Trilobites from the Welsh Middle Ordovician siltstones of the Dynvar Park (a, c) and the Lower Devonian reef limestone of the Mt. Cogliàns, Carnic Alps (b) / Trilobiti nelle siltiti dell'Ordoviciano Medio (Dynvar Park, Galles) (a, c) e
dal calcare di scogliera del Devoniano Inferiore), M. Cogliàns, Alpi Carniche; Cnemidopyge nuda (Murchison) (a),
Breviscutellum sp. (b), Ogygiocarella debuchii (Brongniart) (c); (Museo Capellini, collezioni e foto Vai)
The question on the natur e of fossils
La questione della natura dei fossili
in the 16 th and 17 th centuries
nel Cinquecento e Seicento
4
Nicoletta Morello
Fossils are the object of study of a discipline, palaeontology, which
nowadays has its own statutes of science with autonomous methods of
investigation, subjects and specific theoretical directions which have
been defined over the centuries.
Whether the fossils are well preserved remains of animals or plants;
whether they are similar to still living forms or they differ from them in
various degrees; whether they are found as imprints, models, casts etc.
or they are just the trace of ex vivi, for the scientist and the ordinary
man they are immediately evocative of organisms that lived in the past.
But it has not always been this way. The association fossil-living organism that appears intuitive to us is, instead, the effect of a slow conquest
of the knowledge of nature, of its phenomena and its behaviour.
Furthermore, we may consider this as the event that marks the birth of
palaeontology in the Modern Age and at the same time also the junction
point of conceptual directions which matured within the scope and
time of different traditions and which led to the elaboration of diverse,
and opposed, interpretations of nature and the meaning of fossils.
I fossili sono oggetto di studio di una disciplina, la paleontologia, che
oggi ha il proprio statuto di scienza con metodi di indagine autonomi,
contenuti e orientamenti teorici specifici che si sono definiti nel corso
dei secoli.
Che i fossili siano resti ben conservati di animali e vegetali; che siano
simili a forme ancora viventi o ne differiscano in vario grado; che si presentino come impronte, modelli, riempimenti e così via o siano anche
solo le orme di ex vivi, essi comunque, per lo scienziato come per l’uomo comune, evocano immediatamente organismi vissuti nel passato.
Ma non è sempre stato così. L’associazione fossile-vivente che a noi pare
intuitiva è, invece, effetto di una lenta conquista della conoscenza della
natura, dei suoi fenomeni e dei suoi comportamenti. Se, inoltre, possiamo considerarla come l’evento che segna la nascita della paleontologia
in età moderna, è anche, al contempo, il punto di confluenza di percorsi concettuali che sono maturati in momenti e nell’ambito di tradizioni
differenti, e che hanno portato all’elaborazione di interpretazioni diverse –ed anche opposte– della natura e del significato dei fossili.
Fossils from Antiquity to the beginning of the Modern Age
I fossili dall’Antichità agli inizi dell’età moderna
Fossils have probably been known from early ancient
times. It is not possible to prove the appearance in
prehistory of a conscious interest in them: the
archaeological documentation only tells us that nummulitic limestones (Susa, 3rd millennium B.C.), amber
(Halstatt, 2nd-1st millennium B.C.), mollusc shells and
mammal teeth were used as pendants, in necklace
making, as utensils, etc. (Fig. 4.1). There is also not
enough information available about the preceding
epochs.
Evidence of an explicit interest in fossils is not apparent prior to the Presocratics (7th-5th century B.C.).
The written tradition, however, as is well known, has
only left fragments and citations which, for being
reported by authors of a much later time (for example Aristotle (384-322 B.C.), by his Byzantine commentators and by doxographers) and with a sometimes polemic purpose, make the contents uncertain.
Talete (636-546 B.C.) and Anassimandro (615 - 547
B.C.) from the Mileto school, Xanto di Sardi (500
B.C.) and later Erodoto (circa 484-425 B.C.) and
Eudosso di Cnido (c. 366 B.C.), just to mention the
better known, knew about fossil shells and fishes and
they believed them to be the petrified remains of living animals, abandoned on now emergent land, far
from the sea, due to the regression of the waters or as
a consequence of the advancement of the coastline
due to the accumulation of alluvial material. Aristotle
also seems to refer to fossil fish when he sustains that
Fig. 4.1 – Asterites or “star stones” (segments
of crinoids’ columnals) from Gessner, De gemmarum ...figuris, Zurich, 1565 / Asterites o
“pietre stellari” (segmenti del peduncolo dei
crinoidi). Da Gessner, De gemmarum ...figuris,
Zurigo, 1565
127
I fossili sono probabilmente conosciuti da età molto
antiche. Non è possibile provare la comparsa nella
preistoria di un interesse consapevole per essi: la
documentazione archeologica al riguardo ci informa
solo che calcari a nummuliti (Susa, III millennio
a.C.), ambra (Halstatt, II-I millennio a.C.), valve di
molluschi, denti di mammiferi, furono usati come
pendenti, nella produzione di monili, come utensili e
così via (Fig. 4.1). Anche per epoche posteriori non
ci sono sufficienti notizie.
Testimonianze di un’esplicita attenzione ai fossili non
paiono essere anteriori ai presocratici (VII-V sec.
a.C.). La tradizione scritta, però, com’è noto, ha
lasciato solo frammenti e citazioni che, per essere
riportati da autori di epoca anche molto più tarda (ad
esempio da Aristotele (384-322 a.C.), da suoi commentatori bizantini e da dossografi) e con finalità
non raramente polemiche, ne rendono incerti i contenuti. Talete (636-546 a.C.) e Anassimandro (615547 a.C.) della scuola di Mileto, Xanto di Sardi (500
a.C.) e più tardi Erodoto (circa 484-425 a.C.) ed
Eudosso di Cnido (ca 366 a.C.), per citare i più noti,
conoscono conchiglie e pesci fossili e li credono resti
pietrificati di animali vivi, abbandonati in terre ora
emerse, lontane dal mare, a causa del ritiro delle
acque oppure in conseguenza dell’avanzamento
della linea di costa per accumulo di materiali alluvionali. Anche Aristotele sembrerebbe alludere ai pesci
fossili quando sostiene che gli animali acquatici dota-
Nicoletta Morello
ti di sangue come i pesci, pur avendo calore, ne
aquatic animals having blood such as the fish, do
hanno troppo poco perché l’aria, che li refrigera, li
have heat but not sufficient to maintain them in full
possa mantenere nel pieno delle condizioni vitali:
vital conditions when exposed to the refrigerating
“in effetti molti pesci vivono in terra ma restano
effect of air: “in fact many fish live in the earth but
immobili e se si scava la terra si trovano” (De respiremain immobile and if one digs in the earth one
ratione 475b 10-15).
may find them” (De respiratione 475b 10-15).
Non mancano però, nei lapidari e negli scritti di
Evidence of a diverse concept of fossils is not
medicina e di storia naturale dell’età classica, greca
lacking in the medicine and natural history
e latina (tardo alessandrino e periodo romano fino
inscriptions and writings of the Greek and Latin
al sec. III d.C.), testimonianze di una diversa conceClassic Age (late Alexandrine and Roman period
zione dei fossili. A causa del carattere ancipite che li
until the 3rd century A.D.). Due to the ambiguous
rende peculiari (sono di forma organica e di sostannature of fossils which make them peculiar (they
za petrosa) e delle proprietà magiche e terapeutiche
have an organic shape but a stony substance) and
che possederebbero e sarebbero denunciate da quethe magical and therapeutic properties which
sta doppia natura, taluni fossili sono considerati piesupposedly they possess, as shown by this double
tre speciali ed entrano come ingredienti o come farnature, some fossils were considered special
maci nella farmacopea tradizionale la quale, pur pristones. These were included as ingredients or
vilegiando l’uso delle piante, attribuisce efficacia
medicine within the traditional pharmacopoeia
anche ad alcuni corpi inorganici. In tal senso essi
which gave preference to plants but also considsono ricordati in enciclopedie della natura come la
ered effective some inorganic bodies. In this sense
Naturalis Historia di Plinio il Vecchio (23-79 d.C.),
they were recorded in encyclopaedias of nature
dove l’attenzione è rivolta anche al significato simsuch as the Naturalis Historia by Pliny the Elder
bolico delle loro forme e ai modi in cui essi hanno
(23-79 A.D.), where the symbolic significance of
Fig. 4.2 – Title page of the first printed edition of
their shape was also considered as well as the way Della composizione del Mondo, 1864 / Frontespizio acquisito le virtù che si crede possiedano.
in which they had acquired the virtues which they della prima edizione a stampa Della composizione L’enciclopedia pliniana condivide con altri scritti (il
del Mondo, 1864
De rerum natura di Lucrezio (sec. I a.C.) e le
were supposed to possess.
Naturales Questiones di Seneca (4 a.C.-65 d.C.))
The Plinian encyclopaedia belonged, together with
anche l’appartenenza a un genere di letteratura naturalistica definita, in
other writings (the De rerum natura by Lucrezio (1st century B.C.) and
epoca posteriore, “meteorologica” perché si richiama ai Meteorologica di
the Naturales Questiones by Seneca (4 B.C.-65 A.D.)), to a type of natuAristotele sia per la tipologia dei fenomeni trattati sia per i principi metaralistic literature defined, in previous epochs, as “meteorologic” because
fisici che ne informano le interpretazioni. Sopravissuta in forma di comit was similar to the Meteorologica by Aristotle both in the typology of
pendi ed excerpta, attraversa i primi secoli dell’età medievale e influenza
the phenomena dealt with and the metaphysical principles used for the
gli scritti dei maestri delle scuole delle cattedrali, tra cui Isidoro (560-636)
interpretation. These survived in the form of compendiums and excerpe il Venerabile Beda (673-735). Le loro compilazioni enciclopediche
ta through the first centuries of the Middle Ages and influenced the writdiffondono nell’Occidente medievale parte del sapere naturalistico della
ings of the masters of the Cathedral schools, among which were Isidoro
cultura classica; ad esso si associano anche considerazioni frutto di osser(560-636) and Beda the Venerable (673-735). Their encyclopaedic comvazioni personali, ma rimangono comunque opere prive di organicità e
pilations diffused throughout the West in the Middle Ages a part of the
profondamente vincolate ai contenuti della tradizione pliniana.
naturalistic knowledge of the Classic culture: considerations which were
La mediazione più significativa tra mondo classico e Occidente è operata
the fruit of personal observations were associated with these, but they
dagli Arabi: già a Damasco e a Bagdad (sec.VIII) e poi nelle terre di conremained, however, works devoid of an organic unity and were proquista, i califfi avviano la traduzione in arabo (dal greco sovente attraverfoundly bound to the contents of the Plinian tradition.
so il siriaco) e il commento delle opere filosofiche e scientifiche dei greci,
The most significant mediation between the classic world and the West
diffondendone la conoscenza per tutto l’Occidente latino. Il quale, peralwas carried out by the Arabs: the Califs, already at Damascus and
tro, ne andava conservando qualche memoria scritta ad opera delle comuBaghdad (8th century) and in the conquested lands, had started to annonità monastiche che, fino dal sec. VI, avevano introdotto nella loro regotate and to translate into Arabic (from Greek often through Syrian) the
la, tra le attività del laborare, anche la copiatura dei manoscritti.
philosophical and scientific works of the Greeks, thus diffusing this
Successivamente, soprattutto a partire dal XII secolo, la stessa cultura
knowledge throughout the Latin Western world. Some written memory
occidentale raccoglie i frutti della sua prima rinascita: nell’organizzazioof this was preserved, however, by the work of the monastic communine del sapere, dà vita alle università, sedi di apprendimento, riflessione
ty who, since the 6th century, had introduced into their rules among the
e trasmissione della conoscenza, configurando in modo originale nella
activities of the laborare, also the copying of manuscripts.
scolastica il rapporto tra scienza antica, scienza araba e universalità egeSubsequently, mostly from the 12th century, the same western culture
monica della cultura cristiana, tra filosofia di prevalente matrice platogathered the fruits of its first revival: in the organisation of information,
nico-aristotelica ed esigenze di una giustificazione teologica del mondo
the founding of universities and centres of learning, reflection and
a edificazione morale dell’umanità. La lettura e l’esegesi della Bibbia
transmission of knowledge, configuring in an original way within the
sono fonte di sapere cosmologico e cosmogonico e nella pagina sacra
scholastic theology the relationship between ancient science, Arabic scitrova la sua verità la spiegazione dei fenomeni naturali (organici e inorence and the hegemonic universality of the Christian culture, between
ganici), pur sempre influenzata da teorie di varia matrice. La tradizione
philosophy of a prevalent Platonic and Aristotelian matrix and the need
religiosa popolare, inoltre, lega all’intervento dei santi la presenza di
of a theological justification of the world for the moral edification of
virtù magiche e terapeutiche e di significati simbolici nei corpi della
humanity. The reading and exegesis of the Bible were sources of cosnatura (animali, piante e minerali) mentre i dotti delle università la spiemologic and cosmogonic knowledge and within the sacred pages the
gano attraverso le cause e i principi della filosofia platonica e aristoteliexplanation of natural phenomena (organic and inorganic) found its
ca, la teoria delle segnature di eco pliniana, la disposizione di cieli ed
truth, even if it was always influenced by theories from various matrices.
astri e l’influenza di questi sulla vita del mondo e del microcosmo delThe popular religious tradition, moreover, linked the presence of magl’uomo. Così se i resti fossili di animali marini di facile identificazione
ical and therapeutic virtues and the symbolic meaning of the natural
128
The question on the nature of fossil in the 16 th and 17 th centuries / La questione della natura dei fossili nel Cinquecento e Seicento
(soprattutto le conchiglie) possono essere considerati tracce del diluvio
universale, altri fossili (solo tempo dopo individuati come marini) sono
ritenuti invece pietre figurate particolari, prodotte dove si trovano da
fenomeni celesti o dal terreno stesso, in peculiari condizioni astrali.
Questa frattura ingenera non poche difficoltà alla costruzione di un raggruppamento autonomo di fossili all’interno della categoria dei fossilia
alla quale continuano ad appartenere tutti i corpi che si trovano “scavando il terreno” e quindi anche quelle conchiglie che alcuni sono
disposti, per ragione di fede, a considerare ex vivi e come tali testimonianza della verità del diluvio universale. Di questa commistione di
atteggiamenti fa fede uno scritto del 1282, rimasto inedito fino
all’Ottocento: La composizione del mondo di Ristoro d’Arezzo (Fig. 4.2).
Tutti i corpi inorganici derivano, per Ristoro, da influenze del cielo che
presiedono il miscuglio degli elementi che forma la diversità della realtà
materiale. Nel trattare dell’origine delle montagne, però, ritiene che le
conchiglie (che egli chiama “ossa di pesci”) indichino che i rilievi in cui
si reperiscono siano stati formati sia dal diluvio universale (avvenuto
“per congiunzione di stelle acquee”) sia da un precedente soggiorno del
mare su terre ora emerse.
Anche Leonardo (1452-1519) –quasi due secoli dopo– affronta il problema del rapporto tra i fossili e il diluvio, dedicando molte annotazioni
(soprattutto nel Codice Leicester) alla questione dell’origine dei nicchi,
che reputa organici e prove non del diluvio ma di ripetuti episodi di trasgressione marina (Vai, cap. 10, in questo vol.). La sua incapacità a leggere il latino, il carattere dei suoi scritti (appunti sparsi in volgare e scritti in
mercantesca) e la mancata organizzazione di essi in forma di trattato non
permettono a Leonardo di esercitare con le sue considerazioni empiricamente fondate alcuna influenza significativa sul mondo dei dotti. Anche
se le giustificazioni addotte a sostegno delle sue conclusioni sono in parte
originali e innovative (Vai, cap. 10, in questo vol.), legate all’osservazione
diretta e soprattutto libere dai vincoli concettuali che la scienza universitaria impone nella spiegazione della formazione dei fossilia, in accordo
con le teorie petrografiche, tuttavia quanto “risuona” nelle sue pagine è
l’eco di un problema ampiamente dibattuto al suo tempo.
Per i petrografi che si occupano della descrizione dei diversi tipi di pietre, minerali e metalli, i fossili sono pietre dotate di figura particolare.
La materia di cui sono composti (substantia), il luogo di ritrovamento
(locus) –rilievi anche lontani dal mare– e i modus in cui si sono prodotti sono gli stessi di tutte le altre pietre, rocce, cristalli e minerali. La
forma che hanno (figura) è un “segno”, un indicatore che aiuta a rivelare le proprietà nascoste in essi dalla natura o dai santi taumaturghi.
Intanto l’allentamento della coesione interna alla civiltà musulmana, il
mutamento d’orizzonte geografico degli interessi commerciali –dal
Mediterraneo verso il centro e il nord dell’Europa– oltre alle preoccupazioni per le mire espansionistiche ottomane indeboliscono il legame
dell’Occidente con la civiltà islamica e ne avviano il definitivo allontanamento. Anche il sapere ereditato dagli Arabi, che l’Occidente ha
rimeditato e sviluppato in modo autonomo, mostra con sempre maggior
evidenza i suoi limiti, colti soprattutto nella trasmissione alterata e parziale delle opere della scienza greca. Di qui l’esigenza di un ritorno alla
fonte greca e latina, sollecitato anche dal desiderio di ricuperare il
mondo classico nella sua dimensione storica e artistica.
Quando Occidente e mondo bizantino si avvicinano nuovamente, l’apprendimento della lingua greca appare la via regia alla lettura diretta
delle opere che la Grecia classica aveva prodotto. Ulteriore effetto della
ripresa dei contatti tra questi due mondi, le cui culture si erano differenziate profondamente alla divisione dell’impero romano ma che
erano tuttavia legate dalla comune radice del sapere dell’Ellade, è l’arrivo sul suolo italiano dei primi manoscritti greci di opere dell’età classica, che dà il via all’avventurosa ricerca dell’originale. Ricerca che,
dall’Egeo, si sposta nei conventi di tutta Europa e si rivolge, infine, al
codice di redazione medievale.
Tra Quattrocento e Cinquecento, gli umanisti, dopo aver ricuperato le
opere letterarie e filosofiche dell’antichità classica, si dedicano alla let-
bodies (animals, plants and minerals) with the intervention of the saints.
The learned men of the university meanwhile, explained this through
the causes and principles of the Platonic and Aristotelian philosophy,
the theory of the signature of Plinian echo, the disposition of the heavens and stars and the influence of these on the life of the world and on
the microcosm of man. Thus, if the fossil remains of marine animals of
easy identification (above all the shells) could be considered traces of
the Deluge, other fossils (only identified as marine after some time)
were instead considered as special figured stones, produced by celestial
phenomena or by the earth itself during peculiar astral conditions. This
fracture caused a major difficulty for the construction of an independent grouping of fossils within the category of fossilia to which all the
bodies which were found “digging the earth” continued to belong and
therefore also the shells which some agreed, for reasons of faith, to consider as ex vivi and as such evidence of the truth of the universal Deluge.
