IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] INDICE GENERALE INDICE 1 Introduzione 4 CAPITOLO 1: LA VIGILANZA BANCARIA E IL RISCHIO DI CREDITO 1.1 1.2 1.3 1.4 Premessa I rischi dell’attività bancaria Il rischio di credito e i coefficienti patrimoniali Rischio di regolamento, di controparte e di concentrazione Conclusioni 11 16 26 31 33 CAPITOLO 2: IL RISCHIO DI PRE-REGOLAMENTO E L’EQUIVALENTE CREDITIZIO Premessa 2.1 Rischio di regolamento e di pre-regolamento 2.2 Il rischio di pre-regolamento e l’approccio delle autorità di vigilanza 2.3 Il metodo dell’equivalente creditizio 2.4 Due brevi esempi di calcolo dell’equivalente creditizio 2.5 Elementi che influiscono sull’equivalente creditizio 2.6 Conclusioni 35 36 39 41 43 46 49 CAPITOLO 3: I DERIVATI CREDITIZI Premessa 3.1 Credit derivatives: la struttura del mercato e i limiti allo sviluppo dello stesso 3.2 Definizione ed elementi contrattuali comuni alle varie tipologie 3.3 I rischi nei derivati creditizi 3.4 Tipologie varie 3.4.1 Credit default swap 3.4.2 Credit default option 3.4.3 Total rate of return swap 3.4.4 Credit spread swap 3.4.5 Credit spread option 3.4.6 Credit linked note 3.4.7 Altre tipologie di derivati creditizi 3.5 Credit derivatives: considerazioni generali sulla gestione 50 53 56 63 65 65 69 70 74 77 79 83 1 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] efficiente di un portafoglio prestiti 3.5 La gestione del rischio di credito e le tecniche di utilizzo dei credit derivatives 3.7 La disciplina dei requisiti patrimoniali e la situazione italiana 3.8 Conclusioni 86 90 96 98 CAPITOLO 4: SECURITIZATION 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6 4.7 4.8 Premessa Definizione dell’operazione Schema dell’operazione Il supporto di credito Vantaggi e rischi di una dell’Asset-Backed securitization La cartolarizzazione dei crediti in sofferenza La legge sulla securitization in Italia Un modello per l’analisi del rischio di credito di portafogli di mutui Conclusioni 100 102 103 106 108 114 117 120 125 CAPITOLO 5: I MODELLI DI MISURAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Premessa 127 5.1 Il rischio di credito e le sue componenti 132 5.2 La perdita attesa e il pricing di un prestito 135 5.2.1 Term structure degli spread 139 5.2.2 Modelli attuariali basati sul tasso di mortalità 143 5.2.3 Option pricing theory 148 5.3 La perdita inattesa 154 5.3.1 Il VAR di un’esposizione creditizia 157 5.3.2 Approccio “insolvenza vs non insolvenza” 162 5.3.3 Approccio basato su una distribuzione discreta dei tassi di insolvenza 165 5.3.3.1 La matrice di transizione e il rischio di migrazione 166 5.3.3.2 La perdita inattesa come deviazione standard della perdita attesa 169 5.3.3.3 La perdita inattesa come perdita massima potenziale con un certo livello di confidenza: il VAR 172 5.4 CreditMetrics 174 5.4.1 Valutazione delle singole esposizioni 175 5.5 Il rischio di portafoglio e l’effetto diversificazione 180 5.6 CreditRisk+ 186 5.6.1 Input iniziali del modello 186 5.6.2 La valutazione del numero e della dimensione delle insolvenze 188 5.6.3 Il capitale economico 189 5.7 Il modello KMV 191 5.8 Il rischio di credito tra capitale economico e capitale regolamentare 194 2 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] CONSIDERAZIONI FINALI 199 Bibliografia 203 3 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] INTRODUZIONE Il rischio di credito figura come il più importante e critico rischio nell’ambito del business bancario. Le banche hanno assunto, nei confronti di tale rischio, all’inizio un atteggiamento di accettazione dell’inevitabilità dei danni derivanti da massicce insolvenze, successivamente l’illusione di poter esattamente quantificare, gestire e controllare tale rischio mediante tecniche di affidamento sofisticate e di misurazione dello stesso. Per quanto riguarda l’altra faccia del rischio, rappresentata dai rischi di mercato, già da tempo le banche hanno utilizzato modelli manageriali interni di controllo (in particolare modelli VAR), anticipando gli orientamenti delle stesse Autorità di vigilanza. Se gli anni ’80 sono stati caratterizzati, da parte del mondo bancario e accademico, dall’attenzione ai rischi di mercato conseguenti all’introduzione di strumenti derivati, che hanno fornito al sistema bancario – finanziario la possibilità non solo di gestire e controllare tali rischi ma anche di poter assumere posizioni speculative, gli anni ’90 e successivi sono contraddistinti dal problema della misurazione e gestione del rischio di credito. Ciò ha comportato 4 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] una serie di conseguenze, quali: introduzione di sistemi di scoring come strumenti di supporto alle decisioni di affidamento e monitoraggio delle esposizioni creditizie; sviluppo di modelli diretti alla quantificazione del rischio di credito di una singola esposizione creditizia o di un portafoglio di crediti, estendendo a tale rischio la logica del VAR (originariamente introdotto dalle istituzioni finanziarie per gestire e controllare i rischi di mercato); diffusione delle informazioni e di dati riguardanti il merito creditizio (rating) di soggetti, imprese e governi richiedenti prestiti nelle diverse forme, da parte di agenzie specializzate. Anche le Autorità di vigilanza, in questi ultimi anni, sempre più consapevoli dei limiti dei coefficienti di solvibilità connessi allo schema di adeguatezza patrimoniale introdotto dal Comitato di Basilea nel 1988, stanno sostituendo tali requisiti standard con modelli interni, come già avvenuto per i rischi di mercato. Infatti nel giugno 1999 il Comitato di Basilea ha pubblicato un documento consultivo, intitolato A new capital adequacy framework, contenente i principi generali che si propone di applicare al nuovo quadro regolamentare. In particolare la nuova proposta di Basilea per la misurazione del rischio di credito, e quindi nel calcolo dei fattori di 5 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] ponderazione delle controparti, prevede il riconoscimento di modelli interni opportunamente validati. I motivi principali che hanno spinto le banche a interessarsi del rischio di credito, a parte la criticità di tale rischio per le stesse istituzioni finanziarie, riguardano le opportunità che tale rischio offre alle banche e al management per la creazione di valore per gli azionisti. Le conseguenze di tale interessamento hanno portato allo sviluppo di operazioni quali: cartolarizzazione degli attivi bancari (securitization), crescita di mercati secondari dei prestiti bancari (loan sales) e nascita degli strumenti derivati per la gestione del rischio di credito (credit derivatives). Tali innovazioni finanziarie, favorendo la negoziabilità degli attivi bancari, hanno consentito di migliorare il grado di liquidità del sistema e l’efficienza del circuito di intermediazione. In particolare la securitization ha influenzato non solo la struttura dei mercati bancari ma anche le scelte di composizione del portafoglio delle banche stesse, modificando la distribuzione tra titoli e prestiti e la detenzione delle attività a scopo precauzionale. La securitization, come operazione di trasformazione di attivi non negoziabili in titoli negoziabili sui mercati, è uno strumento che, nato negli Stati Uniti verso la fine degli anni ’70, negli ultimi anni ha 6 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] conosciuto un notevole sviluppo. Per quanto riguarda il mercato secondario dei prestiti questo ha avuto origine nei primi anni ’90, soprattutto nei mercati anglosassoni, per alleggerire la posizione di molti enti creditizi nei confronti dei paesi in via di sviluppo con rating molto basso o ritenuti insolventi. Tale mercato è stato organizzato sia in forma diretta che in forma dei titoli “derivati”. Analogamente si è sviluppato un mercato secondario per i prestiti che consente alle banche di ristrutturare e rivendere parte dei propri attivi non negoziabili a investitori istituzionali e banche, alle banche che operano in un contesto di alta concentrazione geografica e/o settoriale, come le banche italiane, consentendo una diversificazione dei propri portafogli prestiti. I derivati creditizi rappresentano una nuova generazione di prodotti dell’innovazione finanziaria importante per gestire il rischio creditizio nelle sue varie componenti. Pur essendo il rischio di credito, come probabilità che un debitore diventi insolvente e non riesca a far fronte alle obbligazioni contratte, il più antico e più studiato nella teoria finanziaria, fino a pochi anni fa non esistevano strumenti finanziari che consentissero di gestirlo; ciò probabilmente derivava dal fatto che buona parte dei rischi creditizi venivano scaricati sul sistema 7 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] pubblico e che gli operatori fino a qualche anno fa erano interessati più ad altre opportunità di investimento, e quindi ad altre fonti di rischio. Con i derivati creditizi si è creata una classe di prodotti che consentono di trasferire singole componenti del rischio di credito in maniera efficiente e a costi limitati. Questi strumenti, credit derivatives nella terminologia anglosassone, hanno raggiunto un volume iniziale di circa 40 miliardi di dollari e presentano un potenziale di crescita unanimente considerato enorme. Un’ultima considerazione concerne lo sviluppo di numerosi metodi per la gestione del rischio di portafoglio di crediti. Su quest’ultima materia il processo di approfondimento metodologico ha proceduto più lentamente rispetto a quelli di mercato anche a causa di obiettive difficoltà concettuali, tra cui la forma asimmetrica delle distribuzioni dei rendimenti delle operazioni di credito e la mancanza di ampie banche dati estese per un sufficiente arco temporale. Tra i vari metodi figurano: • Modelli basati sul concetto di VAR (Credit Metrics); • Modelli econometrici; 8 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] • Modelli attuariali (CrediRisk+). La mancanza di una teoria generale della diversificazione dei crediti comporta la caratterizzazione asimmetrica (downside) di tale rischio in cui la probabilità di incremento di valore di un credito, dovuto ad un miglioramento del rating del debitore, risulta nulla. Tale problema muta nel momento in cui i crediti vengano concessi originariamente anche a clienti rischiosi, rivenduti sul mercato secondario e, infine, riesaminati durante la loro vita. A ciò seguirebbe l’applicazione della teoria del portafoglio, dato che la distribuzione di probabilità dei profitti tende a essere simmetrica, comportando la logica conseguenza che ad una variazione migliorativa del rating di un debitore dovrebbe corrispondere un aumento del valore di mercato del credito in portafoglio. Tuttavia la mancanza di un mercato secondario dei prestiti può rendere poco attendibile l’utilizzo di tali modelli, visto che verrebbe a mancare un controllo del rischio di credito mediante la negoziazione sul mercato; si verificherebbe la concentrazione dei prestiti limitatamente alle aree in cui la banca ha accesso diretto e quindi con scarsa diversificazione del portafoglio crediti. Anche se la valutazione del rischio di credito implica l’analisi congiunta di tre elementi - ammontare dell’esposizione, probabilità di 9 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] default e perdita potenziale -, dal punto di vista metodologico tale rischio è, e non potrebbe non essere, correlato al rischio di mercato; da ciò dovrebbe conseguire una valutazione complessiva dei rischi che una banca si trova ad affrontare quotidianamente, valutazione da affrontare attraverso l’utilizzo di strumenti derivati, tradizionali e creditizi, che permettano la gestione integrata dei rischi stessi. Con il ricorso alle metodologie VAR, per un controllo integrato dei rischi, si adotterebbe un evoluto sistema di risk management in grado di misurare tutto il capitale assorbito all’interno delle singole aree di attività della banca e si renderebbero confrontabili rischi differenti, sia in termini di orizzonti temporali che di criteri di misurazione, di natura creditizia e di mercato. In questo modo si metterebbe a punto un processo di allocazione del capitale, fra le diverse aree di attività, finalizzato alla massimizzazione della redditività corretta per il rischio onde creare valore per gli azionisti. 10 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] LA VIGILANZA BANCARIA E IL RISCHIO DI CREDITO Premessa La vigilanza sugli intermediari finanziari ha conosciuto negli ultimi anni un radicale cambiamento in quasi tutti i paesi evoluti. Questo cambiamento ha riguardato sia gli obiettivi perseguiti dalle autorità di vigilanza e sia gli strumenti adottati per perseguire tali obiettivi. Con riferimento agli obiettivi si è passati da una vigilanza orientata alla salvaguardia della stabilità dell’intermediario e, di conseguenza, del sistema nel suo complesso, ad una vigilanza più orientata al perseguimento di obiettivi di concorrenza fra gli intermediari e, quindi, di efficienza del sistema. Questo ha portato all’emanazione, in Europa, della seconda direttiva bancaria del 1989. Mutati gli obiettivi, sono cambiati anche gli strumenti utilizzati dalle autorità di vigilanza, facendo sì che si passasse da una vigilanza1 di tipo strutturale ad una di tipo prudenziale necessaria a garantire la 11 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] solvibilità e la liquidità degli intermediari finanziari coerentemente con il rischio assunto. Se quindi in passato gli strumenti adottati, e che quindi riflettevano gli obiettivi della stabilità, erano specializzazione funzionale e territoriale, controllo sui prezzi (tassi di interesse e cambi), controlli all’entrata e alla successiva espansione nel mercato, oggi tali obiettivi sono raggiunti indirettamente attraverso l’applicazione del sistema dei coefficienti patrimoniali ponderati per il rischio e altri coefficienti volti a limitare il rischio di concentrazione e a garantire la solvibilità e liquidità delle banche. Ciò ha portato anche al rafforzamento di altri strumenti (fair play regulation e vigilanza protettiva) che da un lato favoriscono condizioni di trasparenza e di diffusione corretta delle informazioni, dall’altro tendono a prevenire crisi sistemiche. Negli ultimi due decenni si è assistito ad un’evoluzione della stessa politica di vigilanza, nel senso di una internazionalizzazione della disciplina dell’attività degli intermediari che ha portato ad un coordinamento fra le politiche di vigilanza dei diversi paesi. 1 CEE Direttiva 647/89 del Consiglio relativa al coefficiente di solvibilità degli enti creditizi, Bruxelles,1989. 