s p e c i a l e
intermodalità
Non c’è vento favorevole per chi non sa in che
porto vuole andare.
(Seneca)
Traffico container al porto di Ravenna.
Acqua, aria, terra:
la rete intermodale
che avvolge il pianeta
Nel mondo della movimentazione delle merci, l’intermodalità indica il passaggio tra tipologie di
trasporto diverse, senza che si intervenga sulla merce stessa. Le combinazioni possibili sono tante,
anche se la principale è quella che parte dal trasporto su gomma: quindi fra strada e ferrovia, ma
anche fra strada e aereo, fra strada e mare, o fra strada e fiume. Più avanzate sarebbero le
combinazioni dirette fra mare e ferrovia, che tanta invidia ci fanno nei porti del nord, quelle fra mare
e fiume o tra treno e fiume, che vedono già importanti progetti in corso lungo il Po, o la prospettiva di
Malpensa Cargo in termini di treno/aereo. La rete che ne emerge è certamente complessa e ricca di
implicazioni diverse –ambientali, sociali, economiche, politiche, in aggiunta a quelle più strettamente
legate alla supply chain in questione –ma una cosa è certa: l’intermodalità è il principale capitolo da
scrivere per il futuro logistico del nostro Paese
di Cecilia Biondi
Logistica Management >ottobre 2013<
49
>> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta
“I
l tema della logistica e della
movimentazione delle merci
sta assumendo un’importanza
sempre maggiore, anche in virtù
del periodo di crisi che attraversa
l’economia globale. Infatti,
un sistema di trasporto delle merci
efficiente, interconnesso e organico
può costituire una spinta propulsiva
per il sistema economico”. È questa
l’affermazione che riteniamo dia il
giusto incipit al nostro articolo, tratta
dall’ultima ricerca condotta da UIR
in merito al sistema degli interporti
italiani, e pubblicata all’inizio di
quest’anno. «Il tema della logistica
è infatti di grandissima importanza,
inteso a supporto di un tessuto
industriale che, oggi in particolare,
deve ricercare nuovi spazi di efficienza»
commenta per noi Alessandro Ricci,
presidente di UIR, Unione Interporti
Riuniti, a proposito di questo
documento e del comparto che esso
vuole rappresentare. «Non pensiamo
di poter vivere di sola logistica, né che
la logistica sia l’unica soluzione a tutti
i mali: ma è anche vero che efficientare
il sistema della logistica e dei trasporti
significa ridurre i costi che oggi le
imprese sostengono e che oggi gravano
sul prodotto finito, potendo quindi
aumentare la capacità competitiva
e ambire ad un incremento di punti
PIL. Siamo convinti insomma che la
logistica possa dare un forte valore
aggiunto al nostro sistema industriale».
Afferma ancora il documento:
“Nonostante l’importanza di un
sistema integrato di trasporti e logistica
per lo sviluppo e la competitività
del nostro paese, la conoscenza
della materia e dello stato della
realtà interportuale italiana non
è diffusa. Il presente Rapporto ha
dunque l’obiettivo primario di offrire
un’immagine chiara del sistema
interportuale italiano a tutti i soggetti
potenzialmente interessati, dalle
istituzioni pubbliche al mondo
imprenditoriale”. È l’intento che
50
Acqua,
aria,
Acqua, aria,
terra:
la
... un sistema di trasporto delle merci efficiente,
interconnesso e organico può costituire una spinta
propulsiva per il sistema economico
sposiamo con il presente articolo, per
le ragioni che pensiamo di illustrare
nel corso delle prossime pagine e che
abbiamo sintetizzato in conclusione.
«Dal canto nostro ci proponevamo di
colmare un vuoto di notizie e possiamo
affermare di aver conseguito tale
obiettivo» concorda Alessandro Ricci.
«In realtà, in queste prime righe del
rapporto si sottende un ragionamento
più ampio: il fatto che nel mondo
della logistica e dello shipping in
generale esiste una certa carenza di
informazioni, in quanto i dati sono
aggregati in maniera diversa a seconda
di chi li rileva, ed è quindi difficile
fare delle valutazioni e comparazioni
fra realtà diverse. Lo spirito con
cui è stato affrontato il lavoro di
ricerca, era proprio quello di offrire
un quadro omogeneo e condiviso del
mondo interportuale, che possa essere
utilizzato come fonte di informazioni
per tutti coloro che devono conoscere
quale sia lo stato della materia, in
termini di andamento dei traffici, dei
trasporti e della logistica nel nostro
Paese. In più» prosegue il presidente
«in anteprima sulla prossima edizione,
alla quale stiamo già lavorando e
che dovrebbe essere pubblicata nei
prossimi mesi, posso dire che sviluppa
una maggiore attenzione agli aspetti
di traffico e di attività effettiva,
diversamente dalla prima che invece
era maggiormente orientata agli
aspetti di carattere immobiliare e di
capacità».
Un elemento fondamentale del
circuito intermodale italiano è infatti
costituito dai luoghi di scambio
strada/ferro, principalmente gli
>ottobre 2013< Logistica Management
interporti, che peraltro hanno un raggio
d’azione ben più ampio rispetto alla sola
intermodalità ferroviaria (la normativa
recita: per “interporto” si intende “il
complesso organico di infrastrutture e
di servizi integrati di rilevanza nazionale
gestito da un soggetto imprenditoriale
che opera al fine di favorire lo la mobilità
delle merci tra le diverse modalità di
trasporto, con l’obiettivo di accrescere
l’intermodalità e migliorare l’efficienza
dei flussi logistici”). La situazione in Italia
ha avuto recentemente una fotografia
importante grazie a questa ricerca
condotta da UIR, che per la prima volta
ha istituito un metodo di comparazione
uniforme tra le realtà interportuali
presenti in Italia (considerando quelle
iscritte all’associazione che sono anche
le principali del Paese) e quindi offre
un nuovo strumento di valutazione
del comparto nella sua totalità e dei
suoi singoli elementi. Il Rapporto
UIR - Il sistema degli Interporti italiani
nel 2011 è stato presentato all’inizio
di quest’anno, e dovrebbe inaugurare
per l’associazione l’avvio di un lavoro
regolare sugli interporti italiani, in
termini di capacità potenziale, di realtà
produttiva e di opportunità per tutta
l’economia nazionale. Tra l’altro, poiché
l’intermodalità è strettamente legata alla
movimentazione delle merci mediante
container (non è l’unico strumento, ma
è senz’altro il principale), la ricerca ha
anche inserito nella sua introduzione
una panoramica sui numeri del
trasporto via nave, via strada e via aereo
in Italia, che vedremo via via nel corso
dell’articolo.
L’analisi UIR, di cui consigliamo
vivamente la lettura integrale
terra:
la rete intermodale
avvolge
rete
intermodale
che avvolgeche
il pianeta
(si può scaricare dal sito www.
unioneinterportiriuniti.org), evidenzia
l’eterogeneità del sistema interportuale
italiano, attraverso l’individuazione
delle principali caratteristiche di
ciascuna struttura in rapporto alle altre
e descrivendone al meglio potenzialità
e diversità esistenti. Il Rapporto si
conclude con un capitolo che riassume le
principali indicazioni emerse dall’analisi
svolta e gli spunti di riflessione su
quanto ancora rimane da fare nelle
future rilevazioni, soprattutto in termini
di integrazione con i dati sull’attività
logistica ed intermodale “esterna” al
mondo interportuale.
Un altro documento estremamente
approfondito sul tema del legame
fra porti, interporti, intermodalità e
opportunità per la logistica ha visto
la luce a giugno 2013: si tratta del
Quaderno 23 del Freight Leaders
Council (www.freightleaders.org), “Dal
porto all’hinterland, soluzioni per una
catena logistica competitiva”. L’idea
di fondo è che in tempi di crisi sia
necessario migliorare le performance
complessive della catena logistica
con una maggior efficienza; e per fare
ciò, bisogna evidenziare le criticità e i
punti deboli della rete logistica, per poi
poterli correggere.
L’idea di fondo è che in tempi di crisi sia
necessario migliorare le performance complessive
della catena logistica con una maggior efficienza...
... risulterebbe necessario che questa logica di
impostazione sistemica venisse recepita anche a
livello di regolamentazione, specialmente oggi alla
(perenne) vigilia del riadattamento/aggiornamento
delle leggi per i porti (Legge 84/94) e interporti
(Legge 240/90)...
Confronto dei costi del trasporto in funzione della distanza per la modalità tutto strada
e intermodale (fonte Freight Leaders Council/Combitec Srl).
Lasciando, peraltro, gli interventi
sulle strutture logistiche sullo
sfondo, per concentrarsi su quelli
in infrastrutture organizzative,
gestionali e informatiche, in altri
termini sugli interventi “a costo zero”
che consentano di sfruttare al meglio
le realtà già esistenti.
Il quadro presentato è di grande
interesse e scende nei dettagli,
anche quelli meno noti, dei processi
logistici che hanno come snodo il
porto o le strutture annesse, trattando
quindi di procedure doganali, di rete
intermodale, di integrazione con
il trasporto ferroviario e così via. Il
documento è certamente da leggere
per intero per chi voglia accedere
ad una fotografia completa del
comparto. Sottolineiamo un principio
importante: la collaborazione
tra porti e interporti, che viene
evidenziata come un legame di
vitale importanza per garantire
l’esistenza di una rete per il trasporto
intermodale capace e moderna. In
quest’ottica, e solo in questo modo,
il porto potrà “esercitare quel ruolo
di mediazione e integrazione tra
mare e terra, tra business marittimo
e business logistico”. A tal fine
risulterebbe necessario che questa
logica di impostazione sistemica
venisse recepita anche a livello di
regolamentazione, specialmente
oggi alla (perenne) vigilia del
riadattamento/aggiornamento
delle leggi per i porti (Legge 84/94)
e interporti (Legge 240/90): in
particolare ci si può spingere ad
auspicare una riforma di legge
sinergica delle due, che sia in grado di
mettere a sistema e valorizzare queste
due componenti vitali per i gangli del
sistema logistico nazionale nel suo
insieme, prevedendone uno sviluppo
armonico e tarato sulle esigenze del
territorio nazionale nel contesto
europeo e di posizionamento del
sistema Italia in maniera strategica
per la captazione dei traffici mondiali.
Logistica Management >ottobre 2013<
51
>> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta
Acqua,
aria,
Acqua, aria,
terra:
la
INTERPORTI
Dalla ricerca UIR prendiamo ancora il
quadro relativo alla struttura e capacità
produttiva degli interporti italiani,
che vengono analizzati in base alla
loro localizzazione nel contesto del
sistema dei trasporti, e alle disponibilità
e potenzialità di sviluppo delle aree
interportuali, con i relativi modelli di
specializzazione funzionale. Un’altra
sezione dello studio è dedicata all’analisi
delle infrastrutture terminalistiche
situate nell’ambito degli interporti
considerati.
