ARTICOLO
Archimede
4 2004
ESAME DI STATO 2004,
SECONDA PROVA SCRITTA PER
I LICEI SCIENTIFICI
DI ORDINAMENTO
Il candidato risolva uno dei due problemi e 5 dei 10 quesiti del questionario.
PROBLEMA 1
Sia f la funzione definita da: f(x) = 2x – 3x3
1. Disegnate il grafico G di f.
2. Nel primo quadrante degli assi cartesiani, considerate la retta y = c che interseca
G in due punti distinti e le regioni finite di piano R e S che essa delimita con G.
Precisamente: R delimitata dall’asse y, da G e dalla retta y = c e S delimitata da G
e dalla retta y = c.
3. Determinate c in modo che R e S siano equivalenti e determinate le corrispondenti ascisse dei punti di intersezione di G con la retta y = c;
4. Determinate la funzione g il cui grafico è simmetrico di G rispetto alla retta y = 4/9.
PROBLEMA 2
ABC è un triangolo rettangolo di ipotenusa BC.
1. Dimostrate che la mediana relativa a BC è congruente alla metà di BC.
2. Esprimete le misure dei cateti di ABC in funzione delle misure, supposte assegnate, dell’ipotenusa e dell’altezza ad essa relativa.
3. Con BC =
3 metri, determinate il cono K di volume massimo che si può ottenere dalla rotazione completa del triangolo attorno ad uno dei suoi cateti e la
capacità in litri di K.
4. Determinate la misura approssimata, in radianti ed in gradi sessagesimali, dell’angolo del settore circolare che risulta dallo sviluppo piano della superficie laterale del cono K.
QUESTIONARIO
1. Trovate due numeri reali a e b, a ≠ b, che hanno somma e prodotto uguali.
2. Provate che la superficie totale di un cilindro equilatero sta alla superficie della
sfera ad esso circoscritta come 3 sta a 4.
3. Date un esempio di funzione f(x) con un massimo relativo in (1, 3) e un minimo
relativo in (–1, 2).
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4. Dimostrate che l’equazione ex + 3x = 0 ammette una e una sola soluzione reale.
5. Di una funzione g(x), non costante, si sa che:
lim g( x ) = 3
e
x →2
6.
7.
8.
9.
g(2) = 4
Trovate una espressione di g(x).
Verificate che le due funzioni f(x) = 3log x e g(x) = log(2x)3 hanno la stessa derivata. Quale giustificazione ne date?
Un triangolo ha due lati e l’angolo da essi compreso che misurano rispettivamente a, b e δ. Quale è il valore di δ che massimizza l’area del triangolo?
La misura degli angoli viene fatta adottando una opportuna unità di misura. Le
più comuni sono i gradi sessagesimali, i radianti, i gradi centesimali. Quali ne sono le definizioni?
Calcolate:
1
∫ arcsen x dx
0
10. Considerate gli insiemi A = {1, 2, 3, 4} e B = {a, b, c}; quante sono le applica-
zioni (le funzioni) di A in B?
Durata massima della prova: 6 ore. È consentito soltanto l’uso di calcolatrici non programmabili.
RISOLUZIONE DEL PROBLEMA 1
1. Si tratta di una semplice cubica simmetrica rispetto all’origine, con le ulteriori



 2 4
2
; 0  , massimo in M 
intersezioni con gli assi in  ±
;
2  e flesso nel3



 3 9
l’origine.
2. Le regioni di piano R ed S da studiare, inequivocabilmente indicate dal testo, sono rappresentate in fig. 1; la retta y = c dovrà pertanto rispettare la condizione
4
0≤c≤
2 . All’interno di tale intervallo la retta interseca la cubica in tre pun9
ti: sia C(h; c) quello con ascissa maggiore e sia D(k; c) la restante intersezione nel
primo quadrante.
