CITAZIONI MENANDREE IN PLUTARCO. A PROPOSITO DI UNA CONTRADDIZIONE SUL TEMA DELL’ e)/rwj: PLUT., AMAT. 763B – FR. 134 SDB. (Peri\ e)/rwtoj) FRANCESCO BECCHI Università degli Studi di Firenze Attraverso il De audiendis poetis e i libri V e VII delle Quaestiones convivales, che non sono scritti di poetica, ma di pedagogia l’uno e di contenuto miscellaneo gli altri, è possibile ricostruire quelli che sembrano costituire i tratti essenziali della critica estetica del Cheronese. L’arte poetica per il Cheronese non si fonda sulla verità, ma sulla mimesi, che per P. perde quel “carattere di colpevole perversione”1 di ascendenza platonica, in quanto risponde ad un’esigenza connaturata allo spirito dell’uomo. La poesia dunque, in quanto arte imitativa, la cui efficacia dipende dalla sua forza di persuasione, non è soltanto imitazione a)nqrw/pwn, come per Platone2, ma innanzi tutto h)qw=n kai\ bi/wn3, come per Aristotele4. Questa natura imitativa della poesia, che separa il piano estetico da quello pedagogico, permette di comprendere il carattere principale dell’arte poetica, che per P. non è rappresentato dalla finalità paideutica, come credono Plebe5 e Valgiglio6 e, sulla loro scia, più di recente, Di Florio7. Il riconoscimento della funzione paideutica che la poesia è in grado di esercitare sotto la guida di un buon maestro, così da trasformarsi in una sorta di propedeutica alla filosofia o “prefilosofia”, non significa che il compito primario che P. le assegna sia quello di insegnare h)/qh kai\ pa/qh kai\ pra/ceij8, ma 1 G. Arrighetti, Poeti, eruditi e biografi. Momenti della riflessione dei Greci sulla letteratura, Pisa 1987, p. 159. 2 Su Platone e la mimesis vd. Arrighetti, op. cit., p. 152 ss. 3 Plut., aud. poet. 26A: ...a)ll’ e)kei=no ma=llon oi)e/sqw, mi/mhsin eiÅnai th\n poi/hsin h)qw=n kai\ bi/wn kai\ a)nqrw/pwn... 4 Arist., Poet. 1450a 15 ss. A. Plebe, La teoria del comico da Aristotele a Plutarco, Torino 1952, pp. 102-112. 6 Plutarco, De audiendis poetis. Introduzione, testo, commento, traduzione a c. di E. Valgiglio, Torino 1973, p. XII. 7 M. Di Florio, (articolo in corso di stampa). 8 Plut., aud. poet. 18B. Cf. Valgiglio in: Plut., De audiendis poetis, op. cit., p. 111. 5 KOINÒS LÓGOS. Homenaje al profesor José García López E. Calderón, A. Morales, M. Valverde (eds.), Murcia, 2006, pp. 81-92 82 FRANCESCO BECCHI quello di procurare piacere9 e ammirazione attraverso questa mimesi10, trasmettendo xa/rij e te/ryij e soddisfacendo piaceri che sono innati nell’animo dell’uomo. P. sembra così prendere le distanze dalla condanna pronunciata da Platone contro la mimesi ed avvicinarsi alle posizioni di Aristotele, riconoscendo il duplice effetto della poesia, il piacere catartico della mimesi11 e l’utilità che viene dalla conoscenza12. Per P., per il quale il fine primario della poesia è rappresentato dal piacere, il dissidio platonico tra filosofia e poesia sembra superato e non mancano esempi di poeti come Pindaro, Euripide e Menandro13, che con i loro versi hanno saputo coniugare il dilettevole con ciò che è moralmente utile, dando vita ad una poesia capace, per dirla con le parole di P., di “purificare con l’acqua pura della ragione l’orecchio sporco di salmastro”14, procurando così h/donh\n o(mou= kai\ w)fe/leian15. Anche il successo che il dramma menandreo sembra riscuotere al tempo di P.16, con letture nei simposi17 e rappresentazioni nei teatri18, dove richiama anche un pubblico d’élite19, è da mettere in relazione soprattutto con la xa/rij e la te/ryij che la commedia menandrea è in grado di comunicare. Infatti, l’ammirazione di P. per Menandro non si limita alla correttezza dell’espressione20 e alla grazia dello stile (le/cij h(de/i=a kai\ 9 10 11 Sul tema della h(donh/ o to\ te/rpon vd. Plut., aud. poet. 14F, 15F, 16A, 16BC, 18AC. Plut., aud. poet. 18A (h(do/meqa). Per l’effetto catartico esercitato dalla mimesi vd. Plut., quaest. conv. V 673C: PROBLHMA A: Dia© ti/ tw=n mimoume/nwn tou\j o)rgizome/nouj kai\ lupoume/nouj h(de/wj a)kou/omen, au)tw=n de\ tw=n e=n toi=j pa(qesin oÓntwn a)hdw=j. 12 P. sembra concordare con lo Stagirita nell’individuare la du/namij dell’arte poetica, riconoscendo assieme alla conoscenza il piacere che la mimesi procura. Sull’h(donh/ e la ma/qhsij prodotta dalla mi/mhsij vd. Arist., Poet. 48b 6-7: tou/tw diafe/rei < o( a/)nqrwpoj > tw=n a)/llwn z%/wn o(/ti mimhtikw/tato/n e)sti. 13 Plut., quaest. conv. 706D, 712D; glor. Ath. 347EF. Plut., quaest. conv. 627F, 706D, 711D; esu carn. 997F-998A. Cf. Pl., Phdr. 243d; Eur., Hyppol. 