Costituzione della Repubblica italiana
• Art. 5.
• La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le
autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il
più ampio decentramento amministrativo, adegua i principi
ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia
e del decentramento.
• Art. 114.
• La Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni.
Costituzione della Repubblica italiana
• Art. 128.
• Le Provincie e i Comuni sono enti autonomi nell’ambito dei
principi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne
determinano le funzioni.
• Art. 129.
• Le Provincie e i Comuni sono anche circoscrizioni di
decentramento statale e regionale.
• Le circoscrizioni provinciali possono essere suddivise in
circondari con funzioni esclusivamente amministrative per un
ulteriore decentramento.
Costituzione della Repubblica Italiana 1948
Disposizioni transitorie e finali
VIII.
Le elezioni dei Consigli regionali e degli organi elettivi delle amministrazioni
provinciali sono indette entro un anno dall’entrata in vigore della Costituzione.
Leggi della Repubblica regolano per ogni ramo della pubblica
amministrazione il passaggio delle funzioni statali attribuite alle Regioni. Fino
a quando non sia provveduto al riordinamento e alla distribuzione delle
funzioni amministrative fra gli enti locali restano alle province ed ai comuni le
funzioni che esercitano attualmente e di cui le Regioni deleghino loro
l’esercizio. Leggi della Repubblica regolano il passaggio alle Regioni di
funzionari e dipendenti dello Stato anche delle amministrazioni centrali, che
sia reso necessario dal nuovo ordinamento. Per la formazione dei loro uffici le
Regioni devono, tranne che in casi di necessità, trarre il proprio personale da
quello dello Stato e degli enti locali.
IX.
La Repubblica, entro tre anni dall’entrata in vigore della Costituzione, adegua
le sue leggi alle esigenze delle autonomie locali e alla competenza legislativa
attribuita alla Regione
Statuto albertino 1848
• DISPOSIZIONI
GENERALI
• Art. 74. - Le istituzioni
comunali e provinciali,
e la circoscrizione dei
comuni e delle
provincie sono regolati
dalla legge.
• Le vicende italiane fra Otto e Novecento risultano
emblematiche del percorso non sempre lineare della
formazione dello Stato nazionale moderno, sorto come
negazione di ogni altro potere politico capace di
sovrapporglisi. In Italia quel percorso è caratterizzato
dall’insorgere di idee e processi regionalistici con posizioni che
vanno dal decentramento amministrativo a istanze sempre
più marcatamente improntate in direzione del federalismo
interno, con varie sfumature intermedie.
• L’organizzazione dello Stato italiano fu determinata da due
motivi principali, da una parte la convinzione che solamente
con una struttura unitaria e centralista fosse possibile
conservare l’unità, dall’altra conseguenza della prima,
l’estensione a tutta l’Italia dell’ordinamento dello Stato
piemontese. Una decisione che non doveva trovare, tuttavia
consensi unanimi e che vedeva l’insinuarsi di un’idea che
doveva attraversare tutta la storia dello Stato italiano unitario
fino ai nostri giorni, la soluzione del regionalismo.
C. MALANDRINO, Federalismo. Storia, idee, modelli, 1998
•
•
La radice semantica delle parole
federale e federalismo si trova nel
vocabolo latino foedus, che significa
alleanza, trattato, patto, convenzione.
Il termine federalismo compare solo
verso la fine del settecento all’epoca
delle rivoluzioni americana e francese,
come derivazione dell’aggettivo
federal. Di qui gli aggettivi federalista
o federativo che con il loro sostantivo
si diffusero a partire da quegli anni
per contrassegnare la tendenza
politica favorevole a formare uno
Stato federale attraverso l’unione
stabile di più Stati membri in
contrasto con coloro che vi si
dichiaravano contrari perché miranti
alla creazione o al mantenimento di
uno Stato unitario centralizzato…
• Per quanto riguarda la recezione di quel termine in Italia, il,
nostro Paese registra una certa lacunosità e arretratezza fino
all’inizio del Novecento, non colmata dalla riflessione
individuale di Carla Cattaneo.
• I due dizionari più significativi, quello degli accademici della
Crusca e quello della lingua italiana di Niccolò Tommaseo,
1865,troviamo soltanto federazione o federalista e si fa
confusione fra federazione e confederazione, con evidente
mancanza di riferimento alla vicenda nordamericana.
• In realtà e proprio sulla scorta dell’esperienza nordamericana
e delle vicende francesi della seconda metà del secolo XVIII
che si afferma, per la prima volta la circostanza che il concetto
basilare del federalismo mette in questione il problema
• della sovranità dello Stato moderno così come
era stata teorizzata
• da Bodin e da Hobbes
• Nel momento in cui si procede a creare
uno Stato federale, con l’unione di vari
Stati membri, la definizione della sovranità
dei soggetti statali coinvolti subisce
necessarie limitazioni o attenuazioni,
perdendo le caratteristiche dell’assolutezza
e della indivisibilità quali si erano venuti
affermando nel processo di formazione
dello Stato moderno, lo Stato nazione che
trionfa tra Sette e Ottocento.
