre i nostri studi si sono spinti in campo trapiantologico con l’intento di chiarire l’effetto anti-rigetto della molecola HLA-G dopo trapianto di sangue placentare in pazienti oncoematologici. Lo studio di polimorfismi di espressione della molecola HLA-G può permetterci di stabilire un collegamento diretto tra genotipo e livello di produzione di HLA-G nelle cellule staminali cordonali da trapiantare, consentendo di distinguere tra “alti” e “bassi produttori” di HLA-G, aggiungendo un dato funzionale importante al profilo immunogenetico di ciascun cordone. DGM7.Sviluppo di protocolli sperimentali in modelli gliali tumorali basati su strategie di interferenza genica in grado di indurre mortalità cellulare neoplastica Comincini S, Azzalin A, Sbalchiero E, Barbieri G, Palumbo S, Marchesi N, Marongiu L, Loraschi L Il laboratorio di Oncogenomica funzionale si occupa dell’identificazione di marcatori molecolari dei tumori astrocitari nell’uomo e della loro caratterizzazione funzionale nella progressione neoplastica. Allo scopo vengono impiegati modelli cellulari tumorali e recentemente, in collaborazione, modelli animali murini. L’attività di ricerca si è concentrata recentemente in particolare sullo sviluppo di protocolli di interferenza genica nei confronti della proteina prionica cellulare: questa proteina conferirebbe infatti alla cellula tumorale una forma di protezione nei confronti di processi di induzione di morte, per il quale le cellule neoplastiche gliali sono particolarmente resistenti. Gli studi molecolari in vitro hanno quindi sviluppato condizioni in grado di indurre specificatamente la morte cellulare delle cellule tumorali, attivando in particolare un processo di morte di tipo autofagico. Il laboratorio sta inoltre cercando di descrivere in dettaglio la cascata di eventi molecolari che, partendo dall’interferenza nei confronti della proteina prionica, porta alla morte della cellula tumorale. In conclusione, questi studi pre-clinici in vitro, se successivamente confermati in modelli animali, potranno suggerire lo sviluppo di nuovi protocolli terapeutici per il trattamento dei pazienti oncologici e contribuire inoltre a chiarire un possibile ruolo funzionale della proteina prionica nel contesto tumorale. DGM8.Laboratorio di Genetica Umana: Genetica dei tumori D’Agostino V, Garbin G, Malpasso G, Loda A, Quadri M, Ranzani GN 1) La poliposi adenomatosa familiare del colon. La poliposi adenomatosa familiare è una sindrome caratterizzata dallo sviluppo di pochi-centinaia-migliaia di polipi che si associano ad elevato rischio di cancro in età giovanile. La malattia può essere associata al gene oncosoppressore APC o al gene del MUTYH, coinvolto nel “DNA-base excision repair”. Mediante vari approcci molecolari, abbiamo caratterizzato estese delezioni di APC trovate nei pazienti. L’interesse del lavoro è quello di stabilire, oltre a possibili correlazioni genotipo/fenotipo, quali siano le sequenze coinvolte nei riarrangiamenti e quali possano essere i meccanismi che li hanno generati. Abbiamo caratterizzato funzionalmente varianti di MUTYH che, sebbene trovate nei pazienti, risultavano di incerto significato patogenetico. Ciò è stato realizzato facendo esprimere le varianti umane in cellule murine difettive per Mutyh e quindi caratterizzando le linee cellulari per una serie di parametri. Accanto a questo studio “cell-based”, abbiamo caratterizzato, mediante saggi in vitro, le proteine mutate prodotte e purificate da cellule batteriche. Complessivamente, la valutazione della capacità ripartiva del DNA da parte delle varianti di MUTYH, permette di chiarirne il significato patogenetico. Dipartimento di Genetica e Microbiologia 2) Alterazioni genetiche in tumori colorettali e metastasi epatiche associate. Per spiegare il potenziale metastatico delle cellule tumorali, sono stati finora proposti diversi modelli. Allo scopo di contribuire allo studio delle metastasi da cancro colorettale, abbiamo analizzato una serie di lesioni genetiche in carcinomi con e senza metastasi ed in metastasi epatiche associate. Il nostro lavoro è consistito nel valutare la presenza di lesioni in geni per i quali è già stato dimostrato un ruolo nella progressione del carcinoma colorettale. Stiamo inoltre ricercando delezioni/amplificazioni in una serie di geni cancro-associati il cui ruolo potrebbe risultare importante. L’approccio molecolare utilizzato è anche in grado di fornire una valutazione complessiva dell’instabilità genomica. DGM9.Laboratorio di Biochimica Vegetale Doria E, Nielsen E L’acido fitico è una sostanza presente nei semi che rappresenta la riserva di fosfato e di cationi minerali come zinco, calcio, magnesio, rame e ferro, con cui forma sali (fitati) che negli animali monogastrici sono scarsamente assorbiti a livello intestinale. La selezione e caratterizzazione di mutanti lpa (low phytic acid) è un approccio sperimentale che può permettere di raggiungere risultati di rilievo sotto diversi aspetti: biochimico-fisiologico, in relazione alla comprensione del ruolo dell’acido fitico nella fisiologia del seme; nutrizionale, in quanto il consumo da parte dell’uomo o di animali monogastrici di semi privi o molto carenti di acido fitico porta al miglioramento della biodisponibilità di fosforo e di microelementi, in particolare di ferro e zinco, in cereali e legumi; ambientale in quanto mangimi lpa possono portare all’abbattimento del fosfato fitinico negli scarichi di allevamenti di animali monogastrici come polli e maiali, diminuendone quindi le potenzialità eutrofizzanti nei confronti delle acque superficiali. Il gruppo di Biochimica vegetale del DGM ha finora isolato un mutante lpa in mais ed uno in fagiolo. Per quel che riguarda il primo, gli studi genetico-molecolari compiuti hanno tra l’altro permesso di evidenziare come il fenotipo osservato sia dovuto ad un interessante fenomeno di paramutazione, mentre, attraverso la caratterizzazione fisiologica degli effetti pleiotropici negativi sulla germinabilità dei semi mutanti, è stato per la prima volta dimostrato che la fitina possiede una funzione di prevenzione dello stress ossidativo subito dall’embrione durante la maturazione e la dormienza del seme. Il mutante di fagiolo, tuttora in via di caratterizzazione biochimica-molecolare, si è rivelato essere il primo lpa fin qui isolato privo di evidenti difetti in grado di comprometterne la resa agronomica. Inoltre, i primi studi sulle sue performances nutrizionali condotti su un sistema in vitro, hanno fornito risultati molto promettenti relativamente alla aumentata biodisponibilità del ferro. Un’altra linea di ricerca recentemente avviata riguarda lo studio di microalghe adatte alla fitodepurazione di acque reflue e alla contemporanea produzione di biomassa utilizzabile per fare biogas o biodiesel. DGM10.Laboratorio di Biologia Strutturale: Complessi della Cromatina Forneris F, Tortorici M, Karytinos A, Banushi B, Ciossani G, Rovida S, Coda A, Binda C, Mattevi A Nel corso degli ultimi 5 anni il nostro laboratorio si è occupato della caratterizzazione biochimica e strutturale di proteine coinvolte nei processi di rimodellamento della cromatina e regolazione della trascrizione genica. Il lavoro svolto ha condotto alla scoperta di LSD1 (Lysine Specific Demethylase 1), la prima istone demetilasi ad essere identificata, e ha aperto degli orizzonti completamente nuovi nell’interpretazione del significato biologico delle modificazioni post-traduzionali presenti sulle code Nterminali degli istoni. Ad ormai quattro anni dalla sua scoperta, LSD1 resta un argomento di notevole interesse nel contesto dell’epigenetica. Questo enzima agisce come repressore della trascrizione in quanto responsabile della rimozione di gruppi mono- e di-metilici esclusivamente dalla lisina 4 dell’istone H3. LSD1 fa parte di molteplici complessi multiproteici implicati nei più svariati processi di regolazione della trascrizione (di repressione ma anche di attivazione), responsabili inoltre di alcune importanti patologie tumorali. La determinazione della