A writing from 1282 which remained unpublished until the end of the
19th century is proof of this attitude: La composizione del mondo by
Ristoro d’Arezzo (Fig. 4.2). All the inorganic bodies were derived,
according to Ristoro, from the influence of the heavens which preside
over the mixing of the elements which form the diversity of matter. In
dealing with the origin of the mountains, however, he considered that
the shells (which he calls “fish bones”) indicated that the reliefs in
which they were found were formed both by the Deluge (which
occurred due to “the conjunction of the water stars”) and by the previous presence of the sea on now emergent land.
Almost two centuries later, Leonardo (1452-1519) tackled the problem
of the relation between the fossils and the Deluge dedicating many
annotations (mostly in the Leicester Codex) to the question of the origin of the shells which he deemed to be organic and proof not of the
Deluge but of repeated episodes of marine transgression. His inability
to read Latin, the character of his writings (scattered notes in vernacular and in trader’s writing called mercantesca) and the lack of organisation of these in the form of a treatise did not allow Leonardo to exercise
with his empirically based considerations any significant influence on
the learned world (Vai, ch. 10, this vol.). Even if the justification adapted to sustain his conclusions was in part original and innovative (Vai, ch.
10, this vol.), linked to direct observations and above all free from conceptual bonds which the academic science imposed on the explanation
of the formation of fossilia, in agreement with the petrographic theory,
what, nevertheless, resonates in his pages is the echo of a problem widely debated at his time.
The petrographers, who worked on descriptions of diverse types of
rocks, minerals and metals, considered fossils as stones with particular
figures. The material from which they were made (substantia), where
they were found (locus) –reliefs also far from the sea– and the modus in
which they were produced were the same as for all the other stones,
rocks, crystals and minerals. The shape which they had (figura) was a
“sign”, an indicator that helped in revealing the properties hidden within them by nature and by the thaumaturge saints.
Meanwhile the demise of the Muslim civilization, the changes in geographical horizons of commercial interest –from the Mediterranean
towards the center and north of Europe–, and the worries about the
Ottoman expansionism weakened the ties of the West with the
Islamic civilisation and initiated the definitive separation between
them. The knowledge inherited from the Arabs, which the West
reflected upon and developed in an independent way, demonstrated
its limits with increasing emphasis above all in the altered and partial
transmission of the works of Greek science. Therefore, there was a
need to return to the Greek and Latin sources, requested also by the
desire to recover the classic world within its historical and artistic
dimension.
When the West and the Byzantine world became closer once again,
the knowledge of the Greek language appears as the main way of
direct reading of the works which the Classic Greece had produced.
129
Nicoletta Morello
teratura scientifica, di argomento medico e naturalistico, e ne affrontano la revisione dapprima con il solo strumento filologico. La collazione
tra traduzioni, versioni vulgate e originali –o presunte tali–, rivela le
numerose interpolazioni e corruzioni subite dai testi nonché i rimaneggiamenti dei contenuti, avvenuti nel succedersi della trasmissione manoscritta. L’inaffidabilità degli scritti traditi e delle versioni vulgate e la
scoperta di opere ignote fino ad allora –che rivelano vere e proprie
novità sulla natura organica ed inorganica– sollecitano quegli studiosi
del XVI secolo che assommano in sé interesse naturalistico e cultura
umanistica, a mettere al vaglio le conoscenze degli antichi. La comparazione procede quindi oltre la collazione a fini esegetici e si estende dal
testo alla natura. Quasi immediato è il riscontro delle discordanze di
contenuti e delle divergenze di finalità tra affermazioni degli antichi e
dati d’osservazione diretta, e nel tentativo di vagliare queste due fonti di
conoscenza, accade che la revisione del noto porti alla scoperta del
nuovo. Anche in tal modo prendono avvio le prime trattazioni scientifiche di argomenti naturalistici (Vai, cap. 2, in questo vol.).
Esse si organizzano esemplandosi alla botanica che, per la sua connessione con la medicina e con la preparazione di farmaci, suscita immediati interessi che si riflettono in una ricca produzione a stampa di erbari e monografie di carattere descrittivo, dotati di ampi apparati iconografici anche di notevole bellezza. “Zoografia” e “petrografia” sviluppano gli aspetti descrittivi dell’indagine –che nel caso della mineralogia
sono motivate anche da forti interessi di natura economica (si pensi agli
sviluppi delle attività minerarie)– e adottano come strumento di diffusione il libro arricchito di un corredo iconografico che favorisce l’individuazione corretta dei corpi descritti ma che ha anche una funzione
vicariante delle carenze della sistematica, delle incertezze della descrizione e della mancanza di un linguaggio scientifico codificato.
Mentre un mondo di novità emerge dal passato, altre novità vengono da
una porzione della Terra fino ad allora sconosciuta: il continente americano. La scoperta dell’America con la sua flora, la sua fauna e i prodotti del suo sottosuolo, contribuisce a confermare la convinzione che la
natura sia caratterizzata da una grande varietà di produzioni organiche
ed inorganiche. Ma pure le piante, gli animali e i minerali che provengono da una terra di cui non si supponeva l’esistenza, per quanto
appaiano differenti da quelli nostro coelo viventia, sono tuttavia comparabili con il nostro mondo e collocabili entro i grandi raggruppamenti
stabiliti fino dall’età classica.
Si delinea e si diffonde anche per questa via, a partire dalla metà del
XVI secolo, una visione della natura che si regola iuxta propria principia
e che si manifesta non tanto nell’inconsueto o nel difforme (prediletto
dalla magia) quanto piuttosto in ciò che è comune e normale.
L’attenzione al quotidiano, al minimo, al particolare morfologico e anatomico, all’oggetto con le sue varie caratteristiche e nelle sue relazioni
“naturali” con l’ambiente (come le abitudini di un animale o il comportamento di un minerale all’azione del fuoco) è un altro continente
che si apre all’esplorazione della conoscenza razionale. Il ricorso alla
lezione dei classici e l’attenzione diretta per la natura circostante, dall’uomo ai corpi inorganici, mettono sempre più in luce, soprattutto nel
corso del XVI secolo, i limiti e le imprecisioni –non testuali ma contenutistiche– delle opere scientifiche greche e latine e portano a riconoscere che la natura è assai più varia e ricca, nelle forme e nei fenomeni,
di quanto non ne avessero avuto consapevolezza gli antichi. E in molti
casi è diversa. Pur conservando in gran parte i temi portanti della conoscenza naturalistica dell’età classica (si pensi ad esempio alla biologia e
alla “meteorologia” di Aristotele, alla botanica di Teofrasto, alla farmacopea di Dioscoride, all’anatomia di Galeno, all’astronomia di
Tolomeo), gli studiosi della natura si rendono sempre più autonomi
dalla scienza del passato, come mostra il graduale abbandono del ricorso all’autorità dei classici. Di tale effervescenza di stimoli, che continua
nella prima metà del Seicento, è testimone una ricca produzione di
opere scientifiche. Nei testi naturalistici (prevalentemente monografie,
enciclopedie, descrizioni di collezioni e musei) –che la stampa a carat-
Another effect of the renewal of contacts between these two worlds,
whose cultures had differentiated profoundly at the division of the
Roman Empire but who were nevertheless linked by the common root
of knowledge of Hellas, was the arrival on Italian soil of the first
Greek manuscripts of works of the Classic Age which gave rise to the
adventurous search for the originals. A search which, from the
Aegean, was transferred to all the European convents, and which
turned finally to the codices of the Middle Ages.
The humanists, between the 15th and 16th centuries, after having recovered the literary and philosophical works of the ancient classics, dedicated themselves to the medical and naturalistic scientific literature and
at first they undertook the revision in a philological way. The collation
between translations, vulgate and original (or presumed to be original)
versions revealed the numerous interpolations and corruptions that the
texts had been subjected to as well as the alteration of the contents
which took place in the course of the transmission of the manuscript.
The unreliability of the betrayed writings and the vulgate versions and
the discovery of works unknown until then –which revealed true and
real new information about organic and inorganic nature– solicited
those scholars of the 16th century who assumed an interest in nature and
humanistic culture to screen the knowledge of the ancients. The comparison proceeded therefore beyond collation for an exegetic purpose
and extended from the text to nature. The verification of the discordance of the contents was almost immediate and the divergence of the
main purpose between the confirmation of the ancients and taking
direct observation data. In the attempt to examine these two sources of
knowledge, the revision of the known led to the discovery of the new.
In this way the first scientific treatises of a naturalistic topic were also
initiated (Vai, ch. 2, this vol.).
These were organised based on the example of botany which, due to its
connections with medicine and the preparation of medicines, provoked
immediate interest. This was reflected by a rich printed production of
herbaria and monographs of a descriptive character complete with
ample illustrations of remarkable beauty. “Zoography” and “petrography” developed the descriptive aspects of investigation –which in the
case of mineralogy were also motivated by a strong interest of an economic nature (think of the development of mining activities)– and
adopted as a way of diffusion the book enriched with a set of illustrations which favoured the correct identification of the items described
but which also made up for the poor systematics, the uncertainty of the
descriptions and the lack of an agreed scientific terminology.
While a world of novelties emerged from the past, other novelties came
from a part of the Earth unknown up to then: the American continent
(Vai, ch. 2, this vol.). The discovery of America with its flora, fauna and
subterranean products contributed to confirming the conviction that
nature was characterised by a great variety of organic and inorganic
products. But even the plants, animals and minerals that came from a
land the existence of which was not supposed, as much as they
appeared to be different from those nostro coelo viventia, were nevertheless comparable with our world and could be collocated within the
large groupings that had ben established since the Classic Age.
An image of nature was outlined and diffused, starting from the middle
of the 16th century, which was regulated iuxta propria principia and which
was manifested not so much in the unusual or deformed (favoured by
magic) but rather in the common and normal. Attention to everyday
things, the minimal, to the particulars of morphology and anatomy, to the
object with its various characteristics and its “natural” relationship with
the environment (such as the habits of an animal or the behaviour of a
mineral under the action of fire) was another continent which opened up
to the exploration of the rational consciousness. The recourse to the
lessons of the Classics and the direct attention to the surrounding nature,
from man to the inorganic bodies, highlighted even more, mainly during
the 16th century, the limits and imprecisions –non textual but content
wise– of the Greek and Latin scientific works and led to the recognition
130
The question on the nature of fossil in the 16 th and 17 th centuries / La questione della natura dei fossili nel Cinquecento e Seicento
that nature is more varied and rich in
form and phenomena than the
ancients could have had knowledge
of. And in many cases it is different.
While preserving the majority of the
subjects of the naturalistic knowledge of the classic Age (think
for example of biology and “meteorologia” by Aristotle, botany
by Teofrasto, pharmacopoeia by
Dioscoride, anatomy by Galeno,
astronomy by Tolomeo), the scholars
of nature became ever more independent from the science of the past,
as is shown by the gradual abandonment of recourse to the authorities of
the classics. A rich production of scientific works which continues in the
first half of the 17th century is evidence of this effervescence of stimuli. In naturalistic texts (prevalently monographs, encyclopaedia,
descriptions of collections and museums) –which the printing press
allowed to diffuse with homogenous
contents and illustrations, at a relatively low cost and with a spatial diffusion never before achieved in a
short time– the verification of the
known was filtered through new
conceptual ways and was accompanied by an increasing attention to
completing with new and personally
acquired knowledge the gaps in the
inherited information.
teri mobili consente di trasmettere
con contenuti e illustrazioni omogenei, con costi relativamente bassi e
con una diffusione spaziale mai
prima raggiunta in tempi brevi–, la
verifica del noto è filtrata attraverso
nuovi strumenti concettuali e si
accompagna alla crescente attenzione a colmare con conoscenze nuove
e personalmente acquisite, le lacune
del sapere ereditato.
I fossili nella letteratura scientifica
del XVI secolo
Fig. 4.3 – The De metallicis libri tres (1596) by Andrea Cesalpino / Il De metallicis libri tres
(1596) di Andrea Cesalpino (BUB; foto Vai)
Nel XVI secolo, i fossili sono trattati –con motivazioni e gradi differenziati di interesse– sia nei lapidari
che, numerosi, di elaborazione
recente ma di tradizione antica,
sono uno strumento assai diffuso tra
gioiellieri, medici, mineristi e quanti
hanno a che fare con il mondo delle
pietre e delle gemme; sia in testi
naturalistici che, pur nel comune
intento di ridescrivere la natura,
presentano caratteri di specificità e
possono essere distinti (per meri fini
espositivi) in monografie (descrizioni di faune ittiche, scritti mineralogici, zoologici, botanici e così via),
descrizioni di collezioni e di musei
naturalistici ed enciclopedie della
natura.
Fossils in the scientific literature of the 16th century
Le opere monografiche
In the 16th century fossils are dealt with –with a variety of motivation
and different degrees of interest– in the lapidaries, which were numerous and recently done but of an ancient tradition and which were a tool
already quite widespread among jewellers, physicians, mineralogists
and all those dealing with the world of stones and gems. They were also
included in naturalistic texts which, even if the common intention was
to redescribe nature, show specific characters and could be distinguished (only for the purpose of exhibition) into monographs (descriptions of ichthyological fauna, mineralogical, zoological and botanical
writings, etc.), descriptions of collections and naturalistic museums, and
encyclopaedias of nature.
Gli scritti monografici sono generalmente dedicati a singoli raggruppamenti naturali del mondo organico e inorganico (animali, piante e
fossilia) di cui trattano aspetti prevalentemente descrittivi, pur con
tentativi di classificazione e di sistemazione teorica. Possono essere
ripartiti per ambiti geografici (come le descrizioni di faune, di flore e
di produzioni “regionali” del sottosuolo) oppure per singole categorie
(le “pietre figurate”, le erbe officinali, gli animali inferiori, i minerali…). In queste monografie, i fossilia sono generalmente suddivisi in
grandi gruppi che riprendono, da Aristotele in poi, le classificazioni
tradizionali dei corpi inorganici. Nel Cinquecento, oltre a una generica e molto diffusa distinzione in lapides e metalla basata su caratteri
morfologici elementari, ha fortuna la bipartizione in “oritti” (fossilia
che non fondono al fuoco) e “metalleuti” (fossilia che fondono), proposta da Aristotele nei Meteorologica e seguita, ad esempio, da Andrea
Cesalpino (1519-1603) nel De metallicis (1596) (Fig. 4.3) e da
Christoph Encelius (Entzel) (m. nel 1583) nel De re metallica (1551).
Tra le numerose altre proposte di classificazione, la divisione in quattro gruppi proposta da Dioscoride –terrae, succi concreti, lapides e
metalla– è considerata l’edificio sistematico più soddisfacente per la
classificazione dei minerali sia già noti sia di nuova conoscenza.
Riveduta da Agricola (Georg Bauer, 1494-1555) nel De natura fossilium e nel De causis et ortu subterraneorum (Basilea, 1546) è adottata
da Gerolamo Fracastoro (1478-1553), autore dell’Homocentrica
(Venezia, 1538) (Fig. 4.4), da Gerolamo Cardano (1501-1576) nel De
subtilitate (1554) (Fig. 4.5) e da Gabriele Falloppio (1523-1562) nel
Monographic works
The monographic writings were generally dedicated to single natural groupings of the organic and inorganic world (animals, plants and
fossilia) dealing prevalently with descriptive aspects and including
attempts at classification and theoretical order. They can be divided
into geographical areas (such as the description of fauna, flora,
“regional” subterranean products) or single categories (“figured
stones”, medicinal herbs, inferior animals, minerals ...). In these
monographs the fossilia were generally subdivided into large groups
which returned to the traditional classification, from Aristotle
onwards, of inorganic bodies. In the 16th century, apart from the
131
Nicoletta Morello
De medicatis aquis atque de fossilibus (Venezia, 1564) (Fig. 4.6) (v.
anche Marabini et al., in questo vol.), i quali, nel trattare dei lapides,
affrontano, tra altro, anche la questione dell’origine dei fossili.
In questi scritti, comunque, i fossili si associano ad una trattazione più
ampia dei fenomeni naturali che comprende anche l’origine dei terremoti, delle montagne, delle acque termali e così via. In Cesalpino ci sono
accenni alla pietrificazione operata da “succhi lapidescenti” che tramutano in pietre soprattutto conchiglie, ostriche, legni e ossa di animali. Per
Falloppio, invece, i fossili si possono collocare in un gruppo a sè dei cinque in cui ha diviso i lapides e cioè quelle pietre “composte da una sostanza originaria non lapidea”. Il passaggio da un tipo di sostanza ad un’altra
implica una trasformazione del terreno in cui i fossili sono sepolti, operata in natura dall’azione dell’esalazione secca (di aristotelica matrice). Per
Falloppio, quindi, i fossili sono animali che, dopo esser stati privati della
loro “umidità naturale”, sono capitati in un luogo in cui abbondava un
succo lapidescente. Non tutti i fossili sono però resti che hanno subito
modificazioni: quando si trovano conchiglie e denti di “cane marino”
dentro le rocce che formano i monti o in zone lontane dal mare, non
potendosi spiegare questi fenomeni con il diluvio universale (come è opinione del volgo) e neppure con inondazioni locali (come sostengono i
peripatetici), bisogna supporre che siano state generate in situ, con materiale organico in decomposizione, da uno spirito vitale che le ha prodotte e rese anche commestibili. Anche Agricola ricorda, incidentalmente, i
fossili, condividendo l’opinione che alcuni siano di origine organica e
siano poi trasformati in pietre insieme al terreno che li ingloba.
generic and widespread distinction into lapides and metalla based on elementary morphological characters, the
bipartition
proposed
by
Aristotle in the Meteorologica
into “oritti” (fossilia which do
not melt in fire) and “metalleuti” (fossilia which melt) had
much success. This division
was followed by, for example,
Andrea Cesalpino (1519-1603)
in the De metallicis (1596)
(Fig. 4.3) and by Christoph
Encelius (Entzel) (died 1583)
in the De re metallica (1551).
Fig. 4.4 – Portrait of Gerolamo Fracastoro Among the other numerous
from the third edition of Opera omnia (1584) classifications proposed, the
/ Ritratto di Gerolamo Fracastoro dalla terza
division into four groups by
edizione dell’Opera omnia (1584)
Dioscoride –terrae, succi concreti, lapides e metalla– was considered the most satisfactory systematic structure for the classification of both recognised and newly discovered minerals. The classification was revised by Agricola (Georg
Bauer, 1494-1555) in the De natura fossilium and in the De causis et
ortu subterraneorum (Basilea, 1546) and adapted by Gerolamo
Fracastoro (1478-1553), author of Homocentrica (Venice, 1538) (Fig.
4.4), by Gerolamo Cardano (1501–1576) in the De subtilitate (1554)
(Fig. 4.5) and by Gabriele Falloppio (1523-1562) in the De medicatis
aquis atque de fossilibus (Venice, 1564) (Fig. 4.6) (see also Marabini
et al., this vol.). These authors when dealing with the lapides also discussed, among other topics, the question of the origin of fossils.