3. La risoluzione di questo punto richiede di impostare due equazioni corrispon-
denti alle condizioni: a) equivalenza di R ed S; b) appartenenza di C a G. La a)
si esprime con gli integrali:
k
∫ [c − f ( x)] dx
0
=
h
∫ [ f ( x) − c ] dx
(*)
k
179
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che, dopo qualche calcolo che comporta la semplificazione del parametro k,
produce
3 4
h − h2 + ch = 0 .
4
y
y = g(x)
1
y=c
E
D
M
S
k
0,5 h
C
R
-0,5
0
y = f(x)
x
–0,75
Figura 1
I calcoli si semplificano se si osserva che la condizione richiesta corrisponde dih
rettamente a
∫ [c − f ( x)]dx
= 0. E, comunque, a questo integrale ci si ricon-
0
duce anche applicando le proprietà degli integrali all’uguaglianza (*).
La b) è la semplice condizione di appartenenza c = 2h – 3h3.
Il sistema delle due condizioni conduce facilmente alla risolvente h2(4/9 – h2) = 0
e alla soluzione che soddisfa le condizioni del problema: c = 4/9, h = 2/3 (1).
Ciò consente di determinare gli ulteriori punti di intersezione di y = c con la cubica, dal momento che la risolvente 2x – 3x3 = 4/9 ha ora una radice nota: si tro-
(1) Nota della redazione.
La professoressa Anna Rita Rossetti di Melendugno (LE) ha scritto alla Redazione segnalando
un’altra via per rispondere alla domanda. Con riferimento alla figura a fianco, dove le coordinate di C
sono (h, c), l’equivalenza fra R ed S comporta l’equivalenza fra il rettangolo OTCA e il trapezoide delimitato dalla funzione nell’intervallo [0, h]. Tenendo
presente la condizione di appartenenza c = 2h-3h3, si
ha quindi:
∫0 (2x − 3x 3 )dx
h
= ch = (2h − 3h 3 )h
da cui si ricava h = ±2/3 (e il valore negativo va ovviamente scartato).
180
y
0,6
0,4
0,2
S
A
C
R
O
0,2
0,4
T
0,6
x
0,8
1
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−1 ± 3
di cui quella con segno positivo è l’ascissa k
3
vano le due radici x1,2 =
del punto D.
4. La simmetria rispetto alla retta y = 4/9 (si tratta della retta y = c trovata al pun-
to precedente) si determina direttamente con le sostituzioni y' = 2c – y; x' = x.
L’equazione che si ottiene per g è perciò g(x) = 3x3 – 2x + 8/9.
Chi non sa o non ricorda le formule citate, può operare prima una traslazione in
modo che la retta y = c diventi il nuovo asse x', poi la riflessione rispetto all’asse
x' e infine la traslazione opposta per tornare al sistema originario.
RISOLUZIONE DEL PROBLEMA 2
1. Ci sono molti metodi per risolvere questo punto. Il più breve (fig. 2) ricorre alla
possibilità di inscrivere un triangolo rettangolo nella semicirconferenza con diametro la sua ipotenusa: il punto medio dell’ipotenusa è il centro della circonferenza e la sua mediana corrisponde ad un raggio.
In alternativa, si può tracciare la parallela ad un cateto per il punto medio M dell’ipotenusa (fig. 3) e considerare che essa divide l’altro cateto in due parti AN ed
NB con le medesime proporzioni (teorema di Talete) e perciò uguali. I triangoli
ANM e MNB sono rettangoli per costruzione e risultano uguali per i criteri di
uguaglianza; hanno perciò uguali anche i lati AM ed MB.
Un’altra dimostrazione classica considera il rettangolo ABDC, ottenuto tracciando le parallele ad AC per B e ad AB per C: è ben noto che le diagonali di un
rettangolo sono uguali e s’incontrano nel punto medio di entrambe.