Per quanto riguarda la localizzazione
degli interporti operatici nel 2011
nel sistema dei trasporti, alcune
caratteristiche salienti sono degne di
sottolineatura:
- la polarizzazione nel Nord Italia, a
conferma di analisi sviluppate negli anni
precedenti (CENSIS-UIR 2010);
- la coincidenza con i nodi delle maggiori
direttrici dei traffici ferroviari e stradali;
- la singolare assenza della Lombardia
e del Lazio, che pure rappresentano
un bacino di domanda potenziale di
servizi logistici molto rilevante – come
evidenziato dalla quota di PIL nazionale
localizzato in tali regioni, rispettivamente
il 20,8% e il 10,8% (ISTAT 2009).
Gli interporti in Italia associati a UIR sono
i seguenti: Centro Intermodale Merci
Novara, Società Interporto di Torino
– S.I.TO., Interporto di Rivalta Scrivia,
Interporto di Vado, CePIM – Interporto di
Parma, Interporto di Bologna, Interporto
di Trento, Interporto Quadrante Europa,
Interporto di Rovigo, Interporto Padova,
Portogruaro Interporto, Interporto di
Cervignano del Friuli, Interporto della
Toscana Centrale, Interporto Amerigo
Vespucci, Interporto delle Marche,
Interporto d’Abruzzo, Interporto Sud
Europa, Interporto Campano e Interporto
Regionale della Puglia.
n Corridoio 1 (Baltico-Adriatico). Vi
insistono strutture come Interporto
di Cervignano del Friuli, Portogruaro
Interporto, Interporto Padova, Interporto
di Rovigo e Interporto di Bologna;
n Corridoio 3 (Mediterraneo), in
parte sostitutivo dell’ex corridoio 5
Lisbona-Kiev. Le strutture interessate
sono S.I.To. (Torino), CIM di Novara,
CePIM – Interporto di Parma, Interporto
Quadrante Europa, Interporto Padova,
... CePIM ha già in essere delle partnership:
si tratta di sviluppare su altre traiettorie di traffico
servizi di collegamento ferroviario da e per
l’Interporto di Parma...
Lo schema dei corridoi europei proposto dal progetto Empiric.
52
Una caratteristica importante della
rete è la sua localizzazione lungo le
principali dorsali di traffico italiane e
europee. In particolare la maggior parte
degli interporti italiani sono situati
direttamente su uno dei seguenti corridoi
paneuropei:
>ottobre 2013< Logistica Management
Interporto di Portogruaro, Interporto di
Cervignano;
n Corridoio 5 (Helsinki-La Valletta),
in parte sostitutivo dell’ex corridoio 1
Berlino-Palermo. Vi si trovano l’Interporto
di Trento, Interporto Quadrante Europa,
Interporto di Bologna, Interporto della
Toscana Centrale, Interporto Sud Europa,
Interporto Campano e Interporto della
Puglia;
n Corridoio 6 (Genova-Rotterdam). Le
strutture prossime sono il CIM di Novara
e Interporto di Rivalta Scrivia.
Ad oggi tali corridoi non dispiegano
ancora le loro complete potenzialità
in termini di capacità di trasporto, ma
rappresentano le linee di traffico su cui si
stanno focalizzando i maggiori interventi
infrastrutturali di trasporto a livello
europeo.
terra:
la rete intermodale
avvolge
rete
intermodale
che avvolgeche
il pianeta
A questi assi multimodali principali
si devono aggiungere le importanti
direttrici adriatica e tirrenica. Sulla
linea adriatica insistono l’Interporto
delle Marche, l’Interporto d’Abruzzo
e l’Interporto Regionale della Puglia,
oltre all’Interporto di Bologna, mentre
su quella tirrenica l’Interporto di Vado e
l’Interporto Amerigo Vespucci.
UIR chiude la parte relativa alla
localizzazione sottolineando un aspetto
sotto certi punti di vista anomalo: la
mancanza di interporti in Lombardia e
Lazio.
L’assenza di interporti lombardi è
dovuta alla peculiarità del modello
logistico di questa regione che, per
movimentazione di merci, è l’area
più rilevante del paese. La Lombardia
si caratterizza per la “localizzazione
diffusa” delle infrastrutture logistiche
e intermodali. L’effetto più rilevante
di questo modello, nell’ambito
dell’analisi UIR, è la separazione
geografica tra le infrastrutture per
la logistica e per l’intermodalità,
quindi l’assenza di strutture di tipo
interportuale basate sull’integrazione
tra queste due funzioni. Per quanto
riguarda l’intermodalità, i principali
terminal (non interportuali) presenti in
Lombardia sono: Segrate, adiacente al
terminal Milano-Smistamento; Busto
Arsizio; Mortara; Sacconago; Cremona;
Brescia; Mantova; Melzo. A questi
si aggiunge, fuori dalla regione, ma
legata all’area milanese, la struttura di
Piacenza.
L’approccio diffuso lombardo trova
probabilmente una spiegazione
proprio nella maggiore intensità
della domanda di servizi logistici e
intermodali. Quest’ultima ha, da un lato,
consentito al mercato privato di servizi
logistici di garantire un’autonoma
capacità di offerta, indipendente
dalle politiche pubbliche di settore;
dall’altro, ha consentito di slegare
la gestione dei terminal (comunque
Vista aerea sull’interporto di Parma-Cepim.
sostenibile sul piano economico per
effetto dell’agglomerazione dei traffici e
delle attività economiche) dalle attività
logistiche.
Questi pregi “privati” del modello
lombardo rischiano di comportare
una serie di effetti negativi (a partire
dall’impatto ambientale dei trasporti)
e certamente determinano l’incapacità
delle politiche pubbliche di pianificare
efficacemente lo sviluppo del settore.
Aggiungiamo da parte nostra un altro
aspetto, che risulta importante per
la Lombardia data la sua vicinanza
fisica: quella che potremmo definire
la “questione svizzera”. La Svizzera
infatti sta investendo pesantemente
sull’intermodalità ferroviaria ed è
prevedibile che presto vi sarà una sorta
di solco logistico tra i due Paesi, e che
la scarsa capacità italiana di accogliere
determinati tipi di convogli sarà sempre
più accentuata dall’evoluzione continua
della Svizzera in questa direzione. Cosa
che emerge praticamente da tutti gli
ultimi convegni sull’argomento: per
esempio durante un appuntamento
organizzato a Brescia lo scorso anno da
AEC, Federmanager/Aldai e CIFI, è stato
evidenziato che nel giro dei prossimi
dieci anni il traffico da e per la Svizzera
potrebbe raddoppiare, e inoltre, risultare
composto da treni più lunghi, più pesanti
e a sagome maggiori. In vista di questa
evoluzione risulterebbe fondamentale
programmare per tempo l’adeguamento
degli attuali interporti o, come suggerito
nel convegno citato, la realizzazione
di strutture ad hoc in Lombardia per
consentire un adeguato smistamento
delle merci dai centri più importanti di
origine e di destinazione. Le alternative
portate a questi interventi sono a dir
poco preoccupanti: l’insediamento
di strutture ad hoc al confine svizzero
per scaricare su camion tutte le merci
dirette in Italia, e viceversa; oppure
l’incremento di investimenti svizzeri in
Lombardia, cosa che implicitamente
conferma le opportunità commerciali
insite in un futuro intermodale per
questa regione.
Più in generale, il fenomeno
dell’interrelazione tra offerta di servizi
logistici e intermodali interportuali
e non interportuali, pur assumendo
intensità differenziata nelle diverse
aree del paese, appare pervasivo e di
particolare rilevanza per comprendere
in maniera approfondita l’evoluzione
del sistema degli interporti italiani.
Per questa ragione, il rapporto UIR si
propone di approfondire sempre di
più questo aspetto anche nelle sue
future edizioni, contestualizzando
l’analisi nell’ambito più generale
dell’offerta (pubblica e privata) di servizi
intermodali e logistici in Italia.
Logistica Management >ottobre 2013<
53
>> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta
Anche in questo caso, come faremo
anche più avanti con gli elementi aria,
fiume e mare, chiudiamo la sezione con
un esempio di buona pratica. Il caso a
cui diamo spazio è quello di CePIM SpA,
dove si prospetta un deciso incremento
dei flussi di traffico intermodali nel breve
e medio periodo. La Società coordinatrice
dell’Interporto di Parma e operatore
logistico essa stessa sta infatti portando
avanti su una serie di tavoli distinti
altrettanti progetti, che potrebbero
portare in un arco temporale abbastanza
ristretto all’aumento di traffico via ferro
all’interporto.
L’operazione coinvolge alcune società
con le quali CePIM ha già in essere
delle partnership: si tratta di sviluppare
su altre traiettorie di traffico servizi
di collegamento ferroviario da e per
l’Interporto di Parma, sull’esempio di
quello già attivato all’inizio dell’anno
con la Sicilia e il centro intermodale di
Catania Bicocca in particolare.
In quel caso, il nuovo collegamento,
frutto di un accordo tra CePIM Spa e
Versalis, ha permesso di portare al Nord
dalla Sicilia materie prime plastiche di
quest’ultima, provenienti dai diversi
siti produttivi dell’azienda nell’isola e
convergenti su Catania e, nel percorso
inverso, prodotti di diverso genere
provenienti dal bacino produttivo
emiliano-romagnolo: soprattutto
alimentari, beverage e ceramica. «CePIM
costituisce il partner logistico di questa
operazione» spiega l’amministratore
delegato Luigi Capitani «che ci vede al
centro di una rete di collaborazioni con i
distributori locali delle aziende».
Un processo analogo dovrebbe
interessare ora anche il Nord della
Francia e il Sud Italia. In quest’ultimo
caso le strategie logistiche dell’azienda
stanno lavorando ad un’operazione di
ottimizzazione dei flussi per evitare tratte
a vuoto su linee di traffico già esistenti
verso la Puglia.
Intanto, è appena stato raggiunto un
primo importante risultato: CePIM
Acqua,
aria,
Acqua, aria,
terra:
la
ha attivato infatti per la campagna del
pomodoro 2013 per conto di alcune
aziende conserviere clienti una serie di
treni speciali per la distribuzione del
prodotto già trasformato e inscatolato
in diverse regioni d’Italia, soprattutto al
Sud e in Sicilia. «Abbiamo attivato treni
speciali dedicati» prosegue Capitani «per
conto di aziende con sedi sul territorio,
come Star e Boschi. Questo significa, in
termini numerici, circa 10mila pallet
trasferiti via ferro per un totale di 9mila
tonnellate di merce e 330 Tir in meno sulle
strade italiane, con un abbattimento delle
emissioni di CO2 di 322,5 tonnellate».
