Lezione 7/1
• Vitruvio come fonte per l’architettura
classica
• I sec. a.C., De architectura 10 libri
• Il programma augusteo e i canoni greci
Lezione 7/2 Domus aurea
Lezione 7/3
• Gaio Plinio Secondo nasce a Como nella
prima metà degli anni Venti del I sec. d.C.,
probabilmente il 23 o il 24 d.C. Ben presto
Plinio si accosta alla vita militare prestando
servizio in Germania per due lunghi periodi,
che vanno compresi di fatto tra il 46 e il 58
d.C.
Lezione 7/4
Abbiamo notizia di moltissime opere, composte da Plinio,
tutte perdute tranne una, la Naturalis Historia, scritta a
partire dalla fine degli anni Sessanta e conclusa senza
dubbio tra il 77 e il 78 d.C., come si evince dall’epistola
dedicatoria con cui si apre la colossale opera. Nominato
prefetto della flotta imperiale di stanza in Campania, Plinio
muore a seguito della nota eruzione del Vesuvio, il giorno
24 agosto del 79 d.C. L’epiteto il Vecchio permette di
distinguerlo dal nipote (figlio della sorella).
Lezione 7/5
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Naturalis Historia: si tratta di una sorta di inventario delle conoscenze dell’epoca.
Questa tendenza si evince chiaramente scorrendo il piano dell’opera:
epistola dedicatoria al futuro imperatore Tito (79-81 d.C.) in cui Plinio chiarisce gli
intenti dell’opera;
il libro I è un indice dell’opera con una bibliografia di ogni argomento;
il libro II tratta di cosmologia e di geografia fisica;
i libri dal III al VI di geografia;
il libro VII di antropologia;
i libri dall’VIII al IX di zoologia;
i libri dal XII al XIX di botanica;
i libri dal XX al XXXII di medicina;
i libri dal XXIII al XXVII di mineralogia, non senza alcune sezioni specificamente
dedicate alla storia dell’arte, il che costituisce una fonte indispensabile per l’archeologia
classica
Lezione 7/6
Cornelio Tacito
Non è chiaro il praenomen che oscilla (nelle fonti in nostro possesso) fra Gaio
e Publio. Non sappiamo nemmeno l’esatta data di nascita, sebbene essa sia
facilmente collocabile negli anni Cinquanta. Ignota anche la località di nascita,
che secondo alcune fonti va identificata con Terni, sebbene oggi si propenda
per la Gallia Narbonese (come che sia, egli, come quasi tutti gli scrittori latini
non fu romano). Dopo gli studi nella capitale, sposò la figlia dell’autorevole
statista Gneo Giulio Agricola che lo introdusse nella vita politica di Roma. Fu
dunque pretore, membro del collegio dei quindecemviri sacris faciundis e
addirittura consul suffectus del 97 d.C., durante il principato di Nerva (96-98,
il primo degli imperatori d’adozione, e cioè non imparentati per sangue fra
loro). Nel 112 o nel 113 Tacito fu proconsole d’Asia (il principe è Traiano, 98117 d.C.). Morì pochi anni dopo, attorno al 117 d.C.
Lezione 7/7
• Sotto il nome di Tacito sono tramandate cinque opere:
1. De vita Iulii Agricolae (una biografia del suocero), pubblicata nel 98 d.C.
2. De origine et situ Germanorum (o Germania, una monografia storicogeografico-antropologica), probabilmente dello stesso anno della biografia di
Agricola.
3. Dialogus de oratoribus, su cui tuttavia pesano dubbi di autenticità.
4. Annales, che trattano la storia di Roma dalla morte di Ottaviano Augusto (14
d.C.) a quella di Nerone (68 d.C.). Ne restano i libri I-IV, parte del libro V, il
libro VI, parte del libro IX, i libri XII-XV, parte del libro XVI. L’aspetto
incompiuto dell’opera si motiva forse con la morte di Tacito.
5. Historiae, che secondo il progetto dell’autore dovevano occuparsi della storia
di Roma dal 69 d.C al 96 d.C. (anno della morte di Domiziano coincidente con
la fine del principato dei Flavii). Ciò che resta appare diverso da tale progetto
iniziale, e comunque l’opera non è giunta intera, in quanto restano i libri I-IV e
parte del libro V, oltre a vari frammenti.
Lezione 7/8
• Di Gaio Svetonio Tranquillo non conosciamo gli estremi
cronologici. Alcuni indizi portano a fissarne la data di
nascita qualche tempo dopo il 70 d.C. Entrato a corte come
funzionario, fu a capo delle pubbliche biblioteche di Roma
durante il principato di Traiano (98-117 d.C.) per poi
assurgere a responsabile dell’archivio imperiale e della
corrispondenza del principe sotto l’impero di Adriano
(117-138 d.C.). Nel 122 d.C. viene rimosso dall’incarico
seguendo nella sfortuna il suo patronus, il prefetto del
pretorio. L’allontanamento da corte coincide, come è facile
ipotizzare, con la perdita di ogni traccia biografica, al
punto da non conoscere la data di morte.
Lezione 7/9
•
L’opera biografica sugli imperatori, De vita Caesarum si prefigge di tracciare
dei ritratti dei vari principi a partire da Cesare (che tecnicamente parlando non
fu mai princeps) fino a Domiziano. Si susseguono:
1. vita di Cesare
2. vita di Ottaviano
3. vita di Tiberio
4. vita di Caligola
5. vita di Claudio
6. vita di Nerone
7. vita di Galba
8. vita di Otone
9. vita di Vitellio
10. vita di Vespasiano
11. vita di Tito
12. vita di Domiziano.
