Eureka!!! Eureka!!! RELATIVITA’ RISTRETTA Nei primi anni del ventesimo secolo(1905) A. Einstein, curioso di capire le leggi che regolano i fenomeni della natura, colse un importante contraddizione tra la meccanica newtoniana e l’elettromagnetismo di Maxwell. Lo scienziato rivoluzionario si rese conto che le equazioni dell’elettromagnetismo non mantenevano, a differenza di quelle della meccanica, la stessa forma, se si effettuava una trasformazione galileana di coordinate. Ridefinì i concetti di spazio e tempo della meccanica classica che le considerava grandezze assolute. Egli partì dalle trasformazioni di Lorentz, il quale cercò di trovare, sulla base del principio di relatività ristretta, per cui tutte le leggi della fisica devono mantenere la stessa forma passando da un sistema di riferimento ad un altro (ambedue inerziali), quali fossero le leggi di trasformazioni rispetto alle quali le leggi dell’elettromagnetismo sono invariati. I Postulati... Pubblicò la teoria della relatività speciale o ristretta, valida nel caso dei sistemi in moto rettilineo uniforme in moto l’uno rispetto all’altro. Propose due postulati: 1) Le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi inerziali. 2) La velocità della luce nel vuoto è c=300000 Km/s indipendentemente dal moto della sorgente e dell’osservatore. Da ciò si evince che l’unica grandezza assoluta è la luce che nei tempi addietro aveva procurato numerosi problemi in quanto non si riusciva a comprendere quale fosse il suo mezzo di propagazione. L’etere… Si arrivò ad ipotizzare l’esistenza dell’etere (sostanza invisibile che non si riuscì mai a dimostrare). Coloro che si occuparono di ciò furono Michelson e Morley nel 1887, che cercarono di misurare l’effetto del vento d’etere sulla propagazione della luce sulla Terra e sperarono di determinare per la prima volta una velocità assoluta: quella della Terra rispetto all’etere. Esperimento… L’esperimento di Michelson e Morley si propone di rilevare, con mezzi ottici, il moto della Terra rispetto all’etere, attraverso il quale si pensava si propagasse la luce. “Un sottile fascio luminoso emesso da una sorgente S viene fatto incidere sopra una lastrina di vetro M posta al centro della piattaforma, semiargentata al fine di dividere la luce in due raggi. Il primo rifratto attraverso M viene successivamente riflesso dallo specchio M’ e dopo essere tornato indietro viene parzialmente riflesso dalla lastrina in modo da farlo arrivare sopra uno schermo. Il secondo raggio riflesso M’’ prima da M e poi da M’’ torna indietro e dopo aver attraversato la lastrina giunge sullo schermo. I raggi di luce che giungono sullo schermo interferiscono producendo un sistema di frange di interferenza. Se la Terra si muove con M velocità v rispetto all’etere, una rotazione s di 90° del dispositivo avrebbe dovuto determinare uno spostamento delle frange. Ciò non è accaduto. L’etere non esiste!!” M’ Le trasformazioni di Lourents Quando un corpo si muove con velocità v rispetto all’osservatore,la sua lunghezza si contrae di un fattore 1-v2/c2 nella direzione del moto. Per v=c si avrebbe 1-v2/c2 = 0. Da ciò già si può comprendere che la velocità della luce è una velocità limite alla quale inoltre le altre velocità non si sommano.Il tempo al contrario, diminuisce di un fattore 1-v2/c2 e batte quindi più lentamente. Spazio e tempo per Einstein non potevano essere grandezze assolute ma relative in quanto dipendono dal sistema di riferimento. La simultaneità... “Due eventi che appaiono contemporanei quando osservati in un sistema di riferimento, possono non esserlo quando osservati in un altro sistema di riferimento in moto rispetto al primo”. La contemporaneità tra due eventi sarebbe verificata in entrambi i sistemi solo se la luce si muovesse con velocità infinita. Di conseguenza ogni sistema di riferimento ha il suo proprio tempo che non è più un’entità assoluta ma relativa. Supponiamo che un osservatore (M) si trova ad uguale distanza da due specchi (A,B):riceve la luce proveniente da essi simultaneamente. Per un altro osservatore (M’) in movimento invece,la simultaneità non c’è,poiché riceve prima la luce proveniente da B,specchio verso cui è diretto,e poi da A . Dilatazione del tempo… Consideriamo una cabina in movimento con due specchi all’estremità che riflettono il raggio di luce: O= osservatore esterno O’ = osservatore interno s s d d’ O’ d d’ s s a 2d’ = ct’ 2d = ct a = vt/2 t’ = 2d’/c t = 2d/c d = ct/2 d’ s a O 2a= vt d’= ct’/2 s t > t’ (il tempo per l’osservatore è dilatato) d d’ a d2 = d’2 + a2 c2t2/4 = ct’2/4 +v2t2/4 c2t2 =c2t’2 +v2t2 c2t2 -v2t2 = c2t’2 t2(c2-v2) = c2t’2 t2 = c2t’2/c2-v2 t2 = t’2/ c2-v2/c2 t2= t’2/1-v2/c2 t= t’/ 1- v2/c2 Ciò impone che il vettore velocità v abbia un intensità non maggiore di c perché se cosi fosse vi sarebbe una radice di un numero negativo e ciò non è accettabile. Se il tempo si dilata di conseguenza lo spazio si contrarrà. Contrazione dello spazio… t’ t’=t l’ l O a t l’ =vt 1-v2/c2 1-v2/c2 l=vt l’=l l’=vt’ 1-v2/c2 Aumento della massa… Per la massa invece si ha un aumento.Infatti se si applica una forza F ad una massa per avere un’accelerazione a proporzionale alla forza, è necessario,per mantenere un’accelerazione costante imprimere una forza sempre maggiore. Quindi se F=ma all’aumentare di F dovrà aumentare anche la massa m essendo l’accelerazione costante. M’=M/ 