In these writings however, fossils are associated with a broader treatment of natural phenomena that also included the origin of earthquakes, mountains, thermal waters, etc. In Cesalpino there are references to petrification as the effect of “succhi lapidescenti” (petrifying moistures) which transform, above all, shells, oysters, wood and
animal bones into stone. Falloppio instead, considered that the fossils could be placed in a group by themselves within the five divisions of the lapides that he had made, that of the stones “composed
of a non stony original substance”. The passage from one type of
substance to another implied a transformation of the terrain in
which the fossils were buried, achieved in nature by the action of dry
exhalation (from an Aristotelian matrix). Therefore, Falloppio considered that fossils were animals that, after being deprived of their
“natural humidity“, had arrived to a place where a “succo lapidescente” was abundant. However, not all fossils are remains which
have undergone modification: when shells and teeth of “sea dogs”
were found within rocks which form mountains or in areas far from
the sea, not being able to explain these phenomena by the Deluge (as
was the popular opinion) nor by local floods (as the Peripatetics
maintained), it must then be assumed that they were generated in
situ, from decomposing organic material and from a vital spirit
which had produced them and made them edible. Agricola, incidentally, also mentions fossils, sharing the opinion that some are of
organic origin and are then transformed into stone together with the
terrain which encloses them.
Printed descriptions of naturalistic collections
The descriptions of naturalistic museums and collections discuss the
material collected and preserved in private or public collections.
Generally in these works the text is synthetic being often accompanied
by illustrations. The objects described are frequently presented in a
Fig .4.5 – De subtilitate (1553) by Gerolamo Cardano / Il De subtilitate (1553) di
Gerolamo Cardano (BUB; foto Vai)
132
The question on the nature of fossil in the 16 th and 17 th centuries / La questione della natura dei fossili nel Cinquecento e Seicento
Le descrizioni a stampa di raccolte
sequence which either corresponds
naturalistiche
to the theoretical systematic structure within which the naturalist has
Le descrizioni di collezioni e musei
placed the collection or to the actunaturalistici esibiscono il materiale
al physical distribution of the collecraccolto e conservato in collezioni prition within the rooms and furniture
vate o aperte al pubblico. General(cabinets, drawers, shelves) of the
mente in queste opere la parte testuamuseum. Sometimes not all of the
le è sintetica, spesso accompagnata da
collection was described in these
illustrazioni, e gli oggetti descritti
printed works but only the section
sono sovente presentati in una
which was considered representasequenza che corrisponde all’edificio
tive of the collection or of greater
sistematico teorico entro il quale il
general interest (plants or animals
naturalista li ha collocati o alla reale
or minerals) as in the case of Istoria
distribuzione fisica di essi nelle stanze
naturale (1592) by Ferrante
e negli arredi (armadi, cassetti, scaffaImperato (1550-1625) which did
li) del museo. Nell’opera a stampa
not reflect the museum in its totalinon sempre è descritta tutta la collety but described almost exclusively
zione ma può essere trattata solo la
the fossilia.
sezione del museo ritenuta rappresenThe numerous printed descriptativa o di maggior interesse generale
tions, which often are all that
(o piante o animali o minerali) come
remains today of the collections or
nel caso dell’ Istoria naturale (1592) di
museums of the 16th and 17th cenFerrante Imperato (1550-1625), che
turies, show us a museum which
non riflette il museo nella sua totalità
was frequently composed of specma ne descrive quasi esclusivamente i
imina of a varied nature, divided
fossilia.
into naturalia, artificialia, domestiDalle numerose descrizioni a stamca, exotica or curiosa, indicating the
pa, che spesso sono tutto ciò che oggi
existence of diverse areas of interrimane della collezione o del museo
est ranging from bibliophilism to
del Cinquecento e del Seicento, il
malachology and ethnography. It is
museo risulta sovente composto da
however, evident that one of its
specimina di varia natura, ripartiti in
main functions was to offer to the
naturalia, artificialia, domestica, exoscholar and those interested in
tica o curiosa, ad indicare l’esistenza
nature the current research, the
objects which could be touched, Fig. 4.6 – Frontispice of De medicatis aquis (1564) by Gabriele Falloppio (or Falloppia); copy di aree diverse di interesse, dalla
annotated by Aldrovandi in 1564 / Frontespizio del De medicatis aquis (1564) di Gabriele
bibliofilia, alla malacologia, all’etnomelted, heated and broken into Falloppio (o Falloppia); copia annotata da Aldrovandi nel 1564 (BUB, FA; foto Vai)
grafia. È comunque evidente una
pieces and around which the natudelle sue principali funzioni: offrire allo studioso e al curioso della natura
ralistic investigations revolved and which were the basis of discussions
l’attualità della ricerca, gli oggetti –che può anche toccare, fondere, cuoand the elaborations of hypothesis which were conceptualised in scicere e fare a pezzi– attorno ai quali ruota l’indagine naturalistica e sui
entific treatises published at the time.
quali si aprono le discussioni e si elaborano le ipotesi che sono concetMany collections were however, monothematic, such as the Vatican coltualizzate nei trattati scientifici appena pubblicati.
lection described in Metallotheca Vaticana (published posthumously, in
Molte collezioni sono però monotematiche, come la raccolta vaticana
1710 and then in 1717) by Michele Mercati (1541-1593) (Fig. 4.7). In
descritta nella Metallotheca Vaticana (pubblicata postuma, nel 1710 e poi
the ninth case of the “metalloteca” the lapides idiomorphoi are prenel 1717) di Michele Mercati (1541-1593) (Fig. 4.7). Nell’armadio nono
served, those stones whose shape had no analogous form (in reality an
della “metalloteca” sono conservati i lapides idiomorphoi cioè quelle pietre
identical shape) in the living world.
la cui forma non ha analogo (in realtà l’identico) nel mondo vivente.
Other collections are instead, assemblages of natural productions of
Altre collezioni sono, invece, raccolte di produzioni naturali di una partia particular geographic area. The main aim of the descriptions of
colare area geografica. Le descrizioni di queste collezioni hanno lo scopo
these collections was to illustrate in great detail the local subterprincipale di illustrare, con grande attenzione ai dettagli, i prodotti locali
ranean products: notwithstanding this, the observation material was
del sottosuolo: ciononostante, il materiale d’osservazione si presta anche
also used for new attempts at interpreting and classifying the fossila nuovi tentavi di interpretazione e classificazione dei fossilia, fossili incluia, including the fossils. An interesting example of this aspect was
si. Interessante sotto questi aspetti è, ad esempio, la Nomenclatura rerum
the Nomenclatura rerum fossilium (Zurich, 1565) by Johann
fossilium (Zurigo, 1565) di Johann Kentmann di Torgau (fl. metà sec.
Kentmann from Torgau (ca. middle 16th century), a friend of
XVI), amico di Agricola e di Konrad Gessner (1516-1565) e probabilAgricola and Konrad Gessner (1516-1565) and probably, through
mente, tramite quest’ultimo, in contatto epistolare con Aldrovandi (che
the latter, a correspondent of Aldrovandi (who received from him
da lui riceve alcuni specimina) (Vai, cap. 2, in questo vol.). Nel trattare
some specimina) (Vai, ch. 2, this vol.). While studying diverse glosdelle diverse glossopetre, conservate in uno dei cassetti della sua arca
sopetre, preserved in one of the cases in his arca rerum fossilium,
rerum fossilium (Fig. 4.8), Kentmann nota che alcune di esse (quelle pro(Fig. 4.8) Kentmann noted that some of them (those from Prussia)
venienti dalla Prussia) sono simili alla lingua dei picchi e degli scriccioli:
were similar to the tongues of woodpeckers and wrens: ideas repeatconsiderazione che Aldrovandi ripeterà (Agricola è forse la comune fonte
ed by Aldrovandi (Agricola was probably the common source of
della citazione), accompagnandola con una delle prime tavole in cui sono
citation), who accompanied them with one of the first plates in
raffigurate le glossopetre (Sarti, cap. 5, in questo vol.).
which the glossopetre were figured (Sarti, ch. 5, this vol.).
133
Nicoletta Morello
Encyclopaedias of nature
Le enciclopedie della natura
Encyclopaedias were scholarly inventories of the known and the new,
seen and unseen, whose aim was to describe the living nature in toto,
generally divided according to the great Aristotelian genera (fish, birds,
reptiles, insects or animals of water, air, earth; which crawl, fly, etc). The
systematic aspect was not given preference but was also not neglected.
It was manifested in the ratio ordinis which organises tutto ciò che è noto
(everything which is known), from the observed to the fantastic, complete with all the interpretations developed from the past to the present,
for the transmission to a public which was still heterogeneous in its
tastes and level of knowledge of nature.
In the encyclopaedic works, such as those by Ulisse Aldrovandi
(1522-1605) and Gessner, the fossilia were dealt with separately.
Aldrovandi discussed them in the Musaeum metallicum (Bologna,
1648); Gessner in the De rerum fossilium, lapidum, gemmarum figuris (Zurich, 1565), was among the first to provide numerous figures
of fossils (Vai, ch. 2, this vol.). Concerning the glossopetre, for
example, Gessner reminds us that it was widely said at his time –the
source according to him was Agricola– that the dark ones
(Kentmann’s Prussian ones) did not resemble the tongue of a water-
Le enciclopedie sono inventari eruditi del conosciuto e del nuovo,
visto e non visto, che intendono descrivere in toto la natura vivente,
ripartita generalmente secondo i grandi generi aristotelici (pesci,
uccelli, rettili, insetti; oppure animali d’acqua, d’aria, di terra; che
strisciano, che volano e così via). L’aspetto sistematico non è privilegiato, ma neppure trascurato e si manifesta nella ratio ordinis che
organizza tutto ciò che è noto –dal visto al fantastico, corredato di
tutte le interpretazioni sviluppate al riguardo dal passato al presente– per la trasmissione ad un pubblico ancora eterogeneo nei gusti e
nel livello di conoscenza della natura.
Nelle opere enciclopediche, come quelle di Ulisse Aldrovandi (15221605) e di Gessner, i fossilia hanno una trattazione a parte.
Aldrovandi ne tratta nel Musaeum metallicum (Bologna, 1648);
Gessner nel De rerum fossilium, lapidum, gemmarum figuris (Zurigo,
1565), che è tra le prime opere a fornire numerose raffigurazioni di
fossili (Vai, cap. 2, in questo vol.). A proposito delle glossopetre, ad
esempio, Gessner rammenta che è voce diffusa ai suoi tempi –la
fonte sarebbe Agricola secondo lui–, che quelle scure (le prussiane
di Kentmann) non somiglino alla lingua della biscia d’acqua (come
Fig. 4.7 – Depiction (perhaps realistic) of the Vatican Museum curated by Michele Mercati. From Metallotheca Vaticana (1719) / Illustrazione (forse realistica) del Museo Vaticano curato
da Michele Mercati. Da Metallotheca Vaticana (1719)
134
The question on the nature of fossil in the 16 th and 17 th centuries / La questione della natura dei fossili nel Cinquecento e Seicento
snake (as they were called in Germany) but
rather the tongue of a woodpecker.
Gessner thought, however, that the diverse types
of glossopetre which were figured (covering those
known also subsequently) (Fig. 4.9) were shark’s
teeth, particularly of Lamia and Carcharias, as he
proposed with specific arguments in his work on
aquatic animals.
Aldrovandi also dedicated a lot of attention to the
lapides figurati in the shape of animal parts (fossils
in the current sense of the term) in the Musaeum,
a work which was extraordinarily rich in illustrations, as he considered them to be still poorly studied (Vai, ch. 2, this vol.). He dealt with them
expressly in the fourth and final book of the work
which followed once again, in the structural system, the four-part division of fossilia proposed by
Agricola. On the nature of fossils Aldrovandi
appears generally to be aligned with those that
consider them as true remains of animals: in the
case of the glossopetre, for example, he also
showed the figure of a shark’s aridum caput (dry
head) with its dentition (Fig. 4.10). As the question of fossils was not, however, the main aim of
his work his ideas about them are lost among the
almost obsessive collection, for each object
described, of information from the past and present, from the known and the new, together with
hypotheses, beliefs and opinions from various theoretical roots, an attitude which was, however,
widely shared by naturalists of the 16th century.
Infact encyclopaedias, monographs and descriptions of museums and collections are two-faced
works, with one side turned towards the past and
the other towards suggestions for observation and
verification of the known and investigations of the
new which mark the naturalistic research of the
16th century. These are, however, also expressions
of the interest in nature which found conceptual
and physical space in new centers, such as the
courts of princes, botanical gardens, naturalistic
museums and the academies, and which was carried out by scholars from various social backgrounds and diverse cultural roots (physicians,
jurists but also artists, craftsmen, pharmacists,
mining officers, military officers, merchants, etc.).
These people, through a form of training analogous to an apprenticeship, acquired specific
knowledge in areas of learning, later defined as
botany, zoology, geology and palaeontology, but
the profile of which, at the time, was as imprecise
as the figure of the scholar studying them. As was
the rate at which interests in naturalistic aspects
and problems, which would only find a place within a specific reference picture over long periods,
were fused in the same person: thus together with
the description of an unknown animal, plant or
“stone” could be found attempts to resolve questions such as, for example, the true nature of hinge
forms in the chain of life (lithophyta and zoophyta), the truth and the effects of the Deluge, spontaneous generation, mountain formation, the origin of some figured stones such as the shells and
also the famous Maltese glossopetre.
Fig. 4.8 – The arca rerum fossilium which contained the
mineralogical collection of Kentmann / L’arca rerum
fossilium che conteneva la raccolta mineralogica di
Kentmann
Fig. 4.9 – Some of the earliest depictions of glossopetre (fossil sharks’ teeth). From the De rerum fossilium by Gessner
(1565) / Queste del De rerum fossilium di Gessner (1565)
sono fra le prime rappresentazioni delle glossopetre
135
in Germania sono chiamate) ma piuttosto alla
lingua di un picchio. Per Gessner, comunque, i
diversi tipi di glossopetre che raffigura (e che
saranno quelli noti anche successivamente)
(Fig. 4.9), sono denti di squali, soprattutto di
Lamia e di Carcharias, come sostiene con argomentazioni specifiche nel lavoro sugli animali
acquatici.
Anche Aldrovandi, nel Musaeum, opera straordinariamente ricca di illustrazioni, dedica molta
attenzione ai lapides figurati in forma di parti di
animali (i fossili nel senso attuale del termine),
in quanto a suo avviso ancora troppo poco studiati. Ne tratta espressamente nel libro IV e ultimo dell’opera che ripercorre, nell’impianto
strutturale, la quadripartizione dei fossilia proposta da Agricola. Sulla natura dei fossili
Aldrovandi appare generalmente allineato con
coloro che li credono veri resti di animali: nel
caso delle glossopetre, ad esempio, esibisce
anche la raffigurazione di un aridum caput con la
sua dentatura (Fig. 4.10). Non essendo, però, la
questione dei fossili la finalità principale dell’opera, le sue considerazioni in merito si perdono
nella raccolta quasi ossessiva, per ciascuno degli
oggetti descritti, di informazioni che vengono
dal passato e dal presente, dal noto e dal nuovo,
insieme a ipotesi, credenze, opinioni di varia
matrice teorica, atteggiamento comunque
ampiamente condiviso dai naturalisti del XVI
secolo. Infatti enciclopedie, monografie e
descrizioni di collezioni e musei sono opere
bifronti, con una faccia volta verso il passato e
l’altra a quegli spunti di osservazione e verifica
del noto ed indagine del nuovo che connota la
ricerca naturalistica del sedicesimo secolo. Esse
sono, però, anche espressione di una attenzione
per la natura che trova spazi fisici e concettuali
in sedi nuove, come le corti dei principi, gli orti
botanici, i musei naturalistici e le accademie, e
che è condotta da studiosi di varia estrazione
sociale e di diversa matrice culturale (medici,
giuristi ma anche artisti, artigiani, speziali, pratici di miniera, militari, mercanti e così via).
Costoro, attraverso una forma di apprendimento analoga all’apprendistato, acquisiscono conoscenze specifiche in ambiti del sapere –più tardi
definiti botanica, zoologia, geologia, paleontologia–, ma i cui contorni, allora, sono imprecisi
proprio come la figura dello studioso che li
affronta. Anche in ragione di ciò, sono fusi nella
stessa persona interessi per aspetti e problemi
naturalistici che solo in tempi lunghi troveranno
collocazione all’interno di un quadro specifico
di riferimento: così, insieme alla descrizione di
un animale, una pianta o una “pietra” sconosciuti convivono i tentativi si risolvere questioni
come, ad esempio, la vera natura di forme cerniera della catena dei viventi (litofite e zoofite),
la verità e gli effetti del diluvio universale, la
generazione spontanea, la formazione delle
montagne, l’origine dei talune pietre figurate
come le conchiglie o, ancora, le famose glossopetre di Malta.
Nicoletta Morello
Fig. 4.10 – The head of a shark from Aldrovandi’s Museum (De Piscibus, Aldrovandi 1618, p. 381-382) / L’aridum caput di uno squalo. Dal De Piscibus di Aldrovandi 1618, p. 381-382
(BUB, FA, foto Vai)
The true nature of fossils.
An emblematic case: The Maltese glossopetre.
La vera natura dei fossili.
Un caso emblematico: le glossopetre di Malta
It is known that the fossils found and discussed between the sixteenth
and seventeenth centuries in Italy were mainly remains of marine organisms (lamellibranch valves, gastropod shells and opercula, echinoderm
theca and aculei, teleostei teeth, etc.). The Italian sedimentary terrains
spread over wide areas of the peninsula were rich in these “easy” fossils
which were frequently in a good state of preservation and which belonged
to still living species or with which congeneric affinities could be found.
Among all the fossils of marine animals the glossopetre (lit. tongue of
stone, in reality teeth of various types of sharks) are certainly those
which excited the most interest. They were quite a famous remedy diffused throughout Europe for their properties as a snake-bite antidote
which they were reputed to possess. This virtue was possessed to some
degree only by the Maltese glossopetre as this had been bestowed on
them by St. Paul. In the Acts of the Apostles (28,1,10) it is written that
Paul, after being shipwrecked found shelter in a bay on the Maltese
coast and while he recovered his strength at the fireside was bitten by a
serpent. The saint then cursed all the animals of the island and, according to different versions, he deprived them of either their tongues or
teeth conferring on the land of the island the property of creating them
Com’è noto, i fossili trovati e discussi tra Cinque e Seicento in Italia,
sono prevalentemente resti di organismi marini (valve di
Lamellibranchi, conchiglie e opercoli di Gasteropodi, teche e aculei di
echini, denti di teleostei e così via). I terreni sedimentari italiani, diffusi
per ampi tratti della penisola, sono ricchi di questi fossili “facili”, sovente in buono stato di conservazione, che appartengono a specie ancora
viventi o di cui si trovano affini congeneri.