•
A questo proposito Norberto Bobbio ha
sottolineato come il processo verso lo
Stato federale rappresenta un processo
inverso a quello che aveva caratterizzato la
formazione dello Stato moderno: tanto
accentratore questo, tanto
decentralizzante quello
• Avendo come punto di riferimento il livello dello Stato
nazione, si può dire che esistono due tipi diversi e
complementari di federalismo: da un lato quello
sovranazionale, relativo a più stati nazionali che decidono di
alienare parte della propria sovranità per unirsi in una
federazione sovranazionale configurata come superiore Stato
federale; dall’altro un federalismo infranazionale o interno,
che concerne Stati regionali uniti in uno Stato federale
nazionale. Nel primo caso il fenomeno è centripeto, bel
secondo è centrifugo.
• Altre classificazioni del federalismo sono quelle che
riguardano il contenuto e i valori di riferimento e non i
soggetti coinvolti. Si parla, pertanto, di federalismo
istituzionale, fiscale, integrale etc.
Ritenuto il padre del federalismo italiano, Carlo Cattaneo esprime una visione
nella quale l’istanza federale si collega all’idea di libertà, definita come esercizio
della ragione. Egli sostiene che la vita dei singoli, delle famiglie, dei comuni, dei
consorzi delle comunità non può prescindere da un ordinamento statale che,
per essere coerente col principio di libertà deve essere ispirato al principio di
federazione e non a quello di egemonia tipico degli Stati nazionali unitari e
centralizzati. Federalismo, decentramento
e autonomia sono le linee guida del suo
pensiero. All’inizio degli anni ‘50 dell’800
Cattaneo pensava che l’ordinamento italiano
dovesse discendere dall’unione dei vari Stati in
una repubblica federale, gli Stati uniti di Italia,
nati da un’unione consensuale e non da
un’annessione. Cattaneo vedeva nelle grandi
regioni storiche italiane, Lombardo-Veneto,
Sicilia, vere e proprie regioni- Stato da unire in
forma di unità federale.
• Lontani dal più rigoroso e corrente federalismo di Cattaneo si presentano,
verso la metà dell’Ottocento, i programmi confederali del neoguelfismo
del quale Vincenzo Gioberti rappresenta l’espressione più nota.
• Il termine, che si riallaccia a quello medievale dato alla formazione
sostenitrice del pontefice romano nella lotta contro i ghibellini difensori
• dell’imperatore, designa la nuova posizione
• d’incontro tra il liberalismo e il cattolicesimo
• costituitosi soprattutto in Piemonte e in Lom• bardia al fine di elaborare una risposta positi• va ai problemi della ricerca dell’indipendenza
• e dell’unità italiane e, nel contempo, all’esi• genza di riconoscere al papato un ruolo diri• gente in tale processo.
Mazzini, invece non fu
federalista e si dichiarò
ripetutamente a favore
dell’unità del futuro Stato
nazionale italiano, in contrasto
con i sostenitori del principio
federale. La sua posizione era
dettata soprattutto dal timore
della debolezza e dal pericolo di
eventuali scissioni traumatiche
del nuovo ordinamento nella
delicata fase costitutiva ed
ammise solo l’esigenza del
decentramento amministrativo
La c.d. legge Rattazzi del 1859…
razionalizzava la normativa del 1848, sopprimendo
le Divisioni, e articola il territorio in Province,
Circondari, Mandamenti e Comuni;
istituiva in ogni provincia un Governatore che, ai
sensi dell’art. 3, rappresentava «il Potere
esecutivo», dipendeva dal Ministro
dell’Interno ma vegliava «sull’andamento di
tutte le pubbliche Amministrazioni, ed in caso
d’urgenza» prendeva i provvedimenti ritenuti
indispensabili nei diversi rami di servizio;
sopraintendeva alla pubblica sicurezza, aveva
diritto di disporre della forza pubblica e di
richiedere la forza armata;
nel circondario vi era l’Intendente;
nei circondari-capoluoghi di provincia l’ufficio di
Intendente era ricoperto dal Vice Governatore;
Riorganizzazione di comuni e province.
Concerne 2 aspetti:
a) l’allargamento del suffragio;
b) l’organizzazione di comuni e
province.
a) allargamento del suffragio
1) L’età necessaria per avere diritto al voto
amministrativo passava da 25 a 21 anni;
2) La legge prevedeva un limite di censo a
scaglioni di 5 lire (fino ad un massimo di 25) a
seconda della grandezza del comune di
residenza
b) Organizzazione di comuni e province
• Comune: consiglio comunale (elettivo), giunta
municipale (composta da 2 ad 8 assessori),
eletta dal consiglio comunale, sindaco di
nomina regia a capo della giunta.
• Provincia; consiglio provinciale elettivo,
deputazione provinciale (eletta dal consiglio
provinciale), governatore di nomina regia
coadiuvato da vicegovernatori e intendenti.