C
A
x
B
h
M
y
M
a
C
A
Figura 2
N
B
Figura 3
2. In riferimento alla fig. 2, dove x ed y sono i cateti, si hanno le relazioni
 xy = ah
 2 2
2
 x + y = a
(doppia area del triangolo)
(teorema di Pitagora)
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riducibili a
 xy = ah

 x + y = t
con
t = a2 + 2 ah
con equazione risolvente x2 – tx + ah = 0. Si ottiene così la coppia di soluzioni,
ovviamente simmetriche:
x =
a2 + 2 ah
±
2
3. Fissata l’ipotenusa a =
a2 – 2 ah
2
y =
a2 + 2 ah
m
2
a2 – 2 ah
2
3 m, la scelta del cateto asse di rotazione è indiffe-
rente, per la simmetria del problema (fig. 4). Il cono di altezza AB = x, con
0<x <
3 , e raggio di base AC =
2
3 − x2 ha volume V(x) = π(3 – x )x/3,
funzione continua e positiva nell’intervallo dato, nulla agli estremi e perciò dotata certamente di massimo. La funzione che interessa f(x) = 3x – x3 è una cubica
con massimo per x = 1, per cui il volume del cono K è V = 2π/3 m3 ≈ 2094,4 l;
il triangolo risulta di cateti AB = 1m ed AC = 2 m .
ˆ rende solo i calcoli
La scelta dell’incognita x = AC o addirittura x = ABC
più complicati.
C
a
A
x
B
Figura 4
4. La superficie laterale del cono K è un settore circolare di raggio R = a =
arco ha lunghezza L = 2 π AC = 2 2 π m.
L’angolo al centro è allora α = L/R = 2π
2 / 3 rad =
3 m il cui
2 / 3 · 360° ≈ 5,13 rad ≈
≈ 293° 56′ 20′′.
RISPOSTE AI QUESITI DEL QUESTIONARIO
1. Dalla relazione a + b = ab segue l’uguaglianza a = b/(b – 1) che fornisce infi-
nite coppie di valori, ad esempio a = 3/2; b = 3 (sono escluse a = b = 2 ed
a = b = 0, mentre non vi sono coppie con a = 1 o b = 1). Risolvendo invece in fun182
zione del valore comune k = a + b = ab si ottiene
(sono esclusi i valori di k dell’intervallo 0 ≤ k ≤ 4).
a, b =
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k ± k2 – 4k
2
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2. Un cilindro equilatero con base di raggio r ha altezza h = 2r; la sfera che lo circo-
scrive ha raggio R = 2 r. Il cilindro ha superficie totale 2πr2 + 2πrh = 6πr2;
la superficie della sfera è 4πR2 = 8πr2; il rapporto tra le superfici è perciò 3/4.
3. Non essendoci indicazioni restrittive sul tipo di funzione è sufficiente una fun-
zione a due soli valori: quelli richiesti. La formulazione del quesito sembra però
richiedere la conoscenza del significato di massimo e minimo relativi, in contrapposizione a quelli assoluti, e allora sarebbero sufficienti 4 punti. Altre risposte, a mio parere più ragionevoli, sono:
– una spezzata (funzione continua) passante per i punti (–1; 2) e (1; 3), come
− x + 1

f ( x ) = x / 2 + 5/2

− x + 4
per x < −1
per − 1 ≤ x ≤ 1
per
x>1
– la cubica (funzione anche derivabile) ottenuta con le condizioni di passaggio e
1
3
5
di derivata nulla per i punti dati f ( x ) = − x 3 + x + .
4
4
2
4. Una risposta grafica relativa all’intersezione delle curve y = ex ed y = –3x è
senz’altro sufficiente, anche per stimare che la radice x0 soddisfa la condizione
–1/3 < x0 < 0. Più rigorosa forse la dimostrazione fondata sul fatto che la funzione f(x) = ex + 3x è continua in R, strettamente crescente e illimitata sia superiormente che inferiormente.
