Laura Calafà, Università di Verona NFP Italy, FRANET Roma, 8 aprile 2014 Dal fatto al diritto del lavoro (pragmatico) in una prospettiva storico- evolutiva: casi emblematici Il programma di lavoro tra schede di sintesi e case studies Artificio retorico introduttivo: individuale/collettivo, lavoro/oltre il lavoro Il caso Test Achats v. Médiation Sociale I casi, il diritto nazionale e il diritto UE, la Carta dei diritti fondamentali Selezione di casi emblematici da Defrenne (1971) ad Accept (2013): chiavi di lettura prescelte La trasformazione dei fattori di rischio (sesso o genere) e la ricerca della portata del fattore di rischio: il confronto con il meta-modello La linea della nozione di discriminazione La responsabilità nelle discriminazioni Il campo di applicazione delle direttive Le politiche occupazionali e l’età: la discrezionalità degli Stati membri I singoli fattori di rischio I principi di non discriminazione sono una specificazione del principio di eguaglianza Definizione preliminare, di sintesi … corpus di norme volte ad impedire, attraverso obblighi di natura negativa, che il destino delle persone sia determinato da status naturali o sociali ascritti (il sesso, la razza, l’origine etnica e via dicendo) e, al tempo stesso, consentire attraverso obblighi di natura positiva, che identità soggettive differenti siano tutte egualmente riconosciute e tutelate (Barbera 2008) Discriminazione e lavoro. Le nuove frontiere del principio di eguaglianza tra diritto comunitario e diritto nazionale 2000 Diritto originario Trattato istitutivo della Cee 1957 (ART. 119) Trattato di Nizza e Carta dei diritti fondamentali Progetto di Trattato Costituzionale Trattato di Maastricht 1992 (1993) Cgce 1971 Defrenne I Roma 29 ottobre 2004 Trattato di Amsterdam 1997 (1999) CGCE 1996 Caso P. Cgce 2008 Coleman Trattato di Lisbona 2009 In Italia l’approccio sistematico …. Le regole, il significati Tre funzioni che svolge in ambito UE il principio d’eguaglianza Il principio è espressione di un diritto in senso stretto specchio di un divieto di discriminazione Criterio di giudizio sulle leggi (occorre verificare se il legislatore abbia trattato in modo diverso situazioni analoghe o situazioni differenti in modo identico: concezione valutativa dell’eguaglianza) Il confronto che va effettuato a partire dal diritto primario dell’UE ovvero con … - principi generali di diritto comunitario, - disposizioni dei trattati (discriminazioni fondate sulle nazionalità 12 e 39 tce, art. 19 TFUE e genere) - e, dal dicembre 2009, la Carta dei diritti fondamentali Eguaglianza come obiettivo di una prescrizione (da distinguere dall’eguaglianza quale proprietà della struttura formale delle norma che è oggetto del giudizio) … il come dell’eguaglianza Legame tra principi di non discriminazione e diritti fondamentali Articolo 21 Non discriminazione 1. E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali. 2. Nell’ambito d’applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea e del trattato sull’Unione europea è vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, fatte salve le disposizioni particolari contenute nei trattati stessi. Una distinzione necessaria … Divieti correlati a fattori soggettivi: sono riconosciuti dall’art. 21 della Carta Divieti correlati alle direttive sul lavoro non standard sono stati definiti come “principi di diritto sociale comunitario” (CGCE Del Cerro Alonso), anche se dal punto di vista del funzionamento la Corte li tratta nello stesso modo … Tutti i divieti sono riconducibili alla concezione valutativa dell’eguaglianza, la loro definizione ha carattere oggettivo Il controllo effettuato attraverso il diritto antidiscriminatorio, verifica a seconda delle nozioni, dei campi di applicazione delle relative direttive Il processo di identificazione della norma alla fattispecie concreta … Genere (art. 156 TFUE) e nazionalità ( art. 45 TFUE per i lavoratori subordinati) hanno efficacia diretta orizzontale: i principi di non discriminazione possono essere invocati di fronte al giudice nazionale che sarà tenuto a disapplicare l’eventuale disposizione nazionale difforme, nei confronti sia dello stato che dei soggetti privati Art. 19 TFUE altri fattori di rischio: la complessità del ruolo rivestito dalla disposizione che attribuisce fondamento giuridico all’attività legislativa Diritto originario dei Trattati: Art. 141 Tce, oggi art.157 TFUE – Carta dei diritti fondamentali di Nizza (art. 20 – 23) Diritto comunitario derivato: Dir. 75/117 – Dir. 76/207 – Dir. 98/70 – 86/378/CE così come modificata dalla dir. 1996/97/CEDir. 