Evoluzione costituzionale dello Stato italiano
e rapporto centro-periferia. Corpo
elettorale e organizzazione politica: il
reclutamento della classe dirigente. Brevi
cenni sulle leggi elettorali politiche e
amministrative
Vittoria Calabrò
“Norme transitorie per l’istituzione dei liberi consorzi
comunali”
“Si può definire un sistema elettorale
come un complesso di regole o una
combinazione di varie procedure che
influenzano le modalità con cui gli
elettori esprimono il loro voto, le
possibilità che i partiti presentatisi alle
elezioni ottengano o meno rappresentanza
parlamentare e, infine, le modalità con
cui i voti vengono tradotti in seggi”.
(G. Pasquino, I sistemi elettorali, in Manuale di diritto
pubblico, a cura di G. Amato e A. Barbera, Bologna 1986,
p. 339).
La ‘quistione amministrativa’ che ha più di due
secoli ci accompagna … è, insomma, ancora
drammaticamente aperta, di indubbia attualità
e largamente irrisolta. Le stesse rivendicazioni
autonomistiche degli ultimi tempi e
l’insofferenza sempre più marcata verso uno
Stato inefficace e spesso opprimente non sono,
in quest’ottica, che l’ultimo e appariscente
epifenomeno di più antichi disagi, di più
radicate contraddizioni e di più risalenti
conflittualità”.
(P. Aimo, Stato e poteri locali in Italia 18481995, Roma 1998, p. 154)
7 ottobre 2012
Festa dei
popoli della
Padania
Maroni ha sostenuto la necessità di una
legge di riforma costituzionale per la
creazione della Macroregione del Nord
per la quale la Lega 2.0 del nuovo
Segretario intende raccogliere «milioni
di firme» e promuovere un referendum.
Vincenzo Gioberti
Carlo Cattaneo
Giuseppe Mazzini
Domenico Farini
Camillo Benso
conte di Cavour
Marco Minghetti
Nota presentata il 13 agosto 1860 da D. Farini alla
Commissione straordinaria e temporanea presso il
Consiglio di Stato.
“Le provincie italiane si aggruppano naturalmente
e storicamente fra loro in centri più vasti, che
hanno avuto e hanno tuttavia ragione di
esistere nell’organismo della vita italiana … Al
di sopra della provincia, al di sotto del
concetto politico dello Stato, io penso che si
debba tener conto di questi centri, i quali
rappresentano quelle antiche autonomie
italiane, che fecero sì nobile omaggio di sé
all’Unità della Nazione”.
13 marzo 1861. Relazione introduttiva del ministro
dell’Interno Minghetti
“Noi, o signori, siamo tutti concordi sovra due
punti, se mi è lecito dir così, negativi. Non
vogliamo la centralità francese [...] Dall’altra
parte non vogliamo neppure una indipendenza
amministrativa come quella degli Stati Uniti
d’America, o come quella della Svizzera … Ora
chi sa dirmi qual è il punto nel quale
precisamente deve fermarsi e costituirsi il
sistema necessario alle condizioni presenti e
future dell’Italia? ”.
Dal Diario di Marco Minghetti
“17 maggio 1861.
Conferenza con
Ricasoli.
È assolutamente
contrario alle Regioni.
Però accetterebbe un
temperamento per le
provincie meridionali”.
Bettino Ricasoli
Urbano Rattazzi
• Comune: consiglio comunale
(elettivo), giunta municipale
(composta da 2 ad 8
assessori), eletta dal
consiglio comunale, sindaco
di nomina regia a capo della
giunta.
• Provincia; consiglio
provinciale elettivo,
deputazione provinciale
(eletta dal consiglio
provinciale), governatore di
nomina regia coadiuvato da
vicegovernatori e intendenti.
Controllo di legittimità:
Controllo di merito:
Teso ad accertare che
l’atto amministrativo
posto in essere dagli
organi comunali sia
conforme alla legge.
Viene affidato in prima
istanza all’intendente e
in seconda istanza al
governatore.
Volto a verificare che
l’atto amministrativo
abbia in sé l’idoneità a
rispondere ai fini che
si è proposto.
Viene affidato all’organo
collegiale, la
deputazione
provinciale, essendo
stato emanato da un
altro organo collegiale.
Legge elettorale
amministrativa del 1859
L’elettorato attivo spettava ai maschi
ventunenni. La legge prevedeva un limite di
censo a scaglioni di 5 lire (fino ad un massimo
di 25 lire) a seconda della grandezza del
comune di residenza.
Nei comuni con un massimo di 3.000 abitanti
erano richieste almeno 5 lire di imposte dirette
all’anno, mentre in quelli con più di 60.000
abitanti non potevano richiedersi più di 25 lire
annue.
