Dello scrivere
seconda parte
Laboratorio di scrittura italiana
Facoltà di Lettere e Filosofia
Giugno 2005
prof. Vitellaro
La descrizione
La descrizione
• La descrizione è quella parte del raccontare
che offre al lettore una partecipazione
sensoriale alla storia.
• Descrivere bene è una tecnica che si apprende, una
delle ragioni principali per cui non potete avere
successo senza aver letto molto e scritto molto. Non è
solo una questione di come vedete; è anche una
questione di quanto. Leggere vi aiuterà a rispondere
al quanto e solo pagine e pagine di scrittura vi
aiuteranno con il come. Si può imparare solo
facendolo.
La descrizione visualizza l’emozione
• La descrizione comincia con la
visualizzazione di ciò che volete che
provi il lettore.
• Finisce con la trasposizione sulla pagina
di ciò che vedete nella vostra mente.
• È tutt'altro che facile. Tutti noi abbiamo sentito
qualcuno dire: «Era così fantastico (o così
orribile/ strano/ spassoso)... che proprio non
saprei descriverlo!» Se volete essere scrittori, voi
dovete essere capaci di descriverlo, e descriverlo
in un modo tale da renderne il lettore
fisicamente partecipe.
Ampiezza della descrizione
• Una descrizione labile lascia nel lettore una
sensazione di disorientamento e miopia.
Una descrizione massiccia lo seppellisce
sotto una montagna di dettagli e immagini.
Il trucco sta nel trovare un felice equilibrio.
• È anche importante sapere che cosa si deve
descrivere e che cosa si può lasciare in
disparte mentre siete impegnati sul vostro
obiettivo principale, che è quello di
raccontare una storia.
Dove comincia e finisce la descrizione
• Io non amo in particolar modo la scrittura che racconta
minuziosamente le caratteristiche fisiche delle persone e
il loro abbigliamento. Preferisco che sia il lettore a
fornire fisionomia, corporatura e anche abbigliamento.
• Se vi dico che Carmela è una liceale emarginata dalle
compagne con la pelle rovinata ed è vestita con abiti di
recupero, credo che possiate fare il resto da soli, o no?
Non c'è bisogno che vi dia io una descrizione accurata di
brufoli e gonne. In fondo ciascuno di noi conserva nella
memoria il ricordo di qualche compagna sfortunata; se
io vi descrivo la mia, la vostra resta tagliata fuori e io
perdo un po' di quel legame di reciproca comprensione
che desidero stabilire tra noi.
• La descrizione comincia nella fantasia
dell'autore, ma dovrebbe finire in quella del
lettore.
Descrizione e personaggi
• Io penso che, per dare al lettore la sensazione di
trovarsi effettivamente dentro la storia,
ambientazione e atmosfera siano molto più
importanti della descrizione fisica dei protagonisti.
• Né credo che quest'ultima debba essere una
scorciatoia per definire il carattere. Risparmiatemi
dunque, per favore, gli «acuti e intelligenti occhi
blu» dell'eroe e il suo «mento volitivo e risoluto»;
altrettanto valga per gli «zigomi arroganti»
dell'eroina. Questi sono esempi di cattiva tecnica e
scrittura pigra, l'equivalente di tutti quei noiosi
avverbi.
La descrizione attraverso i particolari
• Per me, una buona descrizione consiste di solito
in pochi particolari scelti con cura che siano
evocativi di tutto il resto. Nella maggioranza dei
casi, questi particolari sono i primi che vengono
in mente. Vanno comunque bene come inizio. Se
più avanti deciderete di voler cambiare,
aggiungere o togliere, lo potrete fare: è per
questo che è stata inventata la riscrittura.
• Dovete tenere a mente che eccedere nella
descrizione è altrettanto facile che lesinare.
Probabilmente è più facile.
Prima di descrivere
• Il ristorante che più frequento è Murphy’s in via
Sciuti angolo via Lazio. Se decidessi di ambientare
una scena al Murphy’s, mi ritroverei certamente a
scrivere di qualcosa che conosco, visto che ci sono
stato in diverse occasioni.
• Prima di cominciare a scrivere, mi prenderei un
momento per richiamare un'immagine del locale,
attingendo alla memoria e riempiendomi gli occhi
della mente, ciò che voglio fare è aprire tutti i miei
sensi. Questa ricerca mnemonica sarà breve ma
intensa, una specie di ricostruzione ipnotica. E,
come accade nell'ipnosi vera, più ci proverete,
meglio vi riuscirà.