12 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Grazie alla globalizzazione dei mercati finanziari, dovuta all’eliminazione delle barriere normative all’attività bancaria internazionale e all’adozione del modello dell’home country control, si è evidenziata la necessità di una minima regolamentazione comune tanto da poter parlare di un’autorità di vigilanza sovranazionale, nel senso di organizzazioni sovranazionali che formulano delle regole oggettive che formano il quadro normativo di riferimento per l’attività degli intermediari finanziari. Si pensi al ruolo centrale svolto dallo schema di adeguatezza patrimoniale originariamente formulato dal Comitato di Basilea nel 19882 e successivamente recepito dalla CEE e dalle autorità di vigilanza dei principali paesi sviluppati, come del resto le proposte formulate dallo stesso Comitato per l’estensione degli stessi coefficienti ai rischi di mercato, proposte recepite dall’ordinamento comunitario e italiano; oppure il ruolo che la CEE ha svolto negli ultimi anni nella definizione di condizioni comuni di accesso all’attività bancaria, nei limiti alla concentrazione degli impieghi e nell’assicurazione dei depositi. In Italia il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR), con una 2 Basle Committee on Banking Supervision, July 1988, International Agreement on the definition of capital and on minimum capital ratios, Basilea. 13 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] delibera datata 23 dicembre 1986, determinò i principi fondamentali relativi all’introduzione di coefficienti patrimoniali minimi obbligatori, tenendo conto delle varie tipologie di rischio e delegò alla Banca d’Italia il compito di definire la normativa di applicazione. La Banca d’Italia, infatti, introdusse, all’inizio con Circolare del 31 marzo 1987, poi sostituita con altre fino a quella attualmente in vigore, la Circolare n. 229 del 21 aprile 19993, i coefficienti di rischiosità correlati a ciascun tipo di operazione e per ogni tipo di controparte, ed un coefficiente patrimoniale minimo obbligatorio collegato al rischio aziendale delle attività ponderate in base ai coefficienti di rischiosità. Infine bisogna ricordare la pubblicazione nel giugno 1999, da parte del Comitato di Basilea, di un documento consultivo4, intitolato A new capital adequacy framework, contenente nuovi principi generali da applicare al nuovo quadro regolamentare. Questo documento si pone l’obiettivo di apportare una evoluzione all’attuale regime, proponendo fattori di ponderazione che meglio riflettano la rischiosità della controparte, ossia modelli basati 3 Banca d’Italia, Circolare n. 229 del 21 aprile 1999. 4 Basle Committee on Banking Supervision, Giugno 1999, A New Capital Adequacy Framework. Consultative Paper, Basilea. 14 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] su ratings assegnati da agenzie esterne, ratings interni assegnati dalle stesse banche oppure modelli interni validati. Un’altra novità consiste nel fatto che il coefficiente patrimoniale minimo dovrebbe coprire non solo il rischio di credito e di mercato, ma anche il rischio di interesse, di liquidità, legale, di reputazione e operativo. Infine, il documento propone una supervisione da parte delle Autorità di vigilanza della gestione, allocazione, misurazione e politica della banca circa il capitale proprio. Questo capitolo, dopo una breve elencazione dei principali rischi bancari, tratterà i principali provvedimenti riguardanti il rischio di credito, cioè lo schema di adeguatezza patrimoniale formulato dal Comitato di Basilea nel 1988 (recepito dalla Comunità europea con direttiva 647/89) con successive modifiche introdotte e aggiornate dalla Circolare della Banca d’Italia del 21 aprile 1999 n. 229, e quelli riguardanti il rischio di regolamento, il rischio di controparte e il rischio di concentrazione. 15 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 1.1 I rischi dell’attività bancaria Il rischio rappresenta l’eventualità di accadimenti futuri suscettibili di generare: Perdite assolute (distruzione di ricchezza esistente); Perdite relative (mancato conseguimento di ricchezza che si era previsto di produrre). Quindi per rischio si intende l’incertezza gravante sui risultati futuri, misurati generalmente in termini di ROE, ROA, RAROC etc. L’utilizzo di tale tipologia di coefficienti patrimoniali introduce una correlazione tra rischio e dotazione patrimoniale, in accordo a quanto richiesto dagli organi di vigilanza (nazionali ed internazionali): si afferma, così, la logica di allocazione efficiente del capitale. Il rischio può essere distinto in varie tipologie, e ogni tipologia varia in funzione della causa che lo origina. Vi sono varie tipologie di rischio le quali possiedono delle sottocategorie. Le principali categorie di rischio sono: rischio di credito; rischio di interesse; 16 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] rischio di liquidità; rischio di mercato; rischio paese; rischio operativo; rischio non standard. Il rischio di credito rappresenta il rischio di perdite dovute all’incapacità della controparte – nei cui confronti si è assunta una esposizione creditizia – di adempiere le proprie obbligazioni di pagamento. Esso è articolato in tre fattispecie5: rischio di credito pieno, che consiste nel rischio che la controparte non adempia la propria obbligazione di pagamento a causa della propria insolvenza (e non sia rischio di consegna o di sostituzione); rischio di consegna, che può esistere soltanto qualora le parti abbiano reciproche obbligazioni da eseguirsi contemporaneamente e consiste nel fatto che una parte adempia al proprio obbligo di pagamento o 5 Cfr. Nassetti C. F., 2000, Natura dei rischi presenti nei credit derivatives, in Nassetti C. F., Fabbri A., Trattato sui contratti derivati di credito, Egea, Milano, 230. 17 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] consegna non ricevendo contestualmente la consegna o il pagamento del dovuto dall’altra parte; rischio di sostituzione, che è presente nei contratti a termine con prestazioni corrispettive, consiste nel maggior costo o nel mancato guadagno che la parte solvente sopporta, qualora la controparte diventi insolvente prima della scadenza pattuita. In questo caso, la parte potenzialmente solvente si asterrà, ovviamente, dall’effettuare la propria consegna, effettuando un nuovo contratto con una nuova controparte. Il prezzo del nuovo contratto potrebbe essere diverso dal precedente, comportando una perdita od un utile. Poiché dal punto di vista regolamentare e contabile, il portafoglio di una banca è distinto in portafoglio di investimento (valori mobiliari detenuti per finalità di investimento) e portafoglio di negoziazione (posizioni detenute in vista di una loro cessione a breve termine, posizioni assunte a copertura di altri elementi del portafoglio di negoziazione etc.), la precedente articolazione del rischio di credito si riferisce ai rischi presenti nel portafoglio investimento, o banking book. I corrispondenti rischi di credito presenti nel portafoglio negoziazione, o trading book, sono: 18 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] rischio specifico, che corrisponde al rischio di credito pieno, consiste nel rischio di perdite causate da una sfavorevole variazione del prezzo degli strumenti finanziari negoziati, dovuta a fattori connessi con la situazione dell’emittente; rischio di regolamento, che corrisponde al rischio di consegna, limitato, solo, alle operazioni in titoli; rischio di controparte, che corrisponde al rischio di sostituzione. Il rischio di interesse si presenta nel momento in cui una banca presenta una differenza nelle scadenze e nei tempi di ridefinizione del tasso di interesse delle attività e delle passività. Queste differenze espongono una banca ad un rischio potenziale sia di rifinanziamento sia di reinvestimento. Il rischio di rifinanziamento sorge ogniqualvolta la scadenza media delle passività è inferiore a quella delle attività, il rischio di reinvestimento nel caso opposto. In entrambi i casi, variazioni inattese dei tassi di riferimento sul mercato, provocano una variazione inattesa del margine di interesse atteso nel breve periodo. Il rischio di liquidità nella incapacità della banca (la quale è maggiormente esposta, visto che detiene una parte del proprio attivo 19 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] investita in strumenti - prestiti - non negoziabili ed una parte rilevante del passivo in strumenti immediatamente convertibili in moneta) di far fronte tempestivamente ed economicamente alle uscite di cassa. Quindi il rischio di liquidità rappresenta un rischio derivante dalla mancanza o scarso spessore della domanda e offerta di strumenti finanziari tale da rendere impossibile o difficile la liquidazione di una posizione; illiquidità si riferisce, quindi, all’assenza di domanda e offerta. Il rischio di mercato rappresenta il rischio connesso agli effetti che inattese variazioni nelle variabili di mercato potrebbero avere sulla valutazione delle posizioni che la banca detiene in strumenti finanziari, trattati sia sui mercati regolamentati che over the counter. Le fonti di variazioni nei valori di mercato delle posizioni detenute in portafoglio sono riconducibili alle seguenti6: tassi di interesse; tassi di cambio; quotazioni azionarie; 6 Sironi A., 1995, La gestione dei rischi di mercato : il metodo del capitale a rischio, in AA.VV., Nuovi modelli di gestione dei flussi finanziari nelle banche ( a cura di Fabrizi P.L. ), Giuffrè, Milano.p.496. 20 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] prezzi merci; volatilità nei tassi (di interesse e di cambio) e nelle quotazioni (azioni e merci). Il tasso di interesse è quel fattore rischio che causa un rischio di mercato, ogni qual volta interviene un cambiamento nel livello corrente della struttura a termine dei tassi di interesse, con conseguente variazione nel valore delle posizioni sensibili ai tassi di interesse, in bilancio e fuori bilancio. Esso assume tre forme: a) spostamento parallelo della curva dei rendimenti; b) modifica della forma della curva dei rendimenti, nel senso di una variazione dei tassi a breve termine diversa da quelli a lungo termine; c) modifica della relazione esistente tra i tassi di interesse di mercato e quelli dello strumento in portafoglio. Il tasso di cambio costituisce un altro fattore fonte del rischio di mercato in cui, un movimento avverso dell’andamento dei tassi di cambio, può produrre un effetto sulla dinamica patrimoniale e reddituale della banca che detiene posizioni in valuta (è necessaria, per ciascuna valuta, l’individuazione di una <posizione netta>. 21 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Altra componente che causa il rischio di mercato è presente nelle quotazioni azionarie, nel senso di una detenzione di titoli azionari in bilancio e fuori bilancio, queste ultime come sottostanti di contratti derivati, anche in forma di indici azionari (es. FIB 30). Anche per le quotazioni delle merci vale lo stesso discorso che per le quotazioni azionarie. Infine, abbiamo come ultima componente del rischio di mercato il rischio di volatilità dei tassi e dei prezzi, riferibile alla variazione del valore delle posizioni in opzioni a seguito di mutamenti nel livello di volatilità attesa del prezzo dello strumento sottostante. Il rischio paese è una categoria di rischio che si avvicina al rischio di credito, ma differisce sottili distinzioni. Non si è in presenza di un rischio paese nel caso in cui il debitore sia il paese stesso: in tal caso si è in presenza di un rischio di credito che dipende dalla solvibilità del debitore stesso, in quanto tale rischio è analogo a quello presente nel privato (a parte de differenze di standing creditizio) a cui si concede un prestito. In generale, quindi, il rischio paese deriva dalla possibilità di perdita dovuta ad eventi non dipendenti dalla solvenza del debitore, 22 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] ma riconducibili al paese, inteso in senso lato, in cui esso è residente; il rischio paese e un rischio aggiuntivo rispetto al rischio di credito ed è sempre presente ogniqualvolta il debitore ed il creditore siano residenti in paesi diversi7. Ci sono tre tipi di rischio paese, cioè: rischio politico o sovrano, che consiste nel rischio di perdite quando il debitore solvente non sia in grado di adempiere a causa di un actum principis, quale, ad esempio, la sospensione unilaterale dei pagamenti dovuti da privati verso l’estero imposta da una norma locale, guerre contro gli altri stati, la confisca - senza un adeguato indennizzo - di un investimento o di beni presenti in altri paesi, etc..8 Rischio sociale, cioè rischi derivanti dall’appartenenza del debitore solvente in un paese in cui sono presenti eventi sociali, quali scioperi, rivolte, sommosse etc.. Rischio naturale, cioè nel caso in cui il debitore non possa adempiere, questa volta, per eventi naturali catastrofici. Il rischio operativo rappresenta una tipologia molto varia e 7 8 Cfr. Nassetti C. F., 2000, Natura dei rischi presenti nei credit derivatives, 235, cit. Cfr. Nassetti C. F., 2000, Natura dei rischi presenti nei credit derivatives, 236, cit. 23 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] ampia di rischio, tuttavia dovrebbe contenere il rischio di perdite causate da fenomeni patologici dei sistemi informatici (guasti , virus, errori di programmazione, etc.), dei sistemi organizzativi (controlli interni non adeguati, smarrimento di documenti, etc.) e dei comportamenti umani (errori, frodi, etc.). Infine abbiamo i rischi non standard, tra cui figurano: rischio legale e fiscale, che sono riconducibili ad una scarsa conoscenza delle normative nazionali ed internazionali, oltre alle carenze legislative legate alla non standardizzazione delle caratteristiche tecnico-giuridiche dei contratti; rischio regolamentare, che è riconducibile alla possibilità che il legislatore cambi le regole del gioco, alterando il valore dei contratti o creando vincoli regolamentari che modifichino l’economicità dell’operazione. rischio di reputazione, consiste nel rischio di perdite che l’azienda può subire quale conseguenza della pubblicità negativa, indipendentemente dal fatto che essa sia fondata o infondata, che sia causa di contenzioso, di perdita di quote di mercato, di perdita di 24 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] clientela o di riduzione di entrate9. 