struttura tridimensionale di LSD1 ha permesso di comprendere a fondo le basi molecolari del sofisticato meccanismo di riconoscimento della coda istonica da parte di questo enzima e, in combinazione con i dati biochimici, ci ha consentito di interpretare i meccanismi di regolazione che altre modificazioni post-traduzionali presenti sulla coda istonica hanno sull’attività enzimatica di LSD1. I progetti attualmente in corso mirano all’ottenimento e alla successiva caratterizzazione di complessi multiproteici contenenti LSD1 insieme ad altre proteine aventi il ruolo di importanti mediatori dei processi di regolazione della trascrizione, tra cui il corepressore CoREST, il repressore REST/NRSF, le istone deacetilasi HDAC1/2 nonché la particella nucleosomale, in quanto substrato della reazione di demetilazione. L’obiettivo è quello di comprendere su base molecolare i meccanismi di interazione e le sinergie che mediano le interazioni tra Dipartimento di Genetica e Microbiologia LSD1 e gli altri partners nei complessi di regolazione e che consentono a questo enzima di raggiungere una così elevata poliedricità funzionale nonostante la così elevata specificità di substrato. DGM11.Laboratorio di Biologia Molecolare Vegetale Longoni P, Maggio C, Concia L, Cueva A, Cella R La parete cellulare delle piante è essenzialmente composta da vari polimeri quali cellulosa, emicellulose, pectine e lignina associati tra di loro per formare una struttura reticolare. In particolare, la cellulosa è un polimero formato da unità di glucosio unite da legami beta-1,4. A causa della formazione di legami intermolecolari, le molecole di cellulosa si associano a formare delle fibrille caratterizzate da una struttura paracristallina che la rende insolubile in acqua e difficilmente accessibile agli enzimi idrolitici. Per questa ragione, la degradazione a fini applicativi di questi polimeri richiede una preventiva destrutturazione della parete stessa in quanto solo quando le fibre di cellulosa sono facilmente accessibili possono essere efficientemente degradate dagli enzimi cellulolitici. La relativa abbondanza della cellulosa, candida questa molecola quale miglior fonte di glucosio per la produzione di bioetanolo. La digestione della cellulosa richiede una miscela di tre attività enzimatiche quali endoglucanasi, esoglucanasi e glucuronidasi. Tuttavia, l’attuale costo di produzione degli enzimi idrolitici necessari per la digestione del materiale lignocellulosico è ancora troppo elevato per rendere questo approccio competitivo. Il programma di ricerca si pone due principali obiettivi: la messa a punto di una procedura di destrutturazione della cellulosa a basso impatto ambientale e la produzione in planta degli enzimi idrolitici di interesse (“Plant biofactory”). A tal fine ci si propone di produrre piante transgeniche in grado di accumulare elevate quantità degli enzimi di interesse nel cloroplasto. Il programma è svolto in collaborazione con il gruppo “Plant transformation” dell’ICGEB di New Delhi diretto dal Dr. VS Reddy, esperto nella trasformazione del cloroplasto. DGM12.I geni coinvolti nella motilità e nella produzione del biopolimero poli-γ -glutammato in Bacillus subtilis Osera C, Scavone F, Romeo G, Calvio C, Galizzi A L'interesse principale del nostro laboratorio è tradizionalmente rivolto allo studio della mobilità nel batterio Bacillus subtilis. Negli ultimi anni l’attenzione si è focalizzata sulla regolazione dell’espressione del gene swrAA richiesto per la mobilità di tipo swimming e swarming. Sono stati scoperti due promotori per swrAA, regolati alternativamente dai fattori trascrizionali sigmaD o da sigmaA congiuntamente al prodotto del gene regolatore degU appartenente al sistema a due componenti degS-degU. Analizzando più approfonditamente alcuni fenotipi prodotti durante questo studio si è scoperto che entrambi i geni swrAA e degU sono implicati anche nella regolazione dell’operone che presiede alla produzione del biopolimero di interesse industriale γPGA (poli-γ-glutammato). Attraverso lo studio della motilità e della produzione di γ-PGA stiamo attualmente cercando di decifrare il meccanismo molecolare di interazione tra il sistema degS-degU ed il gene swrAA. DGM13.La variazione di sequenza normale e patologica del DNA mitocondriale umano Pala M, Olivieri A, Perego UA, Hooshiar Kashani B, Carossa V, Al-Zahery N, Battaglia V, SantachiaraBenerecetti AS, Semino O, Achilli A, Torroni A Il DNA mitocondriale umano non solo contiene geni importanti per la produzione di energia cellulare, è anche un archivio molecolare della storia e delle migrazioni delle donne che lo hanno trasmesso alle generazioni successive. Nel laboratorio sono in corso numerosi progetti che analizzano la variazione di sequenza del genoma mitocondriale sia per individuare le mutazioni causali di alcune malattie (per esempio, la Neuropatia Ottica di Leber), sia per definire il ruolo della variabilità “normale” nel modulare il rischio di espressione di patologie complesse (per esempio, il diabete), sia per ricostruire i tempi e i modi di colonizzazione umana di continenti o regioni geografiche più limitate. Per quel che riguarda quest’ultimo filone di ricerca, saranno brevemente descritti i risultati più recenti ottenuti in un contesto macrogeografico (il primo popolamento delle Americhe; Perego et al. 2009) ed uno microgeografico (il popolamento della Sardegna e l’origine della popolazione sarda; Pala et al. submitted). Bibliografia Perego UA, Achilli A, Angerhofer N, Accetturo M, Pala M, Olivieri A, Hooshiar Kashani B, Ritchie KH, Scozzari R, Kong Q-P, Myres NM, Salas A, Semino O, Bandelt H-J, Woodward SR, Torroni A. (2009) Distinctive Paleo-Indian migration routes from Beringia marked by two rare mtDNA haplogroups. Curr Biol 19:1-8. Dipartimento di Genetica e Microbiologia Pala M, Achilli A, Olivieri A, Accetturo M, Hooshiar Kashani B, Perego UA, Sanna D, Metspalu E, Tambets K, Zimmermann B, Huber G, Al-Zahery N, Francalacci P, Parson W, Salas A, Behar DM, Villems R, Semino O, Bandelt H-J, Torroni A. MtDNA haplogroup U5b3 as a far echo of the Epipaleolithic in Italy and the legacy of the early Sardinians. (submitted) DGM14.Nuovi farmaci e nuovi bersagli terapeutici contro la tubercolosi Pasca MR, Manina G, Buroni S, Lucarelli AP, La Rosa V, Milano A, De Rossi E, Riccardi G La comparsa di ceppi di Mycobacterium tuberculosis multi-resistenti ai farmaci (MDR e XDR) costituisce una minaccia per il controllo della tubercolosi. Si pone quindi l’esigenza di trovare nuovi farmaci e nuovi bersagli terapeutici. Nell’ambito del progetto “New medicines for tuberculosis” (EC-VI) abbiamo identificato il bersaglio terapeutico di una nuova classe di farmaci antitubercolari, i benzotiazinoni. Il bersaglio è l’enzima Rv3790 essenziale per la biosintesi dell'arabinogalattano, uno dei principali costituenti della parete cellulare di M. tuberculosis. Abbiamo, inoltre, individuato una nitroreduttasi di M. smegmatis (NfnB) responsabile di un meccanismo di resistenza ai benzotiazinoni. Questa ricerca è condotta in collaborazione con: S.T. Cole (EPFL, Losanna), V. Makarov (State Research Center for Antibiotics, Mosca), K. Mikusova (Comenius Università di Bratislava), P. Alzari (Institut Pasteur, Parigi). La biosintesi del NAD è considerata una sorgente di nuovi bersagli per lo sviluppo di farmaci antitubercolari. In M. tuberculosis, i geni codificanti gli enzimi appartenenti alla via biosintetica del NAD sono essenziali per la vita del patogeno. Numerosi analoghi del NAD saranno analizzati per la loro attività contro M. tubercolosis allo scopo di identificare il bersaglio cellulare dei composti più promettenti. Questa ricerca è condotta in collaborazione con: Menico Rizzi (Università di Novara), Tanjore Balganesh (Astrazeneca, Bangalore, India). BM 212, appartenente ad una serie di derivati pirrolici, è un promettente agente antitubercolare. Poiché il bersaglio di BM 212 non è noto, l’obbiettivo di questa linea di ricerca è l’identificazione e la caratterizzazione del bersaglio cellulare. DGM15.Laboratorio di Biologia Molecolare e Cellulare Piras F, Santagostino M, Attolini C, Bertoni L, Khoriauli L, Nergadze S, Smirnova A, Vidale P, Giulotto E Sono in corso tre linee di ricerca riguardanti l’organizzazione e instabilità del genoma dei mammiferi. 