COUNSELING DALLA TEORIA ALL'APPLICAZIONE Annamaria Di Fabio PRIMA PARTE - CONOSCENZE PROPEDEUTICHE CAPITOLO 3 - LA COMUNICAZIONE NON DIRETTIVA L´Accettazione L´Accettazione è, per Rogers, la capacità di accettare i sentimenti dell'altro, espressi dalle sue dichiarazioni, senza sentire il bisogno di valutarli né di agire su di essi con modalità investigative, interrogando l'altro o chiedendo informazioni aggiuntive e/o precisazioni. La finalità fondamentale è la facilitazione della comunicazione spontanea e naturale dell'altro. Si delineano in questo senso due indicazioni operative: - il calore; - la rispondenza della comunicazione. Si tratta quindi di possedere competenze comunicative in grado di salvaguardare il soggetto sia dal nostro ipercoinvolgimento che dalla nostra freddezza, garantendogli la possibilità di instaurare un legame caratterizzato da calore umano, interesse, rispondenza, grado d'attaccamento emotivo chiaramente e precisamente delimitato. Calore e rispondenza si concretizzano nella tolleranza riguardo l'espressione dei sentimenti dell'altro. Per poter tollerare l'espressione di sentimenti è indispensabile riuscire a coglierli nella comunicazione, ed inoltre importante è la capacità di ascoltare non tanto il significato razionale del messaggio verbale inviato quanto il significato profondo che l'altro esprime (bisogna chiedersi cosa sta provando l´altro e non cosa sta dicendo). L'Approccio Comunicativo Non Direttivo si delinea come un rapporto interpersonale che resta centrato sul soggetto con l'intento di favorire una facilitazione della comunicazione il più possibile spontanea. Bisogna quindi prendere le distanze da modalità interpretative e direttive che possono attivare nei soggetti difese e distorsioni relative al contenuto della comunicazione. Rogers considera quindi di particolare rilevanza i concetti di Laissez Faire (che non è pero indifferenza) e la considerazione degli elementi non verbali (ad es. tono della voce). In opposizione alla comunicazione accettante si colloca in particolar modo la comunicazione valutativa, che risulta essere tutto ciò che è vissuto dal cliente come un giudizio che è stato dato su di lui. Essa comprende sia la valutazione morale, sia la valutazione di caratteristiche del soggetto e della valutazione di cause o strutture. L'atteggiamento valutativo, sia che si esprima sotto forma di connotazione negativa che sotto forma di apprezzamento, costituisce una modalità di interazione che per l'individuo finisce per avere inesorabilmente una valenza di minaccia. Gli effetti che derivano dall'esercizio dell'accettazione sono un alto grado di sicurezza che si riesce a determinare negli interlocutori, e la sicurezza nasce dalla possibilità di essere se stessi senza sperimentare nell'interazione con l'altro forzature o interpretazioni anguste, che hanno sempre una valenza riduttiva, poiché impediscono un'interazione costruttiva e autentica. Bisogna inoltre essere in grado di non attuare l´approvazione dell´altro in quanto, essendo essa comunque una modalità valutativa, può attivare script comportamentali non autentici e stereotipati. La Comprensione La parte attiva nell'interazione comunicativa non direttiva è attribuita alla modalità della Comprensione Empatica. L'Empatia finisce per essere una modalità di insight che consente la comprensione del messaggio profondo comunicato dall'altro e si realizza attraverso competenze di ascolto attivo e facilita la costruzione dell'insight dell'altro. Bisogna quindi essere in grado di "sentire come l´altro" senza pero aggiungere a questo le sensazioni e le emozioni che sono più propriamente nostre. Per poter realizzare la comprensione empatica viene chiamato in causa l'accettazione in quanto in grado di favorire la libera espressione dei sentimenti dell'altro. Subentrano poi modalità di ascolto competente strettamente interconnessi a modalità di osservazione e competenze di comunicazione facilitante, in grado di favorire lo sviluppo e di aumentare la portata dell'autocomprensione del soggetto mediante tecniche di chiarificazione comunicativa. Ascoltare profondamente la comunicazione dell'altro e l'aspetto non verbale consente di cogliere tutti gli aspetti in essa presenti. Un nodo problematico è costituito dal difficile Rapporto tra Empatia e Libera Interpretazione in cui bisogna apprendere la capacita di fornire all´altro elementi dubitativi che gli permettano di riflettere sulla propria esperienza, non cercando perö di "imporgli" le nostre visioni (per quanto giuste possano essere). Un altro aspetto per la realizzazione pratica della comprensione empatica è il possesso da parte dell'ascoltatore di Competenze di Decentramento Cognitivo, che si basano sulla capacità del soggetto di uscire dal proprio schema di riferimento esistenziale e valoriale per muoversi all'interno dello schema di riferimento dell'altro. Per poter dare un decentramento cognitivo empatico l'ascoltatore deve possedere due caratteristiche fondamentali: - Solidità Emotiva: consente di permettere all'altro l'esplorazione di tutte le sue gamme affettive, di non cadere agli stesso in identificazioni confusive e di avere consapevolezza di ciò che sta alimentando a livello esperienziale nella relazione comunicativa; - Flessibilità Cognitiva: possibilità di aprirsi alle organizzazioni percettive dell'altro e costruzione cognitivo-affettiva a spirale in cui costrutti sono provvisori e non dogmatici perché, confrontati continuamente con la dinamica dell'esperienza, superano i limiti della fissità funzionale dei costrutti schematici. Nel caso dell'Incongruenza Comunicativa dell'Altro, provocata da una discrepanza tra comunicazione verbale e non verbale, la difficoltà è costituita dalla lontananza tra l'esperienza effettiva dell'altro e le sue verbalizzazioni e quindi il carattere delle verbalizzazioni dell'ascoltatore dovrà rimanere il più possibile ancorato al registro dubitativo facendo attenzione a fermarsi al grado di riconoscimento dell'altro. L´Influenza Circolare tra Accettazione e Comprensione Empatica si realizza quindi in un rapporto in cui la comprensione consente al soggetto di sperimentare l'accettazione e l'accettazione è condizione per una sempre migliore comprensione. Riassumendo le Direttrici di Riferimento per la Comprensione Empatica risultano (Rogers, 1964): - il tono della voce; - l'importanza di non fissare l'attenzione sul contenuto intellettuale della comunicazione, ma piuttosto sui sentimenti ed esperienze presenti sia rispetto ai sentimenti più ovvi ed espliciti sia rispetto ai sentimenti ed esperienze solo accennati e non evidenti, in relazione ai quali il contenuto che viene alla luce può anche essere avvertito dal soggetto come nuovo o estraneo in seguito alla verbalizzazione dell'ascoltatore; - la forma dubitativa della presentazione della comunicazione di riflesso da parte dell'ascoltatore al suo interlocutore che presuppone un riscontro di accettazione totale, parziale o di rifiuto. Questo permette una maggiore consapevolezza del soggetto. La Congruenza L'attenzione è posta sulla Congruenza come modalità di apertura all'ascolto di sé, ancor prima che degli altri, e sulla consapevolezza che ne deriva. La consapevolezza di ciò che sta sperimentando risulta quindi in grado di consentire al soggetto di essere profondamente se stesso nel corso dell'interazione comunicativa. L´Incongruenza per Rogers è la discrepanza fondamentale tra il significato della situazione, come è registrato a livello organismico e com´è rappresentato simbolicamente a livello di coscienza dal soggetto. Per poter comunicare con congruentemente è necessario pertanto che il soggetto abbia possibilità di accesso all'ascolto consapevole di sé, di ciò che sta sperimentando, senza ritrosia, inibizioni o repressioni, modificando sensibilmente le sue percezioni sulla base delle sollecitazioni e del confronto diretto con l'esperienza. (Se non ci si percepisce correttamente, la comunicazione può incorrere nelle doppio legame di Bateson, cioè al doppio rapporto esistente quando la mancanza di consapevolezza dei nostri reali sentimenti nei confronti dell'altro ci conduce inevitabilmente ad una comunicazione in contraddizione tra piano verbale e non verbale che risulta ambigua). I Problemi che la Congruenza Attiva sono: - essere autentici anche quando si hanno esperienze emotive negative verso l´altro. In questo caso bisogna essere in grado di prendere le distanze senza perö rigettare sull´altro la nostra rabbia e la nostra frustrazione; - incongruenza tra comunicazione verbale/non verbale. Bisogna riuscire a non cadere nel ruolo professionale stereotipato ma accettare i propri elementi emotivi suscitati dalla comunicazione con l´altro. La Comunicazione Efficace La Comunicazione Efficace necessita di: - maturità personale in grado di consentire al soggetto l'accesso alla consapevolezza piena di ciò che sta sperimentando sul piano cognitivo, comportamentale e affettivo; - capacità monitorizzare la sua espressione verbale e non verbale; - capacità di eterocentrismo che si estrinseca nell'obiettività, si alimenta della buona conoscenza di sé e si fonda sulla flessibilità cognitiva; - capacità di penetrazione nei vissuti dell'altro; - capacità di monitorizzare contemporaneamente sia la comunicazione verbale che non verbale dell'altro per rilevarne congruenza ed incongruenze, realizzando un ascolto attivo; - attenzione costante è ciò che l'interlocutore esprime sia nei confronti di se stesso e della relazione