Sistema di controlli introdotto
dalla l. Rattazzi:
controllo generale
di legittimità
alla Deputazione
provinciale
affidato all’Intendente e,
in seconda istanza,
al Governatore della provincia
controllo speciale di merito
A loro volta, gli atti dell’amministrazione provinciale venivano sottoposti a un controllo generale
di legittimità da parte del ministro dell’Interno, mentre era necessaria l’approvazione del re,
udito il Consiglio di Stato, per le delibere che vincolavano i bilanci per più di cinque esercizi
finanziari e per quelle relative alla creazione di stabilimenti pubblici a spese della Provincia.
• Furono proprio i primi contrasti suscitati dalla legge
Rattazzi del 1859, uniti al disagio quando non
all’aperta avversione manifestati nei confronti di
quel provvedimento anche da parte della stessa èlite
che stava gestendo il processo unitario a spingere
Cavour a nominare una Commissione temporanea di
legislazione presso il Consiglio di Stato a Torino, con
lo scopo di definire ex novo l’assetto giuridico
complessivo dei poteri locali .
Nel corso del 1860 Cavour aveva,
infatti, riaffermato più volte la
convinzione della necessità di
prendere in considerazione forme
più o meno allargate di
decentramento.
La Commissione composta da 20
membri: senatori, deputati,
consiglieri di Stato emiliani, toscani,
lombardi e piemontesi
rappresentava, nel disegno
cavouriano, uno degli strumenti
idonei a realizzare un sistema
decentrato…
frutto dei lavori della Commissione furono i progetti Farini e Minghetti, noti
come espressione della breve stagione in cui la Regione sarebbe stata proposta,
pur con molte cautele, come possibile realtà istituzionale.
L’elaborazione delle Note di Carlo Farini e Marco
Minghetti si colloca nel biennio 1860-61, segnato
da avvenimenti politici di notevole portata, e in
particolare dalla conquista del Sud d’Italia. Il
carattere peculiare di quei progetti si rinviene
nella previsione di un ordinamento cautamente
regionalistico che, accanto ad altre modifiche di
impronta democratica a favore di Comuni e
Province segna il punto di massima eversione di
quel principio di riconoscimento del selfgovernment che rappresentava uno dei tratti
fisionomici della cultura liberale, destinato ad
essere smentito puntualmente dalla legislazione
posta in essere
In particolare, la Nota di
Carlo Farini proponeva
la regione come
organismo dotato di
competenze
meramente
amministrative, senza
rappresentanza elettiva
diretta, per motivi che
egli così spiegava
• …Stabiliti i limiti delle regioni dovranno essere determinate le
attribuzioni. Dirò … non essere, a mio avviso, che alle
accennate grandi circoscrizioni territoriali si convenga il dare
una rappresentanza elettiva, come quella che ben si addice
alle provincie ed ai comuni…un consiglio numeroso
deliberante con larga autorità sugli interessi di regioni ampie,
in città che furono capitali di Stati, renderebbe immagine di
Parlamento…
• …il comune è la prima base dei liberi ordini…al comune ed alla
sua rappresentanza si dovranno dare larghe attribuzioni sugli
interessi che gli sono propri, l’ingerimento governativo…non
dee menomarne e offenderne la libertà.
Marco Minghetti elaborava un’idea più
articolata di Regione come “consorzio
obbligatorio di più province” che, dotata di
personalità civile, avrebbe dovuto
assumere, per conto dello Stato centrale, il
compito di gestire alcune funzioni di
amministrazione attiva.
Era dotata di un Consiglio elettivo,
nominato dai Consigli delle rispettive
province, e di un Governatore, rivestito di
ampie facoltà.
In omaggio al principio che solo allo Stato e
ai suoi rappresentanti dovesse spettare il
diritto e il dovere di vigilare sugli enti
autonomi facenti parte dell’ordinamento
statuale, era invece esclusa ogni ingerenza
regionale su province e comuni.
• Il testo elaborato da Minghetti, dopo essere stato valutato
dalla Commissione di legislazione che ne aveva dato
un’interpretazione in senso decisamente più democratico
approdava in Parlamento, in un clima politico profondamente
mutato rispetto al momento iniziale. In sede parlamentare
prevalsero i dubbi e le incertezze circa gli aspetti più innovativi
del progetto. La morte di Cavour e le stesse perplessità di
Minghetti non fecero che confermare la fine l’esaurimento di
quel momento propulsivo. Spetterà al Ricasoli certificare
ufficialmente la fine dei progetti mediante il ritiro di quelli dal
dibattito parlamentare
Le ostilità al progetto Minghetti –
osserva Giuseppe Astuto – erano
probabilmente motivate più che
dall’istituzione delle Regioni, da una serie
di modifiche alla legge Rattazzi del ’59
che quello stesso provvedimento
intendeva introdurre:
estensione del voto amministrativo agli
analfabeti con un certo reddito;
elettività del sindaco da parte del
Consiglio comunale;
fine dell’uniformità della normativa per i
Comuni, divisi in classi in ragione del
numero di abitanti e riconoscimento di
più ampia autonomia ai Comuni maggiori
Il progetto Minghetti, inoltre, se all’art.