Tra tutti i fossili di animali marini, le glossopetre (lett. lingue di pietra,
in realtà denti di vari tipi di squalo) sono certamente quelle che suscitano l’interesse maggiore. Esse sono un rimedio assai famoso e diffuso in
tutta Europa per la proprietà antiofidica di cui si reputano dotate. Tale
virtù è posseduta in sommo grado dalle sole glossopetre di Malta, in
quanto conferita loro direttamente da S. Paolo. Come si legge negli Atti
degli Apostoli (28,1,10), Paolo, dopo un naufragio, trova riparo in una
baia della costa maltese e mentre si ritempra al fuoco, è morsicato da un
serpente. Il santo maledice allora tutti gli animali dell’isola e, secondo
lezioni differenti, li priva delle lingue oppure dei denti, conferendo al
terreno dell’isola la proprietà di crearne in continuazione e di essere
esso stesso, come le glossopetre, un potente antiofidico. Per questo
136
The question on the nature of fossil in the 16 th and 17 th centuries / La questione della natura dei fossili nel Cinquecento e Seicento
nelle farmacie, oltre alle glossopetre, sono vendute anche le terrae sigillatae di Malta, pasticche con il marchio di un serpente (Fig. 4.11). Il
fatto di essere un noto alessifarmaco, a differenza di altre ben note pietre figurate in forma di parti di animali marini, quali ad esempio le conchiglie e i turbini; il reperimento di esse anche fuori Malta; il riconoscimento della somiglianza morfologica con i denti di squalo, conseguenza degli sviluppi che ha raggiunto la zoologia nello studio della morfologia, anatomia e fisiologia degli animali marini, sono alcuni dei motivi
che fanno delle glossopetre il fulcro della questione dei fossili. Su di esse
si accentrano i tentativi di restituirle al regno animale in quanto denti di
squalo e quelli, opposti, di lasciarle alla categoria delle pietre, non privando la farmacopea di un medicamento importante e Malta di una
peculiarità della sua terra.
Le particolari condizioni dei terreni fossiliferi mediterranei, ma soprattutto la scarsa o nulla divergenza morfologica tra questi e gli analoghi
viventi, avrebbero costituito, secondo l’opinione di alcuni naturalisti
secenteschi, un indubbio vantaggio per individuare nella morfologia la
via attraverso la quale risolvere la tanto dibattuta questione. La soluzione di questo enigma della natura, però, non è frutto soltanto di felici e
fortuite coincidenze. Nel caso di Fabio Colonna (1567-1640) (Fig. 4.12)
si tratta di una scelta meditata. Giurista napoletano, si dedica giovanissimo a studi di botanica e zoologia marina, affrontando anche la questione dell’origine e dell’identificazione delle glossopetre nella
Dissertatio de glossopetris (Roma, 1616) (Fig. 4.13), un breve scritto che
diviene, nella seconda metà del Seicento, il modello di ripetute “dimostrazioni” dell’origine organica dei fossili.
Come già per molti “zoografi” del XVI secolo, anche per Colonna la
forte somiglianza morfologica tra fossili e viventi è indicativa della loro
comune origine animale ma questo non è un argomento sufficiente ad
avallare l’ipotesi che essi siano parti di animali un tempo vivi. Altri,
infatti, sostengono che la natura, nel passato, abbia “giocato”, costruendo con materiale inorganico forme tipiche del mondo vivente, oppure
che essa abbia consentito la nascita e la crescita, dentro le rocce della
Terra, di pietre figurate ed anche di parti organiche isolate o di completi
organismi, come pesci e altri animali marini, soprattutto se ritenuti
“inferiori” e nati per generazione spontanea. La stessa ipotesi del diluvio universale come garante dell’origine organica dei fossili trova ampie
disconferme: il fenomeno biblico non è assimilabile in toto ad un evento naturale da cui discorda per i tempi, le modalità e gli effetti del suo
accadimento.
L’equivalenza delle opposte
interpretazioni dei fossili e la
giustificazione che esse a lungo
traggono dai medesimi dati
osservativi spiegano la particolare struttura della trattazione di
Colonna, dedicata con pari
vigore alla demolizione delle
teorie petrografiche e alla dimostrazione dell’origine animale
dei fossili.
Primo “assioma” sui cui poggia
l’argomentazione di Colonna è
la costanza della natura nel
tempo: essa ha operato nel passato come opera nel presente.
Oggi nessuno vede formarsi
nelle rocce pietre simili a conchiglie o denti di squalo che
sono, invece, parti organiche di
animali vivi. La forma caratteriFig. 4.12 – Portrait of Fabio Colonna at the
stica che possiedono è data loro
age of thirty-eight (1605). From Ekphrasis
(1605) / Ritratto di Fabio Colonna all’età di 38 dalla natura stessa –“che non fa
anni (1605). Da Ekphrasis (1605)
mai nulla invano”– perché assol-
in continuation and to be itself, like the glossopetre, a potent snake-bite
antidote. This is why the terrae sigillatae (sealed earths) of Malta, apart
from the glossopetre, was sold as tablets with the stamp of a serpent in
pharmacies (Fig. 4.11). The fact of being a well-known alexipharmic in
contrast to other noted figured stones in the shape of parts of marine
animals such as the shells and turbini; their existence also outside of
Malta; the recognition of the morphological similarity with shark teeth
as a consequence of the developments which zoology had achieved in
the study of morphology, anatomy and physiology of marine animals,
are some of the reasons which made the glossopetre the fulcrum of the
question of fossils. The attempts to restore the glossopetre to the animal
kingdom as shark teeth were centered on the Maltese glossopetre and
those scholars who were opposed to this theory, wished to leave them
within the category of stones, thus not depriving the pharmacopoeia of
an important medicine and Malta of a peculiarity of its land.
The particular conditions of the Mediterranean fossiliferous terrains, but
most of all the scarce or absent morphological divergence between these
and the analogous living organisms, could have constituted, according to
the opinion of some 17th century naturalists, as an undoubted advantage
for using morphology as the mean to resolve the much debated question.
The solution to this enigma of nature, however, was not the fruit of only
happy and fortuitous coincidence. In the case of Fabio Colonna (15671640) (Fig. 4.12) it was a meditated choice. A Neapolitan jurist, he dedicated himself at a very young age to the study of botany and marine zoology. He treated the question of the origin and identification of the glossopetre in the Dissertatio de glossopetris (Rome, 1616) (Fig. 4.13), a short
writing which became, in the second half of the 17th century, the model of
repeated “demonstrations” of the organic origin of fossils.
The strong morphological resemblance between fossils and living
organisms was indicative also for Colonna, as for many “zoographers”
of the 16th century, of their common animal origin but this was not a sufficient argument to endorse the hypothesis that they were parts of once
living animals. Others, in fact, sustained that nature, in the past, had
“played a trick”, constructing forms typical of the living world from
inorganic material or that it had allowed the birth and growth, within
the rocks of the Earth, of figured stones as well as isolated organic parts
or complete organisms such as fish or other marine animals, above all if
these were considered “inferior” and born by spontaneous generation.
The same hypothesis of the Deluge as a guarantee of the organic origin
of fossils was not confirmed: the
biblical phenomenon was not
assimilable in toto with a natural
event which contrasted with the
times, modality and the effects
of its occurrence.
The equivalence of the opposite
interpretations of fossils’ origin
and the justification drawn over
a long period from the
same observation data explain
the particular structure of
Colonna’s treatise, dedicated
with the same vigour to the
destruction of the petrographic
theory as to the demonstration
of the animal origin of fossils.
The first “axiom” upon which
Colonna’s argumentation rests is
the constancy of nature through
time: nature acted in the past as
it does in the present. Nowadays
no one thinks of stones similar
to shells or shark teeth as form- Fig. 4.11 – The Maltese tablets / Le pasticche
ing within the rocks, they are melitensi
137
Nicoletta Morello
vano la funzione cui sono stati destinati: i denti a frantumare la preda,
le conchiglie a proteggere l’animale molle. La natura, quindi, non
“poteva” neanche nel passato, neppure come episodio sporadico, far
nascere conchiglie o denti di squalo in un ambiente ostile alla vita delle
specie marine perché, oltre a ragioni di uniformità del suo comportamento, queste porzioni di organismi sarebbero risultate inutili cioè
prive di finalità.
Un secondo assioma, che si richiama direttamente alla biologia di matrice aristotelica, è il finalismo della natura che negli organismi si manifesta anche attraverso la dipendenza della morfologia e dell’anatomia
degli organi dalla fisiologia, dipendenza che, in Colonna, giustifica l’adozione del solo criterio morfologico –in prima istanza dell’identità–
come discriminante fra fossili e pietre dotate di figura geometrica (cristalli, minerali, rocce). I due tipi di oggetti e “forme” naturali, del tutto
diversi tra loro, sono conseguenza di due tipi distinti di accrescimento,
l’uno inorganico e l’altro organico. Il primo, che avviene per apposizione dall’esterno di materiali inorganici, genera i cristalli, le gemme e le
concrezioni saline; il secondo, che avviene per apposizione di materiali
organici dall’interno, produce le diverse parti di organismi animali e
vegetali. Mentre nel primo caso la forma di partenza viene conservata
ma può presentare anche numerose varianti, per quanto riguarda le
parti organiche la natura sembra quasi “sforzarsi” di farle tutte nello
stesso modo e con rigorosa precisione, finanche nelle sostanze con cui
essa le costruisce, perché risultino adatte alla funzione che devono svolgere. Forma e sostanza sono, dunque, parimenti subordinate all’espletamento di funzioni vitali. L’identità deve quindi trovare riscontro nei
caratteri anatomici e strutturali dell’una e dell’altra.
L’identità tra fossili e viventi, quando c’è, balza agli occhi: ma questa
sola evidenza non ha sufficiente vigore esplicativo per smentire le idee
dei petrografi. I quali, s’è detto, non possono accettare –per non contravvenire a un principio peripatetico– che la figura dei fossili derivi da
una “migrazione” della forma da una materia (organica) ad un’altra
(inorganica) né che ci sia stata una migrazione di sostanza in un corpo
che da organico è diventato inorganico: i fossili “devono” quindi essere
veri lapides di forma peculiare e propria. Quindi, per poter sostenere
che l’identità morfologica (e, in ultima analisi, la sola forma esterna) sia
(come crede) il criterio d’accertamento dell’origine organica dei fossili,
Colonna ritiene necessario dover dimostrare preliminarmente che tra
essi e il terreno in cui si reperiscono esiste una differenza, per così dire,
genetica. Se i fossili sono rigorosamente organici e il terreno affatto
inorganico, sono stati diversi i modi del rispettivo accrescimento ed è
quindi impossibile che il terreno abbia generato e fatto crescere i fossili che conserva. Per avallare queste considerazioni con l’evidenza dei
fatti, Colonna decide di ricorrere all’esame delle caratteristiche organolettiche dei residui della bruciatura, esperienza già utilizzata da Ferrante
Imperato per distinguere l’organico dall’inorganico che aveva portato a
concludere che le pietre calcinano mentre i resti organici carbonizzano.
Per questa prova empirica occorre quindi a Colonna un fossile che
abbia mantenuta intatta la sostanza organica originaria ma sia ancora
avviluppato nella roccia che si suppone essere la sua matrice.
Le glossopetre si prestano allo scopo e non sono difficili da trovare:
sono una delle pietre più “chiacchierate” al suo tempo, in vendita nelle
farmacie e possedute in molti esemplari da tutti i musei naturalistici,
anche da quello napoletano assai noto, in Italia e nel resto d’Europa, di
Ferrante Imperato e del figlio Francesco. Qui Colonna studia, tra altro,
botanica e zoologia marina e compie anche ricerche di anatomia comparata. Dal confronto accurato della struttura interna, della fibrosità e
porosità della sostanza ossea e della compattezza e durezza dello smalto delle glossopetre (sovente solo alterato dal cracking) con la dentatura
di uno squalo attuale, Colonna si convince che questi resti sono composti ancora del materiale organico originario. Sottoposte all’azione del
fuoco alcune glossopetre e il “tufo” che le avviluppa, Colonna ottiene
due diversi residui: mentre il “tufo” “come le sostanze petrose” calcina
immediatamente, le glossopetre, al pari di tutte le altre sostanze organi-
recognised instead as organic parts of living animals. The characteristic
shape which they possess was given to them by nature itself –“which
does nothing in vain”– because they perform the function for which
they were destined: teeth to crush the prey, shells to protect the softbodied animal. Therefore, even in the past nature “could” not, even as
a sporadic episode, give birth to shells or shark teeth in an environment
hostile to marine species as, apart from reasons of uniformity of its
behaviour, these portions of organisms would have resulted useless.
A second axiom, which directly stems from Aristotelian biology, is the
finalism of nature which is also manifested in the organisms by the
dependence of the morphology and anatomy of the organs on physiology, a dependence which, for Colonna, justified the adoption of only
one morphologic criteria –in the first place for identity– in order to discriminate between stones with geometric figures (crystals, minerals,
rocks) and fossils. The two types of objects and natural “forms”, which
were completely different from one another, were a consequence of two
distinct types of growth, one inorganic the other organic. The first,
which occurred by addition of inorganic material from the exterior generated the crystals, gems and saline concretions; the second, due to the
addition of organic material from the interior produced the diverse
parts of animal and vegetal organisms. While in the first case the basic
form was preserved but could also show numerous variants, with regard
to the organic parts nature seemed almost to be “forcing itself”, and
with rigorous precision, to make them all in the same way, even down
to the substance from which they were constructed, so that they would
be adapted for the function which they had to perform. Therefore, form
and substance were likewise subordinate to the accomplishment of vital
functions. The identity should therefore find a reply in the anatomical
and structural characters both in one and in the other.
The identity between fossils and living organisms, when it existed, leaps
at the eyes: but this proof alone did not have enough explicative vigour to
contradict the petrographers’ ideas. They, it was said, could not accept
–so as not to violate a peripatetic principle– that the figure of the fossils
was derived from a “migration” of the form from one material (organic)
to another (inorganic) nor that there was a migration of substance within
a body which from organic became inorganic: fossils therefore “had” to
be true lapides with their own peculiar form. Therefore in order to sustain that the morphological identity (and, in the final analysis, the single
external form) was (as he believed) the criteria for confirming the organic origin of fossils, Colonna thought it was necessary to have to demonstrate preliminarily that there existed a so-called genetic difference
between them and the terrain in which they occurred. If the fossils were
rigorously organic and the terrain completely inorganic the respective
mode of growth had to be different and it was therefore impossible that
the terrain had generated and grew the fossils which it preserved. In order
to endorse these considerations with the evidence of the facts, Colonna
decided to resort to an examination of the organoleptic characteristics of
the residues after burning, an experiment already utilised by Ferrante
Imperato for distinguishing organic from inorganic which led him to conclude that the stones calcine while the organic remains carbonize. In
order to carry out this empirical test Colonna needed a fossil which had
maintained its original organic substance intact but which was still
enveloped within the rock which was supposed to be its matrix.
The glossopetre were suitable for the purpose and not difficult to find:
they were one of the most talked about stones of the time. They were for
sale in the pharmacies and all the naturalistic museums possessed many
specimens, as did the Neapolitan museum of Ferrante Imperato and his
son Francesco which was quite famous both in Italy and abroad. It was
here that Colonna studied botany and marine zoology among other things
and where he carried out research in comparative anatomy. After doing a
detailed comparison of the internal structure, the fibrosity and porosity of
the bone substance and of the compactness and hardness of the enamel
of the glossopetre (frequently only altered due to cracking) with the teeth
of a recent shark, Colonna was convinced that these remains were still
138
The question on the nature of fossil in the 16 th and 17 th centuries / La questione della natura dei fossili nel Cinquecento e Seicento
che, prima carbonizzano e poi cedono
composed of the original organic material.
calce o cenere.
On subjecting some glossopetre and the
Aver provato che le glossopetre sono origi“tufa” which enveloped them to the action
nariamente composte di sostanza organica
of fire, Colonna obtained two diverse
significa poter sostenere che esse non sono
residues: while the “tufa” “like the stony
un caso di idiomorfismo né che sia casuale
substances” calcined immediately, the glosla loro identità morfologica con i denti di
sopetre, the same as all the other organic
squalo. Inoltre, essendo organiche la
substances, first carbonized and then yieldsostanza e la forma, quel resto, ora fossile,
ed lime and ashes.
deve esser stato costruito dalla natura,
Having proved that the glossopetre were
anche nel passato, nei modi dell’accrescioriginally composed of an organic submento organico e con lo scopo precipuo di
stance signified being able to sustain that
assolvere la medesima funzione che oggi
they were neither a case of idiomorphism
svolgono le parti identiche di organismi
nor that their morphological identity with
viventi. In tal modo l’identità morfologica
shark teeth was casual. Furthermore, as
diventa il segno di un’identità di origine e
the substance and form were organic, the
di funzione vitale.
remains, now fossilised, in the past must
Ma non ci sono solo le glossopetre e le
have also been constructed by nature in
conservazioni. Colonna conosce assai bene
the organic mode of growth and with their
fossili meno facili, come i resti litificati
main purpose being to perform the same
appartenenti anche a specie di cui non si
function that today the identical parts of
trova in loco l’analogo vivente.
living organisms carried out. In this way
Indubbiamente la vicinanza con Imperato
morphological identity became a mark of
–che ha individuato i principali modi della
an original identity and vital function.
fossilizzazione– e l’esperienza che Colonna
But there were not only the glossopetre and
ha acquisito negli studi di biologia marina
the preservation to consider. Colonna knew
Fig. 4.13 – Plate of glossopetre from the Dissertatio de glossopetris by
other fossils quite well which were not as Colonna (1616) / Tavola delle glossopetre. Dalla Dissertatio de glossopetris lo conducono alla risoluzione del problema generale della vera natura dei fossili ma
‘easy’, such as the lithified remains belong- di Colonna (1616)
il principio informatore del prosieguo
ing to species of which analogous living
della trattazione è quello già convalidato
organisms could not be found in loco.
nel caso delle glossopetre: la natura non opera invano e dove appare una
Undoubtedly the closeness to Imperato –who identified the principal
forma “organica” c’è –o c’è stata– una fisiologia.
modes of fossilization– and the experience which Colonna had acquired
Gli organismi viventi –o loro parti– hanno perduto la sostanza organica
in the study of marine biology led him to the resolution of the general
di cui erano all’origine composti e ne hanno assunto una petrosa in conproblem of the true nature of fossils but the formative principle of the
seguenza dei diversi processi subiti dal momento del seppellimento in
process of the treatment was the one already validated in the case of the
un molle terreno fino al consolidarsi del terreno in roccia e anche oltre.
glossopetre: nature does not work in vain and where an “organic” form
Impronte, modelli esterni, interni e così via, non riproducono quasi mai
appears there is, or there was, a physiology.
