I documenti della Chiesa e le migrazioni Matteo Sanfilippo (Università della Tuscia) Fondazione Migrantes 25.6.2013 CORSO DI FORMAZIONE “LINEE DI PASTORALE MIGRATORIA” Medioevo La documentazione della Chiesa relativa alle migrazioni è di tutto rispetto sin dal medioevo. In quel periodo la Santa Sede dirige uno stato territoriale, che come il resto della Penisola, è investito da una crescente mobilità in entrata e in uscita. Di fronte a questo fenomeno, la Chiesa sfrutta inizialmente la presenza di religiosi corregionali o connazionali dei migranti. In particolare ricorre all’opera di regolari provenienti dall’Italia per gli italiani fuori dei confini peninsulari o di regolari provenienti da fuori Italia per chi si trasferisce nella Penisola Le chiese nazionali • Tali interventi, spesso “volanti” cessano quando gli emigrati italiani fuori della Penisola e quelli europei in Italia chiedono o costruiscono proprie chiese. Nascono allora le chiese o le cappelle nazionali fondate in diversi luoghi del Vecchio Mondo tra Quattro e Cinquecento, spesso affiancate da altre istituzioni quali ospedali, scuole, confraternite, e sempre servite da un clero, regolare o secolare, della stessa provenienza dei migranti. In genere sono studiate quelle degli italiani, ma sarebbe da riflettere meglio sulla situazione romana, dove sono numerose chiese, ospedali e confraternite nazionali e regionali Da sinistra a destra: S. Giovanni dei Fiorentini, S. Luigi dei Francesi, S. Maria dell’Anima La frattura dell’ecumene cristiana Mentre aumentano le chiese per gli stranieri nelle grandi città europee, l’unità cristiana s’infrange e al problema dell’assistenza ai migranti si abbina quello del controllo religioso. Grazie alla documentazione del Sant’Uffizio scopriamo che gli stranieri in Italia sono sottoposti a un continuo controllo e che le autorità romane non vorrebbero italiani nelle terre “eretiche”. Tuttavia i mercanti della Penisola non accettano tali esortazioni e continuano a operare a Norimberga e Londra. D’altra parte lo stesso potere pontificio non si oppone alla presenza protestante in Italia Il cimitero acattolico La pressione sui protestanti stranieri in Italia diviene una questione di opportunità politico-economica: non si perseguono le comunità che appartengono a Stati con saldi legami commerciali con Roma, né chi appartiene al clan degli Stuart. Anzi a questi ultimi e ai loro seguaci sono offerti privilegi straordinari, per esempio un cimitero aperto ai non cattolici. Di conseguenza la Città Eterna attira ancora di più i protestanti, soprattutto inglesi, e questi, divenendo più numerosi, ottengono nel Sette-Ottocento ulteriori riconoscimenti Cimitero acattolico Chiesa anglicana a via del Babuino Il 1622 Questa prima lunga fase di convivenza con le migrazioni non ha una produzione documentaria specifica, salvo rari casi. I singoli interventi sono riportati in bolle o in altri scritti attestanti privilegi e concessioni. Tuttavia una riflessione più generale è databile al 1622. In quell’anno Gregorio XV promulga la costituzione Contra Haereticos, che obbliga il S. Uffizio a una paziente ricerca sulle migrazioni italiane nei paesi protestanti e sulla presenza di comunità protestanti in Italia. Nel medesimo anno la bolla Inscrutabili Divinae istituisce la Congregazione de Propaganda Fide Propaganda Fide Questo dicastero s’interessa delle missioni in tutto il globo: riflette quindi non soltanto sulla presenza protestante tra i cattolici in Europa e nelle Americhe, ma anche di quella cattolica tra i protestanti oppure nell’impero turco. A fianco alla questione della convivenza religiosa, nel Nuovo Mondo si pone il problema della convivenza linguistica fra cattolici: per esempio, gli irlandesi