17 confermava l’espressa esclusione
delle donne di essere elettrici ed
eleggibili – al pari di interdetti, falliti e
condannati reclusi – all’art. 13
introduceva la facoltà per le donne
proprietarie, la cui contribuzione non
fosse imputata a un marito, di
«delegare la rappresentanza del loro
censo elettorale», senza vincolo alcuno
nella scelta del rappresentante. Tale
norma avrebbe così modificato l’art. 19
del R.D. 23 ottobre 1859, secondo cui
«la contribuzione pagata da una vedova
o dalla moglie separata di corpo e di
beni, può valere come censo elettorale
a favore di quello dei figli o generi che
sarà da lei designato».
Con specifico riferimento alla situazione
siciliana, il Cavour scriveva, nel 1860
… Il Parlamento che accoglierà nel suo
seno i deputati di tutte le popolazioni
italiane non disconoscerà certo i bisogni
di ciascuna di esse. Il Parlamento sarà
organo di concordia, di unione, non di
tirannia centralizzatrice. Né la Sicilia, la
sola delle provincie italiane che abbia
antiche tradizioni parlamentari, dovrebbe
dimenticarlo … la Sicilia può fare
assegnamento sul ministero onde
promuovere l’adozione di un sistema di
larghissimo discentramento
amministrativo. Abbiamo introdotto il
sistema delle Regioni, sta al Parlamento il
fecondarlo …
• Il 19 ottobre 1860 il
prodittatore Mordini
istituiva, a Palermo un
Consiglio Straordinario di
Stato che avrebbe dovuto
studiare il tipo di
amministrazione più
idonea all’Isola per
conciliare gli interessi
della Sicilia con quelli
della Nazione…
Decreto col quale si istituisce un Consiglio straordinario di Stato per studiare
ed esporre al Governo gli ordini e gli stabilimenti adatti a conciliare i bisogni
peculiari della Sicilia con quelli generali dell’unità e prosperità della Nazione
Italiana, n. 275 del 19 ottobre 1860
• In nome di S.M. Vittorio Emanuele Re d’Italia
• Il prodittatore
• In virtù dei pieni poteri a lui conferiti,
• Considerando che la Sicilia sta per pronunziare il voto col
quale comincerà a far parte integrale del gran regno
costituzionale d’Italia sotto lo scettro del Re Vittorio Emanuele
e suoi discendenti
• Considerando che una fra le grandi missioni a cui il
Parlamento della Nazione italiana verrà sollecitamente
chiamato sarà quello di provvedere al migliore assetto delle
varie provincie di cui essa componesi
• Considerando che può essere sommamente utile lo apparecchiare
sin d’ora il maggior numero possibile di elementi alle deliberazioni
costitutive del Parlamento,
• Considerando che a così utile intento possono efficacemente
contribuire i lumi di uomini prescelti fra i più capaci del paese ed al
paese più noti per il loro affetto verso la patria comune e verso il
luogo natale.
• Considerando che la Sicilia è una fra le parti d’Italia in cui le
condizioni topografiche e storiche presentano taluni caratteri
distinti meritevoli di studio particolare….decreta e promulga
• Art. 1
• E’ istituito uno Straordinario consiglio di Stato incaricato studiare
ed esporre al governo quali sarebbero, nella istituzione della gran
famiglia italiana, gli ordini e le istituzioni su cui convenga portare
attenzione perché rimangano conciliati i bisogni peculiari della
Sicilia con quelli generali dell’Unità e prosperità della Nazione
Italiana…
Dalla Relazione del Consiglio Straordinario di Stato
• …Isola posta ad una estremità del territorio nazionale, a due
giorni di vapore dai porti più prossimi dell’Italia meridionale,
popolata da poco meno che due milioni e mezzo d’abitatori,
parlante dialetto proprio, avvezza da mille anni a governo
distinto e locale…l’indole, gli usi, i costumi, la natura e i
prodotti del suolo…al par che la storia politica de’ tempi che
furono, al par che le tradizioni di una legislazione propria
esordita allo scorcio dell’XI secolo e durata, con le
modificazioni del 1816 infino ad oggi, al par che la
rappresentanza parlamentare nata con la monarchia siciliana
e non cessata innanzi il 4 novembre 1860 –tutte queste
condizioni … producono e giustificano l’antica brama de’
Siciliani alla quale si può soddisfare nell’ordinamento
regionale.
Le malfondate apprensioni della
politica vietarono, nonché fossero
studiati, ma pur riconosciuti dalla
rappresentanza nazionale i voti
che il nostro Consiglio
Straordinario di Stato formulava
con amore e saviezza degni di
evento migliore…i reggitori delle
cose italiane…votando l’unità
politica nazionale, le Regioni
italiane votarono non già la
creazione di un nuovo Stato che
tutte le complettesse come parti
uguali tra loro, ma l’annessione
all’antico regno sabaudo, e però
niente di più che l’aumento del
territorio di quello
Stefano JACINI, La riforma dello Stato e il problema regionale,
• R. …per il resto dell’amministrazione…senza la minima promiscuità di
competenze con quella dello Stato, tre ruote come oggi, solo che la terza,
invece di essere il governo centrale e il parlamento nazionale, sia la
Regione e il Consiglio Regionale.
• D. Quale bestemmia avete voi pronunciato. Far rivivere le Regioni!
