s p e c i a l e intermodalità Non c’è vento favorevole per chi non sa in che porto vuole andare. (Seneca) Traffico container al porto di Ravenna. Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta Nel mondo della movimentazione delle merci, l’intermodalità indica il passaggio tra tipologie di trasporto diverse, senza che si intervenga sulla merce stessa. Le combinazioni possibili sono tante, anche se la principale è quella che parte dal trasporto su gomma: quindi fra strada e ferrovia, ma anche fra strada e aereo, fra strada e mare, o fra strada e fiume. Più avanzate sarebbero le combinazioni dirette fra mare e ferrovia, che tanta invidia ci fanno nei porti del nord, quelle fra mare e fiume o tra treno e fiume, che vedono già importanti progetti in corso lungo il Po, o la prospettiva di Malpensa Cargo in termini di treno/aereo. La rete che ne emerge è certamente complessa e ricca di implicazioni diverse –ambientali, sociali, economiche, politiche, in aggiunta a quelle più strettamente legate alla supply chain in questione –ma una cosa è certa: l’intermodalità è il principale capitolo da scrivere per il futuro logistico del nostro Paese di Cecilia Biondi Logistica Management >ottobre 2013< 49 >> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta “I l tema della logistica e della movimentazione delle merci sta assumendo un’importanza sempre maggiore, anche in virtù del periodo di crisi che attraversa l’economia globale. Infatti, un sistema di trasporto delle merci efficiente, interconnesso e organico può costituire una spinta propulsiva per il sistema economico”. È questa l’affermazione che riteniamo dia il giusto incipit al nostro articolo, tratta dall’ultima ricerca condotta da UIR in merito al sistema degli interporti italiani, e pubblicata all’inizio di quest’anno. «Il tema della logistica è infatti di grandissima importanza, inteso a supporto di un tessuto industriale che, oggi in particolare, deve ricercare nuovi spazi di efficienza» commenta per noi Alessandro Ricci, presidente di UIR, Unione Interporti Riuniti, a proposito di questo documento e del comparto che esso vuole rappresentare. «Non pensiamo di poter vivere di sola logistica, né che la logistica sia l’unica soluzione a tutti i mali: ma è anche vero che efficientare il sistema della logistica e dei trasporti significa ridurre i costi che oggi le imprese sostengono e che oggi gravano sul prodotto finito, potendo quindi aumentare la capacità competitiva e ambire ad un incremento di punti PIL. Siamo convinti insomma che la logistica possa dare un forte valore aggiunto al nostro sistema industriale». Afferma ancora il documento: “Nonostante l’importanza di un sistema integrato di trasporti e logistica per lo sviluppo e la competitività del nostro paese, la conoscenza della materia e dello stato della realtà interportuale italiana non è diffusa. Il presente Rapporto ha dunque l’obiettivo primario di offrire un’immagine chiara del sistema interportuale italiano a tutti i soggetti potenzialmente interessati, dalle istituzioni pubbliche al mondo imprenditoriale”. È l’intento che 50 Acqua, aria, Acqua, aria, terra: la ... un sistema di trasporto delle merci efficiente, interconnesso e organico può costituire una spinta propulsiva per il sistema economico sposiamo con il presente articolo, per le ragioni che pensiamo di illustrare nel corso delle prossime pagine e che abbiamo sintetizzato in conclusione. «Dal canto nostro ci proponevamo di colmare un vuoto di notizie e possiamo affermare di aver conseguito tale obiettivo» concorda Alessandro Ricci. «In realtà, in queste prime righe del rapporto si sottende un ragionamento più ampio: il fatto che nel mondo della logistica e dello shipping in generale esiste una certa carenza di informazioni, in quanto i dati sono aggregati in maniera diversa a seconda di chi li rileva, ed è quindi difficile fare delle valutazioni e comparazioni fra realtà diverse. Lo spirito con cui è stato affrontato il lavoro di ricerca, era proprio quello di offrire un quadro omogeneo e condiviso del mondo interportuale, che possa essere utilizzato come fonte di informazioni per tutti coloro che devono conoscere quale sia lo stato della materia, in termini di andamento dei traffici, dei trasporti e della logistica nel nostro Paese. In più» prosegue il presidente «in anteprima sulla prossima edizione, alla quale stiamo già lavorando e che dovrebbe essere pubblicata nei prossimi mesi, posso dire che sviluppa una maggiore attenzione agli aspetti di traffico e di attività effettiva, diversamente dalla prima che invece era maggiormente orientata agli aspetti di carattere immobiliare e di capacità». Un elemento fondamentale del circuito intermodale italiano è infatti costituito dai luoghi di scambio strada/ferro, principalmente gli >ottobre 2013< Logistica Management interporti, che peraltro hanno un raggio d’azione ben più ampio rispetto alla sola intermodalità ferroviaria (la normativa recita: per “interporto” si intende “il complesso organico di infrastrutture e di servizi integrati di rilevanza nazionale gestito da un soggetto imprenditoriale che opera al fine di favorire lo la mobilità delle merci tra le diverse modalità di trasporto, con l’obiettivo di accrescere l’intermodalità e migliorare l’efficienza dei flussi logistici”). La situazione in Italia ha avuto recentemente una fotografia importante grazie a questa ricerca condotta da UIR, che per la prima volta ha istituito un metodo di comparazione uniforme tra le realtà interportuali presenti in Italia (considerando quelle iscritte all’associazione che sono anche le principali del Paese) e quindi offre un nuovo strumento di valutazione del comparto nella sua totalità e dei suoi singoli elementi. Il Rapporto UIR - Il sistema degli Interporti italiani nel 2011 è stato presentato all’inizio di quest’anno, e dovrebbe inaugurare per l’associazione l’avvio di un lavoro regolare sugli interporti italiani, in termini di capacità potenziale, di realtà produttiva e di opportunità per tutta l’economia nazionale. Tra l’altro, poiché l’intermodalità è strettamente legata alla movimentazione delle merci mediante container (non è l’unico strumento, ma è senz’altro il principale), la ricerca ha anche inserito nella sua introduzione una panoramica sui numeri del trasporto via nave, via strada e via aereo in Italia, che vedremo via via nel corso dell’articolo. L’analisi UIR, di cui consigliamo vivamente la lettura integrale terra: la rete intermodale avvolge rete intermodale che avvolgeche il pianeta (si può scaricare dal sito www. unioneinterportiriuniti.org), evidenzia l’eterogeneità del sistema interportuale italiano, attraverso l’individuazione delle principali caratteristiche di ciascuna struttura in rapporto alle altre e descrivendone al meglio potenzialità e diversità esistenti. Il Rapporto si conclude con un capitolo che riassume le principali indicazioni emerse dall’analisi svolta e gli spunti di riflessione su quanto ancora rimane da fare nelle future rilevazioni, soprattutto in termini di integrazione con i dati sull’attività logistica ed intermodale “esterna” al mondo interportuale. Un altro documento estremamente approfondito sul tema del legame fra porti, interporti, intermodalità e opportunità per la logistica ha visto la luce a giugno 2013: si tratta del Quaderno 23 del Freight Leaders Council (www.freightleaders.org), “Dal porto all’hinterland, soluzioni per una catena logistica competitiva”. L’idea di fondo è che in tempi di crisi sia necessario migliorare le performance complessive della catena logistica con una maggior efficienza; e per fare ciò, bisogna evidenziare le criticità e i punti deboli della rete logistica, per poi poterli correggere. L’idea di fondo è che in tempi di crisi sia necessario migliorare le performance complessive della catena logistica con una maggior efficienza... ... risulterebbe necessario che questa logica di impostazione sistemica venisse recepita anche a livello di regolamentazione, specialmente oggi alla (perenne) vigilia del riadattamento/aggiornamento delle leggi per i porti (Legge 84/94) e interporti (Legge 240/90)... Confronto dei costi del trasporto in funzione della distanza per la modalità tutto strada e intermodale (fonte Freight Leaders Council/Combitec Srl). Lasciando, peraltro, gli interventi sulle strutture logistiche sullo sfondo, per concentrarsi su quelli in infrastrutture organizzative, gestionali e informatiche, in altri termini sugli interventi “a costo zero” che consentano di sfruttare al meglio le realtà già esistenti. Il quadro presentato è di grande interesse e scende nei dettagli, anche quelli meno noti, dei processi logistici che hanno come snodo il porto o le strutture annesse, trattando quindi di procedure doganali, di rete intermodale, di integrazione con il trasporto ferroviario e così via. Il documento è certamente da leggere per intero per chi voglia accedere ad una fotografia completa del comparto. Sottolineiamo un principio importante: la collaborazione tra porti e interporti, che viene evidenziata come un legame di vitale importanza per garantire l’esistenza di una rete per il trasporto intermodale capace e moderna. In quest’ottica, e solo in questo modo, il porto potrà “esercitare quel ruolo di mediazione e integrazione tra mare e terra, tra business marittimo e business logistico”. A tal fine risulterebbe necessario che questa logica di impostazione sistemica venisse recepita anche a livello di regolamentazione, specialmente oggi alla (perenne) vigilia del riadattamento/aggiornamento delle leggi per i porti (Legge 84/94) e interporti (Legge 240/90): in particolare ci si può spingere ad auspicare una riforma di legge sinergica delle due, che sia in grado di mettere a sistema e valorizzare queste due componenti vitali per i gangli del sistema logistico nazionale nel suo insieme, prevedendone uno sviluppo armonico e tarato sulle esigenze del territorio nazionale nel contesto europeo e di posizionamento del sistema Italia in maniera strategica per la captazione dei traffici mondiali. Logistica Management >ottobre 2013< 51 >> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta Acqua, aria, Acqua, aria, terra: la INTERPORTI Dalla