2002/73 – Dir. 2004/113 Dir. 2006/54 (direttiva quadro) detta di rifusione appunto perché si occupa di armonizzare le disposizioni contenute nelle precedenti direttive dedicate alla parità uomo-donna nell’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale, nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale, nell’ambito della parità di trattamento retributivo e le regole relative all’onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Ce Once upon a time … il confronto con il metamodello Il sesso (o genere) ovvero il contesto regolativo comunitario prima del caso P v. S … I casi Defrenne I, II e III ... la diretta applicabilità dell‘ art. 119 TCE Consolidamento del modello mediante -La definizione di discriminazione indiretta -Il riparto dell‘onere della prova -L‘affermazione dell‘utilizzo del diritto antidiscriminatorio but for per la gravidanza e la maternità -I problemi della legittimazione della azioni positive come deroghe al funzionamento della parità di trattamento nell‘ambito del lavoro e la costruzione della categoria del sesso sottorappresentato Il genere: da Defrenne fino a Test Achats … Fattori di rischio diversi da sesso/genere Diritto originario: art. 13 Trattato CE modificato ad Amsterdam e a Nizza nel 2000, diventato art. 19 TFUE Carta dei diritti fondamentali del 2000 (con la relativa vincolatività riconosciuta a Lisbona del dicembre 2007, entrata in vigore nel dicembre 2009) Diritto derivato: Dir. 2000/43 e Dir. 2000/78 Sospesa la procedura per l’approvazione della direttiva altre/oltre (detta anche direttiva orizzontale, necessaria per i diversi campi di applicazione della normativa citata) Dopo P v. S … gli altri fattori di rischio Le discriminazioni e le molestie in 12 anni di giurisprudenza della Corte di Giustizia (... circa una sentenza all‘anno, in progressione!) L’evoluzione segnata da alcune pronunce fondamentali che segnano la portata e l’operativitià degli strumenti appena definiti: a)Il fattore età: da Mangold a Seda Kücükdeveci b)Il fattore orientamento sessuale: dal P a Grant fino a Accept (passando attraverso il caso Tadao Maruko e Romer) c)Il fattore disabilità e la complicata relazione tra Chacon Navas e Coleman d)L’unicità del caso Feryn (con l‘aggiunta recente di Galina Maister) e)La sostenibile (e apparente) leggerezza delle convinzioni religiose o personali … allo stato attuale! La struttura, i campi di applicazione (oggettivo e soggettivo), le istituzioni di parità, le azioni positive, i concetti cardine delle direttive (quasi) gemelle del 2000 L‘omogeneizzazione degli strumenti di intervento del diritto antidiscriminatorio Discriminazione diretta – Nozione legale Sussiste discriminazione diretta quando, a causa della sua [razza od origine etnica, età, disabilità, orientamento sessuale, convinzioni personali o religiose] una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga Discriminazione indiretta – Nozione legale Sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere persone di una determinata [razza od origine etnica, età, disabilità, orientamento sessuale, convinzioni personali o religiose] in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari. LE DEROGHE OVVERO LE AREE DI NON FUNZIONAMENTO DEI DIVIETI (ART. 4 REQUISITI PER LO SVOLGIMENTO DELL’ATTIVITÀ LAVORATIVA) ESCLUSIONE COMUNE: “In deroga all’articolo 2, par. 1 e 2 (discriminazione diretta e indiretta), gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata a [razza o origine etnica, età, disabilità, orientamento sessuale, convinzioni personali o religiose] non costituisca discriminazione laddove, per la natura di un’attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, purché l’obiettivo sia legittimo e il requisito proporzionato” LE DEROGHE SPECIALI DELLA DIR. QUADRO Le deroghe ovvero le aree di non funzionamento dei divieti di discriminazione per età e disabilità con riguardo alle forze armate (art. 