la sostanza e la struttura (interna) originarie dei resti organici che così
The living organisms –or their parts– had lost the organic substance of
appaiono trasformati in vere e proprie pietre. Elemento costante rimawhich they were originally composed and they assumed a stony subne la forma, la sola che primo intuitu è garante dell’origine organica di
stance as a consequence of the diverse processes which they underwent
tutti i fossili: “infatti le pietre, che spontaneamente nascono dotate di
since the moment of burial within a soft terrain until when that terrain
figura, non hanno nulla in comune con gli animali o con parti di essi ma
was consolidated into a sedimentary rock and also afterwards. Imprints,
sono caratterizzate da una forma propria”. Vale quindi, per Colonna,
external and internal moulds etc. hardly ever reproduce the substance
come criterio generale distintivo fra i diversi tipi di “oggetti” naturali, la
or the original (internal) structure of the organic remains that thus
sola forma che li caratterizza, colta con percezione immediata. Per queappear transformed into true stones. The form remains a stable elesta ragione egli non ha nessuna difficoltà a considerare ex-vivi alcuni
ment, the only feature which primo intuitu guarantees the organic orifossili (come ad esempio terebratule e rinconelle) (Fig. 4.14) che non si
gin all fossils: “in fact the stones, which are born spontaneously with a
trovano hodie vivas et recentes e che pertanto si sottraggono al confronfigure, have nothing in common with the animals or with parts of anito morfologico, anche se ciò lo costringe a spiegarne l’assenza dal panomals but they are characterized by their own particular form”.
rama della locale fauna marina attuale e l’esclusiva presenza nei sediTherefore, the single characteristic form, seized with immediate permenti “tufacei” (nel caso specifico, delle colline di Albano): “penso che
ception, counted for Colonna as the distinctive general criterion among
siano state trascinate e portate qui da un’invasione del mare e non che
the diverse types of natural “objects”. It was for this reason that he had
la natura abbia cessato di produrne di simili”. Per Colonna, che è un
no difficulty in considering some fossils ex-vivi (such as terebratulids
eccellente biologo –come ha dimostrato nelle pagine dedicate alla
and rhychonellids) (Fig. 4.14) which could not be found hodie vivas et
descrizione dei denti di squalo e alla dissezione di molti animali marini–
recentes and were thus spared from a morphological comparison even if
le differenze di forma tra l’organico e l’inorganico segnano la linea netta
this forced him to explain their absence from the panorama of the
di demarcazione che separa due aspetti della natura e permettono di
recent local marine fauna and their exclusive presence in “tuffaceous”
ricondurre al mondo organico ciò che ad esso è sempre appartenuto.
sediments (in this specific case, the hills of Albano): “I think they were
Donde la descrizione e collocazione dei fossili a lui noti tra le specie
dragged and brought here by an invasion of the sea and not that nature
viventi e l’abbandono, soprattutto nelle nuove denominazioni, della
ceased to produce similar forms”. Colonna, who was an excellent biolnomenclatura di tradizione petrografica.
ogist, as he had demonstrated in the pages dedicated to the description
La soluzione della questione dei fossili proposta da Colonna matura
of shark teeth and the dissection of many marine animals, considered
all’interno di una visione generale dei fenomeni naturali che sacrifica la
that the difference in form between the organic and inorganic signalled
narrazione biblica del diluvio universale alla biologia di matrice aristothe demarcation line which separated two aspects of nature and which
139
Nicoletta Morello
telica e avviene nel pieno rispetto della
allowed the return to the organic world of
concezione teleologica della natura. La
that which had always belonged to it.
collocazione dei fossili tra le “pietre”,
Hence the description and placement of
come avevano fatto i petrografi, priva, agli
fossils known to him among the living
occhi di Colonna, tali oggetti della loro
species and the abandonment, above all in
vera origine e, quindi, delle loro finalità.
new denominations, of the nomenclature
Ed è ancora la concezione teleologica ad
of the petrographic tradition.
indurre Colonna a credere che, anche
The solution of the question of fossils proquando non esiste identità tra fossili e
posed by Colonna matured within a generviventi; anche quando il confronto non è
al vision of natural phenomena which sacpossibile perché manca il termine di pararificed the biblical account of the Deluge
gone “vivente”, ogni “pietra figurata in
to the biology of an Aristotelian matrix
forma di animali” abbia, ancora e comunand took place with regard to the teleologque, in qualche punto del globo, gli orgaic conception of nature. In Colonna’s eyes
nismi che vivono portandone la forma. La
the collocation of fossils among the
natura vivente è, dunque, opera completa
“stones”, as the petrographers had done,
e conclusa. Essa non ha cessato né cessa di
deprived those objects of their true origin
produrre le specie che ha sempre prodotand thus, of their finality. It was again the
te. Anche le forme “diverse”, se, come si
teleologic conception which induced
crede, sono venute da altri luoghi (ma non
Colonna to believe that even when no
da altri tempi) o sono andate a vivere altroidentity exists between fossils and living
ve, popolano comunque ancora questa
organisms, even when the comparison is
Terra.
not possible because the living comparable
In tal modo Colonna dava vigore all’origiform is missing, each “stone figured in the
ne organica dei fossili spezzando il binoform of an animal” still has in some part of
mio diluvio-fossili nella forma in cui da
the globe, a living organism which bears
secoli si presentava e, cioè, con il diluvio
that form. Living nature is therefore a
che era garante della natura organica dei
complete and concluded work. It has not
fossili i quali, a loro volta, se e solo se di
ceased nor will not cease to produce the
origine organica, potevano essere considespecies which it has always produced. The
rati una prova tangibile del diluvio univer“diverse” forms also if, as it is believed,
either came from other places (but not Fig. 4.14 – The conchae anomiae (terebratulids and rhynconellids) in sale. Prescindere dal diluvio biblico togliefrom other times) or they went to live else- Colonna’s De purpura (1616) / Le conchae anomiae di Colonna (terebratu- va ai fossili il loro valore di “prove” del
le e rinconelle). Dal De purpura (1616)
fenomeno divino (la cui verità comunque
where, however still populate this Earth.
restava intatta in quanto narrato nella pagiIn this way Colonna gave strength to the thena sacra); falsificare le teorie petrografiche ne cancellava le proprietà
ory of the organic origin of fossils breaking the binomial Deluge-fossil in the
terapeutiche e magiche e privava la farmacopea di noti medicamenti. I
form by which it had been presented for centuries; the Deluge had warfossili, ritornando al mondo organico, altro non erano che avanzi di
ranted the organic nature of fossils which in turn if, and only if, they were
organismi seppelliti nel fango lasciato da un mare che “in secoli e in luoof organic origin could be considered a tangible proof of the Deluge. Not
ghi diversi” si era ritirato da terre in precedenza sommerse.
taking into consideration the biblical Flood stripped the fossils of their
Basata su considerazioni eminentemente biologiche, la soluzione della
value as “proof” of the divine phenomenon (the truth of which however,
questione proposta da Colonna rimaneva indipendente non solo dalla
remained intact as it was narrated within the sacred pages); falsifying the
verità del diluvio ma anche dalla discussione delle consistenti notizie già
petrographic theories cancelled their magical and therapeutic properties
disponibili sullo stato della distribuzione dei fossili in orizzontale e in
and deprived the pharmacopoeia of well-known medicines. The fossils, on
verticale, dati d’osservazione che, fino ad allora (ma anche successivareturning to the organic world, became only leftovers of organisms buried
mente), si prestavano a interpretazioni ambivalenti. Ad esempio era
in the mud left behind by a sea which “ in diverse centuries and in diverse
nota da tempo e ricordata anche nei testi a stampa, la regolare distribuplaces” had retreated from a land which had been previously submersed.
zione geografica e stratigrafica di alcuni fossili ma si trattava di una
Based on eminently biological considerations the solution suggested by
informazione utile solo per localizzarli a scopo di osservazione e raccolColonna remained separate not only from the truth of the Deluge but also
ta. Nessuno vi attribuiva un valore cronologico. Però, mentre ai petrofrom the discussion of the consistent information already available on the
grafi indicava che la roccia matrice possedeva le qualità necessarie per
state of the distribution of fossils in a horizontal or vertical direction, obserla produzione di quel particolare tipo di pietre figurate e, quindi, che
vation data which up until then (but also successively) had given rise to
quegli oggetti erano pietre, per gli zoografi, era, invece, la traccia delambivalent interpretations. For example, the regular geographical and stratil’ambiente (marino, lacustre, terrestre …) di vita di un particolare grupgraphical distribution of some fossils had been noted for quite some time
po di individui fosse una sola specie oppure un’associazione mescolata.
and had also been recorded in printed texts but this was information that
Nel ricondurre i fossili al loro naturale significato, s’è detto che Colonna
was useful only for location for the purpose of collection or observation.
espungeva dalla questione anche il diluvio universale (pur affermando
Nobody attributed a chronological value to this data. However, while it indialtrove l’importanza di questo fenomeno) in quanto non era più un
cated to the petrographers that the rock matrix possessed the quality necesargomento probante a favore della loro origine organica. I resti di orgasary for the production of that particular type of figured stone and therefore,
nismi viventi si legavano in modo nuovo all’ambiente circostante attrathat those objects were stones, it was, instead, for the zoographers the trace
verso i processi di litificazione (cioè il cambiamento di sostanza organiof the living environment (marine, lacustrine, terrestrial ...) of a particular
ca con materiale inorganico) che contemporaneamente coinvolgevano
group of individuals, either a single species or a mixed association.
gli stessi sedimenti in cui erano sepolti. Eventi alternativi al diluvio
In leading the fossils to their natural meaning, it was said that Colonna vanerano le locali e ripetute trasgressioni marine che, nella tradizione di
quished the Deluge from the question (even if elsewhere he affirmed the
140
The question on the nature of fossil in the 16 th and 17 th centuries / La questione della natura dei fossili nel Cinquecento e Seicento
matrice meteorologica, gli auctores avevano riconosciuto responsabili
delle modificazioni dei rapporti tra il mare e le terre emerse.
Una doppia tradizione si divarica, dunque, proprio sul tema dei fossili.
Intanto, però, e già da tempo, l’evento diluviale è coinvolto nel dibattito che si apre su di un’altra questione naturalistica ancora senza risposta univoca: l’origine delle montagne. Più in generale, tutto il pianeta nel
suo impianto geologico è in discussione, tanto nei singoli elementi della
geomorfologia (insieme ai bacini del mare, ai vulcani, ai corsi d’acqua,
agli oceani) quanto nella sua struttura interna, che fenomeni di natura
ignea e acquea inducono a supporre più complessa di quanto i cosmologi avevano fino ad allora ipotizzato.
importance of this phenomenon) as it was no longer a conclusive argument
in favour of their organic origin. The remains of living organisms were connected in a new way to the surrounding environment through the processes of lithification (the alteration of organic substances to inorganic material) which contemporaneously involved the same sediments in which they
were buried. In the tradition of the meteorologic matrix, the local and
repeated marine transgressions, alternative events to the Deluge, were considered by the auctores as being responsible for the modifications in the
relationship between the sea and the emergent land.
Therefore, a double tradition divaricated exactly on the subject of fossils. Meanwhile, however, and already for quite some time, the Diluvial
event had been involved in the debate which had opened on another
naturalistic question still without an univocal answer: the origin of
mountains. More in general, the entire geological system of the planet
was under discussion, as much as for the individual elements of geomorphology (together with the marine basins, volcanoes, waterways,
oceans) as for its internal structure, that phenomena of an igneous or
aqueous nature lead one to suppose that it was more complex than the
cosmologists had hypothesized until then.
Una difficile soluzione per l’enigma dei fossili
I problemi ancora insoluti e l’intrico di ambivalenze teoriche ed esplicative contribuiscono a sollecitare nuove “dimostrazioni” e “controdimostrazioni” della questione dei fossili che si ripetono per tutto il
Seicento e ancora nei primi decenni del Settecento, rendendone faticosa ed inquieta la soluzione. Ne sono responsabili anche i mutamenti di
orizzonti teorici in altri ambiti del sapere (ad esempio nelle teorie della
Terra e del vivente) ma non meno il diffondersi della ricerca di campagna e il conseguente accumulo quantitativo dei dati conoscitivi, e le
conoscenze emerse dagli studi zoologici, botanici, geologici, dall’esplorazione geografica, dall’introduzione dello strumento ottico nell’indagine naturalistica. Per tali vie, i temi della ricerca biologica e “meteorologica” di matrice aristotelica, di cui sono eredi i naturalisti del Seicento,
sono collocati in nuovi schemi concettuali (basti pensare ad esempio
alla questione della generazione spontanea) che mostrano l’inadeguatezza delle vecchie risposte alle nuove domande.
Quando, nel corso del Seicento, considerazioni “zoografiche” e poi
anche geologiche e prettamente paleontologiche acquistano una valenza esplicativa tale da reggere il confronto con le dotte teorie petrografiche e avviarne il superamento, la questione dei fossili presenta già un
corpo di questioni intrecciate sullo sfondo di una vicenda naturale complessa. Ad esempio, dai numerosi reperti raccolti in campagna sono
aumentate le informazioni sulla tipologia degli animali fossili (le diverse
“specie”, le diverse dimensioni…), sulle associazioni di faune, sulla
distribuzione dei fossili orizzontale (tanatocenosi, distribuzione geografica, relazione con la natura litologica della roccia matrice) e verticale
(correlazioni biostratigrafiche). Questa ricchezza di dati non sempre
riesce a costruire una più ampia interpretazione dei fenomeni paleontologici: gli strumenti teorici e gli orientamenti metodici che guidano la
ricerca sono ancora indefiniti; disomogenea è la classificazione degli
animali sulla quale poggia l’individuazione del fossile attraverso il confronto con l’analogo vivente; inesistente –e comunque non codificato–
il lessico scientifico specifico. Il ripetersi più volte della questione indica che la paleontologia, al pari di altre scienze empiriche, assume la sua
fisionomia gradatamente, emergendo, per così dire, da un enigma che
non si scioglie senza le perplessità, gli arresti, le soluzioni innovative e i
ritorni al passato che caratterizzano i percorsi storici di tutte le scienze.
Nuovi dati d’osservazione e novità concettuali riconfigurano più volte
gli elementi della questione dei fossili: il vigore dimostrativo degli argomenti che petrografi e zoografi adducono a sostegno di ciascuna delle
due opposte tesi acquistano e conservano a lungo pari valore, tanto che
gli stessi fenomeni vengono letti in modi divergenti, a giustificazione
dell’una come dell’altra teoria. Proprio il caso delle glossopetre è illuminante: la perdita del dettaglio morfologico –la smussatura e il
cracking dei denti di Carcharodon– induce ad esempio Mercati a far
disegnare e introdurre nella Metallotheca Vaticana due tavole che raffigurano denti di squali e glossopetre per sottolinearne la mancata identità e per sostenere l’origine inorganica di tali fossili. I rami di quelle
stesse tavole, allora ancora inedite, sono usate da Stenone nel Canis
Carchariae (1667), a illustrazione della tesi contraria (Figg. 4.15 e 4.16).
Sebbene acquisti un credito crescente l’ipotesi dell’origine organica dei
A difficult solution for the enigma of fossils
The still unresolved problems and the entanglement of theoretic and
explicative ambivalence contributed to hastening new “demonstrations”
and “counter-demonstrations” of the fossil question which were repeated
throughout the 17th century and again in the first decades of the 18th century, making the solution difficult and disturbing. The changes in theoretical horizons in other areas of learning (for example in the theories of
the Earth and life) were also responsible for this as also were the diffusion
of research in the field and the subsequent quantative accumulation of
expert data. This knowledge emerged from zoological, botanical and geological studies, from geographical exploration, from the introduction of
optical instruments in naturalistic investigations. In these ways the subjects of the biological and “meteorological” research of an Aristotelian
matrix, which the naturalists of the 17th century had inherited, were collocated within new conceptual schemes (it is enough to think for example about the question of spontaneous generation) which showed the
inadequacy of the old answers to the new questions.
During the 17th century “zoographical” and then also geological and
simple palaeontological considerations acquired an explicative valence
such as to support a comparison with the learned petrographic theories
and to start to surpass them; the fossil question already presented a corpus of questions interwoven on the background of a complex natural
event. For example, from the numerous specimens collected in the field
information had increased on the typology of fossil animals (the diverse
“species”, the diverse dimensions ...), the faunal associations, the distribution of fossils both in a horizontal direction (thanatoceonoses, geographical distribution, relationship with the lithological nature of the
rock matrix) and vertical direction (biostratigraphic correlation). This
wealth of data did not always manage to construct a broader interpretation of the palaeontological phenomena: the theoretical tools and the
methodical orientation which guided the research were still undefined;
the animal classification upon which the identification of fossils rested
by comparing them with analogous living organisms was still not homogeneous; a specific scientific lexicon was inexistent and still not codified. The repeated repetition of the question indicates that palaeontology, as other empirical sciences, assumed its physiognomy by degrees,
emerging so to say, from an enigma which was not resolved without the
perplexities, the pauses, the innovative solutions and the return to the
past which characterize the historical pathways of all sciences. New
observation data and conceptual novelties reconfigured the elements of
the fossil question over and over again: the demonstrative vigour of the
arguments which the petrographers and zoographers put forward as
141
Nicoletta Morello
fossili rispetto a quella inorganica, sempre più diffusamente ritenuta
espressione di una tesi destinata a perdere, tuttavia non vengono meno
le teorie petrografiche, perfezionate e adattate alle nuove esigenze esplicative, che manifestano certamente anche il carattere inerziale e conservativo delle convinzioni di molti studiosi della natura. Ma non è senza
importanza l’intrinseca complessità della documentazione e dei fenomeni paleontologici, complessità che i naturalisti non colgono certo
intuitivamente ma che riconoscono e ricostruiscono in tempi e modi differenziati insieme al divenire stesso della disciplina. Occorre inoltre
ricordare che, nel Seicento (ma anche più tardi), non esiste ancora la
paleontologia come insieme definito di contenuti e ambiti disciplinari
che permettono di stabilire cosa è o non è pertinente a questo specifico
ambito di sapere scientifico. Più in generale, lo stesso criterio di scientificità non è ancora chiaramente formulato.
support for each of the two opposite theses acquired and preserved an
equal value over a long period, in as much as the same phenomena were
read in divergent ways, as justification of either one theory or the other.
The case of the glossopetre is really illuminating: the loss of morphological detail –the smoothing and cracking of the Carcharodon teeth–
induced for example Mercati to have drafted and to include two plates
figuring shark teeth and the glossopetre within the Metallotheca
Vaticana in order to underline their lack of identity and for supporting
the inorganic origin of those fossils. The copperplates of those same
plates, at the time still unpublished, were used by Steno to illustrate the
contrary thesis in the Canis Carchariae (1667) (Figs. 4.15 and 4.16).