1) Telomeri e telomerasi. Le terminazioni dei cromosomi lineari (telomeri) sono essenziali per il mantenimento dell’integrità del genoma. L’instabilità cromosomica associata al malfunzionamento dei telomeri può portare alla trasformazione tumorale. Il DNA telomerico è composto da ripetizioni dell’esamero ttaggg, sintetizzate dalla telomerasi. Usando tecniche molecolari, citogenetiche e bioinformatiche abbiamo dimostrato che sequenze identiche alle ripetizioni telomeriche sono state inserite all’interno dei genomi, durante l’evoluzione, in siti di rottura a doppio filamento del DNA. I risultati di quest’analisi suggeriscono che i “telomeri interstiziali” siano stati sintetizzati dalla telomerasi e quindi che questo enzima, oltre al ruolo canonico di mantenimento delle terminazioni cromosomiche, sia anche coinvolto nella riparazione del DNA. Stiamo ora verificando se i telomeri interstiziali svolgano un ruolo nel controllo dell’espressione genica; stiamo inoltre utilizzando queste sequenze come nuovi marcatori per studi evolutivi e popolazionistici. In collaborazione con il gruppo di Claus Azzalin (Zurigo), abbiamo dimostrato che i telomeri non sono silenti ma sono trascritti attivamente e producono una frazione di RNA eterogeneo probabilmente coinvolto nella regolazione della stabilità cromosomica. 2) Neocentromeri. Oltre ai telomeri, le principali strutture necessarie per la stabilità dei cromosomi eucariotici sono i centromeri. Abbiamo scoperto che, durante la rapida evoluzione del genere Equus (cavalli, asini e zebre), lo spostamento dei centromeri ha giocato un ruolo chiave. Questi animali quindi sono un sistema modello ideale per lo studio della nascita ed evoluzione della funzione centromerica. Abbiamo recentemente descritto la sequenza completa di un centromero di cavallo, evolutivamente molto recente, e analizzato i suoi domini funzionali. Si tratta del primo esempio di centromero di un metazoo completamente sequenziato. 3) Amplificazione genica. L’aumento del numero di copie di una regione del genoma (amplificazione genica) è uno dei meccanismi di attivazione dei proto-oncogèni e di resistenza ai farmaci nelle cellule tumorali. Abbiamo dimostrato che cellule difettive nei meccanismi di riparazione delle rotture nel DNA e ipersensibili alle radiazioni ionizzanti sono più prone all’amplificazione delle cellule normali. Inoltre, sono in corso collaborazioni con l’industia per la costruzione di linee cellulari nelle quali proteine ricombinanti di interesse farmacologico sono iperespresse mediante amplificazione genica. Dipartimento di Genetica e Microbiologia DGM16.Nuovi enzimi di origine batterica per biocatalisi farmaceutica Serra I, Cecchini D, Amati G, Albertini A Il gruppo di Genetica Molecolare dei Microrganismi da più di sei anni collabora con il Dipartimento di Chimica Farmaceutica (M. Terreni e D. Ubiali del Laboratorio di Biocatalisi Farmaceutica) per la ricerca di nuove attività enzimatiche di origine batterica che svolgano reazioni di interesse applicativo nel settore farmaceutico, per il miglioramento delle loro “performances” e per la messa a punto di strategie innovative nella immobilizzazione. Verranno presentati: 1) i risultati ottenuti mediante strategie di mutagenesi mirata per la immobilizzazione orientata della Penicillina G Acilasi valutati in particolare nella sintesi di Cefamandolo e Cefonicid; 2) i dati ottenuti dalla caratterizzazione attualmente in corso delle nuove attività di nucleoside fosforilasi (purine e pirimidine fosforilasi) isolate da batteri Gram negativi C. perfrigens, A. hydrophila, C. koseri e G...kaustophilus in vista della loro utilizzazione, come enzimi immobilizzati, in reazioni di transglicosilazione. DGM17.Citogenetica Molecolare Vella F, Belloni E, Bensi M, Biscaro V, Coperchini V, De Pascali V, Marcialis C, Paulis M, Raimondi E Nel genoma di tutti i mammiferi sono state trovate regioni che contengono punti di rottura che sono stati ripetutamente utilizzati nel corso dell’evoluzione. Le regioni contenenti questi punti di rottura hanno una sequenza nucleotidica altamente conservata e fiancheggiano blocchi genomici al cui interno sono presenti geni il cui ordine e la cui distanza di mappa sono a loro volta evolutivamente conservati (Homologous Synteny Blocks, HSBs). Negli ultimi anni, l’analisi comparata di segmenti genomici sequenziati in organismi diversi, ha permesso di delineare un progetto architettonico comune che, attraverso il movimento di HSBs, ha portato all’organizzazione dei genomi come noi li conosciamo. Una delle linee di ricerca portate avanti dal gruppo riguarda lo studio della regione pericentromerica del cromosoma 9 umano; abbiamo dimostrato che questa regione ha natura ridondante e contiene punti di rottura che sono stati ripetutamente utilizzati nel corso dell’evoluzione e che sono ricorrenti nella patologia costituzionale e nei tumori. Mediante allineamento di sequenza in specie diverse ed esperimenti di FISH comparata, abbiamo inoltre dimostrato che all’interno della regione di interesse è presente un punto di rottura evolutivo ripetutamente utilizzato in sette specie di mammifero (uomo, scimpanzé, topo, ratto, bue, cane cavallo). La delucidazione dei meccanismi che hanno portato all’evoluzione del genoma dei mammiferi rappresenta l’interesse principale del laboratorio; nell’ambito di un progetto condotto in collaborazione con la Prof.ssa E. Giulotto ci stiamo occupando dello studio dell’evoluzione del cariotipo degli Equidi, con particolare attenzione all’evoluzione delle regioni di eterocromatina costitutiva ed al movimento dei centromeri in quattro specie appartenenti al genere Equus (E. caballus, E. asinus, E. burchelli, E. grevyi). Istituto di Genetica Molecolare BIOLOGIA MOLECOLARE E CELLULARE DEL NUCLEO IGM1.Regolazione post-trascrizionale della transizione epitelio mesenchimale (EMT) Claudia Ghigna, Giuseppe Biamonti, Cristina Valacca, Serena Bonomi, Maria Apicella. Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy Il nostro principale interesse è chiarire il ruolo dello splicing alternativo nel proceso di tumorigenesi. A questo scopo abbiamo usato come modello sperimentale il proto-oncogene Ron, uno Scatter Factor Receptor che possiede un’isoforma generata mediante splicing alternativo. Tale isoforma, chimata DRon, è caratterizzata una attività chinasica costitutiva ed in grado di conferire alle cellule capacità migratorie ed invasive in assenza di stimoli. L’espressione di DRon è alterata in molti tumori di origine epiteliale. Abbiamo dimostrato che lo splicing alternativo del proto-oncogene Ron, associato alla transizione da cellula epiteliale a cellula mesenchimale, è controllato dalla densità cellulare. Questa regolazione coinvolge lo splicing alternativo e la stabilità dei trascritti del gene per il fattore di splicing SF2/ASF. Inoltre, abbiamo identificato la cascata di trasduzione del segnale che controlla questi eventi specifici. I dati ottenuti sottolineano il ruolo, per molto tempo sottovalutato, della regolazione post-trascrionale dell’espressione genica all’interno di un processo, come la transitzione epitelio-mesenchimale, che è richiesto durante lo sviluppo embrionale, ma che è anche importante per mediare, nelle cellule trasformate, la crescita invasiva dei tumori. IGM2.Analisi degli RNA non codificanti di satellite III indotti da stress termico. Manuela Giordano, Claudia Ghigna Silvano Riva e Giuseppe Biamonti. Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy. Lo stress termico induce l’attivazione trascrizionale di porzioni del genoma umano, precedentemente ritenute silenti, costituite da estese ripetizioni in tandem di DNA Satellite III (SatIII DNA). In particolare si ha attivazione della banda eterocromatica pericentromerica q12 del cromosoma 9. Tramite saggi di real-time PCR e di ibridazione in situ abbiamo dimostrato che i trascritti di Satellite III (SatIII RNA) vengono indotti durante le prime ore di recupero da stress e rimangono associate ai siti di trascrizione. Anche se questi trascritti sono rivelabili anche in condizioni fisiologiche, il loro livello aumenta di almeno 20.000 volte nelle prime ore di recupero per poi decrescere progressivamente. I livelli di SatIII RNA rimane sopra i livelli fisiologici per almeno 4 giorni. Inoltre tra le 24 e le 72 ore di recupero si ha la massiccia produzione di piccoli SatIII RNA. Questi appaiono in Northern blotting come una scaletta di molecole comprese tra i 25 e i 70 nucleotidi (nt) con una spaziatura regolare di 5 nt. Verrà presentata la caratterizzazione di queste molecole. IGM3.Caratterizzazione della risposta cellulare al danno sul DNA mediato da deficienza cronica della DNA ligasi replicativa. Valentina Leva, Samuela Soza, Rossella Rossi, Caterina Galeone, Giuseppe Biamonti, Alessandra Montecucco Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy La DNA ligase I (LigI) è richiesta per la maturazione dei frammenti di Okazaki. Una syndrome da deficienza di LigI è stata descritta in un paziente con immunodeficinza e iper-sensibilità alla luce solare, morto di linfoma. Topi transgenici mutati nel gene ligI presentano un’aumentata incidenza di tumori epiteliali spontanei rari per questa specie. Nel nostro laboratorio abbiamo studiato l’insorgenza di danni endogeni sul DNA in linee cellulari che esprimono stabilmente un mutante LigI dominante negativo e gli effetti che questi danni hanno sulla progressione del ciclo cellulare e sull’attivazione dei checkpoints. Mediante saggi di elettroforesi su singola cellula dopo incorporazione di BrdU (BrdU-comet assay) e analisi su gradienti di saccarosio, abbiamo dimostrato che le cellule M10 non completano la maturazione degli intermedi di replicazione ed affrontano la mitosi in presenza di rotture sul DNA. Seguendo la distribuzione dei foci di replicazione attraverso cicli cellulari successivi abbiamo dimostrato che le cellule M10 entrano in una nuova fase G1 nonostante i danni sul DNA. L’analisi dei checkpoints della risposta al danno ha dimostrato che il pathway ATR-Chk1-dipendente, specifico della fase S, non è attivato mentre le protein-chinasi ATM e Chk2 sono fosforilate in modo cronico. I nostri dati dimostrano che le cellule umane possono adattarsi allo stress replicativo e dividersi in presenza di rotture sul DNA. Ciò aumenta il rischio di formazione di cellule geneticamente instabili che possono progredire verso la trasformazione tumorale. Inoltre abbiamo osservato che la deficienza di LigI ha un effetto sulla morfologia cellulare, un altro effetto rilevante ai fini della progressione tumorale. Istituto di Genetica Molecolare IGM4.Identificazione della Sequenza Minima di un Replicatore Umano Matthieu Cubells, Manuela Mura, Laura Arrigoni, Danilo Presotto, Manuel Zocco, Giustina Carchedi, Arturo Falaschi #, Silvano Riva, Giuseppe Biamonti e Fiorenzo A. Peverali. Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy. # International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology, Patriciano 99, 34012 Trieste, Italy. La replicazione del DNA nei vertebrati inizia mediante il reclutamento del complesso pre-replicativo (preRC) su migliaia di siti distribuiti lungo i cromosomi, denominati siti di inizio o origini di replicazione (Ori). In alcuni loci, le origini si attivano a bassa frequenza da siti dislocati su ampie porzioni di DNA, mentre in altri, esse sono situate in siti ben distinti, detti confinati, e sono attive ad alta frequenza. Dal confronto delle sequenze delle Ori isolate sono emerse alcune caratteristiche comuni, ma non una sequenza consenso definita. Non è chiaro pertanto se il reclutamento sequenziale di proteine costituenti il pre-RC sulle Ori è determinato esclusivamente dalla sequenza primaria o se modificazioni epigenetiche conferiscono opportune strutture alla cromatina che permettono al pre-RC il riconoscimento dell’origine stessa. Per chiarire questo aspetto, abbiamo intrapreso uno studio che ci ha permesso inizialmente di dimostrare che un frammento di 1.2kb, contenente la sequenza dell’origine di replicazione (LamB2-ori) identificata nella regione 3’ non tradotta del gene della LaminaB2 sul cromosoma umano 19p13.3, è in grado di promuovere l’innesco della replicazione dopo integrazione casuale e stabile in altre sedi del genoma ospite. Questa sequenza ectopica denominata eLamB2-ori mostra un’impronta in saggi di protezione del DNA di circa 100bp denominata OPR (Origin Protected Region) paragonabile a quella endogena ed è inoltre legata da proteine del complesso ORC (Origin Recognition Complex) costituenti fondamentali del pre-RC. Successivamente abbiamo deciso di identificare nella eLamB2-ori le sequenze essenziali per l’innesco della replicazione. Per minimizzare l’effetto posizionale delle sequenze fiancheggianti il sito di integrazione, abbiamo sviluppato un saggio di integrazione sito-specifica mediante scambio di vettori plasmidici (RMCE-Recombinase Mediated Cassette Exchange) che consente di integrare il vettore in un sito cromosomico costante. I dati che verranno presentati permettono di definire l’organizzazione della LamB2-ori e di chiarire il contributo della sequenza primaria sull’attività di innesco. Verranno inoltre discussi dati relativi al potenziale impiego biotecnologico della LamB2-ori. IGM5.Proteine shc e tumori cerebrali umani Alberto Azzalin & Lorenzo Magrassi Neurochirurgia Dipartimento di Scienze Chirurgiche Università di Pavia, Fondazione IRCCS Policlinico S. Matteo & IGM CNR Pavia. Le proteine della superfamiglia Shc si legano a substrati contenenti fosfotirosine tramite le regioni PTB e SH2, e sono implicate in molte vie di trasduzione dei segnali extracellulari e metabolici. Il gene SHC3 normalmente espresso solo da neuroni maturi viene espresso anche nei glioblastomi ed astrocitomi anaplastici due tumori cerebrali maligni umani. L'espressione di Shc3 favorisce la sopravvivenza di questi tumori in vivo in condizioni di stress. Il gene SHC3 è poi amplificato in oltre il 60% degli ependimomi anch'essi tumori cerebrali d'origine non astrocitaria. Dati preliminari ottenuti studiando gli ependimomi che presentano amplificazione di SHC3 indicano che anche il gene EDG3 codificante per il recettore della sfingosina 1 fosfato è amplificato. In questi tumori i livelli delle due proteine sono molto aumentati e saggi di coprecipitazione suggeriscono che esse in vivo fanno parte di uno stesso complesso biochimicamente attivo. GENETICA UMANA E GENOMICA IGM6.Tricotiodistrofia e difetti nel differenziamento epidermico Elena Botta, Manuela Lanzafame, Tiziana Nardo, Donata Orioli, Miria Stefanini Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy La tricotiodistrofia (TTD) è una rara malattia multisistemica ad ereditarietà autosomica recessiva caratterizzata da anomalie del capello, ittiosi, ritardo nello sviluppo fisico e mentale e fotosensibilità nel 50% circa dei casi. I geni responsabili della forma fotosensibile della TTD, ovvero XPB, XPD e TTDA, codificano per alcune delle subunità di TFIIH, un complesso che interviene sia nella riparazione del DNA che in aspetti diversi della trascrizione. Sconosciuta resta invece la funzione di TTDN1, l’unico gene sinora identificato come responsabile della forma non fotosensibile di TTD. Recenti evidenze sperimentali suggeriscono che alterazioni dell’espressione genica nelle fasi terminali del differenziamento tissutale giocano un ruolo Istituto di Genetica Molecolare primario nella definizione del quadro clinico della TTD. Per valutare l’impatto sul differenziamento cellulare delle diverse mutazioni responsabili di TTD, è stato intrapreso uno studio a livello biochimico e molecolare dell’attività riparativa e trascrizionale nei cheratinociti, un sistema cellulare ancora poco caratterizzato per questi aspetti ma particolarmente interessante in relazione alle