I documenti della Chiesa e le migrazioni
Matteo Sanfilippo (Università della Tuscia)
Fondazione Migrantes 26.6.2013 CORSO DI
FORMAZIONE “LINEE DI PASTORALE MIGRATORIA”
Medioevo
La documentazione della Chiesa relativa alle
migrazioni è di tutto rispetto sin dal medioevo. In quel
periodo la Santa Sede dirige uno stato territoriale, che
come il resto della Penisola, è investito da una
crescente mobilità in entrata e in uscita. Di fronte a
questo fenomeno, la Chiesa sfrutta inizialmente la
presenza di religiosi corregionali o connazionali dei
migranti. In particolare ricorre all’opera di regolari
provenienti dall’Italia per gli italiani fuori dei confini
peninsulari o di regolari provenienti da fuori Italia per
chi si trasferisce nella Penisola
Le chiese nazionali
• Tali interventi, spesso “volanti” cessano quando gli emigrati
italiani fuori della Penisola e quelli europei in Italia chiedono o
costruiscono proprie chiese. Nascono allora le chiese o delle
cappelle nazionali fondate in diversi luoghi del Vecchio Mondo tra
Quattro e Cinquecento, spesso affiancate da altre istituzioni quali
ospedali, scuole, confraternite, e sempre servite da un clero,
regolare o secolare, della stessa provenienza dei migranti
Da sinistra a destra: S.
Giovanni dei Fiorentini,
S. Luigi dei Francesi, S.
Maria dell’Anima
La frattura dell’ecumene cristiana
Mentre aumentano le chiese nazionali nelle grandi
città europee, l’unità cristiana s’infrange e al
problema dell’assistenza ai migranti si abbina quello
del controllo religioso. Grazie alla documentazione
del Sant’Uffizio scopriamo che gli stranieri in Italia
sono sottoposti a uno “screening” e che le autorità
romane non vorrebbero italiani nelle terre
“eretiche”. Tuttavia i mercanti della Penisola non
accettano tali esortazioni e continuano a operare a
Norimberga e Londra. D’altra parte lo stesso potere
pontificio non si oppone alla presenza protestante in
Italia
Il cimitero acattolico
La pressione sui protestanti stranieri in Italia diviene una
questione di opportunità politico-economica: non si perseguono
le comunità che appartengono a Stati con saldi legami
commerciali con Roma, né chi appartiene al clan degli Stuart.
Anzi a questi ultimi e ai loro seguaci sono offerti privilegi
straordinari, per esempio un cimitero aperto ai non cattolici. Di
conseguenza la Città Eterna attira ancora di più i protestanti,
soprattutto inglesi, e questi, divenendo più numerosi, ottengono
nel Sette-Ottocento ulteriori riconoscimenti
Cimitero
acattolico
Chiesa anglicana
a via del Babuino
Il 1622
Questa prima lunga fase di convivenza con le migrazioni non ha
una produzione documentaria specifica, salvo rari casi. I singoli
interventi sono riportati in bolle o in altri scritti attestanti privilegi
e concessioni. Tuttavia una riflessione più generale è databile al
1622. In quell’anno Gregorio XV promulga la costituzione Contra
Haereticos, che obbliga il S. Uffizio a una paziente ricerca sulle
migrazioni italiane nei paesi protestanti e sulla presenza di
comunità protestanti in Italia. Nel medesimo anno la bolla
Inscrutabili Divinae istituisce la Congregazione de Propaganda
Fide
Propaganda Fide
Questo dicastero s’interessa delle missioni in tutto il
globo: si trova quindi a riflettere non soltanto sulla
presenza protestante tra i cattolici in Europa e nelle
Americhe, ma anche di quella cattolica tra i
protestanti oppure nell’impero turco. A fianco alla
questione della convivenza religiosa nel Nuovo
Mondo solleva quella della convivenza linguistica
fra cattolici: per esempio, gli irlandesi si spostano
nei Caraibi spagnoli, perché lì non sono perseguitati
sul piano religioso, ma richiedono di essere assistiti
da sacerdoti della loro lingua
I missionari di Propaganda
Il clero missionario nel Nuovo Mondo avverte Roma che bisogna
formare sacerdoti dalle enormi conoscenze linguistiche, oppure
inviare religiosi appartenenti a tutte le nazionalità emigrate. Nel
1785 Charles M. Whelan, un cappuccino di stanza a New York,
spiega che lì servono il gaelico, il francese, l’inglese e l’olandese
e aggiunge che non sarebbe male coprire anche lo spagnolo e il
portoghese
L’Ottocento
Nell’Ottocento le migrazioni assumono dimensioni ancora maggiori. I
cattolici di tutta Europa si recano in Francia, Spagna, AustriaUngheria e America Latina e in paesi protestanti: Gran Bretagna e
Germania, Stati Uniti e Canada. La Santa Sede teme di perdere
quelle anime, ma paventa anche quanto può accadere nel mondo
cattolico reso altrettanto pericoloso dall’anticlericalismo e dai
movimenti nazionali. Allo stesso tempo l’arrivo nelle Americhe e in
Francia di cattolici di varie nazionalità e di diversi idiomi obbliga la
chiesa a ristrutturare la propria organizzazione.