Although the hypothesis of the organic origin of fossils acquired a growing acceptance with respect to the inorganic theory that had always
been widely retained as the expression of a thesis destined to lose, the
petrograpic theories were no less successful. Improved and adapted to
suit the new explicative requirements, they certainly also manifested the
inactive and conservative character of the convictions of many scholars
of nature. But the intrinsic complexity of the documentation and the
palaeontological phenomena was not without importance. A complexity which the naturalists did not intuitively comprehend but which they
came to recognise and reconstruct in different ways and times together
with the development of the discipline itself. It should also be remembered that, in the seventeenth century (but also later), palaeontology
still did not exist as a defined entity of disciplinary contents and fields
which allowed the establishment of what was or was not pertinent to
this specific field of scientific learning. More generally, the scientific criteria themeselves had still not been clearly formulated
Il “diluvio di difficoltà” di Buonamico e la soluzione sedimentarista di
Stenone
Un esempio dell’efficacia delle argomentazioni contrarie maturate contestualmente al divenire della questione dei fossili si trova nelle pagine
della lettera che Giovanni Francesco Buonamico (1639-1680), medico
maltese, invia al pittore di Messina Agostino Scilla (1629-1700), lettera
che sollecita una delle dimostrazioni più interessanti della seconda metà
del XVII secolo.
La Lettera missiva di Buonamico è scritta da Malta il 28 Agosto del
1668, pochi mesi prima che Stenone veda il suo Prodromus dato alle
stampe. È la risposta a quanto Scilla crede e di cui Buonamico è al corrente tramite Paolo Boccone (1633-1704), un comune amico naturalista allora in soggiorno di studio a Malta. La Lettera, lungi dall’essere
una trattazione scolastica del tema dei fossili come numerosi altri
scritti in difesa delle teorie petrografiche (si veda ad esempio Johannes
Reiskius, De glossopetris luneburgensibus), espone le obiezioni di
carattere geologico e paleontologico che contraddicono argomenti e
osservazioni diffusamente addotti a favore dell’origine organica dei
fossili. La trattazione si svolge intorno al tema del diluvio universale,
di cui Buonamico nega decisamente la validità come unico evento probante l’origine organica dei fossili. Pur essendo stato inizialmente
incline a credere che i fossili fossero resti di animali aderendo ad un’ipotesi vagamente sedimentaria, tuttavia gli argomenti forti degli zoografi –il diluvio e la somiglianza morfologica della figura externa di
fossili ed analoghi viventi– gli sono parsi insufficienti a sciogliere il
dilemma proprio a causa della loro costante associazione che, a suo
avviso, spiegherebbe in modo semplicistico la problematica distribuzione dei fossili sulla e nella crosta terrestre.
L’iniziale predilezione di Buonamico per l’ipotesi sedimentaria è motivata dalle conclusioni riguardo a Malta cui è giunto Athanasius Kircher
(1602-1680) –gesuita del Collegio Romano– che Buonamico conosce
personalmente, dopo numerose osservazioni condotte sui terreni dell’arcipelago melitense ed espresse nel Mundus subterraneus pubblicato
nel 1664-65. Malta è un’isola di recente formazione, “casualmente composta” di strati tutti orizzontali che sono nati, insieme all’intero arcipelago, da “varie positure di mare” e non data dai giorni della Creazione.
Buonamico, pensando quindi, a una formazione diluviale, finalizza le
molte escursioni che, a sua volta, compie a Malta e a Gozo alla ricerca
della “casualità di adunanze” di fossili e della sovrapposizione in strati
orizzontali di arenarie, argille e ghiaie. Il primo argomento è a sostegno
del diluvio universale: una violenta turbolenza in seno alle acque diluviali aveva sconvolto terre emerse e fondi marini, trascinando per tutto
il globo i resti di animali strappati al loro naturale ambiente di vita e
mescolati insieme. Cessata la turbolenza, essi si erano depositati al
fondo di quelle acque, insieme al materiale in sospensione, formando in
tempi brevi (biblici), le rocce con i fossili caoticamente distribuiti.
Il secondo argomento favorisce una concezione più dinamica e ampia
Buonamico’s “deluge of difficulties” and Steno’s sedimentarist solution
An example of the effectiveness of the contrary argumentation developed contextually at the outset of the fossil question may be found in
the pages of a letter sent by a Maltese physician, Giovanni Francesco
Buonamico (1639-1680), to Agostino Scilla (1629-1700), a painter in
Messina, soliciting one of the most interesting demonstrations of the
second half of the 17th century.
Buonamico’s Lettera missiva was written in Malta on 28th August, 1668,
a few months before Steno saw his Prodromus go to press. It was the
answer to Scilla’s beliefs, of which Buonamico was informed by Paolo
Boccone (1633-1704), a naturalist friend they had in common, at that
time on a study visit to Malta.
The Lettera, far from being a scholarly treatise on the subject of fossils
like numerous other writings in defence of the petrographic theories
(see for example Johannes Reiskius, De glossopetris luneburgensibus),
outlines the objections of a geological and palaeontological character
which contradict the arguments and observations widely adopted in
favour of the organic origin of fossils. The discussion revolves around
the subject of the Deluge, of which Buonamico decisively denies the
validity as the only event probative of the organic origin of fossils. Even
if initially he was inclined to believe that the fossils were animal thus
adhering to a vaguely sedimentary hypothesis, nevertheless the zoographers’ strong arguments –the Deluge and the morphological similarity
of the figura externa of fossils to analogous living organisms– seemed
insufficient to him for solving the real dilemma because of their constant association, which in his opinion, could explain in a simple way
the problematic distribution of fossils on and in the Earth’s crust.
Buonamico’s initial preference for the sedimentary hypothesis was motivated by the conclusions regarding Malta drawn by Athanasius Kircher
(1602-1680), a Jesuit priest from the Roman College who Buonamico
knew personally. Kircher’s conclusions on Malta were the result of
numerous observations made in the field on the Maltese archipelago and
expressed in the Mundus subterraneus published in 1664-65. Malta is an
island of recent formation “casually composed” of strata which are all
142
The question on the nature of fossil in the 16 th and 17 th centuries / La questione della natura dei fossili nel Cinquecento e Seicento
horizontal and which were formed, together with the entire archipelago,
by the various positions of the sea and not by the Creation. Buonamico,
thinking therefore of a Diluvial formation, focused his many excursions
on Malta and Gozo on the search for the “casualness of assembly” of fossils and the superposition of sand, mud and gravel in horizontal strata.
The first argument supported the Deluge: a violent turbulence within the
Diluvial waters disturbed the emerged land and the sea bottom, dragging
across all of the globe the animal remains which had been wrenched from
their natural habitat and mixed together. When the turbulence ceased
they were deposited at the bottom of that water, together with the material in suspension thus forming within a short time (biblical) the rocks
within which the fossils were chaotically distributed.
The second argument favoured a broader and more dynamic conception of geological phenomena: the sea, when temporarily or definitively
abandoning land previously submersed, leaves deposits –among which
are found the remains of marine organisms– which then consolidate and
in this way bring about an increase of the emerged land. The advancement of the coasts also contributes deposits of a fluvial origin, with
material washed away from continental areas. This was the way terrains
of recent formation were formed in Holland, where Buonamico had
studied and met Nicola Stenone (Niels Steensen, 1638-1686). These
recently formed terrains, that is post-Diluvial, were “argillaceous and
arenaceous” and composed in an ordered way “of various soils of dif-
dei fenomeni geologici: il mare, abbandonando temporaneamente o
definitivamente terre in precedenza sommerse, lascia depositi –tra i
quali si trovano anche resti di organismi marini– che poi si consolidano
e attua in tal modo un aumento delle terre emerse. All’avanzamento
delle coste contribuiscono anche depositi di origine fluviale, con materiale dilavato da zone continentali. Questo è il modo in cui si formano
in Olanda –dove Buonamico ha studiato e ha incontrato Nicola Stenone
(Niels Steensen, 1638-1686)– i terreni recenti, cioè postdiluviali, “argillosi e arenosi” e composti ordinatamente “di vari suoli di diverse terre”,
di cui solo alcuni sono fossiliferi. Malta e Gozo rivelano, invece, una
quantomai ordinata distribuzione di specie, ciascuna inglobata “nella
sua vena particolare” ben distinguibile l’una dall’altra per la natura delle
roccia. Inoltre la morfologia dell’isola e la tipologia delle sue rocce, (diagenizzate, suborizzontali, localmente verticalizzate in prossimità delle
faglie), non hanno nulla in comune con i terreni d’Olanda e di parte del
Nord Europa, dove l’emersione dalle acque del diluvio (ma in effetti il
sollevamento della zona baltica per compensazione isostatica) è, secondo i naturalisti del XVII e XVIII secolo, un fenomeno ancora in atto.
“Stando sempre le stesse cause [...] da quello che al presente si osserva
si deve con ogni probabilità conchiudere che il simile debba anco essere stato per il passato”. La “causa” che anche oggi agisce in Olanda e
che ne ha fatto una terra certamente post-diluviale, dandole una morfologia piatta con rocce di vario tipo, parallele all’orizzonte e sovrapposte
Fig. 4.15 – The glossopetre of Mercati’s Metallotheca reproduced in Steno’s Canis
Carchariae dissectum caput (1667) / Le glossopetre della Metallotheca di Mercati riprodotte da Stenone nel Canis Carchariae dissectum caput del 1667
Fig. 4.16 – The shark’s head of the Metallotheca, also reproduced in Steno’s Canis
Carchariae dissectum caput (1667) / La testa di squalo della Metallotheca, anch’essa riprodotta da Stenone nel Canis Carchariae del 1667 (BUB, foto Vai)
143
Nicoletta Morello
l’una all’altra, non agisce sulle coste melitensi che dovrebbero “crescere” e, invece, sono continuamente sottoposte ad erosione lungo i margini di costa.
Buonamico non crede neppure che tutti i monti che contengono fossili, siano, per questo fatto, da ricondursi all’azione del diluvio. Si possono considerare recenti ed effetto di ripetute deposizioni marine e fluviali piuttosto le terre dei Paesi Bassi, “molto basse e piane” completamente “arenose ed argillose senza che vi si trovi neppure un palmo di
rocca” e cioè quei depositi alluvionali, incoerenti, generalmente non
ancora diagenizzati, che i naturalisti del XVII secolo (ma anche oltre)
considerano posteriori –ma non necessariamente dovuti– al diluvio universale. Malta è invece una “rocca intiera, soda ed uniforme” dalle radici fino alla superficie. Né gli strati che la compongono sono tutti orizzontali: anzi, moltissimi sono “paralleli all’asse terrestre” e il modo in
cui divergono dall’orizzontalità presenta uno spettro di variabilità molto
ampio ma con caratteristiche locali tali da lasciar supporre che ogni
zona abbia anche la “propria disposizione di fissure”. Deformata e
fagliata, coperta non di sabbia ma di terreno fertile, la “cristianissima”
Malta è per Buonamico, antica, pre-diluviale e –contrariamente a quello che Kircher credeva– uscita così come è dalle mani del Divino
Architetto.
Buonamico approfondisce allora con ricerche di campagna l’indagine
paleontologica: ricostruisce la mappa della distribuzione geografica
delle principali forme fossili melitensi e conclude che i diversi fossili
locali non mostrano alcuna “confusione” nell’associazione e distribuzione delle specie: il diluvio universale non offre quindi alcuna soluzione alla questione delle glossopetre e dei fossili in generale ma solleva
soltanto un “diluvio di difficultadi”. Esse sono sostanzialmente le stesse su cui si confrontano, con esiti opposti, coloro che, soprattutto nella
seconda metà del XVII secolo, oppongono nella questione dei fossili la
sedimentazione al diluvio.
Secondo Buonamico, il diluvio non spiega né la presenza di fossili dentro le rocce nè la loro assenza tra due depositi né, infine, l’adunamento
in particolari località invece che la dispersione confusa su tutta la crosta
terrestre. Inoltre non dà ragione della grande quantità di fossili che si
trovano nei sedimenti se confrontati con i pochi resti lasciati oggi sulla
costa dalle acque in ritiro o dopo le mareggiate: anche durante il diluvio proprio i molluschi (i fossili più numerosi e noti) avranno cercato di
ancorarsi agli scogli esattamente come fanno adesso quando il mare è in
tempesta. A queste considerazioni aggiunge argomenti di natura zoologica, in verità di minor consistenza delle argomentazioni geologiche e
paleontologiche. Pochi sono gli squali nel Mediterraneo e del tutto
assenti nella acque dei mari del Nord Europa, dove pure si trovano
località con famosi depositi di glossopetre. Pur avendo ciascun individuo un numero notevole di denti, avrebbe dovuto morire una quantità
inverosimile di squali –per di più vicino all’isola–, perché con essi si
“reggessero” tutti i sedimenti di Malta ricchi di glossopetre. Degli squali dovrebbero allora trovarsi anche altre parti dello scheletro, che egli
ritiene ben più solide e resistenti di quanto non siano i denti. Denti che,
peraltro, né si trovano mai nel loro stato originale (Buonamico descrive
esattamente dei denti non fossilizzati ma non li sa –o vuole– riconoscere come tali) né si possono ritenere “perfettamente “ simili alle glossopetre di cui non possiedono neppure la virtù alessifarmaca. I fossili
melitensi, diversi per ogni contrada come lo sono i tipi di sedimenti e la
loro stessa disposizione, sono particolari come è particolare tutta la
terra melitense dotata della stessa virtù alessifarmaca che le glossopetre
possiedono. Esse, in conclusione, vanno collocate tra le pietre non
diversamente da quelle, altrettanto famose e discusse, la cui figura non
è mai stata “vista” nella rerum natura: i cornua ammonis, gli unicorni, le
astroites e così via.
La Lettera missiva è una ragionata dimostrazione dell’origine inorganica delle glossopetre melitensi, interessante anche per lo sviluppo e la
successione di argomenti che, pur avendo finalità contraria, richiamano
l’andamento e i contenuti degli scritti di Stenone. Le affinità possono
ferent lands” of which only some were fossiliferous. Malta and Gozo
revealed instead an extremely ordered distribution of species, each one
enclosed “in its particular vein” and easily distinguishable one from the
other due to the nature of the rock. In addition, the morphology of the
island and the typology of its rocks (diagenetic, subhorizontal, locally
vertical in the proximity of faults), had nothing in common with the terrains of Holland and North Europe where the emergence from the
Deluge waters (in reality the uplift of the Baltic zone due to isostatic
compensation) was an ongoing event according to the naturalists of the
17th and 18th centuries. “As it is always the same causes [...] as those
which can be observed in the present one can with all probability conclude that the same also took place in the past”. The “cause”, which
today also acts in Holland and which certainly made it a post-Diluvial
land, giving it a flat morphology with various types of rocks parallel to
the horizon and superimposed one on the other, does not act on the
Maltese coast which should “grow” and, instead, is continually subjected to erosion along the coastal margins.
Buonamico also did not believe that all the mountains which contained
fossils were, due to this fact, to be connected to the action of the
Deluge. The lands of the Netherlands could instead be considered as
recent and due to the effect of repeated marine or fluvial deposition,
“very low and flat” completely “argillaceous and arenaceous without
even finding there a handful of rock”. These incoherent flood deposits,
generally not yet having undergone diagenesis, were considered by the
naturalists of the 17th century (but also after) as being younger than –but
not necessarily due to– the Deluge. Malta is instead a “whole rock, solid
and uniform” from the roots to the surface. Not even the strata which
form it are all horizontal: on the contrary, many are “parallel to the
Earth’s axis”and the way in which they diverge from the horizontal presents a large but wide spectrum of variability with such local characteristics which allow the assumption that each zone also has “its own
arrangement of fissures”. Deformed and faulted, covered not by sand
but by fertile land, the “very Christian” Malta was in Buonamico’s opinion, ancient, pre-Deluge and, in contrast to what Kircher believed,
made exactly as it was by the hands of the Divine Architect.
Buonamico intensified his palaeontological investigation with field
research: he reconstructed the map of the geographical distribution of
the main Maltese fossil forms and concluded that the diverse local fossils did not show any “confusion” in the species association or distribution: the Deluge did not offer therefore any solution to the question of
the glossopetre or fossils in general but only raised a “Deluge of difficulties”. These were substantially the same which were compared, with
opposing results, by those who, above all in the second half of the 17th
century, rejected sedimentation by the Deluge in the fossil question.