Fortunatamente che vi conosco, altrimenti manderei ad avvertire la
questura per farvi arrestare come agente mascherato di qualche principe
spodestato! Vorreste dunque ridurre di nuovo L’Italia in pillole. Siete un
federalista mascherato…queste Regioni puzzano orribilmente di
federalismo cento miglia lontano. Non sarà che un primo passo verso lo
smembramento della patria
•
• …Con la morte di Cavour, dunque, si chiude la breve
stagione regionalistica e la Destra storica, nonostante
le sue propensioni ideologiche in materia, di segno
contrario, optò per un modello amministrativo
sostanzialmente gerarchico e autoritario…una
questione amministrativa che continuerà a
rappresentare uno dei problemi irrisolti del paese e
alimenterà un flusso inesauribile di proposte, di
progetti, di tentativi di riforma da parte di tutte le
componenti dello schieramento politico….
Particolarmente ostile al
regionalismo si rivelava il
segretario della “Società
nazionale”, il messinese
Giuseppe La Farina, uomo
del ’48, emissario di Cavour in
Sicilia durante la dittatura
garibaldina e tuttavia difensore
strenuo dell’unitarismo sotto il
Ministero Ricasoli la legge
Rattazzi, già estesa nel corso
del 1860 ai territori annessi (ad
eccezione della Toscana)
veniva rafforzata nel suo
centralismo dai cosiddetti
“decreti d’ottobre”…
R.D. 9 ottobre 1861, n. 250
“atto di nascita” dei prefetti dell’Italia unita
Dispone che i governatori e gli intendenti generali
delle province assumano il titolo di PREFETTO,
quale più alta autorità amministrativa a livello
periferico.
Contestualmente, gli intendenti di circondario
assumono il titolo di sottoprefetto e i consiglieri
di governo quello di consiglieri di prefettura.
N° 2248
Legge per l’unificazione amministrativa
del Regno d’Italia
20 marzo 1865
All. A – Legge sull’Amministrazione comunale e provinciale
All. B – Legge sulla Sicurezza pubblica
All. C – Legge sulla Sanità pubblica
All. D – Legge sull’Istituzione del Consiglio di Stato
All. E – Legge sul Contenzioso amministrativo
All. F – Legge sulle Opere pubbliche
Art. 3 (Legge Rattazzi del ’59)
Il Governatore rappresenta il Potere esecutivo in tutta la Provincia;
Mantiene le attribuzioni dell’Autorità amministrativa, e promuove i conflitti;
Provvede alla pubblicazione ed alla esecuzione delle leggi;
Veglia sull’andamento di tutte le pubbliche Amministrazioni, ed in caso d’urgenza
fa i provvedimenti che crede indispensabili nei diversi rami di servizio;
Sopraintende alla pubblica sicurezza, ha diritto di disporre della forza pubblica, e
di richiedere la forza armata;
Nell’Amministrazione provinciale e comunale esercita le attribuzioni determinate
dalla legge;
Dipende dal Ministro dell’Interno, e ne eseguisce le istruzioni.
L’Allegato A della legge
20 marzo 1865…
riproduce lo schema della legge Rattazzi,
suddividendo il territorio nazionale negli stessi
livelli amministrativi in cui era articolato il Regno
Sardo (province, circondari, mandamenti e
comuni)
cellula base è il COMUNE
la PROVINCIA, come in passato, è definita
«corpo morale» (art. 152)
organo strategicamente centrale è il PREFETTO
Comune
senza distinzione di latitudine, numero di abitanti o dimensione
territoriale, in ogni comune continuano ad esserci:
• un sindaco scelto tra i consiglieri comunali, nominato per R.D. (ma,
nei fatti, individuato dal Ministro dell’Interno, su suggerimento del
prefetto) e definito «capo dell’amministrazione comunale ed ufficiale
del Governo», che a un tempo è rappresentativo della comunità locale
e anello terminale del potere centrale;
• un consiglio comunale elettivo, composto da un numero variabile
di membri a seconda della popolazione;
• una giunta municipale, un segretario comunale (stipendiato dal
comune e da esso dipendente) e un ufficio comunale;
• le norme sull’elettorato attivo e passivo ripropongono le
corrispondenti norme del decreto Rattazzi del ’59.
Il Comune…
gode di una limitata autonomia finanziaria e di
autonomia impositiva;
l’art. 116 impone al Comune 20 tipologie di
Spese obbligatorie;
continua a vigere il complesso sistema di
controlli, che ora fa capo al prefetto e alla
deputazione provinciale e che limita l’autonomia
comunale.