653-655. 15 Plut., quaest. conv. VII 712B. Cf. Pl., R. 607d 8. 16 Plut., quaest. conv. V 673B, VII 712B; cf. [Plut.], comp. Aristoph. et Men. 854A-854AB: (O de\ Me/nandroj meta\ xari/twn ma/lisq’ e(auto\n au)ta/rkh pare/sxhken, e)n qea/troij, e)n diatribai=j, 14 e)n sumposi/oij... 17 Plut., quaest. conv. VII 712BC: <sc. h( ne/a kwm%di/a> ou(/tw ga\r e)gke/kratai toi=j sumposi/oij w(j ma=llon a)\n oi)/nou xwri\j h)\ Mena/ndrou diakubernh=sai to\n po/ton...e)p’ ou)de\n a)\n pepoih=sqai do/ceien a)ll’ h)\ pepwko/twn kai\ diakexume/nwn h(donh\n o(mou= kai\ w)fe/leian. Cf. [Plut.], comp. Arist. et Men. 854B: )En de\ sumposi/oij ti/ni dikaio/teron h( tra/peza paraxwrei= kai\ to/pon o( Dio/nusoj di/dwsi; 18 Plut., vit. pud. 531B; quaest. conv. VII 711E-712D; [Plut.], comp. Arist. et Men. 854B: Po/te de\ qe/atra pi/mplatai a)ndrw=n filolo/gwn, [h)\] kwmikou= prosw/pou deixqe/ntoj; 19 Plut., quaest. conv. V 673B (Kai\ mi/moij kai\ h)qolo/goij kai\ toi=j Me/nandron u(pokrinome/ noij). Cf. [Plut.], comp. Aristoph. et Men. 854AB. 20 Plut., aud. poet. 25A. Per la preferenza accordata a Menandro per il suo stile variegato, ma sempre rispettoso della convenienza (to\ pre/pon), che lo rende adatto a tutte le nature, caratteri e le età vd. [Plut.], comp. Aristoph. et Men. 853DE: Me/nandroj ou(/twj e)/mice th\n le/cin, w(/ste pa/s$ kai\ fu/sei kai\ diaqe/sei kai\ h(liki/# su/mmetron eiÅnai... CITAZIONI MENANDREE IN PLUTARCO. A PROPOSITO DI UNA CONTRADDIZIONE SUL TEMA DELL’... 83 pezh/) che accompagna l’azione21 e la rende fruibile ad un vasto e qualificato pubbli- co di spettatori e lettori22, ma si estende alla piacevolezza e all’eleganza dei soggetti trattati, alla rappresentazione di caratteri e)pieikh= kai\ fila/nqrwpa23 e di sentimenti che risultano adatti ai personaggi24, alla presenza di gnwmologi/ai te xrhstai\ kai\ a)felei=j, che fanno della commedia menandrea una felice combinazione di elementi seri e scherzosi (h(/ te th=j spoudh=j pro\j th\n paidia\n a)na/krasij)25, per usare le parole dell’A. della Comparatio che, se non è P., sembra comunque rifletterne il pensiero. L’esaltazione poi della commedia menandrea come il soggetto più bello che la cultura greca abbia prodotto26, è l’espressione di un’ affinità spirituale che lega i due autori e si manifesta principalmente nell’ottimismo e nella fiducia con cui ambedue guardano alla vita dell’uomo. Esiste tra i due autori una precisa consonanza di ideali, primo fra tutti quello, fondato sulla paidei/a e finalizzato alla formazione di un hÅqoj virtuoso27. Con Menandro P. condivide anche la concezione di una felicità che non dipende dal possesso di beni esterni, ma fondata su una correttezza di ragionamento28; l’importanza del ruolo che nella vita dell’uomo svolgono il nouªj e la saggezza29, gli unici veri antagonisti dell’onnipotenza di tyche; l’esaltazione della bellezza di sentimenti quali la fili/a, la filanqrwpi/a e l’ e)/rwj30. Non desta quindi meraviglia che Menandro risulti tra i poeti più ricordati dal Cheronese con trentaquattro citazioni31, di cui alcune riportate in più di uno scritto: 21 Plut., quaest. conv. VII 712B; cf. [Plut.], comp. Arist. et Men. 853DE, 854B (decio/thj lo/gou...meta\ peiqou=j). L’importanza che P. (aud. poet. 33E) assegna alla lingua e allo stile è giustificato dal fatto che il discorso rappresenta lo strumento di persuasione più conveniente all’uomo, di cui dispone la virtù. 22 Plut., quaest. conv. VII 712C; vd. [Plut.], comp. Arist. et Men. 854BC : Filoso/foij de\ kai\ ϕilolo/goij (Witt. ϕilopo/noij codd.), w(/sper o(/tan oi( grafei=j e)kponhqw=si ta\j o)/yeij, e)pi\ ta\ a)nqhra\ kai\ pow/dh xrw/mata tre/pousin, a)na/paula tw=n a)kra/twn kai\ sunto/nwn e)kei/nwn Me/nandro/j e)stin... 23 Plut., quaest. conv. VII 712D. Plut., aud. poet. 19A. Vd. [Plut.], comp. Arist. et Men. 853DE. 25 Plut., quaest. conv. VII 712B. 26 [Plut.], comp. Arist. et Men. 854AB. 27 Plut., aud. poet. 19A, 21C, 34C. 28 Plut., aud. poet. 34C = Men., Fr. 111, 1 K.-A.; tranq. an. 466B = Men., Kithar. 1 , 471B = Men., Fr. 219, 4-7. 29 Plut., virt. mor. 450C = Men., Fr. 604 K.-A.; tranq. an. 475B = Men., Epitr. 9; cup. divit. 524E = Plat. quaest. 999D = Men., Fr. 889 K.-A. (kaqa/per Me/nandroj ‘ o( nou=j ga\r h(mw=n o( qeo/j’); 30 Per la coppia eterosessuale come la più naturale vd. Men., Fr. 572. Cf. Plut., quaest. conv. VII 712C. 31 Per le corrispondenze dei Frammenti menandrei nell’opus di P. vd. l’utile lavoro di Di Florio (in corso di stampa), da cui sono partito. 