3, comma 4) Le deroghe ovvero le aree di non funzionamento dei divieti con riguardo alla sola disabilità (art. 5 e art. 7 comma 2) Le deroghe ovvero le aree di non funzionamento dei divieti con riguardo all’età relativamente alle politiche del lavoro, mercato del lavoro e formazione professionale, prestazioni pensionistiche e invalidità (art. 6, commi 1 e 2), rafforzata quest’ultima previsione dal testo dell’art. 3, comma 3. Le deroghe legate al fattore di rischio convinzioni religiose o personali nelle c.d. organizzazioni di tendenza (art. 4, co. 2) Molestie – Nozione legislativa Le molestie sono da considerarsi, ai sensi del paragrafo 1, una discriminazione in caso di comportamento indesiderato adottato per motivi di [razza o di origine etnica, età, disabilità, orientamento sessuale, convinzioni personali o religiose] e avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo. In questo contesto, il concetto di molestia può essere definito conformemente alle leggi e prassi nazionali degli Stati membri Pur risparmiando la carrellata delle fonti e delle definizioni, non si può non ricordare la discriminazione associata nella giurisprudenza della Corte … Caso Coleman 2008 La direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e, in particolare, i suoi artt. 1 e 2, nn. 1 e 2, lett. a), devono essere interpretati nel senso che il divieto di discriminazione diretta ivi previsto non è limitato alle sole persone che siano esse stesse disabili. Qualora un datore di lavoro tratti un lavoratore, che non sia esso stesso disabile, in modo meno favorevole rispetto al modo in cui è, è stato o sarebbe trattato un altro lavoratore in una situazione analoga, e sia provato che il trattamento sfavorevole di cui tale lavoratore è vittima è causato dalla disabilità del figlio, al quale presta la parte essenziale delle cure di cui quest’ultimo ha bisogno, un siffatto trattamento viola il divieto di discriminazione diretta enunciato al detto art. 2, n. 2, lett. a). La tutela del lavoro nel funzionamento del principio di parità di trattamento e il diritto antidiscriminatorio: regole e principi, limiti e potenzialità CASE STUDY 1: La discriminazione per “orientamento sindacale” CASE STUDY “: il lavoro a tempo parziale Il caso 1 I lavoratori iscritti alla Fiom – e solo i lavoratori iscritti alla Fiom o ancora iscritti alla Fiom – non assunti nel nuovo stabilimento Fabbrica Italia Pomigliano (FIP) sono discriminati in base al diritto (nazionale) vigente? La premessa di ogni ragionamento: esiste una discriminazione nel caso trattato dai giudici di Roma? Escludendo questioni di procedura, la questione del bene protetto Diverse regole, diverse procedure, diverse legittimazioni ad agire dimostrano l’esistenza di strumenti complementari posti a presidio dello stesso bene protetto: la libertà sindacale protetta dall’art. 39 Costituzione; la violazione del bene protetto è affermata a partire dalla violazione della parità di trattamento tra lavoratori (iscritti e non iscritti o non più iscritti alla Fiom). Il giudizio di comparazione Il trattamento deteriore L’uso della prova statistica La parte di massima ricavabile dall’ordinanza del giugno 2012 da dedicare all’uso giudiziario (futuro) della prova statistica è il seguente: il riferimento normativo a “dati di carattere statistico” nell’ambito di un procedimento volto a tutelare da comportamenti discriminatori, anche singoli individui e pure nell’ambito di realtà di dimensioni contenute in cui non sarebbe neppure in astratto possibile raggiungere l’ordine di grandezze omogenee necessarie per fondare un’idonea dimostrazione di carattere statistico, impone di ritenere che detto riferimento alla statistica debba essere inteso nella sua accezione meno tecnica e più comune di probabilità, a prescindere da un rigido rigorismo scientifico. La strategia difensiva del datore di lavoro Chi conosce il diritto antiscriminatorio sa che la strategia di contrasto all’esistenza di una discriminazione da parte di un’azienda che si difende deve essere costruita in modo ineccepibile perché svela la realtà organizzativa aziendale in modo inequivocabile. Le accuse di discriminazioni vanno prese sul serio proprio in questo particolare momento processuale. E Fip-Fga-Fiat usa