5. La g(x) deve avere in x = 2 una discontinuità e perciò non potrà essere costante;
3 per x ≠ 2
tra le infinite possibilità, la più semplice è g( x ) = 
Viene il
4 per x = 2
dubbio, però, che la superflua precisazione del testo «non costante» voglia
escludere proprio questa risposta, a favore di qualcosa di un po’ più elaborato,
x + 1 per x ≠ 2
.
come g( x ) = 
per x = 2
4
6. Il quesito sembra richiedere due operazioni distinte: a) la verifica che le due
funzioni così come sono presentate hanno ugual derivata: f '( x ) = 3 ⋅
g'( x ) =
1
e
x
1
3
⋅ 3 ⋅ ( 2 x )2 ⋅ 2 =
; b) l’applicazione delle proprietà dei logaritmi
3
x
(2 x )
per evidenziare che g(x) = f(x) + 3log 2 e motivare così il risultato di a).
183
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7. Dalla formula A =
1
ab sin(δ ) che fornisce l’area di un triangolo dati i lati a, b
2
e l’angolo δ tra essi compreso, si ricava l’area massima per δ = π/2. Non pare certo il caso di ricorrere alle derivate.
Anche graficamente (fig. 5) si giunge immediatamente al medesimo risultato.
A
B
Figura 5
b
δ
h
a
C
8. Un grado sessagesimale (1 deg oppure 1°) è la 360ma parte di un angolo giro; un
grado centesimale (1 grad) ne è invece la 400ma parte; un radiante (1 rad) è l’angolo al centro di una circonferenza arbitraria che sottende un arco di lunghezza pari al raggio.
Di conseguenza, la misura di un angolo in radianti è il rapporto tra la lunghezza
dell’arco sotteso e il raggio di una circonferenza, dove l’angolo sia preso al centro della circonferenza stessa. La misura in radianti è quindi fondata su considerazioni geometriche ed è concettualmente diversa dalle altre unità di misura convenzionali.
Può essere interessante aggiungere che, mentre la misura degli angoli in gradi
sessagesimali risale all’antichità (di solito è attribuita ai Babilonesi), il grado centesimale fu proposto all’epoca della Prima Repubblica Francese, ma fu adottato
verso il 1850, quando Ignazio Porro, ingegnere, topografo e ottico, costruì i primi strumenti a divisione centesimale per uso topografico. Per questo ancora oggi in Topografia si usa misurare gli angoli in gradi centesimali.
Nel sistema SI l’unità di misura angolare è il radiante.
9. L’integrale si risolve per parti con arcsen (x) parte intera:
I =
1
∫ arcsen( x) dx
= [ x arcsen( x )]10 +
0
1


= x arcsen( x ) + 1 – x2 


0
=
11
∫
2 0
−2 x
1 − x2
dx =
π
− 1.
2
Più velocemente, si può far riferimento al grafico dell’arcoseno nell’intervallo
dato (fig. 6): l’integrale risulta dalla differenza tra l’area AR = π/2 del rettangolo
di base 1 e altezza π/2 e l’area AS = 1 sottesa alla funzione seno tra 0 e π/2. Così
si evita anche il problema del dominio della funzione irrazionale fratta, nel secondo integrale, non definita nell’estremo x = 1.
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y
π/2
1,5
y = arcsen (x)
1
0,5
–0,5
0,5
–0,5
1
1,5
x
Figura 6
10. Una funzione fa corrispondere ad ogni elemento di A uno e un solo elemento
di B. Ognuno dei 4 elementi di A può essere associato ad uno dei 3 elementi di
B in modo indipendente: le funzioni di A in B sono quindi 34 = 81.
In termini di calcolo combinatorio, le funzioni di A in B corrispondono alle
quaterne di 3 elementi, cioè alle disposizioni con ripetizione di 3 elementi di
classe 4: il loro numero è 34 = 81.