A questi risultati vanno aggiunte le
opportunità costituite dall’attivazione
di treni convenzionali multi cliente
che partono dall’Interporto di Parma
verso destinazioni del Centro e del Sud
Italia, come Caserta, Bari e Catania.
«Questi treni – commenta l’AD di
CePIM – danno la possibilità anche alle
piccole e medie imprese che non hanno
grandi volumi di prodotto da spedire di
utilizzare una modalità a basso impatto
ambientale per la distribuzione anche
di piccoli quantitativi su singoli carri,
senza l’obbligo di acquistare un treno
completo».
Secondo la ricerca UIR, il traffico merci
movimentato dal sistema ferroviario,
che rappresenta circa il 9% della
movimentazione interna delle merci,
è caratterizzato da un tasso di utilizzo
della rete pari a 1 mln di tonnellate-km,
molto inferiore alla media europea di
1,7 mln, con il valore massimo registrato
per la Germania (2,8 mln di tonnellatekm). Questi risultati sono riconducibili
all’effetto delle politiche pubbliche
a sostegno delle diverse modalità di
trasporto dei diversi paesi. La rete italiana
risulta dunque ad oggi maggiormente
orientata verso i passeggeri.
Anche il traffico ferroviario ha subito,
come il traffico marittimo, una battuta
d’arresto nel 2009 (-25%), seguito da
una leggera ripresa nell’anno seguente.
Tale battuta d’arresto è stata dovuta
principalmente al calo del traffico
nazionale che è sceso nello stesso anno
quasi del 30%, passando da 12,4 miliardi
di tonnellate-km nel 2008 a 8,7 miliardi nel
2009, mentre il comparto internazionale
registrava una riduzione più contenuta
pari a -20% (da 11,3 a 9 miliardi di
tonnellate-km). Nella figura riportata a
pagina 55 è possibile notare l’andamento
delle tonnellate-km movimentate sulla
rete italiana a partire dal 2004.
ferrovia
Un’altra fonte di criticità del sistema
Un’altra fonte di criticità del sistema ferroviario
italiano è la quasi totale assenza di traffico
internazionale in transito sul territorio nazionale
Trasporto di materiali in cisterne per via ferroviaria.
54
>ottobre 2013< Logistica Management
terra:
la rete intermodale
avvolge
rete
intermodale
che avvolgeche
il pianeta
n al possesso del Certificato di Sicurezza
rilasciato da parte dell’ANSF - Agenzia
Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria –
che attesta il rispetto degli standard in
materia di sicurezza di circolazione.
Traffico Ferroviario in Italia in miliardi di tonnellate-km.
ferroviario italiano è la quasi totale
assenza di traffico internazionale in
transito sul territorio nazionale. Solo
44mila tonnellate-km sono transitate
per il nostro paese nel 2010, segnando
un sostanziale azzeramento rispetto
agli anni precedenti, che avevano
registrato livelli medi di 11 milioni di
tonnellate-km. Questo dato segnala che
le movimentazioni tra paesi terzi non
passano quasi mai per la rete italiana,
preferendo altri corridoi di percorrenza,
in particolare la Germania, dove il
traffico di transito rappresenta circa il 4%
della movimentazione merci su rotaia.
In altre parole, il sistema ferroviario
nazionale sembra incapace di svolgere
attività di intermediazione per l’importexport di imprese estere.
Per capire come è strutturato il trasporto
ferroviario intermodale, prendiamo
ancora spunto dal Quaderno 23 di
Freight Leaders Council, secondo
il quale il trasporto ferroviario di
merci, effettuato in un contesto di
intermodalità, deve integrarsi con gli
altri attori coinvolti, a valle o a monte
del servizio su rotaia, nella filiera
logistica. Oltre al Multimodal Transport
Operator, gli attori coinvolti nella catena
logistica che mette al centro il trasporto
ferroviario sono:
n l’impresa ferroviaria (a capitale
pubblico o privato);
n il Gestore dell’Infrastruttura (ad
esempio RFI)
n gli operatori del servizio di manovra;
n il trazionista stradale;
n il terminalista (portuale e
interportuale).
In Italia, in seguito al processo di
liberalizzazione del servizio ferroviario,
normato dal decreto legislativo
188/2003, quale recepimento delle
Direttive Europee 2001/12/CE,
2001/13/CE e 2001/14/CE, oltre
alla società a capitale pubblico FS,
Ferrovie dello Stato SpA, operano
sul suolo nazionale diverse imprese
indipendenti a capitale privato.
L’espletamento del servizio da parte
di imprese ferroviarie private è però
subordinato:
n al possesso di una licenza, rilasciata
dal Ministero dei trasporti, che
legittima l’espletamento di servizi
internazionali di trasporto di merci
o di persone per ferrovia. Il rilascio
di tale licenza è vincolato dal
possesso dei requisiti di onorabilità,
capacità finanziaria e competenza
professionale, di copertura assicurativa
per responsabilità civile e della diretta
disponibilità di materiale rotabile e
di personale incaricato della guida e
dell’accompagnamento dei convogli.
n all’acquisizione dal Gestore della
rete infrastrutturale delle “tracce
orarie”, ovvero alla concessione di tratti
di linea disponibili per la circolazione
di un dato treno in un determinato
intervallo di tempo.
Il Gestore dell’Infrastruttura, è il
soggetto possessore dei binari e di tutte
le strutture necessarie per consentire
la circolazione dei treni (segnali, linea
elettrificata etc.) oltre che delle “tracce”
che, come sopra accennato, possono
essere comprate dalle diverse Imprese
Ferroviarie.
La rete infrastrutturale italiana è in
concessione a RFI (Rete Ferroviaria
Italia SpA) fino al 2060 in base all’Atto
di Concessione temporanea (DM 138 T
del 31/10/2000). RFI SpA ha il compito
di occuparsi della gestione e della
manutenzione della rete ferroviaria oltre
che della pianificazione, progettazione
e realizzazione di nuove tratte e nuovi
impianti. È dunque RFI che stipula con le
imprese ferroviarie i contratti, comprese
le Ferrovie dello Stato, che regolano la
disponibilità delle tracce su cui viene
concessa la circolazione. Il rapporto
tra RFI e le varie Imprese Ferroviarie
è regolato da un apposito contratto
chiamato Prospetto Informativo di Rete
(PIR).
Un capitolo fondamentale
dell’intermodalità ferroviaria è costituito
dalle operazioni di manovra, che servono
allo spostamento di treni o locomotive
negli appositi spazi di servizio. Queste
sono effettuate dalle imprese di manovra
ferroviaria munite di apposita licenza o di
Imprese Ferroviarie in autoproduzione.
Da un punto di vista normativo, fino
al 2006 le operazioni propedeutiche
alla partenza del treno erano in carico
all’impresa ferroviaria che effettuava
la trazione in linea del treno stesso.
L’esternalizzazione di tali servizi era
dunque impossibile. Successivamente,
con la prescrizione n. 1528 del 06-062006 che disciplinava la prestazione di
servizi tra imprese ferroviarie, RFI ha dato
Logistica Management >ottobre 2013<
55
>> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta
Acqua,
aria,
Acqua, aria,
terra:
la
la possibilità di delegare le operazioni di
terra a una impresa ferroviaria diversa
da quella assegnataria della traccia di
riferimento. Questo ha dato la possibilità
ad alcune imprese ferroviarie di
sperimentare le effettuazione di servizi di
terra per conto di terzi.
La questione dei servizi di manovra
è tutt’altro che secondaria, e andrà
considerata con la massima attenzione
per garantire il futuro della rete
intermodale ferroviaria in Italia: cosa che
emerge anche dalla nostra conversazione
con Giacomo di Patrizi, presidente
di Fercargo (www.fercargo.net),
l’associazione che riunisce le imprese
ferroviarie private italiane che operano
nel settore del trasporto merci (Captrain
Italia, Compagnia Ferroviaria Italiana,
Crossrail, FuoriMuro, Hupac, GTS Rail,
Inrail, Interporto Servizi Cargo, Nord
Cargo, Oceano Gate Italia, Rail Cargo
Italia, Rail Traction Company, Servizi
ISE srl e SBB Cargo Italia). «In base al
decreto legislativo 188/2003, nonostante la
liberalizzazione del mercato ferroviario,
RFI aveva il dovere di prestare servizi di
manovra in tutti gli scali pubblici» spiega
infatti Giacomo di Patrizi, «offrendo
quindi sostanzialmente un accesso
garantito per tutti gli operatori ferroviari.
Oggi non sarà più così: l’emendamento
proposto nel 2009 ha reso tale servizio
facoltativo, a decorrere da dicembre
2013. Improvvisamente, in almeno una
cinquantina di scali la manovra dovrà
essere effettuata in maniera diversa, e
questo inevitabilmente porterà revisioni
del servizio con inevitabili disagi per gli
utenti. Da tempo abbiamo avanzato un
ricorso all’URSF, Ufficio di Regolazione
dei Servizi Ferroviari, e stiamo lavorando
comunque per trovare delle soluzioni».
Le alternative sono le più diverse: «Su
un numero importante di scali ci sarebbe
comunque un gestore unico che sostituisce
RFI; su altri, le manovre verrebbero
affidate ad aziende che sono sempre realtà
del gruppo FS, mentre in altri scali ancora,
ci sarebbe la possibilità di effettuare le
56
Trasporto intermodale di container.
manovre in autoproduzione, con evidenti
conseguenze in termini di organizzazione
e di personale: necessità di dotarsi di
personale specifico e di mezzi di manovra.
Almeno, stiamo chiedendo ad RFI che ci
lasci i suoi locomotori». Ma perché tutto
questo accade? «Il problema vero è che
in Italia non c’è nessuno, men che meno
un governo, che si interessi al sistema
ferroviario per le merci e che abbia la
forza o la volontà di intervenire. Quindi la
gestione del sistema e delle sue evoluzioni
è delegata in toto ad altri, nella fattispecie
al Gruppo FS che ancora mantiene, pur
in una situazione di liberalizzazione,
la forza politica più elevata e quindi
determina gli indirizzi per il futuro.