e della situazione comunicativa. La Consapevolezza ed Efficacia Non Direttiva si realizza tramite la consapevolezza di sé in relazione al piano corporeo, affettivo-emozionale e comportamentale ed è alla base dell'efficacia operativa del facilitatore. Per stare in relazione con l'altro è indispensabile che il soggetto sia in grado di stare pienamente in relazione con se stesso, riuscendo ad ascoltare ciò che proviene dal proprio corpo e della propria emotività, senza nessuna cancellazione, distorsione, alterazione o manipolazione. SECONDA PARTE - L´INTERVENTO CAPITOLO 4 - IL COUNSELING Le Ricadute Operative di una Rivoluzione Copernicana nella Relazione d´Aiuto La Prima Innovazione fondamentale introdotta da Rogers insiste nel ribaltare l'impostazione tradizionale volta ad intendere l'aiuto come un'elargizione al soggetto di tutto tranne che della fiducia nelle sue possibilità nelle sue capacità. L'attenzione ora si sposta sul cliente-persona e l'aiuto consiste in uno strumento di libertà attraverso il quale determinare il dispiegarsi delle energie possedute dalla persona. La relazione di aiuto non consiste più nel proporre soluzioni ma nel facilitare nel soggetto il processo di decisione responsabile attraverso risposte di comprensione-facilitazione da parte del counselor, nel pieno rispetto dei sentimenti, del vissuto, dei tempi e delle decisioni della persona. Il saper essere dell'operatore di aiuto diventa prioritario rispetto al saper fare e fondante rispetto alla validità dell'intervento stesso. La Seconda Innovazione è costituita dall'interesse per ciò che determina l'efficacia degli interventi, e sottolinea l'importanza attribuita alla ricchezza interiore dell'operatore, da intendersi come processo personale ma non come patrimonio statico e inesauribile, e pertanto come potenzialità individuali in continuo affinamento formativo. L'uso del sé è ritenuto un fattore fondamentale nel processo di aiuto e costituisce il focus della formazione. Che Cos'è il Counseling: Finalità e Metodologia Bisogna analizzare le Definizioni di Counseling: - Definizione di Burnerr (1977): consiste nell'abilitare il cliente a prendere una decisione riguardo a scelte di carattere personale o a problemi e difficoltà speciali che lo riguardano direttamente; - Definizione della BAC (Associazione britannica di Counseling, 1985): si realizzano intervento di counseling quando una persona che riveste regolarmente o temporaneamente il ruolo di counselor, offre o concorda esplicitamente di offrire tempo, attenzione e rispetto ad un'altra persona, o persone, temporaneamente nel ruolo di cliente. Compito del counseling è quindi dare al cliente un'opportunità di esplorare, scoprire e chiarire dei modi di vivere più fruttuosi e miranti ad un elevato stato di benessere; - Definizione di Reddy (1987): il counseling risulta un insieme di tecniche, vita e atteggiamenti per aiutare le persone a gestire i loro problemi utilizzando le loro risorse personali. Counseling non significa allora dare consigli, consigliare ma lo Scopo (insito nella sua stessa etimologia consulo=avere cura di, venire in aiuto) è pertanto offrire alla persona che fruisce dell'intervento l'opportunità di esplorare, scoprire e rendere chiari gli schemi di pensiero e di azione, per vivere più congruentemente, vale a dire aumentando il proprio livello di consapevolezza, facendo un uso migliore delle proprie risorse rispetto ai propri bisogni e desideri e pervenendo ad un grado maggiore di benessere. Le Finalità del Counseling possono venire riassunte dall'espressione "aiutare le persone ad aiutarsi" e la metodologia è espressione dei principi rogersiani imprescindibili nella costruzione del personale della relazione di aiuto sulla base dei quali è costruito il colloquio tecnico di comprensione-chiarificazione. Abilità di Counseling: Condizioni di Base, Abilità di Base e Microabilità Le Abilità di Counseling comprendono fondamentalmente abilità di comunicazione. Esse possono essere distinte in: 1. Condizioni di Base: per una buona relazione di counseling si necessita di: - empatia; - congruenza; - accettazione positiva incondizionata; - buona comunicazione col cliente. Rogers inoltre attribuisce una grande importanza alla formazione dell’operatore, anche se sappiamo che il conseguimento delle abilità tecniche è decisamente subordinato al possesso di qualità umane. 2. Abilità di Base: per avere una buona relazione di counseling esse comprendono: - capacità di comunicare la propria empatia; - capacità di praticare l’ascolto attivo; - riflettere sulle emozioni e sui contenuti dell’altro; - facilitare il meccanismo di chiarificazione progressiva attraverso la riformulazione; - consapevolezza del linguaggio corporeo; - capacità di autosservazione e automonitoraggio; - capacità di osservare l’evoluzione del rapporto interpersonale; - capacità di conduzione del colloquio seguendo le sue varie fasi; - capacità di evitare i frequenti rischi di conduzione del colloquio. 3. Microabiltà: altrettanto fondamentali, sono: - prestare attenzione; - mantenimento contatto visivo; - tono di voce. Sulla base di queste abilità il colloquio prevede un ampio consumo energetico. Si può rischiare l’affaticamento psichico e il sovraccarico cognitivo. In più è importante non fissarsi sul ruolo prestabilito (essere in ogni momento della propria vita un counselor), ma vivere le proprie relazioni quotidiane in modo libero. Se ciò non avviene si rischia un eventuale sovraccarico. E' inoltre utile ricordare che “tutti nella loro vita possono aver bisogno di un intervento di counseling” (anche il counselor stesso). Le Fasi del Counseling Le Fasi dell'Intervento di Counseling sono (Reddy, 1987): 1. Prima Fase: l’intervento facilitante del counselor (empatia, congruenza, accettazione positiva incondizionata, ascolto attivo, interesse per la persona in quanto tale e non per il problema, attenzione focalizzata sul vissuto del cliente e non sui fatti…) è volto al riconoscimento e alla definizione del problema da parte del cliente. Il compito del counselor in questa fase è la Comprensione, che rappresenta la condizione senza la quale non sarebbe possibile avere un’evoluzione positiva della relazione di counseling. Il cliente di solito non ha chiaro il suo problema, anche se vi ha riflettuto per molto tempo (attraverso il processo di ruminazione mentale, cioè di ritorno sempre sugli stessi punti con una percezione dei fatti che rimane sempre alterata dalle stesse convinzioni, anche se il soggetto si sforza di avere punti di vista diversi). La propria percezione soggettiva è quindi alterata, ed è questo il vincolo che ostacola il soggetto nelle sue riflessioni, in quanto esso si trova troppo coinvolto. La difficoltà si ha anche nel tentativo di spiegare il problema, che spesso è nebuloso o incomprensibile anche per lui. Il counselor faciliterà l’espressione del cliente, e questo serve per evitare il rischio di trarre conclusioni personali e di conseguenza interpretazioni che non siano d’aiuto per il cliente; 2. Seconda Fase: sempre grazie all’intervento facilitatore del counselor, essa è volta alla Ridefinizione del Problema. Il compito del counselor in questa fase è la stimolazione del cliente perché si determini quel movimento verticale della coscienza riflessiva, movimento indispensabile per una piena comprensione del problema. Il lavoro è finalizzato ad evidenziare eventuali incrinature nello schema mentale del cliente, fino a quando quest’ultimo non è pronto a eliminarlo ed elaborarne un altro. Al termine di questa fase il cliente si è concentrato sulla complessità della situazione ed è in grado di considerare questo suo problema da un’angolatura diversa, più esaustiva (si usa la Metafora Viaggio secondo cui il cliente sa dove vuole andare ma non con quali mezzi); 3. Terza Fase: è volta alla Gestione del Problema da Parte del Cliente. Prevede un intervento del counselor che facilita il processo decisionale, che rimane però comunque autogestito. Il counselor facilita il cliente attraverso: - uso di varie tecniche con cui definire il problema; - formulazione di varie strategie per conseguire l’obiettivo; - valutazione di ciascuna strategia; - scelta della strategia; - valutazione dei tempi richiesti; - accettazione decisionale; - verifica della congruità della scelta. In questo senso il counselor aiuta quindi il cliente nella scelta di varie opzioni con cui approcciarsi al problema. La Relazione d'Aiuto La Relazione d'Aiuto, nella definizione di Rogers (1951) è "una relazione in cui almeno uno dei due protagonisti ha lo scopo di promuovere nell’altro la crescita, lo sviluppo, la maturità e il raggiungimento di un modo di agire più adeguato ed integrato. L’altro può essere o un individuo o un gruppo. Una relazione d’aiuto potrebbe essere definita come una situazione in cui uno dei partecipanti cerca di favorire, in una o ambedue le parti, una valorizzazione maggiore delle risorse personali del soggetto ed una maggiore possibilità d’espressione". Questa definizione permette quindi di fare riferimento alle relazioni comunemente diffuse (ad es. quelle familiari) e a quelle più strettamente professionali (ad es. insegnante-allievo, medico-paziente). La relazione d’aiuto si distingue per la sua difficoltà, perché implica molte abilità e quindi una ottima padronanza tecnica. Perché questa relazione avvenga in modo corretto, è necessario che l’operatore abbia avuto un training di formazione seria, precisa, puntuale ed appropriata. La formazione