• sistema elettorale = collegio uninominale
maggioritario, a doppio turno con
ballottaggio.
• elettorato attivo = cittadini maschi, di
età non inferiore ai 25 anni, in possesso
di un titolo di studio e che pagano un
censo pari a 40 lire in Piemonte e 20 lire
nelle altre province del Regno.
• elettorato passivo = cittadini maschi in
possesso dei diritti civili e politici che
abbiano compiuto i 30 anni.
Francesco
Crispi
30 dicembre 1888
legge comunale e
provinciale
- allargamento del suffragio amministrativo (21
anni che paga una qualunque contribuzione);
- elettività dei sindaci dei capoluoghi di
provincia e dei comuni maggiori e dei
presidenti della deputazione provinciale;
- istituzione della Giunta Provinciale
Amministrativa (GPA), composta da consiglieri
di prefettura e da membri eletti e
presieduta dal prefetto, cui viene affidato il
compito di controllo di merito sugli atti dei
comuni.
1896.
Decentramento conservatore
Antonio Starrabba,
marchese di Rudinì
elettività dei
sindaci di tutti i
comuni a
prescindere dal
numero degli
abitanti o della
grandezza.
“ad uno Stato accentratore,
tendente a limitare e regolare ogni
potere organico e ogni attività
civica e individuale, vogliamo, sul
terreno costituzionale, sostituire
uno Stato veramente popolare, che
riconosca i limiti della sua attività,
che rispetti i nuclei e gli organismi
naturali (la famiglia, le classi, i
Comuni)”.
(Appello ai liberi e ai forti, 1919)
Luigi Sturzo
(Caltagirone, 1871-1959)
Venezia, 23-10-1921. III Congresso nazionale del PPI: Il
decentramento amministrativo, le autonomie locali e
la costituzione della regione.
Venezia, 23-10-1921. III Congresso nazionale del PPI:
Il decentramento amministrativo, le autonomie locali e
la costituzione della regione.
“Io sostengo che la regione da far sorgere deve essere sana, valida, completa; e
quindi con la caratteristica fondamentale di ente elettivo-rappresentativo, autonomoautarchico, amministrativo- legislativo, sommando in se stessa tutti gli interessi
collettivi locali dentro i limiti del proprio territorio. Chiarisco le parole in
corsivo; ente elettivo-rappresentativo, perché non sia formato tramite elezioni di
secondo grado di enti locali, né per via di nomina statale, ma in base a
elettorato diretto, a suffragio universale, comprese le donne, e a sistema
proporzionale; ente autonomo- autarchico, perché esso in base alla sua legge
costitutiva governi veramente, e da tale legge derivi il suo carattere, non sia
quindi un ente statale con poteri delegati che abbia per capo un governatore;
ente amministrativo-legislativo che abbia finanza propria con facoltà di imporre
tributi; che, nel complesso della sua attività specifica, statuisca leggi ed approvi
regolamenti tali da avere vigore nell’ambito del proprio territorio”
L. 4 febbraio 1926, n. 237
elimina Consiglio, Giunta e Sindaco e abolisce il
principio dell’elettività e della
rappresentanza;l’intero potere decisionale è
concentrato nella figura monocratica del podestà.
analogamente, per la provincia,
la L. 27 dicembre 1928, n. 2962
abolisce gli organi preesistenti affidando la
gestione politica e burocratica della Provincia
ad un Preside di nomina regia che si avvale
della collaborazione di un Rettorato, organo
collegiale consultivo.
Nella
Relazione
sulle
autonomie regionali illustra
le 4 diverse soluzioni intese
a risolvere il problema
regionalistico,
soffermandosi a spiegare
cosa cosa significhi, nello
specifico:
Gaspare Ambrosini
1. sistema federale;
2. decentramento burocratico
o gerarchico;
3. decentramento istituzionale,
autarchico;
4. ente dotato di funzioni che
le fanno assumere rilievo e
portata di carattere
costituzionale.
Le Regioni a Statuto speciale
• legge 17 febbraio 1968, n. 108 (Norme
per l’elezione dei consigli regionali delle
regioni a statuto ordinario);
• legge 16 maggio 1970, n. 281
(Provvedimenti finanziari per
l’attuazione delle regioni a statuto
ordinario);
• legge 6 dicembre 1971, n. 1034.
(Istituzione dei tribunali amministrativi
regionali).
Camera dei Deputati.
IV Legislatura
Ottobre 1967
Emilio Paolo
Taviani
Pietro Ingrao
Giovanni Francesco
Malagodi
Camera dei deputati, IV legislatura. 17 ottobre 1967.
Replica del ministro degli Interni Taviani.