CONSIDERAZIONI E COMMENTI
Nonostante almeno i quesiti siano da giudicare interessanti, il sapere veicolato dalla seconda prova dell’Esame di stato, come cercherò di argomentare, è sempre più parcellizzato e ridotto ai primi balbettii dell’analisi (e della matematica in generale): un processo che riflette l’impostazione culturale che la Scuola si avvia ad assumere, dove il sapere e il saper fare restano disgiunti e dove addirittura ci si interroga sulla necessità di
«saper pensare» (vedi una traccia del tema di italiano di questa stessa sessione d’esame!).
Il problema 1 ha una sola domanda interessante e adeguata, al punto 3; per il
resto si tratta: a) di tracciare una cubica, b) di riconoscere delle regioni di piano,
c) di tracciare una curva con facile simmetria (ricavabile anche per via semiempirica,
applicandosi un po’ sul grafico). E al punto 3 la grande maggioranza degli studenti
non ha dato risposta o ha risposto parzialmente, quasi sempre perché non ha considerato la condizione di appartenenza o perché s’è persa nei calcoli. Ciò ha significato che gli insegnanti sono stati chiamati a valutare sostanzialmente lo studio di funzione di una cubica (simmetrica per giunta!).
Il problema 2 non è un problema, a meno che non si consideri sufficiente il fatto
che si parla comunque di triangoli rettangoli. Si tratta infatti di tre quesiti del tutto
indipendenti sui triangoli rettangoli, con il punto 4 collegato al 3 solo per il calcolo
di un valore. Il 2° punto richiede un po’ di calcoli, ma il suo risultato resta senza uno
sviluppo o un’applicazione.
Dei quesiti, la maggior parte consente diversi livelli di risposta: da un livello banale ad uno più argomentato e completo, decisamente interessante. Quest’ultimo,
però, non è richiesto dal tema e perciò molti quesiti sono senz’altro riconducibili al
livello banale: si vedano i quesiti 1, 2, 4, 7, 8, ma in parte anche 3 e 9. Inoltre, almeno
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cinque quesiti hanno assai poco a che fare con il programma usuale del quinto anno.
E così, uno studente che avesse saltato tutte le lezioni di matematica dell’ultimo anno avrebbe potuto rispondere ai quesiti 1, 2, 7, 8, 10, e, se fosse stato un po’ sveglio,
anche ai quesiti 4 e 3. Infine, controllando le conoscenze richieste per la risoluzione
del problema 2, otteniamo come risultato che il corso di Analisi si poteva aggirare
senza troppe difficoltà. Se dunque lo scopo era di verificare se uno studente è sveglio, direi che la prova è congrua; invece la trovo decisamente meno adeguata per
controllare il suo grado di preparazione in Analisi.
Il quesito 1 è banale, a meno che non se ne proponga un commento completo; invece la sola risposta parametrizzata con k risulta sovradimensionata rispetto alla
domanda, quindi quasi sbagliata, direi. La mancanza di commenti sull’esclusione di
alcune coppie di valori rende l’esercizio povero; ma la domanda è chiara: trovare
due valori che soddisfino la condizione, quindi bastano i valori.
I quesiti 2 e 7 sono semplici e richiedono ben poca geometria e trigonometria.
Il quesito 3 consente risposte molto economiche se ci si aggrappa alla definizione, ma in tali casi la definizione risulta poco significativa. Un commento più generale non è richiesto.
Al quesito 4 si risponde con un facile grafico, riproducendo una situazione tipica presentata nei manuali. Anche se la richiesta è dimostrare, e non semplicemente
mostrare, in pochi hanno commentato la funzione attraverso la sua derivata, cercando una dimostrazione.
Il quesito 5 richiede una funzione che rispetti chiare condizioni di discontinuità
e che sia non costante: precisazione superflua, e forse fuorviante.