Ma visto che nel suo futuro non c’è lo
sviluppo in questo senso, l’evoluzione che
ne risulta è solo un continuo “mettere
pezze” senza una visione organica dei
problemi» prosegue Di Patrizi. «Una
prova di questa situazione è il cosiddetto
contributo per il trasporto merci in aree
disagiate. In un quadro in cui nulla
viene corrisposto come incentivo al
cargo ferroviario, a parte l’episodio del
Ferrobonus nel 2010, siamo a conoscenza
che Trenitalia stia ancora percependo
delle cifre abbastanza consistenti (si parla
di 130 milioni di euro all’anno) come
contributo al servizio di trasporto merci
nei luoghi disagiati, come le isole, o le
regioni del centro-sud. Il problema è oggi
quelle regioni sono servite ugualmente da
>ottobre 2013< Logistica Management
tutte le società ferroviarie, anche quelle
private, solo che su queste stesse tratte
Trenitalia gode di un contributo di 11
euro a km, mentre le altre società no. Ciò
significa che ci sarebbero dei fondi che
potrebbero essere messi a disposizione
del sistema ferroviario intero, o meglio
ancora, potrebbero conferire un incentivo
alle aziende che vogliono usufruire del
sistema ferroviario; e che invece finiscono
ancora a sostegno del monopolista». E
conclude: «Ciò che chiediamo non sono
“favori”, ma è semplicemente un campo di
competizione paritario, sia intramodale,
cioè fra noi e i nostri competitor, sia
intermodale, ovvero con altre tipologie di
trasporto».
Ciononostante, o forse proprio grazie a
questa mancanza da parte di Trenitalia
o del governo di un progetto ferroviario
che riguardi le merci, le uniche aziende
ferroviarie che negli ultimi anni abbiano
presentato un trend di crescita in
Italia sono quelle private, perché sono
le uniche ad avere una motivazione
reale e forte di ricerca e sviluppo del
mercato, a dispetto di tutti gli ostacoli.
Secondo i dati raccolti e comunicatici
dall’associazione, dal 2009 al 2012
sono cresciuti i volumi trasportati dalle
aziende aderenti a FerCargo, quindi dagli
operatori privati alternativi a Trenitalia;
analogamente è cresciuto il numero di
personale impiegato, oltre che il numero
terra:
la rete intermodale
avvolge
rete
intermodale
che avvolgeche
il pianeta
di treni per km. Alla crescita delle aziende
private però corrisponde la diminuzione
del mercato in generale e dei volumi per
l’ex monopolista, cosa che attribuisce
un segno negativo a tutto il comparto, in
costante diminuzione dall’anno 2008.
Viste dunque queste difficoltà, che cosa
spinge oggi un’azienda, un’industria, a
scegliere un tipo di trasporto intermodale
o ferroviario? «Sulle tratte più lunghe c’è
ancora e indubbiamente un vantaggio
economico» risponde Giacomo di Patrizi.
«Sono le tratte che, dal punto di vista
ferroviario, hanno più ragione di esistere,
quelle in cui il costo ferroviario è ben
concentrazione e di ricerca di efficienza,
che sempre meno si ha la forza di
affrontare.
A livello politico, con il nuovo ministro
delle Infrastrutture, e con la nuova
Authority dei trasporti recentemente
insediata, ci sono state delle iniziative
particolari, qualcosa che possa
individuare delle linee di lavoro per il
futuro? «Nulla è cambiato nell’ambito
del Ministero delle Infrastrutture,
rispetto al recente passato; da poco
sono state assegnate delle deleghe per
l’intermodalità, e quindi ci aspettiamo
che vi sia un rilancio o una ripresa di
... a condizioni economiche paritarie, le aziende
possono privilegiare il trasporto intermodale o
ferroviario per i suoi aspetti di vantaggio ambientale
e di sicurezza...
ripartito su tutte le merci trasportate. In
questo caso ci possono ancora essere delle
condizioni di vantaggio, o almeno di
pariteticità. In quest’ultimo caso, cioè in
condizioni paritarie, le aziende possono
privilegiare il trasporto intermodale o
ferroviario per i suoi aspetti di vantaggio
ambientale e di sicurezza: la ferrovia
è molto più spendibile sul fronte della
sostenibilità. Il problema è che sempre
meno aziende riescono a compiere
questa scelta, perché la considerazione
economica negli ultimi anni è diventata
sempre più prevalente. Anche perché
un contesto di crisi, con la generale
diminuzione dei volumi, non favorisce
il treno, che per sua natura risulta più
vantaggioso in presenza di elevati volumi
da trasportare. Il trasporto ferroviario
diventa sempre più una questione
da appassionati e da coraggiosi, e lo
dimostrano i numeri, secondo cui negli
ultimi anni tale traffico è decisamente
calato». La composizione dei treni
richiede un lavoro sempre maggiore di
progetti in questo senso. Il problema è
che per questi approccio è necessaria
una visione a lungo termine, finora
poco compatibile con gli ultimi “governi
a termine”» risponde Di Patrizi. «Per
l’Authority invece è troppo presto: dopo la
nomina di quest’estate, l’ente deve ancora
insediarsi. Anche da questa istituzione
comunque, quasi più che dal ministero,
ci aspettiamo un nuovo interesse su
questi temi, rispetto a tante situazioni che
hanno necessità di essere regolamentate
in maniera diversa, in armonia con
le indicazioni dell’Unione Europea e
con l’esempio degli altri stati». «Con il
ministero dei trasporti noi lavoriamo e
collaboriamo quotidianamente su tutta
una serie di attività e di sviluppi in corso»
conferma Alessandro Ricci. «Di certo,
ci aspettiamo che il governo cominci a
segnare il passo rispetto all’esigenza di
mettere dei punti fermi, precisi, sulle
tematiche di cui ci stiamo occupando.
Questo è l’obiettivo ultimo delle nostre
azioni».
mare
È interamente dedicato ai porti come
snodo logistico fondamentale per l’Italia
il documento apparso a giugno 2013 a
cura di The European House – Ambrosetti,
intitolato: Il rilancio della portualità e
della logistica italiana come leva strategica
per la crescita e la competitività del
Paese. Anche questo documento va letto
in versione integrale per farsi un’idea di
quanto è trainante il settore marittimo
per un’economia sana (lo trovate su www.
ambrosetti.eu, sezione eventi speciali).
Ai fini del nostro articolo riportiamo i
dieci punti programmatici, che sono già
sufficienti in questo contesto per darci
un’idea della posta in gioco.
1. I porti sono degli asset strategici per
il recupero di competitività del Paese
e per lo sviluppo economico in ottica
sostenibile, ma manca un organico Piano
Strategico Nazionale della Portualità e
della Logistica che identifichi la visione
per il futuro del settore declinata sulle
dimensioni chiave per una efficace
gestione strategica del sistema: quale
domanda di traffico si vuole rispondere/
intercettare, in che segmenti di mercato,
con quali interconnessioni, per quali
imprese/utilizzatori, con quali obiettivi
(misurabili e tempificati), azioni e
responsabilità.
2. Il cluster marittimo ha un peso socioeconomico molto rilevante:
n 2,6% è il PIL generato, pari a quasi 40
miliardi di euro, superiore per incidenza
all’industria automobilistica;
n 213.000 sono gli occupati diretti
impiegati complessivamente;
n 2,37 è il moltiplicatore del reddito
(ogni 100 euro di nuovi investimenti o
di domanda aggiuntiva di nuovi servizi,
vengono generati 237 euro di ricchezza
complessiva per il Paese);
n 1,73 è il moltiplicatore dell’occupazione
(ogni 100 nuovi impiegati dal settore
logistico-portuale, vengono attivate 173
nuove unità di lavoro nell’economia).
Logistica Management >ottobre 2013<
57
>> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta
Acqua,
aria,
Acqua, aria,
terra:
la
miliardi di euro, se l’Italia si allineasse
alla media europea, cioè guadagnasse
in media 6/8 giorni nelle operazioni di
sbarco e imbarco.
Autostrade del mare Grimaldi in ingresso al porto di Ravenna.
3. Il settore ha un ruolo primario nel
commercio internazionale:
n 55% è la quota che detiene la
portualità italiana sul totale delle
esportazioni italiane extra-UE, pari a 100
miliardi di euro di merce che nel 2012 è
partita dai porti italiani;
n 30% è la quota che detiene la
portualità italiana sul totale delle
esportazioni italiane mondiali, pari a
circa 150 miliardi di euro di merce che
nel 2012 è partita dai porti italiani;
n tra il 65% e l’80% è la quota che
detiene la portualità italiana sul totale
delle esportazioni italiane dirette in USA,
Brasile, Cina e India.
4. Alla luce della realtà in essere – per
caratteristiche, vocazioni, esigenze e
assetto – non è univocamente definibile
un “Sistema Portuale Italiano”, anche
se spesso la dicitura è riportata nei
documenti di studio, dove il riferimento
è piuttosto lessicale che sostanziale. Su
questo si inseriscono criticità a più livelli
nel sistema della governance del settore.
5. È necessario e non più rimandabile
un intervento legislativo al fine di
rendere la governance della portualità,
i meccanismi di regolazione e i processi
di investimento adeguati alle esigenze
(anche di tempistiche), allineandoli
alle best practice internazionali. La
legge in vigore che regola la governance
dei porti italiani è del 1994, quando i
flussi mondiali, le shipping company,
le dinamiche competitive, le modalità
di trasporto, l’apertura dei mercati e
58
7. I traffici marittimi internazionali sono
in aumento, ma nodi e connessioni non
adeguate e inefficienze impediscono
di servire questi traffici, causando
progressive perdite di quote di mercato:
ogni anno la portualità italiana cede
441.000 TEUs del proprio traffico ai
È necessario e non più rimandabile un intervento
legislativo al fine di rendere la governance della
portualità, i meccanismi di regolazione e i processi
di investimento adeguati alle esigenze (anche di
tempistiche), allineandoli alle best practice
internazionali
il livello di sviluppo economico era
strutturalmente differente da quello
attuale.
principali porti del Northern Range,
come emerge dal Piano Nazionale della
Logistica.
6. Le inefficienze della burocrazia pesano
sul settore (e sull’Italia):
n 17 sono i giorni medi per
l’esportazione della merce dai porti
italiani, rispetto ad una media UE
di 11 giorni. I porti spagnoli e i porti
francesi del Mediterraneo, competitor
diretti dei porti italiani, operano con un
vantaggio rispettivamente di 8 e 6 giorni
e – potenzialmente – potrebbero essere
in grado di sottrarre traffico in uscita
dall’Italia;
n 1 giorno di ritardo, in media, nel
transito di un prodotto corrisponde a
una flessione del commercio di almeno
l’1% nell’arco di un anno. Riportando
questo valore sull’Italia si stima come
per ogni giorno di ritardo il danno sul
commercio internazionale dell’Italia sia
pari a 7,5 miliardi di euro l’anno;
n il commercio internazionale del nostro
Paese potrebbe aumentare di circa 50
8. La portualità italiana si posiziona
al terzo posto a livello europeo con
una movimentazione superiore a
480 milioni di tonnellate. Tuttavia, in
classifica i primi porti italiani, Genova
e Trieste, si collocano al 15° e 16°. Non
è il numero dei porti che determina la
capacità di attrarre e gestire traffico del
Paese, ma è l’efficienza del complesso
portuale.