ricerca UIR prendiamo ancora il quadro relativo alla struttura e capacità produttiva degli interporti italiani, che vengono analizzati in base alla loro localizzazione nel contesto del sistema dei trasporti, e alle disponibilità e potenzialità di sviluppo delle aree interportuali, con i relativi modelli di specializzazione funzionale. Un’altra sezione dello studio è dedicata all’analisi delle infrastrutture terminalistiche situate nell’ambito degli interporti considerati. Per quanto riguarda la localizzazione degli interporti operatici nel 2011 nel sistema dei trasporti, alcune caratteristiche salienti sono degne di sottolineatura: - la polarizzazione nel Nord Italia, a conferma di analisi sviluppate negli anni precedenti (CENSIS-UIR 2010); - la coincidenza con i nodi delle maggiori direttrici dei traffici ferroviari e stradali; - la singolare assenza della Lombardia e del Lazio, che pure rappresentano un bacino di domanda potenziale di servizi logistici molto rilevante – come evidenziato dalla quota di PIL nazionale localizzato in tali regioni, rispettivamente il 20,8% e il 10,8% (ISTAT 2009). Gli interporti in Italia associati a UIR sono i seguenti: Centro Intermodale Merci Novara, Società Interporto di Torino – S.I.TO., Interporto di Rivalta Scrivia, Interporto di Vado, CePIM – Interporto di Parma, Interporto di Bologna, Interporto di Trento, Interporto Quadrante Europa, Interporto di Rovigo, Interporto Padova, Portogruaro Interporto, Interporto di Cervignano del Friuli, Interporto della Toscana Centrale, Interporto Amerigo Vespucci, Interporto delle Marche, Interporto d’Abruzzo, Interporto Sud Europa, Interporto Campano e Interporto Regionale della Puglia. n Corridoio 1 (Baltico-Adriatico). Vi insistono strutture come Interporto di Cervignano del Friuli, Portogruaro Interporto, Interporto Padova, Interporto di Rovigo e Interporto di Bologna; n Corridoio 3 (Mediterraneo), in parte sostitutivo dell’ex corridoio 5 Lisbona-Kiev. Le strutture interessate sono S.I.To. (Torino), CIM di Novara, CePIM – Interporto di Parma, Interporto Quadrante Europa, Interporto Padova, ... CePIM ha già in essere delle partnership: si tratta di sviluppare su altre traiettorie di traffico servizi di collegamento ferroviario da e per l’Interporto di Parma... Lo schema dei corridoi europei proposto dal progetto Empiric. 52 Una caratteristica importante della rete è la sua localizzazione lungo le principali dorsali di traffico italiane e europee. In particolare la maggior parte degli interporti italiani sono situati direttamente su uno dei seguenti corridoi paneuropei: >ottobre 2013< Logistica Management Interporto di Portogruaro, Interporto di Cervignano; n Corridoio 5 (Helsinki-La Valletta), in parte sostitutivo dell’ex corridoio 1 Berlino-Palermo. Vi si trovano l’Interporto di Trento, Interporto Quadrante Europa, Interporto di Bologna, Interporto della Toscana Centrale, Interporto Sud Europa, Interporto Campano e Interporto della Puglia; n Corridoio 6 (Genova-Rotterdam). Le strutture prossime sono il CIM di Novara e Interporto di Rivalta Scrivia. Ad oggi tali corridoi non dispiegano ancora le loro complete potenzialità in termini di capacità di trasporto, ma rappresentano le linee di traffico su cui si stanno focalizzando i maggiori interventi infrastrutturali di trasporto a livello europeo. terra: la rete intermodale avvolge rete intermodale che avvolgeche il pianeta A questi assi multimodali principali si devono aggiungere le importanti direttrici adriatica e tirrenica. Sulla linea adriatica insistono l’Interporto delle Marche, l’Interporto d’Abruzzo e l’Interporto Regionale della Puglia, oltre all’Interporto di Bologna, mentre su quella tirrenica l’Interporto di Vado e l’Interporto Amerigo Vespucci. UIR chiude la parte relativa alla localizzazione sottolineando un aspetto sotto certi punti di vista anomalo: la mancanza di interporti in Lombardia e Lazio. L’assenza di interporti lombardi è dovuta alla peculiarità del modello logistico di questa regione che, per movimentazione di merci, è l’area più rilevante del paese. La Lombardia si caratterizza per la “localizzazione diffusa” delle infrastrutture logistiche e intermodali. L’effetto più rilevante di questo modello, nell’ambito dell’analisi UIR, è la separazione geografica tra le infrastrutture per la logistica e per l’intermodalità, quindi l’assenza di strutture di tipo interportuale basate sull’integrazione tra queste due funzioni. Per quanto riguarda l’intermodalità, i principali terminal (non interportuali) presenti in Lombardia sono: Segrate, adiacente al terminal Milano-Smistamento; Busto Arsizio; Mortara; Sacconago; Cremona; Brescia; Mantova; Melzo. A questi si aggiunge, fuori dalla regione, ma legata all’area milanese, la struttura di Piacenza. L’approccio diffuso lombardo trova probabilmente una spiegazione proprio nella maggiore intensità della domanda di servizi logistici e intermodali. Quest’ultima ha, da un lato, consentito al mercato privato di servizi logistici di garantire un’autonoma capacità di offerta, indipendente dalle politiche pubbliche di settore; dall’altro, ha consentito di slegare la gestione dei terminal (comunque Vista aerea sull’interporto di Parma-Cepim. sostenibile sul piano economico per effetto dell’agglomerazione dei traffici e delle attività economiche) dalle attività logistiche. Questi pregi “privati” del modello lombardo rischiano di comportare una serie di effetti negativi (a partire dall’impatto ambientale dei trasporti) e certamente determinano l’incapacità delle politiche pubbliche di pianificare efficacemente lo sviluppo del settore. Aggiungiamo da parte nostra un altro aspetto, che risulta importante per la Lombardia data la sua vicinanza fisica: quella che potremmo definire la “questione svizzera”. La Svizzera infatti sta investendo pesantemente sull’intermodalità ferroviaria ed è prevedibile che presto vi sarà una sorta di solco logistico tra i due Paesi, e che la scarsa capacità italiana di accogliere determinati tipi di convogli sarà sempre più accentuata dall’evoluzione continua della Svizzera in questa direzione. Cosa che emerge praticamente da tutti gli ultimi convegni sull’argomento: per esempio durante un appuntamento organizzato a Brescia lo scorso anno da AEC, Federmanager/Aldai e CIFI, è stato evidenziato che nel giro dei prossimi dieci anni il traffico da e per la Svizzera potrebbe raddoppiare, e inoltre, risultare composto da treni più lunghi, più pesanti e a sagome maggiori. In vista di questa evoluzione risulterebbe fondamentale programmare per tempo l’adeguamento degli attuali interporti o, come suggerito nel convegno citato, la realizzazione di strutture ad hoc in Lombardia per consentire un adeguato smistamento delle merci dai centri più importanti di origine e di destinazione. Le alternative portate a questi interventi sono a dir poco preoccupanti: l’insediamento di strutture ad hoc al confine svizzero per scaricare su camion tutte le merci dirette in Italia, e viceversa; oppure l’incremento di investimenti svizzeri in Lombardia, cosa che implicitamente conferma le opportunità commerciali insite in un futuro intermodale per questa regione. Più in generale, il fenomeno dell’interrelazione tra offerta di servizi logistici e intermodali interportuali e non interportuali, pur assumendo intensità differenziata nelle diverse aree del paese, appare pervasivo e di particolare rilevanza per comprendere in maniera approfondita l’evoluzione del sistema degli interporti italiani. Per questa ragione, il rapporto UIR si propone di approfondire sempre di più questo aspetto anche nelle sue future edizioni, contestualizzando l’analisi nell’ambito più generale dell’offerta (pubblica e privata) di servizi intermodali e logistici in Italia. Logistica Management >ottobre 2013< 53 >> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta Anche in questo caso, come faremo anche più avanti con gli elementi aria, fiume e mare, chiudiamo la sezione con un esempio di buona pratica. Il caso a cui diamo spazio è quello di CePIM SpA, dove si prospetta un deciso incremento dei flussi di traffico intermodali nel breve e medio periodo. La Società coordinatrice dell’Interporto di Parma e operatore logistico essa stessa sta infatti portando avanti su una serie di tavoli distinti altrettanti progetti, che potrebbero portare in un arco temporale abbastanza ristretto all’aumento di traffico via ferro all’interporto. L’operazione coinvolge alcune società con le quali CePIM ha già in essere delle partnership: si tratta di sviluppare su altre traiettorie di traffico servizi di collegamento ferroviario da e per l’Interporto di Parma, sull’esempio di quello già attivato all’inizio dell’anno con la Sicilia e il centro intermodale di Catania Bicocca in particolare. In quel caso, il nuovo collegamento, frutto di un accordo tra CePIM Spa e Versalis, ha permesso di portare al Nord dalla Sicilia materie prime plastiche di quest’ultima, provenienti dai diversi siti produttivi dell’azienda nell’isola e convergenti su Catania e, nel percorso inverso, prodotti di diverso genere provenienti dal bacino produttivo emiliano-romagnolo: soprattutto alimentari, beverage e ceramica. «CePIM costituisce il partner logistico di questa operazione» spiega l’amministratore delegato Luigi Capitani «che ci vede al centro di una rete di collaborazioni con i distributori locali delle aziende». Un processo analogo dovrebbe interessare ora anche il Nord della Francia e il Sud Italia. In quest’ultimo caso le strategie logistiche dell’azienda stanno lavorando ad un’operazione di ottimizzazione dei flussi per evitare tratte a vuoto su linee di traffico già esistenti verso la Puglia. Intanto, è appena stato raggiunto un primo importante risultato: CePIM Acqua, aria, Acqua, aria, terra: la ha attivato infatti per la campagna del pomodoro 2013 per conto di alcune aziende conserviere clienti una serie di treni speciali per la distribuzione del prodotto già trasformato e inscatolato in diverse regioni d’Italia, soprattutto al Sud e in Sicilia. «Abbiamo attivato treni speciali dedicati» prosegue Capitani «per conto di aziende con sedi sul territorio, come Star e Boschi. Questo significa, in termini numerici, circa 