Al Murphy’s
• I primi quattro elementi che mi sovvengono quando
penso al Murphy’s sono: a) l'oscurità del bar e la
contrastante luminosità dello specchio che c'è dietro il
banco, che cattura e riflette la luce della strada; b) la
segatura sul pavimento; c) le ruspanti caricature alle
pareti; d) il profumo di bistecche e pesce.
• Quello che non ricordo, lo invento: durante il processo
di visualizzazione, realtà e finzione si intrecciano.
• È anche importante ricordare che l'obiettivo
non è comunque l'ambientazione, ma la storia,
sempre e solo la storia.
Al Murphy’s
L’auto accostò davanti al Murphy’s alle sette meno un quarto di un soleggiato pomeriggio di luglio. Silvio salutò il conducente, scese e si guardò
velocemente intorno in cerca di Fausto. Non c'era. Soddisfatto, entrò.
Dopo l'accaldata luminosità di Mondello, il Murphy’s era buio come una
grotta. Lo specchio dietro il banco raccoglieva parte del riverbero stradale
e scintillava nell'oscurità come un miraggio. Per un momento fu tutto ciò
che Silvio riuscì a vedere, poi i suoi occhi cominciarono ad abituarsi. Al
banco c'erano pochi bevitori solitari. Dietro di loro il cameriere, con il
nodo della cravatta allentato e i polsini rovesciati a mostrare i polsi pelosi,
parlava con il barista. C'era ancora segatura sparsa sul pavimento, notò
Silvio, quasi che fosse una bettola del centro storico invece di una greppia
per giovani del nuovo millennio. E le vignette che si rincorrevano per le
pareti – caricature di vip locali ritagliate dalle pagine di pettegolezzi,
celebrità non sempre riconoscibili – dispensavano ancora la loro allegria
su fino al soffitto. L'aria era satura di bistecche e cipolle fritte. Tutto come
sempre.
Il cameriere si fece avanti. «Posso aiutarla, signore? La sala da pranzo non
apre prima delle otto, ma il bar...» «Sto cercando Fausto Merini», disse
Silvio.
Analisi dell’esempio
• All’interno della storia, il protagonista che va al Murphy’s e
chiede di Fausto, c’è la descrizione del locale.
• Ci sono molti particolari che avrei potuto aggiungere – il
locale lungo e stretto, Tiziano Ferro in filodiffusione,
adesivi del Palermo sul registratore di cassa – ma a che cosa
sarebbero serviti? Ormai vediamo con chiarezza dove
siamo.
• Noi vogliamo sapere se Silvo ha incontrato Fausto Merini, è
questa la storia che stiamo raccontando. Una descrizione
più particolareggiata del ristorante rallenterebbe il ritmo,
infastidendoci forse al punto da spezzare l'incantesimo
della narrazione.
Analisi dell’esempio
• In molti casi quando un lettore posa un libro perché «è
diventato noioso», è perché lo scrittore si è lasciato
affascinare dalla propria capacità descrittiva e ha perso
di vista la priorità, che è quella di portare avanti la
storia. Se il lettore vuole sapere di più del Murphy’s di
quanto gli abbiamo proposto poco sopra, potrà andare a
visitarlo o chiedere che gli inviino una brochure.
• A questo punto ho già usato abbastanza inchiostro da
lasciar intendere che il Murphy’s sarà uno degli ambienti
principali della mia storia. Se così non dovesse essere,
sarà bene che, durante la seconda stesura, vada ad
asciugare il brano di un paio di righe. Non posso certo
tenerlo così com'è solo perché è scritto bene.
La similitudine
• C'è una descrizione diretta («pochi bevitori solitari al banco») e
una forma di descrizione un po' più poetica («lo specchio dietro il
banco... scintillava nell'oscurità come un miraggio») nel paragrafo
descrittivo centrale. Entrambe vanno bene, ma a me piace quella
figurativa.
• L'uso della similitudine e di altre tecniche di linguaggio
figurativo è uno dei principali piaceri dello scrivere. Quando è
riuscita, una similitudine ci riempie di piacere quanto ritrovare
un vecchio amico in una folla di sconosciuti. Paragonando due
oggetti apparentemente privi di relazione – un bar con una
grotta, uno specchio con un miraggio – riusciamo talvolta a
vedere una cosa vecchia in una maniera vivida e nuova. (Sebbene
«buio come una grotta» sia, per la verità, una similitudine un po'
pigra, non proprio un cliché ma certamente un suo parente.)