9 Cfr. Nassetti C. F., 2000, Natura dei rischi presenti nei credit derivatives, 241, cit. 25 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 1.2 Il rischio di credito e i coefficienti patrimoniali Nel 1988 le autorità di vigilanza dei principali paesi sviluppati si riunirono, nell’ambito del Comitato di Basilea, per la formulazione di uno schema normativo uniforme in tema di adeguatezza patrimoniale delle banche. Questo schema basato sull’imposizione dei capital ratios, è stato recepito dalla Comunità europea con direttiva 647/89 e da altri paesi anche esterni allo stesso Comitato di Basilea. La scelta di tale impostazione, cioè l’imposizione di coefficienti patrimoniali ponderati per il rischio, è basata sulla convinzione che i capital ratios favoriscano condizioni di solvibilità, condizioni di stabilità nei mercati finanziari internazionali e creino condizioni concorrenziali uniformi per gli intermediari dei diversi paesi. Tale schema di adeguatezza patrimoniale, elaborato dal Comitato di Basilea, consiste in un rapporto minimo, pari all’8%, fra patrimonio di vigilanza e la somma delle attività ponderate per il relativo grado di rischio, analiticamente: P=∑Ai*Pi≥8% dove: 26 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] P = patrimonio di vigilanza Ai = attività i-esima Ri = fattore di ponderazione dell’attività i-esima Definiamo patrimonio di base un aggregato comprendente il capitale azionario versato, le riserve da utili e, infine, la riserva soprapprezzo azioni e patrimonio supplementare (un altro aggregato che contiene le riserve di rivalutazione), il fondo rischi generali e gli strumenti ibridi/debito subordinato; tale patrimonio supplementare non può superare il 50% del patrimonio complessivo. La somma del patrimonio di base e del patrimonio supplementare, meno l’avviamento e le partecipazioni in altre istituzioni creditizie, ci definisce il patrimonio di vigilanza. Per quanto riguarda de ponderazioni per il rischio, la seguente tabella riassume, esemplificativamente, i diversi fattori di ponderazione attribuiti alle diverse poste dell’attivo (Tabella 1). Tale distinzione fra le varie poste è basata sul grado di liquidità, la natura dei mutuatari e l’area geografica di questi ultimi (zona A e zona B). 27 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Tabella 1 Coefficienti di ponderazione del rischio per le attività in bilancio Ponderazione Ponderazione Ponderazione 0% 20% 50% Mutui assistiti Cassa e valori Crediti verso da garanzia assimilati banche multilaterali di reale sviluppo Crediti verso banche centrali e assimilati della zona A Crediti verso il settore pubblico della zona A Valori Crediti per all’incasso cassa nei confronti di governi o banche centrali della zona B Contratti su tassi e su titoli di capitali verso settore privato Ratei attivi di cui non sia individuabile la controparte Ponderazione 100% Crediti nei confronti di enti del settore pubblico della zona B Crediti per cassa e operazioni fuori bilancio nei confronti del settore privato Attività materiali Ponderazione 200% Partecipazioni in imprese non finanziarie con risultati negativi negli ultimi 2 esercizi Per ciò concerne le attività fuori bilancio di tipo creditizio, le banche devono utilizzare fattori di conversione necessari per “trasformarle” in esposizioni creditizie per cassa, alle quali applicare i coefficienti di ponderazione. Queste operazioni fuori bilancio sono suddivise, da un lato, in garanzie e impegni, e dall’altro, in contratti derivati. I fattori di conversione per la determinazione degli equivalenti creditizi delle garanzie e degli impegni sono (rimandando, per la classificazione delle varie forme di garanzia e impegni, alla Circolare della Banca d’Italia 21 aprile 1999, n. 229 ecc.): 28 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 1. 100% per le garanzie e gli impegni a rischio pieno e per quelli in sofferenza; 2. 50% per le garanzie e gli impegni a rischio medio; 3. 20% per le garanzie e gli impegni a rischio medio-basso; 4. 0% per le garanzie e gli impegni a rischio basso. Per quanto riguarda i contratti derivati, gli equivalenti creditizi sono calcolati con due metodologie: i metodi del esposizione corrente o dell’esposizione originaria per le operazioni a termine collegate ai tassi di interesse e di cambio; il metodo dell’esposizione originaria per gli altri contratti derivati. Con il metodo dell’esposizione corrente, o marking to market, il valore di mercato di ogni esposizione, ossia il suo costo di sostituzione, è sommato ad una percentuale fissa del valore nominale del contratto, funzione della scadenza dell’operazione, corrispondente all’esposizione potenziale. Il capitale ottenuto viene ponderato, come in precedenza, per la singola controparte applicando successivamente il coefficiente minimo dell’8%. 29 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Tabella 2 Percentuali per il calcolo dell’esposizione potenziale Vita residua Fino a 1 anno Oltre 1 anno e fino a 5 anni Oltre 5 anni Contratti su tassi di interesse Contratti su tassi di cambio e oro Contratti su titoli di capitale Contratti su metalli preziosi eccetto oro Contratti su altre merci 0% 1% 6% 7% 10% 0,5% 5% 8% 7% 12% 1,5% 7,5% 10% 8% 15% Il secondo metodo, definito dell’esposizione originaria, calcola l’esposizione complessiva applicando al valore nominale di ogni contratto determinate percentuali indicate nella tabella seguente: Tabella 3 Fattori di ponderazione per il calcolo dell’esposizione originaria Durata originaria Contratti relativi ai tassi di interesse Contratti relativi ai tassi di cambio e oro Fino a 1 anno Oltre 1 anno e fino a 2 anni Incremento per ogni anno successivo 0,5% 2% 1% 5% 1% 3% Ovviamente, anche in tal caso, il capitale ottenuto deve essere moltiplicato per il singolo peso riflettente il rischio della singola controparte, applicando successivamente alla somma ottenuta il coefficiente minimo dell'8%. 30 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 1.3 Rischio di regolamento, di controparte e di concentrazione Il rischio di regolamento costituisce il rischio relativo all’insolvenza della controparte di una transazione in valori mobiliari in sede di regolamento. Esso origina dalla possibilità di insolvenza della controparte al momento del regolamento degli obblighi contrattuali e riguarda transazioni in titoli azionari ed obbligazionari che risultano non liquidate dopo la scadenza del contratto e che presentano una differenza tra prezzo convenuto e prezzo di mercato che possa comportare una perdita per la banca. Tale requisito patrimoniale può essere determinato secondo due metodi alternativi: CV=(Pm-Pc)*A CV=Pc*B Dove Cv rappresenta il capitale di vigilanza richiesto, Pm il prezzo corrente di mercato del titolo oggetto della transazione e Pc il prezzo contrattuale. A e B sono invece determinati in funzione dei giorni trascorsi dalla scadenza del contratto senza che la controparte abbia adempiuto ai propri obblighi di consegna dei titoli o di pagamento degli importi dovuti. 31 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Tabella 4 Requisiti patrimoniali relativi al rischio di regolamento Numero di giorni dopo la scadenza 5-15 16-30 31-45 46 o più A B 8% 50 % 75 % 100 % 0.5 % 4% 9% - Il rischio di controparte ha per oggetto le transazioni rimaste inadempiute, quelle cioè in cui le banche abbiano effettuato esborsi per titoli prima di riceverli o abbia consegnato titoli prima di aver ricevuto il corrispettivo. Il requisito relativo a tale rischio ha per oggetto solamente il portafoglio di negoziazione, ed è pari all’8% del valore di mercato dei titoli o della somma da ricevere moltiplicato per la ponderazione secondo lo schema utilizzato per il calcolo del coefficiente patrimoniale a fronte del rischio di credito. Infine vi sono requisiti patrimoniali riferiti al grado di concentrazione del portafoglio di negoziazione ed, in particolare, nel caso risulti superato il limite previsto dalla direttiva 92/121/CEE o direttiva <<grandi fidi>>; in tali casi è prevista una copertura patrimoniale proporzionale al superamento del limite. 32 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 1.4 Conclusioni La diffusione di nuovi prodotti finanziari, quali derivati creditizi e securitization, e lo sviluppo di modelli interni per la gestione del rischio creditizio hanno da un lato messo in evidenza le carenze, i problemi e la stessa staticità dello schema di adeguatezza patrimoniale formulato originariamente dal Comitato di Basilea nel 1988, dall’altro hanno offerto l’opportunità per una nuova riforma che estenda il riconoscimento ai modelli interni quali strumenti necessari per una misurazione dell’adeguatezza patrimoniale delle banche. Lo schema di adeguatezza patrimoniale presenta particolari limiti, tra cui il mancato riconoscimento della diversificazione di portafoglio e il mancato riconoscimento della struttura per scadenze del rischio di credito, così due esposizioni creditizie con diversa vita residua presentano lo stesso grado di rischio; ma il problema maggiore, che non è stato preso in considerazione dal Comitato di Basilea, e che ha parzialmente ovviato a questo con il documento del giugno 1999 intitolato A new capital adequacy framework, è l’applicazione di un’unica ponderazione dei crediti verso il settore 33 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] privato (pari al 100%), non considerando le differenze esistenti fra le varie imprese in termini di standing creditizio. Tali limiti inevitabili sono legati alla natura delle norme di vigilanza, le quali assumono la natura di provvedimenti statici e inevitabilmente non discriminanti, cioè estesi a tutte le banche, e devono coprire l’intera gamma di rischi. Quindi ci si auspica che i vari Paesi partecipanti al Comitato di Basilea adottino tale nuovo regime regolamentare per le banche, affinché il rischio di credito venga gestito con dinamicità, come lo è del resto la stessa realtà economica. 34 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] IL RISCHIO DI PRE-REGOLAMENTO E L’EQUIVALENTE CREDITIZIO Premessa L’attività in operazioni a termine che le banche negli ultimi hanno effettuato con crescente ritmo, e cioè interest e currency swap, options in cambi e tassi d’interesse, FRA etc., ha fatto sì che le stesse autorità abbiano previsto requisiti patrimoniali per la gestione del conseguente rischio di credito. In questo capitolo analizzo il rischio di controparte connesso alla negoziazione di strumenti che prevedono flussi di cassa differiti rispetto alla data di stipula del contratto; in particolare sarà descritto il metodo dell’<<Equivalente creditizio>> applicato alle operazioni a termine in cui il rischio di credito può essere scisso in due parti: rischio di pre-regolamento e di regolamento. 35 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 2.1 Rischio di regolamento e pre-regolamento Il rischio di credito per operazioni a termine può essere scisso in due parti, rischio di pre-regolamento e rischio di regolamento. Il rischio di pre-regolamento si riferisce all’eventuale insolvenza della controparte prima della scadenza del contratto; tale rischio è connesso all’eventualità che il valore di mercato della singola posizione sia divenuto positivo in seguito all’evoluzione del prezzo dell’attività sottostante e dunque che, in caso di insolvenza della controparte, la parte solvente sia costretta a sostituire la posizione sul mercato sopportando una perdita. Il rischio di regolamento si riferisce all’eventuale insolvenza della controparte al momento della scadenza del contratto o, più precisamente, in sede di regolamento; esso deriva, specie nel caso delle transazioni fra istituzioni residenti in paesi con fusi orari differenti, dalla non contestualità delle due prestazioni: lo sfasamento temporale genera infatti il rischio, per una delle due controparti, di perdite connesse all’insolvenza della controparte nel breve intervallo 36 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] di tempo intercorrente tra una prestazione e l’altra10. Un esempio chiarirebbe meglio la distinzione tra il rischio di regolamento e quello di pre-regolamento. Supponiamo che X acquisti a termine da Y 1000 obbligazioni alfa a tre mesi al prezzo di Lit.15.000.000 l’una; dal punto di vista di X, il rischio di preregolamento si riferisce alla possibilità che necessariamente, durante i tre mesi precedenti alla scadenza del contratto, la posizione abbia un valore positivo e, contemporaneamente, Y divenga insolvente. Così se dopo un mese i tassi di mercato sono scesi e conseguentemente le obbligazioni alfa sono salite di Lit.100.000, X sarebbe soggetto ad una perdita di Lit.100.000.000 nel caso di insolvenza di Y. Invece il rischio di regolamento si riferisce alla possibilità che Y, una volta giunta la scadenza del contratto, incassi il controvalore e sia dichiarato insolvente prima di effettuare la propria controprestazione; in tale caso la perdita riguarda l’intero ammontare della transazione. Come si nota il rischio di regolamento è quantificato dall’intero ammontare della transazione e quindi, non comporta nessun problema 10 cfr.Sironi A., 1995, La gestione del rischio di controparte: il metodo dell’equivalente creditizio, in AA.VV., 589. 37 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] di valutazione dell’esposizione, al contrario del rischio di preregolamento per il quale è necessario calcolare il costo di sostituzione della posizione che l’istituzione sosterrebbe in caso di insolvenza della controparte. Infine mentre il rischio di regolamento nelle transazioni nazionali e internazionali si è ridotto grazie alla diffusione di sistemi centralizzati di compensazione delle posizioni (Euroclear, Cedel, ecc.), il rischio di pre-regolamento è aumentato in seguito all’incremento delle transazioni e della volatilità dei tassi di interesse e di cambio11. 11 cfr.Sironi A., 1995, La gestione del rischio di controparte,590, cit. 38 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 2.2 L’approccio delle autorità di vigilanza Le autorità di vigilanza (Cee, Direttiva 647/89 del Consiglio relativa al coefficiente di solvibilità degli enti creditizi, Bruxelles, 1989) nei confronti del rischio di pre-regolamento hanno riservato alle banche la scelta tra due metodi alternativi, il metodo dell’esposizione originaria e quello definito marking to market. Il primo metodo, in quanto lega la stima dell’esposizione del rischio ad una percentuale prefissata del valore nominale con applicazione del coefficiente minimo dell8% per ottenere l’ammontare del capitale richiesto, presenta due limiti, cioè l’indipendenza della quantificazione del rischio dal valore di mercato della posizione e la stessa indipendenza rispetto alla volatilità del prezzo dell’attività sottostante. Il secondo metodo supera in parte tali limiti in quanto si fonda sulla stima composta dalla somma delle due esposizioni, corrente e potenziale. L’esposizione corrente risolve il primo limite perché muta al variare del valore di mercato della posizione (costo di sostituzione), mentre il secondo limite, cioè indipendenza del valore di mercato 39 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] dalla volatilità del valore di mercato dell’attività sottostante, è superato parzialmente dalla stima della esposizione potenziale (addon) che costituisce una percentuale prestabilita da applicarsi al valore nominale del contratto a termine (in funzione della scadenza residua dei tassi di cambio e di interesse). Tuttavia il metodo del marking to market, nell’ambito del calcolo dell’esposizione potenziale, costituisce un compromesso inevitabile per le autorità di vigilanza le quali sono costrette a richiedere, pena l’eccessiva discrezionalità di cui godrebbero i soggetti controllati, requisiti di patrimonializzazione indipendenti dalle mutevoli condizioni dei mercati; resta tuttavia il fatto che diversi tassi di cambio, così come diversi tassi di interesse, presentano livelli di volatilità differenti e mutevoli nel tempo10. Tali limiti possono essere superati dal metodo dell’equivalente creditizio. 