10mila pallet trasferiti via ferro per un totale di 9mila tonnellate di merce e 330 Tir in meno sulle strade italiane, con un abbattimento delle emissioni di CO2 di 322,5 tonnellate». A questi risultati vanno aggiunte le opportunità costituite dall’attivazione di treni convenzionali multi cliente che partono dall’Interporto di Parma verso destinazioni del Centro e del Sud Italia, come Caserta, Bari e Catania. «Questi treni – commenta l’AD di CePIM – danno la possibilità anche alle piccole e medie imprese che non hanno grandi volumi di prodotto da spedire di utilizzare una modalità a basso impatto ambientale per la distribuzione anche di piccoli quantitativi su singoli carri, senza l’obbligo di acquistare un treno completo». Secondo la ricerca UIR, il traffico merci movimentato dal sistema ferroviario, che rappresenta circa il 9% della movimentazione interna delle merci, è caratterizzato da un tasso di utilizzo della rete pari a 1 mln di tonnellate-km, molto inferiore alla media europea di 1,7 mln, con il valore massimo registrato per la Germania (2,8 mln di tonnellatekm). Questi risultati sono riconducibili all’effetto delle politiche pubbliche a sostegno delle diverse modalità di trasporto dei diversi paesi. La rete italiana risulta dunque ad oggi maggiormente orientata verso i passeggeri. Anche il traffico ferroviario ha subito, come il traffico marittimo, una battuta d’arresto nel 2009 (-25%), seguito da una leggera ripresa nell’anno seguente. Tale battuta d’arresto è stata dovuta principalmente al calo del traffico nazionale che è sceso nello stesso anno quasi del 30%, passando da 12,4 miliardi di tonnellate-km nel 2008 a 8,7 miliardi nel 2009, mentre il comparto internazionale registrava una riduzione più contenuta pari a -20% (da 11,3 a 9 miliardi di tonnellate-km). Nella figura riportata a pagina 55 è possibile notare l’andamento delle tonnellate-km movimentate sulla rete italiana a partire dal 2004. ferrovia Un’altra fonte di criticità del sistema Un’altra fonte di criticità del sistema ferroviario italiano è la quasi totale assenza di traffico internazionale in transito sul territorio nazionale Trasporto di materiali in cisterne per via ferroviaria. 54 >ottobre 2013< Logistica Management terra: la rete intermodale avvolge rete intermodale che avvolgeche il pianeta n al possesso del Certificato di Sicurezza rilasciato da parte dell’ANSF - Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria – che attesta il rispetto degli standard in materia di sicurezza di circolazione. Traffico Ferroviario in Italia in miliardi di tonnellate-km. ferroviario italiano è la quasi totale assenza di traffico internazionale in transito sul territorio nazionale. Solo 44mila tonnellate-km sono transitate per il nostro paese nel 2010, segnando un sostanziale azzeramento rispetto agli anni precedenti, che avevano registrato livelli medi di 11 milioni di tonnellate-km. Questo dato segnala che le movimentazioni tra paesi terzi non passano quasi mai per la rete italiana, preferendo altri corridoi di percorrenza, in particolare la Germania, dove il traffico di transito rappresenta circa il 4% della movimentazione merci su rotaia. In altre parole, il sistema ferroviario nazionale sembra incapace di svolgere attività di intermediazione per l’importexport di imprese estere. Per capire come è strutturato il trasporto ferroviario intermodale, prendiamo ancora spunto dal Quaderno 23 di Freight Leaders Council, secondo il quale il trasporto ferroviario di merci, effettuato in un contesto di intermodalità, deve integrarsi con gli altri attori coinvolti, a valle o a monte del servizio su rotaia, nella filiera logistica. Oltre al Multimodal Transport Operator, gli attori coinvolti nella catena logistica che mette al centro il trasporto ferroviario sono: n l’impresa ferroviaria (a capitale pubblico o privato); n il Gestore dell’Infrastruttura (ad esempio RFI) n gli operatori del servizio di manovra; n il trazionista stradale; n il terminalista (portuale e interportuale). In Italia, in seguito al processo di liberalizzazione del servizio ferroviario, normato dal decreto legislativo 188/2003, quale recepimento delle Direttive Europee 2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE, oltre alla società a capitale pubblico FS, Ferrovie dello Stato SpA, operano sul suolo nazionale diverse imprese indipendenti a capitale privato. L’espletamento del servizio da parte di imprese ferroviarie private è però subordinato: n al possesso di una licenza, rilasciata dal Ministero dei trasporti, che legittima l’espletamento di servizi internazionali di trasporto di merci o di persone per ferrovia. Il rilascio di tale licenza è vincolato dal possesso dei requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e competenza professionale, di copertura assicurativa per responsabilità civile e della diretta disponibilità di materiale rotabile e di personale incaricato della guida e dell’accompagnamento dei convogli. n all’acquisizione dal Gestore della rete infrastrutturale delle “tracce orarie”, ovvero alla concessione di tratti di linea disponibili per la circolazione di un dato treno in un determinato intervallo di tempo. Il Gestore dell’Infrastruttura, è il soggetto possessore dei binari e di tutte le strutture necessarie per consentire la circolazione dei treni (segnali, linea elettrificata etc.) oltre che delle “tracce” che, come sopra accennato, possono essere comprate dalle diverse Imprese Ferroviarie. La rete infrastrutturale italiana è in concessione a RFI (Rete Ferroviaria Italia SpA) fino al 2060 in base all’Atto di Concessione temporanea (DM 138 T del 31/10/2000). RFI SpA ha il compito di occuparsi della gestione e della manutenzione della rete ferroviaria oltre che della pianificazione, progettazione e realizzazione di nuove tratte e nuovi impianti. È dunque RFI che stipula con le imprese ferroviarie i contratti, comprese le Ferrovie dello Stato, che regolano la disponibilità delle tracce su cui viene concessa la circolazione. Il rapporto tra RFI e le varie Imprese Ferroviarie è regolato da un apposito contratto chiamato Prospetto Informativo di Rete (PIR). Un capitolo fondamentale dell’intermodalità ferroviaria è costituito dalle operazioni di manovra, che servono allo spostamento di treni o locomotive negli appositi spazi di servizio. Queste sono effettuate dalle imprese di manovra ferroviaria munite di apposita licenza o di Imprese Ferroviarie in autoproduzione. Da un punto di vista normativo, fino al 2006 le operazioni propedeutiche alla partenza del treno erano in carico all’impresa ferroviaria che effettuava la trazione in linea del treno stesso. L’esternalizzazione di tali servizi era dunque impossibile. Successivamente, con la prescrizione n. 1528 del 06-062006 che disciplinava la prestazione di servizi tra imprese ferroviarie, RFI ha dato Logistica Management >ottobre 2013< 55 >> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta Acqua, aria, Acqua, aria, terra: la la possibilità di delegare le operazioni di terra a una impresa ferroviaria diversa da quella assegnataria della traccia di riferimento. Questo ha dato la possibilità ad alcune imprese ferroviarie di sperimentare le effettuazione di servizi di terra per conto di terzi. La questione dei servizi di manovra è tutt’altro che secondaria, e andrà considerata con la massima attenzione per garantire il futuro della rete intermodale ferroviaria in Italia: cosa che emerge anche dalla nostra conversazione con Giacomo di Patrizi, presidente di Fercargo (www.fercargo.net), l’associazione che riunisce le imprese ferroviarie private italiane che operano nel settore del trasporto merci (Captrain Italia, Compagnia Ferroviaria Italiana, Crossrail, FuoriMuro, Hupac, GTS Rail, Inrail, Interporto Servizi Cargo, Nord Cargo, Oceano Gate Italia, Rail Cargo Italia, Rail Traction Company, Servizi ISE srl e SBB Cargo Italia). «In base al decreto legislativo 188/2003, nonostante la liberalizzazione del mercato ferroviario, RFI aveva il dovere di prestare servizi di manovra in tutti gli scali pubblici» spiega infatti Giacomo di Patrizi, «offrendo quindi sostanzialmente un accesso garantito per tutti gli operatori ferroviari. Oggi non sarà più così: l’emendamento proposto nel 2009 ha reso tale servizio facoltativo, a decorrere da dicembre 2013. Improvvisamente, in almeno una cinquantina di scali la manovra dovrà essere effettuata in maniera diversa, e questo inevitabilmente porterà revisioni del servizio con inevitabili disagi per gli utenti. Da tempo abbiamo avanzato un ricorso all’URSF, Ufficio di Regolazione dei Servizi Ferroviari, e stiamo lavorando comunque per trovare delle soluzioni». Le alternative sono le più diverse: «Su un numero importante di scali ci sarebbe comunque un gestore unico che sostituisce RFI; su altri, le manovre verrebbero affidate ad aziende che sono sempre realtà del gruppo FS, mentre in altri scali ancora, ci sarebbe la possibilità di effettuare le 56 Trasporto intermodale di container. manovre in autoproduzione, con evidenti conseguenze in termini di organizzazione e di personale: necessità di dotarsi di personale specifico e di mezzi di manovra. Almeno, stiamo chiedendo ad RFI che ci lasci i suoi locomotori». Ma perché tutto questo accade? «Il problema vero è che in Italia non c’è nessuno, men che meno un governo, che si interessi al sistema ferroviario per le merci e che abbia la forza o la volontà di intervenire. Quindi la gestione del sistema e delle sue evoluzioni è delegata in toto ad altri, nella fattispecie al Gruppo FS che ancora mantiene, pur in una situazione di liberalizzazione, la forza politica più elevata e quindi determina gli indirizzi per il futuro. Ma visto che nel suo futuro non c’è lo sviluppo in questo senso, l’evoluzione che ne risulta è solo un continuo “mettere pezze” senza una visione organica dei problemi» prosegue Di Patrizi. «Una prova di questa situazione è il cosiddetto contributo per il trasporto merci in aree disagiate. In un quadro in cui nulla viene corrisposto come incentivo al cargo ferroviario, a parte l’episodio del Ferrobonus nel 2010, siamo a conoscenza che Trenitalia stia ancora percependo delle cifre abbastanza consistenti (si parla