tre diversi tipi di argomentazioni: 1) non conosco gli iscritti Fiom e non posso perciò discriminare; 2) i criteri di selezione del personale sono oggettivi e quindi legittimi e quindi non discriminatori; e infine, 3) la difesa cerca di affermare l’esistenza di una deroga alla discriminazione ex art. 3, comma 3 del d.lgs. 216/2003. La teoria della legittimità della discriminazione per motivi sindacali Nel tentativo di affermare la deroga alla discriminazione l’azienda afferma che “il pregiudiziale e fermissimo rifiuto … della trattativa e poi del contenuto del Contratto specifico di primo livello nonché della versione del 13.12.2011 (che regolano .. gli aspetti della vita di fabbrica dei dipendenti FIP …) appare assolutamente incompatibile con lo svolgimento dell’attività lavorativa che deve collocarsi in un contesto aggregato, coordinato e retto da regole accettate sindacalmente e necessariamente uguali per tutti: con il che viene meno quel requisito essenziale e determinante per lo svolgimento di tale attività”. I divieti di discriminazioni fondate sull’orientamento sindacale sono strumenti di affermazione della libertà sindacale e di democrazia in azienda perché, come scrive il giudice, i “lavoratori sono tenuti ad uniformarsi alle regole applicabili nell’ambito dell’azienda per cui lavorano, ma non può pretendersi ovviamente che le condividano, se non si accetta di pregiudicare le loro convinzioni personali e sindacali”. L’affiliazione sindacale è riconducibile al fattore di rischio convinzioni personali? L’apporto del giudizio di appello Il dato che in taluni testi normativi di paesi Ue “convinzioni personali” sia un fattore alternativo al concetto di opinioni politiche e sindacali “non esaurisce tuttavia l’ambito sistematico di riferimento normativo”. L’ambivalenza semantica del termine, come dimostra lo stesso tribunale, viene superata dal criterio interpretativo proposto ovvero fortemente orientato ad attribuire rilevanza all’assetto dei diritti fondamentali in seno all’Ue dopo il Trattato di Lisbona. Il Tribunale utilizzando l’interpretazione sistematica dell’art. 19 TFUE (già art. 13 TCE), le Convenzioni Oil rilevanti nella specifica materia, la Carta dei diritti fondamentali resa vincolante dall’art. 6 TUE conclude che “può senz’altro ritenersi che la direttiva 2000/78/CE, tutelando le convinzioni personali avverso le discriminazioni, abbia dato ingresso nell’ordinamento comunitario al formale riconoscimento (seppure nel solo ambito della regolazione dei rapporti di lavoro) della cd. libertà ideologica il cui ampio contenuto materiale può essere stabilito anche facendo riferimento all’art. 6 del TUE e, quindi, alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo”. Come spiega immediatamente di seguito, “se il legislatore comunitario avesse voluto comprendere nelle convinzioni personali solo quelle assimilabili al carattere religioso, come ritenuto dall’appellante, non avrebbe avuto alcun bisogno di differenziare le ipotesi di discriminazione per motivi religiosi da quelle per motivi diversi. Può perciò ritenersi che l’ampia nozione di “convinzioni personali” racchiude una serie di categorie di ciò che può essere definito il “dover essere” dell’individuo, che vanno dall’etica alla filosofia, dalla politica (in senso lato) alla sfera dei rapporti sociali” (sent. cit. corsivo aggiunto). L’apporto del giudizio d’appello … continua La reintegra dei 19 lavoratori non assunti in nome e per conto dei quali il ricorso è stato presentato … il problema della legittimazione ad agire ex art. 5 d.lgs. 216/03 5. Legittimazione ad agire. 1. Le organizzazioni sindacali, le associazioni e le organizzazioni rappresentative del diritto o dell'interesse leso, in forza di delega, rilasciata per atto pubblico o scrittura privata autenticata, a pena di nullità, sono legittimate ad agire ai sensi dell'articolo 4, in nome e per conto o a sostegno del soggetto passivo della discriminazione, contro la persona fisica o giuridica cui è riferibile il comportamento o l'atto discriminatorio (14). 