Provincia
è dotata di un consiglio provinciale
elettivo (il numero di consiglieri varia a
seconda della popolazione) e…
di una deputazione provinciale,
composta, ai sensi dell’art. 179, «del
prefetto che la convoca e la presiede, e di
membri eletti dal consiglio provinciale a
maggioranza assoluta di voti»
L’allegato A –-scrive Piero Aimo- si limitava ad apportare alcuni ritocchi
secondari, specie di natura funzionale, all’esistente legge Rattazzi. E così alle
province venivano riaddossate quelle spese obbligatorie di cui erano state private
in precedenza, nel campo dell’istruzione secondaria, dei lavori pubblici, della
viabilità, della cura degli ammalati di mente ecc., mentre la giunta comunale si
vedeva espropriata di numerose attribuzioni a vantaggio del sindaco che sempre
più appariva come la figura cardine dell’amministrazione municipale. Un ulteriore
allargamento del suffragio veniva controbilanciato … dal permanere della fitta
rete dei controlli, di legittimità e di merito affidata ai prefetti, ai sottoprefetti e
alla Deputazione provinciale, la cui presidenza restava saldamente nelle mani del
rappresentante periferico dell’amministrazione statale…La legge del 1865 lasciava
dunque aperte numerose questioni che continueranno, negli anni successivi, ad
essere inserite nell’agenda dei governi della Destra e poi della Sinistra. Ampiezza
dell’elettorato, eleggibilità dei sindaci e dei presidenti delle deputazioni
provinciali, sistema dei controlli, ordinamento regionale, ottimizzazione delle
circoscrizioni amministrative e… finanza locale saranno i punti qualificanti dello
scontro politico istituzionale e del dibattito giuridico amministrativo dell’Italia
unita, gli elementi più discutibili e delicati dell’intero assetto normativo e pratico,
dei governi locali…
Nel sistema delle autonomie
locali così delineato, fondato su
una catena esecutiva che collega
l’unico centro con una
molteplicità di periferie
subordinate e - dal punto di vista
amministrativo – uniformi,
diventa fondamentale il ruolo dei
prefetti…
… attraverso i quali l’amministrazione
centrale eserciterà un pregnante
controllo sull’attività degli enti locali
presenti sul territorio
Tale tradizionale divisione tra
prefetti politici e prefetti e
prefetti amministrativi è
ritenuta da Aimo in gran parte
artificiosa, sia per l’inestricabile
intreccio delle attribuzioni loro
demandate dalle leggi, sia
perché la loro nomina
manifesta comunque un
carattere di alta discrezionalità
e proprio per tale ragione
passa attraverso una delibera
formale del Consiglio dei
ministri
alfabetizzazione istituzionale
 corpo omogeneo per origine sociale e
formazione culturale
 un’omogeneità con la classe dirigente
dell’epoca che avrebbe favorito
l’unificazione del Paese
 frequenti trasferimenti
modernizzazione
 risolti i problemi dell’unificazione
nazionale, i prefetti si dedicano alla
“questione amministrativa”
Con l’avvento di Francesco Crispi al potere si apre quella
fase definita della “seconda unificazione amministrativa”,
proprio per sottolineare l’importanza di quelle riforme.
30 dicembre 1888
legge comunale e provinciale
Matrice democratica:
Elementi di accentramento:
 allargamento del
 istituzione della Giunta
suffragio amministrativo
Provinciale Amministrativa
(21 anni che paga una
(GPA), composta da
qualunque
consiglieri di prefettura e da
contribuzione);
membri eletti e presieduta
 elettività dei sindaci dei
dal prefetto;
capoluoghi di provincia e
 alla GPA viene affidato il
dei comuni maggiori;
compito di controllo di
 elettività dei presidenti
merito sugli atti dei comuni.
della deputazione
provinciale.
Legge 1° maggio 1890
istitutiva dalla giurisdizione amministrativa
periferica
Le GPA diventano anche organi
giurisdizionali di I grado sui ricorsi
proposti avverso alcuni atti adottati
da organi degli enti locali.
• Dopo le riforme crispine il decentramento amministrativo
regionale torna ad essere riproposto con nuova forza con il
ritorno al potere di Antonio Starrabba, marchese di Rudinì,
alla fine del 1895.
• Sulla questione il di
• Rudinì assumeva un atteg• giamento ambiguo. Da
• una parte egli tentava infatti
• di accantonare la questio• ne del decentramento
• per la preoccupazione di
• non aggiungere ulteriori
• elementi che aggravassero la crisi siciliana.
Allo stesso tempo, tuttavia, poneva in essere
una peculiare forma di decentramento, con
l’istituzione del commissario civile per la
Sicilia, che venne interpretato come il primo
passo verso il decentramento amministrativo
regionale anche da persone a lui
politicamente vicine.
• Il marchese di Rudinì era infatti uno degli esponenti più
autorevoli di quella nuova corrente dottrinale definita del
“decentramento conservatore” maturata verso la fine
dell’Ottocento.
• “Ciò che premeva innanzitutto ai seguaci di questo grupposcrive P. Aimo- espressione in prevalenza della possidenza
terriera, era di contrastare il poderoso processo di
modernizzazione borghese e di sviluppo del capitalismo
industriale veicolato … dall’accentramento statale e che
metteva in serio pericolo la loro egemonia sociale ed
economica, a livello locale, dopo che l’avevano già persa sul
piano parlamentare. L’ideale accarezzato era invece quello di
un potere municipale gestito ancora, paternalisticamente, da
élites onorarie….”
• Coerentemente con la propria ideologia lo
statista siciliano stabilì, nel 1896, l’estensione
a tutti i comuni, quindi pure a quelli di minori
dimensioni che erano stati esclusi dalla
riforma crispina, dell’elettività del sindaco.