di 130 milioni di euro all’anno) come contributo al servizio di trasporto merci nei luoghi disagiati, come le isole, o le regioni del centro-sud. Il problema è oggi quelle regioni sono servite ugualmente da >ottobre 2013< Logistica Management tutte le società ferroviarie, anche quelle private, solo che su queste stesse tratte Trenitalia gode di un contributo di 11 euro a km, mentre le altre società no. Ciò significa che ci sarebbero dei fondi che potrebbero essere messi a disposizione del sistema ferroviario intero, o meglio ancora, potrebbero conferire un incentivo alle aziende che vogliono usufruire del sistema ferroviario; e che invece finiscono ancora a sostegno del monopolista». E conclude: «Ciò che chiediamo non sono “favori”, ma è semplicemente un campo di competizione paritario, sia intramodale, cioè fra noi e i nostri competitor, sia intermodale, ovvero con altre tipologie di trasporto». Ciononostante, o forse proprio grazie a questa mancanza da parte di Trenitalia o del governo di un progetto ferroviario che riguardi le merci, le uniche aziende ferroviarie che negli ultimi anni abbiano presentato un trend di crescita in Italia sono quelle private, perché sono le uniche ad avere una motivazione reale e forte di ricerca e sviluppo del mercato, a dispetto di tutti gli ostacoli. Secondo i dati raccolti e comunicatici dall’associazione, dal 2009 al 2012 sono cresciuti i volumi trasportati dalle aziende aderenti a FerCargo, quindi dagli operatori privati alternativi a Trenitalia; analogamente è cresciuto il numero di personale impiegato, oltre che il numero terra: la rete intermodale avvolge rete intermodale che avvolgeche il pianeta di treni per km. Alla crescita delle aziende private però corrisponde la diminuzione del mercato in generale e dei volumi per l’ex monopolista, cosa che attribuisce un segno negativo a tutto il comparto, in costante diminuzione dall’anno 2008. Viste dunque queste difficoltà, che cosa spinge oggi un’azienda, un’industria, a scegliere un tipo di trasporto intermodale o ferroviario? «Sulle tratte più lunghe c’è ancora e indubbiamente un vantaggio economico» risponde Giacomo di Patrizi. «Sono le tratte che, dal punto di vista ferroviario, hanno più ragione di esistere, quelle in cui il costo ferroviario è ben concentrazione e di ricerca di efficienza, che sempre meno si ha la forza di affrontare. A livello politico, con il nuovo ministro delle Infrastrutture, e con la nuova Authority dei trasporti recentemente insediata, ci sono state delle iniziative particolari, qualcosa che possa individuare delle linee di lavoro per il futuro? «Nulla è cambiato nell’ambito del Ministero delle Infrastrutture, rispetto al recente passato; da poco sono state assegnate delle deleghe per l’intermodalità, e quindi ci aspettiamo che vi sia un rilancio o una ripresa di ... a condizioni economiche paritarie, le aziende possono privilegiare il trasporto intermodale o ferroviario per i suoi aspetti di vantaggio ambientale e di sicurezza... ripartito su tutte le merci trasportate. In questo caso ci possono ancora essere delle condizioni di vantaggio, o almeno di pariteticità. In quest’ultimo caso, cioè in condizioni paritarie, le aziende possono privilegiare il trasporto intermodale o ferroviario per i suoi aspetti di vantaggio ambientale e di sicurezza: la ferrovia è molto più spendibile sul fronte della sostenibilità. Il problema è che sempre meno aziende riescono a compiere questa scelta, perché la considerazione economica negli ultimi anni è diventata sempre più prevalente. Anche perché un contesto di crisi, con la generale diminuzione dei volumi, non favorisce il treno, che per sua natura risulta più vantaggioso in presenza di elevati volumi da trasportare. Il trasporto ferroviario diventa sempre più una questione da appassionati e da coraggiosi, e lo dimostrano i numeri, secondo cui negli ultimi anni tale traffico è decisamente calato». La composizione dei treni richiede un lavoro sempre maggiore di progetti in questo senso. Il problema è che per questi approccio è necessaria una visione a lungo termine, finora poco compatibile con gli ultimi “governi a termine”» risponde Di Patrizi. «Per l’Authority invece è troppo presto: dopo la nomina di quest’estate, l’ente deve ancora insediarsi. Anche da questa istituzione comunque, quasi più che dal ministero, ci aspettiamo un nuovo interesse su questi temi, rispetto a tante situazioni che hanno necessità di essere regolamentate in maniera diversa, in armonia con le indicazioni dell’Unione Europea e con l’esempio degli altri stati». «Con il ministero dei trasporti noi lavoriamo e collaboriamo quotidianamente su tutta una serie di attività e di sviluppi in corso» conferma Alessandro Ricci. «Di certo, ci aspettiamo che il governo cominci a segnare il passo rispetto all’esigenza di mettere dei punti fermi, precisi, sulle tematiche di cui ci stiamo occupando. Questo è l’obiettivo ultimo delle nostre azioni». mare È interamente dedicato ai porti come snodo logistico fondamentale per l’Italia il documento apparso a giugno 2013 a cura di The European House – Ambrosetti, intitolato: Il rilancio della portualità e della logistica italiana come leva strategica per la crescita e la competitività del Paese. Anche questo documento va letto in versione integrale per farsi un’idea di quanto è trainante il settore marittimo per un’economia sana (lo trovate su www. ambrosetti.eu, sezione eventi speciali). Ai fini del nostro articolo riportiamo i dieci punti programmatici, che sono già sufficienti in questo contesto per darci un’idea della posta in gioco. 1. I porti sono degli asset strategici per il recupero di competitività del Paese e per lo sviluppo economico in ottica sostenibile, ma manca un organico Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica che identifichi la visione per il futuro del settore declinata sulle dimensioni chiave per una efficace gestione strategica del sistema: quale domanda di traffico si vuole rispondere/ intercettare, in che segmenti di mercato, con quali interconnessioni, per quali imprese/utilizzatori, con quali obiettivi (misurabili e tempificati), azioni e responsabilità. 2. Il cluster marittimo ha un peso socioeconomico molto rilevante: n 2,6% è il PIL generato, pari a quasi 40 miliardi di euro, superiore per incidenza all’industria automobilistica; n 213.000 sono gli occupati diretti impiegati complessivamente; n 2,37 è il moltiplicatore del reddito (ogni 100 euro di nuovi investimenti o di domanda aggiuntiva di nuovi servizi, vengono generati 237 euro di ricchezza complessiva per il Paese); n 1,73 è il moltiplicatore dell’occupazione (ogni 100 nuovi impiegati dal settore logistico-portuale, vengono attivate 173 nuove unità di lavoro nell’economia). Logistica Management >ottobre 2013< 57 >> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta Acqua, aria, Acqua, aria, terra: la miliardi di euro, se l’Italia si allineasse alla media europea, cioè guadagnasse in media 6/8 giorni nelle operazioni di sbarco e imbarco. Autostrade del mare Grimaldi in ingresso al porto di Ravenna. 3. Il settore ha un ruolo primario nel commercio internazionale: n 55% è la quota che detiene la portualità italiana sul totale delle esportazioni italiane extra-UE, pari a 100 miliardi di euro di merce che nel 2012 è partita dai porti italiani; n 30% è la quota che detiene la portualità italiana sul totale delle esportazioni italiane mondiali, pari a circa 150 miliardi di euro di merce che nel 2012 è partita dai porti italiani; n tra il 65% e l’80% è la quota che detiene la portualità italiana sul totale delle esportazioni italiane dirette in USA, Brasile, Cina e India. 4. Alla luce della realtà in essere – per caratteristiche, vocazioni, esigenze e assetto – non è univocamente definibile un “Sistema Portuale Italiano”, anche se spesso la dicitura è riportata nei documenti di studio, dove il riferimento è piuttosto lessicale che sostanziale. Su questo si inseriscono criticità a più livelli nel sistema della governance del settore. 5. È necessario e non più rimandabile un intervento legislativo al fine di rendere la governance della portualità, i meccanismi di regolazione e i processi di investimento adeguati alle esigenze (anche di tempistiche), allineandoli alle best practice internazionali. La legge in vigore che regola la governance dei porti italiani è del 1994, quando i flussi mondiali, le shipping company, le dinamiche competitive, le modalità di trasporto, l’apertura dei mercati e 58 7. I traffici marittimi internazionali sono in aumento, ma nodi e connessioni non adeguate e inefficienze impediscono di servire questi traffici, causando progressive perdite di quote di mercato: ogni anno la portualità italiana cede 441.000 TEUs del proprio traffico ai È necessario e non più rimandabile un intervento legislativo al fine di rendere la governance della portualità, i meccanismi di regolazione e i processi di investimento adeguati alle esigenze (anche di tempistiche), allineandoli alle best practice internazionali il livello di sviluppo economico era strutturalmente differente da quello attuale. principali porti del Northern Range, come emerge dal Piano Nazionale della Logistica. 6. Le inefficienze della burocrazia pesano sul settore (e sull’Italia): n 17 sono i giorni medi per l’esportazione della merce dai porti italiani, rispetto ad una media UE di 11 giorni. I porti spagnoli e i porti francesi del Mediterraneo, competitor diretti dei porti italiani, operano con un vantaggio rispettivamente di 8 e 6 giorni e – potenzialmente – potrebbero essere in grado di sottrarre traffico in uscita dall’Italia; n 1 giorno di ritardo, in media, nel transito di un prodotto corrisponde a una flessione del commercio di almeno l’1% nell’arco di un anno. Riportando questo valore sull’Italia si stima come per ogni giorno di ritardo il danno sul commercio internazionale dell’Italia sia pari a 7,5 miliardi di euro l’anno; n il commercio internazionale del nostro Paese potrebbe aumentare di circa 50 8. La portualità italiana si posiziona al terzo posto a livello europeo con una movimentazione superiore a 480 milioni di tonnellate. Tuttavia, in classifica i primi porti italiani, Genova e Trieste, si collocano al 15° e 16°. Non è il numero dei porti che determina la capacità di attrarre e gestire traffico del Paese, ma è l’efficienza del complesso portuale. >ottobre 2013< Logistica Management 9. A livello internazionale si osserva una progressiva concentrazione dei traffici in pochi e grandi porti, con una progressiva marginalizzazione dei porti più piccoli. Gli studi in letteratura e le indagini effettuate hanno evidenziato come il dimensionamento dell’infrastruttura portuale e del volume dei traffici gestiti rappresentano i due elementi fondamentali nelle scelte del porto da parte delle shipping company. terra: la rete intermodale avvolge rete intermodale che avvolgeche il pianeta Veicoli in attesa di carico/scarico al terminal dedicato ai traghetti presso il porto di Ravenna. 