quindi è importante, ma non è da intendersi come qualcosa che possa essere quantificato in ore, programmi, corsi o scuole. La formazione è continua, e l’individuo apprende informazioni ed esperienze continuamente in modo dinamico da qualsiasi cosa che lo circonda. Gli Elementi Fondamentali di una Relazione d'Aiuto possono essere riassunti da alcune parole-chiave (Rogers, 1951): - Contatto psicologico: una relazione di aiuto presuppone necessariamente una relazione interpersonale; - Incongruenza: è una discrepanza tra l'esperienza reale dell'organismo è l'immagine di sé che l'individuo ha quando si rappresenta quell'esperienza; - Congruenza: indica una condizione sperimentata dal soggetto che consente di essere liberamente e profondamente se stesso nella relazione e quindi nel corso del colloquio; - Comprensione Empatica: è la capacità di riuscire a sentire il mondo personale del cliente come se fosse nostro, senza però mai perdere la qualità fondamentale del "come se" (mantenendo quindi una distinzione sé-altro); - Accettazione Positiva Incondizionata: non vengono poste condizioni per l'accettazione dell'altro e la persona viene apprezzata senza cadere nella valutazione selettiva (in quanto individuo distinto, specifico, unico, con sentimenti ed esperienze personali); - Comunicazione: si riferisce all'importanza del fatto che il cliente percepisca almeno in parte l'accettazione e l'empatia che il counselor prova per lui, e implica un'attenzione da parte del counselor sul modo in cui il cliente riceve le sue comunicazioni. Secondo Rogers quindi due persone sono in contatto psicologico: - Cliente: è in uno stato di incongruenza, vulnerabilità o ansia; - Counselor: è in uno stato di congruenza e prova nei confronti del cliente sentimenti di considerazione positiva incondizionata, prova una comprensione empatica del sistema di riferimento interno del cliente si sforza di comunicargli questa sensazione. Si deve inoltre verificare una comunicazione almeno parziale della comprensione empatica della considerazione positiva incondizionata del counselor per il cliente. Se queste sei condizioni esistono nel cliente si verificherà una modificazione costruttiva della personalità. Se non è presente una o più di queste condizioni non si verificherà una modificazione costruttiva della personalità. L'Ascolto Attivo Nell'ambito del counseling e della relazione di aiuto è fondamentale l'Ascolto Attivo e Comprensivo, che vede tra i suoi sinonimi l'ascolto empatico e l’ascolto non direttivo, che sottolinea l'apertura verso la fonte comunicativa e l'attenzione centrata sui messaggi dell'emittente. L'Ascolto Comprensivo comporta la capacità di riprendere o di riassumere ciò che l'interlocutore ha appena detto ottenendo la sua approvazione. Questa capacità non può essere disgiunta dalla capacità di osservazione, perché è saper ascoltare implica anche saper osservare. L'Ascolto Attivo prevede ascoltare non solo con il senso dell'udito anche con il senso della vista, stimolando tutto corpo a diventare ricettivo in modo da cogliere con la maggiore attenzione e fondatezza possibile la comunicazione non verbale dell'altro. Per compiere queste operazioni con successo è necessario un particolare atteggiamento di vigilanza e per poter acquisire competenze di ascolto comprensivo occorre una formazione specifica in cui viene richiesto di acquisire la capacità di liberarsi dal proprio modo abitudinario di vedere e interpretare gli avvenimenti e le situazioni per potersi avvicinare e comprendere il punto di vista dell'altro. Gli Ostacoli Frequenti sono: - soggettività (interpretazione soggettiva); - deformazione professionale (rispondere con una condotta abituale); - significato razionale (fermarsi al significato letterale o intellettuale dell'espressione). La Tecnica della Riformulazione costituisce una modalità comunicativa di ascolto e di relazione che consiste nel ri-dire o ri-offrire all'emittente la sua comunicazione utilizzando le ore sue stesse parole ,o altre pertinenti, a seconda che si voglia riformulare attingendo le stesse parole oppure in maniera più concisa o più chiara. Le Funzioni sono: - garanzia di una ricezione corretta del messaggio ricevuto; - comunicazione al cliente del rispetto da parte del counselor-ascoltatore; - interesse nel seguire il cliente nella sua esposizione e nel comprenderlo correttamente. Nelle riformulazione dei contenuti le procedure ordinate secondo livelli progressivi di complessità sono (Rogers e Kinget, 1970): - Riformulazione-Parafrasi: a sua volta comprende: - risposta-eco: il counselor si limita a ripetere le ultime parole del soggetto; - riformulazione-parafrasi o riformulazione-riflesso: il counselor utilizza parole proprie pur ripresentando gli stessi concetti dell'emittente; - riformulazione-riassunto o riformulazione-riepilogo: il counselor opera una sintesi dell'esposizione dell'emittente. - Riformulazione Analogica o Riformulazione per Immagine: il counselor utilizza il codice analogico per riformulare gli elementi portanti nella comunicazione da parte del cliente, utilizzando i contenuti espressi attraverso la comunicazione non verbale. - Riformulazione Correttiva: comprende: - riformulazione-sottolineatura: il counselor ripropone con le stesse parole e con particolare enfasi un'asserzione percepita come particolarmente importante e significativa per l'emittente, per consentirmi di approfondirla e esplorarla; - riformulazione rovesciamento figura-sfondo: il counselor non aggiunge ne toglie niente all'immagine, ma attraverso il rovesciamento mostra qualcosa rimasto latente; - riformulazione-critica: il counselor esplicita un aspetto latente dell'enunciato perché il cliente possa verificare la validità della sua affermazione; - riformulazione-chiarificazione: il counselor evidenzia e rimanda al soggetto il senso delle sue parole. - Confronto: consiste nel mettere a confronto l'emittente con contraddizioni presenti nella sua comunicazione e comprende: - confronto tra due asserzioni verbali in contraddizione; - confronto tra un'asserzione a livello verbale e una comunicazione a livello non verbale; - confronto tra una comunicazione e una realtà valore chiamato in causa dall'emittente. Per la Verbalizzazione degli Stati Emozionali il counselor è chiamato ad intuire la qualità dello stato emozionale e a valutarne successivamente l'intensità, il contenuto o il tema portante. La verbalizzazione si realizzi attraverso: - uso dei sinonimi; - antinomie; - uso dell'optativo. Il counselor che ritiene di dover ricorrere ad una domanda dovrebbe tenere presente che le uniche domande ammesse sono le domande semantiche (ad es. cosa significa per lei?) e solo in casi rari possono essere contemplate domande aperte. È inoltre bene confrontarsi con il silenzio e considerarlo per la forte valenza comunicativa che è in grado di esprimere. Le reazioni del soggetto rispetto alla tecnica di riformulazione sono in genere positive. Ai livelli meno complessi comporta il sollievo del cliente e la piacevolezza della condivisione e nei livelli successivi conducono ad una maggiore consapevolezza ma possono causare un certo effetto di shock nel paziente. Questa tecnica consente alla persona un chiarimento progressivo del contenuto e del significato della sua comunicazione della sua realtà all'interno della relazione dialogica. Vi sono poi atteggiamenti che possono manifestarsi nel clima del colloquio a livello non verbale o che possono strutturarsi vere e proprie risposte verbali. Essi riguardano principalmente le Risposte-Ostacolo al Dialogo che si possono identificare in (Mucchielli, 1983): - Atteggiamento Valutativo e Risposta di Valutazione: implica una posizione rigorosa rispetto ciò che ci circonda ed una valutazione espressa sulla base di rigide norme morali. La risposta valutativa induce un sentimento d'inferiorità nell'interlocutore, tende a implicare nell'altro sentimenti ambivalenti che comprendono conformismo, rifiuto e non-fiducia; - Atteggiamento Interpretativo e Risposta di Interpretazione: tende a cogliere, dalla realtà presentata, ciò che risulta essenziale per l'ascoltatore e non per l'emittente. La risposta interpretativa tende a presentare una ricostruzione di ciò che l'ascoltatore assentito sulla base di legami di causa-effetto relativamente agli aspetti che hanno attirato la sua attenzione e determina nel soggetto la sensazione di non essere stato compreso; - Atteggiamento di Sostegno-Consolazione e Risposta di Supporto: consiste in una benevola tesa ad incoraggiare, a sostenere e a consolare l'altro, rassicurandolo sulla sua situazione e sdrammatizzando gli aspetti per lui più preoccupanti. La risposta di supporto dimostri interesse, comprensione, rassicura, consola, ma se usata spesso induce fenomeni di dipendenza o di contro-dipendenza a seconda del richiamo materno o paternalistico che origina nel soggetto; - Atteggiamento Investigativo e Risposta Inquisitoria: atteggiamento caratterizzato dalla smania indagatrice dell'ascoltatore relativamente ad aspetti che nella sua ottica appaiono di estrema importanza e sui quali ritiene che il soggetto non abbia fatto sufficiente chiarezza. La risposta inquisitoria incalza il soggetto con domande precise e puntuali per raccogliere informazioni ritenute indispensabili al fine di comprendere e finisce nella migliore delle ipotesi per orientare il flusso comunicativo su aspetti particolari, e tende a relegare il soggetto in una posizione difensiva inducendo reazioni di ostilità se la