24 84 FRANCESCO BECCHI Menandro Alex. 17, 6 (•) Aud. poet. 19A (•) Aud. poet. 21C (•) Aud. poet. 21C Aud. poet. 25A (•) Aud. poet. 33EF Cf. Praec. ger. reip. 801C Aud. poet. 34C Adulat. 57A (•) Adulat. 57A (•) Adulat. 57A (•) [Cons. Ap.] 103C [Cons. Ap.] 119E Tuend. san. 128A Tuend. san. 133AB (•) Quaest. conv. VII 706B Cf. Sept. sap. conv. 159D Virt. mor. 450C (•) Tranq. an. 466AB Tranq. an. 471B (•) Cf. Virt. et vit. 100E (vv. 4-6) Tranq. an. 474B Tranq. an. 475B Cf. Exil. 599C Tranq. an. 476DE Frat. am. 479C (•) Cf. Amic. mult. 93C (v. 4) Frat. am. 491C (•) Cf. Amic. mult. 95CD Cup. div. 525A (•) Cup. div. 525A Laud. ips. 547C Laud. ips. 547E (•) Quaest. conv. IV 666EF (•) Quaest. conv. VII 706B Cf. Sept. sap. conv. 159D Quaest. conv. VIII 739F Esu carn. 995E (•) Plat. quaest. 999D (•) Stoic. absurd. 1058B Comm. not. 1076C Non posse su. 1102B (•) Fr. 134 Sandbach (Peri\ e)/rwtoj) Cf. Amat. 763B Titolo KasselAustin 598 163 599 600 601 362, 7 Körte 751 185 737 738 739 407, 7 101,1 * * * * * * ― Thais ― ― ― ― * 111,1 * ― ― ― ― ― ― ― ― 842 603 531 125 618 741 * ― 604 742 ― 219, 4-7 251, 4-7 * * ― ― 500,1-3 714,1-3 * * ― ― 256, 4 605 295, 4 743 * ― 606 744 * * Sandbach Colax 2, 3-4 Colax 3 Colax 6 602 Dis. ex. 4 Kithar. 1 Epitr. 9 Mis. 4-5 Mis. 10- 12 ― * * ― ― 607 608 609 745 746 747 Th. 1, 14-15 * * ― ― * ― 611 889 838, 6 670 612 791, 1-8 748 749 614, 6 786 750 568, 1-8 CITAZIONI MENANDREE IN PLUTARCO. A PROPOSITO DI UNA CONTRADDIZIONE SUL TEMA DELL’... 85 Di queste trentaquattro citazioni32, per lo più con esplicitazione del nome dell’A.*, ma quasi sempre senza indicazione della commedia da cui sono tratte, trentatre appartengono ai Moralia ed una alle Vitae (Alex. 17, 6). Di esse ben diciannove sono trasmesse dal solo P. (•)33, che arreca così un notevole contribuito alla conservazione dei testi menandrei34. La citazione menandrea nel contesto plutarcheo risponde in generale ad una precisa esigenza funzionale e segnala una consonanza di idee, anche se non mancano casi in cui il filosofo corregge e modifica il pensiero del poeta35, che nella sostanza mostra di condividere36. Esiste un solo caso in cui la citazione menandrea, stando almeno all’interpretazione vulgata, non risulterebbe funzionale al contesto. Faccio riferimento agli ultimi due trimetri (vv, 7-8) del Fr. 791 K.-A. (= 568 Körte) di Menandro, citati da P. nel cap. 18 dell’Amatorius (763B), un dialogo che Flacelière, nell’introduzione alla sua seconda edizione, definisce “le plus constamment attrayant et vivant de tous ceux que nous a laissés Plutarque, et peut-être aussi le plus révélateur de sa personnalité”37. Due versi particolarmente importanti perché presentano la definizione di “amore” che P., per il quale non è concepibile vero amore senza un dio38, come riconoscono unanimemente i migliori poeti, legislatori e filosofi39, non avrebbe potuto disapprovare. Dell’importanza di questo frammento (791 K.-A.) dimostra di essere ben consapevole il Cheronese, che lo cita integralmente (vv. 1-8) nel Peri\ e)/rwtoj (Fr. 134 Sdb.). Questo assieme all’Amatorius costituiscono i due più importanti scritti composti da P. sul tema dell’ e)/rwj: il primo, dedicato all’analisi di questa passione dell’animo, è da assegnarsi all’epoca più “filosofica”, mentre l’Amatorius è da ascriversi all’epoca “più 32 In questa sede non prendo in esame il problema della manipolazione cui queste citazioni a volte vanno incontro per esigenze di contestualizzazione. 33 Si tratta del contrassegno usato nella Tabella per segnalare le citazioni trasmesse solo da P. 34 A queste citazioni, generalmente inserite nel contesto per delineare un carattere (il soldato fanfarone, l’adulatore) e rappresentare un personaggio (lo Pseudo-Eracle) o illustrare per analogia od opposizione34 il pensiero di P., vanno aggiunte le cosiddette “reminiscenze” menandree: Ant. 6, 3 = Men., Fr. 792 K.-A. (mo/noj e)/st’ a)parhgo/rhton a)nqrw/poij )/Erwj); Fort. 98A = Men., Fr. 682 K.-A. (tuflo/n ge kai\ du/sthno/n e)stin h( tu/xh); Fort. Rom. 318D (cf. quaest. conv. III 654D) = Men., Mis. 1-2; Apopht. 206C = 59, 4 K.; Garr. 513E = Men., Fr. 129 K.-A. (a)grupni/aj lali/staton); Cup. div. 524E = Kithar. 2 (to\ koufo/tato/n se tw=n kakw=n pa/ntwn da/knei, / peni/a. ti/ ga\r tou=t’ e)sti/n; hÂj ge/noit’ a)\n eiÂj / fi/loj bohqh/saj i)atro\j r(#di/wj); Laude ips. 547B = 750 K.