10. Il processo di concentrazione si evidenzia anche tra gli operatori dove si registra un aumento significativo delle dimensioni a scapito degli operatori più piccoli che vengono emarginati gradualmente dal business: n il fatturato delle prime aziende di logistica in Italia si è attestato a circa 8 miliardi di euro nel 2011, mentre era di 3,7 miliardi di euro nel 2004; n 3 sono imprese o gruppi italiani che si posizionano nella classifica dei primi 10 operatori della logistica in Italia; n il controllo del trasporto internazionale delle merci nei porti italiani è in mano a compagnie straniere. La quota di mercato nei porti italiani gestita da operatori italiani si attesta a meno del 3% nel traffico container, sotto il 13% nel general cargo, al 18% nelle rinfuse. Tornando invece alla ricerca UIR, i dati relativi al trasporto merci via mare – riportati per contestualizzare l’analisi relativa al traffico negli interporti – sono i seguenti. Le infrastrutture portuali rappresentano oggi la via principale di importazione ed esportazione di merci, con il 57% del traffico in entrata nel nostro paese e il 62% del traffico in uscita. La rete portuale italiana è formata da 260 porti commerciali, di cui però solo 24 sono sedi di Autorità Portuali. Questi porti hanno movimentato nel corso del 2011 478 milioni di tonnellate di merci, cioè oltre il 30% del traffico marittimo internazionale del Mar Mediterraneo. Il volume movimentato ha subito negli ultimi anni l’effetto della crisi, con un forte calo avvenuto nel 2009 e una seguente sostanziale stagnazione. L’attività portuale è fortemente concentrata nei principali porti. In particolare Gioia Tauro, Genova e La Spezia movimentano da sole quasi il 60% dei container. Nonostante i principali porti container siano tutti concentrati nel Tirreno, è importante sottolineare come in questo segmento i porti adriatici stiano aumentando la loro quota di traffico. In particolare il traffico container è aumentato da 0,9 a 1,2 mln di TEU tra il 2005 e il 2011, mentre è diminuito nel Tirreno da 8,8 a 8,3 mln di TEU nello stesso periodo. Pagine di dati e di riflessioni molto interessanti sono ancora fornite dal Quaderno 23 di Freight Leader Council, ma per parlare di intermodalità marittima, preferiamo lasciare la parola a un esempio concreto, un caso in controtendenza per diversi aspetti (e che per i dettagli che offre, mostra in modo incontrovertibile quanta ricchezza e quante opportunità sarebbero legate allo sviluppo portuale in Italia): il porto di Ravenna, che ci presenta un approccio di grande efficienza sia per quanto riguarda il traffico di container, sia per quello che riguarda le Autostrade del Mare. Per tutta una serie di ragioni, questo scalo consente di cambiare radicalmente tono rispetto al generale lamento sulle caratteristiche dei porti italiani (efficienza, tempi di attraversamento delle merci, capacità di competere con gli scali del nord Europa e del nord Africa...), introducendo invece le capacità positive di una realtà che funziona bene e che ha prospettive molto interessanti davanti a sé. Ricordando sempre il principio per cui l’intermodalità è quella cosa che abbina sempre ai vantaggi pubblici i vantaggi privati. È quanto emerge, per esempio, dal primo dei due Business Cafè organizzati da Fondazione ITL, con la collaborazione di Contship e della sua partecipata Terminal Container Ravenna, e con il supporto dell’Autorità Portuale di Ravenna (http://events.editricetemi. com/events/ravenna). Un percorso che si è svolto nell’ambito del progetto europeo EMPIRIC (Enhancing Multimodal Platforms, Inland waterways and Railways services Integration in Central Europe), finanziato dal programma europeo Central Europe “Improving accessibility to, and within, Central Europe” (www.central2013.eu). Per capire effettivamente le opportunità commerciali legate al porto di Ravenna, la Fondazione ITL (Istituto sui Trasporti e la Logistica), realtà che opera nell’ambito della Regione Emilia Romagna, ha condotto un ampio studio in merito, per conto di TCR e in collaborazione con gli enti locali e l’Autorità Portuale di Ravenna. La ricerca di ITL ha quantificato i margini di crescita in particolare sui mercati di riferimento per il porto di Ravenna, sia come aree di destinazione che di provenienza dei traffici. Per quanto riguarda i primi, è stata individuata tutta l’area del Mediterraneo orientale, dalla Turchia al Mar Nero, Libano, Cipro, fino ad Egitto e nord Africa, ma anche larga parte dell’est del mondo: Middle East e Far East. Dall’altra parte è stato fatto il match con i territori italiani che possono offrire spazi di crescita rispetto alle aree di provenienza e destinazione dei traffici, e che ancora non si rivolgono a questo scalo in maniera adeguata. L’influenza di Ravenna infatti è piuttosto forte nell’area Logistica Management >ottobre 2013< 59 >> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta romagnola, ma diminuisce via via con l’aumento della distanza dalla regione. Si registrano interessanti opportunità di sviluppo sulla parte orientale della Lombardia, anche grazie alla presenza di frequenti servizi intermodali, nell’alto marchigiano, nel basso Veneto, oltre ovviamente a tutta la parte emiliana della regione Emilia-Romagna. Il mercato potenziale complessivo per il porto di Ravenna si attesta su 1 milione di teus, con possibilità di sviluppo pari a circa 600 mila di teus, rispetto ai 200mila circa ad oggi movimentati. Sullo sfondo una prospettiva altrettanto interessante per il porto di Ravenna, il potenziamento dell’infrastruttura con il trasferimento nel nuovo terminal container: un’opera a lungo termine, in parte finanziata, che dovrebbe consentire l’ingresso a Ravenna ad una gamma ben più ampia di navi. In estrema sintesi, l’adeguamento infrastrutturale previsto riguarda tre aree di intervento: l’allungamento delle banchine lineari ad almeno 800 metri di lunghezza per poter ospitare due navi contemporaneamente; l’aumento della profondità dagli attuali 10,80 metri di fondale ad almeno 13-14 metri; e l’adeguamento delle capacità delle gru, progetto peraltro già avviato da Contship con l’installazione di nuove gru in grado di operare su almeno 17 file di container rispetto alle 13 precedenti. Altra nota di sicuro interesse è quella relativa ai traffici intermodali che Ravenna e Contship offrono in maniera continuativa, in aggiunta al traffico veicolare. Ravenna infatti è collegata con l’hub di Melzo, oltre che con l’Interporto di Bologna, con treni a cadenza settimanale, che possono essere un ulteriore vantaggio per quelle aziende attente anche alla propria impronta sull’ambiente. Il quadro della rete intermodale è stato illustrato diffusamente, al primo dei due appuntamenti organizzati da ITL e Contship, dai diretti responsabili del terminal ravennate: Milena Fico, General 60 Acqua, aria, Acqua, aria, terra: la Attività intermodale su terminal a cura di Sogemar. Manager Terminal Container Ravenna, e Raffaello Cioni, Direttore Commerciale Contship Italia Maritime Container Terminals. «Il collegamento ferroviario, struttura non presente in tutti i porti dell’Adriatico, è uno dei principali vantaggi che possiamo offrire all’industria in termini di efficienza. Il porto di Ravenna è infatti collegato direttamente con Melzo (tre treni settimanali), Segrate (due treni settimanali), con Dinazzano/Reggio Emilia (quattro treni) e Padova (tre treni)» prosegue Cioni. «Detto ciò, qual è il valore aggiunto che possiamo offrire? Il fatto che a Ravenna vi siano una serie di servizi e di attività ulteriori, che possono essere svolte direttamente nel terminal. Non si tratta quindi di gestire il solo flusso di imbarco o sbarco, ma di effettuare le operazioni più diverse, dalla revisione dei container vuoti alle attività sulle merci pericolose, su cui Ravenna ha una vera e propria specialità, come anche sulla merce refrigerata; il tutto, nella stessa area doganale, e in modalità estremamente efficiente». Fra i tanti esempi riportati, basti sapere che a Ravenna sono sufficienti 15 minuti per sbarcare un container, ricaricarlo sul camion e farlo partire dal terminal; e che grazie alle operazioni di preclearing, il container può essere sdoganato circa 24 ore prima dello sbarco della nave; lo stesso giorno con cui il contenitore sbarca, lo si può svuotare completamente, mettendo la >ottobre 2013< Logistica Management merce in gate out verso tutte le destinazioni italiane ed europee, quindi nell’arco delle 12-15 ore. Sempre nella stessa occasione, l’intervento di Mauro Invernizzi, Direttore Commerciale di Sogemar, infine, ha tracciato il ponte fra mare e ferro, descrivendo il servizio di tipo intermodale che viene offerto dalla società del gruppo Contship che si occupa di trasporto ferroviario dei container. È insomma questa la realtà che “porta la nave alla fabbrica”, secondo quello che è da sempre lo slogan del gruppo Contship, grazie anche alla collaborazione con le altre realtà operative del gruppo, Oceanogate e Hannibal. Oceanogate è infatti la nuova impresa ferroviaria, nata non più tardi di tre anni fa, forte di otto locomotive, 370 vagoni ferroviari e 70 dipendenti fra macchinisti e impiegati, che serve rispettivamente Sogemar per i treni nazionali e Hannibal per i treni internazionali. Quali sono i principi guida di questa realtà? «Il primo è semplicemente quello di vedere la ferrovia come si vedrebbe un