Il quesito 6, a mio avviso, chiede di esplicitare distintamente le due operazioni di
derivazione e di determinazione della differenza costante tra le funzioni tramite le
proprietà dei logaritmi. Ma per molti commentatori la sola seconda parte è ritenuta
sufficiente.
Nel quesito 8 l’unica questione interessante è la ragione geometrica della definizione di radiante, in netta differenza rispetto alle altre definizioni. Limitare la risposta all’arco di lunghezza uguale al raggio mi pare assai povero, ma il quesito sembra
accontentarsi della risposta minimale. La definizione più pericolosa che ho trovato
sostiene che la misura in radianti di un angolo al centro è la lunghezza dell’arco sulla circonferenza di raggio unitario: sostanzialmente corretta, ma agli studenti lascia
intendere che il radiante abbia dimensioni lineari.
Il quesito 9 è un integrale di quelli spesso già svolti nei manuali. Molto interessante, invece, la sua analisi geometrica con il semplice calcolo tramite l’integrale del seno.
Il quesito 10 è un po’ fuori dagli argomenti usuali del quinto anno e perciò è risultato difficile per la maggior parte degli studenti. Anche se il semplice conteggio
non è poi così difficoltoso, richiede almeno una buona conoscenza della definizione di funzione: l’impressione è che coloro che l’avevano non si siano messi a contare e abbiano risolto altri quesiti, mentre gli studenti privi di una buona definizione
abbiano cercato di svolgerlo giudicandolo più semplice (senza riuscirvi, naturalmente).
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In sostanza, i quesiti avrebbero ammesso lo spazio per un elaborato interessante; ma sia la loro formulazione prudente, sia la tendenza di oggi a valutare in positivo anche minimi accenni di risposta esatta da parte degli studenti, favoriscono
un’interpretazione minimale delle richieste. Per contro, considerare i diversi gradi
di profondità nelle risposte comporta una grande variabilità nella valutazione tra le
commissioni giudicatrici. E, se è pur vero che il problema sussiste sempre, è chiaro
anche che un tema di questa natura lo amplifica (sarebbe interessante avere un panorama dei criteri adottati dalle commissioni).
Di conseguenza, un giudizio globale sul tema di quest’anno non può tener in
gran conto la varietà delle opportunità che esso offre. Il giudizio, cioè, non può essere disgiunto dall’applicazione pratica, e il tema diventa allora decisamente facile e,
forse, anche poco utile, visto che, tra debiti e valutazioni più o meno benevole, ormai gli studenti sono promossi con abilità minime in matematica e un tema del genere aggiunge o toglie ben poco alle valutazioni di scrutinio.
Non solo. Vi è, nell’impostazione del tema, una richiesta di sapere di tipo cumulativo piuttosto che organico delle conoscenze acquisite, il che incentiva un insegnamento della matematica che rinforza negli studenti la convinzione che essa non sia
un terreno di ricerca culturale e di sintesi concettuale o, almeno, di argomentazione
ragionata, quanto piuttosto una raccolta di regole e ricette per risolvere questa o
quella questione. Prova ne sia che i problemi non son più nemmeno problemi: a buon
titolo, diversi loro punti avrebbero potuto entrare nella lista dei quesiti (con piccoli
aggiustamenti, i punti 2 e 4 del problema 1 e tutti e quattro i punti del problema 2).
A me sembra, in definitiva, che si stia andando verso una deresponsabilizzazione del Ministero ed una corrispondente responsabilizzazione dei commissari d’esame, con la rinuncia ad un controllo unitario delle conoscenze degli studenti, al di là
del fatto che il testo sia (ancora) unico per tutti. Il trend sembra proprio quello che
porterà all’eliminazione del valore legale dell’Esame di stato.
Statistiche sugli Esami di stato su
http://www.invalsi.it/ones2000/conch2004/pg/risultati-esame.htm
Renato Macchietto
Liceo Scientifico «E. Fermi» – Padova
[email protected]
187
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