-A. (a)peruqria=i pa=j, e)ruqria=i d’ ou)dei\j e)/ti); [Cons. ad Apoll.] 118BC = 874 K.-A. (a)nqrwpi/nwj dei= ta\j tu/xaj fe/rein); Ser. num. vind. 551D = Men., Fr. 187 K. (fqei/rousin h)/qh xrh/sq’ o(mili/ai kakai/); Quaest. conv. IV 671F = 610 K.-A.; Fr. 134, 22ss. Sdb. = Men., Fr. 791, 3 K.-A. 35 Si tratta di quattro casi isolati: Plut., aud. poet. 33EF = praec. ger. reip. 801C; fort. Rom. 318D = quaest. conv. III 654D; tranq. an. 474B; Fr. 134, 22ss. Sdb. = Men., Fr. 791, 3 K.-A. 36 Cf. Plut., aud. poet. 33EF = praec. ger. reip. 801C con aud. 41B; Plut., Fr. 134, 16-17 Sdb. 37 Plutarque, Oeuvres Morales, t. X. Texte établi et traduit par R. Flacelière, Paris 1980, p. 33. 38 Men., Frr. 209 K., 253K. (eiÅt’ ou) me/gisto/j e)sti tw=n qew=n /)Erwj / kai\ timiw/tato/j ge tw=n pa/ntwn polu/;); Plut., amat. 759D, 763A, EF. 39 Plut., amat. 763E: ... koin$= suneggra/fousin ei)j qeou\j poihtw=n oi( kra/tistoi kai\ nomoqetw=n kai\ filoso/fwn. 86 FRANCESCO BECCHI teologica”40, quando il filosofo era ormai diventato anche sacerdote e teologo. Ma, al di là del differente tono che caratterizza i due scritti41, la dottrina alla quale P. fa riferimento per quanto riguarda questo importante sentimento dell’animo sembra la stessa. Infatti, se sul piano filosofico P. prende le distanze tanto da chi, come gli Epicurei, fanno dell’ e)/rwj una passione42, quanto da chi, come gli Stoici, lo riducono alla ragione43, la situazione risulta analoga sul piano teologico dove P. nel precisare che o( tw=n e)rw/ntwn e)nqousiasmo/j non è concepibile senza un dio44, prende le distanze tanto dalla soluzione epicurea45, che esclude qualsiasi intervento divino negli affari umani, quanto da quella stoica che tende a personificare l’amore con la divinità46. Nell’Amatorius P. ― padre del narratore Autobulo e rispettato path\r tou= lo/gou, nel quale occupa il posto d’onore con i suoi numerosi e lunghi interventi da maestro ― dopo aver illustrato la potenza di )/Erwj (762 A: meta\ de\ th\n i)sxu\n tou= )/Erwtoj), passa nei capp. 17 e 18 ad esaminare la benevolenza del dio (762 B: th\n pro\j a)nqrw/ pouj eu)me/neian kai\ xa/rin) e conclude con la dimostrazione del carattere sovrannaturale dell’amore come “entusiasmo” e possessione divina (763 A: <ou)> qeolhyi/a katafanh/j;). La sezione (762 A – 763 B), contraddistinta da una serie di citazioni poetiche (Pindaro, Frinico, Filosseno e Saffo), si apre con una citazione da Euripide e si chiude con una citazione da Menandro, due poeti drammatici che P. definisce esperti nelle cose d’amore (e)rwtiko/j)47. La citazione menandrea, a cui P. affida il compito di chiudere il tema della natura daimo/nioj dell’ e)/rwj, risulterebbe, stando alle moderne interpretazioni, non funzionale al contesto e inserita dal Cheronese in un punto così strategico per affermare da un lato la propria incapacità di comprendere quello che il poeta comico intendesse dire con questi versi e per rilevare dall’altro la mancanza di comprensione da parte di Menandro della natura divina dell’ e)/rwj. Ma quale incapacità di comprendere, se P. nel Fr. 134 Sdb. del Peri\ e)/rwtoj, approva (Fr. 134. 42 Sdb.: euÅ kai\ o)rqw=j) proprio i versi (Men., Fr. 791, 7-8 K.-A. = Plut., Fr. 40 Flacelière in Plutarque, Oeuvres Morales, t. X, op. cit., pp. 9-10. Flacelière in Plutarque, Dialogue sur l’Amour, Annales de l’Université de Lyon, 3a série, Lettres, fasc. 21, p. 36 n. 1: «Mais le ton du fragment, conservé par Stobée, est très different de celui de l’Éroticos; il est beaucoup plus doctoral et abstrait». 42 Plut., amat. 757BC. Cf. Babut, op. cit., p. 456: “Et quand Pemptidès proclame ailleurs qu’ «il est impie d’identifier les dieux à nos passions» (ou)/te pa/qh tou\j qeou\j poiei=n o(/sion), c’est pour approuver les critiques que vient de formuler Plutarque contre Chrysippe, accusé «d’ouvrir la voie» à ceux qui veulent réduire les dieux à personnifier nos passions, nos facultés ou nos vertus”. 43 Cf. Plut., Peri\ e)/rwtoj Frr. 134, 22-23 (cit.); 135 e 136 Sdb.: e)k tw=n Plouta/rxou “ Oti (/ ou) kri/sij o( e)/rwj”. 44 Plut., quaest. conv. VII 759D. 45 Ep., [1] 118, 10 p. 27 Arr.: ou)de\ qeo/pempton eiÅnai to\n e)/rwta. 46 Plut., amat. 751AB: ...h( d’ h(donh\ koino\n kai\ a)neleu/qeron. 47 Plut., amat. 762B (e)rwtiko\j o( Eu)ripi/dhj); quaest. conv. III 654D (e)rwtiko\j a)nh\r Me/nandroj). 41 CITAZIONI MENANDREE IN PLUTARCO. A PROPOSITO DI UNA CONTRADDIZIONE SUL TEMA DELL’... 