“Per quali ragioni, a mio parere, è necessario costituire le regioni
a statuto ordinario? Perché, come abbiamo avuto più volte
occasione di dire, l’ordinamento regionale è necessario se si vuole
rinnovare lo Stato. Ancora pochi giorni addietro, nel corso di un
convegno regionale della Democrazia cristiana ... è stato
sostenuto giustamente che ci si trova, come più volte è stato
detto e ripetuto, di fronte ad un dilemma, perché mentre lo si
vorrebbe da una parte, dall’altra non si procede al rinnovamento
dello Stato....Il rinnovamento dello Stato passa attraverso
l'istituzione delle regioni. La Costituzione non si può né aggirare
né scavalcare: o si fanno le regioni a statuto ordinario o le
strutture dello Stato continueranno a rimanere vecchie e stantie.
È una scelta che obbliga a una soluzione”.
Camera dei deputati, IV legislatura. 31 ottobre 1967.
Ingrao. Dichiarazione di voto a nome del gruppo PCI.
“Vorrei dire che anche l’ostruzionismo delle destre ha avuto una
sua funzione: prima di tutto, ha fatto emergere quanto estese e
ramificate siano le avversioni ai principi, agli orientamenti, alle
riforme richieste dalla Costituzione e quanto testardo sia
l’attaccamento allo Stato burocratico e centralizzato che ha
governato l’Italia in tutti questi anni. […] La vera questione che a
questo punto si presenta a noi è: come debbono essere fatte le
regioni? E cioè: questi nuovi organismi pubblici devono
sovrapporsi alla vecchia macchina ministeriale e prefettizia con
una “duplicazione di costi e di strutture pubbliche”, o devono
essere invece un elemento rinnovatore, dirompente (se volete)
della vecchia macchina? Noi non siamo affatto insensibili a
questa questione”.
Camera dei deputati, IV legislatura. 31 ottobre 1967.
Malagodi. Dichiarazione di voto a nome del gruppo PLI.
Ho appena bisogno di dire a nome del gruppo liberale che noi voteremo
contro questa legge ... Ci sono motivi di ordine strutturale: il disordine
che la introduzione delle regioni (così come sono configurate) porterebbe
con sé, e la duplicazione di accentramento tra Roma e le capitali regionali. Ci sono motivi di
ordine finanziario, cioè la spesa non sostenibile da una finanza pubblica che è già dissestata. Ci
sono motivi di ordine sociale, cioè l’aggravamento dell’immobilismo e dell’impotenza sociale
che contraddistinguono oggi il governo e la maggioranza come riflesso di un dissesto
finanziario che le regioni aggraverebbero sensibilmente. Ci sono motivi di ordine politicomorale, cioè la proliferazione di un sottogoverno fazioso sempre, e spesso corrotto, come già lo
vediamo nelle regioni a statuto speciale. Ci sono infine motivi di ordine politico: il varco
(secondo un’espressione usata da alcuni loro oratori) aperto ai comunisti e con loro, in
prospettiva, alle tendenze peggiori dell’integralismo clericale, con i socialisti ed i repubblicani al
rimorchio....Ora per evitare queste conseguenze e per giungere veramente allo scopo che le
regioni dovrebbero perseguire - che è quello di una devoluzione di funzioni e poteri che non
crei duplicazioni e contrasti insanabili rispetto ai poteri nazionali - occorre un profondo
ripensamento che deve investire non solo l’istituto delle regioni, ma anche l’istituto dei comuni
e quello delle province. Ed è per questo che noi già da tempo ... abbiamo presentato in questa
Camera due proposte di legge. La prima è una proposta di revisione del titolo V della
Costituzione, per sostituire alle regioni i consorzi di province ... La seconda nostra proposta è
quella di un’inchiesta parlamentare sulle funzioni e sulla struttura dei comuni e delle province”.
• legge 8 giugno 1990, n. 142
(Ordinamento delle autonomie locali);
• legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione
diretta del sindaco, del presidente della
provincia, del consiglio comunale e del
consiglio provinciale).
• R. Romanelli, Centralismo e autonomie, in Storia
dello Stato italiano dall’Unità ad oggi, a cura di R.
Romanelli, Roma 1995, pp. 125-186;
• G. Melis, Storia dell’amministrazione italiana
(1861-1993), Bologna 1996;
• P. Aimo, Stato e poteri locali in Italia 1848-1995,
Roma 1997;
• P. Aimo, Il centro e la circonferenza. Profili di
storia dell’amministrazione locale, Milano, 2005;
• G. Astuto, L’amministrazione italiana. Dal
centralismo
napoleonico
al
federalismo
amministrativo, Roma 2009.
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