camion: il treno va mandato dove c’è merce da trasportare. Se per esempio abbiamo dell’import che dal porto di Ravenna va consegnato in Lombardia, non torneremo a Ravenna con il treno vuoto: cercheremo di organizzare dell’export che possa partire dal porto di Ravenna. Possiamo insomma dirigere, attraverso la nostra terra: la rete intermodale avvolge rete intermodale che avvolgeche il pianeta a Basilea la sera del giorno A, arrivo a Ravenna la mattina del giorno C. Con Zim, si trasportano invece da Israele a Frenkendorf (Basilea), via Ravenna/Melzo, materiali vari come PVC, alluminio e altri. Si parte da Ravenna la sera del giorno A, e si sbarca a Basilea al mattino del giorno C. Il terminal container contship al porto di Ravenna. Dai container ai semirimorchi: le “autostrade del mare” Secondo il comunicato emesso a fine giugno dall’Autorità Portuale di Ravenna, relativo ai traffici durante i primi cinque ... il traffico container è aumentato da 0,9 a 1,2 mln di TEU tra il 2005 e il 2011, mentre è diminuito nel Tirreno da 8,8 a 8,3 mln di TEU nello stesso periodo progettualità, il nostro treno dove c’è la merce. In modo da far circolare sempre i treni a pieno carico e offrire al mercato un prodotto competitivo». E prosegue: «Con Oceanogate, possiamo offrire servizi intermodali nazionali e internazionali rispettivamente a Sogemar e Hannibal, aggiungendo quello che riteniamo essere un importante valore interno: i servizi doganali, che consideriamo “il fluidificante” di tutte le nostre operazioni a servizio della merce». In questo scenario, Sogemar ha puntato fortemente sul polo di Melzo, al quale ha diretto importanti investimenti con prospettive altrettanto significative per il futuro. Qui Sogemar dispone di un’area di 160mila m2, con 10 km di binari atti alla movimentazione di treni interi, e ben 17 binari destinati all’attività di shunting. Il polo è dotato anche di un centro servizi completo, con tutte le strutture necessarie, comprese 17 camere per ospitare i macchinisti nelle ore di riposo. L’esempio operativo citato da Invernizzi: con la Abacus Shipping, si trasporta da Frenkendorf (Basilea) in Israele, via Melzo/Ravenna, generi alimentari e latte in polvere. Partenza mesi dell’anno, hanno registrano un aumento dell’80% in termini di volumi le Autostrade del Mare in partenza e arrivo da questo scalo. Sempre nei primi cinque mesi di quest’anno, la crescita dei traffici nel porto di Ravenna è aumentata in generale del 2,6% rispetto allo stesso periodo del 2012, una percentuale che diventa invece del +7,5% se si considera solo il traffico dei container. Insomma nel periodo gennaio-maggio 2013 sulle banchine di Ravenna, unico porto emiliano e fra i principali dell’Adriatico, si è registrata una movimentazione merci pari a 9,1 milioni di tonnellate, in crescita di 228 mila tonnellate rispetto al 2012. Numeri che risultano ancora più apprezzabili se paragonati con i dati ISTAT citati dal comunicato, secondo cui per l’Italia il commercio estero, nel primo quadrimestre 2013, è diminuito in termini di volumi dell’1,2% per le esportazioni (-4,8% Paesi UE, +3,3% Paesi extra UE) e del 5,5% per le importazioni (-3,7% Paesi UE, -7,7% Paesi extra UE). Tenendo presente questo scenario di riferimento, è proprio la movimentazione trailer a dare per Ravenna il miglior risultato: sulla linea Ravenna-Catania il traffico Tirrenia-CIN e Grimaldi è stato complessivamente di 14.453 pezzi contro gli 8.864 dello scorso anno (+63,1%) a cui si aggiungono quelli della nuova tratta Ravenna-Brindisi che sono stati 3.142. In totale il numero dei trailer nei primi quattro mesi è stato di 17.943 pezzi, praticamente il doppio rispetto ai 8.992 dello scorso anno. Insomma, rispetto alla totalità delle movimentazioni in atto presso lo scalo di Ravenna, il servizio Autostrade del Mare si può considerare minoritario, ma è cercamente dotato di una sua importanza strategica. «Se confrontiamo le merci in modalità ro/ ro a quelle trasportate via container, si tratta certamente di quantità inferiori» commenta per noi Massimiliano Dumini, dell’Autorità Portuale di Ravenna, Area Pianificazione e Sviluppo. «E ancora di più se consideriamo la totalità delle movimentazioni al porto di Ravenna, che comprendono non solo container, ma anche e soprattutto rinfuse solide, rinfuse liquide e merci varie: si tratta insomma di una quota ancora minoritaria, dato che possiamo parlare di circa 800mila tonnellate di merci all’anno – ma in rapida crescita - rispetto ad un totale medio degli ultimi anni pari a circa 22 milioni di tonnellate. Infatti, le linee Autostrade del Mare in transito da Ravenna sono certamente tra quelle in Adriatico che funzionano meglio» prosegue Massimiliano Dumini. «Tant’è vero che al servizio “storico”, quello che Tirrenia offre dal nostro scalo da almeno una ventina d’anni se non di più, si è aggiunto l’anno scorso quello di Grimaldi, che collega Ravenna con Catania, aggiungendo però una sosta strategica a Brindisi». Attraverso Catania e Brindisi, infatti, i trasportatori possono usufruire in trasbordo degli altri servizi regolari del Gruppo Grimaldi verso la Grecia, i Balcani, Malta e la Libia. Attualmente Grimaldi offre partenze giornaliere da Brindisi per Igoumenitsa e Patrasso nonché partenze quattro Logistica Management >ottobre 2013< 61 >> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta Svuotamento container a Ravenna presso il Terminal Container. volte alla settimana da Catania per Malta e settimanali per la Libia (Tripoli, Al Khoms). La conferma dell’interesse verso questo tipo di trasporto ci proviene da un operatore di rilievo come FM Logistic, che utilizza le Autostrade del Mare dal 2009 per tutte le merci destinate in Sicilia, per il trasporto di prodotti alimentari, secchi o a temperatura controllata. In pratica nei porti di Genova e/o Voltri vengono imbarcati dai 4 ai 6 semirimorchi al giorno, con destinazione Catania e/o Palermo, che poi all’arrivo vengono prelevati da altro personale. «Siamo molto soddisfatti del servizio: per quanto, rispetto al viaggio su gomma, la percentuale di risparmio sia piuttosto contenuta» afferma Pierluigi Baio, Transport Director FM Italia. «I benefici che registriamo sono soprattutto altri: prima di tutto quello ambientale, con la riduzione del volume trasportato su gomma, con tutto quello che comporta in emissione di co2, e quello legato alla mobilità, dato che le Autostrade del Mare ci consentono di evitare l’intasamento e la lentezza soprattutto in tratti autostradali come la Salerno/ Reggio Calabria). Ultimo e non ultimo come importanza è la quasi certezza di garantire le consegne alla GDO in tempi brevi (AxC)». Qual è insomma il valore strategico che attribuite a questo servizio? «Le Autostrade del Mare permettono di fornire servizi più veloci e meno costosi. Riducono i problemi della mobilità e sono sicuramente un mezzo di trasporto che permette di essere più attenti a tutte le problematiche legate all’ambiente». 62 Acqua, aria, Acqua, aria, terra: la ... è proprio la movimentazione trailer a dare per Ravenna il miglior risultato: sulla linea RavennaCatania il traffico Tirrenia-CIN e Grimaldi è stato complessivamente di 14.453 pezzi contro gli 8.864 dello scorso anno (+63,1%) a cui si aggiungono quelli della nuova tratta Ravenna-Brindisi che sono stati 3.142 fiume La principale, anche se non unica, via fluviale navigabile per il trasporto merci in Italia è il Po, e comunque con pro e contro. I pro, sono che il fiume attraversa la pianura più grande, operosa e rilevante d’Italia dal punto di vista economico, i contro, che con il passare degli anni richiede sempre più cure e interventi per essere reso navigabile, evitando le secche dei periodi di magra e quindi adottando un piano completo e a lungo termine dal punto di vista idrogeologico. Lungo il fiume Po vi sono diverse realtà che offrono questo audace incontro fra mare, fiume, strada e ferro. L’unica realtà intermodale in Italia del gruppo UIR che integra le tipologie di vettori stradale, ferroviario e fluvio-marittimo, è l’interporto di Rovigo, che offre anche la possibilità di integrazione con i nodi interportuali di Padova e Verona, costituendo così una vera e propria piattaforma logistica del Veneto, unita alla disponibilità di ampie aree per insediamenti produttivi. Ma questa caratteristica di plurimodalità fra ferro, acqua e gomma è in comune anche con altre strutture logistiche come il Porto di Cremona o il Porto di Mantova. Qual è la convenienza del trasporto fluviale? Secondo quanto pubblicato a suo tempo su Logistica Management, il risparmio economico per la collettività, anche in termini di congestione stradale, i ridotti consumi energetici (17% rispetto al trasporto su strada e 50% al trasporto >ottobre 2013< Logistica Management ferroviario in km/t di merci trasportate) e le modeste emissioni inquinanti, unite ad un alto livello di sicurezza, determinano costi esterni totali del trasporto fluviale inferiori di sette volte rispetto a quelli stradali. Se una chiatta ha una capacità di 60 TEU a viaggio, senza limiti di peso, si stima che il risparmio per la collettività per ogni viaggio effettuato via fiume è di 603 euro di costi esterni. Inoltre il trasporto fluviale, oltre ad abbassare i livelli di inquinamento, è facilmente integrabile con altre modalità di trasporto. La rete navigabile padano-veneta, nelle intenzioni dei suoi promotori, dovrebbe intercettare significativi flussi di traffico che attualmente viaggiano su gomma e su ferro per trasferirli sulle vie navigabili. La congestione, gli incidenti, l’inquinamento atmosferico, il rumore e l’impatto sui cambiamenti climatici sono solo alcuni dei principali effetti “collaterali” legati alle modalità di trasporto più utilizzate. E il trasporto via acqua ha forti potenzialità per tutte quelle categorie merceologiche particolarmente adatte a questa modalità di trasporto: i metalli di base e i prodotti in metallo, i prodotti dell’estrazione di minerali da cave e miniera, i coke e i prodotti petroliferi raffinati, ma anche le merci secche e i conatiner. Come si sta procedendo? In sintesi, con una serie di progetti e iniziative che coinvolgono ampi network fra soggetti pubblici e privati, per