87 134, 16-17 Sdb.) in cui Menandro manifesta la sua do/ca sull’amore?48 Avrebbe potuto dire semmai di non condividere più il pensiero espresso da Menandro su questo tema, ma non certo di non capirlo. E ancora, come è possibile che a Menandro, che P. definisce “esperto nelle cose d’amore” (e)rwtiko\j a)nh\r Me/nandroj)49 e “massimamente seguace del dio )/Erwj”50, sia sfuggita la natura divina di questo sentimento? Ma procediamo con ordine ed analizziamo i testi: I) nel Fr. 134 Sdb. del Peri\ e)/rwtoj, che è un commento agli otto versi del frammento menandreo (791 K.-A.) sull’origine e la natura dell’amore51, P. è alla ricerca della causa che muove l’amore (Fr. 134. 18-19: tau=ta ti/n’ e)sti\ skeyw/meqa: kai\ ga\r e)/xei ti kroustiko\n kai\ kinhtiko\n ai)/tion <o( e)/rwj...= = amat. 763B: dia\ ti/n’ ai)ti/an) e per questa ricerca (ei)j th\n zh/thsin) ricorre alla testimonianza di Menandro sulla base di tre considerazioni: 1) perché l’ e)/rwj costituisce l’ essenza di tutti i drammi di Menandro; 2) perché Menandro è massimamente seguace del dio Amore (ma/lista qiasw/thn tou= qeou= kai\ o)rgiasth/n); 3) perché Menandro ha parlato della passione d’amore filosofw/teron. P., commentando i versi di Menandro, esclude che la causa dell’amore possa essere la vista della bellezza52 o il piacere della sunousi/a, precisando che questi potrebbero essere i principi (a)rxai/), ma non non la causa della passione che risiede altrove (e)n e(te/roij). Da qui l’esortazione di P. a rivolgere l’attenzione alle parole del poeta e)n oiÂj h)/dh th\n au(tou= do/can a)pofai/netai, con la conclusione che Menandro ha definito euÅ kai\ o)rqw=j questo no/soj dell’animo un kairo/j, cioè “una corrispondenza” d’amorosi sensi offerta del dio. II) nell’Amatorius (763B) dopo aver constatato il fatto che molti vedono lo stesso corpo e la stessa bellezza, ma uno solo, l’innamorato, ne resta conquistato, P., preve- 48 Soprattutto considerando il fatto che P. dissente da quanto il poeta comico afferma nei versi precenti (Men., Fr. 791, 3 K.-A. = Plut., Fr. 134, 12 Sdb.: kri/sin ga\r to\ ble/pein i)/shn e)/xei). Cf. Plut., Fr. 134, 22-40 Sdb. : h( d’ a)po/deicij e)lafra\ kai\ ou)d’ a)lhqh/j: ou) ga\r e)/xei kri/sin < i)/shn > to\ ble/pein... )Alla\ tau=ta me\n e)a/swmen... 49 Plut., quaest. conv. III 654D. Plut., Peri\ e)/rwtoj Fr. 134, 5-6 Sdb. 51 Gli ultimi due di questi otto trimetri sono citati, secondo una prassi consolidata in P., anche nell’Amatorius (763B). 52 Plut., quaest. conv. III 654D (« )/Oyij ga\r h(mi=n ocuta/th tw=n dia\ tou= sw/matoj e)/rxetai, kata\ to\n Pla/twna»); V 681AB: kai\ tw=n e)rwtikw=n…a)rxh\n h( o)/yij e)ndi/dwsin… Sull’o)/yij come a)rxh/ vd. Arist., EN 1167a 4( < sc. a)rxh\ > tou= e)ra=n h( dia\ th=j o)/yewj h(donh/); Ep., Fr. [6] 18, 1-2 p. Arr. (a)fairoume/nhj proso/yewj kai\ o(mili/aj e)klu/etai to\ e)rwtiko\n pa/qoj); Philostr., Ep. 52 (a)po\ tou= o(ra=n e)ra=n). Per gli Stoici (D.L. VII130 = SVF III 716, 718) l’amore è inteso come uno sforzo di procurarsi amicizia tramite la bellezza esteriore (eiÅnai de\ to\n e)/rwta e)pibolh\n filopoii/aj, dia\ ka/lloj e)mfaino/menon). Cf. Plut., comm. not. 1072F-1073A = SVF III 719; Fr. 138 Sdb.: h( ga\r o)/yij labh\ tou= pa/qouj e)sti/. 50 88 FRANCESCO BECCHI nendo l’eventuale domanda del suo interlocutore, si chiede non senza retorica: per quale causa? (dia\ ti/n’ ai)ti/an;). La risposta introduce la citazione menandrea: «ou) ga\r manqa/nome/n ge/ pou tou= Mena/ndrou le/gontoj ou)de\ suni/emen, Kairo/j e)stin h( no/soj yuxh=j, o( plhgei\j d’ † ei)/sw dh\ † titrw/sketai: a)ll’ o( qeo\j ai)/tioj tou= me\n kaqaya/menoj, to\n d’ e)a/saj». Il supplemento (ei)/sw dh/) della lacuna (d’ e) tum spat. vac. 6 litt.) suggerito dallo Xylander sulla base del testo dello Stobeo (4 p. 444 H.), che trasmette il Frammento 134 Sdb. del Peri\ e)/rwtoj, e accolto da Pohlenz (coll. p. 379, 12), da Flacelière nella prima edizione del 195353 e nella seconda del 198054, e da Sandbach55, risulta inaccettabile innanzi tutto per motivi di ordine metrico (spondeo in quarta sede). Pertanto, se si colma la lacuna con il supplemento dello Stobeo è necessario, contrariamente a quanto si è fatto sinora, crocifiggere il testo (d’ † ei)/sw dh\ †), seguendo l’esempio di KasselAustin. L’editore inglese dell’Amatorius, Helmbold56, accoglie, l’integrazione ouÅn e(kw/ n avanzata da Post, mentre Hubert57, l’editore teubneriano, facendo