I nuovi arrivati non possono essere accuditi nelle
parrocchie territoriali, dove si parla soltanto la
lingua del luogo
Bedini
Negli anni 1840 l’internunzio in Brasile Gaetano Bedini
affronta il problema religioso e quello politico. Da un
lato, cerca di controllare la propaganda antipontificia
degli esuli italiani. Dall’altro, richiede sacerdoti per i
nuovi arrivati. Nel 1853-1854 visita Stati Uniti e Canada
e redige lettere e relazioni sugli europei che varcano
l’Atlantico. In tale occasione rileva come il pericolo non
sia più la propaganda protestante, quanto quella dei
movimenti anti-emigrati e degli esuli del 1848, tanto più
che i due fronti spesso si saldano. A questo punto la
difesa della presenza cattolica nel Nuovo Mondo gli
appare legata a quella dei diritti del pontefice. Questi
spunti sono meditati nei decenni seguenti, perché
Bedini ascende ai vertici della gerarchia
Ordini missionari
Durante l’attività di Bedini, gli ordini missionari
iniziano a occuparsi sul campo degli emigranti,
italiani e non. Il loro intervento non è, però,
sufficiente, né essi vogliono dedicarsi soltanto
alla cura degli immigrati. Intervengono allora
istituti di nuova fondazione: nel 1844 Vincenzo
Pallotti affida gli italiani di Londra a Raffaele
Melia e questi 20 anni dopo fonda St. Peter of all
Nations a Clerkenwell. Nei decenni seguenti i
pallottini estendono sbarcano oltre Atlantico,
presto imitati dai salesiani di don Bosco, che
intervengono in tutta l’America Latina, negli
Stati Uniti, in Svizzera e Germania, nel Nord
Africa e nel Medio Oriente
St Peter (1863
)
I nuovi documenti pontifici
Di fronte alla continuità e soprattutto al crescere dei flussi tardo
ottocenteschi la produzione di documenti della Santa Sede diventa più
significativa. Nel 1887 Propaganda Fide autorizza le parrocchie
nazionali, chiamate anche personali o linguistiche, negli Stati Uniti.
Queste devono integrarsi nel tessuto diocesano, ma hanno
giurisdizione su una comunità immigrata e non su un quartiere. La
raccolta di documenti, che precede tale decisione, mette i funzionari
di Propaganda in contatto con la realtà nordamericana e con analoghe
esperienze europee. Inoltre permette loro di stringere rapporti con le
associazioni di altri paesi, in particolare con la S. Raffaele, la società
di patronato degli emigranti tedeschi
Uffici della Raphaelsvereins, Amburgo 1925
Leone XIII e Scalabrini
I funzionari di Propaganda realizzano che per gli italiani
non esiste niente di simile. La Congregazione prevede di
confidare a Giovanni Battista Scalabrini, vescovo di
Piacenza, l’istituzione di un istituto che assista gli italiani
nelle Americhe e al contempo gestisca un collegio per
formare i missionari addetti a tale compito. Leone XIII
approva il 25 novembre 1887 e presenta il progetto ai
vescovi d’oltreoceano (Quam aerumnosa, 1888).
Inizialmente si prevede un esperimento quinquennale,
mirato a Stati Uniti e al Brasile, ma poi ci si rende conto
dell’ineluttabile necessità di prestare maggiore
attenzione alle migrazioni (Rerum Novarum, 1891)
Alla morte di Scalabrini (1905)
Scalabrini lascia quaranta case in America, ma la
sua riuscita non è esente da polemiche con altri
istituti (i salesiani) e la Curia. Alla fine Propaganda
non sostiene il vescovo, inoltre la Segreteria di
Stato sospetta che sia troppo acquiescente verso il
Regno d’Italia. Lo stesso Scalabrini è consapevole
della difficoltà di bilanciare appartenenza nazionale
e appartenenza religiosa; è inoltre spaventato
dall’aumento delle contrapposizioni tra le comunità
emigrate. Prima di morire, propone quindi di
istituire un dicastero o una commissione pro
Emigratis Catholicis
Il Vecchio Mondo
Geremia Bonomelli, vescovo di Cremona, fonda l’Opera nel 1900
di assistenza agli operai italiani emigrati in Europa e nel
Levante. La sua azione è coadiuvata dai barnabiti a Parigi, i
dehoniani a Marsiglia, i salesiani a Lione e Zurigo, i cappuccini
nel sud della Francia. Di fronte a questo fiorire di iniziative,
accompagnate da documenti di vari dicasteri vaticani, ci si rende
conto del bisogno di un maggiore coordinamento, che, però,
almeno inizialmente riguarda solo gli italiani. Inoltre le prime
iniziative non sono vaticane (Italica Gens, 1909)
Ernesto Schiaparelli,
1856-1928
L’ufficio per l’emigrazione (1912)
Il Vaticano prende il comando, dopo aver condotto
un’approfondita inchiesta sull’emigrazione. D’altronde
non sono soltanto cresciute le partenze, ma è anche
necessaria un’opera di coordinamento che si adegui al
riordinamento ecclesiale. In particolare la riforma della
Curia nel 1908 ha tolto le antiche terre di missione
(Canada, Stati Uniti, ecc.) alla supervisione di
Propaganda e le ha passate alla Concistoriale. In
questa temperie la Segreteria di Stato ricorda a tutti i
vescovi che devono proteggere i fedeli in partenza e
preoccuparsi di quelli in arrivo. La Concistoriale
organizza nel 1912 il primo ufficio della curia romana
per l’emigrazione
Il Collegio e il Prelato per l’emigrazione
Questo è l’inizio di un enorme sforzo per coordinare l’assistenza
agli emigrati, di cui beneficiano ancora una volta soprattutto gli
italiani. Nel 1914 è decisa la fondazione a Roma del Pontificio
Collegio per l’emigrazione italiana, che dovrebbe formare il clero
diocesano per seguire gli italiani in tutto il mondo: l’apertura
effettiva avverrà nel 1920. Nel frattempo i dicasteri romani
affidano l’Opera Bonomelli a un vescovo, senza compiti
territoriali, il cosiddetto Prelato per l’emigrazione italiana, cui è
sottoposto il Pontificio Collegio.