1-v2/c2. Paradosso dei gemelli... La teoria della Relatività, come si è detto, capovolge completamente l'edificio della meccanica e dell'elettromagnetismo così come lo avevano concepito Galilei, Newton, Maxwell e soci; ce ne rendiamo subito conto se analizziamo alcune conclusioni paradossali cui Einstein è giunto; ed il caso più clamoroso é certamente il famosissimo « paradosso dei gemelli ». Uno dei due parte su un'astronave superveloce verso una stella lontana, l'altro resta a terra. Quando il primo torna, é molto più giovane del suo gemello, perché il tempo per lui si è dilatato. …Paradosso dello specchio Immaginiamo una persona con in mano uno specchio a cavallo di un fascio di luce. Questi riuscirà a comprendere se è fermo o no solo tramite un sistema di riferimento esterno e non vedendo la sua immagine riflessa nello specchio capisce che è lui a muoversi e comprende anche qual è la sua velocità: quella della luce. Particelle e muone... Attraverso lo studio del tempo di vita delle particelle subatomiche ,in quiete ed in moto,è possibile verificare che le particelle in moto relativistico vivono più a lungo di quelle in quiete.Quando una particella viene accelerata l’energia spesa per l’accelerazione si trasforma in massa,quindi la massa di una particella che raggiunge la velocità della luce dovrebbe essere infinita . A favore della tesi della dilatazione del tempo e contrazione dello spazio vi è l’esperimento sui muoni(costituiti da due particelle fondamentali semistabili:una positiva e l’altra negativa.la sua massa è 207 volte maggiore quella dell’elettrone,fa parte della famiglia dei leptoni.sono il risultato sulla terra del decadimento dei pioni creati dalle radiazioni cosmiche in contrasto con particelle dell’atmosfera.Hanno vita molto breve). I muoni viaggiano a velocità prossima alla luce ed avendo vita breve per il rapido decadimento dovrebbero non riuscire a giungere sulla terra ma ciò non accade perché,come afferma la teoria della relatività,dal momento che si parla di velocità elavatissime, si ha una dilatazione del tempo e una contrazione delle distanze cosicchè il muone riesce a raggiungere la terra. RELATIVITA’ GENERALE La teoria della relatività ristretta permette la descrizione dei fenomeni meccanici ed elettromagnetici mediante leggi valide qualunque siano gli osservatori solo se essi sono dotati di moto rettilineo uniforme. Per eliminare questa limitazione, nel 1915, Einstein generalizzò la sua teoria in modo da renderla utilizzabile indipendentemente dal moto dell'osservatore. Il punto di partenza dello scienziato fu il campo gravitazionale. Consideriamo una zona di spazio priva di forze gravitazionali ed in essa una astronave con un osservatore. Se la navicella inizia a muoversi verso l’alto con moto uniformemente accelerato e l’osservatore lascia una sfera, questa risentirà dell'accelerazione e dopo che il pavimento l'avrà raggiunta eserciterà sullo stesso una forza pari al prodotto della sua massa per l'accelerazione del sistema. L’osservatore vedrà invece cadere la sfera sul pavimento e giungerà alla conclusione di trovarsi in una zona soggetta ad un campo gravitazionale costante nel tempo. Si può allora affermare che il campo gravitazionale apparente, prodotto da un semplicissimo moto accelerato, non è distinguibile da un vero campo dovuto all’attrazione di una massa. In questa conclusione risiede il principio d’equivalenza tra gravità e accelerazione: Un campo gravitazionale omogeneo è del tutto equivalente ad un sistema di riferimento uniformemente accelerato. La teoria generale della relatività deriva direttamente dal principio di equivalenza e permette di ricavare teoricamente le proprietà del campo gravitazionale, la sua influenza sui fenomeni naturali e di formulare le leggi cui obbedisce il campo gravitazionale stesso. Il procedimento che porta però alla formulazione di tali leggi impone di abbandonare la concezione comune dello spazio a tre dimensioni; esso diviene, infatti, uno spazio curvo per la cui rappresentazione viene impiegato un diverso sistema di coordinate dette Gaussiane. In questo modo il principio di relatività diviene: Tutti i sistemi di coordinate sono equivalenti per principio per formulare le leggi generali della natura. Einstein giunse grazie alla relatività generale a formulare le leggi sul campo gravitazionale che oggi noi conosciamo. Esse soddisfano i postulati formulati dallo stesso Einstein, non violano il principio di conservazione dell’energia e della quantità di moto e inglobano le stesse leggi newtoniane sulla gravitazione. Attualmente grazie alla soluzione "dell'equazione di campo" einsteiniana è possibile stabilire, nota la distribuzione di massa, la curvatura spazio-tempo in una determinata regione dell'universo, prevedere la deflessione della luce in prossimità di grandi masse, il moto del perielio delle orbite planetarie e lo spostamento verso il rosso della luce prodotta da sorgenti luminose gravitazionali. La dimostrazione delle leggi formulate solo teoricamente da Einstein avvenne intorno al 1960 con l’avvento di strumenti più sofisticati e per questo, mentre la teoria della relatività ristretta costituì subito uno dei pilastri della fisica moderna, fu solo con le grandi scoperte dell’astrofisica che la relatività generale acquistò quel ruolo preminente che oggi le compete. Classe III sez.A