propria la proposta di Wilamowitz, supplisce la lacuna con e<i)/seq’ hÂi>. Nessuna delle numerose proposte avanzate sinora per colmare la lacuna (ei)sbolh=i Bentl., ei)j o(/lhn Pauw, e)/ndoqen D’Orville et Cobet (au)to/qen praefert Meineke), ei)j o(\ dei= Wytt., eiÅj o(di/ G. Hermann, eu)stozi/ai Jacobs, ei)/seq’ hÂi Wil., oiÅden hÂi Papabasileios, ei)j a)kmh\n Sandbach), è apparsa convincente. Passando all’interpretazione, l’ editore francese traduce58: “Non, je ne sais ce que Menandre avait dans l’esprit, je ne le comprends pas, lorqu’il dit de l’amour: «Cette maladie est une crise de l’âme; Celui qu’elle atteint porte une blessure interne». En réalité, c’est le dieu qui est cause de tout: c’est lui qui frappe l’un et épargne l’autre”, e l’editore inglese59: 53 Vd. supra n. 41. Vd. supra n. 37. 55 Plutarch’s Moralia XV (Fragments), edited and translated by F. H. Sandbach, London, Cambridge, Massachusetts 1969, pp. 248-252. 56 Plutarch’s Moralia IX with an English Translation by W. C. Helmbold, Cambridge, Massachusetts, London 1961, p. 390. Helmbold accoglie tra l’altro anche l’ emendamento di h( in $ avanzato nel primo trimetro sempre da Post. 57 Plutarchi Moralia vol. IV recensuit et emendavit C. Hubert, Leipzig 1971, p. 373. 58 Flacelière in Plutarque, Oeuvres Morales, t. X, op. cit., p. 85. 59 Plutarch’s Moralia IX, op. cit., p. 390. 54 CITAZIONI MENANDREE IN PLUTARCO. A PROPOSITO DI UNA CONTRADDIZIONE SUL TEMA DELL’... 89 “For surely we are not instructed by Menander nor do we understand when he says, «It’s malady of mind that turns the scale; Right gladly is the wounded pricked by love»; rather, it is the god that makes the difference by pouncing on one and letting another go free”. Questa interpretazione è stata recepita dagli studiosi moderni. Barigazzi nella sua monografia menandrea, rilevando la difficile interpretazione, dovuta anche al testo non sicuro, degli ultimi due versi del frammento trasmesso dallo Stobeo, nota come lo stesso P. nell’Amatorius confessasse “di non capire quello che il poeta avesse nella mente”60. Più di recente, Frazier61, che all’Amatorius ha dedicato più di un lavoro ed ha in preparazione uno studio monografico su questo importante e complesso dialogo, seguendo, se non nella forma, almeno nella sostanza, l’interpretazione di Flacelière, traduce: “Non, nous ne pouvons comprendre ni concevoir ces vers de Ménandre: «Cette maladie est une crise de l’âme et c’est à l’intérieur qu’est blessé celui qu’elle frappe», c’est le dieu le responsable, qui s’empare de l’un et laisse l’autre”. Queste interpretazioni risalgono tutte, direttamente o indirettamente, consapevolmente o inconsapevolmente, ad un illustre archetipo: la versione latina dei Moralia pubblicata da Xylander a Basilea nel 1570 per i tipi di Thomas Guarino e ristampata a fianco del testo greco dallo Stephanus nelle edizioni francofurtane del 1599 e del 1620, da Reiske (Lipsia 1774-1782) e da Wyttenbach (Oxford 1795-1800) nelle loro rispettive edizioni. Questa la traduzione di Xylander: “Non enim intelligimus Menandrica ista: –— «est morbus opportunitas Animae, quod ictus vulnus accipit grave». Sed in causa est deus, alium tangens, alium praeteriens”. Ora, se questa fosse l’interpretazione corretta dei due trimetri, ne conseguirebbe che il Cheronese di fronte agli stessi versi di Menandro esprime a distanza di tempo due giudizi opposti e contraddittori tra loro, l’uno nel Peri\ e)/rwtoj e l’altro nell’Amatorius. Di questa contraddizione sembra non essersi reso conto Flacelière, che si limita a rilevare come il frammento del Peri\ e)/rwtoj (Fr. 134 Sdb.) contenga una citazione di 60 A. Barigazzi, La formazione spirituale di Menandro, Torino 1965, p. 196. F. Frazier, «L’Érotikos et les fragments sur l’amour de Stobée», in Os Fragmentos de Plutarco e a recepção da sua obra, Coimbra 2003, Humanitas LV (2003), p. 73. 61 90 FRANCESCO BECCHI otto trimetri di Menandro (Fr. 568 K. = 791 K.