Erano infatti i piccoli villaggi e le comunità
rurali i luoghi dove l’egemonia, di antica data,
dei proprietari poteva meglio dispiegarsi
anche sotto il profilo della gestione
dell’amministrazione comunale
Giovanni CODRONCHI
Altrettanto paradigmatico è il fatto che
un’altra innovazione istituzionale, di taglio
autonomistico regionalistico, predisposta dal
di Rudinì, abbia riscosso plauso e consenso,
quanto meno nel momento iniziale,
all’interno di alcuni partiti democratici e
progressisti. Ci si riferisce all’istituzione, nel
1896, del cosiddetto commissario civile per
la Sicilia, un’ibrida figura amministrativa in
cui si cumulavano le funzioni di prefetto di
Palermo e di ministro senza portafoglio, con
delega per l’esercizio in loco, delle
attribuzioni di ben cinque dicasteri…Questo
provvedimento fu così salutato con favore, in
un apposito Memorandum, dalla federazione
socialista di Palermo che vi scorse,
probabilmente con un entusiasmo eccessivo
e con una fiducia mal riposta, i germi di un’
incipiente svolta regionalistica
• Il commissario civile doveva essere per di Rudinì un organismo
a carattere provvisorio ed eccezionale che riprendeva le
vecchie funzioni della luogotenenza, ma che si rifaceva anche
al più recente sistema della legislazione speciale… poco prima
che, nel luglio del 1896, iniziasse in parlamento la discussione
per la ratifica del decreto di nomina di Giovanni Codronchi, già
prefetto di Palermo, quale commissario, i socialisti palermitani
inviavano a quest’ultimo un memorandum in cui si chiedeva
esplicitamente per l’isola l’autonomia regionale. Essi
affermavano infatti che solo attraverso un’autonomia che
lasciasse alla Sicilia le sue peculiarità regionali l’isola avrebbe
potuto provvedere “da sé ai bisogni suoi non comuni alle altre
regioni d’Italia” e rimediare ai danni provocati sul piano
sociale, economico, amministrativo, dall’imposizione del
sistema di rigido accentramento determinato dal processo
unitario
Durante il dibattito parlamentare le
istanze autonomistiche siciliane
suscitarono forti timori nella
maggioranza dei deputati che
vedevano minacciata la
sopravvivenza dello Stato unitario.
Espressero invece il loro sostegno i
repubblicani con Napoleone
Colajanni, già leader dei Fasci siciliani
e i socialisti con Filippo Turati
TURATI
COLAJANNI
Dal Memorandum dei socialisti palermitani 1986
• Eccellenza,
• Col proclama del 23 aprile vi siete presentato ai Siciliani dicendo che
avevate la missione di proporre le riforme atte a rimuovere nell’isola le
cause di malessere e perturbamento, e avete chiesto il consiglio e l’aiuto di
tutti i cittadini.
• Ora che il vostro decreto di nomina sta per convertirsi in legge, la
Federazione Socialista di Palermo, in nome del proletariato siciliano vi
espone i suoi desideri, pigliando atto delle vostre dichiarazioni e cogliendo
l’opportunità del momento nel quale il governo non finge più di credere
che il malcontento in Sicilia sia dovuto alla propaganda di sobillatori, la cui
soppressione basti alla causa del mantenimento
dell’ordine…l’accentramento politico, imponendo la fusione forzata di tutti
gli interessi, e riuscendo solamente a determinare la sovrapposizione dei
più forti ai più deboli , ha addossato sulle sue [della Sicilia] spalle l’enorme
debito pubblico degli Stati annessi…le ha chiuso l’esportazione dei
prodotti…le ha imposto di concorrere ai salvataggi…di banche non sue, le
ha tolto le intelligenze e l’ha abbandonata al governo di funzionari di
prima nomina o in punizione…
• … La legislazione unitaria non tenendo conto delle
nostre speciali condizioni e l’amministrazione
ispirandosi agli interessi delle altre regioni più
progredite non hanno saputo provvedere ai nostri
bisogni e hanno dovuto confessare la loro impotenza.
L’unità nazionale che ha preteso di imporre
l’unificazione completa, senza limiti, nella politica, ha
accentuato la disunione economica, intellettuale,
morale. Fate dunque che la Sicilia non abbia pentirsi
di aver concorso alla formazione dell’unità italiana e
proclamate che essa vi aderisca come un corpo solo
che provvede da sé ai bisogni suoi non comuni alle
altre regioni d’Italia. Noi vi domandiamo….
• L’autonomia regionale
Sul finire del secolo molti uomini politici
ritennero di aver individuato la ragione
della profonda crisi che il Paese
attraversava nell’esistenza della
questione meridionale. Per la prima
volta il problema del Mezzogiorno e
soprattutto del diverso grado di sviluppo
delle regioni meridionali veniva
avvertito come un problema nazionale
cui occorreva trovare una soluzione
adeguata per evitare che tutto il Paese
venisse frenato dal ritardo del Sud.