10 cfr.Sironi A., 1995, La gestione del rischio di controparte,594, cit. 40 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 2.3 Equivalente creditizio Il metodo dell’Equivalente creditizio seguendo la logica del marking to market suddivide, per la valutazione del rischio di preregolamento, l’esposizione al rischio in corrente e potenziale11. L’esposizione corrente, come è stato detto, varia al mutare del valore di mercato della posizione in essere; l’esposizione potenziale, invece, è funzione della volatilità del prezzo (tassi di interesse e di cambio) di mercato. Quindi l’equivalente creditizio che altro non è che esposizione complessiva, risulta dalla somma di entrambe le esposizioni. Supponiamo che una banca abbia acquistato da un’altra banca a termine, in data 1/1/2000, 10mln di dollari contro lire ad un tasso di cambio di Lit.2000 il dollaro con scadenza 1/7/2000; supponiamo inoltre che in data 1/4/2000 il cambio a tre mesi lire contro dollari sia quotato 2100. Applicando il metodo dell’equivalente creditizio avremmo: Esposizione corrente (2100-2000) * 10mln= 1mld 11 cfr.Sironi A., 1995, La gestione del rischio di controparte,594, cit. 41 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Esposizione potenziale, fissato un livello di protezione del 99,5% (cioè un intervallo di confidenza pari a tre volte la deviazione standard, che supponiamo pari al 2% nell’arco di tre mesi) tale esposizione, in una logica VAR, sarebbe pari a 2100 *2%*10mln=420mln. Equivalente creditizio 1mld + 420mln= 1,420mld Questa metodologia può essere applicata anche ad altri contratti come FRA e IRS. 42 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 2.4 Due brevi esempi di calcolo dell’equivalente creditizio Per un’applicazione concreta del metodo dell’equivalente creditizio, saranno analizzati due contratti derivati molto usati nella pratica bancaria, quali forward rate agreement (FRA) e interest rate swap (IRS). Supponiamo che la banca X, in data 15 marzo 2000, abbia venduto un FRA (3,6) mesi alla controparte Y, con capitale nozionale di lire 3mld e con tasso contrattuale pari al 5%. Poiché la banca X incassa il fisso, se dopo due mesi, (cioè il 15 maggio) il tasso variabile scendesse per esempio al 4%, essa avrebbe in portafoglio una posizione positiva, e solo in questo momento sarebbe soggetta ad un rischio di pre-regolamento. Ora supponendo che il tasso z. coupon a 4 mesi fosse pari a 4,5%, il rischio di pre-regolamento per la banca X si suddividerebbe in due categorie: 43 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Esposizione corrente: [(5% - 4%) * 90/360 * 3mld] / (1 + 4,5%*4/12) = Lire 7.390.000 Esposizione potenziale: 2*0,5%*90/360*3mld = Lire 7.500.000 avendo presupposto che la volatilità mensile del tasso Fra (1,4) fosse 0,5%, e che l’intervallo di confidenza, cioè la probabilità che accadesse al 95%, fosse pari a 2. Equivalente creditizio: Lire 7.390.000 + Lire 7.500.000 = Lire 14.890.000 Se prendiamo, invece, come esempio la vendita di un IRS (riceve variabile) con scadenza originaria di 4 anni, frequenza semestrale dei pagamenti, tasso contrattuale 10%, vita residua 3 anni, nozionale 100mld, tasso swap a 3 anni 11,5% e tassi z. coupon (11% a 6 mesi, 11,2% a 1 anno, 11,5% a 1,5 anni, 11,7% a 2 anni, 12% a 2,5 anni e 12,3% a tre anni), avremmo: valore di mercato di ogni flusso: (11,5% - 10%)*100mld*180/360 = Lire 750.000.000; 44 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Esposizione corrente: 750mln/(1+11%)^1/2+750mln/(1+11%)^1+750mln/(1+11%)^3/2+7 50mln/(1+11%)^2+750mln/(1+11%)^5/2+750mln/(1+11%)^3= Lire 3.718.980.000 Esposizione potenziale: 0,5*2*1.500.000.000 = Lire 1.500.000.000 volatilità tasso swap = 0,5% worst case scenario = 2 (95% probabilità di accadimento) sensitività valore swap = 1% Equivalente creditizio: Lire 3.718.980.000 + Lire 1.500.000.000 = Lire 5218980000 45 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 2.5 Elementi creditizio Prima di che individuare influiscono gli elementi sull’Equivalente che influiscono sull’Equivalente creditizio, c’è da dire che l’esposizione corrente di un contratto a termine è nulla al momento della stipulazione del contratto, se la posizione è posta in essere in un mercato efficiente; al contrario l’esposizione potenziale è massima al momento della stipula del contratto, supponendo una costanza della volatilità del prezzo dell’attività sottostante, ed un conseguente rischio maggiore in caso di una vita residua abbastanza lunga (ovviamente diminuito al ridursi della stessa vita residua). Un’ultima considerazione riguarda il grado di correlazione imperfetta dei prezzi, in cui tale componente è presa in considerazione soltanto nel caso dei rischi di mercato, in quanto la correlazione riduce il grado di rischio complessivo. Nel rischio di preregolamento la correlazione imperfetta è presa in considerazione solo per le transazioni con la medesima controparte12. Se ne desume che l’esposizione ai rischi di mercato può essere ridotto con politiche di hedging, mentre nel rischio di pre-regolamento l’unica possibilità 12 cfr.Sironi A., 1995, La gestione del rischio di controparte,603, cit. 46 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] d’incidenza è rappresentata da accordi di compensazione (netting) bilaterale delle diverse posizioni nei confronti della medesima controparte13. Tra gli elementi contrattuali che influiscono sull’equivalente creditizio, e quindi sull’esposizione al rischio di pre-regolamento, abbiamo14: La scadenza del contratto: contratti che presentano una scadenza elevata, a parità di condizioni, presentano un’esposizione potenziale maggiore, in quanto la stessa volatilità del prezzo ad essi associata risulta più elevata. La scadenza dello strumento sottostante: sempre a parità di condizioni, contratti a termine aventi “sottostanti” con scadenza più elevata presentano un’esposizione potenziale maggiore in quanto la stessa volatilità del prezzo risulta maggiore. La frequenza dei pagamenti: contratti che prevedono più flussi di cassa futuri (IRS, interest rate cap, floor, etc.), a parità di altre condizioni, presentano una minore esposizione potenziale. Questo perché si ha un rientro più veloce di un eventuale valore di mercato 13 14 cfr.Sironi A., 1995, La gestione del rischio di controparte,599, cit. cfr.Sironi A., 1995, La gestione del rischio di controparte,600-601, cit. 47 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] positivo della posizione, e poi perché i singoli flussi, avendo una scadenza mediamente più ridotta, presentano una minore volatilità del rispettivo valore di mercato. 48 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 2.6 Conclusioni Sembra, dunque, che l’equivalente creditizio come si è visto, a differenza dei metodi tradizionali e statici, permette una valutazione marking-to-market delle posizioni, e questo anche perché tale metodologia fissa un legame tra il rischio di insolvenza della controparte e la volatilità del prezzo dell’attività sottostante, facendo sì che la stessa valutazione del rischio di credito cambi al variare dei fattori di mercato. Ovviamente tale metodologia implica costi di organizzazione e operativi non indifferenti, compresi i supporti informativi necessari all’acquisizione di dati periodici relativi al valore di mercato delle singole posizioni e volatilità dei prezzi; tuttavia i vantaggi che ne derivano saranno ovviamente maggiori, soprattutto in termini monetari, in quanto tale aspetto del rischio di credito, insieme ad altri quali rischio di regolamento, rischio paese e di concentrazione, costituisce ancora un costo rilevante per le banche. 49 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] I DERIVATI CREDITIZI Premessa Negli ultimi anni le banche hanno vissuto una rapida mutazione, dovuta soprattutto all’innovazione finanziaria che ha permesso al management bancario di coprirsi dai rischi, nei nuovi scenari di mercato, e di sfruttarne le opportunità grazie all’introduzione dei derivati finanziari. Questi strumenti, che permettono agli operatori di coprirsi dai rischi di mercato (quali rischio di interesse, cambio e prezzi) o, eventualmente, di effettuare speculazioni su di essi, nati negli anni ’70 e sviluppatisi soprattutto negli anni ’80 e ’90 nei mercati anglosassoni, sono diventati i mezzi più economici e più veloci con i quali poter prendere posizione e coprirsi da eventuali variazioni sfavorevoli dei fattori di mercato. Tali strumenti, tuttavia, hanno attraversato un percorso di espiazione per essere prima accettati e poi mitizzati15. 15 Monti E., Credit derivatives: anatomia di un successo, 1999,Bancaria n.3, p.56. 50 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Lo stesso possiamo dire per i derivati creditizi, noti col termine anglosassone credit derivatives16, che hanno raggiunto un volume iniziale di 70 miliardi di dollari e che presentano un potenziale di crescita enorme17. Secondo la stima della British Banckers’Association, il solo mercato di Londra entro il 2000 potrebbe raggiungere 1.200 miliardi di dollari18. In generale, i derivati creditizi rappresentano una famiglia di contratti che consentono di isolare e negoziare il rischio di credito relativo a una determinata attività finanziaria, senza che l’attività stessa venga trasferita, come avviene con il factoring e la stessa securitization, e senza ricorrere ad un contratto di garanzia personale o reale. I derivati creditizi sono destinati a diventare gli strumenti più importanti per la gestione del rischio creditizio e, al pari dei derivati finanziari per i rischi di mercato, sono operazioni caratterizzate da un elevato grado di personalizzazione e operatività sui mercati over-thecounter. Il rischio di credito, inteso come il rischio che un debitore non sia in grado, in tutto o in parte, di ripagare il proprio debito, e’ il 16 Hattori P.K., The Chase guide to credit derivatives in Europe, Chase Manhattan International Ltd, 1996, Londra. 17 British Banckers’ Association, BBA Credit derivatives report, novembre 1996, Londra, p.7. 51 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] rischio più antico e più pesante a cui è esposta una banca. Esso è presente nelle tradizionali operazioni di prestito, nel peggioramento del merito creditizio degli emittenti dei titoli detenuti in portafoglio e anche negli stessi contratti derivati. Infine possiamo affermare che se anche le crisi dei mercati in Russia e in Indonesia, nella seconda metà del ’98, hanno raffreddato l’entusiasmo di tali strumenti, il superamento di determinati ostacoli, legati a problemi tecnici e giuridici delle operazioni stesse, potrebbe consentire ai credit derivatives di ricoprire un significativo ruolo di nicchia all’interno dei mercati finanziari19. 18 19 British Banckers’ Association, BBA Credit derivatives report,1996. cit. Drago D., 1998, Gli strumenti per la gestione del rischio di credito: i credit derivatives, in AA.VV., La misurazione e la gestione del rischio di credito (a cura di Sironi A., Marsella M. ), Bancaria, Roma, p. 349. 52 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 3.1 La struttura del mercato e i limiti allo sviluppo dello stesso La valutazione del grado di diffusione e dei volumi scambiati dei derivati creditizi non è molto semplice, poiché non è semplice la stessa classificazione dei credit derivatives, ossia se una particolare fattispecie rientra nei medesimi. Non è altresì facile valutare un mercato non ancora globalmente regolamentato, ossia un mercato over-the-counter: che risulta pertanto un mercato poco trasparente. L’unica cosa certa è che il mercato tende a crescere in modo esponenziale, così risulta da una stima della British Banckers Association in un rapporto del 199620; infatti lo stesso mercato, che fino a qualche anno fa risultava poco liquido, e causa di uno scoraggiamento degli operatori, oggi risulta più attivo e liquido. La spinta iniziale è venuta da grosse banche d’affari come Bankers Trust, Chase Manhattan e JP Morgan, ma la recente liquidità è da attribuirsi ad un consistente ingresso di altre banche, resesi conto delle opportunità che tali prodotti offrono21. 20 British Banckers’ Association, BBA Credit derivatives report,1996. cit. Zullo F., 1999, I derivati creditizi: aspetti tecnici, in AA.VV., (a cura di Szego G., Varetto F. ), Il rischio creditizio, UTET, Torino, p.496. 21 53 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Oggi negli Stati Uniti vi sono molte istituzioni finanziarie che operano in qualità di market makers, e quindi rendono lo stesso mercato liquido e appetibile; infatti i tagli delle operazioni vanno da 10 milioni di dollari a 1 miliardo di dollari. Tuttavia tale mercato potrà raggiungere la “sua” vera globalizzazione solo nel momento in cui gli stessi contratti saranno standardizzati e potranno essere prezzati gli stessi premi che il protection buyer (compratore di protezione) paga al protection seller (venditore di protezione). Nonostante ciò vi sono dei limiti allo sviluppo del mercato dei credit derivatives, dovuti a22: 1. puntuale definizione del credit event e del trigger event; 2. regolamentazione, nel senso che la normativa in tema di adeguatezza patrimoniale per il rischio di credito non riconosce ancora i benefici effetti di hedging sul portafoglio crediti forniti dai derivati creditizi. 3. difficile valutazione del pricing del premio da pagare o incassare quando si acquista o si vende protezione. 22 Monti E., Credit derivatives: anatomia di un successo, cit., p.67. 54 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 4. cultura, in quanto il rischio di credito non sembra aver guadagnato quell’attenzione prioritaria, essendo gestito con tecniche tradizionali di valorizzazione della qualità degli impieghi e attraverso l’applicazione di metodologie che non si evolvono alla stessa velocità di cambiamento del mercato23. Tuttavia tali limiti non hanno ostacolato, più di tanto, lo sviluppo di quelli che, ad oggi, rappresentano efficienti strumenti di gestione e controllo del più antico e problematico rischio che le banche affrontano dalla loro nascita, il rischio di credito. 23 Scardovi C., Pellizzon L., Iannaccone M., 1998, Pianificare il credito e gestirne il rischio con i credit derivatives, in Banche e Banchieri n.1, p.103. 