>ottobre 2013< Logistica Management
9. A livello internazionale si osserva
una progressiva concentrazione dei
traffici in pochi e grandi porti, con
una progressiva marginalizzazione dei
porti più piccoli. Gli studi in letteratura
e le indagini effettuate hanno
evidenziato come il dimensionamento
dell’infrastruttura portuale e del volume
dei traffici gestiti rappresentano i due
elementi fondamentali nelle scelte del
porto da parte delle shipping company.
terra:
la rete intermodale
avvolge
rete
intermodale
che avvolgeche
il pianeta
Veicoli in attesa di carico/scarico al terminal dedicato ai traghetti presso il porto di Ravenna.
10. Il processo di concentrazione si
evidenzia anche tra gli operatori dove
si registra un aumento significativo
delle dimensioni a scapito degli
operatori più piccoli che vengono
emarginati gradualmente dal business:
n il fatturato delle prime aziende di
logistica in Italia si è attestato a circa 8
miliardi di euro nel 2011, mentre era di
3,7 miliardi di euro nel 2004;
n 3 sono imprese o gruppi italiani che
si posizionano nella classifica dei primi
10 operatori della logistica in Italia;
n il controllo del trasporto
internazionale delle merci nei porti
italiani è in mano a compagnie
straniere. La quota di mercato nei porti
italiani gestita da operatori italiani
si attesta a meno del 3% nel traffico
container, sotto il 13% nel general
cargo, al 18% nelle rinfuse.
Tornando invece alla ricerca UIR,
i dati relativi al trasporto merci via
mare – riportati per contestualizzare
l’analisi relativa al traffico negli
interporti – sono i seguenti. Le
infrastrutture portuali rappresentano
oggi la via principale di importazione
ed esportazione di merci, con il 57%
del traffico in entrata nel nostro paese
e il 62% del traffico in uscita. La rete
portuale italiana è formata da 260 porti
commerciali, di cui però solo 24 sono
sedi di Autorità Portuali. Questi porti
hanno movimentato nel corso del 2011
478 milioni di tonnellate di merci,
cioè oltre il 30% del traffico marittimo
internazionale del Mar Mediterraneo.
Il volume movimentato ha subito negli
ultimi anni l’effetto della crisi, con
un forte calo avvenuto nel 2009 e una
seguente sostanziale stagnazione.
L’attività portuale è fortemente
concentrata nei principali porti. In
particolare Gioia Tauro, Genova e La
Spezia movimentano da sole quasi il 60%
dei container. Nonostante i principali
porti container siano tutti concentrati
nel Tirreno, è importante sottolineare
come in questo segmento i porti adriatici
stiano aumentando la loro quota di
traffico. In particolare il traffico container
è aumentato da 0,9 a 1,2 mln di TEU tra
il 2005 e il 2011, mentre è diminuito nel
Tirreno da 8,8 a 8,3 mln di TEU nello
stesso periodo.
Pagine di dati e di riflessioni molto
interessanti sono ancora fornite dal
Quaderno 23 di Freight Leader Council,
ma per parlare di intermodalità
marittima, preferiamo lasciare la parola
a un esempio concreto, un caso in
controtendenza per diversi aspetti (e che
per i dettagli che offre, mostra in modo
incontrovertibile quanta ricchezza e
quante opportunità sarebbero legate allo
sviluppo portuale in Italia): il porto di
Ravenna, che ci presenta un approccio di
grande efficienza sia per quanto riguarda
il traffico di container, sia per quello
che riguarda le Autostrade del Mare. Per
tutta una serie di ragioni, questo scalo
consente di cambiare radicalmente
tono rispetto al generale lamento
sulle caratteristiche dei porti italiani
(efficienza, tempi di attraversamento
delle merci, capacità di competere con gli
scali del nord Europa e del nord Africa...),
introducendo invece le capacità positive
di una realtà che funziona bene e che ha
prospettive molto interessanti davanti a
sé. Ricordando sempre il principio per
cui l’intermodalità è quella cosa che
abbina sempre ai vantaggi pubblici i
vantaggi privati. È quanto emerge, per
esempio, dal primo dei due Business
Cafè organizzati da Fondazione ITL, con
la collaborazione di Contship e della sua
partecipata Terminal Container Ravenna,
e con il supporto dell’Autorità Portuale
di Ravenna (http://events.editricetemi.
com/events/ravenna). Un percorso che si
è svolto nell’ambito del progetto europeo
EMPIRIC (Enhancing Multimodal
Platforms, Inland waterways and
Railways services Integration in Central
Europe), finanziato dal programma
europeo Central Europe “Improving
accessibility to, and within, Central
Europe” (www.central2013.eu).
Per capire effettivamente le opportunità
commerciali legate al porto di Ravenna,
la Fondazione ITL (Istituto sui Trasporti e
la Logistica), realtà che opera nell’ambito
della Regione Emilia Romagna, ha
condotto un ampio studio in merito,
per conto di TCR e in collaborazione
con gli enti locali e l’Autorità Portuale di
Ravenna. La ricerca di ITL ha quantificato
i margini di crescita in particolare sui
mercati di riferimento per il porto di
Ravenna, sia come aree di destinazione
che di provenienza dei traffici. Per quanto
riguarda i primi, è stata individuata tutta
l’area del Mediterraneo orientale, dalla
Turchia al Mar Nero, Libano, Cipro, fino
ad Egitto e nord Africa, ma anche larga
parte dell’est del mondo: Middle East e
Far East. Dall’altra parte è stato fatto il
match con i territori italiani che possono
offrire spazi di crescita rispetto alle aree
di provenienza e destinazione dei traffici,
e che ancora non si rivolgono a questo
scalo in maniera adeguata. L’influenza di
Ravenna infatti è piuttosto forte nell’area
Logistica Management >ottobre 2013<
59
>> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta
romagnola, ma diminuisce via via con
l’aumento della distanza dalla regione.
Si registrano interessanti opportunità
di sviluppo sulla parte orientale della
Lombardia, anche grazie alla presenza
di frequenti servizi intermodali, nell’alto
marchigiano, nel basso Veneto, oltre
ovviamente a tutta la parte emiliana della
regione Emilia-Romagna. Il mercato
potenziale complessivo per il porto di
Ravenna si attesta su 1 milione di teus,
con possibilità di sviluppo pari a circa
600 mila di teus, rispetto ai 200mila circa
ad oggi movimentati.
Sullo sfondo una prospettiva altrettanto
interessante per il porto di Ravenna, il
potenziamento dell’infrastruttura con
il trasferimento nel nuovo terminal
container: un’opera a lungo termine, in
parte finanziata, che dovrebbe consentire
l’ingresso a Ravenna ad una gamma
ben più ampia di navi. In estrema
sintesi, l’adeguamento infrastrutturale
previsto riguarda tre aree di intervento:
l’allungamento delle banchine lineari ad
almeno 800 metri di lunghezza per poter
ospitare due navi contemporaneamente;
l’aumento della profondità dagli attuali
10,80 metri di fondale ad almeno 13-14
metri; e l’adeguamento delle capacità
delle gru, progetto peraltro già avviato da
Contship con l’installazione di nuove gru
in grado di operare su almeno 17 file di
container rispetto alle 13 precedenti.
Altra nota di sicuro interesse è quella
relativa ai traffici intermodali che
Ravenna e Contship offrono in maniera
continuativa, in aggiunta al traffico
veicolare. Ravenna infatti è collegata
con l’hub di Melzo, oltre che con
l’Interporto di Bologna, con treni a
cadenza settimanale, che possono
essere un ulteriore vantaggio per
quelle aziende attente anche alla
propria impronta sull’ambiente. Il
quadro della rete intermodale è stato
illustrato diffusamente, al primo dei
due appuntamenti organizzati da ITL
e Contship, dai diretti responsabili del
terminal ravennate: Milena Fico, General
60
Acqua,
aria,
Acqua, aria,
terra:
la
Attività intermodale su terminal a cura di Sogemar.
Manager Terminal Container Ravenna, e
Raffaello Cioni, Direttore Commerciale
Contship Italia Maritime Container
Terminals.
«Il collegamento ferroviario, struttura
non presente in tutti i porti dell’Adriatico,
è uno dei principali vantaggi che
possiamo offrire all’industria in termini
di efficienza. Il porto di Ravenna è infatti
collegato direttamente con Melzo (tre
treni settimanali), Segrate (due treni
settimanali), con Dinazzano/Reggio
Emilia (quattro treni) e Padova (tre
treni)» prosegue Cioni. «Detto ciò, qual è
il valore aggiunto che possiamo offrire? Il
fatto che a Ravenna vi siano una serie di
servizi e di attività ulteriori, che possono
essere svolte direttamente nel terminal.
Non si tratta quindi di gestire il solo flusso
di imbarco o sbarco, ma di effettuare le
operazioni più diverse, dalla revisione dei
container vuoti alle attività sulle merci
pericolose, su cui Ravenna ha una vera
e propria specialità, come anche sulla
merce refrigerata; il tutto, nella stessa area
doganale, e in modalità estremamente
efficiente». Fra i tanti esempi riportati,
basti sapere che a Ravenna sono
sufficienti 15 minuti per sbarcare un
container, ricaricarlo sul camion e farlo
partire dal terminal; e che grazie alle
operazioni di preclearing, il container
può essere sdoganato circa 24 ore prima
dello sbarco della nave; lo stesso giorno
con cui il contenitore sbarca, lo si può
svuotare completamente, mettendo la
>ottobre 2013< Logistica Management
merce in gate out verso tutte le
destinazioni italiane ed europee, quindi
nell’arco delle 12-15 ore.
Sempre nella stessa occasione,
l’intervento di Mauro Invernizzi,
Direttore Commerciale di Sogemar,
infine, ha tracciato il ponte fra mare
e ferro, descrivendo il servizio di tipo
intermodale che viene offerto dalla
società del gruppo Contship che si
occupa di trasporto ferroviario dei
container. È insomma questa la realtà
che “porta la nave alla fabbrica”,
secondo quello che è da sempre lo
slogan del gruppo Contship, grazie
anche alla collaborazione con le altre
realtà operative del gruppo, Oceanogate
e Hannibal. Oceanogate è infatti la
nuova impresa ferroviaria, nata non
più tardi di tre anni fa, forte di otto
locomotive, 370 vagoni ferroviari e 70
dipendenti fra macchinisti e impiegati,
che serve rispettivamente Sogemar per
i treni nazionali e Hannibal per i treni
internazionali. Quali sono i principi
guida di questa realtà? «Il primo è
semplicemente quello di vedere la
ferrovia come si vedrebbe un camion:
il treno va mandato dove c’è merce da
trasportare. Se per esempio abbiamo
dell’import che dal porto di Ravenna va
consegnato in Lombardia, non torneremo
a Ravenna con il treno vuoto: cercheremo
di organizzare dell’export che possa
partire dal porto di Ravenna. Possiamo
insomma dirigere, attraverso la nostra
terra:
la rete intermodale
avvolge
rete
intermodale
che avvolgeche
il pianeta
a Basilea la sera del giorno A, arrivo a
Ravenna la mattina del giorno C. Con
Zim, si trasportano invece da Israele a
Frenkendorf (Basilea), via Ravenna/Melzo,
materiali vari come PVC, alluminio e altri.