curiosità viene percepita come intrusiva; - Atteggiamento Risolutivo e Risposta di Soluzione al Problema: si ha quando si sottopongono al soggetto proposte incalzanti su soluzioni precostituite che in realtà sono le soluzioni dell'ascoltatore. La risposta di soluzione al problema consiste nel comunicare con precisione la strada da seguire sotto forma di consiglio, nel presentare l'interlocutore azioni da compiere per risalgo la situazione problematica, determina nel soggetto la sensazione che l'ascoltatore voglia liberarsi di lui senza che vi sia stata concessa la possibilità di venire compreso o può indurre l'impressione di essere stato preso così a benvolere da godere di una protezione importante che vale la pena di mantenere anche se non convincente. In tal caso si ha la sensazione d'essere stato aiutato ma il soggetto non avrà ugualmente ricevuto il minimo aiuto. E' quindi necessario strutturare Risposte di Comprensione-Facilitazione che prevedono la presenza di un atteggiamento di accettazione dell'altro, che è opposto all'atteggiamento valutativo. Accettare l'altro in questo caso significa oltre che astenersi da giudicarlo rispettarne l'alterità e l'unicità. La risposta di comprensione-facilitazione serve quindi per assicurarsi di aver ben compreso ciò che l'altro voleva dire, e questo sincero desiderio struttura la fiducia dell'altro, fiducia che gli consentirà di aprirsi al colloquio fino a raggiungere una libera espressione di se stesso. La Gestalt nel Counseling Umanistico Integrato Il Counseling Umanistico Integrato unisce vari approcci tra cui quello Centrato sul Cliente (Rogers), la Terapia della Gestalt e la Psicologia della Comunicazione. L’Approccio Centrato sul Cliente di Rogers ha come obiettivo la congruenza e l’importanza della comunicazione non verbale e dell’aspetto emotivo del vissuto del cliente. La Gestalt consente di portare a livello della figura il corpo e la sua comunicazione, perché la comunicazione verbale diventi lo sfondo, e successivamente portare in figura una comunicazione solistica e integrata, in cui lo sfondo è lo spazio del qui ed ora. La Psicologia della Comunicazione ha in questo senso la stessa traiettoria, in quanto prevede una visione solistica sia del linguaggio della parole che del linguaggio del corpo. Il Counseling Umanistico Integrato ha quindi la convinzione condivisa che esista nel soggetto una serie di spinte verso il benessere, la responsabilità e l’auto-realizzazione. La Gestalt è definita da tre principi fondamentali (Clarkson, 1989): - è fenomenologica (ha come unico obiettivo la consapevolezza); - si basa sull’esistenzialismo dialogico (verbale/corporeo, Io/Tu); - si basa sull’olismo e sulla teoria del campo. Alla base di tale teoria si trova quindi la relazione cliente-counselor, intesa come Nucleo Centrale, e basata sulla capacità di instaurare una relazione autentica. Questi tre approcci creano quindi un modello in cui la persona viene vista in modo centrato e in modo solistico (quindi nella sua dimensione intrapsichica, corporea, emotiva, comportamentale...). CAPITOLO 5 - LA CONDUZIONE DEL COLLOQUIO La Dinamica del Colloquio Il Colloquio è una comunicazione che si basa su uno sforzo di comprensione del counselor nei confronti del cliente. Tale sforzo non è però reciproco, in quanto il cliente è centrato al contrario su uno sforzo di comprensione e chiarificazione di se stesso. Bisogna allora far si che nel colloquio, il quale deve essere sempre richiesto dal cliente e mai imposto, vengano considerati anche alcuni elementi che possono ostacolarlo, in quanto basati su percezioni psicologiche dell'ascoltatore tra cui vi sono: - soggettività: attribuire al reale dei significati in base alla propria esperienza; - deformazione professionale: usare un unico ruolo nella propria vita; - significato razionale: attenzione rivolta solo alle parole e al loro significato. Il counselor deve inoltre prendere coscienza del fatto che le interazioni del colloquio sono frequentemente regolate da Variabili: - Atteggiamenti Impliciti: atteggiamenti involontari e perciò inconsapevoli, basati sulla spontaneità e/o abitudine del soggetto; - Fenomeni di Induzione dalle Risposte: suggestioni involontarie inviate all'interlocutore durante la comunicazione a livello non verbale. Solo l'ascolto attivo è in grado di svolgere un'azione di facilitazione sulla comunicazione dell'interlocutore. I Meccanismi di Difesa La conoscenza dei possibili Meccanismi di Difesa amplia per il counselor le possibilità di lettura della comunicazione utilizzate nell'interazione in modo da essere ancora più consapevole nell'ascolto di se stesso della comunicazione inviata e più attento nei confronti della comunicazione e dell'espressione dell'interlocutore. Il riconoscimento dei meccanismi di difesa operanti amplia inoltre il grado di consapevolezza dell'operatore nell'effettuare le riformulazioni. Questi meccanismi consistono nelle difese specifiche che l’Io utilizza contro le minacce che provengono dal mondo interiore dello psichismo, mondo inconscio e carico di elementi affettivi e simbolici. I Principali Meccanismi di Difesa sono (Trentini, 1980): - Introiezione: è il processo psichico in base al quale il soggetto porta dentro di sé qualche aspetto (reale o simbolico o immaginario) dal mondo esterno. Consiste quindi nell'assorbire psicologicamente il reale (o una sua parte) e nell'incorporare l'immagine di un oggetto esterno; - Proiezione: consiste nell'attribuire una caratteristica o uno stato d'animo proprio ad un'altra persona, vivendoli come riguardanti l'altro invece che se stessi. La proiezione assimilativa è un processo di attribuzione inconsapevole alle altre persone di tratti, atteggiamenti o processi personali, mentre la proiezione-ripudiamento attribuisce agli altri ciò che il soggetto non può accettare di se stesso; - Identificazione: implica che i soggetto assimili l'immagine mentale di una determinata persona e in conseguenza adegui gli effetti e del suo sentire, del suo pensare e del suo agire al modo in cui ritiene che senta, pensi ed agisca l'altro; - Interiorizzazione: è il processo che consente a relazioni intersoggettive di trasformarsi in intrasoggettive; - Identificazione Proiettiva: è il processo psichico mediante il quale il soggetto proietta il suo sé globale su un oggetto esterno che risulta posseduto a livello fantasmatico e passibile di controllo grazie alle parti proiettate; - Fissazione: implica che la libido del soggetto si leghi a persone, relazioni, immagini ed eventi per lui particolarmente significativi sotto il profilo emozionale; - Regressione: il soggetto ritorna con il suo comportamento ad un funzionamento psichico antecedente, più primitivo ed arcaico; - Sublimazione: l'energia psichica che proviene da pulsioni sessuali aggressive primitive viene incanalata tramite questo processo psichico verso altri fini, socialmente accettabili; - Negazione o Denegazione: questo processo psichico consiste nell'abolizione della coscienza di ciò che per i soggetto non risulta accettabile; - Rimozione: è il processo psichico che implica l'allontanamento dalla coscienza e il relegamento nell'inconscio di forze o rappresentazioni che il soggetto non può sostenere, così il soggetto dimentica i contenuti o le attività (o li ricorda ma senza il valore emotivo che viene represso); - Blocco o Repressione degli Affetti: indica la repressione dei contenuti a livello preconscio o alle soglie della coscienza, e in alcuni casi anche in condizioni di consapevolezza; - Formazione Reattiva: dà origine a atteggiamenti e comportamenti che costituiscono una reazione contro la pulsione vera occulta e rimossa, una sorta di garanzia contro il rischio che si verifichi l'evento inconsciamente desiderato; - Ascetismo: consiste nella rinuncia volontaria a pulsioni istintuali, a piaceri o distrazioni, spesso estremamente innocenti; - Razionalizzazione: cercare spiegazioni accettabili sul piano logico-morale per sentimenti, azioni e comportamenti di cui non si vogliono riconoscere le istanze profonde; - Traslazione: consiste nel trasferire cariche affettive da un oggetto ad un altro ed è denominato anche spostamento degli affetti o dislocazione degli stessi; - Isolazione o Isolamento: processo basato sull'esasperazione del pensiero logico che elimina continuamente cariche situazionali ed emozionali relative alle idee; - Intellettualizzazione: può essere considerato una sottospecie dell'isolazione, in quanto è il processo psichico con cui il soggetto inquadra i propri conflitti e le proprie dinamiche emotive secondo un ordine logico-concettuale al fine di poterli controllare e governare con maggiore facilità; - Perfezionismo: consiste nel chiedere a se stessi o agli altri sempre il massimo grado di prestazione possibile in ogni situazione; - Ritiro Emotivo: implica il distacco, per paura di un coinvolgimento in situazioni vissute come potenzialmente cariche affettivamente. Esso rappresenta il rischio di avere valenze traumatiche sulla base di precedenti esperienze personali penose; - Autismo: prevede che il soggetto si regoli in prevalenza o esclusivamente sulla base delle sue idee, dei suoi pensieri e bisogni, realizzando un distacco più o meno totale dal piano della realtà. Funzioni Manifeste e Latenti del Colloquio e Livelli di Espressione/Ascolto Il colloquio può avere una serie di Funzioni che possono essere latenti o manifeste (Salomé, 1989): - Funzione di Condivisione: disponibilità e apertura all’altro; - Funzione