According to Buonamico, the Deluge did not explain neither the presence
of fossils within the rocks nor their absence among two deposits nor, finally, assemblages in particular localities as opposed to the confused dispersion
over all the Earth’s crust. Furthermore, it did not explain the great quantities of fossils found in sediments when compared to the few remains left
today on the coast by the retreating waters or after storms: even during the
Deluge the molluscs (the most numerous and well known fossils) would
have tried to anchor themselves to the rocks exactly as they do now when
there is a storm. He added arguments of a zoological nature to these considerations, which were, in truth, of less consistency than the geological and
palaeontological arguments. Sharks are rare in the Mediterranean and are
completely absent in the seas of North Europe where one finds localities
with famous deposits of glossopetre. Although each individual had a
remarkable number of teeth an improbable quantity of sharks would have
had to die –mostly near the island– so that they could render all the sediments of Malta rich in glossopetre. Other parts of the shark’s skeleton
should therefore also be found which in his opinion were much more solid
and resistant than the teeth. Teeth which, however, were never found in
their original state (Buonamico described precisely non-fossilized teeth but
he either did not know how, or want, to recognise them as such) and were
144
The question on the nature of fossil in the 16 th and 17 th centuries / La questione della natura dei fossili nel Cinquecento e Seicento
essere giustificate dal comune sognot “perfectly” similar to glossopetre,
giorno in Olanda che offre loro lo
including the absence of their alexistesso materiale d’osservazione e
farmic virtue. The Maltese fossils,
durante il quale sono compagni d’ubeing as diverse in each district as are
niversità a Leida. È anche vero,
the types of sediment and their dispoperò, che Buonamico può già conosition, are particular, like all the
scere, pur in assenza di citazioni al
Maltese land was particular being
riguardo, l’Elementorum myologiae
endowed with the same alexifarmic
specimen, pubblicato nel 1667, in
virtue that the glossopetre possessed.
appendice al quale si trova il Canis
These, in conclusion, could be placed
Carchariae dissectum caput dove
among the stones which were not
Stenone, nel riprendere la questione
diverse from those, just as famous and
delle glossopetre, sviluppa una sistediscussed, whose figura had never
matica e organica spiegazione della
been “seen” in the rerum natura: i corformazione dei terreni sedimentari
nua ammonis, the unicorns, the
fossiliferi. Lo stesso Stenone annunastroites etc.
cia che non si tratta di novità né di
The Lettera missiva is a reasoned
risultati di osservazioni condotte
demonstration of the inorganic origin
tutte in prima persona. La questione
of the Maltese glossopetre and is also
è nota e gli argomenti pro et contra
interesting for the development and
ampiamente dibattuti anche dai
sequence of arguments that, even if
suoi maestri: manca però ancora
having a contrary aim, are similar to
un’esauriente, univoca soluzione del
the trend and contents of Steno’s writproblema. In questo breve scritto,
ings. This affinity may be justified by
Stenone mette a punto alcuni printhe fact that they both had been to
cipi relativi ai tempi e modi di forHolland which offered them the same
mazione dei sedimenti: deposizione
observation material and while there
classata di materiali in sospensione
they were companions at the
nell’acqua, orizzontalità degli strati,
University of Leiden. It is also true,
sovrapposizione delle diverse serie
however, that Buonamico could have
sedimentarie in successione cronoalready known l’Elementorum myolologica. Trasforma i vaghi e diffusi
giae specimen, published in 1667, even
accenni alle trasgressioni marine in
in the absence of citations regarding it,
una architettura geologica in cui
where the Canis Carchariae dissectum
colloca argomenti biologici (relativi
caput is included in an appendix. It
ad esempio al popolamento delle
was in this that Steno, in returning to
acque in cui avviene la sedimentathe question of the glossopetre, developed a systematic and organic expla- Fig. 4.17 – Title page of the Prodromus (1669) by Steno / Frontespizio del Prodromus di zione) e paleontologici (ad esempio
i processi di fossilizzazione), senza
nation for the formation of fossilifer- Stenone (1669) (BUB; foto Vai)
far ricorso al diluvio universale, preous sedimentary terrains. Steno stated
sentando quindi una vicenda della natura che sembra dipanarsi in tempi
that this was neither a novelty nor were all the observations by himself. The
lunghi e in ripetute successioni di eventi geologici.
question was well known and the arguments pro et contra widely debated
Nel 1669 esce a Firenze il Prodromus (De solido intra solidum naturalieven by his masters; however, an exhaustive univocal solution to the probter contento dissertationis prodromus) (Fig. 4.17), opera nella quale
lem was still lacking. In this short writing Steno set down some principles
Stenone accorpa in un’unica categoria tutti “i corpi solidi naturalmente
relative to times and modes of sediment formation: deposition classified by
inglobati in altri corpi solidi” di origine sia inorganica (come ad esemmaterial in suspension in the water; horizontality of strata; superposition of
pio i cristalli o i sedimenti della crosta terrestre) sia organica (come le
diverse sedimentary series in chronological succession. He transformed the
valve dei molluschi, le perle, i calcoli, i fossili e così via), fino ad allora
vague and diffuse references to marine transgression into a geological architrattati isolatamente e in differenti matrici culturali.
tecture within which he collocated biological and palaeontological arguL’andamento della trattazione risente (come succedeva anche nel Canis
ments (relative for example to the population of water where sedimentation
Carchariae) sotto molti aspetti sia delle novità concettuali e teoriche che
occurs) without resorting to the Deluge, presenting thus an event of nature
accompagnano il processo di maturazione della rivoluzione scientifica
which seemed to unwind itself over a long period and in repeated successia dell’impostazione data dagli allievi di Galileo alle ricerche scientifisions of geological events.
che presso l’Accademia del Cimento: il rifiuto delle “qualità”, della
In 1669 the Prodromus (De solido intra solidum naturaliter contento disricerca delle cause e del ricorso a principi primi metafisici in favore delsertationis prodromus) (Fig. 4.17), came out in Florence. In this work
l’indagine analitica del fenomeno naturale, concepito come contingente
Steno brings together in a unique category all “the solid bodies naturale studiato attraverso ripetute e “sensate esperienze”.
ly enclosed within other solid bodies” both of inorganic (as for example
Ciò che nel Prodromus è profondamente mutata è la consapevolezza
crystals or the sediments of the Earth’s crust) and organic (such as molnuova che Stenone ha sviluppato dopo numerose ricerche di campagna,
lusc shells, pearls, stones, fossils, etc.) origin which until then had been
della complessità del problema dei fossili e della stretta relazione che
treated separately and within different cultural matrixes.
essa ha con la questione dell’orogenesi. Se nel Canis Carchariae aveva
The treatement is affected by many aspects (as also happened in the
discusso soprattutto le glossopetre e i loro “identici”, nel Prodromus la
Canis Carchariae) both by the theoretical and conceptual novelties
questione si trasforma in un caso particolare di un “problema universawhich accompanied the process of maturation of the scientific revolule” ed anche i resti litificati, come già i sedimenti, sono presi in consition and by the structure given by the students of Galileo to scientific
145
Nicoletta Morello
derazione tutti, in quanto “solidi naturalmente compresi in altri solidi”.
La ripresa dell’argomento paleontologico dipende comunque dall’essere ancor irrisolto, per ragioni che Stenone imputa alla difficoltà della
materia ma anche alla mancata organizzazione dei molti dati d’osservazione locali che hanno portato i naturalisti a ricercare cause specifiche
per ogni specifica situazione. Cosicché egli vede il divenire stesso della
questione complicato da sempre più numerose considerazioni che
hanno sollevato nuovi dubbi e dato risposte parziali, portando a soluzioni incomplete ed insoddisfacenti. Questo è ancora il caso delle glossopetre di Malta. I naturalisti continuano a domandarsi se esse siano
state o no denti di squalo. La questione, però, è solo un caso particolare della quaestio generalis se il mare sia o no il luogo originario in cui
nascono tutti i corpi simili ad organismi marini che si trovano lontano
dal mare (i fossili). Poiché però nel terreno si trovano fossili simili a
corpi che vivono anche in altri mezzi come l’aria, l’acqua dolce e la terra
stessa, allora il problema generale deve ricomprendere anche questi
oggetti naturali litificati che si presentano come sassi dotati di figura.
“Tessendo e ritessendo la tela di questa indagine” naturalistica, Stenone
elabora l’enunciato del “problema universale”: “dato un corpo dotato
di figura e prodotto secondo le leggi della natura, trovare nel corpo stesso il modo e il luogo della sua produzione”. Tre sono le proposizioni che
riassumono e risolvono tutti gli argomenti incerti che nascono dall’indagine sui corpi solidi naturali inglobati dalla natura stessa in altri corpi
solidi: 1) tra due solidi inclusi l’uno nell’altro, non esiste contemporaneità di nascita; 2) uno di essi era già solido quando l’altro era ancora
allo stato fluido; 3) due solidi che hanno identica morfologia e identica
struttura, si sono prodotti secondo le stesse modalità e nel medesimo
luogo, indipendentemente dalle variazioni accidentali che talvolta presentano. Di conseguenza tutti i corpi fossili che sono in tutto simili a
parti di piante ed animali si sono generate nello stesso modo e luogo
delle piante e degli animali cui somigliano.
Tre sono i tipi principali di fossili (animali e vegetali) che Stenone individua. Un primo tipo comprende i fossili simili a forme viventi, nella
forma e nella struttura, ut ovum ovo, oggi diciamo come due gocce d’acqua. Un altro genere è costituito dai fossili che differiscono dagli organismi attuali per il colore e per il peso e che si presentano come gusci
“calcinati”. I primi due generi sono però di minor interesse rispetto ai
fossili che sono simili alle forme attuali solo per quanto concerne la figura. In questo terzo gruppo Stenone ricomprende, spiegandone la formazione, sia le impronte di vegetali (figurae plantarum lapidibus inscriptae) sia le conchae aereae (impronte esterne), le lapideae (calchi naturali) e le marmoreae, cristallinae o di altro materiale (modelli che rappresentano la morfologia esterna del fossile e che risultano dal riempimento naturale, con materiale secondario, della cavità lasciata dal guscio e
dalla cavità interna della conchiglia).
Tra le diverse considerazioni di carattere anatomico portate a sostegno
dell’origine animale dei testacei fossili (ad esempio il riconoscimento
delle striatura delle valve come linee di accrescimento), Stenone accenna di sfuggita alle “uova di conchiglie”. Se pure non approfondito, questo richiamo indica che la questione paleontologica dell’origine dei fossili non è isolata dai temi che sollecitano la ricerca biologica in generale, quale quello del “ritrovamento” delle uova di molluschi ed invertebrati, ed è una spia della diatriba decennale che si è accesa, in Italia e
all’estero, tra sostenitori e detrattori della generazione spontanea degli
animali “inferiori”.
La questione dei fossili si avvia quindi a conclusione con le considerazioni sui resti fossili di vertebrati. Stenone sa che da tempo si
conoscono ossa di grandi vertebrati attribuite per lo più a umani
giganteschi. Pur non negando che possano essere esistiti uomini di
grandezza eccezionale, Stenone rileva innanzitutto che sovente tale
attribuzione è erronea. Forte della sua competenza in anatomia
(ovviamente anche zoologica), egli identifica facilmente come resti
di cavalli ed elefanti, scapole, femori, denti e crani di considerevoli
dimensioni che trova nei terreni della Val d’Arno e della Val di
research at the Cimento Academy: the rejection of the “qualities”, of the
search for the cause and of the resort to metaphysical principles in
favour of analytical investigation of natural phenomena, conceived as
contingent and studied through repeated and “sensible experience”.
In the Prodromus, the new knowledge that Steno had developed after
his numerous field studies about the complexity of the problem of fossils and the close relationship that they had with the question of orogenesis, was profoundly altered. If he had discussed above all the glossopetre and their “identities” in the Canis Carchariae, the question was
transformed into a particular case of an “universal problem” in the
Prodromus and also the lithified remains, such as the sediments, were all
taken into consideration as “solids naturally enclosed within other
solids”. The return to the palaeontological argument depended, however, on it not yet being resolved, for reasons which Steno ascribed to the
difficulty of the subject but also to the lack of organisation of much of
the local observation data which had lead the naturalists to search for
specific causes for each specific situation. Therefore he thought the
issue was becoming more complicated because of ever more numerous
considerations that had raised new doubts and given partial answers
and incomplete and unsatisfactory solutions. This was still the case for
the Maltese glossopetre. The naturalists continued to wonder if they
were shark teeth or not. The question, however, was only a particular
case of the quaestio generalis whether the sea was the original location
of all the bodies similar to marine organisms that are found far from the
sea (the fossils). Since, however, fossils similar to bodies which live in
other means such as the air, freshwater and the earth itself are found
within the terrain, then the general problem should also include these
lithified natural objects which are found as figured stones. “Spinning
and respinning the web of this naturalistic investigation” Steno elaborated the terms of the “universal problem”: “given a body endowed
with a figure and produced according to the laws of nature, find in the
same body the way and the location of its production”. There were
three proposals which summarized and resolved all the uncertain arguments which emerged from the investigation on natural solid bodies
enclosed by nature itself within other solid bodies: 1) between two
solids included one within the other contemporaneity of birth did not
exist; 2) one of them was already solid when the other was still in a fluid
state; 3) two solids with identical morphology and structure were produced in the same fashion and place, independently of the accidental
variations which they sometimes present. Consequently, all fossil bodies
which are overall similar to parts of plants or animals were generated in
the same way and place as the plants and animals which they resemble.
Steno identified three main types of animal and vegetal fossils. The first type
included fossils similar in form and structure, ut ovum ovo, today one
would say like two drops of water, to living forms. Another type was constituted of fossils which differed from present organisms in colour and
weight and which were found as “calcinated” shells. The first two types
were, however, of minor interest with respect to fossils which were similar
to the actual forms only as far as their shape is concerned. Steno included
in this third group, explaining their formation, both plant impressions (figurae plantarum lapidibus inscriptae) and the conchae aereae (external traces),
the lapideae (natural casts) and the marmoreae, cristallinae or other material (models which represented the external morphology of fossils and which
were found to be natural infillings by secondary material of the cavities left
by the shell or the internal cavity of the shell itself).
Among the diverse considerations of an anatomical character put forward to
support the animal origin of shelly fossils (for example the recognition of the
striation of the valves as growth lines), Steno refers fleetingly to the “shell
egg”. Even if he did not go into more detail about this reference, it indicates
that the palaeontological question of the origin of fossils was not isolated
from subjects which solicited biological research in general, the “finding” of
the egg of molluscs and invertebrates, and was proof of the decennial altercation which started both in Italy and abroad between the supporters and
detractors of the spontaneous generation of the “inferior” animals.
146
The question on the nature of fossil in the 16 th and 17 th centuries / La questione della natura dei fossili nel Cinquecento e Seicento
Chiana. Non solo, ma dato che le ossa di elefanti sono di dimensioni maggiori di quelle degli elefanti attuali e i crani fossili dei cavalli
hanno una morfologia diversa dai crani dei cavalli attuali, Stenone li
considera appartenenti a tipi diversi. A queste informazioni anatomiche si aggiungono, secondo il metodo che informa il Prodromus,
le considerazioni sul luogo di reperimento. Queste ossa sono sepolte in terreni sedimentari che si sono formati in presenza di “acquitrini” e che sono composti di “sassi” erosi dai rilievi vicini e trascinati a valle da acque torrentizie. L’inondazione che questi terreni
hanno subito è posteriore al diluvio universale (in quella circostanza
si depositò il primo strato fossilifero del Volterrano –cioè la base
della sequenza sedimentaria di riempimento del Graben di
Volterra–), ed è stata la causa della morte degli animali che ora vi si
trovano sepolti. Animali che, per essere “diversi” dagli attuali, dovevano provenire da altri luoghi. La localizzazione cronologica dell’evento è data dalla storia che è a sostegno dell’interpretazione geologica e paleontologica della questione. Nel 217 a.C., Annibale raggiunge il Trasimeno ma scendendo dai monti fesolani, durante un’inondazione della già paludosa piana d’Arezzo, perde i suoi enormi
elefanti e i suoi cavalli africani (in effetti l’Equus Stenonis) che
rimangono sepolti nel luogo del loro attuale ritrovamento.
L’interpretazione di Stenone è tutt’altro che ingenua: dalla scala
biblica dei tempi geologici, la sola disponibile in età stenoniana, e
dal materiale osservativo di cui dispone egli ricava una convergenza
di informazioni geologiche, paleontologiche e biologiche che trovano il supporto cronologico nei documenti della storia umana poiché
quella del mondo vivente non esiste ancora e quella della Terra sta
cominciando con lui.
The fossil question came then to a conclusion with the considerations on
the fossil remains of vertebrates. Steno knew that for some time bones of
large vertebrates had been recognised, and attributed mainly to human
giants. While not denying that men of exceptional size could have existed, Steno pointed out first of all that frequently that attribution was erroneous. He was extremely competent in anatomy (obviously also zoology)
and easily identified scapulae, femurs, teeth and skulls of considerable
dimensions found in the terrains of the Val d’ Arno and the Val di Chiana
as remains of horses and elephants. As the elephant bones were of greater
dimensions than those of present day elephants and the fossil skulls of
horses had a diverse morphology than those of actual horses, Steno considered them as belonging to diverse types. He added to this anatomical
data, according to the method outlined in the Prodromus, considerations
about the collecting location. These bones were buried in sedimentary
terrains which were formed in the presence of “swamps” and are composed of “stones” eroded from nearby reliefs and dragged to the valley by
torrential waters. The flood which these terrains had suffered was later
than the Deluge and caused the death of the animals which now were
found buried. Animals which, in being “diverse” from the actual animals,
had to come from other locations. The chronological placement of the
event was given by history, which supported the geological and palaeontological interpretation of the question. In 212 B.C. Hannibal reached the
Trasimeno but while descending from the Fesolani Mountains during a
flooding of the already marshy Arezzo plain, he lost his large elephants
and his African horses (in reality the Equus Stenonis) which remained
buried in the place where they are found today.
Steno’s interpretation was all but naïve: from the “biblical” scale of geological times, the only one available to him at that time, and from the
Fig. 4.18 – Title page of La vana speculazione (1670) by Scilla / Frontespizio de La vana speculazione (1670) di Scilla (BUB; foto Vai)
147
Nicoletta Morello
Il problema dei fossili e la soluzione di un pittore: uno studio di paleontologia regionale
observation data available to him he derived a convergence of geological,
palaeontological and biological information which found a chronological
support in the documents of human history as that of the living world did
not yet exist and that of the Earth was just beginning with him.
La risposta che Scilla invia alla Lettera missiva di Buonamico lo impegna per circa tre mesi ma la stesura per la stampa richiede più di un
anno. La Vana speculazione disingannata dal senso, Lettera responsiva
–pubblicata con questo titolo nel 1670 (Fig. 4.18)– è accompagnata da
un apparato iconografico, disegnato dallo stesso Scilla, che, nelle intenzioni dell’autore, deve convincere attraverso gli occhi ogni lettore della
validità delle ragioni addotte in favore della natura animale di glossopetre e fossili marini.
Scilla è un pittore di professione, che come tutti gli artisti ha imparato il mestiere a bottega, che non conosce il latino perché non ha
fatto l’università ma che sa esprimere nel disegno tutta la ricchezza
descrittiva colta da un occhio esercitato a leggere i dettagli della
natura. A questa sua qualità espressiva, accompagna una notevole
capacità di organizzazione della trattazione scientifica, ancorché in
forma di lettera, maturata probabilmente attraverso gli scritti di
numismatica, conoscenza nella quale è particolarmente versato. Non
poco hanno influito sulle sue scelte intellettuali sia le amicizie con
naturalisti come Paolo Boccone e gli accademici della Fucina –uno
dei più prestigiosi cenacoli della vita culturale siciliana– che discutono dei problemi scientifici del momento, sia gli stessi sviluppi
recenti dell’indagine geologica e paleontologica che privilegiano la
ricerca di campagna e lo studio descrittivo e sistematico dei fossili. I
terreni dei dintorni di Messina offrono a Scilla un ricco materiale
d’osservazione che fa della Vana speculazione uno dei primi contributi del XVII secolo che affrontano la questione dei fossili in base a
considerazioni tratte prevalentemente dall’esame di una fauna fossile locale.
The problem of fossils and the solution of an artist: a study of regional
palaeontology
The reply sent by Scilla to Buonamico’s Lettera missiva kept him occupied for about three months, and the final version for more than one
year. The Vana speculazione disingannata dal senso, Lettera responsiva
–published with this title in 1670 (Fig. 4.18)– was accompanied by a set
of illustrations drafted by Scilla himself, which in the author’s intentions, should validate the reasons adopted in favour of the animal
nature of the glossopetre and marine fossils.
