“La signora delle camelie” romanzo (Parigi, 1848) e dramma in cinque atti (Parigi, 1852) di Alexandre Dumas figlio e la trasposizione in musica degli stessi nella “Traviata” di Giuseppe Verdi a partire dal libretto di Francesco Maria Piave (1853) Siamo a Parigi nel settembre del 1844 A. Dumas Figlio, tra torbidi amori e fantastiche avventure, conosce Marie Duplessis, con la quale intrattiene una relazione fino alla fine di agosto del 1845. La donna, morta nel 1847 di tisi, gli ispira il suo più noto romanzo “La signora delle camelie” del 1848, nonché l’omonimo dramma in due atti del 1852. La trama E’ la storia d’amore di un giovane di buona famiglia, Armand Duval, e di una cortigiana, Marguerite Gautier, dietro la quale, come già detto, si cela il personaggio storico di Marie Duplessis. Anche all’amore più sincero le convenzione impongono le loro regole e Marguerite accetta di rinunciare alla relazione, nascondendo per nobiltà d’animo le vere ragioni del suo sacrificio. Muore poco dopo di tisi, nulla potendo per lei il ritorno dell’amato. Al successo duraturo dell’opera concorrono: o non solo le caratteristiche romantiche del tema, o ma anche un’attenta analisi dei costumi dell’epoca, o unite peraltro ad una brillante scrittura. L’incipit Io penso che non si possono creare personaggi senza aver studiato a fondo gli uomini, come non si può studiare una lingua senza averla seriamente imparata. Non avendo ancora raggiunto l’età in cui si inventa, devo contentarmi di riferire. Desidero quindi che il lettore sia convinto della realtà di questa storia, tutti i personaggi della quale, salvo la protagonista, sono ancora vivi. A Parigi, del resto, molti potrebbero testimoniare la maggior parte dei fatti che ho raccolto in questo libro, e potrebbero confermali, se la mia sola testimonianza non bastasse. Per una speciale circostanza, però, solo io posso descriverli perché solo a me furono confidati gli ultimi particolari senza i quali sarebbe impossibile che questo racconto fosse attraente e compiuto. Ecco come mi sono stati resi noti i fatti. Per decenni Dumas figlio è stato considerato l’iniziatore del teatro realistico, finanche del Naturalismo o del Verismo… Tutto ciò - è vero se i suoi scritti sono considerati dal punto di vista dei soggetti; -- è falso se gli stessi vengono presi in esame a partire dallo stile della scrittura. Le interpretazioni del dramma Per un secolo e più il personaggio della protagonista del dramma, Marguerite Gautier, è stato affrontato da attrici di tutto il mondo: Sarah Bernhard (Marguerite Gautier ne “La dama delle camelie) Eleonora Duse (Marguerite Gautier ne “La dama delle camelie) Maria Callas (Viloletta Valery ne “La traviata”) Greta Garbo (Marguerite Gautier alias Camille nel film “Camille” del 1936 di George Cukor) Isabelle Huppert (Alphonsine Plessis nel film “La storia vera della signora delle camelie” del 1981 di Mauro Bolognini) Un forte legame con il Romanticismo in tutti i suoi aspetti, quelli più brillanti… Il ritratto di Marguerite Gautier…viva… Era impossibile trovare una bellezza più incantevole di quella di Margherita (…). Alta e slanciata fino all’esagerazione (…), la testa, mirabile, era oggetto di una speciale civetteria (…). Mettete in un ovale dalla grazia indescrivibile due occhi neri sormontati da sopracciglia dall’arco tanto puro da sembrare disegnate; velate quegli occhi con ciglia così lunghe che, abbassandosi, ombreggino il rosa delle guance; tracciate un naso fine, diritto, spirituale, dalle narici lievemente traperte per l’ardente desiderio di vita sensuale; disegnate una bocca regolare, le cui labbra si schiudano con grazia su denti banchi come il latte; colorite la pelle col tono vellutato proprio delle pesche che nessuna mano ha ancora sfiorato e avrete l’immagine di quella testa deliziosa. I capelli neri… Un forte legame con il Romanticismo in tutti i suoi aspetti, quelli più oscuri, tenebrosi, cimiteriali, deteriori… Il ritratto di Marguerite Gautier…morta… Tremendo da vedere, orrendo da descrivere. Gli occhi non erano più che due fori, le labbra erano scomparse, e i denti biancheggiavano, stretti gli uni contro gli altri. I lunghi capelli neri e secchi erano incollati sulle tempie e velavano un po’ le livide cavità delle gote; (…). Chi è Alexandre Dumas figlio? Nasce a Parigi nel 1824. Figlio di Alexandre Dumas (autore de “Il Conte di Monte Cristo” e de “I tre moschettieri”) e della sua vicina di pianerottolo, semplice sarta, Catherine Laure Labay, viene dichiarato figlio naturale, di padre e di madre sconosciuti, e messo in collegio. I suoi genitori lo riconoscono solo nel 1831. Dopo una difficile battaglia sostenuta per la sua custodia, è affidato al padre, verso il quale manifestà per l’intera esistenza un profondo rancore. Muore a Marly-le-Roi nel 1895 e, tributato di tutti gli onori possibili, compreso il titolo di membro ufficiale dell’Accadémie Francaise, viene inumato nel cimitero di Montmartre. Quali aspetti della sua vita influiscono sulla sua poetica e sulle sue opere? Segnato dalla sua dolorosa infanzia, in tutti i suoi scritti egli affronta temi assai controversi per la sua epoca, fra i quali è doveroso ricordare la posizione sociale della donna, il divorzio, l’adulterio. Si fa portavoce di cause particolari e denuncia senza timore gli eventi incresciosi che segnano la società del suo tempo. Per questo fu catalogato come autore scandaloso. Tutte le sue opere sono pervase da un intento moralistico ed egli si serve del teatro come di una pubblica tribuna dalla quale sostenere la sua predicazione per il miglioramento della società. Dipinge un vivido quadro del mondo borghese della sua epoca, fustigandone gli ipocriti atteggiamenti, e ponendo quali temi dei suoi drammi l’eguaglianza della morale sessuale fra uomo e donna, il disprezzo per il seduttore, la comprensione verso la ragazza che ha peccato per amore, la crudeltà di alcuni anacronistici costumi, quali il ristabilimento dell’onore mediante l’uccisione della donna adultera. “Povere creature! Se amarle è male, compiangerle è certo il meno che si possa fare (…). Per un falso pudore non volete compiangere quella cecità del cuore, quella sordità dell’anima, quel mutismo della coscienza che fanno impazzire la povera afflitta e che la rendono, suo malgrado, incapace di vedere il bene, di udire il Signore e di parlare la pura lingua dell’amore e della fede (…). I pensatori e i poeti di tutti i tempi hanno offerto alle cortigiane la loro pietà, e qualche volta un grand’uomo le ha riabilitate col proprio amore e magari col proprio nome (…).