di Ordine: formalizzazione di un discorso interiore caotico; - Funzione di Liberazione: possibilità di liberarsi da paure e "fantasmi"; - Funzione di Rivelazione: svelamento per cogliere il senso profondo del vissuto; - Funzione di Chiarificazione: portare alla luce ciò che è solo in parte comprensibile; - Funzione di Reinquadramento: recuperare lo “sfondo” e guardare il problema da altri punti di vista; - Funzione Semantica: attribuzione di significato a ciò che rimarrebbe indefinibile; - Funzione di Amplificazione: cogliere anche ciò che rimarrebbe inosservato; - Funzione di Informazione: trasmissione del sapere; - Funzione di Terapia: accedere a ciò che risulta rimosso dalla coscienza attraverso chiarificazioni progressive, angolazioni diverse e insight. Ci sono poi tre Livelli di Espressione d’Ascolto: - Livello Realistico: ancorato alla realtà osservabile; - Livello Immaginario: riguarda la produzione fantasmatica a partire da un’emozione; - Livello Simbolico: insieme di significati personali di un individuo. Il Colloquio Deve Essere Condotto Oppure No? La risposta a tale domanda è sì, in quanto la conduzione del colloquio deve realizzarsi con un intervento intenzionale di facilitazione dell'espressione del cliente. Una buona conduzione necessita quindi del possesso di qualità personali e della padronanza di precise tecniche acquisite con apposita formazione e addestramento. L'intervento verbale del counselor quando è opportuno, e quando è sostenuto da una comunicazione non verbale di empatia, aiuta il cliente a fare il punto su quanto ha espresso contemporaneamente attraverso il livello della comunicazione verbale e non verbale. Il Primo Incontro All'inizio della Prima Seduta è opportuno fugare false aspettative spiegando al cliente in che cosa consiste l'intervento di counseling, sottolineando che l'ultima cosa che cliente dovrà aspettarsi dal counselor è un consiglio in quanto sarà il cliente a trovare dentro se stesso le risposte auspicate e la soluzione al proprio problema. Si dovrà poi spiegare che sarà il cliente a parlare maggiormente e che il counselor interverrà solo di tanto in tanto con riformulazioni. Ottenuto l'assenso del cliente si deve affrontare il tema della condivisione di una fiducia reciproca nel lavorare con le riformulazioni e il counselor deve chiedere al cliente di correggerlo e di illuminarlo tutte le volte che, non avendo ben compreso ciò che il cliente ha detto, si potrebbe trovare e formulare erroneamente. Qualunque sia la frase scelta per lasciare campo libero al cliente, un clima di accoglienza di empatia, unitamente ad atteggiamenti comunicativi non verbali rassicuranti, deve accompagnare questo momento delicato per il cliente. Nella fase iniziale del primo incontro spesso giocano un ruolo alcuni imbarazzi, paure o fantasmi del cliente e la risposta migliore che si può fornire è una profonda accettazione incondizionata, l'interesse e la comprensione empatica. Nel corso del primo colloquio il counselor dovrà inoltre trovare il momento opportuno per formulare una richiesta, magari indiretta, attraverso una riformulazione che ratifica il contratto del counseling. Questa richiesta consiste nella Definizione dell'Obiettivo che il cliente ha riconosciuto come traguardo dell'intervento e per il raggiungimento del quale intende lavorare con il counselor. Fin dal primo incontro opportuno stabilire i Limiti dell'Intervento di Counseling, quantificandolo in un numero preciso di incontri, conclusi i quali si provvederà effettuare una verifica sul conseguimento dell'obiettivo prefissato. La Fase Iniziale del Colloquio Bisogna centrarsi sulla persona e quindi il counselor deve essere accogliente e autentico. È importante ricevere l’altro con simpatia cordiale e sincera. Per essere autentici, ed essere percepiti, come tali è indispensabile essere se stessi. È importante che vi sia congruenza anche dei sentimenti negativi, non sommergendo l’altro di critiche, ma condividendo anche i sentimenti negativi (ad es. antipatia verso il cliente) riconoscendo che questa non è una sua qualità intrinseca, ma piuttosto che è un vissuto particolare del counselor rispetto a certe sue caratteristiche (è quindi un problema del counselor e non del cliente). Importante è anche il focalizzare l’attenzione sull’invio di segnali non verbali congruenti che risultino quindi amichevoli e di sincera attenzione e disponibilità verso l’altro, in quanto messaggi contraddittori creano ansia nel ricevente. Nel Vivo del Colloquio Essere centrati sulla persona in questa fase significa focalizzare l'attenzione su vissuto del cliente nel qui e ora e non sui fatti e interessarsi a ciò che il cliente sta comunicando anche con linguaggio non verbale, chiedendosi quali emozioni sta sperimentando (non limitarsi al significato razionale delle sue parole o semplicemente racconto degli avvenimenti e delle situazioni che ci sta fornendo). L'interesse per il problema presentato non deve mai sopravanzare all'interesse per la persona. Ma mano che si avanza essere centrati sulla persona comporterà più attenzione al problema per come viene riconosciuto dal cliente e l'individuazione dell'obiettivo concreto da perseguire. Il counselor si guarderà bene dall'intervenire con intenti pedagogici sul sistema valoriale operante e dovrà essere in grado di non mettere in azione un sistema valutativo nemmeno nel suo intimo ma, al contrario, comprendere profondamente il soggetto in modo empatico. Dopo aver enumerato varie proposte di azione pratica, dopo averle valutate singolarmente ed aver provato a metterle in ordine gerarchico in base al criterio della percorribilità personale si Sceglie una Strategia. In questa fase del colloquio bisogna facilitare la comunicazione, essere congruenti, essere empatici, essere pazienti, fare riformulazioni attente e pertinenti, mantenere un atteggiamento di accettazione, effettuare un attento lavoro di monitoraggio di se stessi, osservarsi nella relazione anche attraverso le reazioni del cliente, verificare sempre l'efficacia della trasmissione empatica, rispettare il soggetto del suo sistema valoriale e nel suo vissuto oltre che nelle sue scelte. Il counselor deve Evitare di: - parlare troppo; - fare troppe domande; - esprimere giudizi; - fare un'azione di sostegno e consolazione (alimenta la dipendenza); - interpretare facendo delle rivelazioni; - fornire soluzioni. Ritiro e Chiusura del Colloquio La Chiusura del Colloquio riguarda la fine di un dato incontro. È necessario che il cliente sia a conoscenza della durata dell'incontro (45-50 minuti) ed è utile disporre di un orologio a muro nel proprio campo visivo in modo da poter controllare l'orario senza metacomunicare noia e fastidio (ad es. guardando sempre l'orologio da polso). Chiudere un incontro non è sempre facile e l'abilità sta proprio nel farlo in modo empatico, rimanendo in contatto con il cliente, e facendo leva sulla fiducia nella relazione affidando al prossimo incontro ruolo di occasione futura da condividere. Se si ci trova a dover comunicare al cliente la necessità di concludere a causa del protrarsi dell'incontro oltre i limiti stabiliti è importante che traspaia nella sua comunicazione una certa dose di rammarico e la sua vicinanza empatica. Anche nel momento in cui il counselor si troverà ad essere annoiato o a provare gioia per la fine del colloquio è fondamentale trovare spazi e tempi adeguati per comunicare al cliente tale sensazione in quanto, se adeguatamente discussa e analizzata, può rivelarsi portatrice di significati più profondi. Rischi nella Conduzione del Colloquio Il counseling proprio per le sue caratteristiche di intervento presuppone anche una conoscenza di se stessi, un lavoro conoscitivo e di approfondimento che ciascun counselor deve essere disposto a fare in prima persona sui propri tratti di personalità, sulle proprie tendenze di risposta, sui propri complessi personali. Tra i Rischi principali troviamo la Spontaneità che a volte può far cadere in errori come: - portare il colloquio oltre il tempo previsto; - tendenza a mantenere l’idea che uno si è creato nella fase iniziale; - agire istintivamente in base al sentimento che ci suscita il cliente; - induzione delle risposte (nel formulare la domanda possono agire pressioni inconsce e non intenzionali che si esprimono a livello di sfumature verbali o di comunicazione non verbale inducendo il cliente a rispondere in un certo modo senza che abbia avvertito alcuna influenza). Attenzioni Particolari per la Conduzione del Colloquio Bisogna infine considerare alcune Attenzioni Particolari utili per la conduzione di un colloquio di counseling. Esse riguardano principalmente due aree: 1. Caratteristiche Relative all'Ambiente: esse riguardano il setting del colloquio. Disporre di sedie comode (ad es. poltrone) faciliterà lo stare bene evitando che il disagio fisico si ripercuote negativamente sul colloquio e sulla concentrazione. Esse dovranno inoltre essere una di fianco/fronte all'altra. La stanza deve essere arredata sobriamente in modo che l'arredamento non sia fattore di distrazione, ma che non sia troppo spoglia se no comunica freddezza. Da evitare sono ambienti piccoli che e risultano opprimenti o grandi che non facilitano l'intimità. Deve essere garantita la riservatezza dell'ambiente perché il cliente possa esprimersi liberamente (deve essere un posto silenzioso) e sono infine da evitare interruzioni sia provenienti dall'esterno sia che si manifestino all'interno perché turbano il colloquio; 