-A.) che “se termine par les mots Kairo\j ...titrw/sketai”62. Barigazzi invece dimostra di avere consapevolezza del problema e in nota segnala che nel frammento del Peri\ e)/rwtoj P. “approva l’affermazione finale kairo/j e)stin h( no/soj yuxh=j”63. Frazier, che ha il merito di aver richiamato l’attenzione su questa contraddizione, in una comunicazione tenuta al Congresso plutarcheo di Coimbra dal titolo “L’Érotikos et les fragments sur l’amour de Stobée”64, da un lato ripete, come si è accennato, l’interpretazione di Flacelière, secondo cui P. nell’Amatorius non riuscirebbe a capire quello che volesse dire Menandro con i due trimetri kairo\j — titrw/sketai65, dall’altro giustifica la contraddizione con l’assunzione da parte del filosofo di Cheronea di due punti di vista diametralmente opposti, etico nel Peri\ e)/rwtoj e teologico nell’Amatorius. Premetto subito che non credo ad un “renversement de perspective”66 e tanto meno condivido il principio della doppia verità in P., per cui il Cheronese sosterrebbe idee opposte e contraddittorie tra loro, come ritiene Babut67, a seconda che parli “en moraliste” o “en théologicien”, oppure, come vuole Dillon68, a seconda della forma dello scritto (trattato o diatriba), tanto più che nel caso in esame non si tratta di una modificazione di opinione, ma di una incapacità di comprendere quello che il filosofo mostra non solo di aver ben compreso, ma di condividere pienamente (Fr. 134. 42 Sdb.: euÅ kai\ o)rqw=j). La causa di questa incomprensione sembra comunque destinata a restare ignota. Si dovrà pensare alla vecchiaia? considerato che P., stando almeno all’ipotesi avanzata dall’editore teubneriano, non avrebbe portato a termine l’Amatorius causa il sopraggiungere della morte. Credo di no. Personalmente reputo poco credibile, per non dire incredibile e inverosimile, che P., divenuto oltre che filosofo anche sacerdote e teologo, in un dialogo come l’Amatorius, che segna la difesa dell’ e)/rwj eterosessuale su quello pederastico e riconosce il carattere divino di questo sentimento dell’animo, dominato da un impulso superiore ad ogni ragionamento umano69, potesse accusare Menandro, che definisce e)rwtiko\j a)nh/r, cioè “esperto nelle cose d’amore”70 e massimamente seguace del dio Amore (ma/lista qiasw/thn tou= qeou= kai\ o)rgiasth/n)71, di non aver compreso la natura daimo/nioj del 62 Plutarque, Oeuvres Morales, t. X, op. cit., p. 146 (p. 85 n. 3). Barigazzi, op. cit., p. 196 n. 32. 64 Frazier, art. cit., pp. 63-87, in particolare pp. 70-79: “Les deux interprétations divergentes de Ménandre: le frg. 134 et Amat. 18”. 65 Frazier, art. cit., p. 66: “…Plutarque revient au bouleversement de tout l’être si bien exprimé par Sapho, et si mal compris par Ménandre (18. 763B)... ”. 66 Frazier, art. cit., p. 64 sg. 67 D. Babut, Plutarque et le Stoïcisme, Paris 1969, p. 333. 68 J. Dillon, The Middle Platonists, London 1977, p. 189. 69 Plut., amat. 755E: ... qei/a tij o)/ntwj ... e)pi/pnoia kai\ krei/ttwn a)nqrwpi/nou logismou=. 70 Plut., quaest. conv. 654D. Cf. [Plut.], comp. Aristoph.-Men. Sull ’ e)/rwj come vera essenza che, come pneu=ma koino/n, pervade tutti i drammi di Menandro. 71 Plut., Peri\ e)/rwtoj Fr. 134, 5 Sdb. 63 CITAZIONI MENANDREE IN PLUTARCO. A PROPOSITO DI UNA CONTRADDIZIONE SUL TEMA DELL’... 91 sconvolgimento dell’anima (sa/loj th=j yuxh=j)72 prodotto dall’amore e così bene rappresentato da Saffo, quando proprio su questi temi si registra anche in questi versi in cui il poeta, per usare le parole di P.73, si è espresso filosofw/teron, una perfetta consonanza di idee. Lo dimostra anche la conclusione (a)ll’ o( qeo\j ai)/tioj tou= me\n kaqaya/ menoj, to\n d¡ e)a/saj) che dalla citazione menandrea evince P. nell’Amatorius74, dove la congiunzione a)lla/ andrà intesa non in senso avversativo, ma in quello conclusivo di “ebbene”, “allora”, “dunque”. Sono convinto che non esiste alcuna contraddizione tra la concezione dell’amore che si legge nel Fr. 134 Sdb. del Peri\ e)/rwtoj e quella presente nell’Amatorius, dove l’aspetto religioso si integra con quello filosofico75, e giudico possibile la ricostruzione da questi due testi di una dottrina unitaria dell’e)/rwj come qei=o/n ti ki/nhma th=j yuxh=j kai\ daimo/nion76. Ma procediamo con ordine: nel Peri\ e)/rwtoj parafrasando i versi di Menandro P. esclude, come nell’Amatorius, che la causa dell’ e)/rwj possa essere l’ h(donh/77, che ne è piuttosto l’a)rxh/. Nel precisare poi che la potenza e l’origine di questa passione non dipende né dall’ o)/yij né dalla sunousi/a, ma è altrove (h( d’ i)sxu\j kai\ r(i/zwsij tou= pa/qouj e)n e(te/roij)78, P., in polemica con le moderne scuole di pensiero, epicureismo e stoicismo, intende affermare il principio che non si dà vero e)/rwj senza l’intervento di un dio79. Credo quindi che per quanto riguarda la causa della passione amorosa non esistesse alcuna contraddizione tra il Peri\ e)/rwtoj, probabilmente indirizzato