Similitudini zen
• Quando una similitudine o una metafora non
funzionano, il risultato è alle volte comico e alle volte
imbarazzante. Di recente in un romanzo ho letto questa
frase: «Sedeva imperturbabile di fianco al cadavere in
attesa del medico legale, paziente come un uomo che sta
aspettando un sandwich di tacchino». Se c'è un nesso
chiarificatore, io non l'ho visto. Di conseguenza ho
chiuso il libro senza continuare a leggere. Se uno
scrittore sa che cosa sta facendo, io sono pronto ad
accettare il passaggio per viaggiare con lui. Se così non
è... beh, ho superato i cinquant'anni ormai e ci sono un
sacco di libri da leggere. Non ho tempo da sprecare con
quelli scritti male.
Similitudini riuscite e non
• La similitudine può nascondere delle insidie. La più
comune è il ricorso a similitudini, metafore e immagini
scontate. Correva «come un matto», era bella «come un
giorno d'estate», era «forte come un toro», Bruno combatté
«come una tigre»... non sprecate il mio tempo (né quello di
altri) con minestra riscaldata come questa. Vi fa apparire o
pigri o ignoranti.
• Le similitudini che io prediligo si ritrovano nei romanzi
americani moderni. Esempi: «Mi accesi una sigaretta che
aveva il sapore del fazzoletto di un idraulico» (Raymond
Chandler). «Sono più indaffarato di un uomo con una
gamba sola in una gara di calci in culo» (Stephen King).
La descrizione: conclusione
• La chiave di una buona descrizione comincia
con una vista chiara e finisce con una chiara
scrittura, quel genere di scrittura che adopera
immagini fresche e vocabolario semplice.
• Come per tutti gli altri aspetti dell'arte narrativa,
migliorerete con la pratica, ma la pratica non vi
renderà mai perfetti. Perché dovrebbe?
• Esercitatevi nell'arte tenendo sempre ben
presente che il vostro compito è raccontare
quello che vedete e poi andare avanti con la
vostra storia.
Il dialogo
Il dialogo
• È il dialogo a dare voce al vostro cast ed è cruciale nel
definire i personaggi: solo le azioni manifestano il
carattere, ma che le persone dicono spesso le rivela al
prossimo in modi di cui loro stesse sono totalmente
inconsapevoli.
• Voi potete informarmi tramite la narrazione pura e
semplice che il vostro protagonista principale non è mai
andato bene a scuola, ma potete trasmettermi la stessa
nozione, e in maniera assai più incisiva, attraverso il suo
modo di parlare... e uno dei punti cardinali del buon
raccontare è non raccontare mai una cosa quando la si
può invece mostrare.
• Un dialogo ben congegnato vi indicherà se un personaggio
è intelligente o stupido, onesto o disonesto, divertente o
barboso. Il buon dialogo, è una gioia da leggere; il dialogo
brutto è mortale.
Dialoghi non riusciti
• Lovecraft era geniale quando si trattava di raccontare il macabro, ma
come scrittore di dialoghi era uno strazio. Nel passo seguente un
contadino morente descrive la presenza aliena che ha invaso il suo pozzo.
• «Niente... niente... il colore... brucia... freddo e bagnato... ma brucia... vive
nel pozzo... io l'ho visto... una specie di fumo... proprio come i fiori l'altra
primavera... il pozzo di notte brillava... tutto quello che è vivo...
succhiava via la vita da tutto quanto... nel sasso... deve essere arrivato in
quel sasso... arriva dappertutto... non so che cosa vuole... quella cosa
rotonda che quelli dell'università hanno tirato fuori dal sasso... era dello
stesso colore... proprio uguale, come i fiori e le piante... semi... l'ho visto
la prima volta questa settimana... ti picchia nella testa e poi ti prende... ti
brucia su tutto... viene da qualche posto dove le cose non sono come qui
da noi... uno di quei professori ha detto così...»
• Ragazzi, la gente non parla in questo modo ampolloso e privo di vita,
nemmeno in punto di morte
Dialoghi non riusciti
• Sentite il colonnello Phillip Pryce che parla ai suoi amici
poco prima che i tedeschi del corpo di guardia dello Stalag
lo portino via, probabilmente per fucilarlo nel bosco.
• Pryce afferrò di nuovo Tommy. «Tommy», bisbigliò,
«questa non è una coincidenza! Niente è come sembra! Vai
più a fondo! Salvalo, ragazzo mio, salvalo! Perché più che
mai ora sono convinto che Scott sia innocente!... Ora siete
da soli, ragazzi. E ricordatevi, conto su di voi perché
resistiate! Dovete sopravvivere! Qualsiasi cosa accada!».