2. Condizioni Relative alla Forma: esse riguardano più propriamente la persona del counselor. Egli deve essere puntuale nel recarsi all'appuntamento e nel caso in cui sia il cliente a ritardare non assumere atteggiamenti valutativi mantenendo un atteggiamento neutro. Il modo di vestire del counselor veicola messaggi e suscita delle reazioni legate ad uno status sociale e agli stereotipi culturali di cui ognuno è "intriso". Può quindi risultare utile la scelta di un modo di vestire sobrio ed una cura attenta della persona senza cadere però in particolari esagerazioni. CAPITOLO VI: IL COUNSELING DI GRUPPO Il Gruppo Con il termine Gruppo si fa riferimento all’insieme di due o più persone che interagiscono vis à vis, che si riconoscono come unità di una parte durevole nel tempo e nello spazio e condividono una finalità comune (Gergen, 1986). Secondo altri studiosi il gruppo presuppone l’interazione tra pluralità di individui e per questo non basta pensare ad una coppia ma almeno a 4 individui in quanto nella coppia le relazioni sono di tipo individuale ed ogni coppia prevede comunque una costante presenza fantasmatica di un "terzo". Con quattro soggetti comincia allora a delinearsi il gruppo e si manifestano fenomeni di coalizione, rifiuto, maggioranza e minoranza. Vi sono varie Distinzioni tra i Gruppi: - Rice (1965): distingue tra: - piccolo gruppo (da 6 a 12 membri escluso il conduttore); - grande gruppo ( oltre i 12 membri). - Anzieu (1979): distingue tra: - gruppo ristretto (da 8 a 10 persone che può estendersi fino a 25); - gruppo allargato (in cui il partecipante riconosce i membri con lentezza); - gruppo vasto (oltre le 80 persone); - folla (oltre le 300 persone). Rispetto alle Peculiarità del Gruppo è necessario tenere a mente la definizione di Lewin (1936): "il gruppo è un’unità che esprime qualcosa di più che la somma delle qualità dei suoi membri". Dal confronto reciproco tra i partecipanti si originano fenomeni riconducibili all’ambito dei vissuti e delle percezioni sia individuali sia del gruppo. Altri studi (McGrath e Kravitz, 1982) sull’interazione di gruppo hanno evidenziato una distinzione tra: - Forma: riguarda il numero di partecipanti e lo spazio temporale riservato alla partecipazione di gruppo; - Contenuto: comprende anche il numero delle comunicazioni relative al compito da portare a termine, emesse da tutto il gruppo o solo da qualcuno (ad es. fornire informazioni/opinioni, richiedere suggerimenti, programmare obiettivi). Esso include anche le comunicazioni socio-emotive. Lo studio sulla forma e sul contenuto ha poi trovato nuovi spunti grazie agli studi di Bales (1979). Hare (1976) ha rintracciato quattro Dimensioni Fondamentali alla base delle Interazioni Gruppali: - Dominanza/Sudditanza: - comportamenti dominanti: loquacità, tentativi di influenza, ricerca dello status interno del gruppo; - sudditanza: richieste d’aiuto, espressioni d’ansia, manifestazioni di frustrazione. - Comportamento Socio-Emotivo Positivo e Negativo: - positivo: mostrare affetto o accordo, chiedere con gentilezza; - negativo: disaccordo, antagonismo. - Comportamento Gioviale e Comportamento Espressivo: - gioviale: comportamento verso il compito, sostenere le persone; - espressivo: il contrario del gioviale. - Conformismo e Non Conformismo: - conformismo: desiderio di lasciarsi guidare dalle norme di gruppo; - non conformismo: atteggiamenti di tensione, ritiro, resistenza rispetto alle pressioni che richiedono una conformazione alle norme stesse. Il processo di interazione nel gruppo dà poi luogo a vari Tipi di Esito: I - i membri si conoscono meglio tra di loro e si sviluppano sentimenti di antipatia e simpatia; II - alcuni membri si comportano in modo più dominante rispetto agli altri; III - nei gruppi con un compito preciso, il risultato più importante è costituito dalla prestazione nel compito o dal raggiungimento nello scopo del gruppo; IV - i risultati e il raggiungimento dello scopo previsto vengono messi in relazione con sentimenti di soddisfazione o insoddisfazione. Caratteristiche Fondamentali della Vita di Gruppo Le Caratteristiche Fondamentali della Vita di Gruppo sono: 1. Bisogni ed Esigenze dei Membri: i bisogni e le esigenze dei membri del gruppo sono alla base della sua formazione e la partecipazione al gruppo da parte dei suoi componenti avverrà in maniera direttamente proporzionale al grado di soddisfazione dei loro bisogni e delle loro aspettative. Maslow (1968) ha individuato due tipologie di bisogni dei singoli individui: - Bisogni di Base: sono bisogni da carenza e hanno carattere di urgenza e pressione; - Metabisogni: sono legati all'autorealizzazione e all'espressione delle potenzialità dell'individuo (iniziano dal IV livello). L'organizzazione dei bisogni è quindi gerarchica e si basa su vari Livelli: I - Bisogni Fisiologici (aria, cibo, acqua, sonno, calore, sesso); II - Bisogni di Sicurezza (desiderio di protezione, di ordine, di libertà dalla paura); III - Bisogni di Amore e di Appartenenza; IV - Bisogni di Stima, di Autostima e di Considerazione di Sé e degli Altri; V - Bisogni Intellettuali; VI - Bisogni Estetici; VII - Bisogni di Autorealizzazione. Sono poi l'interazione e la reciprocità tra uno o più partecipanti con certi bisogni che determinano il comportamento del gruppo (Benson, 1987); 2. Bisogni, Scopi, Valori, Regole e Ruoli: è fondamentale l'Accordo sugli Scopi del gruppo ai fini della sua stessa sopravvivenza ed efficacia, e all'interno del gruppo si stabiliranno interazioni significative tra i due livelli: - il piano degli scopi dei singoli; - il piano degli scopi del gruppo. L'impegno dei partecipanti sarà in relazione a quanto è desiderabile lo scopo, quanto è realistico, quanto è stimolante e quanta soddisfazione è in grado di offrire. Il gruppo determina un sistema di Valori di riferimento che riconosce determinati obiettivi e comportamenti come accettabili/non accettabili e desiderabili/non desiderabili. Le Regole invece fissano e prescrivono quali comportamenti e azioni sono corretti e quali no, mentre le Norme sono valori espressi in termini comportamentali (per rinforzarle esistono le sanzioni). Infine i Ruoli sono atteggiamenti funzionali in quanto mirano alla soddisfazione di interessi individuali e di gruppo. Oltre al ruolo che l'individuo sceglie e gioca consapevolmente possono esistere anche ruoli in cui si può ritrovare coinvolto senza nemmeno una piena consapevolezza, sulla base di pressioni esercitate dal gruppo. Ogni ruolo possiede un valore di per sé e un valore relativo al contesto, con una relativa differenza rispetto a quanto esso è apprezzato dal singolo e dal gruppo; 3. Processo di Gruppo: una prima distinzione fondamentale da fare è quella tra: - Contenuto di Gruppo: si riferisce al “cosa” di un’esperienza di gruppo (ad es. di cosa si sta parlando e quale attività si sta svolgendo). E' la sostanza dell’attività di gruppo, anche in superficie, e per questo è visibile e si manifesta; - Processo di Gruppo: si riferisce al “come” dell’esperienza di gruppo quindi al modo in cui i componenti reagiscono e discutono. Rappresenta quindi quel che accade sotto la superficie a livello psicologico. L’insieme dei cambiamenti che ci sono all’interno del gruppo ha diversi livelli: - Strutturale: efficacia della comunicazione, dei ruoli, delle nome, della cultura; - Profilo Comportamentale: qualità della relazione, silenzio, collera, gesti, postura; - Psicologico: livello di fiducia, coesione, intimità, misura in cui i singoli si sentono valutati, inseriti e capaci di contribuire. Il Counseling di Gruppo I fondamenti concettuali del counseling di gruppo sono rintracciabili nel pensiero lewiniano e nella psicologia della gestalt da un lato, e nella terapia centrata sul cliente dall'altro. Lewin teorizzò l'importanza di un addestramento all'arte dei rapporti umani creando "T-group" finalizzati a insegnare agli individui ad osservare e prendere consapevolezza della natura delle loro interazioni con gli altri della modalità di procedere del gruppo stesso. Rispetto alla loro Classificazione i gruppi di Counseling possono essere distinti in (Rogers, 1970): - T-Group: gruppo di addestramento, teorizzato da Lewin (1947) finalizzato ad insegnare agli individui ad osservare e prendere consapevolezza della natura delle loro interazioni con gli altri e del modo in cui si muovono nel gruppo. All’inizio era centrato sui rapporti umani, in seguito ha ampliato la sua area di interesse; - Gruppo d’Incontro: attraverso l’esperienza diretta si tende a facilitare la crescita della persona, lo sviluppo e il miglioramento della comunicazione e dei rapporti interpersonali; - Gruppo di Addestramento alla Sensibilizzazione: finalità simili al t-group e al gruppo di incontro; - Gruppo di Orientamento ad un Compito: usato per focalizzare l’attenzione su un compito (richiesto in ambito industriale); - Gruppi di Consapevolezza Sensoriale, Gruppi di Consapevolezza Corporea, Gruppi di Movimento Corporeo: promuovere la consapevolezza fisica attraverso danza, movimento e attività fisiche/sensoriali; - Seminari di Creatività: promuovere l’espressione creativa usando modalità artistiche per sviluppare la libertà di espressione; - Gruppo di Sviluppo Organizzativo: l'obiettivo è l’accrescimento dell’attitudine alla leadership; - Gruppo di Formazione di Team: la finalità è quella di creare un team di lavoro compatto ed efficace; - Gruppo di Gestalt: usato della terapia della Gestalt; - Gruppo Synanon o Game: nato per il