In quel contesto nacque e si diffuse la
tesi dell’inferiorità razziale dei
meridionali, formulata dalla cosiddetta
Scuola antropologica
Ne L’Italia barbara contemporanea, Alfredo Niceforo riprende la teoria delle due civiltà per
estenderla esplicitamente a tutta l’Italia meridionale. Anche in questo caso lo studioso
siciliano parte dal constatare statisticamente il diverso grado di sviluppo delle “due Italie”.
Diversità che Niceforo concepisce in termini di inferiorità delle popolazioni meridionali e
superiorità di quelle settentrionali. Lo studioso siciliano individua di nuovo le cause del diverso
grado di sviluppo delle due Italie sia nei fattori storici sia in quelli antropologici. Tra le cause
storiche lo studioso siciliano ricorda l’azione nefasta della dominazione spagnola prima e di
quella borbonica dopo. Inoltre, Niceforo indica le radici della mafia nella sopravvivenza dello
spirito feudale. Lo studioso siciliano si avvicina alle analisi e alle denunce di tanta letteratura
meridionalistica quando individua nel latifondo la radice di molti mali economici e sociali. Il
ricorso ai fattori storico-sociali attenua le tesi antropologiche, ma viene formulato in modo
generico e contraddittorio. Per Niceforo la centralità del fattore antropologico è fuori
discussione. Riproponendo la divisione delle popolazioni italiane in “ari” e “mediterranei” egli
osserva che gli ari – vale a dire l’Italia del nord – hanno un sentimento di organizzazione
sociale più sviluppato di quel che non sia presso i mediterranei – vale a dire nell’Italia del sud –
i quali hanno invece più sviluppato il sentimento individualistico. Niceforo non si limita a
descrivere genericamente le caratteristiche psicologiche delle popolazioni meridionali ma ne
coglie anche le reciproche differenze.
.
Dopo avere descritto La sporcizia dei napoletani e degli altri “sudici” popoli meridionali,
così come le loro manifestazioni culturali, sono assunte da Niceforo a riprova della loro
inferiorità razziale. Tale spiegazione rimuove ed occulta, il complesso e travagliato
rapporto che le popolazioni meridionali hanno avuto nel corso della loro storia con la
natura, niente affatto “amica” e “benigna”, come ben dimostrano gli studi di Giustino
Fortunatole caratteristiche psicologiche delle diverse popolazioni meridionali Niceforo
trae le conclusioni del suo discorso affermando che il Mezzogiorno, nel suo complesso,
rappresenta una società nata caratterizzata dalla viltà e dalla paura. In Italiani del Nord e
Italiani del Sud lo studioso siciliano porta a definitiva sistematizzazione le psicologie dei
settentrionali e dei meridionali, non prestando più attenzione alle specificità locali come
aveva fatto nel saggio precedente. La contrapposizione tra “ari” e mediterranei” ora è
netta ed inequivocabile. Nei primi prevalgono la laboriosità, la praticità, la forza di
volontà e il senso di cooperazione e solidarietà. Nei secondi, invece, prevalgono la
debolezza, l’ozio, l’apatia, la lasciva, la mancanza di capacità pratiche, l’eccesso di
immaginazione e un’intelligenza vivace ma inutile e dispersiva. Tutte note che Niceforo
racchiudeva nella categoria dell’estrema eccitabilità dell’io. Collegandosi agli studi di altri
esponenti della scuola antropologica, Niceforo sottolinea l’influenza che il fattore
climatico esercita sui comportamenti e sulle psicologie delle popolazioni. Al fattore
climatico Niceforo associa come causa scatenante il fattore alimentare strettamente
legato ad esso.
• Nel tentativo di spiegare perché razze una volta superiori siano
divenute inferiori, Niceforo, come Sergi e Rossi, ricorre al concetto
di “degenerazione”, che implica un ricorso ai fattori storici ed
ambientali. Come è stato osservato, infatti, anche Niceforo, se pure
in modo dottrinario, nei suoi studi richiama l’isolamento, il
feudalesimo, il cattivo governo spagnolo e borbonico per spiegare
l’arretratezza del Sud d’Italia.
• Secondo Niceforo la razza mediterranea ha consumato le proprie
energie psico-fisiche nella creazione di una grande civiltà, ma la sua
decadenza è dovuta soprattutto al fatto che essa ora non possiede
più quelle caratteristiche psicologiche adatte “per trionfare nella
lotta per la supremazia civile e sociale”.Lo studioso siciliano non si
limita a constatare quella che per lui è un’evidenza basata sui fatti: il
dualismo antropologico, psicologico e morale tra Sud e Nord
d’Italia, ma ne trae anche le conseguenze politiche. Ne L’Italia
barbara contemporanea, Niceforo richiamandosi all’evoluzionismo,
ritenendo che l’accentramento sia la causa principale dei problemi
italiani, in quanto sottopone le popolazioni estremamente diverse
tra loro al manto livellatore di una sola legge. Invece, secondo lo
studioso siciliano per le “due Italie” occorre un sistema di governo
diversificato: democratico al Nord ed autoritario al Sud.
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II PARTE STORIA DELLE AMMINISTRAZIONI