Si girò verso i tedeschi. «Molto bene, Hauptmann», disse
in un tono improvvisamente deciso e straordinariamente
calmo. «Ora sono pronto. Fate di me ciò che volete.»
(John Katzenbach )
• Ogni parola è un cliché (da film bellici anni Quaranta).
Tutta la verità
• Come per tutti gli altri aspetti, la chiave per scrivere buoni dialoghi è la
sincerità.
• È importante dire la verità. Ci saranno i puristi bacchettoni a cui la parola
«merda» non piace ed è possibile che non piaccia molto nemmeno a voi,
ma certe volte dall'espressione volgare non si può sfuggire: non si è mai
sentito di un bambino che corra da sua madre a riferirle che la sorellina
ha appena «defecato» nella vasca da bagno. Immagino che potrebbe dire
che ha fatto «il bisogno grosso» o «ha sporcato», ma temo che «ha fatto la
cacca» resterebbe la scelta più naturale.
• Dovete dire la verità, ma questa onestà deve essere applicata fino in
fondo, cioè anche a quello che scappa di bocca a chi si pesta un pollice
con il martello. Se sostituite «Oh, merda!» con «Oh, marmo!» per
riguardo verso la Lega per la lotta contro la volgarità, trasgredite a una
norma del tacito contratto che esiste tra scrittore e lettore: la vostra
promessa di dire la verità su come la gente si comporta e parla attraverso
lo strumento di una storia inventata.
I personaggi
Costruzione dei personaggi
• Quanto ho detto per il dialogo si applica anche
alla costruzione dei personaggi. I principi a cui
attenersi sono fondamentalmente due: osservare
la realtà e descriverla sinceramente.
• I personaggi inventati sono tratti direttamente dalla vita
reale? Ovviamente no, almeno non nel senso che sono
presi pari pari. Meglio che non lo facciate, se non volete
una querela o una pallottola tra le scapole.
I personaggi crescono con la storia
• Per me quello che accade ai personaggi con il progredire
della vicenda dipende esclusivamente da ciò che scopro
su di loro a mano a mano: come crescono, in altre parole.
Talvolta crescono solo un po'. Se crescono molto,
cominciano a essere loro a influenzare il corso della
storia e non viceversa. Aprite sempre con una situazione.
• Credo che i racconti migliori debbano svilupparsi sulle
persone più che sugli avvenimenti, vale a dire che
devono essere sorretti dai personaggi. Quando si va oltre
il racconto breve, però (dalle due alle quattromila parole,
diciamo), non sono più molto favorevole alla cosiddetta
galleria di personaggi; credo che a comandare debba
essere sempre la storia.
Personaggi non stereotipati
• È altresì importante ricordare che nella vita reale
nessuno è «il cattivo» oppure «il miglior amico»
ovvero «la prostituta dal cuore d'oro»; nella vita
reale ciascuno di noi si considera il protagonista,
il personaggio principale, quello importante.
• Se trasferite questo atteggiamento in ciò che
scrivete, potreste non trovare più facile dare vita
a personaggi brillanti, ma sarà per voi più
difficile creare quella sorta di sbiaditi individui
unidimensionali che popolano tanta parte della
narrativa popolare.
Descrivere i personaggi?
• Cercate di non scrivere mai frasi esplicite come: «Quel
giorno Greta era depressa, forse con inclinazioni suicide»,
oppure: «Quel giorno Greta sembrava particolarmente
felice». Se siete voi a doverlo dire, avete perso. Se viceversa
presentate una donna taciturna e dai capelli sporchi che
fagocita dolci con accanimento, spingendomi a concludere
che Greta è nella fase depressiva di una condizione
maniacale, vincete. E se siete capaci, anche per breve tempo,
di offrire uno scorcio del mondo attraverso gli occhi di
Greta, se riuscite a farmi comprendere la sua follia, allora
forse fate di lei un personaggio con il quale simpatizzare o
nel quale persino identificarsi. Il risultato? Greta diventa
ancora più terrificante, perché è così vicina alla realtà.
• Se invece fate di lei una vecchia megera gracchiante, la
riducete a un qualsiasi spauracchio in gonnella da fumetti.
In questo caso perdete alla grande e altrettanto esce sconfitto
il lettore. Chi ha voglia di avere a che fare con una così
scontata fattucchiera?
Vivono di vita propria
• Se lavorate bene, i vostri personaggi
diventeranno vivi e cominceranno ad agire per
proprio conto. So che questo mette addosso un
certo disagio se non lo avete ancora provato, ma
quando succede è un piacere immenso. E risolve
anche molti dei vostri problemi .
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