alterazioni dei capelli e della cute tipiche di TTD. L’analisi attualmente in corso su colture primarie di cheratinociti stabilizzati in vitro dall’epidermide di donatori normali e di pazienti TTD sta rivelando un’alterata espressione di marcatori specifici del processo differenziativo che potrebbero spiegare alcune caratteristiche comuni alle due forme di TTD. IGM7.Instabilità genomica e trasformazione cellulare Chiara Mondello, Ilaria Chiodi, Cristina Belgiovine, Roberta Ricotti, Fausto Pirronello, Maria Sciarrillo, Ilenia Marcucci, Giulio Chiesa Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy L’interesse del nostro laboratorio verte principalmente sullo studio del processo di trasformazione cellulare. A questo scopo, ci avvaliamo di un sistema cellulare, sviluppato nel nostro laboratorio, costituito da fibroblasti umani immortalizzati con la telomerasi, che sono andati gradualmente incontro a trasformazione neoplastica. L’analisi di cellule a diverse fasi di trasformazione ci ha consentito di identificare variazioni molecolari e cellulari che accompagnano la transizione da un fenotipo normale ad un fenotipo neoplastico in fibroblasti umani. Attualmente, stiamo utilizzando queste sistema cellulare per studiare meccanismi coinvolti nell’acquisizione della capacità invasiva e metastatica durante la progressione tumorale; infatti, le cellule agli stadi più avanzati di tumorigenesi sono diventate in grado di indurre metastasi in topi immunocompromessi. Inoltre, poiché i telomeri sono strutture essenziali per la stabilità del genoma, è interesse del nostro laboratorio studiare la regolazione della lunghezza e dell’organizzazione strutturale dei telomeri e la modulazione dell’attività telomerasica. IGM8.Alterazioni trascrizionali associate a mutazioni in XPD Donata Orioli, Tiziana Nardo, Elena Botta, Manuela Mura, Manuela Lanzafame, Antonio Barroso, Fiorenzo Peverali, Miria Stefanini Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy Mutazioni nel gene XPD sono responsabili di due principali patologie ereditarie caratterizzate da quadri clinici molto diversi: la tricotiodistrofia (TTD), una sindrome multisistemica che presenta tipiche anomalie del capello e ritardo nello sviluppo fisico e mentale, e lo xeroderma pigmentosum (XP), caratterizzato da predisposizione all’insorgenza di tumori cutanei. Le due patologie riflettono il duplice ruolo svolto nella cellula dal complesso multiproteico TFIIH, di cui XPD fa parte: TTD è ricollegabile ad alterazioni nell’attività trascrizionale mentre XP alla mancata riparazione dei danni indotti sul DNA dalla luce solare. Per identificare alterazioni nell’espressione genica specificamente associate alle diverse patologie, i profili d’espressione di fibroblasti primari derivati dal derma dei pazienti sono stati confrontati con quelli di fibroblasti dei loro genitori. Quest’analisi ha permesso di individuare un ristretto numero di geni deregolati in TTD e di definire come tali geni codifichino per proteine coinvolte in specifiche cascate di segnale. Uno studio approfondito dei geni coinvolti nella formazione e nel rimodellamento della matrice extracellulare ha chiarito i meccanismi alla base della loro alterata trascrizione. Oltre a spiegare alcuni dei sintomi clinici della TTD, questo approccio sperimentale si sta rivelando utile per identificare nuovi ruoli svolti dal TFIIH nella regolazione della trascrizione di specifici geni target. IGM9.Identificazione di nuovi composti che interferiscono con la proliferazione cellulare e promuovono l'apoptosi di linee cellulari tumorali A. Ivana Scovassi, Tania Camboni, Francesca Donà, Vincenzo Giansanti, Michele Parks, Tatiana Raineri, Micol Tillhon. Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy Il nostro laboratorio da anni si occupa della valutazione dell’efficacia di composti che bloccano la proliferazione delle cellule tumorali e che possono trovare impiego in oncologia clinica. Attualmente, la nostra attenzione è rivolta alla caratterizzazione degli effetti di composti appartenenti alla categoria degli ariltioindoli e delle carbossiammidi. L’analisi è stata di recente estesa anche ad altre classi di composti, come le antracicline, gli steroidi e le berberine. Il sistema biologico da noi utilizzato è costituito da varie cellule umane di origine tumorale, che sono sottoposte a trattamenti con le sostanze oggetto dello studio, e con noti chemioterapici. La valutazione degli effetti dei trattamenti si ottiene applicando diverse metodiche per misurare la proliferazione cellulare e determinare le caratteristiche degli eventi di morte cellulare. Dopo un Istituto di Genetica Molecolare primo screening, che serve ad individuare i composti più promettenti, vengono sintetizzati nuovi derivati da parte dei laboratori di Chimica Farmaceutica con cui operiamo in stretta collaborazione. I composti senza meccanismo d’azione noto vengono anche analizzati rispetto a varie reazioni metaboliche. IGM10.Malattie ereditarie difettive nella risposta al danno indotto da radiazioni UV Miria Stefanini, Elena Botta, Donata Orioli, Roberta Ricotti, Bruno Vaz, Hugo Pinto, Chiara Fontò, Roberta Guglielmino, Tiziana Nardo Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy Da molti anni il nostro gruppo è impegnato nello studio dei processi che operano nelle cellule umane in risposta al danno indotto sul DNA dall’irradiazione con luce UV e assiste i clinici nella diagnosi di patologie ereditarie, quali lo xeroderma pigmentosum (XP), la sindrome di Cockayne (CS) e la tricotiodistrofia (TTD), dovute a mutazioni in uno dei diversi geni coinvolti in questi processi. Pur condividendo alcuni difetti genetici, queste malattie presentano quadri clinici distinti, caratterizzati da precoce comparsa ed elevata frequenza di tumori cutanei (XP) o da anomalie dello sviluppo fisico, neurodegenerazione e invecchiamento precoce (TTD e CS). Queste sindromi rappresentano quindi un sistema modello utile per la comprensione dei processi molecolari rilevanti non solo per la carcinogenesi ma anche per l’invecchiamento e il corretto sviluppo fisico e mentale. Verranno presentati i risultati più interessanti emersi dalla caratterizzazione dei pazienti e dagli studi attualmente in corso tesi a chiarire le basi molecolari e funzionali dei processi alterati in queste patologie. IGM11.Caratterizzazione di un modello murino di amiloidosi senile. Grace Azar §, Loredana Marchese *, Giulia Mazzini §, Laura Obici *, Palma Minutillo °, Vittorio Necchi °, Umberto Magrini °, Vittorio Bellotti *, Giampaolo Merlini *, Carla Tribioli § Corso di Studio Interfacoltà in Biotecnologie, Università degli Studi di Pavia, Internato di laurea presso IGM, CNR, Pavia; * Centro per l’Amiloidosi, Dipartimento di Biochimica, Laboratori di Biotecnologie, IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia; ° Dipartimento di Patologia Umana ed Ereditaria, Sezione di Anatomia Patologica, Università degli Studi di Pavia; Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy Le amiloidosi sono un gruppo eterogeneo di malattie che hanno come causa comune l’accumulo nello spazio extracellulare (connettivale), di proteine autologhe, o loro frammenti, strutturalmente alterate, a causa di un errato ripiegamento conformazionale, che si aggregano in fibrille insolubili. E’ importante studiare le amiloidosi, per le seguenti ragioni: 1) sono malattie gravi con un’altissima percentuale di mortalità; 2) sono considerate malattie rare (circa 1 malato in 90.000 persone) ma in realtà sono sottostimate. Si riescono a diagnosticare con difficoltà, se si considera soltanto il quadro clinico; 3) la causa primaria della produzione e della deposizione di amiloide non è attualmente nota; 4) i processi coinvolti nella formazione di amiloide sono rilevanti in molte diverse patologie. Particolarmente importante è lo studio dell’amiloidosi senile, perché è frequente. Con l’allungamento della vita media della popolazione, il numero di pazienti affetti da questa patologia è in continuo aumento. Lo scopo della nostra ricerca è