Purtroppo il regime mussoliniano confligge con le
organizzazioni cattoliche, in particolare con l’Opera
Bonomelli, sciogliendole o obbligandole a defilarsi
Pontificia Opera Assistenza
Nel 1944 Pio XII istituisce la Pontificia Commissione Assistenza
Profughi (in seguito Pontificia Commissione Assistenza e infine
Pontificia Opera Assistenza) che negli anni tra il 1945 e il 1948
soccorre quasi mezzo milione di italiani e stranieri stabilitisi in vari
centri della penisola e ne organizza la partenza verso tutti i
continenti. È la riorganizzazione della rete di assistenza cattolica,
ora sostenuta dalla statunitense National Catholic Welfare
Conference
http://www.ebay.it/itm/1945-MILANO-PontificiaCommissione-Assistenza-Aiuti-Dante-GARDONIrimpatriato-/310500569736
Il dopoguerra
Subito dopo la guerra la Pontificia Commissione e i
principali dicasteri vaticani (la stessa Segreteria di
Stato crea un ufficio apposito nel 1947) si occupano del
movimento di migranti e rifugiati di tutto il mondo. Nel
1949 il Pontificio Collegio per l’emigrazione è riaperto.
Nel 1951 è fondata a Roma la Giunta Cattolica per
l’emigrazione e a Ginevra la Commissione Cattolica
Internazionale per le Migrazioni. Nel 1952 la
Costituzione apostolica Exsul Familia stabilisce le nuove
norme relative all’assistenza spirituale degli emigranti e
conferma che questa compete alla Concistoriale. Si
chiude l’esperienza del Prelato per l’emigrazione ed è
incaricato di tutti i partenti un Delegato per le Opere di
Emigrazione della Santa Sede
Pastoralis migratorum cura
L’ Exsul Familia ribadisce l’opportunità delle parrocchie nazionali e
personali. Sottolinea il diritto naturale ad emigrare e suggerisce lo
scambio tra clero delle diverse parti del mondo per venire incontro
ai migranti. Infine ricorda come l’emigrante abbia diritto a una
propria autonomia culturale. Su questa base i magisteri di Pio XII e
Giovanni XXIII chiedono maggior rispetto dell’identità dei migranti
e aprono la strada a Paolo VI. Questi approfondisce le tematiche
migratorie nel l motu proprio Pastoralis Migratorum Cura (1969),
che analizza la nuova mobilità e i processi d’integrazione,
insistendo sui diritti della persona umana.
Pontificia commissione per la cura spirituale dei
migranti e degli itineranti
Nel frattempo le strutture curiali si evolvono di nuovo: nel 1967 la
Concistoriale diviene la Congregazione dei Vescovi. Nel 1970 è
creata al suo interno la Pontificia commissione per la cura spirituale
dei migranti e degli itineranti, resa autonoma dal 1988 e da allora
sempre più attenta anche all’assistenza, in genere tramite
parrocchie nazionali, dell’immigrazione in Italia.
http://www.vatican.va/roman_curia/
pontifical_councils/migrants/index_it
.htm
La Migrantes
Nel frattempo le strutture diocesane italiane si dotano di strumenti
propri. Nasce il Comitato cattolico nazionale per l’emigrazione (1946),
poi Giunta cattolica (1947) e quindi Giunta cattolica italiana per
l’emigrazione (1950). Nel 1960 la Concistoriale propone alla CEI di
formare la Commissione Episcopale per l’Emigrazione. Poi si crea
l’Ufficio Centrale Emigrazione (Italiana). Con la soppressione della
Pontificia Opera di Assistenza (assorbita nella Caritas Italiana) esso si
deve occupare dei profughi. Nel 1985 la CEI fonda una nuova
Commissione ecclesiale per l’emigrazione, mentre nel 1987 tocca alla
Fondazione Migrantes di ereditare i compiti dell’Ufficio Centrale
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