polemicamente contro l’omonimo scritto di Crisippo, e l’Amatorius. In entrambi gli scritti P. fa propria la do/ca menandrea ´kairo/j e)stin h( no/soj yuxh=j´, non solo perché l’ e)/rwj richiede una corrispondenza (a)pa/nthsij / su/nayij / eu)stoxi/a) tra la potenza (du/namij) dell’elemento che suscita la passione d’amore e la disposizione (dia/qesij) di quello che la subisce80, ma anche e soprattutto perché i versi di Menandro agli occhi di P. rappresentavano una testimonianza eloquente di quale fosse la vera causa che colpisce e muove questa passione dell’anima (kroustiko\n kai\ kinhtiko\n ai)/tion): una causa divina (daimo/nioj)81, che colpisce l’uno e lascia l’altro e fa dell’ e)/rwj una qeolhyi/a. L’interpretazione delle due proposizioni coordinate che nell’Amatorius introducono la citazione menandrea (ou) ga\r manqa/nome/n ge/ pou tou= Mena/ndrou le/gontoj ou)de\ suni/emen), nella versione di Xylander (“Non enim intelligimus Menandrica 72 Plut., amat. 763A. Plut., Fr. 134, 6-7 Sdb.: e)pei\ kai\ lela/lhke peri\ tou= pa/qouj filosofw/teron. 74 Plut., amat. 763B: a)ll’ o( qeo\j ai)/tioj tou= me\n kaqaya/menoj, to\n d’ ea/saj. 75 Plut., Fr. 134, 6-7 Sdb. 76 Plut., Peri\ e)/rwtoj Fr. 135, 4 -5 Sdb. 77 Plut., Peri\ e)/rwtoj Fr. 134, 21 Sdb. 78 Plut., Peri\ e)/rwtoj Fr. 134, 19-20 Sdb. 79 Diversamente non avrebbe avuto senso ricorrere ei)j th\n zh/thsin ad un seguace del dio quale è Menandro (Fr. 134, 5 Sdb). 80 Plut., Fr. 134, 42-47 Sdb. 81 Plut., amat. 759D, 763B. 73 92 FRANCESCO BECCHI ista”) e di Dübner (“non enim intelligimus ex his Menandri verbis, neque discimus”) nell’edizione didotiana del 185682 ha finito per condizionare l’interpretazione degli studiosi moderni. Ma il punto debole di questa interpretazione è rappresentato dalla costruzione manqa/nein tino/j che non ha il senso di “comprendere qualcosa”83, bensì quello di “apprendere da qualcuno”84. Ora, per allineare i due testi ed eliminare qualsiasi divergenza a proposito della do/ca menandrea non c’è bisogno di costosi interventi testuali, ma è sufficiente trasformare da asseverativo in interrogativo retorico il periodo che nell’Amatorius (763B) è introdotto dalle parole ou) ga\r manqa/nome/n ge/ pou tou= Mena/ndrou le/gontoj…, uniformandolo per altro alle proposizioni che precedono: «Davvero molti vedono lo stesso corpo e la stessa bellezza, ma uno solo, l’innamorato, ne resta conquistato; per quale motivo? perché forse non lo apprendiamo forse né lo comprendiamo da Menandro quando dice …? Resta ancora da precisare il senso dell’espressione menandrea ´kairo/j e)stin h( no/soj yuxh=j´. Barigazzi non la traduce e segnala in nota che “kairo/j è il punto critico, essenziale”. Flacelière e Frazier traducono il termine kairo/j con “crise de l’âme”, facendo dipendere con Xylander il genitivo epesegetico yuxh=j da kairo/j e non, come il testo suggerisce, da h( no/soj85. Helmbold, che traduce “It’s malady of mind that turns the scale”, fa di kairo/j l’attributo di h( no/soj. Ancora più libera risulta la traduzione di Sandbach86 “No, this disease / Comes when the heart is ready”. Personalmente credo che in questo contesto il kairo/j del verso menandreo trovi una sua precisa corrispondenza in italiano nell’espressione “colpo di fulmine”87. Questa la traduzione che dei due trimetri propongo: «“un colpo di fulmine è questa malattia dell’anima, e chi (ne) è colpito davvero va in rovina”?88 Ebbene il dio ne è causa, che colpisce l’uno e lascia l’altro». 82 Plutarchi, Scripta Moralia, emendavit Fredericus Dübner, Graece et Latine, volumen secundum, Parisiis, 1856, p. 932. 83 Anche Dübner a intelligimus sembra sottintendere il complemento oggetto (causam). 84 Vd. la traduzione di Helmbold. 85 Cf. Plut., Amat. 763A (sa/loj th=j yuxh=j) e la traduzione ad l. di Dübner (op. cit., p. 932: «Morbus animi occasio est ») e di Helmbold (Plutarch’s Moralia IX, op. cit., p. 391: «It’s malady of mind»). 86 Vd. n. 54. 87 Di questa interpretazione ho poi trovato conferma nell’edizione di Reiske che nel vol. IX (p. 58 n. 23) riporta ad l. l’annotazione di Xylander: “kairo/j enim letalis vulneris significat hic opportunitatem, unde plhgh\ kairi/a. Xylander”. 88 Per quanto attiene la lacuna suggerirei exempli gratia il supplemento e)k qeou=. Cf. D. Wyttenbach, Animadversiones in Plutarchi Opera Moralia, t. III, Lipsiae 1834, p. 100: “kairo/j e)stin h( no/soj / yuxh=j o( plhgei\j d’ ei)/sw dh\ titrw/sketai, puta, Amore, ex contextu”.