quello di sviluppare un modello animale che riproduca le caratteristiche salienti dell’amiloidosi umana e possa essere utilizzato per gli studi di patogenesi, di diagnostica e per la ricerca di terapie. Abbiamo caratterizzato l’esordio, l’incidenza, la morfologia e la distribuzione del deposito di amiloide negli organi dei topi di una colonia del ceppo albino CD1, da noi allevata, che ha sviluppato un’amiloidosi senile. Per questo studio sono stati utilizzati circa 150 topi. La ricerca dei depositi di amiloide è stata effettuata sui topi sacrificati a varie fasce di età: 3 - 6 mesi (topi giovani); 15 - 21 mesi (topi anziani). In particolare abbiamo analizzato cuore, fegato, milza e rene. Questi organi sono stati scelti per le seguenti ragioni: 1) tre di loro (cuore, rene e fegato) sono vitali; 2) sono frequentemente affetti nelle amiloidosi umane; 3) si prestano ad una diagnostica per immagini non invasive, con tecniche di medicina nucleare. GENETICA EVOLUZIONISTICA IGM12.Epidemiologia dell’osteoporosi in un isolato genetico dell’Ogliastra Ginevra Biino1, Laura Casula1, Francesca De Terlizzi2, Mario Pirastu1 1 IGP – CNR Sassari, 2 Scientific Department IGEA S.p.A. Istituto di Genetica Molecolare Nell’ambito del progetto Ogliastra, che prevede lo studio genealogico, genetico e clinico delle popolazioni isolate di questa regione della Sardegna, è stata condotta un’indagine epidemiologica trasversale per stimare prevalenza, determinanti ambientali e ereditabilità dell’osteoporosi in 10 paesi. L’arruolamento è avvenuto su base volontaria: 6056 uomini e donne di età compresa fra 30 e 103 anni, informati sulla conformità del progetto alle linee guida etiche internazionali, si sono sottoposti ad un prelievo di sangue per il dosaggio dei parametri ematochimici, misurazioni antropometriche, bioimpedenzometria, ultrasonografia ossea quantitativa (QUS) tramite DBM Sonic Bone Profiler e alla somministrazione di un questionario atto a rilevare variabili socioeconomiche, abitudini di vita, anamnesi fisiologica, farmacologia e patologica, e familiarità per osteoporosi. I principali determinanti della massa ossea sono stati modellizzati utilizzando l’analisi di regressione e della varianza. Mediante la soglia di T-score dell’AD-SoS (Amplitude Dependent Speed of Sound) di -3.2 SD è stata calcolata la prevalenza di osteoporosi nella popolazione Ogliastrina. Grazie alla disponibilità dei dati genealogici relativi agli ultimi 400 anni sono state ricostruite 45 grandi famiglie comprendenti tutti i soggetti partecipanti allo studio; la stima dell’ereditabilità dei parametri QUS è stata ottenuta con il metodo delle componenti di varianza implementato nel software SOLAR. Dal confronto con altri studi pubblicati in letteratura, risulta che la popolazione oggetto d’indagine è rappresentativa della popolazione Italiana per quanto riguarda la prevalenza di osteoporosi e l’associazione dei parametri QUS con i principali fattori di rischio per osteoporosi. Questo fatto, unito alla peculiare caratteristica di isolato genetico, la rende una popolazione ideale per studiare i fattori genetici predisponenti della patologia IGM13.Darwin, Lamarck e l'origine delle patologie complesse Giuseppe Damiani Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy Utilizzando le informazioni presenti in letteratura e le diverse banche di dati disponibili su Internet è stato elaborato un modello generale del metabolismo, chiamato iperciclo metabolico, che ha permesso di realizzare una classificazione dei processi metabolici nelle due diverse fasi complementari e opposte di tipo anabolico e catabolico. Il modello proposto è stato utilizzato per elaborare una descrizione unitaria dei processi metabolici a diversi livelli strutturali: molecolare, cellulare, organismico e popolazionistico. L’analisi delle relazioni tra metabolismo, sistemi epigenetici, retro-elementi e immunità acquisita, supporta l’idea che questi processi possano costituire una forma di evoluzione adattativa di tipo Lamarckiano opposta a quella Darwiniana e conferma la validità dell'iperciclo metabolico nella dinamica evolutiva dei sistemi biologici . L’analisi dei dati su diversi tipi di reti biologiche ha permesso di confermare la validità del modello proposto e ha consentito l’elaborazione di modelli specifici di numerose patologie complesse e in particolare di quelle autoimmuni. IGM14.Studio della struttura genetica della popolazione Italiana Lisa A., Fiorani O., Zei G., Cavalli-Sforza L.L. Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy Nell’ambito del Programma Genoma Umano Italia è terminata la fase di invio dei dati per il campionamento di individui donatori di sangue originari delle diverse zone dell’Italia. Queste zone sono state create attraverso i cognomi con un procedimento d’analisi della distribuzione geografica accompagnata da uno studio accurato dei fattori storici, linguistici, economici ed etnici che possono aver determinato zone geneticamente isolate. La banca dati dei cognomi italiani così costruita è stata confrontata con un nuovo metodo di costruzione di clusters denominato “self-organizing maps”. E’ in corso lo studio sui dati di 1150 pazienti con ictus ischemico, provenienti dall’Istituto Nazionale Neurologico Besta di Milano, suddivisi in 5 diagnosi delle possibili eziopatologie. I numerosi dati anamnestici e clinici raccolti, analizzati con metodi statistici di analisi discriminante multivariata, permetteranno di raggruppare i pazienti in gruppi oggettivi e di aumentare la probabilità di una corretta diagnosi. Il fine ultimo è quello di verificare, attraverso l’analisi del DNA dei pazienti, di cui è già iniziata la raccolta, la possibile eterogeneità genetica tra le diverse forme cliniche. ENZIMOLOGIA DEL DNA E VIROLOGIA MOLECOLARE IGM15.Caratterizzazione di varianti naturali della proteina NS1 del virus dell'influenza umana e aviaria Istituto di Genetica Molecolare Laura Bavagnoli, Anna Garbelli, Giovanni Maga Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy La proteina NS1 del virus dell'influenza A è l'unica proteina non presente nel virione ma prodotta unicamente nella cellula infetta. Tra i diversi ruoli di NS1 ricordiamo l'inibizione della risposta mediata da interferone e la facilitazione della replicazione del genoma virale. La proteina NS1 è uno dei determinanti di patogenicita' virale. Numerose varianti naturali di NS1 sono presenti nelle popolazioni virali umane e aviarie e in queste ultime appaiono direttamente correlate alla patogenicita'. Abbiamo clonato ed espresso in forma ricombinante alcune di queste varianti e ne abbiamo caratterizzato per la prima volta le proprieta' biochimico-funzionali. IGM16.Quando la scienza della vita si fa arte: Alexander von Humboldt (1769-1859) Federico Focher Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy Secondo Charles Darwin, Alexander von Humboldt (1769-1859) «è il più grande esploratore di tutti i tempi». In effetti, la sua vita, quasi centenaria, fu una vera avventura, sia scientifica che intellettuale. Dal 1799 al 1804 esplorò il bacino dell’Orinoco e del Rio Negro, la Cordigliera andina, il Messico e Cuba. Tornato in Europa pubblicò i dati fisici, naturalistici, economici e politici raccolti nel nuovo continente in Voyage aux régiones équinoxiales du Nouveau Continent, una monumentale opera con la quale gettò le basi delle moderne scienze naturali e dell’americanistica. Nel 1829, a sessant’anni, si spinse nella Russia asiatica, oltre gli Urali, fino alla frontiera con la Mongolia. Fu a Parigi nel primo anniversario della Rivoluzione Francese con Georg Forster, il compagno del capitano Cook, e, nonostante nutrisse simpatie repubblicane, fu ciambellano e confidente dei re di Prussia. Conobbe Federico il Grande, Napoleone e il presidente degli Stati Uniti Jefferson. Allievo di Werner, Heyne, Lichtenberg e Blumenbach, fu amico di Goethe, Schiller, GayLussac, Volta, Arago, Gauss, von Buch e Liebig. Infine, la sua opera e il suo esempio di naturalistaesploratore contribuirono a far nascere in