trattamento dei drogati, prevede una modalità di attacco dei confronti delle difese dei partecipanti. Altre forme prevedono gruppi “estranei” in cui gli individui devono necessariamente non conoscersi, mentre lo staff al contrario è composto da persone che hanno rapporti di vita quotidiani. I gruppi possono partecipare a lavori intensivi che comprendono l’intero weekend, sedute settimanali/bisettimanali oppure gruppi “maratona” di 24 ore e oltre. Rispetto alle Questioni Operative Preliminari è necessario, per chi si accinge a costituire un gruppo, avere chiaro: - finalità del gruppo; - modalità previste per il conseguimento delle finalità; - caratteristiche richieste per diventare membro del gruppo; - richieste nei confronti dei membri del gruppo; - casi in cui un soggetto può uscire dal gruppo; - casi in cui si può ripristinare nuovamente la condizione di appartenenza. Il Counseling di Gruppo, nello specifico, consente di: - condividere le esperienze; - sviluppare le capacità di integrazione sociale; - ricevere supporto per poter negoziare il significato; - elaborare esperienze personali particolarmente pregnanti. Murgatroyd (1985), rispetto l'esperienza di Clarence Mahler, riporta i bisogni a cui il counseling di gruppo può rispondere: - imparare comprendere meglio gli altri e il modo in cui gli altri vedono o comprendono un mondo sociale; - prendere un più profondo rispetto per gli altri; - sviluppare le capacità di integrazione sociale; - sperimentare l'appartenenza attraverso la condivisione di esperienze con gli altri; - fronteggiare certe problematiche; - trarre beneficio dalle reazioni degli altri verso i propri punti di vista; - impegnarsi in un lavoro individuale di agevolazione e facilitazione. Il ruolo del facilitatore del gruppo (leader) è determinante per l'efficacia del lavoro, e per questo risultano importanti motivazioni e filosofia. Benson (1987) riporta i seguenti esempi relativi alle Caratteristiche di un Lavoro di Gruppo Creativo: - essere in grado di lavorare usando intuizione immaginazione; - sentirsi a proprio agio nel lavorare contemporaneamente a diversi livelli; - essere in grado di lavorare con i processi per aiutare i singoli nel gruppo; - lavorare efficacemente con le emozioni; - usare una varietà di tecniche per lavorare con situazioni difficili; - sviluppare la pratica delle giuste relazioni; - sapere quando lasciar perdere un obiettivo; - aiutare i partecipanti a lavorare secondo i loro principi operativi; - aiutare i partecipanti a vedere le conseguenze del loro comportamento; - incoraggiare soluzioni di conflitti interpersonali che non danneggino nessuno. Emergono tre Pratiche Operative del Facilitatore: - uso di se stessi come modello o esempio; - percepire cosa sta accadendo nel gruppo e adattarvisi; - fornire una struttura è un lavoro esperienziale che assicuri sostegno e metta in pratica comportamenti e atteggiamenti desiderabili. Infine vi sono quattro Modalità di Lavoro che hanno un forte impatto sull'efficacia del gruppo: - lavorare con le emozioni (sentirsi a posto, cioè riconoscere che le emozioni sono parte integrante dell'essere umano, diventare consapevoli delle emozioni, assumersi la responsabilità delle proprie emozioni, esplorare le emozioni). Il lavoro con i sentimenti dei partecipanti risulta fondamentale per la costruzione e l'evoluzione stessa del gruppo; - insegnare partecipanti a tenersi in forma; - insegnare partecipanti ad analizzare il processo di gruppo; - lavorare in situazioni difficili. Il Processo del Gruppo d'Incontro Rogers (1970) suddivide il Processo di Gruppo in diversi Stadi, che sono poi scomponibili in specifiche Fasi: Stadio I: - Girare a Vuoto: periodo di confusione iniziale, di silenzio imbarazzato, di interazioni superficiali guidate dai comuni canoni di riferimento. Chiacchiere prive di spessore, frustrazione e mancanza di continuità sono gli elementi principali; - Resistenza all’Espressione o all’Indagine Personale: gli individui tendono a mostrare reciprocamente il loro Sé Pubblico mentre con molta difficoltà iniziano a fare i passi per mostrare il Sé Privato. Stadio II: - Descrizione di Sentimenti Passati: nonostante il rischio percepito nell’aprirsi davanti agli altri, si inizia a esprimere i propri sentimenti. La condizione che accompagna più frequentemente questo processo, è il fatto di polarizzare avvenimenti esterni e attuali come se fossero in un tempo e in un luogo lontano dal gruppo; Stadio III: - Espressione di Sentimenti Negativi: la prima espressione di un sentimento autentico è solitamente l’espressione di un sentimento negativo nei confronti o di altri membri del gruppo o nei confronti del facilitatore. Questo perché è più difficile esprimere sentimenti positivi considerando che se si esprimono i negativi al massimo ci si può aspettare come risposta un attacco da parte di altri e di conseguenza mettere in atto meccanismi di difesa per proteggersi. Questo rende più facile gestire i sentimenti negativi; Stadio IV: - Espressione ed Investigazione del Materiale Personalmente Significativo: inizia il processo chiamato “Viaggio al centro di Sé”; Stadio V: - Espressione di Sentimenti Interpersonali Immediati nel Gruppo (positivi o negativi): dichiarazione di sentimenti che il soggetto prova nel qui ed ora nei confronti di altri membri del gruppo; - Sviluppo di una Capacità Creativa nell’Ambito di Gruppo: alcuni soggetti hanno una capacità naturale e spontanea ad intervenire sul dolore e la sofferenza altrui in modo terapeutico e facilitante; Stadio VI: - Accettazione di Se Stessi e Inizio del Cambiamento: solo accettando se stessi e le nostre esperienze è possibile iniziare a cambiare; - Rottura delle Facciate: in genere in gruppo, in momenti diversi, inizia a non tollerare più l’esistenza e la manifestazione di difese da parte di alcuni componenti; - Ricezione di un Feedback: nel processo di interazione di gruppo il soggetto con rapidità acquisisce dati sul modo in cui appare agli altri; - Confronto: un individuo affronta l’altro livellandosi direttamente su di lui. Sono scontri che a volte possono essere positivi ma nella maggior parte dei casi sono negativi; - Utilità del Rapporto Fuori dalle Sedute di Gruppo: molti individui hanno qualità di ascolto attivo e di facilitatore e l’esperienza di gruppo è come se riscrisse a liberare queste potenzialità da poter intraprendere anche nei rapporti esterni; - Incontro Fondamentale: alcuni individui giungono alla modalità di rapporto più intimo, che prevede l'esperienza del rapporto “Io-Tu” la quale facilita il cambiamento; - Espressione di Sentimenti Positivi e di Intimità: il prendere parte al gruppo genera sentimenti di calore, spirito di gruppo, fiducia, non solo alla base di atteggiamenti positivi ma piuttosto accettando sia sentimenti positivi che negativi; - Cambiamenti di Comportamento nel Gruppo: i mutamenti più frequenti sono quelli comportamentali (ad es. gesti, tono di voce…). Metodologia del Gruppo Come definito dall'Impianto Applicativo dell'ASPIC e dalle Direttrici di Riferimento Relative (Giusti, 1995), le sedute di gruppo consistono in incontri periodici (di circa 15 persone) il cui scopo principale è l'espressione di sentimenti vissuti in un ambiente protetto e il raggiungimento della consapevolezza delle proprie dinamiche interne e interpersonali. Alla base del buon funzionamento del gruppo ci sono delle Regole che consentono ad ognuno di rispettare la libertà degli altri: - Discrezione e Confidenzialità; - Astinenza da Relazioni Sessuali tra i Componenti del Gruppo; - Esclusione di Osservatori Casuali; - Divieto di fumare; - Tempo Fisso a Disposizione; - Esprimersi invece che Dialogare; - "Basta Davvero!" (formula convenzionale pronunciata da chi sta compiendo un'esplorazione in profondità che gli permette di interrompere il suo lavoro invitando il gruppo a sospendere il fermare del tutto e immediatamente l'interazione in corso). La seduta di gruppo ha una sua Struttura ed è scandita dalle fasi: - Inizio (fase espositiva): i membri del gruppo sono invitati a partecipare brevemente a turno il loro vissuto dal momento e a prenotarsi eventualmente per un'esplorazione; - Durante (fase del cambiamento): uno o più membri del gruppo possono essere chiamati a partecipare al lavoro in qualità di personaggi e/o figure dell'esistenza e/o dell'immaginazione di chi sta lavorando in modo da favorire l'esplorazione del partecipante; - Fine (fase dell'assimilazione-integrazione): i partecipanti si esprimono a turno facendo un bilancio di ciò che è accaduto nel corso della seduta e comunicano eventualmente il proprio vissuto dell'esperienza di gruppo appena trascorsa. Rispetto alle Regole di Partecipazione ciascuno riceve nella misura in cui dà, le assenze dal gruppo sono una rinuncia ad un'opportunità di lavoro per se stessi ma anche un irresponsabile sottrazione di energie e di confronto per gli altri partecipanti, per cui una frequenza frammentaria rende il gruppo precario per tutti partecipanti. Considerando invece l'Orientamento Pedagogico al Feedback Fenomenologico bisogna all'inizio definire il Feedback (deriva da feed=nutrire e back=indietro) come un ritorno di informazione ad un centro emittente. Esso può essere chiamato anche retroazione. La sua funzione è quella di agevolare l'apprendimento e ampliare la presa di coscienza e la consapevolezza, informando la sorgente di un messaggio dell'effetto prodotto sul destinatario. In un setting strutturato agevolato dalla collettività gruppale counseling, il