55 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 3.2 Definizione ed elementi contrattuali comuni alle varie tipologie Come abbiamo già detto sopra, i credit derivatives sono contratti che hanno ad oggetto il trasferimento del rischio di credito senza il trasferimento del credito sottostante. La parte che assume il rischio è nominata protection seller, mentre l’altra parte è nominata protection buyer. Prima di passare alla definizione e classificazione delle varie fattispecie, è necessario definire una serie di elementi comuni alle varie tipologie; in ciò è necessario fare riferimento alle prescrizioni dell’ISDA (International swap and derivatives association) che è un’associazione, con sede a New York, che riunisce i principali operatori del mercato dei derivati over the counter. Protection buyer: è il soggetto che stipula il credit derivative, al fine di eliminare o ridurre la sua esposizione al rischio di credito dell’emittente l’attività sottostante. Protection seller: è il soggetto che si espone al rischio di credito del soggetto di riferimento (reference entity) vendendo protezione. Titolo sottostante: costituisce l’attività finanziaria dal cui rischio di 56 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] credito ci si vuole proteggere. Tale attività sottostante può essere un credito commerciale, un prestito bancario, obbligazioni di imprese o enti pubblici, titoli di Stati Sovrani, debiti delle economie emergenti o anche lo stesso rischio di controparte generato da altri derivati. Titolo di riferimento: costituisce l’attività finanziaria a cui il derivato creditizio si riferisce, per determinare l’an e il quantum del pagamento, qualora l’attività sottostante, dal cui rischio di credito ci si vuole proteggere, non si è quotata sul mercato; in questo caso l’oggetto del credit derivative non è più l’attività sottostante ma un titolo similare, facilmente quantificabile. Soggetto di riferimento (reference entity): il soggetto emittente il titolo di riferimento. Se il titolo di riferimento, come suesposto, differisce dal titolo sottostante, allora può accadere che il soggetto di riferimento differisca dal soggetto emittente il titolo sottostante. Credit event: l’evento al cui verificarsi è condizionato il sorgere dell’obbligazione di pagamento previsto nel contratto; è rilevante solo in alcuni credit derivatives, come credit default swap, tror swap e certi tipi di credit linked note. Recovery value: è il valore che il titolo di riferimento ha dopo il verificarsi del credit event. 57 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Credit event payment: costituisce l’ammontare dovuto dopo il verificarsi del credit event, le cui modalità di calcolo sono definite nel contratto. La descrizione di qualunque contratto derivato comporta l’indicazione dell’attività sottostante che, come detto sopra, può essere qualsiasi attività finanziaria, e nel caso dei credit derivatives essa altro non è che un <<nome>>, ossia un soggetto, impresa o anche Stato Sovrano nei confronti del quale esiste un’esposizione creditizia24. Tale soggetto è denominato reference entity, che solitamente è tradotto in soggetto di riferimento o nominativo di riferimento.Esso normalmente non è parte del contratto derivato creditizio, anzi la maggior parte delle volte è all’oscuro dell’avvenuta transazione. A differenza dei financial derivatives, il payoff del derivato creditizio non dipende dal movimento dei prezzi del sottostante ma dal verificarsi di un credit event della reference entity, ossia un evento che esprime la potenziale o attuale insolvenza del soggetto di riferimento, o anche il peggioramento del suo merito creditizio. L’ISDA ha individuato otto ipotesi di credit event, cioè: 24 Drago D., 1998, Gli strumenti per la gestione del rischio di credito, cit. p.351. 58 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Banckruptcy, cioè l’assoggettamento del soggetto di riferimento a una qualsiasi forma di procedura concorsuale o la cessazione della sua attività. Credit event upon merger, fa riferimento a eventi come fusioni e incorporazioni, che comportino un peggioramento sostanziale del rischio di credito relativo al nuovo soggetto nascente dalla fusione o incorporazione. Cross acceleration: ogni inadempimento contrattuale, diverso dal mancato pagamento di denaro, che abbia portato la perdita del beneficio del termine in relazione a obbligazioni di pagamento a chiunque e sempre che tali obbligazioni risultino inadempiute dopo la decadenza del beneficio del termine. Cross default: ogni inadempimento contrattuale, diverso dal mancato pagamento di denaro, che comporti la possibilità della perdita del beneficio del termine in relazione a obbligazioni di pagamento a chiunque dovute. Downgrade: perdita del rating o sua diminuzione al di sotto di un livello predeterminato. Failure to pay: mancato pagamento di un’obbligazione, di norma al di sopra di un certo ammontare ritenuto significativo dalle parti. 59 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Repudiation: disconoscimento o contestazione della validità di obbligazioni di pagamento. Restructuring: cioè eventi come moratoria, posticipazione, proroga, rinegoziazione di obbligazioni di pagamento aventi l'effetto di peggiorare il rischio di credito o il rendimento del detentore delle obbligazioni stesse. Le parti, quindi, possono scegliere una di queste ipotesi come credit event, al verificarsi del quale sorge un obbligazione di pagamento in capo al protection seller, il quale assume il rischio di credito in favore del protection buyer contro pagamento di una commissione all’inizio del contratto o “spalmata” durante la vita dello stesso25. Non è nemmeno necessario che il protection buyer abbia un’esposizione creditizia nei confronti della reference entity, il compratore, infatti, potrebbe volere effettuare speculazioni al verificarsi del credit event. I flussi di cassa generati dal credit derivative dipendono dalla variazione di prezzo del titolo di riferimento indicato nel contratto, e il compito di effettuare tali valutazioni è effettuato dal calculation agent, 25 Monti E., Credit derivatives: anatomia di un successo, cit., p.57. 60 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] indicato nel contratto, che può essere esterno ad esso o può coincidere con una delle parti. In realtà il credit event è riferito all’attività sottostante e quindi, come è naturale per ogni contratto derivato, i flussi di cassa generati dal credit derivative dipendono dalla variazione di prezzo del titolo sottostante; tuttavia qualora la valutazione del titolo sottostante non possa essere effettuata perché, per esempio, lo stesso non è un titolo, come può essere un prestito, o non è un titolo quotato sul mercato, oggetto del credit derivative è il titolo di riferimento, che è similare all’attività sottostante, e quindi il soggetto di riferimento differisce dall’emittente l’attività sottostante. I credit derivatives si suddividono in due gruppi: credit-default products replication products La prima categoria di strumenti consente il trasferimento del solo rischio di credito al verificarsi di un credit event che colpisca un determinato soggetto indicato nel contratto. I credit-default products originano un payoff soltanto in conseguenza di un credit event. Lo strumento più diffuso è il credit default swap. 61 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] I replication product consentono di creare sinteticamente una o più attività sensibili al rischio di credito con vantaggi in termini di efficienza e di abbattimento dei costi. Il payoff dei replication product dipende dai flussi di cassa e dall’andamento del prezzo del titolo di riferimento e quindi non si verifica solo in caso di credit event. Lo strumento più diffuso è costituito dal total return swap26. 26 Drago D., 1998, Gli strumenti per la gestione del rischio di credito, cit. p.354. 62 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 3.3 I rischi nei derivati creditizi I derivati creditizi, come tutti i derivati, presentano determinati profili di rischio, quali: rischio operativo: esso consiste nella possibilità che un operatore assuma, di sua iniziativa, posizioni speculative non autorizzate con effetti dirompenti; da ciò si capisce l’importanza della costituzione di un rigoroso sistema di controlli interni che non dia eccessiva discrezionalità e potere a singoli soggetti27; rischio di controparte: il rischio di controparte, paradossalmente, è presente anche nei credit derivatives che, appunto, coprono il rischio di credito presente nelle varie posizioni creditorie, e ciò in quanto una delle parti del contratto derivato potrebbe non adempiere la sua obbligazione, se in posizione debitoria. Tuttavia questa è una eventualità remota perché dovrebbe essere insolvente anche l’intermediario che ha curato il buon fine della transazione; rischio di liquidità: è presente in coloro che emettono contratti derivati, o assumono posizioni speculative, e non vi è l’esistenza di un 27 Zullo F., 1999, I derivati creditizi: aspetti tecnici, cit, p. 498. 63 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] mercato secondario liquido che permetta lo smobilizzo di posizioni diventate eccessivamente onerose oppure soddisfacenti per monetizzare i guadagni; rischio legale: si ha nel momento in cui non vi è regolamentazione di un prodotto, così un eventuale azione giudiziale promossa da una controparte può comportare la nullità del contratto28. È necessaria, quindi, una disciplina di tali prodotti che possa risolvere il primo e il quarto rischio, affinchè il mercato dei derivati creditizi possa svilupparsi globalmente, cossicchè anche lo stesso rischio di liquidità venga meno. 28 Zullo F., 1999, I derivati creditizi: aspetti tecnici, cit, p. 499. 64 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 3.4 Tipologie varie Tenteremo di classificare le varie tipologie di derivati creditizi fra i più comuni e più utilizzati tra i vari operatori nelle varie negoziazioni. 3.4.1 Credit defaul swap Il credit default swap semplice è un contratto in base al quale il promittente, verso il pagamento di un premio, si impegna ad eseguire un pagamento predeterminato in favore di un promissario al verificarsi di un evento futuro e incerto, che esprime il deterioramento del profilo creditizio di un terzo29. Quindi da tale definizione si rileva che, nel credit swap default, il promissario (protection buyer) paga un premio periodico espresso in punti base rispetto al nozionale e funzione della probabilità del verificarsi dell’evento, e riceve dal promittente (protection seller), che acquista un’esposizione creditizia (rischio di riferimento) nei confronti 29 Nassetti C. F., 1998, I contratti derivati di credito, Giuffrè, Milano, p.19. 65 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] della reference entity, un pagamento condizionato al verificarsi di un evento creditizio (credit event) riguardante la reference entity. Tale evento creditizio può consistere, non solo in un mancato pagamento del soggetto di riferimento o di una dichiarazione giudiziale di insolvenza, oppure dell’instaurarsi di una procedura concorsuale, ma anche nella variazione del suo rating creditizio; inoltre il protection buyer riceve copertura solo dal rischio di credito ma non dal rischio di prezzo. L’importo nozionale è il valore di riferimento dello swap che consente la determinazione dell’ammontare dovuto dal protection seller al verificarsi del credit event. Generalmente il credit event si considera avvenuto soltanto quando esistono informazioni pubbliche diffuse da quotidiani a larga diffusione o reti di informazioni elettroniche, quali Reuters o Bloomberg30. Tuttavia ciò non basta a rendere dovuto il credit event payment, ma è necessaria la cosiddetta materialità (materiality), cioè il credit event deve produrre una perdita di valore del titolo di riferimento; tale perdita di valore, necessariamente per ridurre elementi di discrezionalità, non deve essere inferiore ad una certa 66 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] percentuale del titolo stesso, altrimenti non scatta l’obbligo del protection seller. Se l’evento si verifica si ha il regolamento del contratto, che può essere effettuato in due modi: pecuniario e fisico. Secondo il metodo di regolamento pecuniario il credit payment default può essere calcolato con due diversi procedimenti, cioè in base al valore che ha perso il titolo di riferimento (credi default swap floating), oppure in base ad una percentuale stabilita del valore del nozionale (credit default swap fixed). Secondo il primo procedimento (floating), una volta determinato il valore che il titolo di riferimento ha dopo il credit event (recovery value), l’ammontare che il protection seller deve corrispondere al protection buyer (credit event payment) è pari, per i titoli quotati, al prodotto del valore del nozionale del contratto per la diminuzione percentuale subita dal titolo di riferimento: CEP= N*(Vi-Rv)/100 CEP= Credit event payment; N = Valore nozionale del contratto (titoli quotati hanno valore nominale pari a 100); 30 Monti E., Credit derivatives: anatomia di un successo, cit., p.57. 67 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Vi = valore iniziale del titolo di riferimento al momento della stipulazione del contratto; Rv = recovery value. Per quanto riguarda i titoli non quotati: CEP=Pi-Rv Pi = valore iniziale del credito di riferimento Rv= recovery value del credito di riferimento Secondo il procedimento fixed, che è attuato qualora non è possibile stimare la perdita, perché trattasi di titoli non quotati o di prestiti bancari, il credit payment event è calcolato a priori ed è una percentuale del valore del nozionale, pari, cioè, alla differenza tra il valore iniziale del titolo di riferimento e il recovery value atteso. Il metodo di regolamento fisico consiste nella consegna fisica, da parte del protection buyer, del titolo di riferimento al protection seller, contro un ammontare pari al valore nominale del credito. È irrilevante che le parti abbiano rapporti creditizi con la reference entity, ben potendo il contratto costituire uno strumento di speculazione e non di copertura. 68 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 3.4.2 Credit default option La credit default option può essere definita come un contratto in forza del quale le parti rendono irrevocabile la proposta del contraente vincolato (protection seller), lasciando all’altra parte (protection buyer), che è obbligata a pagare il premio, il diritto di concludere il contratto subordinatamente al verificarsi di un evento futuro ed incerto, che esprime il deterioramento del profilo creditizio di un terzo31. Generalmente la option è put, e ciò sta a significare che nel momento in cui si verifica il credit event, il protection buyer ha il diritto, ma non l’obbligo, di trasferire il titolo di riferimento al protection seller contro il ricevimento del valore nominale dello stesso. Se il credito da trasferire non riguarda un titolo ma un determinato credito, al verificarsi del credit event il protection seller diviene cessionario dello stesso. Tuttavia la credit swap option può essere anche di tipo call, facendo sì che al verificarsi del credit event il protection buyer può esercitare tale opzione e acquistare, a suo 31 Nassetti C. F., 1998, I contratti derivati di credito,cit.,p.47. 