Si parte da Ravenna la sera del giorno A, e
si sbarca a Basilea al mattino del giorno C.
Il terminal container contship al porto di Ravenna.
Dai container ai semirimorchi:
le “autostrade del mare”
Secondo il comunicato emesso a fine
giugno dall’Autorità Portuale di Ravenna,
relativo ai traffici durante i primi cinque
... il traffico container è aumentato da 0,9 a 1,2
mln di TEU tra il 2005 e il 2011, mentre è diminuito
nel Tirreno da 8,8 a 8,3 mln di TEU nello stesso
periodo
progettualità, il nostro treno dove c’è la
merce. In modo da far circolare sempre
i treni a pieno carico e offrire al mercato
un prodotto competitivo». E prosegue:
«Con Oceanogate, possiamo offrire servizi
intermodali nazionali e internazionali
rispettivamente a Sogemar e Hannibal,
aggiungendo quello che riteniamo
essere un importante valore interno: i
servizi doganali, che consideriamo “il
fluidificante” di tutte le nostre operazioni
a servizio della merce». In questo scenario,
Sogemar ha puntato fortemente sul polo
di Melzo, al quale ha diretto importanti
investimenti con prospettive altrettanto
significative per il futuro. Qui Sogemar
dispone di un’area di 160mila m2, con
10 km di binari atti alla movimentazione
di treni interi, e ben 17 binari destinati
all’attività di shunting. Il polo è dotato
anche di un centro servizi completo, con
tutte le strutture necessarie, comprese 17
camere per ospitare i macchinisti nelle
ore di riposo. L’esempio operativo citato
da Invernizzi: con la Abacus Shipping,
si trasporta da Frenkendorf (Basilea)
in Israele, via Melzo/Ravenna, generi
alimentari e latte in polvere. Partenza
mesi dell’anno, hanno registrano un
aumento dell’80% in termini di volumi
le Autostrade del Mare in partenza e
arrivo da questo scalo. Sempre nei primi
cinque mesi di quest’anno, la crescita dei
traffici nel porto di Ravenna è aumentata
in generale del 2,6% rispetto allo stesso
periodo del 2012, una percentuale che
diventa invece del +7,5% se si considera
solo il traffico dei container. Insomma
nel periodo gennaio-maggio 2013 sulle
banchine di Ravenna, unico porto
emiliano e fra i principali dell’Adriatico,
si è registrata una movimentazione
merci pari a 9,1 milioni di tonnellate, in
crescita di 228 mila tonnellate rispetto
al 2012. Numeri che risultano ancora
più apprezzabili se paragonati con i dati
ISTAT citati dal comunicato, secondo cui
per l’Italia il commercio estero, nel primo
quadrimestre 2013, è diminuito in termini
di volumi dell’1,2% per le esportazioni
(-4,8% Paesi UE, +3,3% Paesi extra UE) e
del 5,5% per le importazioni (-3,7% Paesi
UE, -7,7% Paesi extra UE).
Tenendo presente questo scenario di
riferimento, è proprio la movimentazione
trailer a dare per Ravenna il miglior
risultato: sulla linea Ravenna-Catania il
traffico Tirrenia-CIN e Grimaldi è stato
complessivamente di 14.453 pezzi contro
gli 8.864 dello scorso anno (+63,1%) a cui
si aggiungono quelli della nuova tratta
Ravenna-Brindisi che sono stati 3.142.
In totale il numero dei trailer nei primi
quattro mesi è stato di 17.943 pezzi,
praticamente il doppio rispetto ai 8.992
dello scorso anno. Insomma, rispetto
alla totalità delle movimentazioni in atto
presso lo scalo di Ravenna, il servizio
Autostrade del Mare si può considerare
minoritario, ma è cercamente dotato
di una sua importanza strategica. «Se
confrontiamo le merci in modalità ro/
ro a quelle trasportate via container, si
tratta certamente di quantità inferiori»
commenta per noi Massimiliano Dumini,
dell’Autorità Portuale di Ravenna, Area
Pianificazione e Sviluppo. «E ancora
di più se consideriamo la totalità delle
movimentazioni al porto di Ravenna,
che comprendono non solo container, ma
anche e soprattutto rinfuse solide, rinfuse
liquide e merci varie: si tratta insomma
di una quota ancora minoritaria, dato
che possiamo parlare di circa 800mila
tonnellate di merci all’anno – ma in
rapida crescita - rispetto ad un totale
medio degli ultimi anni pari a circa 22
milioni di tonnellate. Infatti, le linee
Autostrade del Mare in transito da
Ravenna sono certamente tra quelle
in Adriatico che funzionano meglio»
prosegue Massimiliano Dumini. «Tant’è
vero che al servizio “storico”, quello
che Tirrenia offre dal nostro scalo da
almeno una ventina d’anni se non di
più, si è aggiunto l’anno scorso quello
di Grimaldi, che collega Ravenna con
Catania, aggiungendo però una sosta
strategica a Brindisi». Attraverso Catania
e Brindisi, infatti, i trasportatori possono
usufruire in trasbordo degli altri servizi
regolari del Gruppo Grimaldi verso
la Grecia, i Balcani, Malta e la Libia.
Attualmente Grimaldi offre partenze
giornaliere da Brindisi per Igoumenitsa
e Patrasso nonché partenze quattro
Logistica Management >ottobre 2013<
61
>> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta
Svuotamento container a Ravenna presso
il Terminal Container.
volte alla settimana da Catania per Malta
e settimanali per la Libia (Tripoli, Al
Khoms).
La conferma dell’interesse verso questo
tipo di trasporto ci proviene da un
operatore di rilievo come FM Logistic, che
utilizza le Autostrade del Mare dal 2009
per tutte le merci destinate in Sicilia, per
il trasporto di prodotti alimentari, secchi
o a temperatura controllata. In pratica
nei porti di Genova e/o Voltri vengono
imbarcati dai 4 ai 6 semirimorchi al
giorno, con destinazione Catania e/o
Palermo, che poi all’arrivo vengono
prelevati da altro personale. «Siamo molto
soddisfatti del servizio: per quanto, rispetto
al viaggio su gomma, la percentuale
di risparmio sia piuttosto contenuta»
afferma Pierluigi Baio, Transport Director
FM Italia. «I benefici che registriamo sono
soprattutto altri: prima di tutto quello
ambientale, con la riduzione del volume
trasportato su gomma, con tutto quello
che comporta in emissione di co2, e quello
legato alla mobilità, dato che le Autostrade
del Mare ci consentono di evitare
l’intasamento e la lentezza soprattutto
in tratti autostradali come la Salerno/
Reggio Calabria). Ultimo e non ultimo
come importanza è la quasi certezza di
garantire le consegne alla GDO in tempi
brevi (AxC)». Qual è insomma il valore
strategico che attribuite a questo servizio?
«Le Autostrade del Mare permettono di
fornire servizi più veloci e meno costosi.
Riducono i problemi della mobilità e sono
sicuramente un mezzo di trasporto che
permette di essere più attenti a tutte le
problematiche legate all’ambiente».
62
Acqua,
aria,
Acqua, aria,
terra:
la
... è proprio la movimentazione trailer a dare per
Ravenna il miglior risultato: sulla linea RavennaCatania il traffico Tirrenia-CIN e Grimaldi è stato
complessivamente di 14.453 pezzi contro gli 8.864
dello scorso anno (+63,1%) a cui si aggiungono quelli
della nuova tratta Ravenna-Brindisi che sono stati
3.142
fiume
La principale, anche se non unica, via
fluviale navigabile per il trasporto merci
in Italia è il Po, e comunque con pro e
contro. I pro, sono che il fiume attraversa
la pianura più grande, operosa e rilevante
d’Italia dal punto di vista economico,
i contro, che con il passare degli anni
richiede sempre più cure e interventi per
essere reso navigabile, evitando le secche
dei periodi di magra e quindi adottando
un piano completo e a lungo termine dal
punto di vista idrogeologico.
Lungo il fiume Po vi sono diverse realtà
che offrono questo audace incontro
fra mare, fiume, strada e ferro. L’unica
realtà intermodale in Italia del gruppo
UIR che integra le tipologie di vettori
stradale, ferroviario e fluvio-marittimo,
è l’interporto di Rovigo, che offre anche
la possibilità di integrazione con i
nodi interportuali di Padova e Verona,
costituendo così una vera e propria
piattaforma logistica del Veneto, unita
alla disponibilità di ampie aree per
insediamenti produttivi. Ma questa
caratteristica di plurimodalità fra ferro,
acqua e gomma è in comune anche con
altre strutture logistiche come il Porto di
Cremona o il Porto di Mantova.
Qual è la convenienza del trasporto
fluviale? Secondo quanto pubblicato a
suo tempo su Logistica Management, il
risparmio economico per la collettività,
anche in termini di congestione stradale,
i ridotti consumi energetici (17% rispetto
al trasporto su strada e 50% al trasporto
>ottobre 2013< Logistica Management
ferroviario in km/t di merci trasportate) e
le modeste emissioni inquinanti, unite ad
un alto livello di sicurezza, determinano
costi esterni totali del trasporto fluviale
inferiori di sette volte rispetto a quelli
stradali. Se una chiatta ha una capacità
di 60 TEU a viaggio, senza limiti di
peso, si stima che il risparmio per la
collettività per ogni viaggio effettuato
via fiume è di 603 euro di costi esterni.
Inoltre il trasporto fluviale, oltre ad
abbassare i livelli di inquinamento, è
facilmente integrabile con altre modalità
di trasporto.
La rete navigabile padano-veneta, nelle
intenzioni dei suoi promotori, dovrebbe
intercettare significativi flussi di traffico
che attualmente viaggiano su gomma e su
ferro per trasferirli sulle vie navigabili. La
congestione, gli incidenti, l’inquinamento
atmosferico, il rumore e l’impatto sui
cambiamenti climatici sono solo alcuni
dei principali effetti “collaterali” legati
alle modalità di trasporto più utilizzate. E
il trasporto via acqua ha forti potenzialità
per tutte quelle categorie merceologiche
particolarmente adatte a questa modalità
di trasporto: i metalli di base e i prodotti
in metallo, i prodotti dell’estrazione di
minerali da cave e miniera, i coke e i
prodotti petroliferi raffinati, ma anche le
merci secche e i conatiner.