la promozione del sistema di navigazione terra: la rete intermodale avvolge rete intermodale che avvolgeche il pianeta interna, proponendo pacchetti logistici che ne favoriscano l’installazione, assistenza tecnica e un meccanismo di incentivazione rivolto alle imprese attive sul territorio. Per esempio il progetto LOG-PAC, finanziato al 50% dalla DGMOVE (Directorate-General for Mobility and Transport), terminato nel 2012, prevedeva l’utilizzo delle infrastrutture portuali esistenti da parte degli operatori privati locali attraverso una strategia di comunicazione in termini di localizzazione di imprese logistiche e produttive, la definizione di un pacchetto di insediamento logistico adatto alle caratteristiche professionali degli operatori e, infine, la definizione di un meccanismo di incentivazione al fine di accrescere una domanda aggregata di servizi logistici. Altri progetti sono per esempio NINANET, EMPIRIC, SeeMariner, tutti con l’obiettivo di promuovere in Italia ed Europa il Sistema Idroviario del Nord Italia. Vedono la partecipazione del Porto di Cremona, del Sistema Portuale Mantovano, del Porto dell’Emilia Centrale, dell’Autorità Portuale di Venezia, del Porto di Porto Nogaro, dell’Interporto di Rovigo, ma anche soggetti per la funzionalità delle infrastrutture di navigazione come AIPO, Sistemi Territoriali SpA, nonché consorzi e associazioni per lo sviluppo della navigazione interna e delle aree portuali, quali UNII, CONSVIPO, ed altri soggetti come RAM SpA. L’obiettivo è quello di offrire al mercato un pacchetto competitivo di infrastrutture e servizi per la navigazione interna, che dovrà ancora essere sviluppato da un punto di vista infrastrutturale per raggiungere i più avanzati standard europei in termini di capacità, sicurezza e protezione, e di servizi logistici. Il già citato EMPIRIC, in particolare, è un progetto europeo cofinanziato dal FESR, Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale, nel quadro del programma europeo “Central Europe”, la cui area di intervento è lo sviluppo della cooperazione nella logistica multimodale con l’obiettivo particolare di favorire lo sviluppo delle conoscenze, promuovere le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché le soluzioni alternative per migliorare l’accesso e il supporto delle tecnologie ecosostenibili. Tale progetto coinvolge 6 paesi dell’Europa Centrale: Austria, Italia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia e Ungheria. EMPIRIC è stato sviluppato per supportare l’avvio e il miglioramento dei collegamenti multimodali da e per i porti del Nord Adriatico con l’entroterra dell’Europa Centrale. Esso mira inoltre a fornire agli operatori dei trasporti e della logistica multimodale, strumenti e condizioni per sostenere gli investimenti nei nuovi servizi e piattaforme multimodali, contribuendo quindi alla preparazione degli investimenti e alla definizione degli strumenti comuni per migliorare l’attrattività dei servizi e delle infrastrutture multimodali. Questo contribuirà allo sviluppo di una rete intermodale e multimodale in Lungo il fiume Po vi sono diverse realtà che offrono questo audace incontro fra mare, fiume, strada e ferro Europa Centrale, che comprende tutte le modalità di trasporto (ferrovia, strada, navigazione marittima e navigazione interna), promuovendo il ruolo strategico dei porti del Nord Adriatico per servire l’ampio entroterra del Nord Italia, grazie al canale navigabile Adriatico-Mantova/ Cremona e le regioni dell’Europa Centrale ed Orientale. La rete navigabile padano veneta. Nel solco di questi principi è nata e opera una realtà estremamente innovativa, Door 2 Green, società che ha sede a Mantova, in prossimità del Porto Fluviale di Valdaro. L’azienda, nata dalla joint venture tra Samer & Co. Shipping e Thun, eroga servizi di logistica avanzata e di global forwarding, utilizzando ove possibile tecnologie di movimentazione Logistica Management >ottobre 2013< 63 >> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta Acqua, aria, Acqua, aria, terra: la aereo Chiatta attrezzata per il trasporto di container (immagine DOOR 2 GREEN). trasporto green. Quali le specificità di questa realtà? Innanzitutto, la fornitura di servizi su scala globale, con l’obiettivo di connettere, door to door, tutte le principali destinazioni mondiali. Il tutto sulla base dell’hub di Mantova, che di per sé rappresenta un centro di eccellenza nei servizi logistici per dimensione, tecnologie di processo (impianto automatico di smistamento e di confezionamento) e organizzazione delle attività. In più Door 2 Green privilegia l’utilizzo di tecnologie di trasporto che minimizzino l’impatto ambientale, come ad esempio il trasporto fluviale e ferroviario. Da settembre 2011 infatti è stato avviato un servizio per il trasporto di contenitori sull’asta fluviale che collega il Porto di Venezia al Porto Fluviale di Valdaro. Per fare ciò Door 2 Green si avvale di una flotta di cinque chiatte (di classe V Europea) e uno spintore fluviomarittimo, che garantiscono un servizio regolare, per tutti i giorni dell’anno, oltre che del terminal fluviale di ottomila mq con funzione di buffer per la consegna “just in time” dei container alle aziende. La società stima che i risparmi connessi al trasporto fluviale si possano così quantificare: oltre seimila tonnellate di CO2 emessa in meno all’anno; circa seicento euro in meno di costi esterni per ciascun viaggio andata/ritorno; 64 circa centoventi camion di meno sulle strade per viaggio andata/ritorno; 17% di energia necessaria rispetto al trasporto su strada. Non solo: grazie alle strutture del Porto di Valdaro, in particolare alla connessione intermodale fiume/ferro, Door 2 Green può completare il tratto fluviale con trasporti via ferrovia per tutta Europa. Per Door 2 Green, insomma, l’intermodalità fa parte di un più ampio e completo progetto di sostenibilità: per esempio, il sito logistico è pienamente integrato nel verde circostante, con circuito elettrico alimentato esclusivamente da fonti rinnovabili. Di fatto il principio ispiratore dell’azienda è proprio quello della “logistica sostenibile”, superando una visione del passato, per la quale il costo della logistica venga definito solo in termini monetari. Questa azienda invece propone un approccio orientato allo sviluppo sostenibile, mettendo in conto anche i costi esterni della logistica, associati principalmente al cambiamento climatico, all’inquinamento atmosferico, al rumore, alle vibrazioni e agli incidenti. L’obiettivo di Door 2 Green è quello di trovare tutti i modi possibili per ridurre tali esternalità, e raggiungere un equilibrio più sostenibile fra obiettivi economici, ambientali e sociali. >ottobre 2013< Logistica Management Un fronte di grandissimo interesse, per determinate tipologie di merci, è quello aeronautico e aeroportuale. La prima e ovvia connessione intermodale è quella fra strada e aria, ma in prospettiva vi sarebbero anche snodi ben più interessanti fra treno e aereo. Anche di questo si è parlato nel corso della Prima conferenza italiana TAPA EMEA, dedicata alla sicurezza nella supply chain che si svolge per via aerea. La sicurezza, come facilmente immaginabile, riveste un ruolo importantissimo nel traffico aereo, e il trasporto delle merci, che di questo traffico fa parte, non fa eccezione. L’intento di questa associazione europea (www.tapaemea.com) è quindi quello di individuare processi e criticità nei processi di trasporto aereo, per indirizzarli e risolverli con iniziative specifiche, a tutto vantaggio dell’efficienza complessiva. A questo serve anche il circuito di conferenze, delle quali la prima edizione italiana si è svolta appunto a settembre, presso lo Sheraton Hotel dell’Aeroporto di Malpensa, grazie all’organizzazione di ALHA Group (Air Lines Handling Agent), leader italiano nel settore dell’Air Cargo Handling, presente in modo importante nella Cargo City dell’Aeroporto di Milano Malpensa, di cui gestisce più del 75% della merce in transito e dell’Aeroporto di Roma Fiumicino, ai quali si aggiunge un network di 12 centri deposito capillarmente posizionati sull’intero territorio nazionale. All’evento, oltre ai top manager di Alha e TAPA, hanno preso parte Giulio De Metrio, Chief Operating Officer di SEA, con un intervento sull’importanza del business Cargo per l’aeroporto di Malpensa, riflettendo in particolare sul tema della security quale fattore di competitività per lo scalo lombardo, Roberto Arditi, Direttore Relazioni Scientifiche di SINA e Tommaso Tattesi, Security manager di Autostrade per terra: la rete intermodale avvolge rete intermodale che avvolgeche il pianeta l’Italia, intervenuti sul tema della rete autostradale italiana e i sistemi di sicurezza ed infine il Comandante Michele La Fortezza del Compartimento della Polizia stradale Toscana. I dati elaborati da UIR, e presenti sempre nel rapporto 2011, sostanzialmente confermano il quadro generale emerso al convegno di Malpensa. Secondo UIR infatti l’aeroporto di Milano Malpensa gestisce da solo poco meno delle metà delle 940.000 tonnellate movimentate con questa modalità in Italia, pari a 450.000 tonnellate. La somma del traffico dei primi aeroporti italiani in termini di movimentazione merci, Milano Malpensa, Roma Fiumicino e Bergamo (questi ultimi movimentano rispettivamente il 16% e il 12% delle merci), corrisponde al 75% del totale delle merci movimentate per via aerea in Italia. Per fare un raffronto con i principali aeroporti europei, il solo aeroporto di Francoforte (la principale struttura per il traffico merci in Europa) movimenta da sola due volte e mezzo il totale delle merci movimentate in tutte le strutture italiane, mentre Milano Malpensa si attesta in nona posizione nella graduatoria degli aeroporti con maggior traffico merci in Europa. Allargando la prospettiva, «all’interno del settore dei trasporti, il cargo aereo costituisce il 7% del trasportato complessivo in termini di volume, ma ben il 38% in termini di valore» ha spiegato Alessandro Cappella, General Manager di Alha Malpensa, durante il suo intervento di apertura. «Da un’analisi dello scenario presente e futuro del trasporto aereo mondiale sono attesi sensibili incrementi nel