Si intendono per diritti umani quelli che sono inerenti alla nostra natura e senza i quali non possiamo vivere come esseri umani. Essi fanno riferimento alle libertà umane fondamentali e in questo modo ci permettono di incrementare e di sviluppare le nostre qualità umane e di soddisfare le nostre varie necessità. Si basano sull’esigenza dell’umanità di una vita nella quale la dignità e il valore propri di ciascun essere umano ricevano rispetto e protezione. Oggi si parla molto di “diritti umani”. Questa locuzione viene utilizzata non solo dalla società civile per i diritti di chi non ha voce, ma anche nei più svariati modi: per esempio dai Paesi dell’Unione Europea per negare aiuti ai Paesi poveri che violano tali diritti; da capi di Governo autocrati per sostenere che i diritti umani sono una giustificazione del colonialismo Occidentale. L’espressione “diritti umani” è di per sé vaga, molte definizioni tradizionali sono tautologiche oppure meramente qualificative di caratteristiche che i diritti umani dovrebbero avere: i diritti umani sono i diritti fondamentali, universali, inviolabili e indisponibili sono FONDAMENTALI in quanto corrispondono ai bisogni vitali, spirituali e materiali della persona; fanno riferimento alle libertà fondamentali civili, politiche, economiche e culturali sono INDISPONIBILI in quanto sono diritti a cui nessuno può rinunciare, neppure volontariamente. sono UNIVERSALI perché appartengono ad ogni essere umano per il solo fatto di essere tale, senza distinzione di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica, origine nazionale o sociale, ricchezza, nascita o altra condizione sono INVIOLABILI in quanto sono diritti di cui nessun essere umano può essere privato I diritti umani sono diritti storici, che mutano, evolvono, si ampliano in numero e contenuto. Quindi, proprio perché “diritti umani” è un concetto dinamico, è necessario porsi alcuni quesiti: esistono dei diritti universali che appartengono a ogni uomo e a ogni donna sulla terra? o, invece, sono il prodotto dell’ideologia occidentale per “omologare il mondo a immagine e somiglianza dell’Occidente”? E’ questa l’antichissima questione dell’universalità dei diritti umani in contrapposizione con le teorie del relativismo culturale le quali affermano che non esistono diritti né valori universali in quanto questi possono essere solo il frutto di uno specifico contesto culturale e, perciò, possono essere solo culturalmente diversi da contesto a contesto. Tale critica risulta, però, almeno in parte infondata perché non tiene conto dell’evoluzione degli ultimi 60 anni che ha portato al riconoscimento dei diritti economici, sociali e culturali non solo all’interno del sistema ONU (quindi del solo Occidente), ma anche all’interno dell’Unione Africana, dell’Organizzazione degli Stati Americani e del Consiglio d’ Europa. LA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI Approvata il 10 dicembre 1948, fu il frutto il frutto di un compromesso fra le tesi del gruppo occidentale e di quello socialista. I rappresentanti delle democrazie occidentali propugnavano per la proclamazione universale dei soli diritti civili e politici e solo nella connotazione sostanzialmente individualista che essi avevano rivestito nel Settecento e nell’Ottocento; all’opposto gli esponenti degli Stati dell’area socialista volevano il solo riconoscimento universale dei diritti economici e sociali. Essi, dopo molte diffidenze, accettarono di partecipare alla stesura della Dichiarazione, formulando proposte ed emendamenti che in parte vennero respinti. Perciò alla fine si astennero in occasione del voto sull’insieme della Dichiarazione Tre sono le fonti ideali che hanno permesso l’approvazione della Dichiarazione: la matrice giusnaturalistica, ispirata soprattutto dall’Occidente, appare già nel Preambolo, nel quale si parla di “dignità innata” degli esseri umani e dei loro “diritti uguali ed imprescrittibili”; la matrice di stampo socialista influenzò la Dichiarazione soprattutto attraverso il concetto che l’individuo non vive isolato in un universo metastorico ma vive hic et nunc, in un certo ambiente sociale, che ne determina o ne condiziona la vita e gli svolgimenti pratici e frappone ostacoli concreti all’esercizio dei diritti fondamentali; la matrice nazionalistica, perché ispirata all’esigenza di salvaguardare quanto più possibile la sovranità nazionale, prese corpo soprattutto nell’eliminazione del diritto di petizione, nell’evirazione del diritto di ribellione e, infine, nel non accoglimento dei diritti delle minoranze nazionali. Gli articoli 1 e 2 stabiliscono che “tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti” e sono la base dell’intera Dichiarazione. Gli articoli dal 3 al 21 sanciscono i diritti delle persone e comprendono, tra gli altri, i diritti: alla vita, alla libertà e alla sicurezza della persona; alla libertà dalla tortura e dalla schiavitù; alla partecipazione politica; alla libertà di opinione e di espressione; alla libertà di pensiero, coscienza e religione; alla libertà di associazione e riunione (diritti civili e politici) Gli articoli dal 22 al 27 sanciscono, invece, i diritti economici, sociali e culturali che comprendono i diritti: alla sicurezza sociale, al lavoro, al riposo ed allo svago, all’educazione, al cibo, alla salute. Gli ultimi articoli (28, 29 e 30), infine, sanciscono le disposizioni su come realizzare pienamente i diritti, perché ognuno deve vivere in una società dove tutti i diritti umani sono rispettati e perché le libertà e i diritti di una persona non possono limitare la libertà e i diritti delle altre. La novità che la Dichiarazione introduce è quella di costituire il primo tentativo riuscito di elaborazione a livello mondiale. Primo e, per fortuna, non ultimo atto perché molti altri ne sono seguiti, a cominciare dai Patti fino al Congresso Mondiale dell’ONU tenutosi a Vienna nel 1993 che segna un momento di riflessione complessiva sull’intero corpus dei diritti umani al quale sono succedute nuovi e più importanti iniziative fino ad arrivare alla costituzione del Tribunale Penale Internazionale contro i crimini di guerra del luglio 1998, la comunità internazionale si è sempre incontrata con maggior frequenza avvalorando un orientamento che coglie l’urgenza di assumere il problema dell’attuazione dei diritti umani. I PATTI DEL 1966 (1976) Nel 1976 - a tre decenni di distanza dall'impegno assunto dalla Organizzazione delle Nazioni Unite in questa vasta impresa - la "carta internazionale dei diritti dell'uomo" diventava una realtà grazie all'entrata in vigore di tre importantissimi strumenti: Il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali Il Patto internazionale sui diritti civili e politici Il Protocollo facoltativo relativo a quest'ultimo Patto. Le disposizioni dei Patti ricalcano, in linea generale, i diritti enunciati nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Tuttavia, i due Patti contengono un'importante disposizione che non figurava nella Dichiarazione: quella che enuncia il diritto che hanno tutti i popoli all'autodeterminazione ed al pieno e libero utilizzo delle proprie ricchezze e risorse naturali.