Come si sta procedendo? In sintesi,
con una serie di progetti e iniziative
che coinvolgono ampi network fra
soggetti pubblici e privati, per la
promozione del sistema di navigazione
terra:
la rete intermodale
avvolge
rete
intermodale
che avvolgeche
il pianeta
interna, proponendo pacchetti logistici
che ne favoriscano l’installazione,
assistenza tecnica e un meccanismo
di incentivazione rivolto alle imprese
attive sul territorio. Per esempio il
progetto LOG-PAC, finanziato al 50%
dalla DGMOVE (Directorate-General
for Mobility and Transport), terminato
nel 2012, prevedeva l’utilizzo delle
infrastrutture portuali esistenti da parte
degli operatori privati locali attraverso
una strategia di comunicazione in
termini di localizzazione di imprese
logistiche e produttive, la definizione di
un pacchetto di insediamento logistico
adatto alle caratteristiche professionali
degli operatori e, infine, la definizione di
un meccanismo di incentivazione al fine
di accrescere una domanda aggregata di
servizi logistici.
Altri progetti sono per esempio NINANET, EMPIRIC, SeeMariner, tutti con
l’obiettivo di promuovere in Italia ed
Europa il Sistema Idroviario del Nord
Italia. Vedono la partecipazione del
Porto di Cremona, del Sistema Portuale
Mantovano, del Porto dell’Emilia Centrale,
dell’Autorità Portuale di Venezia, del Porto
di Porto Nogaro, dell’Interporto di Rovigo,
ma anche soggetti per la funzionalità
delle infrastrutture di navigazione come
AIPO, Sistemi Territoriali SpA, nonché
consorzi e associazioni per lo sviluppo
della navigazione interna e delle aree
portuali, quali UNII, CONSVIPO, ed altri
soggetti come RAM SpA. L’obiettivo è
quello di offrire al mercato un pacchetto
competitivo di infrastrutture e servizi
per la navigazione interna, che dovrà
ancora essere sviluppato da un punto di
vista infrastrutturale per raggiungere i
più avanzati standard europei in termini
di capacità, sicurezza e protezione, e di
servizi logistici.
Il già citato EMPIRIC, in particolare, è
un progetto europeo cofinanziato dal
FESR, Fondo Europeo per lo Sviluppo
Regionale, nel quadro del programma
europeo “Central Europe”, la cui
area di intervento è lo sviluppo della
cooperazione nella logistica multimodale
con l’obiettivo particolare di favorire lo
sviluppo delle conoscenze, promuovere
le tecnologie dell’informazione e della
comunicazione, nonché le soluzioni
alternative per migliorare l’accesso
e il supporto delle tecnologie ecosostenibili. Tale progetto coinvolge 6
paesi dell’Europa Centrale: Austria, Italia,
Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia e
Ungheria. EMPIRIC è stato sviluppato
per supportare l’avvio e il miglioramento
dei collegamenti multimodali da e per i
porti del Nord Adriatico con l’entroterra
dell’Europa Centrale. Esso mira inoltre
a fornire agli operatori dei trasporti e
della logistica multimodale, strumenti e
condizioni per sostenere gli investimenti
nei nuovi servizi e piattaforme
multimodali, contribuendo quindi alla
preparazione degli investimenti e alla
definizione degli strumenti comuni
per migliorare l’attrattività dei servizi
e delle infrastrutture multimodali.
Questo contribuirà allo sviluppo di
una rete intermodale e multimodale in
Lungo il fiume Po vi sono diverse realtà che
offrono questo audace incontro fra mare, fiume,
strada e ferro
Europa Centrale, che comprende tutte
le modalità di trasporto (ferrovia, strada,
navigazione marittima e navigazione
interna), promuovendo il ruolo strategico
dei porti del Nord Adriatico per servire
l’ampio entroterra del Nord Italia, grazie
al canale navigabile Adriatico-Mantova/
Cremona e le regioni dell’Europa
Centrale ed Orientale.
La rete navigabile padano veneta.
Nel solco di questi principi è nata e opera
una realtà estremamente innovativa,
Door 2 Green, società che ha sede a
Mantova, in prossimità del Porto Fluviale
di Valdaro. L’azienda, nata dalla joint
venture tra Samer & Co. Shipping e
Thun, eroga servizi di logistica avanzata
e di global forwarding, utilizzando ove
possibile tecnologie di movimentazione
Logistica Management >ottobre 2013<
63
>> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta
Acqua,
aria,
Acqua, aria,
terra:
la
aereo
Chiatta attrezzata per il trasporto di container (immagine DOOR 2 GREEN).
trasporto green. Quali le specificità
di questa realtà? Innanzitutto, la
fornitura di servizi su scala globale,
con l’obiettivo di connettere, door to
door, tutte le principali destinazioni
mondiali. Il tutto sulla base dell’hub
di Mantova, che di per sé rappresenta
un centro di eccellenza nei servizi
logistici per dimensione, tecnologie
di processo (impianto automatico di
smistamento e di confezionamento)
e organizzazione delle attività. In più
Door 2 Green privilegia l’utilizzo di
tecnologie di trasporto che minimizzino
l’impatto ambientale, come ad esempio
il trasporto fluviale e ferroviario. Da
settembre 2011 infatti è stato avviato un
servizio per il trasporto di contenitori
sull’asta fluviale che collega il Porto di
Venezia al Porto Fluviale di Valdaro.
Per fare ciò Door 2 Green si avvale di
una flotta di cinque chiatte (di classe
V Europea) e uno spintore fluviomarittimo, che garantiscono un servizio
regolare, per tutti i giorni dell’anno, oltre
che del terminal fluviale di ottomila mq
con funzione di buffer per la consegna
“just in time” dei container alle aziende.
La società stima che i risparmi connessi
al trasporto fluviale si possano così
quantificare: oltre seimila tonnellate
di CO2 emessa in meno all’anno; circa
seicento euro in meno di costi esterni
per ciascun viaggio andata/ritorno;
64
circa centoventi camion di meno sulle
strade per viaggio andata/ritorno; 17% di
energia necessaria rispetto al trasporto
su strada.
Non solo: grazie alle strutture del Porto di
Valdaro, in particolare alla connessione
intermodale fiume/ferro, Door 2 Green
può completare il tratto fluviale con
trasporti via ferrovia per tutta Europa. Per
Door 2 Green, insomma, l’intermodalità
fa parte di un più ampio e completo
progetto di sostenibilità: per esempio,
il sito logistico è pienamente integrato
nel verde circostante, con circuito
elettrico alimentato esclusivamente da
fonti rinnovabili. Di fatto il principio
ispiratore dell’azienda è proprio quello
della “logistica sostenibile”, superando
una visione del passato, per la quale il
costo della logistica venga definito solo
in termini monetari. Questa azienda
invece propone un approccio orientato
allo sviluppo sostenibile, mettendo in
conto anche i costi esterni della logistica,
associati principalmente al cambiamento
climatico, all’inquinamento atmosferico,
al rumore, alle vibrazioni e agli incidenti.
L’obiettivo di Door 2 Green è quello
di trovare tutti i modi possibili per
ridurre tali esternalità, e raggiungere un
equilibrio più sostenibile fra obiettivi
economici, ambientali e sociali.
>ottobre 2013< Logistica Management
Un fronte di grandissimo interesse, per
determinate tipologie di merci, è quello
aeronautico e aeroportuale. La prima e
ovvia connessione intermodale è quella
fra strada e aria, ma in prospettiva
vi sarebbero anche snodi ben più
interessanti fra treno e aereo. Anche di
questo si è parlato nel corso della Prima
conferenza italiana TAPA EMEA, dedicata
alla sicurezza nella supply chain che si
svolge per via aerea. La sicurezza, come
facilmente immaginabile, riveste un
ruolo importantissimo nel traffico aereo,
e il trasporto delle merci, che di questo
traffico fa parte, non fa eccezione.
L’intento di questa associazione
europea (www.tapaemea.com) è
quindi quello di individuare processi
e criticità nei processi di trasporto
aereo, per indirizzarli e risolverli con
iniziative specifiche, a tutto vantaggio
dell’efficienza complessiva. A questo
serve anche il circuito di conferenze,
delle quali la prima edizione italiana si
è svolta appunto a settembre, presso
lo Sheraton Hotel dell’Aeroporto di
Malpensa, grazie all’organizzazione di
ALHA Group (Air Lines Handling Agent),
leader italiano nel settore dell’Air Cargo
Handling, presente in modo importante
nella Cargo City dell’Aeroporto di Milano
Malpensa, di cui gestisce più del 75%
della merce in transito e dell’Aeroporto
di Roma Fiumicino, ai quali si aggiunge
un network di 12 centri deposito
capillarmente posizionati sull’intero
territorio nazionale.
All’evento, oltre ai top manager di Alha
e TAPA, hanno preso parte Giulio De
Metrio, Chief Operating Officer di SEA,
con un intervento sull’importanza
del business Cargo per l’aeroporto di
Malpensa, riflettendo in particolare
sul tema della security quale fattore di
competitività per lo scalo lombardo,
Roberto Arditi, Direttore Relazioni
Scientifiche di SINA e Tommaso Tattesi,
Security manager di Autostrade per
terra:
la rete intermodale
avvolge
rete
intermodale
che avvolgeche
il pianeta
l’Italia, intervenuti sul tema della
rete autostradale italiana e i sistemi
di sicurezza ed infine il Comandante
Michele La Fortezza del Compartimento
della Polizia stradale Toscana.
I dati elaborati da UIR, e presenti sempre
nel rapporto 2011, sostanzialmente
confermano il quadro generale emerso
al convegno di Malpensa. Secondo UIR
infatti l’aeroporto di Milano Malpensa
gestisce da solo poco meno delle metà
delle 940.000 tonnellate movimentate
con questa modalità in Italia, pari
a 450.000 tonnellate. La somma del
traffico dei primi aeroporti italiani in
termini di movimentazione merci,
Milano Malpensa, Roma Fiumicino e
Bergamo (questi ultimi movimentano
rispettivamente il 16% e il 12% delle
merci), corrisponde al 75% del totale
delle merci movimentate per via aerea
in Italia. Per fare un raffronto con i
principali aeroporti europei, il solo
aeroporto di Francoforte (la principale
struttura per il traffico merci in Europa)
movimenta da sola due volte e mezzo il
totale delle merci movimentate in tutte
le strutture italiane, mentre Milano
Malpensa si attesta in nona posizione
nella graduatoria degli aeroporti con
maggior traffico merci in Europa.