trasporto aereo delle merci (dati IATA 2013) con un conseguente aumento del valore delle merci a livello mondiale, che dovrebbe passare dagli attuali 5.300 miliardi di dollari ai circa 16.000 miliardi di dollari previsti nel 2025, corrispondenti a un 55% del valore del trasportato. Per il trasporto aereo il trend di crescita sembra pertanto essere stimato in un 6-7% annuo». In questo contesto gli aspetti della sicurezza, che erano l’argomento focus della giornata organizzata da TAPA, giocheranno un ruolo chiave anche in Italia, in una prospettiva di >> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta crescita che dovrà supportata dalle capacità degli operatori e da quelle del paese per poter dare elevate garanzie di salvaguardia per il buon esito finale di tali tipologie di spedizioni. «Non è sufficiente garantire la sterilità all’interno del sedime aeroportuale – prosegue Alessandro Cappella – è il territorio in cui lo scalo opera a dover essere costantemente e oculatamente monitorato in sicurezza con l’applicazione di regole che in uno standard di qualità comune coinvolgano tutti i soggetti che partecipano, direttamente ed indirettamente, al complesso processo del trasporto combinato». Durante i lavori della conferenza è stato più volte ribadito come l’applicazione di tali regole risulterebbe più agevole e meno onerosa a misura che si riuscirà ad incrementare i volumi trasportati e a concentrarsi su poli logistici aeroportuali di grande significato strategico. Tra questi, sicuramente il primato è da ascriversi all’Aeroporto di Malpensa dove Alha, unico operatore italiano certificato TAPA TACSS Livello 1, il più alto riconoscimento dell’Associazione, già oggi gestisce il 75% delle merci movimentate. L’andamento delle merci allo scalo di Malpensa, e le sue prospettive per il futuro, era al centro degli interventi della mattinata, durante la quale diversi relatori hanno confermato il grande potenziale e le prospettive dello scalo lombardo, evidenziando grandi opportunità di crescita per UPS: spedizione cargo per via aerea. Acqua, aria, terra: la rete intermodale migliorare l’attuale sesto posto nella graduatoria degli scali europei del cargo aereo. Margini di miglioramento che permetterebbero all’aeroporto di Malpensa di erodere quote di mercato e competere con i principali scali del Nord Europa (Amsterdam, Francoforte, Londra Bruxelles, Lussemburgo e Parigi), dove attualmente si concentra l’85% del cargo aereo. «Su Malpensa – ha proseguito Alessandro Cappella – potrebbero essere dirottate, come iniziativa di minima, le oltre 600mila tonnellate di Made in Italy che oggi lasciano l’Italia via camion per imbarcarsi sugli aeroporti del Nord Europa, ma deve esserci un lavoro congiunto che preveda anche interventi sulla messa in sicurezza della rete trasportistica per modificare tali percentuali». «L’aeroporto di Malpensa, come trasporto merci, si colloca certamente nel novero dei principali hub europei: al sesto posto, mi sentirei di affermare “per ora”» prosegue Giulio De Metrio, COO di SEA Srl. «In Italia indubbiamente siamo di gran lunga l’aeroporto più importante per quanto riguarda il cargo. Ora, consideriamo che il nord Italia genera circa un milione e duecentomila tonnellate di merci destinate al cargo aereo: la metà di queste vengono indirizzate agli aeroporti del nord Europa mediante il cosiddetto road feeder service. Da questo dato deduciamo che Malpensa potrebbe sviluppare il doppio dei suoi traffici attuali, se solo cominciasse a indirizzare correttamente i volumi che oggi prendono il camion per imbarcarsi al nord. Un’opportunità che possiamo considerare ancora maggiore se solo il mercato in generale dovesse riprendersi dall’attuale stato di recessione. Si tratta evidentemente di un’opportunità non solo per Malpensa, ma per tutto il sistema Italia. Significa riportare in Italia pezzi di PIL che oggi fanno crescere i Paesi europei». «Di particolare interesse la catchment area: la nostra infrastruttura è ubicata in una delle aree più ricche d’Europa, dal punto di vista economico e sociale» riflette ancora De Metrio. «Quasi il 30% del PIL d’Italia proviene da qui. Per non parlare di una catchment area allargata, raggiungibile con nuovi nodi di trasporto intermodale. Malpensa Cargo City prevede infatti di raddoppiare le sue superfici dedicate all’air cargo, passando appunto da una capacità di cinquecentomila tonnellate annue, ad oltre un milione. I tanti investimenti previsti o in corso a supporto di queste potenzialità, sono iscrivibili in un approccio che punta all’inserimento di Malpensa nelle reti e connessioni internazionali, come nodo anche intermodale. Da un lato una miglior viabilità stradale è anch’essa fattore abilitante di un maggior utilizzo dell’aeroporto come scalo merci. Dall’altro si prevede un ulteriore lavoro che SEA sta via via finanziando, ovvero l’ampliamento e il completamento della Cargo City: in Per il trasporto aereo il trend di crescita sembra pertanto essere stimato in un 6-7% annuo questo senso un’opera come la copertura del raccordo ferroviario realizzato nel 2011, serve in un certo senso per abbattere ogni tipo di confine, anche concettuale, allo sviluppo dell’area cargo». In pratica sono due i fronti su cui Malpensa sta lavorando: segue a pag.68 >> >> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta Acqua, aria, terra: la rete intermodale segue da pag.66 >> La mappa dei progetti previsti all’Aeroporto di Milano Malpensa, con particolare riferimento al trasporto delle merci. uno è l’ampliamento della Cargo City, previsto per il 2014, l’altro invece è il nuovo Logistics Park il cui sviluppo è più a lungo termine. Si tratterebbe in quest’ultimo caso di interventi finalizzati a conferire all’aeroporto un ruolo sempre più logistico: in prospettiva vi è infatti anche la possibilità di realizzare un terminal ferroviario, in modo da sottolineare sempre di più la natura intermodale dell’aeroporto stesso. Conclusioni Qual è quindi la ragione e l’importanza di una rete intermodale per far viaggiare le nostre merci? Perché è giusto affrontare questo argomento, sulle nostre pagine, e soprattutto nelle vostre attività? A nostro avviso la questione si può affrontare da un duplice punto di vista. Il vantaggio privato, ovvero di competenza della singola azienda, sta nella possibilità di accedere a nuove metodologie di trasporto, più efficienti nel loro complesso, e quindi meno costose. Questo, a patto che l’efficienza complessiva sia da qualche parte garantita e supportata, perché l’intermodalità resta sempre e comunque in stretta dipendenza dalle caratteristiche e dalle azioni che si svolgono nel resto della rete, a differenza di un trasporto stradale che ne risulta molto più indipendente. Ammesso insomma che la soluzione scelta sia ben organizzata e impostata, l’azienda ne può trarre 68 un beneficio economico; ma in più, a parità di condizioni economiche, l’intermodalità offre all’azienda un approccio molto più sostenibile ed ecocompatibile alle risorse del pianeta. Viaggiare per mare o per ferrovia, è quindi strategico per quelle realtà che credono nella sostenibilità per ragioni etiche, o almeno, che sono spinte a crederci per ragioni di marketing. Vi è poi un vantaggio pubblico, che riassume e moltiplica i vantaggi privati. Tornando al testo di Freight Leaders Council, dove si parla di efficienza dei nodi intermodali in modo che gli utenti coinvolti possano ricavare da queste operazioni la massima utilità, così si specifica il concetto di “utilità”: L’utilità complessiva degli utenti del sistema è un concetto articolato che non può essere ricondotto ad una mera funzione di costo ma comporta implicazioni di vario genere, l’ampiezza delle quali è dipendente dalle dimensioni e dagli attori / stakeholder in gioco nella gestione del terminale intermodale e della catena di trasporto. Pertanto, entrano – o dovrebbero entrare – nell’utilità fattori particolari del trasporto e generali di benessere pubblico, specialmente nella misura in cui la gestione dei nodi del trasporto esce da una mera dimensione privatistica ed entra nella dimensione pubblica o para-pubblica. In concreto: avere meno camion che viaggiano lungo le strade significa >ottobre 2013< Logistica Management ridurre l’impatto sulle strade stesse, limitare le emissioni di co2, contenere l’incidentalità e quindi i costi a carico delle strutture sanitarie – ovvero delle nazioni stesse. Significa quindi che le ragioni inderogabili dell’economia e dei consumi, in termini di merci che devono muoversi, vengono messe in più stretta relazione con le diverse risorse del pianeta, ottenendo uno sfruttamento più bilanciato e quindi più a lungo termine. Ma significa anche una miglior suddivisione dei carichi di lavoro, un incentivo ad interi comparti già di per sé forti di storia e capacità, come le realtà portuali marittime o le società ferroviarie. L’intermodalità poi ama la concentrazione delle risorse, e dove c’è concentrazione ci sono economie di scala: più lavoro, con meno sprechi. È questo un approccio che però deve essere ben chiaro e condiviso a livello pubblico, cioè di chi governa e pone le linee guida per il futuro del Paese. La bella notizia è che più lungimirante è il progetto, maggiori sono i ritorni a cascata su tutta la nazione. Quella brutta, è che fin qui dai tanti governi che si sono alternati negli ultimi anni non si è avuta se non in minima parte l’attenzione a progetti a lungo termine, ma solo la rincorsa all’ultima emergenza, finanziaria oppure politica. Nulla di più. Che cosa ci resta dunque? Con quali speranze ci congediamo dai nostri lettori, dopo questo lungo articolo? Un primo augurio, è che anche in questa occasione, l’iniziativa privata sia capace di recuperare almeno in parte l’inerzia pubblica. Cosa che però non è la soluzione ideale, ma solo la soluzione che fin qui ha sempre funzionato. Il vero augurio, quello che esprimiamo con tutto il cuore, è che questo Paese ritrovi il gusto di progettare e costruire il suo futuro. Una visione nella quale la rete logistica intermodale diventa molto di più che un interesse da specialisti, piuttosto un progetto da convididere, come lavoro e come vantaggi, con l’intero sistema Paese.