Darwin, Wallace, Haeckel e in molti altri scienziati di entrambi gli emisferi, l’amore per la scienza e per la ricerca naturalistica «sul campo». Nel 1845, ormai anziano, Humboldt inizierà la pubblicazione di Kosmos, «l’opera della mia vita» nella quale emerge, nella sua grandiosa unità cosmica, «tutto il mondo fisico, tutto ciò che sappiamo dei fenomeni celesti e terrestri, dalle nebulose fino alla distribuzione geografica del muschio che cresce sul granito». Un giorno Goethe disse che una settimana sui libri non equivaleva a un’ora di conversazione con Humboldt. Solo chi ha letto Humboldt può comprendere appieno e condividere questo entusiastico giudizio. IGM17. La RNA elicasi cellulare DDX3: un nuovo bersaglio farmacologico per il trattamento delle infezioni da HIV-1 Anna Garbelli, Samantha Zanoli, Giovanni Maga Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy La proteina cellualre DDX3, una ATPasi/RNA elicase della famiglia DEAD, e' stata identificata come nuovo cofattore cellulare per l'infezione di HIV-1. DDX3 interagisce con la proteina virale Rev, promuovendo l'esporto degli RNA virali non processati (unspliced) dal nucleo al citoplasma.Siamo impegnati a caratterizzare le proprieta' biochimiche di DDX3 e a ricercare nuovi inibitori della sua funzione. Abbiamo gia' dimostrato che DDX3 possiede una bassa specificita' di substrato, essendo in grado di idrolizzare non solo ATP ma anche numerosi analoghi nucleotidici. Inoltre abbiamo identificato una molecola nonnucleosidica in grado di inibire l'attivita' ATPasica di DDX3 e di proteggere le cellule dall'infezione virale. Siamo impegnati a identificare nuovi analoghi dotati di migliori caratteristiche farmacologiche IGM18.Ruolo della proteina Vif di HIV-1 nel processo di retrotrascrizione virale Alexandra Kataropoulou, Sonia Trabatti, Giovanni Maga Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy La proteina Vif di HIV-1 gioca un ruolo essenziale nella patogenicita' del virus, contrastando l'azione delle deaminasi cellulari della famiglia APOBEC, recentemente identificate come fattori antivirali endogeni, presenti nelle cellule bersaglio. Le proteine APOCE3G/F in assenza di Vif vengono incorporate nei virioni nascenti e inibiscono la loro capacita' di infettare produttivamente nuove cellule. Vif è in grado di sequestrare APOBEC promuovendone la degradazione durante la fase di assemblaggio dei virioni nella cellula infetta. Recentemente, abbiamo dimostrato che Vif gioca un ruolo anche nelle prime fasi dell'infezione, agendo come cofattore per la RT di HIV-1, aumentandone l'efficienza catalitica e promuovendo la sua capacita' di Istituto di Genetica Molecolare superare lesioni quali i siti abasici, generate dall'azione di APOBEC sul DNA provirale in fase di retrotrascrizione. La proteina Vif possiede diverse attivita' funzionali: - interagisce con l'RNA e il DNA attraverso il dominio N-terminale - Lega lo Zn attraverso uno zinc-finger nella sua porzione mediana - Interagisce con APOBEC e con le proteine del pathway di ubiquitinazione attraverso la porzione Cterminale - Interagisce con RT Siamo impegnati a definire la regione responsabile dell'interazione tra Vif e la RT di HIV-1 allo scopo di chiarirne il ruolo funzionale dureante l'infezione. IGM19. TK e UCK di Entamoeba histolytica: clonaggio, caratterizzazione e ricerca di nuovi inibitori Andrea Lossani, Andrea Torti e Federico Focher Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy Entamoeba histolytica è un parassita intestinale responsabile dell’amebiasi, una malattia dagli esiti spesso fatali nei paesi in via di sviluppo. Attualmente i farmaci di elezione contro l’amebiasi sono il nitroimidazolo e alcuni suoi derivati, quali il diloxanide furoato, l’emetina e la clorochina. Dato che è stata dimostrata in vitro l’insorgenza di farmacoresistenza e che lo sviluppo di un vaccino è ancora una meta lontana, abbiamo cercato, fra gli enzimi del protozoo, nuovi possibili bersagli per una chemioterapia mirata. Poiché è probabile che E. histolytica basi la propria produzione di nucleotidi sulla via di salvataggio, mancando della via de novo, abbiamo pensato che gli enzimi coinvolti nella via di salvataggio potessero essere interessanti bersagli per controllare la proliferazione del parassita. Analizzando la sequenza genomica di E. histolytica, oggi disponibile, abbiamo clonato, espresso e purificato la timidina chinasi (Eh-TK) e la uridina-citidina chinasi (Eh-UCK) del protozoo. Eh-TK fosforila la timidina con una Km di 0.27 µM, mentre la Eh-UCK fosforila l’uridina e la citidina con Km di 0.74 e 0.22 mM, rispettivamente. Entrambi gli enzimi utilizzano ATP come donatore di fosfato e Mg2+ o Mn2+ come cofattori metallici. Allo scopo di individuare terapie alternative contro le infezioni da E. histolytica abbiamo quindi vagliato vari analoghi nucleosidici sia in vitro, contro l’attività di Eh-TK e di Eh-UCK, sia in colture protozoarie. I nostri studi indicano che alcuni analoghi nucleosidici capaci di inibire i due enzimi o da fungere da substrati alternativi hanno attività citostatica, ma non citotossica contro E. histolytica. ISTOCHIMICA E CITOMETRIA IGM20.Hypocrellin-B acetato: un substrato fluorogenico per la terapia fotodinamica Croce AC., De Simone U. Bottone MG., Pellicciari C., Bottiroli G. Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy La terapia fotodinamica (PDT) è un approccio terapeutico basato sull’impiego di fotosensibilizzanti (PS), molecole che convertono l’energia luminosa in energia chimica in grado di danneggiare irreversibilmente le strutture biologiche del microambiente, determinando la morte cellulare. Al fine di migliorare l’accumulo preferenziale nelle cellule bersaglio, è stata proposta una nuova strategia di impiego dei PS: questi vengono resi inattivi dal punto di vista fotofisico e fotochimico per aggiunta di un gruppo quencher che – all’interno della cellula - viene riconosciuto e rimosso da un enzima specifico, ripristinando l’attività del PS. L’accumulo intracellulare del PS è quindi determinato dal bilancio dei processi: l’uptake del PS inattivo, l’idrolisi enzimatica intracellulare, il rilascio del PS attivo. Studi precedenti condotti sul Rosa bengala hanno indicato un incremento di efficacia fotodinamica quando il PS veniva somministrato in forma inattiva. La validità della proposta è stata confermata nel caso dell’Hypocrellina-B, un PS di largo impiego per l’elevata resa di produzione di O2 singoletto e per le proprietà di assorbimento a lunghezze d’onda compatibili con una buona penetrabilità della luce nei tessuti biologici. IGM21.Cellule tumorali circolanti (CTC): “stato dell’arte” e contributi metodologici alla loro separazione e conta. Giuliano Mazzini Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy Le cellule circolanti (nel sangue periferico) non appartenenti ai distretti emato-linfatico hanno da decenni suscitato interesse in ambito oncologico (ma anche in altri territori della patologia clinica) per varie implicazioni sia di valenza diagnostica che prognostica, ed oggi ancor più, per il monitoraggio terapeutico. Queste cellule in genere hanno una frequenza nel sangue periferico estremamente bassa (definite anche Istituto di Genetica Molecolare “eventi rari”) nell’ordine di una per milione di “cellule normali” e, nello specifico delle cellule epiteliali, nel periferico di pazienti oncologici (per ca gastro-intestinali), la letteratura più recente “spazia” in un ambito di valori fra 5 e 200 cellule in 10ml di sangue periferico. E’ quindi evidente che la loro identificazione-catturaconta in termini precisi costituisce un problema tuttora aperto. Da alcuni anni vari approcci analitici basati su tecnologie diverse sono stati utilizzati con risultati non concordanti a livello internazionale. Se da un lato vi è consenso sull’utilizzo del marcatore di identificazione ovvero un MoAb che riconosce un antigene di superficie (EpCAM; CD326) generalmente espresso dalla maggioranza (ma con notevole eterogeneità) dei carcinomi umani, non c’è consenso su quale sia