Allargando la prospettiva, «all’interno
del settore dei trasporti, il cargo
aereo costituisce il 7% del trasportato
complessivo in termini di volume, ma ben
il 38% in termini di valore» ha spiegato
Alessandro Cappella, General Manager di
Alha Malpensa, durante il suo intervento
di apertura. «Da un’analisi dello scenario
presente e futuro del trasporto aereo
mondiale sono attesi sensibili incrementi
nel trasporto aereo delle merci (dati IATA
2013) con un conseguente aumento del
valore delle merci a livello mondiale,
che dovrebbe passare dagli attuali 5.300
miliardi di dollari ai circa 16.000 miliardi
di dollari previsti nel 2025, corrispondenti
a un 55% del valore del trasportato. Per il
trasporto aereo il trend di crescita sembra
pertanto essere stimato in un 6-7%
annuo». In questo contesto gli aspetti
della sicurezza, che erano l’argomento
focus della giornata organizzata da
TAPA, giocheranno un ruolo chiave
anche in Italia, in una prospettiva di
>> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta
crescita che dovrà supportata dalle
capacità degli operatori e da quelle del
paese per poter dare elevate garanzie
di salvaguardia per il buon esito finale
di tali tipologie di spedizioni. «Non è
sufficiente garantire la sterilità all’interno
del sedime aeroportuale – prosegue
Alessandro Cappella – è il territorio
in cui lo scalo opera a dover essere
costantemente e oculatamente monitorato
in sicurezza con l’applicazione di
regole che in uno standard di qualità
comune coinvolgano tutti i soggetti
che partecipano, direttamente ed
indirettamente, al complesso processo
del trasporto combinato». Durante i
lavori della conferenza è stato più volte
ribadito come l’applicazione di tali regole
risulterebbe più agevole e meno onerosa
a misura che si riuscirà ad incrementare i
volumi trasportati e a concentrarsi su poli
logistici aeroportuali di grande significato
strategico. Tra questi, sicuramente il
primato è da ascriversi all’Aeroporto di
Malpensa dove Alha, unico operatore
italiano certificato TAPA TACSS
Livello 1, il più alto riconoscimento
dell’Associazione, già oggi gestisce il 75%
delle merci movimentate.
L’andamento delle merci allo scalo di
Malpensa, e le sue prospettive per il
futuro, era al centro degli interventi
della mattinata, durante la quale
diversi relatori hanno confermato il
grande potenziale e le prospettive
dello scalo lombardo, evidenziando
grandi opportunità di crescita per
UPS: spedizione cargo per via aerea.
Acqua,
aria, terra:
la
rete intermodale
migliorare l’attuale sesto posto nella
graduatoria degli scali europei del
cargo aereo. Margini di miglioramento
che permetterebbero all’aeroporto di
Malpensa di erodere quote di mercato
e competere con i principali scali del
Nord Europa (Amsterdam, Francoforte,
Londra Bruxelles, Lussemburgo e Parigi),
dove attualmente si concentra l’85% del
cargo aereo. «Su Malpensa – ha proseguito
Alessandro Cappella – potrebbero essere
dirottate, come iniziativa di minima,
le oltre 600mila tonnellate di Made
in Italy che oggi lasciano l’Italia via
camion per imbarcarsi sugli aeroporti
del Nord Europa, ma deve esserci un
lavoro congiunto che preveda anche
interventi sulla messa in sicurezza della
rete trasportistica per modificare tali
percentuali».
«L’aeroporto di Malpensa, come trasporto
merci, si colloca certamente nel novero dei
principali hub europei: al sesto posto, mi
sentirei di affermare “per ora”» prosegue
Giulio De Metrio, COO di SEA Srl. «In
Italia indubbiamente siamo di gran lunga
l’aeroporto più importante per quanto
riguarda il cargo. Ora, consideriamo che
il nord Italia genera circa un milione
e duecentomila tonnellate di merci
destinate al cargo aereo: la metà di queste
vengono indirizzate agli aeroporti del
nord Europa mediante il cosiddetto road
feeder service. Da questo dato deduciamo
che Malpensa potrebbe sviluppare il
doppio dei suoi traffici attuali, se solo
cominciasse a indirizzare correttamente
i volumi che oggi prendono il camion per
imbarcarsi al nord. Un’opportunità che
possiamo considerare ancora maggiore
se solo il mercato in generale dovesse
riprendersi dall’attuale stato di recessione.
Si tratta evidentemente di un’opportunità
non solo per Malpensa, ma per tutto il
sistema Italia. Significa riportare in Italia
pezzi di PIL che oggi fanno crescere i Paesi
europei».
«Di particolare interesse la catchment
area: la nostra infrastruttura è ubicata
in una delle aree più ricche d’Europa,
dal punto di vista economico e sociale»
riflette ancora De Metrio. «Quasi il 30%
del PIL d’Italia proviene da qui. Per non
parlare di una catchment area allargata,
raggiungibile con nuovi nodi di trasporto
intermodale. Malpensa Cargo City prevede
infatti di raddoppiare le sue superfici
dedicate all’air cargo, passando appunto
da una capacità di cinquecentomila
tonnellate annue, ad oltre un milione.
I tanti investimenti previsti o in corso
a supporto di queste potenzialità, sono
iscrivibili in un approccio che punta
all’inserimento di Malpensa nelle reti e
connessioni internazionali, come nodo
anche intermodale. Da un lato una
miglior viabilità stradale è anch’essa
fattore abilitante di un maggior utilizzo
dell’aeroporto come scalo merci. Dall’altro
si prevede un ulteriore lavoro che SEA sta
via via finanziando, ovvero l’ampliamento
e il completamento della Cargo City: in
Per il trasporto aereo il trend di crescita sembra
pertanto essere stimato in un 6-7% annuo
questo senso un’opera come la copertura
del raccordo ferroviario realizzato nel 2011,
serve in un certo senso per abbattere ogni
tipo di confine, anche concettuale, allo
sviluppo dell’area cargo». In pratica sono
due i fronti su cui Malpensa sta lavorando:
segue a pag.68 >>
>> Acqua, aria, terra: la rete intermodale che avvolge il pianeta
Acqua,
aria, terra:
la
rete intermodale
segue da pag.66 >>
La mappa dei progetti previsti all’Aeroporto di Milano Malpensa, con particolare riferimento
al trasporto delle merci.
uno è l’ampliamento della Cargo City,
previsto per il 2014, l’altro invece è il
nuovo Logistics Park il cui sviluppo è
più a lungo termine. Si tratterebbe in
quest’ultimo caso di interventi finalizzati
a conferire all’aeroporto un ruolo
sempre più logistico: in prospettiva vi è
infatti anche la possibilità di realizzare
un terminal ferroviario, in modo da
sottolineare sempre di più la natura
intermodale dell’aeroporto stesso.
Conclusioni
Qual è quindi la ragione e l’importanza di
una rete intermodale per far viaggiare le
nostre merci? Perché è giusto affrontare
questo argomento, sulle nostre pagine, e
soprattutto nelle vostre attività? A nostro
avviso la questione si può affrontare da
un duplice punto di vista.
Il vantaggio privato, ovvero di
competenza della singola azienda,
sta nella possibilità di accedere a
nuove metodologie di trasporto, più
efficienti nel loro complesso, e quindi
meno costose. Questo, a patto che
l’efficienza complessiva sia da qualche
parte garantita e supportata, perché
l’intermodalità resta sempre e comunque
in stretta dipendenza dalle caratteristiche
e dalle azioni che si svolgono nel resto
della rete, a differenza di un trasporto
stradale che ne risulta molto più
indipendente. Ammesso insomma che
la soluzione scelta sia ben organizzata
e impostata, l’azienda ne può trarre
68
un beneficio economico; ma in più,
a parità di condizioni economiche,
l’intermodalità offre all’azienda un
approccio molto più sostenibile ed
ecocompatibile alle risorse del pianeta.
Viaggiare per mare o per ferrovia, è
quindi strategico per quelle realtà che
credono nella sostenibilità per ragioni
etiche, o almeno, che sono spinte a
crederci per ragioni di marketing.
Vi è poi un vantaggio pubblico, che
riassume e moltiplica i vantaggi privati.
Tornando al testo di Freight Leaders
Council, dove si parla di efficienza dei
nodi intermodali in modo che gli utenti
coinvolti possano ricavare da queste
operazioni la massima utilità, così si
specifica il concetto di “utilità”: L’utilità
complessiva degli utenti del sistema
è un concetto articolato che non può
essere ricondotto ad una mera funzione
di costo ma comporta implicazioni di
vario genere, l’ampiezza delle quali è
dipendente dalle dimensioni e dagli attori
/ stakeholder in gioco nella gestione del
terminale intermodale e della catena
di trasporto. Pertanto, entrano – o
dovrebbero entrare – nell’utilità fattori
particolari del trasporto e generali di
benessere pubblico, specialmente nella
misura in cui la gestione dei nodi del
trasporto esce da una mera dimensione
privatistica ed entra nella dimensione
pubblica o para-pubblica.
In concreto: avere meno camion che
viaggiano lungo le strade significa
>ottobre 2013< Logistica Management
ridurre l’impatto sulle strade stesse,
limitare le emissioni di co2, contenere
l’incidentalità e quindi i costi a carico
delle strutture sanitarie – ovvero delle
nazioni stesse. Significa quindi che le
ragioni inderogabili dell’economia e
dei consumi, in termini di merci che
devono muoversi, vengono messe in più
stretta relazione con le diverse risorse
del pianeta, ottenendo uno sfruttamento
più bilanciato e quindi più a lungo
termine. Ma significa anche una miglior
suddivisione dei carichi di lavoro, un
incentivo ad interi comparti già di per
sé forti di storia e capacità, come le
realtà portuali marittime o le società
ferroviarie. L’intermodalità poi ama la
concentrazione delle risorse, e dove
c’è concentrazione ci sono economie
di scala: più lavoro, con meno sprechi.
È questo un approccio che però deve
essere ben chiaro e condiviso a livello
pubblico, cioè di chi governa e pone
le linee guida per il futuro del Paese.
La bella notizia è che più lungimirante
è il progetto, maggiori sono i ritorni
a cascata su tutta la nazione. Quella
brutta, è che fin qui dai tanti governi
che si sono alternati negli ultimi anni
non si è avuta se non in minima parte
l’attenzione a progetti a lungo termine,
ma solo la rincorsa all’ultima emergenza,
finanziaria oppure politica. Nulla di più.
Che cosa ci resta dunque? Con quali
speranze ci congediamo dai nostri lettori,
dopo questo lungo articolo?
Un primo augurio, è che anche in
questa occasione, l’iniziativa privata sia
capace di recuperare almeno in parte
l’inerzia pubblica. Cosa che però non è
la soluzione ideale, ma solo la soluzione
che fin qui ha sempre funzionato.
Il vero augurio, quello che esprimiamo
con tutto il cuore, è che questo Paese
ritrovi il gusto di progettare e costruire
il suo futuro. Una visione nella quale la
rete logistica intermodale diventa molto
di più che un interesse da specialisti,
piuttosto un progetto da convididere,
come lavoro e come vantaggi, con l’intero
sistema Paese.
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intermodalità - Door 2 Green