Lezione 7/10
• Svetonio, Nero 31
• Fece costruire per sé una casa dal Palatino
fino all’Esquilino, che prima chiamò
transitoria, poi distrutta da un incendio e
rifatta aurea.
Lezione 7/11
• Tacito, Annales XV 38
• Seguì un disastro, non si sa per caso o per dolo del principe: gli storici
tramandano la cosa secondo entrambe le versioni. Ma fu il più grave e
terribile di tutti quelli che avvennero in questa città per la violenza del
fuoco. Ebbe origine in quella parte del circo che è adiacente ai colli
Palatino e Celio, dove il fuoco appena acceso, attraverso le botteghe in
cui erano le merci di cui si alimentò la fiamma, divampò, e, reso
veloce dal vento, avvolse il circo nella sua lunghezza: non vi erano
palazzi con recinti né templi circondati da muri o un qualche altro
ostacolo di rallentamento. Spinto dalla violenza l’incendio toccò
dapprima i luoghi piani poi salì ai colli e poi ancora i luoghi bassi e
prevenne ogni opposizione a causa della velocità poiché si appiccava
facilmente alle vie strette e tortuose e di lì ai grandi quartieri di cui era
fatta la vecchia Roma.
Lezione 7/12
• Ibid. 39 Allora Nerone era ad Anzio e non tornò a Roma solo quando il
fuoco si avvicinò a casa sua che univa il Palatium e gli horti di
Mecenate.
• Ibid. 40 Roma era divisa in quattordici regiones: quattro rimanevano
intatte, tre rase al suolo, e delle sette restanti sopravvivevano pochi
resti di abitazioni, sventrati e semiarsi.
• Ibid. 41 Non fu quantificabile il numero delle case, delle insulae e dei
templi distrutti. Fra questi quelli di culto più antico, il tempio che
Servio Tullio aveva consacrato alla Luna, e i grandi altari e il tempietto
che l’arcade Evandro aveva consacrato a Hercules praesens; e furono
arsi le aedes di Giove Statore votate da Romolo e la regia di Numa e il
santuario di Vesta coi penati del popolo romano.
Lezione 7/13
• Ibid. 42 Nerone si servì di ciò che era rimasto della patria e
costruì una casa, nella quale non ci fosse tanto la
meraviglia di gemme e oro, ormai uno sfoggio comune,
quanto piuttosto campi e laghi e da una parte luoghi
selvosi, dall’altra spazi aperti e vedute panoramiche, grazie
agli architetti e sovrintendenti Severo e Celere, che ebbero
l’intelligenza e la sfrontatezza di accarezzare con la
tecnica, giocando con le ricchezze del principe, ciò che la
natura ha negato.
Lezione 7/14
• Svetonio, Nerone 31
• C’era un vestibolo in cui era stato eretto un colosso a sua sembianza,
alto centoventi piedi. Era tanto vasta [la casa], che nel proprio interno
aveva dei porticati a triplo ordine di colonne, per la lunghezza di mille
passi e uno stagno che sembrava un mare, circondato da edifici che
formavano come delle città. Per di più nell’interno vi erano campagne
ricche di campi, vigneti pascoli e boschi con moltissimi animali
domestici e selvatici di ogni specie. Nel resto della costruzione ogni
cosa era ricoperta d’oro e abbellita con gemme e madreperla. Il soffitto
dei saloni per i banchetti era a tasselli di avorio mobili e perforati, in
modo da poter spargere fiori e profumi sui convitati. Il principale di
questi saloni era rotondo e girava su se stesso tutto il giorno,
continuamente come la terra. (Trad. di F. Dessì).
Lezione 7/15
• Plinio il Vecchio, Naturalis Historia XXXIV 45
• Costui [Zenodoro] dopo che ebbe dato così bella
prova della su arte, fu chiamato da Nerone a
Roma, dove fece il colosso destinato a simulacro
di quell’imperatore, alto 119,5 piedi; questo
colosso fu dedicato alla venerazione del Sole una
volta condannata la memoria delle scelleratezze
dell’imperatore.
Lezione 7/16
• Plinio il Vecchio, Naturalis Hiostria, XXXV 120
• Anche Famulus visse poco fa: solenne e severo e
contemporaneamente florido e ricco di umori. La
Minerva che sempre guardava chi guardava da
qualunque parte la si osservasse era sua.
Dipingeva poche ora al giorno, e con solennità,
visto che era sempre togato anche sulle
impalcature. La domus aurea fu il carcere dell’arte
sua, fuori di lì non restano molte altre prove.
Lezione 7/17
• Plinio il Vecchio, Naturalis Historia
XXXIV 84
• Le più famose fra queste opere che ho
ricordato sono state dedicate
dall’imperatore Vespasiano nel tempio della
Pace e nelle altre sedi fatte edificare da lui,
raccolte a Roma dalla rapina di Nerone e
disposte nelle sale della domus aurea.
Lezione 7/18
• Plinio il Vecchio, Naturalis Historia
XXXIV 82
• Strongilio fece un’Amazzone che chiamano
euknemon per la bellezza delle gambe, ciò
per cui Nerone se la portava al seguito.
Lezione 7/19
Lezione 7/20
• Plinio il Vecchio, Naturalis Historia XXXVI 37
• Il Laocoonte che si trova nel palazzo di Tito, opera
superiore a tutte quante, sia di pittura che di
scultura. I grandissimi artisti di Rodi, Agesandro,
Polidoro e Atanodoro per comune accordo lo
fecero da un unico blocco di pietra coi figli e il
meravigliosi grovigli dei serpenti.
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Naturalis Historia - Università degli Studi di Ferrara