la tecnologia più affidabile. Citometria a flusso e “sorting” abbinati si sono rivelati inefficienti mentre la separazione immunomagnetica sembra essere la tecnica di elezione almeno a livello di pre-arricchimento. Il recente sviluppo delle nano-tecnologie e la disponibilità di vari dispositivi oggi noti come “bio-chip” rende possibile la micromanipolazione di cellule (anche in condizioni vitali) e quindi la loro “selezione specifica” in una popolazione eterogenea. Nell’ambito di una collaborazione: Divisione di Oncologia (S.Matteo PV), Silicon Biosystems (BO) e IGM-CNR stiamo sperimentando alcuni approcci metodologici mirati alla separazione, conta ed analisi in fluorescenza di sottopopolazioni cellulari rare. IGM22.Molteplici ruoli dell’inibitore del ciclo cellulare p21CDKN1A nella risposta a danno genotossico: regolazione dell’interazione tra PCNA e proteine della riparazione del DNA. Ennio Prosperi Istituto di Genetica Molecolare, CNR, via Abbiategrasso 207, 27100 Pavia, Italy Collaboratori: A.I. Scovassi (IGM), Ornella Cazzalini (Dip Med Sper), Monica Savio (DMS), Paola Perucca (DMS), Lucia A. Stivala A. (DMS), La proteina p21CDKN1A è un noto inibitore delle chinasi ciclina-dipendenti, che svolge un importante ruolo non solo nella regolazione del ciclo cellulare (in condizioni basali ed in seguito ad un danno al DNA), ma è anche coinvolto in processi di regolazione della trascrizione e dell’apoptosi. Da alcuni anni stiamo investigando un possibile ruolo di p21 come modulatore dell’attività di PCNA nella riparazione del DNA. In particolare, ci occupiamo della regolazione da parte di p21 dell’interazione tra PCNA ed alcune proteine che partecipano a diversi pathways di riparazione del DNA, quali il processo di escissione nucleotidica (NER) e di base (BER). Abbiamo già dimostrato che p21 regola l’attività acetiltransferasica di p300, attraverso la rottura dell’associazione di quest’ultima proteina con PCNA, durante il NER. Un’attività analoga sembra verificarsi con l’enzima poliADP-ribosio polimerasi (PARP-1) durante il BER. Gli studi in corso prevedono lo studio della regolazione dell’associazione tra p300, PCNA e proteine del NER (es. XPG), oppure quella tra PARP-1, PCNA e fattori del BER (es. XRCC1). SEZIONE DI BOLOGNA IGM23.Dal precursore della lamina A alla cromatina. Studio della localizzazione ed espressione della proteina “Barrier-to-Autointegration Factor “ in cellule con accumulo di prelamina A. Cristina Capanni IGM-CNR via di Barbiano 1/10 Bologna La lamina A, una delle principali proteine componenti la lamina nucleare, viene sintetizzata a partire da un precursore proteico il quale diviene proteina matura attraverso una serie di modificazioni post-trascrizionali (proteolisi, metilazione) a livello dell’estremità carbossi terminale. Numerosi studi hanno evidenziato che i prodotti intermedi della sintesi della lamina A sono in grado d’influenzare l’organizzazione della cromatina. Tale effetto trova riscontro nelle alterazioni nucleari e cromatiniche riscontrate in cellule di pazienti laminopatici con accumulo di prelamina A. Allo scopo di identificare possibili partners molecolari coinvolti nel rimodellamento della cromatina in seguito all’accumulo di prelamina A abbiamo valutato la localizzazione e l’espressione della proteine “Barrier-to-Autointegration Factor” (BAF). E’ noto da tempo che tale proteina è in grado di connettersi direttamente sia a componenti della lamina nucleare sia al DNA influenzandone l’organizzazione. In questo studio mostriamo come l’accumulo di intermedi diversi della prelamina A (prelamina A non-farnesilata, prelamin A farnesilata e carbossimetilata) ottenuto sia tramite l’utilizzo dell’espressione di proteine mutanti sia tramite l’utilizzo di trattamenti farmacologici, influenzi profondamente la distribuzione nucleare di BAF. Infine lo studio della localizzazione di BAF in cellule provenienti da pazienti con accumulo di prelamina A (Sindrome Progerica di Hutchinson-Gilford, Dermopatia Restrittiva, Displasia Mandibuloacrale) ha permesso di confermare i dati ottenuti nel modello sperimentale. Istituto di Genetica Molecolare IGM24.Difetti del tessuto osseo nelle laminopatie: possibili meccanismi patogenetici. Giovanna Lattanzi IGM-CNR, via di Barbiano 1/10 I-40136 Bologna Italy Le laminopatie sono patologie ereditarie causate da mutazioni di proteine dell’involucro nucleare. Le forme più gravi, tra cui la progerie di Hutchinson-Gilford, la displasia mandibuloacrale e la dermopatia restrittiva, sono associate a invecchiamento precoce e perdita di tessuto osseo. Dal punto di vista molecolare, queste laminopatie sono caratterizzate da accumulo di prelamina A, il precursore proteico della lamina A. In questo studio, abbiamo ipotizzato un coinvolgimento della prelamina A nel differenziamento e nell’attività di osteoblasti umani. E’ stato definito il grado di processazione della prelamina A in osteoblasti umani e l’effetto dell’accumulo di prelamina A sul differenziamento di preosteoblasti. E’ stato valutato il potenziale differenziativo di osteoblasti da displasia mandibuloacrale e la loro capacità di stimolare precursori specifici al differenziamento verso la linea osteoclastica. I nostri risultati indicano che la prelamina A altera negativamente il differenziamento di osteoblasti umani e favorisce il differenziamento in osteoclasti. Suggeriamo inoltre un coinvolgimento di TGFbeta nel meccanismo patogenetico alla base del riassorbimento osseo osservato nella displasia mandibuloacrale. IGM25.Meccanismi molecolari della neurogenesi dell’adulto Spartaco Santi IGM-CNR, via di Barbiano 1/10 I-40136 Bologna Italy La recente scoperta di cellule staminali nel cervello adulto (le cellule staminali neurali) ha aperto nuove prospettive sia per lo studio del cervello che per il trattamento di malattie. Nuovi neuroni sono generati continuamente, per tutta la vita, in aree cerebrali come l’ippocampo. Questi neuroni nuovi causano modifiche plastiche nei circuiti neuronali, espandendo la capacità del cervello di modificarsi in risposta a stimoli fisiologici (esercizio fisico, apprendimento, memoria) e rappresentando anche un bersaglio cellulare per il trattamento di disordini patologici (alterazioni dell’umore e altre patologie psichiatriche). Si ritiene che un regolatore-chiave della neurogenesi, sia in condizioni fisiologiche che patologiche, sia un fattore neurotrofico: il brain-derived neurotrophic factor (BDNF), particolarmente espresso nell’ippocampo e nella corteccia frontale. Questa neurotrofina oltre a svolgere un ruolo importante nei processi di apprendimento e memoria, riveste un compito fondamentale nella crescita, differenziazione, mantenimento e sopravvivenza neuronale. Abbiamo quindi studiato il ruolo di BDNF nella regolazione della neurogenesi dell’adulto e nell’integrazione funzionale dei nuovi neuroni nei circuiti ippocampali preesistenti (Bergami et al., PNAS 105: 15570-15575). IGM26.Inibitori della processazione della prelamina A e differenziamento osteoclastico Nicoletta Zini IGM-CNR via di Barbiano 1/10 - Bologna Le laminopatie sono patologie causate da disordini dovuti a difetti nell’espressione della Lamina A/C . Alcune forme gravi di queste malattie presentano nel nucleo un accumulo anomalo del precursore non processato della lamina A, la prelamina A e manifestano fenomeni osteolitici. In questo studio abbiamo cercato di chiarire gli effetti da accumulo di prelamina A nelle cellule deputate al riassorbimento osseo, gli osteoclasti, utilizzando inibitori della processazione della prelamina A, quali FTI-277 o AFCME in monociti umani ottenuti da sangue periferico e indotti a differenziare in senso osteoclastico. L’accumulo di prelamina A accelera la formazione di cellule multinucleate e aumenta l’espressione di alcuni markers specifici del differenziamento osteoclastico, ma porta alla formazione di osteoclasti con un’attività di riassorbimento ridotta. Questi risultati potrebbero aiutare a capire l’evolversi dei danni ossei che si manifestano nelle laminopatie progeroidi.