Scilla was a painter by profession and like all artists had learned his
skills as an apprentice in a master’s studio. He had no knowledge of
Latin as he had never attended university but he could express in a
drawing all the descriptive richness seen by an eye trained in reading the
details of nature. Together with this expressive quality he had a remarkable ability for the organisation of scientific arguments, still in the form
of letters, matured probably through numismatic writings in which he
was particularly versed. His intellectual choices were certainly influenced by his friendship with naturalists such as Paolo Boccone and the
academics of the Fucina –one of the most prestigious cenacles of
Sicilian cultural life– who discussed the current scientific problems, as
well as by the recent developments of the geological and palaeontological investigations which stressed field research and the descriptive and
systematic study of fossils. The terrains in the surroundings of Messina
Fig. 4.20 – The Brissus Scillae / Il Brissus Scillae
Fig. 4.19 – Plate of glossopetre drawn by Scilla (1670) / Tavola delle glossopetre disegnata
da Scilla (1670)
148
The question on the nature of fossil in the 16 th and 17 th centuries / La questione della natura dei fossili nel Cinquecento e Seicento
Lo spunto è dato ancora una volta dalle glossopetre di Malta (Fig. 4.19),
accanitamente difese da Buonamico come pietre. Diversamente da
Colonna e Stenone, però, Scilla le studia sia come singoli individui, sul
terreno e a tavolino, con l’uso della lente di ingrandimento, sia come
elementi di associazioni mescolate, come si presentano le orictocenosi
di cui si occupa.
L’ottima conoscenza della fauna ittica mediterranea, acquisita attraverso numerose dissezioni anatomiche di invertebrati marini, e le analisi
molto accurate dei fenomeni di fossilizzazione gli consentono di mettere a fuoco come problema centrale della paleontologia non tanto le
diverse possibilità di conservazione dei resti organici quanto piuttosto i
fenomeni che ne operano la deformazione dopo il seppellimento o che
intervengono a modificare l’originaria associazione di specie viventi
autoctone (biocenosi). Fenomeni connessi ai processi che localmente
operano la compattazione dei sedimenti e agli eventi che operano il trasporto di resti da altri biotopi.
Scilla apre così all’indagine paleontologica argomenti mai trattati in precedenza (se si esclude Leonardo, v. Vai, cap. 10, in questo vol.) e al contempo specifica il legame che intercorre tra fossili e sedimenti e contribuisce ad allentare il vincolo all’identità morfologica e all’identità tra
biocenosi e orictocenosi necessario per sostenere la natura organica dei
fossili in alternativa alle teorie petrografiche e all’ipotesi fondate sul
diluvio universale.
La dissomiglianza in entrambi i casi trova la sua giustificazione nel
comportamento stesso della natura. Attraverso uno studio di
paleontologia descrittiva della fauna fossile locale basato sul criterio dominante del confronto morfologico, Scilla non solo riconosce
specie alloctone ma ne individua di nuove (come ad es. il Brissus
chiamato poi B. Scillae) (Fig. 4.20). Inoltre, ponendo l’accento sui
fossili come conservazioni o alterazioni operate dal tempo dalla cui
distruzione sono sfuggiti –“scherzi del tempo e non di natura”–,
libera una volta di più i fossili dall’associazione ad un unico e specifico evento, tantomeno catastrofico, che potrebbe giustificare le
associazioni mescolate. La presenza di forme “straniere” associate a
specie fossili locali si spiega con il trasporto di animali già morti che
correnti marine hanno operato da luoghi lontani fino alle località
dove poi si sono seppelliti e conservati. I processi, che dal seppellimento al reperimento conservano i resti organici in successione nel
tempo e secondo i modi della natura, imprimono anche sul fossile
conservato le modificazioni che si producono nel sedimento e che
ne alterano meccanicamente la morfologia. La figura deformata
degli echinidi della tavola XXVI (Fig. 4.21) illustra la mutata posizione originale delle piastre del dermascheletro che hanno subito la
pressione e lo stiramento del sedimento e ne hanno assecondato la
direzione.
Tutti i fenomeni paleontologici, che assumono un ruolo privilegiato
nella ricerca di Scilla, avvengono sulla sfondo di un processo di sedimentazione che appare continuo nel tempo: la loro durata non suggerisce né la cronologia biblica né tempi lunghissimi ma mette l’accento
sugli effetti del tempo sulle cose.
Se l’occhio è strumento di visione al contempo retinica e epistemica, è
con questa duplice funzione che guida anche la mano che disegna l’apparato iconografico posto a corredo del testo. Le 28 tavole de La vana
speculazione sono una sintesi della concezione di Scilla dei fenomeni
paleontologici e un esempio dell’importanza che attribuisce alla comunicazione scientifica non verbale: esse svolgono la funzione vicariante
della collezione originale (di cui parte è oggi all’Ashmolean Museum di
Oxford) e, in molti casi, anche di una nomenclatura e di un linguaggio
scientifici (per di più in lingua volgare) ancora inadeguati a soddisfare
esigenze descrittive raffinate.
Non bisogna dimenticare che Scilla è un rappresentante della ricerca paleontologica che, negli ultimi decenni del XVII secolo, prende
le distanze dalla formulazione di teorie generali e sistemi universali
e si va specializzando, rendendosi autonoma da altri ambiti del sape-
provided Scilla with a rich observation source which made of the Vana
speculazione one of the first contributions of the 17th century to discuss
the question of fossils on the basis of considerations taken prevalently
from the examination of a local fossil fauna.
The impetus was once again given by the Maltese glossopetre (Fig.
4.19), doggedly defended by Buonamico as stones. Differently to
Colonna and Steno, however, Scilla studied them both as single specimen, in the field and at his desk with the use of a magnification lens,
and as elements of mixed associations, as they were found within the
orictocenosi that contained them.
His great knowledge of the Mediterranean fish fauna, acquired through
numerous anatomical dissections of marine invertebrates and the very
detailed analyses of fossilisation phenomena, allowed him to pose as the
central problem of palaeontology not much the diverse possibilities of
preservation of organic remains but rather the phenomena which
caused their deformation after burial or which intervened in modifying
the original association of the autochthonous living species (biocoenosis). Phenomena connected to processes, which locally caused the compaction of sediments, and to events, which caused the transport of the
remains from other biotopes.
Scilla thus introduced arguments that had never been treated previously by palaeontological investigation (with the exception of Leonardo,
see Vai, ch. 10, this vol.) and at the same time specified the links
between fossils and sediments and loosened the bond to morphological
identity and the identity between biocoenosis and orictocenosi necessary
for supporting the organic nature of fossils as an alternative to the petrographic theories and the hypotheses based on the Deluge.
The dissimilarity in both cases found justification in the behaviour of nature
itself. Scilla not only recognised allocthonous species but he described new
species (such as Brissus later called B. scillae) (Fig. 4.20) through a descriptive palaeontological study of local fossil fauna based on the dominant criteria of morphological comparison. In addition, by considering fossils as
preserved or altered material which has escaped the ravages of time –“tricks
of time and not of nature”– he liberated them from the association with a
unique and specific event, anything but catastrophic, that could justify the
mixed association. The presence of “strange” forms associated with local
fossil species was explained by the transport of already dead animals which
marine currents brought from distant locations to the locality where they
were then buried and preserved. Meanwhile the processes, from the burial
to the finding of the fossils, which preserved the organic remains in succession in time and according to the ways of nature, imprinted on the preserved fossils the modifications which had been produced in the sediment
and which had meccanicamente altered the morphology. The deformed
shape of the echinoids in plate XXVI (Fig. 4.21) illustrated the mutated
original position of the plates of the dermaskeleton which was subjected to
the pressure and contraction of the sediment and which had deformed
along the same direction.
All the palaeontological phenomena, which assumed a preferred role in
Scilla’s research, act on the background of a sedimentation process
which appears to be continuous in time: their duration does not suggest
either the biblical chronology nor long time periods, but places the
emphasis on the effects of time on things.
If the eye was the instrument of vision being at the same time retinic and
epistemic, it was this double function that also guided the hand that
drew the set of illustrations completing the text. The 28 plates of the La
vana speculazione were a synthesis of Scilla’s conceptions of palaeontological phenomena and an example of the importance which he attributed to non-verbal scientific communication: they carried out the substitutive function of the original collection (part of which is today in the
Ashmolean Museum in Oxford) and, in many cases, of a nomenclature
and scientific language (mostly in vernacular) still inadequate in satisfying refined descriptive requirements.
It should not be forgotten that Scilla was a representative of a palaeontological research which, in the last decades of the 17th century, distanced
149
Nicoletta Morello
itself from the formulation of general
theories and universal systems and
became specialised, rendering itself
independent from other fields of
learning – with which it interacted –
by fieldwork, studies of collections
and printed works which illustrated
them with a set of drawings. La vana
speculazione and Scilla himself were,
more generally, expressions of the
situation of naturalistic investigations in Italy at the end of the 17th
century when the majority of the universities did not yet know how to
gather and evaluate the patrimony of
knowledge that the naturalistic studies were constructing as an alternative to the great philosophical systems; what were the pathways along
which these studies developed,
which centers, personages, cultural
and social roots, what was the effect
of this growing discipline on the official science and what was the value
of their diffusion by institutions
other than universities (Battistini;
Vai, ch. 10, this vol.).
re –con i quali pure interagisce–
attraverso il lavoro di campagna e
lo studio delle collezioni e delle
opere a stampa che le illustrano
anche con notevoli corredi iconografici. La vana speculazione e lo
stesso Scilla sono, più in generale,
espressione della situazione dell’indagine naturalistica nell’Italia
della fine del Seicento, situazione
che mostra come la maggior parte
delle università non sappiano
ancora accogliere e valorizzare il
patrimonio di conoscenze che gli
studi
naturalistici
stanno
costruendo in alternativa ai grandi
sistemi filosofici; quali siano i percorsi lungo i quali queste ricerche
si sviluppano, quali le sedi, i personaggi, le radici culturali e sociali, quale l’incidenza di queste
discipline nascenti sulla scienza
ufficiale e il valore della loro diffusione operata dalle istituzioni
alternative
alle
università
(Battistini; Vai, cap. 10, in questo
vol.).
Palaeontological novelties: new questions and cautious answers at the end
of the 17th century
Novità paleontologiche: nuove
domande e caute risposte in fine
XVII secolo
Among the many consequences of Fig. 4.21 – Effects of diagenesis on fossils: the echinus of plate XXVIII in Scilla Tra le molteplici conseguenze degli
the new lines of naturalistic and also (1670) / Effetti della diagenesi sui fossili: l’echino della tavola XXVIII di Scilla (1670) orientamenti della ricerca naturalistica anche paleontologica di cui
palaeontological research discussed (BUB; foto Vai)
s’è detto, meritano di essere accennate le considerazioni sviluppate in
above, it is worth mentioning the considerations developed following a
seguito ad una lunga serie di ritrovamenti di fossili al volgere del
long series of fossil findings at the turn of the 17th century, as they
Seicento, che riaprono in termini rinnovati la secolare questione e che
reopened in renewed terms the century-old question and provided reaoffrono motivi di riflessione scientifica anche ai secoli successivi. Il
sons for scientific reflection also in the successive centuries. The new
nuovo enigma è l’interpretazione dei fossili privi di analoghi viventi
enigma was the interpretation of fossils without a known living ananoti e, non raramente, dotati di una morfologia che sfugge all’identilogue and having frequently a morphology which escaped identification
ficazione mediante i caratteri diagnostici che definiscono, a fine
using the diagnostic characters which defined, at the end of the 17th cenSeicento, i raggruppamenti della classificazione del mondo vivente.
tury, the groupings of the classification of the living world.
Sono, queste, le “strane”, “bizzarre creature” che, nonostante gli sforzi
These were the “strange”, “bizarre creatures” which, despite the efforts
dei naturalisti, non trovano una precisa collocazione nella griglia sisteof the naturalists, did not find a precise collocation within the systemmatica che rappresenta la catena dei viventi e che, pertanto, sono forme
atic grid which represented the chain of living organisms and which
conosciute solo attraverso i loro resti fossili. Conclusione inaccettabile
consequently, had to be considered forms only known from their fossil
in quanto implica la sparizione di parte della creazione animale, evento
remains. An unacceptable conclusion, as it implied the disappearance
non previsto neppure come conseguenza della catastrofe diluviale. La
of part of the animal creation, an event that had not been predicted
spiegazione generalmente adottata è di tipo zoologico e trova nella
even as a consequence of the Deluge catastrophe. The explanation genmigrazione delle specie la riposta al dilemma: questi animali, proprio in
erally adopted was of a zoological type and found the answer to the
conseguenza del diluvio, hanno mutato habitat spostandosi a vivere in
dilemma in the migration of species: these animals, as a result of the
luoghi ancora inesplorati o inaccessibili all’osservazione, come i fondi
Deluge, had changed habitat, transferring to live in places still unexoceanici.
plored and inaccessible to observation, such as the bottoms of the
A differenza dei fossili “facili” studiati dagli Italiani, queste forme scooceans.
nosciute sono i fossili difficili di cui tratta –fra altri– Martin Lister
In contrast to “easy” fossils studied by Italians, these unknown forms
(1639-1712) medico, zoologo e geologo inglese. Famoso malacologo,
are the fossili difficili studied among others by Martin Lister (1639noto anche per le sue dissezioni pubbliche di invertebrati, Lister, sul
1712), an English physician, zoologist and geologist. A famous malacolfinire del XVII secolo, si trova a dover affrontare l’interpretazione di
ogist, known also for his public dissections of invertebrates, Lister at the
specie “smarrite” (deperditae). Riconsidera, a questo proposito, l’ipoend of the 17th century had to confront the interpretation of the “misstesi che gli analoghi viventi siano “andati altrove” o che si trovino
ing” (deperditae) species. He reconsidered in this regard the hypothesis
“nelle profondità dell’oceano” ma nessuna delle due lo convince.
that the analogous living organisms had “gone elsewhere” or that they
L’ottima conoscenza dell’anatomia e della fisiologia di questi animali
were to be found in the “depths of the oceans” but neither of the two
150
The question on the nature of fossil in the 16 th and 17 th centuries / La questione della natura dei fossili nel Cinquecento e Seicento
gli impedisce di accettare, perché
theories convinced him. His great
contrario alla “fede nella natura”,
knowledge of the anatomy and
la migrazione in zone che non
physiology of these animals preventoffrono né le condizioni ambientali
ed him from accepting, as it was
né il nutrimento necessari alla loro
contrary to the “beliefs in nature”,
vita. Due altre spiegazioni sono a
the migration to areas which neither
suo avviso possibili. Una, secondo
offered the environmental condila quale le acque diluviali avrebbetions nor the food necessary for
ro ucciso gran parte degli animali
their life. Two other explanations
acquatici. Si tratta di una estinziowere possible in his opinion. One,
ne che egli concepisce parziale,
according to which the Diluvial
limitata cioè a quelle sole specie
waters would have killed the majormarine o d’acqua dolce che si sono
ity of aquatic animals. An extinction
trovate in un fluido dalle caratteriwhich he thought of as partial, limstiche limitanti le specifiche esigenited to only those marine or freshze di vita. Questa spiegazione, che
water species which happened to be
non contraddice la pagina sacra e
in a fluid with characteristics which
che richiede la preliminare indivilimited the specific requirements for
duazione della natura delle acque
life. This explanation which did not
diluviali, implica, però, una nuova
contradict the sacred pages and
creazione parziale dato che le spewhich required the preliminary
cie perite per ipotesi nel diluvio
identification of the nature of the
hanno comunque ripopolato lo
Deluge waters implied, however, a
stesso ambiente post-diluviale. Ma
new partial creation as the species
una seconda creazione contrasta
which perished according to the
con il dettato biblico. Cosicché
Deluge hypothesis then repopulatLister l’abbandona. La seconda
ed the same post-Deluge environipotesi è che queste “strane creatument. But a second creation did not
re” siano da considerarsi lapides sui
agree with the biblical statements.
generis, almeno fino alla scoperta
Thus Lister abandoned it. The secdell’analogo vivente ed è così che le
ond hypothesis was that these
Fig. 4.22 – English trilobites: the Dudley fossils by Lyttelton (1752) / I trilobiti inglesi: i
classifica nei suoi scritti.
“strange creatures” were to be con- Dudley fossils di Lyttelton (1752)
La scelta di Lister non rimane
sidered as lapides sui generis, at least
senza adesioni. Circa una decina d’anni dopo, nel 1698, un suo
until the discovery of an analogous living organism and it is thus that he
amico naturalista e collezionista, Edward Lhwyd (1660-1709),
classified them in his writings.
trova, nei pressi di Llandilo, nel Carmarthenshire (in un terreno
Lister’s choice was not without followers. In 1698, about ten years later, one
dell’Ordoviciano), una grande quantità di figured stones che in
of his naturalist and collector friends, Edward Lhwyd (1660-1709), found
parte must be referred to the skeleton of some flat fish, in parte sono
a great quantity of figured stones near Llandilo in Carmarthenshire (in
del tutto incomprensibili. La scoperta è comunicata a Lister in una
Ordovician terrain) which in part must be referred to the skeleton of some
lettera pubblicata nelle Philosophical Transactions (1698). Con queflat fish but in part are also completely incomprehensible. The discovery
sta lettera, Lhwyd, che ha fatto disegnare e riprodurre i fossili nella
was communicated to Lister in a letter published in the Philosophical
tavola che accompagna l’epistola, vuole sollecitare Lister e altri
Transactions (1698). In this letter Lhwyd, who had the fossils drafted and
studiosi a identificare queste pietre, inconsuete e toto genere new.
reproduced in the plate which accompanied the letter, wanted to urge
Non si conosce la risposta di Lister ma non è improbabile che la
Lister and other scholars to identify these unusual stones and toto genere
sua scelta abbia influenzato anche l’amico, perché i trilobiti di
new. Lister’s reply is not known but it is not improbable that his choice also
Lhwyd (poiché di trilobiti si tratta), probabilmente i primi conoinfluenced his friend as Lhwyd’s trilobites (for trilobites they were), probasciuti, sono elencati nel Lithophilacium Britannicum (1699) tra i
bly the first to be recognised, are listed in the Lithophilacium Britannicum
lapides sui generis.
(1699) among the lapides sui generis.
I primi ritrovamenti di trilobiti e di fossili “difficili” negli ultimi anni del
The first findings of trilobites and “difficult” fossils in the last years of the
Seicento (Fig. 4.22), pur sollecitando un’apparente rivivescenza di spieseventeenth century (Fig. 4.22) as well as soliciting an apparent revival of
gazioni dai toni regressivi, stimolano ulteriormente la ricerca di campaexplanations of a regressive tone, additionally stimulated research in the
gna e aprono la paleontologia a nuove riflessioni sulla natura e i suoi
field and introduced into palaeontology new reflections on nature and its
fenomeni. Queste novità, le diverse risposte date alla questione dei fosphenomena. These novelties, the diverse answers to the fossil problem
sili e le domande che, nuove o rinnovate, affiorano su questo enigma
and the questions which, being both new and revived, emerged from this
della natura, sono uno dei percorsi che portano poi, nel corso dei secoenigma of nature were one of the pathways which then lead, over the folli successivi, all’elaborazione di quegli insiemi definiti di dati osservatilowing centuries, to the elaboration of these as a whole, defined by observi e spiegazioni razionali che sono alla radice delle pagine dei nostri tratvation data and rational explanations which form the root of the pages of
tati di paleontologia generale.
our treatises on general palaeontology.
Nicoletta Morello, Dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea,
Università di Genova, Via Balbi 6, I-16126 Genova, e-mail [email protected]
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