2. I soggetti di cui al comma 1 sono altresì legittimati ad agire nei casi di discriminazione collettiva qualora non siano individuabili in modo diretto e immediato le persone lese dalla discriminazione L’uso del giudizio di comparazione in campo sindacale: i pro e in contro … Un focus necessario: la rappresaglia e il diritto antidiscriminatorio … I licenziamenti speciali, il licenziamento discriminatorio e il licenziamento comunque nullo Lo snodo problematico del licenziamento per rappresaglia in Italia a partire dalla Cassazione 16925/12) “Il concetto di licenziamento discriminatorio, sancito dall'art. 4 l. n. 604 del 1966, dall'art. 15 l. n. 300 del 1970 e dall'art. 3 l. n. 108 del 1990, è suscettibile di interpretazione estensiva: l'area dei singoli motivi vietati comprende anche il licenziamento per ritorsione o rappresaglia, che costituisce l'ingiusta ed arbitraria reazione a comportamenti sgraditi all'imprenditore, quando quest'ultima rappresenti l'unica ragione del provvedimento espulsivo”. Il licenziamento per rappresaglia, distinzione chiave Ragioni tipizzate (ad esempio ragioni sindacali ) = Licenziamento discriminatorio Ragioni non tipizzate = Licenziamento per motivo illecito determinante, nullo in base all’art. 18, ma non discriminatorio Esercizi “giudiziari” su licenziamento per rappresaglia o ritorsione Licenziamento a seguito al rifiuto di passare dal part time al tempo pieno (Trib. Bologna 19/11/12) Licenziamento a seguito di richiesta di rimozione di calendario pornografico (Trib. Torino 19/12/11) Licenziamento intimato a seguito di violenza sessuale (Trib. Latina, 20/9/11) Licenziamento della figlia di fronte alla causa avviata dal padre nei confronti del datore di lavoro (Cass. Civ. 8/8/11, n. 6282) Licenziamento a seguito di posizioni rigide e polemiche del lavoratore, comunicate alla stampa (Cass. 3/5/97, n. 3837) Licenziamento del dirigente sindacale (da parte del sindacato) (Cass. 25/7/08, n. 20500) Licenziamento per partecipazione ad uno sciopero (basato su inesistenti ragioni organizzative: Trib. Milano, 7/10/04) L’altra faccia del diritto antidiscriminatorio … la tecnica di tutela procedurale dei lavoratori non standard La tutela antidiscriminatoria viene utilizzata come “contrappeso” alla flessibilizzazione delle condizioni di lavoro e delle tipologie contrattuali in quanto modalità di controllo degli effetti di segmentazione del mercato del lavoro e di diversificazione dei trattamenti prodotti dalla deregolazione/riregolazione di questi anni, coerentemente a un processo di carattere più generale che vede le tradizionali tecniche di regolazione di tipo sostanziale (la norma inderogabile) cedere a tecniche di carattere procedurale (fondata su norme che stabiliscono diritti ad una certa procedura decisionale corretta, trasparente, motivata, senza la garanzia di un certo risultato … (Barbera 2007) Dir. 97/81 sul lavoro a tempo parziale, Dir. 99/70 sul lavoro a termine e Dir. 2008/104 relativa al lavoro interinale Scelta di concentrarsi sul part-time sollecitando l’attenzione sui processi di revisione del lavoro a tempo parziale della PA Valorizzazione del principio volontaristico? Case Study 2 La sig.ra Rossi è dipendente del Ministero di Grazia e Giustizia con orario di parttime di tipo verticale presso il Tribunale di Venezia. Il part-time è al 50% con orario articolato sun3 giorni la settimana. Con provvedimento del dirigente amministrativo il part-time viene revocato in dato 21-3-2011, emesso previo provvedimento ministeriale datato 8 febbraio 2011, n. 20384. Il provvedimento è legittimato dall’art. 16 della l. 183/10 cd Collegato lavoro. Il testo dell’art. 16 è il seguente: (Disposizioni in materia di rapporto di lavoro a tempo parziale) In sede di prima applicazione delle disposizioni introdotte dall'articolo 73 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, possono sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale gia' adottati prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008. La sig.ra si rivolge a voi per un consulto. Chiede, in particolare, quale strategia occorra adottare nei confronti dell’atto emesso dalla sua amministrazione di appartenenza. Le alternative possibili … Il diritto domestico e l’interpretazione del principio di correttezza e buona fede L’interpretazione conforme del diritto interno al diritto Ue La disapplicazione del incompatibile con il diritto Ue diritto Il rinvio pregiudiziale … interno