si spostano dalle colonie inglesi in quelle spagnole, perché lì non sono perseguitati sul piano religioso. A questo punto chiedono di essere assistiti da sacerdoti della loro lingua I missionari di Propaganda Il clero missionario nel Nuovo Mondo avverte Roma che bisogna formare sacerdoti dalle enormi conoscenze linguistiche, oppure inviare religiosi appartenenti a tutte le nazionalità emigrate. Nel 1785 Charles M. Whelan, un cappuccino di stanza a New York, spiega che lì servono il gaelico, il francese, l’inglese e l’olandese e aggiunge che non sarebbe male coprire anche lo spagnolo e il portoghese L’Ottocento Nell’Ottocento le migrazioni assumono dimensioni ancora maggiori. I cattolici di tutta Europa si recano in Francia, Spagna, AustriaUngheria e America Latina e in paesi protestanti: Gran Bretagna e Germania, Stati Uniti e Canada. La Santa Sede teme di perdere quelle anime, ma paventa i pericoli legati all’anticlericalismo e ai movimenti nazionali. Allo stesso tempo l’arrivo nelle Americhe e in Francia di cattolici di varie nazionalità e di diversi idiomi obbliga la chiesa a ristrutturare la propria organizzazione. I nuovi arrivati non possono essere accuditi nelle parrocchie territoriali, dove si parla soltanto la lingua del luogo Bedini Negli anni 1840 l’internunzio in Brasile Gaetano Bedini affronta il problema religioso e quello politico. Da un lato, cerca di controllare la propaganda antipontificia degli esuli italiani. Dall’altro, richiede sacerdoti per i nuovi arrivati. Nel 1853-1854 visita Stati Uniti e Canada e redige lettere e relazioni sugli europei che varcano l’Atlantico. In tale occasione rileva come il pericolo non sia più la propaganda protestante, quanto quella dei movimenti anti-emigrati e degli esuli del 1848, tanto più che i due fronti spesso si saldano. A questo punto la difesa della presenza cattolica nel Nuovo Mondo gli appare legata a quella dei diritti del pontefice. Questi spunti sono meditati nei decenni seguenti, perché Bedini ascende ai vertici della gerarchia: prima diviene segretario di Propaganda Fide, poi cardinale Ordini missionari Durante l’attività di Bedini, gli ordini missionari iniziano a occuparsi sul campo degli emigranti, italiani e non. Il loro intervento non è, però, sufficiente, né essi vogliono dedicarsi soltanto alla cura degli immigrati. Questi ultimi sono allora affidati agli istituti di nuova fondazione: nel 1844 Vincenzo Pallotti affida gli italiani di Londra a Raffaele Melia e questi 20 anni dopo fonda St. Peter of all Nations a Clerkenwell. Nei decenni seguenti i pallottini estendono sbarcano oltre Atlantico, presto imitati dai salesiani di don Bosco, che intervengono in tutta l’America Latina, negli Stati Uniti, in Svizzera e Germania, nel Nord Africa e nel Medio Oriente St Peter (1863 Nuovi documenti pontifici Di fronte alla continuità e soprattutto al crescere dei flussi tardo ottocenteschi la produzione di documenti della Santa Sede diventa più significativa. Nel 1887 Propaganda Fide autorizza le parrocchie nazionali, chiamate anche personali o linguistiche, negli Stati Uniti. Queste devono integrarsi nel tessuto diocesano, ma hanno giurisdizione su una comunità immigrata e non su un quartiere. La raccolta di documenti, che precede tale decisione, mette i funzionari di Propaganda in contatto con la realtà nordamericana e con analoghe esperienze europee. Inoltre permette loro di stringere rapporti con le associazioni di altri paesi, in particolare con la S. Raffaele, la società di patronato degli emigranti tedeschi Uffici della Raphaelsvereins, Amburgo 1925 Leone XIII e Scalabrini I funzionari di Propaganda realizzano che per gli italiani non esiste niente di simile. La Congregazione prevede di confidare a Giovanni