69 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] piacimento, titoli primari, diversi dal titolo di riferimento, ad un prezzo scontato. 3.4.3 Total rate of return of swap Il tror swap consiste in un accordo in base al quale il protection buyer (total return payer) si impegna ad effettuare dei pagamenti il cui ammontare equivale a) ai pagamenti eseguiti da un terzo (rischio di riferimento) in relazione ad uno specifico debito (titolo di riferimento); b) alle variazioni del valore di mercato del titolo di riferimento in aumento rispetto al valore che esso aveva alla conclusione del contratto di swap. In cambio il protection seller (total return receiver) si impegna ad effettuare dei pagamenti il cui ammontare consiste: a) in una somma periodica determinata applicando un tasso di interesse di riferimento ad un capitale nozionale pari all’ammontare del titolo di riferimento; b) nelle variazioni del valore di mercato del titolo di riferimento in diminuzione rispetto al valore che esso aveva alla conclusione 70 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] del contratto di swap32. Gli elementi essenziali del Tror swap sono: capitale nozionale; frequenza dei pagamenti; modalità di determinazione dei due distinti flussi di pagamento; scadenza del contratto. Generalmente la struttura finanziaria più utilizzata di tale contratto è quella che prevede due flussi finanziari, di cui uno indicizzato ad un tasso di riferimento (Libor o un altro tasso interbancario) maggiorato di uno spread, e l’altro indicizzato ad un’attività finanziaria, titolo di riferimento, solitamente un prestito bancario o un titolo di debito. Il soggetto che paga il rendimento del titolo di riferimento e riceve pagamenti indicizzati ad un tasso di riferimento (Libor) è nominato total return payer, mentre l’altro che esegue pagamenti indicizzati al Libor e riceve, dal total return payer, il rendimento del titolo di riferimento, è nominato total return receiver. 32 Nassetti C. F., 1998, I contratti derivati di credito, cit., p.52. 71 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Il total return swap, che significa scambio del rendimento totale, può essere effettuato secondo due varianti: la prima prevede, nel caso di un titolo obbligazionario come attività di riferimento, pagamenti periodici con un pagamento finale del rendimento totale (total return), l’altra prevede pagamenti periodici del rendimento totale. In base alla prima variante al termine di ogni periodo il payer e il receiver si scambieranno i flussi di interesse, mentre alla scadenza del contratto swap, o in caso di credit event del soggetto di riferimento, il payer pagherà il capital gain al receiver se il titolo di riferimento si sarà apprezzato, oppure riceverà il capital loss se il titolo di riferimento si sarà deprezzato. Un esempio potrà chiarirne la struttura: supponiamo che una società ALFA abbia in portafoglio titoli obbligazionari per un valore di 10 milardi emessi dalla società BETA, e voglia proteggersi dal rischio di una svalutazione di tali titoli stipulando un Tror swap con la società GAMMA; il titolo obbligazionario (titolo di riferimento) è quotato sul mercato a 102 nominale e corrisponde interessi periodici semestrali del 5%, il tasso di riferimento indicizzato che il receiver GAMMA (protection seller) dovrà pagare al payer ALFA (protection buyer) è il Libor maggiorato di uno spread pari al 1% e infine il 72 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] contratto ha la durata di 3 anni. Ora ogni semestre il payer riceve dal receiver Lit. 10 miliardi*(Libor+1%)/2 e paga allo stesso Lit. 10 milardi*5%/2=Lit. 250.000.000; se alla fine dei 3 anni il titolo valesse 98 nominali, oltre allo scambio di pagamenti, il payer riceverà dal receiver, come total return, ((102-98)/102)*10 miliardi=Lit.392.156.000, mentre se il titolo valesse 103, per esempio, il payer dovrà pagare al receiver ((103-102)/102)*10 milardi=Lit. 98.039.000. La seconda variante, utilizzando lo stesso esempio, prevede che il total return, alla fine di ogni semestre, sia pari, per il payer, alla somma algebrica degli interessi (Lit. 250.000.000.) e della variazione percentuale positiva (capital gain) del titolo di riferimento, mentre per il receiver alla somma algebrica degli interessi (Lit. 10 miliardi*(Libor+1%)/2) e della variazione percentuale negativa (capital loss) del titolo di riferimento. Da tale esempio si può dedurre che il tror swap non trasferisce solo il rischio di credito, ma anche il rischio di mercato; infatti le variazioni di prezzo non derivano solo dalle variazioni del rating della reference entity, ma anche dalla variazione della struttura dei tassi di interesse (risk free) e, se il titolo è in valuta, da variazioni del rischio di cambio. 73 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Generalmente si prevede che il Tror abbia fine anche prima della scadenza, qualora si verifichi un credit event; quindi l’ultimo flusso deriva dalla valutazione del titolo di riferimento dopo il credit event. Un’ultima considerazione riguarda i soggetti che stipulano contratti Tror swap in qualità di receiver; questi hanno l’opportunità di sfruttare l’effetto leverage in quanto investendo poco capitale (flussi di capitale indicizzati al Libor) riescono a ottenere un rendimento su un pool di assets: è il caso degli hedge funds. 3.4.4 Credit spread swap Il credit spread swap è il contratto in forza del quale una parte si obbliga ad effettuare il pagamento di una somma di denaro, qualora aumenti il differenziale tra il valore di un titolo di riferimento ed un indice che rappresenta il profilo creditizio di un terzo, e l’altra parte si obbliga ad effettuare il pagamento di una somma di denaro qualora detto differenziale diminuisca33. 33 Nassetti C. F., 1998, I contratti derivati di credito, cit.,p.62. 74 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] La descrizione della fattispecie necessiterebbe un esempio. Supponiamo che l’impresa ALFA abbia in portafoglio titoli obbligazionari dell’impresa BETA, e che tali titoli gli fruttino un interesse annuo superiore del 2% rispetto a titoli senza rischio, espressi nella stessa divisa, come potrebbero essere i titoli di stato. Se ALFA vuole assicurarsi un’adeguata remunerazione nel tempo, in modo che la stessa variazione del profilo creditizio di BETA gli assicuri lo stesso rendimento, può concludere un contratto di credit spread swap con GAMMA in base al quale quest’ultimo si obbliga a pagare a ALFA la differenza positiva tra il margine iniziale esistente tra i titoli emessi da BETA e i titoli di stato (in questo caso il 2%) e lo stesso margine esistente in una data successiva; ALFA nello stesso tempo si obbliga a pagare a GAMMA la stessa differenza se negativa. Se alla data prefissata nel contratto il rating di BETA fosse peggiorato, e quindi lo spread richiesto fosse del 2,5%, GAMMA dovrebbe pagare ad ALFA il margine dello 0,5% calcolato sui titoli BETA, per ricompensargli della perdita di valore dei titoli; e viceversa, nel caso in cui la differenza fosse positiva a causa di un miglioramento del profilo creditizio di BETA. In tale credit derivative il pagamento dovrebbe essere calcolato utilizzando il concetto di 75 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] duration dello spread, ossia la variazione del titolo di riferimento al variare di un punto % dello spread. Nell’esempio sopra citato, supponiamo che la duration sia 4, il controvalore dei titoli BETA 50.000.000 di sterline e la variazione 0.5%, come nell’esempio, il pagamento di GAMMA in favore di ALFA sarà: 50.000.000 sterline * 4* 0,5%= 1.000.000 sterline Da tale esempio si intuisce che ciò che le parti si scambiano è il margine creditizio tra il rendimento di un’attività finanziaria rischiosa e un’altra che non lo è, come potrebbe essere il caso dei titoli di Stato. Tuttavia il credit spread swap potrebbe essere utilizzato, come è il caso di un’impresa che si finanzia sul mercato, per evitare che il deterioramento della propria struttura finanziaria comporti un incremento dei costi di finanziamento; il modo di coprirsi da tale rischio fa sì che tale credit derivative differisce dall’IRS in quanto è indipendente dai tassi di mercato. Un esempio potrà chiarire ciò detto. Supponiamo che l’impresa ALFA abbia bisogno di finanziarsi per un periodo di quattro anni chiedendo finanziamenti alla banca X, e immaginiamo che in base al suo profilo creditizio la banca gli potrà concedere un prestito ad un tasso pari ad un BTP a 5 anni più uno 76 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] spread del’1% rivedibile ogni anno. ALFA, accettando, se vuole coprirsi dal rischio che un deterioramento del suo rating comporti una revisione delle condizioni contrattuali, e quindi la richiesta di uno spread maggiore, può stipulare un credit spread swap con un terzo, per un periodo di quattro anni o comunque per il tempo in cui vuole tutelarsi, in cui paga l’1% e riceve, annualmente, la differenza tra il rendimento di un’attività con rischio analogo e quello di un BTP. Se lo spread a fine anno è aumentato, supponiamo sia il 2%, potrà coprire tale aumento del costo di finanziamento, pari all’1%, con il guadagno derivante dallo swap, pari all’1%; nel caso contrario il guadagno, cioè il minor costo di finanziamento, sarà compensato dalla perdita sullo swap. Come si evince, anche tale fattispecie, come il Tror swap, non è legata direttamente ad un credit event. 3.4.5 Credit spread option La credit spread option è il contratto in forza del quale una parte acquista il diritto, ma non l’obbligo, di concludere un credit spread 77 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] swap a condizioni predeterminate, la cui perfezione dipende esclusivamente dalla sua scelta, senza necessità di ulteriore intervento da parte del venditore dell’opzione34. Questo contratto non necessariamente è legato ad un credit event che può condizionare le relative obbligazioni, come succede nel credit default option e nel credit default swap. Generalmente un’opzione può essere call oppure put, e questo è anche il caso della credit spread option. Nel caso dell’ultimo esempio del paragrafo precedente, l’impresa ALFA avrebbe potuto acquistare una call sullo spread, con uno strike dell’1%, esercitandola nel momento in cui lo spread tra titolo di riferimento e il BTP fosse aumentato, oppure non esercitandola nel caso contrario, beneficiando, quindi, di una riduzione, al netto del premio pagato per l’opzione, del costo del finanziamento. Nel caso di un’opzione put il compratore può anche speculare sulle aspettative degli spread, esercitando l’opzione nel caso in cui lo spread diminuisse. 34 Nassetti C. F., 1998, I contratti derivati di credito, cit., p.73. 78 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 3.4.6 Credit linked note La credit linked note risulta assimilabile ad un titolo obbligazionario, la cui particolarità sta nel fatto che il pagamento del capitale a scadenza e degli interessi è condizionato dal pagamento del capitale e degli interessi di un titolo di riferimento emesso da un terzo (rischio di riferimento)35. Le credit linked note sono assimilabili ai cosiddetti titoli strutturati, che sono titoli derivanti dalla combinazione di un’obbligazione con uno strumento derivato. Gli strumenti derivati generalmente utilizzati sono il credit defaul swap ed il Tror swap. L’emittente della “note” è un intermediario ad altissimo rating, oppure Special Purpose Vehicle (SPV), che è una società creata ad hoc. La peculiarità di tale operazione consiste nel fatto che una SPV emette delle obbligazioni (notes), solitamente a breve termine, acquistate dagli investitori, e utilizza i proventi acquisiti dall’emissione per l’investimento in titoli ad elevatissimo rating (condizione importantissima parleremo in seguito) di cui ne come lo sono i titoli di Stato, a garanzia dell’emissione stessa. Nello stesso istante lo SPV stipula un credit 35 Nassetti C. F., 1998, I contratti derivati di credito, cit., p.77. 79 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] default swap con un terzo che possiede crediti in portafoglio e vuole tutelarsi dal rischio di credito, nel senso che teme un degrado del profilo creditizio dei suoi debitori. In tale modo il terzo (che è un protection buyer) paga un premio allo SPV che è un protection seller in nome proprio ma per conto degli investitori. Gli investitori ricevono, come compenso del loro investimento, gli interessi derivanti dall’investimento effettuato dallo SPV in titoli ad elevatissimo rating (titoli di Stato), più il premio che il terzo (protection buyer) versa allo SPV. Con questa struttura l’investitore avendo incorporato il rischio di credito (rischio di riferimento) del titolo di riferimento (i crediti del terzo) riceve un rendimento molto alto rispetto alla somma investita. Quindi dal punto di vista dell’investitore l’acquisto di una note equivale alla sottoscrizione di un’obbligazione ordinaria e, nello stesso istante, alla stipulazione di una credit default swap in qualità di protection seller. Se si verifica il credit event, ad esempio il terzo fallisce, la note si estingue anticipatamente e gli investitori, ciascuno, ricevono una somma pari alla differenza tra il valore nominale della note e il pagamento dovuto dallo SPV, in qualità di protection seller, 80 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] al terzo. Un esempio è necessario per agevolare la comprensione della fattispecie. Supponiamo che la banca ALFA abbia in portafoglio prestiti obbligazionari emessi dalla società X del valore di 1mld di yen aventi rating BBC, e voglia tutelarsi da un eventuale deterioramento del profilo creditizio degli stessi creando ad hoc uno SPV la quale emette credit defaul notes a due anni del valore di 200 mln di yen, che vengono acquistati dalla società BETA (investitore). Nello stesso tempo SPV investe questi 200mln di yen in titoli di Stato, a garanzia dell’investitore, con rendimento pari al 2% annuo e versato direttamente a BETA. Supponiamo che il contratto abbia come credit event il fallimento del soggetto di riferimento (società X) e come CEP (credit event payment) la differenza tra il valore iniziale delle obbligazioni, 1mld di yen, e il recovery value. SPV riceve come premio da ALFA, e trasferisce a BETA, 1,5% annuale di premio, in modo che BETA faccia un investimento con una leva finanziaria (leverage) pari a 5 (1mld/200mln) e un rendimento pari a 9,5% (15.000.000 di premi pagati da ALFA più 4.000.000 di rendimento dei titoli di Stato, il tutto diviso 200.000.000). 