feedback assume notevole rilevanza ed è di grande utilità sia per chi effettua un'esplorazione terapeutica, sia per chi ne è testimone. Il feedback può effettuarsi: - a richiesta: la persona che ha effettuato un'esplorazione sceglie un membro del gruppo come referente utile dal quale vuole sentire le risonanze provate durante questo lavoro terapeutico; - in offerta: un membro del gruppo spontaneamente vuole offrire un contributo che può essere utile e chiede se si vuole ascoltarlo; - per discarica pulsionale: un lavoro appena effettuato da un partecipante ha coinvolto eccessivamente un altro membro del gruppo che sente un'esigenza esplosiva ed il bisogno di scaricarsi, quindi può chiedere di prenotarsi per un'esplorazione utilizzando le risonanti tensioni interne suscitate da questo vissuto. Non essendo ancora pronto per lavorare su questo vissuto può chiedere alle di potersi esprimere solo per evacuare la pressione intollerabile e ridurre così le tensioni interne. La persona, travolta dal proprio vissuto e non essendo più in grado di gestire lo stress situazionale, esce dal setting. Il feedback può essere quindi nutriente e di arricchimento, o dannosamente tossico e indigesto. Per contenere la violenza gratuita di tipo reattivo è utile contenere il VISSI che si compone di: - valutare e giudicare; - indagare; - sostenere; - soluzionare e consigliare; - interpretare. Il Facilitatore nei Gruppi Come definito da Rogers (1970) è importante che l'agevolatore manifesti interesse e attenzione per ciascuno dei singoli individui componenti il gruppo e che contemporaneamente riveli interesse sia per il benessere individuale che per il benessere del gruppo come unità. Nella fase iniziale dovrà facilitare la negoziazione del contratto inerente a ciò su cui hai intenzione di lavorare e le modalità che intende usare. Il rispetto, la considerazione e l'accettazione degli altri sono la migliore modalità di interazione significativa in grado di rispettare il gruppo alla sua dinamica offrendogli la possibilità di manifestare le sue caratteristiche ed i suoi bisogni. Murgatroyd (1985) e riporta le otto Caratteristiche della Facilitazione: - aumento della consapevolezza (dovuto all'essere incoraggiati ad accrescere l’autocomprensione e ad imparare di più su come gli altri ci vedono); - riconoscimento di similarità (dovuto alla dimostrazione del fatto che siamo simili alle altre persone sotto molti aspetti); - condizioni di ipseità (fanno sì che la persona senta di essere compresa e accettata dal facilitatore); - percezione di sé attraverso gli altri; - espressività; - comunicazione aperta; - calore; - confronto. Rispetto ai Problemi di Conduzione si possono considerare: - il facilitatore ha degli obiettivi che non rivela il gruppo, questo genera ambiguità e difficoltà nel instaurarsi del clima di fiducia; - il facilitatore decide di dirigere il gruppo in una direzione ben precisa piuttosto che facilitarlo nella scelta della direzione consapevole; - il facilitatore valuta la buona riuscita di un gruppo sulla base delle emozioni dei suoi partecipanti; - il facilitatore lascia che un tempo molto ampio si è occupato dall'esplorazione delle sue sensazioni e dei suoi pensieri; - invece di agevolare interpreta le azioni espressioni dei membri del gruppo con una chiara azione inibitrice sulle sue possibilità di esplorazione e di approfondimento. Un animatore di gruppo, così come definito dall'ASPIC deve essere: reattivo, non ipercritico, democratico, eccitato, eccitante, partecipativo, ispiratore, forte, sensibile, percettivo, membro di una squadra, paziente, in crescita, capaci di apprendere, aperto, vivo, onesto ed esploratore. Le sue capacità sono: l'ascolto attivo, la visione globale, l'empatia, il senso del tempo, la chiarezza, la diversificazione, la capacità di variare, il contatto pieno, l'apertura di se stesso, la flessibilità. I Livelli di Intervento fondamentali sono: - interventi individuali; - interventi interpersonali; - interventi di gruppo. Per Benson (1987) le Fasi dello Sviluppo del Gruppo sono:: fasi iniziali (inserimento); fasi centrali (controlli); fasi più avanzate (istanze affettive); fasi finali (separazione). A ciascuna di queste fasi corrispondono precise responsabilità di conduzione da parte del facilitatore: - Fasi Iniziali e di Inserimento: necessario il matérnage con cui il leader si prende cura dei membri del gruppo e assume il ruolo materno. Compito del facilitatore è di nutrire il gruppo con consapevolezza e sensibilità circa le difficoltà e le facilitazioni relative al piano fisico, al piano emotivo, al piano intellettuale; - Fasi Centrali e di Controllo: l'interazione si polarizza sull'influenza sul gruppo e l'autonomia e la libertà personale a cui è necessario rinunciare per stare nel gruppo. La facilitazione nella fase di controllo prevede l'assunzione del ruolo paterno vale a dire un rapporto basato sull'autorevolezza in cui è presente il principio di autorità nella misura in cui al facilitatore stanno a cuore gli interessi individuali e collettivi, e il facilitatore lascia che i membri "lottino" per dividere l'autorità ma fa capire che non permetterà loro la distruzione completa del gruppo. Sul piano il fisico ruolo del padre si esprime attraverso programmi che prevedono un lavoro sull'enorme mentre sul piano emotivo richiede alcuni principi operativi a cui ispirarsi: - lasciare che accada ciò che deve accadere; - incoraggiare la libera espressione; - assunzione di responsabilità alla ricerca delle soluzioni; - fornire protezione e sostegno quando necessari. Sul piano intellettuale il ruolo del padre richiede di aver chiari problemi e incoraggia un'efficace soluzione dei problemi attraverso l'assunzione di decisioni. - Fasi Avanzate e Istanze Affettive: i tre aspetti che interagiscono per ciascun partecipante sono: - essere devoluti a godere di intimità; - qualità del lavoro e soddisfazione che offre; - individualità. I lavori sul piano fisico, emotivo e intellettuale sono tesi a esplorare la possibilità di intimità e interdipendenza. - Fasi Finali e di Separazione: questo può far insorgere forti ansie nei partecipanti che possono manifestarsi nei seguenti modi: - rifiuto (i partecipanti possono esprimere sorpresa o sostenere di aver dimenticato che l'esperienza di gruppo sarebbe terminata); - regressione (tentativi di riattivare problemi o bisogni che hanno portato alla formazione del gruppo); - fuga (i partecipanti escono dal gruppo prima del tempo o partecipano ad altri gruppi); - ricapitolazione (riesaminare le esperienze del gruppo e rivivere i ricordi). A livello fisico per lavorare con il gruppo si prevede la necessità di portare a termine i compiti del gruppo, fare in modo che le attività diventino meno gratificanti, incoraggiare ritiro e celebrazione. A livello emotivo si prevede l'invito ai partecipanti ad analizzare le proprie emozioni e ad affrontare le ansie legate alla separazione. A livello intellettuale è necessario misurare quanto ci si è avvicinati agli obiettivi individuali e stabilire se sono stati raggiunti gli scopi del gruppo. Strategie di Intervento in Presenza di Comportamenti Difficili Alcune Problematiche per il Facilitatore, così come classificato da Murgatroyd (1985), sono: - Membri di Gruppo Silenziosi: individui seduti alla periferia del gruppo che scelgono di non contribuire rispondere ai suoi sviluppi a meno che non siano esplicitamente invitati a farlo. Il rischio che creano è la disgregazione. Il facilitatore starà attento che il confronto con queste persone non abbia caratteristiche lesive per la persona; - Monopolizzatori: il facilitatore deve avere fiducia nel gruppo e consentire di imparare a gestire risolvano i problemi che si trova a fronteggiare; - Narratore di Storie: il conoscitore di aneddoti che propina storie in continuazione o il sovrastato re di storie, è colui che utilizza storie per sovrastare storie offerte da altri membri del gruppo. E' importante che il facilitatore ricordi le regole relative al qui e ora e all'uso linguistico io-me (al posto di voi-loro); - Problema dell'Interrogazione: un membro usa una rivelazione di un altro membro per interrogare, spingendo quest'ultimo a dire di più di ciò che è disposto a rivelare. In questo caso il facilitatore deve richiamare l'attenzione sul procedimento; - Fornire Consigli: il facilitatore deve verificare il gruppo sulla sua processualità e non sui contenuti razionali dei consigli offerti; - Benda di Soccorso o di Salvataggio: il facilitatore deve richiamare l'attenzione sul fatto che un soccorso va prestato soltanto quando è richiesto; - Scoppio delle Ostilità: il facilitatore ha la responsabilità di agire a livello di gruppo o attraverso un colloquio privato con le persone coinvolte fino ad arrivare a chiedere ad una o entrambe di allontanarsi dal gruppo; - Dipendenza dal Conduttore: il facilitatore deve fare una verifica su se stesso; - Intellettualizzazione: ricerca di regole universali e modelli concerti per comprendere ciò che sta accadendo all'interno del gruppo ad una determinata persona. In questo caso il facilitatore deve ricordare le regole di linguaggio per evitare generalizzazioni eccessive. L’ASPIC classifica inoltre 14 Tipologie Comportamentali: - il salvatore; - il proiettivo; - il passivo-aggressivo; - il compiacente; - l'isolato; - lo sfuggente; - l'investigatore; - il combattivo; - l’accentratore; - il piccolo professore; - il lamentoso; - il ciarliero; - l'ottimista ad oltranza; - l'intellettuale.