Battista Scalabrini, vescovo di Piacenza, l’istituzione di un istituto che assista gli italiani nelle Americhe e al contempo gestisca un collegio per formare i missionari addetti a tale compito. Leone XIII approva il 25 novembre 1887 e presenta il progetto ai vescovi d’oltreoceano (Quam aerumnosa, 1888). Inizialmente si prevede un esperimento quinquennale, mirato a Stati Uniti e al Brasile, ma poi ci si rende conto dell’ineluttabile necessità di prestare maggiore attenzione alle migrazioni (Rerum Novarum, 1891) Alla morte di Scalabrini (1905) Scalabrini lascia quaranta case in America, ma la sua riuscita non è esente da polemiche con altri istituti (i salesiani, per esempio) e la Curia. Alla fine Propaganda non sostiene il vescovo, inoltre la Segreteria di Stato disapprova la sua acquiescenza verso il Regno d’Italia. Lo stesso Scalabrini è consapevole della difficoltà di bilanciare appartenenza nazionale e appartenenza religiosa; è inoltre spaventato dall’aumento delle contrapposizioni tra le comunità emigrate. Prima di morire, propone quindi di istituire un dicastero o una commissione pro Emigratis Catholicis Il Vecchio Mondo Geremia Bonomelli, vescovo di Cremona, fonda l’Opera nel 1900 di assistenza agli operai italiani emigrati in Europa e nel Levante. La sua azione è coadiuvata dai barnabiti a Parigi, i dehoniani a Marsiglia, i salesiani a Lione e Zurigo, i cappuccini nel sud della Francia. Di fronte a questo fiorire di iniziative, accompagnate da documenti di vari dicasteri vaticani, ci si rende conto del bisogno di un maggiore coordinamento, che, però, almeno inizialmente riguarda solo gli italiani. Inoltre le prime iniziative non sono vaticane (Italica Gens, 1909) Ernesto Schiaparelli, 1856-1928 L’ufficio per l’emigrazione (1912) Il Vaticano riprende il comando, dopo aver condotto un’approfondita inchiesta sull’emigrazione. D’altronde non sono soltanto cresciute le partenze, ma è anche necessaria un’opera di coordinamento che si adegui al riordinamento ecclesiale. In particolare la riforma della Curia nel 1908 ha tolto antiche terre di missione (Canada, Stati Uniti, ecc.) a Propaganda e le ha passate alla Concistoriale. In questa temperie la Segreteria di Stato ricorda a tutti i vescovi che devono proteggere i fedeli in partenza e preoccuparsi di quelli in arrivo. La Concistoriale organizza nel 1912 il primo ufficio della curia romana per l’emigrazione Il Collegio e il Prelato per l’emigrazione Questo è l’inizio di un enorme sforzo per coordinare l’assistenza agli emigrati, di cui beneficiano ancora una volta soprattutto gli italiani. Nel 1914 è decisa la fondazione a Roma del Pontificio Collegio per l’emigrazione italiana, che dovrebbe formare il clero diocesano per seguire gli italiani in tutto il mondo: l’apertura effettiva avverrà nel 1920. Nel frattempo i dicasteri romani affidano l’Opera Bonomelli a un vescovo, senza compiti territoriali, il cosiddetto Prelato per l’emigrazione italiana, cui è sottoposto il Pontificio Collegio. Purtroppo il regime mussoliniano confligge con le organizzazioni cattoliche, in particolare con l’Opera Bonomelli, sciogliendole o obbligandole a defilarsi Pontificia Opera Assistenza Nel 1944 Pio XII istituisce la Pontificia Commissione Assistenza Profughi (in seguito Pontificia Commissione Assistenza e infine Pontificia Opera Assistenza) che negli anni tra il 1945 e il 1948 soccorre quasi mezzo milione di italiani e stranieri stabilitisi in vari centri della penisola e ne organizza la partenza verso tutti i continenti. È la riorganizzazione della rete di assistenza cattolica, ora sostenuta dalla statunitense National Catholic Welfare Conference http://www.ebay.it/itm/1945-MILANO-PontificiaCommissione-Assistenza-Aiuti-Dante-GARDONIrimpatriato-/310500569736 