81 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] In realtà non è casuale che SPV abbia emesso 200.000.000 milioni di notes e non un miliardo, in quanto è stato supposto, quindi a nostro piacimento, che per i titoli della società X avente rating BBC c’è solo una piccola percentuale, ad esempio del 3%, che il valore della perdita sia superiore a 200.000.000 di yen, cioè il 20%. Se per esempio il valore della perdita fosse superiore al 20%, SPV non sarebbe in grado di onorare in pieno, in qualità di protection seller, le obbligazioni derivanti dal credit defaul notes, e quindi fallirebbe (Figura 1). Fig. 1 Esempio di Credit Default Note. Da tale struttura si può notare che quando la “note” prevede una leva, la copertura non sia totale. Il meccanismo di emissione di un total return credit linked note è uguale al credit default note. 82 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 3.4.7 Altre tipologie di derivati creditizi Con l’innovazione sempre più crescente le varie tipologie di derivati creditizi stanno aumentando col passare degli anni; elenchiamo sotto alcuni dei più recenti36: Basket linked credit default swap: trattasi di una variazione rispetto al credit default swap in quanto offrono una protezione maggiore, verso un paniere di titoli di emittenti diversi, ad un prezzo basso, visto che il protection buyer riceve il pagamento (credit event payment) non appena almeno uno di tali emittenti divenga insolvente. One or zero notes: tali titoli sono venduti ad un forte sconto rispetto al valore nominale e si differenziano dalle basket linked per il payoff binario (se per un titolo di riferimento si verifica, prima della scadenza, il credit event previsto nel contratto il protection buyer perde il suo capitale, altrimenti il rimborso avviene alla pari). Leveraged notes: tali sono titoli caratterizzati dal fatto di essere molto sensitivi alla variazione del prezzo del titolo di riferimento. 36 Zullo F., 1999, I derivati creditizi: aspetti tecnici,cit.,p. 511. 83 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Substitution options: sono opzioni che conferiscono al protection buyer il diritto di scambiare un titolo con un altro specificato nel contratto al verificarsi di un evento creditizio. Fixed rate bond options: sono opzioni che hanno come sottostante il prezzo di un titolo a reddito fisso, elemento questo che rende la loro natura ibrida, in quanto assommano in sé le caratteristiche proprie di derivato creditizio e di uno sui tassi d’interesse consentendo così di coprirsi da entrambi i rischi. Dynamic credit swap: si tratta di un credit swap in cui il nozionale non è fisso; il compratore della protezione si garantisce nel caso si verifichi un determinato evento creditizio un pagamento basato sul valore di mercato in quel momento di uno specifico strumento finanziario. Tale caratteristica è molto utile in caso ci si voglia proteggere contro il rischio di credito derivante da un contratto derivato, come ad esempio uno swap a lungo termine in cui l’esposizione dei contraenti è molto volatile durante la vita del contratto. Downgrade options: sono in tutto simili alle credit defaul option, con l’unica differenza che in questo caso l’evento creditizio è definito come il declassamento del rating di una particolare attività sottostante. 84 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Currency inconvertibility agreements: è un tipo particolare di credit default swap che serve a coprirsi contro il rischio paese cui sono soggetti gli investimenti esteri. La peculiarità consiste nel fatto che l’evento creditizio che fa scattare il pagamento pattuito da parte del venditore è costituito dalla dichiarazione di inconvertibilità della propria valuta da parte del paese specificato nel contratto. 85 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 3.5 Credit derivatives: considerazioni generali sulla gestione efficiente di un portafoglio prestiti. L’analisi dei modelli di credit risk management (Cap.5) metterebbe in risalto l’importanza di una gestione efficiente del portafoglio prestiti. Per gestione efficiente s’intende la ricerca di un rendimento massimo a parità di rischio di credito (volatilità del tasso di perdita attesa). Uno dei metodi più utilizzati per ottenere questo obiettivo è la diversificazione. Infatti solo una efficiente diversificazione consentirebbe di ridurre il rischio di portafoglio, in modo tale che il rischio complessivo risulti inferiore alla somma dei rischi relativi a ciascun prestito (la diversificazione tende a eliminare il rischio specifico ma non quello sistematico). La diversificazione nella realtà, soprattutto per un portafoglio prestiti, non è facilmente raggiungibile perché non è semplice diversificare un portafoglio. Scopo del management di una banca è quello di creare una frontiera efficiente, cioè una curva nella quale siano presenti tutti i portafogli a varianza minima, quindi caratterizzati dalla massimizzazione del rendimento atteso, dato un certo livello di 86 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] varianza. La frontiera efficiente serve come benchmark per la valutazione dell’efficienza degli investimenti effettuati. Infatti in un determinato portafoglio sono presenti sia attività che presentano un rendimento atteso più che proporzionale rispetto al rischio apportato (risk contribution), sia attività (mispriced) che apportano un rischio maggiore rispetto al rendimento atteso. Rispetto a queste ultime, dovrebbero essere utilizzati i credit derivatives, cercando di colmare le inefficienze (mispriced) dovute spesso a fenomeni di eccesso di concentrazione. In particolare diminuendo il peso, attraverso il trasferimento del rischio, per quegli investimenti caratterizzati da un risk contribution maggiore rispetto al rendimento e, contestualmente, aumentando il peso relativo agli investimenti con rendimento atteso maggiore del risk contribution. Questo meccanismo è attuabile in questo modo. Una banca vende protezione su Reference Entities relativi a Paesi e/o settori in cui esiste una minore esposizione a livello di portafoglio, aumentando in questo modo il livello di esposizione verso questi Paesi e/o settori, e, nello stesso momento, acquista protezione su Paesi e/o settori dove esiste un maggiore livello di concentrazione. 87 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Naturalmente queste decisioni sono prese tenendo conto del livello di correlazione tra il contribution risk derivante dal nuovo investimento effettuato con i credit derivatives e il rischio sistematico del portafoglio detenuto. Ovviamente, per aumentare il livello di diversificazione del portafoglio prestiti, sarà necessario che la banca investa in settori e/o Paesi caratterizzati da un livello di correlazione basso rispetto ai prestiti già esistenti nel suo portafoglio. L’effetto di tutto ciò è quello di un ribilanciamento delle posizioni a cui consegue un aumento del rendimento atteso a livello di portafoglio ed un mantenimento entro livelli costanti del rischio complessivo. Da ciò si desume che ad un utilizzo efficiente dei credit derivatives deve seguire una valutazione del rendimento atteso e del risk contribution di ciascuna posizione creditizia. In sintesi, una gestione ottimale di un portafoglio prestiti comporta varie fasi, tra cui37: costruzione di una frontiera efficiente, tramite la fissazione di un rapporto rendimento-rischio in base al grado di avversione del rischio; 37 Fabbri A., 2000, Gestione del rischio di credito e capitale economico, in Nassetti C. F., Fabbri A., Trattato sui contratti derivati di credito, Egea, Milano, 397-398. 88 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] rilevazione del livello di rischio e rendimento atteso per ogni singola esposizione, con lo scopo di rilevare fenomeni di mispricing all’interno del portafoglio; ribilanciamento delle posizioni, da realizzare con operazioni di swap su esposizioni con basso livello del rapporto rendimento-rischio con altre che presentano un livello più elevato di tale rapporto. L’importanza dell’utilizzo dei credit derivatives nasce, quindi, proprio dalla necessità di diversificare il portafoglio prestiti e stabilizzare la volatilità del suo tasso di perdita atteso. 89 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 3.6 La gestione del rischio di credito e le tecniche di utilizzo dei credit derivatives Molte aziende di credito presentano il problema di dover gestire portafogli creditizi che presentano un elevata concentrazione nei confronti di un settore, di un’area geografica o, caso un po’ delicato, nei confronti di un solo cliente. In queste situazioni la banca potrebbe limitare la sua sovraesposizione creditizia, ad esempio nei confronti di un singolo cliente importante per la banca, entrando in un credit derivative specifico e pagare un premio al protection seller in modo tale da trasferire il rischio di credito e assicurarsi, comunque, il rendimento del singolo prestito o comunque, nel caso specifico, la fedeltà e i buoni rapporti col cliente, senza dover rifiutare il prestito. Questo può essere uno degli esempi, o dei campi, in cui possono essere utilizzati i derivati creditizi, cioè limitare l’esposizione creditizia nei confronti di un settore, area geografica o determinati clienti. Un'altra tecnica di utilizzo dei credit derivatives consiste nell’utilizzare gli stessi per diversificare un portafoglio crediti o di investimenti facendo in modo che una banca, per esempio, acquisisca 90 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] esposizioni nei confronti di emittenti o settori di mercato poco rappresentativi nel proprio portafoglio, vendendo un credit default swap, cioè acquisendo un’esposizione creditizia, senza la necessità di finanziarsi come nel caso di un semplice prestito, in qualità di protection seller e quindi incassando premi come remunerazione di tale investimento. Ci sono molti modi di utilizzo dei derivati creditizi per diversificare il proprio portafoglio, data la flessibilità degli stessi, come possono testimoniarlo i seguenti esempi: • Un soggetto che voglia assumere un’esposizione creditizia verso un determinato paniere di soggetti, che gli consenta di guadagnare un rendimento maggiore rispetto ad una esposizione nei confronti di un singolo emittente, ma ad un rischio non molto alto, potrebbe investire in un basket linked credit default swap in cui le perdite sono riferite soltanto al fallimento di uno solo degli emittenti che fanno parte del paniere di riferimento (il primo che fallisce). • Se una banca vuole modificare un’esposizione creditizia verso un soggetto (supponiamo che la banca abbia in portafoglio prestiti obbligazionari) nei confronti del quale è parzialmente garantita (e quindi vuole modificare il tasso di recupero per tale esposizione), e 91 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] immaginiamo che secondo la banca non sia possibile che l’emittente fallisca nei primi due anni, essa può vendere protezione contro il fallimento dello stesso soggetto, stipulando un credit default swap che abbia come attività di riferimento un’emissione subordinata dello stesso soggetto. In tale modo la banca aumenterebbe il suo rendimento senza l’onere di acquistare l’attività sottostante, nella convinzione che il soggetto non fallirebbe entro la data prevista. • Un altro modo di utilizzare i derivati creditizi è quello di riuscire a ottimizzare le linee di credito che la banca concede senza ottenere rendimenti adeguati al costo e al rischio del capitale stesso. Ad esempio se una banca è costretta a inseguire investimenti rischiosi a causa del suo basso rating, e quindi a causa di un elevato costo di accesso ai finanziamenti, per poter inseguire anche una clientela ad elevato rating, senza per questo ridurre a “niente” il suo margine di guadagno, potrebbe vendere un credit defaul swap su crediti di emittenti ad elevato rating. In tale modo l’esposizione non è finanziata e quindi il margine creditizio non è ridotto a niente, poichè la banca guadagna premi senza doversi finanziare sul mercato a costi elevati a causa del suo rating. 92 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] • Infine i derivati creditizi possono essere utilizzati per opportunità di arbitraggi derivanti dall’attuale regolamentazione in materia di coefficienti patrimoniali richiesti nella misura dell’8% ponderata in base alla rischiosità della controparte. Un esempio risulta utile; supponiamo che due banche, ALFA e BETA, abbiano rating differenti e che quindi possano accedere ai finanziamenti a tasso differente38: 1. ALFA con rating AA si finanzia ad un tasso pari al LIBOR+1%; 2. BETA con rating BB LIBOR+3%. Se un soggetto ha bisogno di finanziarsi per 10mln USD, e sul mercato tale somma garantisce un rendimento pari a LIBOR+5%, le due banche avrebbero, supponendo che l’8% del finanziamento costituisca il capitale proprio di entrambe le banche e che il LIBOR sia pari al 5%, la seguente situazione: Interessi attivi (10mln USD*(LIBOR+5%)) Interessi passivi (9,2mln USD*(LIBOR+spread)) Margine creditizio Rendimento sul capitale proprio impiegato 38 ALFA BETA 1.000.000 1.000.000 552.000 736.000 448.000 264.000 56% 33% Esempio basato su Zullo F., 1999, I derivati creditizi: aspetti tecnici,cit., p.523-524. 93 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Anche se il migliore rendimento appartiene ad ALFA (56%), entrambe le banche potrebbero migliorare il proprio rendimento con la seguente operazione: • ALFA concede il prestito; • ALFA nello stesso tempo acquista un credit defaul swap da BETA il quale si assume il rischio di credito del soggetto di riferimento in cambio di un premio pari a 2%. Entrambi aumentano il proprio rendimento: ALFA Margine creditizio Premi pagati per la protezione Guadagno netto Rendimento sul capitale proprio impiegato 448.000 200.000 152.000 95% In tale caso il rendimento sul capitale proprio, come rapporto tra guadagno netto e capitale proprio utilizzato, deriva dal rapporto tra 152.000 e 160.000 e non con 800.000 come nel primo caso, in quanto questa volta la banca ALFA ha un’esposizione nei confronti di un’altra banca, cioè BETA, entrambe appartenenti all’OCSE e quindi con un coefficiente di ponderazione pari al 20%. 94 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] BETA Premi Interessi attivi (800.000*LIBOR) Guadagno netto Rendimento sul capitale proprio impiegato 200.000 400.000 600.000 75% In quest’ultima ipotesi abbiamo considerato che BETA abbia investito al tasso LIBOR gli 800.000 USD che avrebbe dovuto accantonare per effettuare il prestito direttamente. Come si è visto entrambe le banche hanno migliorato il proprio rendimento utilizzando il credit derivative. 