Il lungo dopoguerra Subito dopo la guerra la Pontificia Commissione e i principali dicasteri vaticani (la stessa Segreteria di Stato crea un ufficio apposito nel 1947) si occupano del movimento di migranti e rifugiati di tutto il mondo. Nel 1949 il Pontificio Collegio per l’emigrazione è riaperto. Nel 1951 è fondata a Roma la Giunta Cattolica per l’emigrazione e a Ginevra la Commissione Cattolica Internazionale per le Migrazioni. Nel 1952 la Costituzione apostolica Exsul Familia stabilisce le nuove norme relative all’assistenza spirituale degli emigranti e conferma che questa compete alla Concistoriale. Si chiude l’esperienza del Prelato per l’emigrazione ed è incaricato di tutti i partenti un Delegato per le Opere di Emigrazione della Santa Sede Pastoralis migratorum cura L’ Exsul Familia ribadisce l’opportunità delle parrocchie nazionali e personali. Sottolinea il diritto naturale ad emigrare e suggerisce lo scambio tra clero delle diverse parti del mondo per venire incontro ai migranti. Infine ricorda come l’emigrante abbia diritto a una propria autonomia culturale. Su questa base i magisteri di Pio XII e Giovanni XXIII chiedono maggior rispetto dell’identità dei migranti e aprono la strada a Paolo VI. Questi approfondisce le tematiche migratorie nel motu proprio Pastoralis Migratorum Cura (1969), che analizza la nuova mobilità e i processi d’integrazione, insistendo sui diritti della persona umana. Pontificia commissione per la cura spirituale dei migranti e degli itineranti Nel frattempo le strutture curiali si evolvono di nuovo: nel 1967 la Concistoriale diviene la Congregazione dei Vescovi. Nel 1970 è creata al suo interno la Pontificia commissione per la cura spirituale dei migranti e degli itineranti, resa autonoma dal 1988 e ribattezzata Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti (Pastor bonus). Da allora è sempre più attento all’assistenza, tramite anche parrocchie nazionali, dell’immigrazione in Italia e in tutto l’Occidente. http://www.vatican.va/roman_curia/ pontifical_councils/migrants/index_it .htm La Migrantes Nel frattempo le strutture diocesane italiane si dotano di strumenti propri. Nasce il Comitato cattolico nazionale per l’emigrazione (1946), poi Giunta cattolica (1947) e quindi Giunta cattolica italiana per l’emigrazione (1950). Nel 1960 la Concistoriale propone alla CEI di formare la Commissione Episcopale per l’Emigrazione. Poi si crea l’Ufficio Centrale Emigrazione (Italiana). Con la soppressione della Pontificia Opera di Assistenza (assorbita nella Caritas Italiana) esso si deve occupare dei profughi. Nel 1985 la CEI fonda una nuova Commissione ecclesiale per l’emigrazione, mentre nel 1987 tocca alla Fondazione Migrantes di ereditare i compiti dell’Ufficio Centrale Il nuovo millennio A partire dalla fine del Novecento la produzione di documenti aumenta notevolmente, ma dopo il 1995 i materiali pontifici e dei singoli dicasteri divengono disponibili sul sito http://www.vatican.va/roman_curia/. Il testo più importante del nuovo millennio è per il momento l’Erga migrantes del 2004, che ratifica lo spostamento dall’attenzione per gli italiani a quella per la mobilità su scala mondiale e sulla capacità di tutte le strutture pastorali a ricevere le centinaia di milioni di persone coinvolte nel fenomeno. L’Erga Migrantes ha sollecitato il dibattito nella Chiesa e ha provocato una serie ulteriore di interventi rivelandosi un vero e proprio motore della pastorale migratoria Papa Francesco Al contempo la centralità delle migrazioni nella situazione mondiale e nello sviluppo della Chiesa è testimoniata da un eccezionale figlio di emigrati, che non sembra disposto a dimenticare chi oggi condivide l’esperienza della sua famiglia