95 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 3.7 La disciplina dei situazione italiana requisiti patrimoniali e la Lo sviluppo dei derivati creditizi, oltre che da un nuovo atteggiamento culturale delle banche nei confronti del rischio di credito e della sua gestione, dipende anche dalla regolamentazione degli stessi, e allo stato attuale non ci sono molte convergenze, tra Comitato di Basilea, Banche centrali, Board of the Governors of the Federal Reserve System e Bank of England, sulla metodologia da applicare, inerente ai requisiti patrimoniali. Al momento vi sono due fronti opposti, cioè quelli che sono propensi ad assimilare i derivati creditizi a delle garanzie, come la lettere di credito e stand-by, e quindi ai rischi di controparte, e quelli che sono favorevoli all’applicazione del regime previsto per i rischi di mercato; la soluzione non è così facile da risolvere in quanto nel primo caso il requisito patrimoniale sarebbe maggiore. Tuttavia le varie Autorità, pur consce del fatto che la mancata regolamentazione di tali strumenti limiti lo sviluppo di tali prodotti, hanno lo stesso incoraggiato le varie istituzioni finanziarie all’utilizzo di tali strumenti 96 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] finanziari39; è necessario, comunque, che le varie banche siano dotate di un managment competente e con l’esperienza necessaria nonché di un sistema di monitoraggio e di controllo sui vari limiti imposti. Infine, riguardo all’esperienza italiana, la Banca d’Italia non ha ancora preso posizione, e bisogna dire che il nostro quadro normativo non è molto favorevole all’innovazione finanziaria. Infatti solo poche banche si sono affacciate sul mercato dei derivati creditizi e pochissime hanno investito in tale settore, complice anche la mancanza di un mercato secondario dei crediti; un altro fattore che limita lo sviluppo de credit derivatives in Italia è la presenza di un differente trattamento fiscale rispetto agli altri partners europei. In tale contesto delineato si capisce quante difficoltà e problemi devono essere superati per poter arrivare ad una disciplina organica e articolata dei derivati creditizi. 39 Board of Governors of the Federal Reserve System, 1996, Supervisory Guidance for Credit Derivatives, “SR letter”,96-17. 97 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 3.8 Conclusioni I benefici che sono stati evidenziati nel paragrafo relativo alla gestione del rischio di credito sono destinati a rimanere senza applicazione se non sarà risolto il problema della valutazione dei prestiti necessaria per la stessa valutazione e liquidazione delle varie tipologie di credit derivative. È necessario un accurato studio in materia per favorirne l’utilizzo, così come è già successo per i rischi di mercato e i relativi derivati finanziari. Quindi le banche da parte loro dovrebbero iniziare ad aderire alle nuove tecniche di gestione del rischio, sulla scia del rischio di mercato, che permettano di superare le tradizionali tecniche di monitoraggio e di controllo. È necessario anche che le stesse Autorità di vigilanza si accorgano dei benefici che tali strumenti portano nel portafoglio crediti delle banche, e possano disciplinare il trattamento dei derivati creditizi, ai fini dei coefficienti patrimoniali bancari, in modo tale da poter ridurre gli stessi coefficienti previsti per le esposizioni creditizie, incentivando lo sviluppo di tali strumenti. Nello stesso momento la regolamentazione del sistema finanziario, 98 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] soprattutto in Italia, deve evolversi di pari passo con l’innovazione finanziaria se vogliamo che tale rischio, pesante e problematico per le banche, sia gestito e controllato per poter assicurare stabilità alle banche e allo stesso sistema finanziario. 99 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] SECURITIZATION Premessa La securitization, ossia la trasformazione di attivi non negoziabili in titoli negoziabili sui mercati, è uno strumento finanziario che ha conosciuto negli ultimi anni un notevole sviluppo. Tale tecnica, in realtà, è nata più di venti anni fa in America e solo nell’ultimo decennio si è sviluppata, non in maniera omogenea, in Europa. Il concetto di securitization è utilizzato per indicare varie attività, ossia, in generale, uno spostamento da un tipo tradizionale di attività di intermediazione ad una più orientata sui mercati. In particolare si possono distinguere tre tipi di securitization a seconda del tipo di attività a cui è legata40: 1. Emissione di titoli che possono essere considerati a tutti gli effetti sostitutivi di prestiti bancari; 2. 40 L’attività di vendita e di scambio di prestiti bancari; La Torre M., 1995, Securitisation e banche, il Mulino, Bologna, p.14. 100 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 3. L’emissione di titoli a fronte di prestiti cartolarizzati (asset- backed securitization). Il primo tipo non è altro che una semplice attività di brokeraggio in cui l’intermediario predispone, sottoscrive e colloca titoli di credito. Il secondo tipo di securitization riguarda l’attività di vendita e scambio di prestiti bancari ma non la trasformazione degli stessi in titoli negoziabili sul mercato, in particolare le banche di piccole dimensioni hanno assunto il ruolo di acquirenti di obbligazioni emesse da operatori commerciali con elevato rating. Infine vi è il terzo tipo di securitization in cui le banche cartolarizzano un portafoglio crediti avente caratteristiche simili; infatti con la tecnica dell’ABS le banche, non potendo vendere un portafoglio di crediti poco liquido, lo trasformano in titoli scambiabili sul mercato. Da tutto ciò si deduce che la securitization costituisce una delle innovazioni finanziarie che più si sta sviluppando in molti paesi e che va incontro a un crescente successo anche in Italia. D’altra parte la securitization prevede che i titoli emessi ottengano un rating, e ciò richiede l’analisi del rischio di credito della stessa operazione che analizzerò nei successivi paragrafi. 101 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 4.1 Definizione delle operazioni Le varie operazioni di securitization, cioè la trasformazione di flussi di cassa derivanti dal futuro ripagamento di crediti o di altre attività finanziarie non liquide, allo scopo di supportare l’emissione di titoli di credito facilmente negoziabili e con elevato rating (il cui rimborso è garantito principalmente da tali flussi), prevedono che il portafoglio di attivi da cartolarizzare, composto da mutui ipotecari o da crediti commerciali, venga acquistato da una società appositamente costruita denominata special purpose vehicle (SPV) la quale finanzia tale acquisto con l’emissione di titoli sul mercato. Ovviamente il rendimento di tali titoli è collegato al rendimento del portafoglio cartolarizzato, cioè al rating di quest’ultimo; da ciò risulta che il rischio di credito di tali titoli, che verranno collocati presso gli investitori, dipende dal rischio di credito degli attivi originariamente presenti nel bilancio dell’originator, cioè il soggetto che effettua l’operazione. Quindi allo scopo di rendere appetibili tali titoli, dal punto di vista dell’attenuazione del rischio di credito, è necessario prevedere delle tecniche di supporto del rischio di credito. 102 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 4.2 Schema dell’operazione Premesso che ogni operazione di securitization ha in sé caratteristiche proprie, si può, tuttavia, descrivere uno schema generale che illustri gli aspetti essenziali di tale operazione. Il soggetto cedente (originator) costituisce un pool di crediti da cartolarizzare, aventi caratteristiche omogenee (in particolare scadenze, rischi e tassi di interesse), che viene ceduto ad uno SPV, il quale finanzia tale acquisizione con l’emissione di titoli che vengono collocati presso il mercato e quindi acquistati dagli investitori e rimborsati, per interessi e quote di capitale, con i flussi provenienti dal portafoglio cartolarizzato (fig.sotto). Schema di un’operazione di cartolarizzazione. Fonte : La Torre M., 1995. 103 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Tale schema mette in risalto il fatto che, solitamente, SPV si affida ad una Investment Bank per poter collocare i titoli presso gli investitori, e che è necessario una Rating Agency per poter emettere tali titoli, ossia l’agenzia di rating analizza il rischio di credito insito nei titoli e quindi presente nello stesso portafoglio cartolarizzato. Ovviamente per far sì che l’operazione avvenga con successo e quindi preliminarmente venga emesso un buon giudizio sull’operazione e sugli stessi titoli, sono previste delle tecniche di supporto (credit enhancer) realizzate dallo stesso originator. Se vi è, come avviene spesso soprattutto nella cartolarizzazione di mutui ipotecari, un disallineamento tra i flussi di interesse ricevuti dal portafoglio cartolarizzato e i flussi di interesse pagati sui titoli, tale disallineamento viene coperto attraverso contratti derivati quali IRS o Caps conclusi tra lo SPV e adeguate controparti. I flussi provenienti dal portafoglio cartolarizzato sono raccolti dall’originator e depositati in un conto bancario dello SPV e successivamente trasferiti agli investitori a ogni data di pagamento; in particolare viene previsto un “servicing agreement” fra il cedente e lo SPV in base al quale lo stesso cedente è incaricato di amministrare e curare l’incasso dei crediti, usando le medesime procedure e lo stesso 104 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] grado di diligenza usata per l’amministrazione del portafoglio di proprietà. Infine bisogna dire che le modalità di cessione e successiva gestione dei crediti ceduti sono tali da rendere neutra l’operazione nei confronti dei debitori ceduti, poiché gli stessi continueranno ad avere rapporti unicamente con l’originator (vedi fig. sotto). Il flusso di fondi di un’operazione di securitization. Fonte : La Torre M., 1995. 105 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 4.3 Il supporto di credito Il supporto di credito (credit enhancement) costituisce una delle caratteristiche più salienti dell’intera operazione di cartolarizzazione, e costituisce una definizione a priori del livello di rating, in accordo con le Agenzie di Rating, che l’originator desidera ottenere per ogni classe di titoli emessa dallo SPV. In particolare l’analisi del rating dell’operazione e dei titoli dipende dal rischio di credito degli stessi, e tale rischio può essere modificato con varie tecniche di supporto di credito. Esse si distinguono in interne ed esterne41: • Le tecniche interne sono quelle che prevedono particolari meccanismi di allocazione per rimborsare le diverse categorie di titoli emessi dallo SPV. Ad esempio si potrebbero emettere diverse categorie di titoli, aventi diverso rating, in modo tale che le classi con rating più elevato vengano rimborsate prioritariamente rispetto a quelle con rating meno elevato. Un’altra tecnica interna è quella che prevede che l’ammontare del portafoglio cartolarizzato sia maggiore 41 Zanelli M., 1999, La cartolarizzazione: strutture e rating, in AA.VV., (a cura di Szego G., Varetto F. ), Il rischio creditizio, UTET, Torino, p.473. 106 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] dell’ammontare dei titoli emessi, in modo tale che i flussi provenienti dal portafoglio cartolarizzato, anche se ridotto da perdite relative alle sofferenze, siano sufficienti a rimborsare i titoli. • Invece le tecniche di supporto esterno prevedono l’intervento di aziende di credito e di compagnie di assicurazione che garantiscono il puntuale rimborso dei titoli. Per poter emettere il loro giudizio correttamente e quindi per poter “salvaguardare” la loro reputazione, le Agenzie di Rating solitamente verificano sia gli aspetti operativi relativi alle procedure di concessione del credito, di incasso e di recupero crediti e sia alla stessa struttura legale dell'operazione, ossia la struttura giuridica necessaria per poter preservare e assicurare gli investitori finali da un eventuale rischio di fallimento delle varie controparti dell’operazione. Naturalmente maggiore è il rating assegnato e maggiore è la probabilità di successo dell’operazione. 107 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 4.4 Vantaggi e rischi di una dell’Asset-Backed securitisation Il ricorso ad un’operazione come l’asset-backed securitisation, cioè cartolarizzazione degli attivi, può apportare all’intermediario una serie di vantaggi di gestione, quali42: 1. accesso a nuove e meno costose forme di finanziamento; 2. una gestione alternativa del rischio di credito rispetto a quelle tradizionali; 3. una gestione flessibile del conto economico; 4. attenuazione delle rigidità di “gestione” dei coefficienti di solvibilità; 5. “elusione” della vigilanza bancaria. Rispetto al 1° punto, l’asset-backed securitization offre il vantaggio di poter assicurare all’intermediario sia nuove fonti di finanziamento e sia finanziamenti più economici. Questo perché, nel primo caso i titoli emessi dallo SPV sono molto più sicuri, grazie all’intervento di più credit enhancer e al conseguente miglioramento 42 La Torre M., 1995, Securitisation e banche, cit., p. 61. 108 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] del rating dell’originator, rispetto a eventuali titoli di debito che avrebbe potuto emettere; nel secondo caso perché il costo marginale sostenuto nell’emettere Asset-backed securities (ABSs) è più basso rispetto a quello necessario per attrarre nuovo capitale con le forme tradizionali di finanziamento, come i depositi. Infatti se una banca aumenta il tasso sui depositi, ad esempio dal 3% al 4%, essa dovrà applicarlo a tutti i depositi, nuovi e vecchi; mentre nel caso delle ABSs, anche un tasso superiore, ad esempio 5%, può essere conveniente. Per ciò che concerne il 2° punto la tecnica ABS tende anche a migliorare la gestione del rischio creditizio, e questo in due modi. Un primo modo di gestire tale rischio può essere effettuato con la tecnica ABS. Generalmente, quando si pone in essere una securitization, il rischio viene ripartito in tante parti quanti sono i partecipanti; una prima quota di rischio, pari generalmente al tasso di perdita atteso, viene assunta dall’originator, una seconda parte più consistente dai credit enhancer ed il rischio residuo dagli investitori. Da ciò si può notare che con la securitization si può ripartire il rischio entro predeterminate soglie a differenza del pieno rischio assunto mantenendo in portafoglio un pool di prestiti. 109 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Un secondo modo di gestire il rischio creditizio con l’ABS è quello di diversificare il portafoglio crediti affinchè un rischio di concentrazione creditizia venga meno, pur continuando a concentrare i prestiti in determinati settori lavorativi o in determinate aree geografiche, e quindi non rinunciando ai rendimenti che tali settori e/o tali aree offrono, in modo tale da investire i ricavi derivanti dall’operazione in altre aree o settori, eseguendo in tal modo una diversificazione del proprio portafoglio crediti. La gestione flessibile dell’ABS comporta la possibilità di sfruttare una politica di tassi di interesse realizzando guadagni nel caso di ribasso dei tassi di interessi, e quindi vendendo attivi ad un prezzo maggiore del valore nominale degli stessi o, viceversa, mantenendo in portafoglio i propri crediti nel caso di un rialzo dei tassi di interessi. Per ciò che concerne il 4° punto, il Comitato di Basilea nel 1988 ha stabilito che il rapporto tra patrimonio di vigilanza e le attività ponderate per il relativo rischio non deve essere inferiore all’8% e quindi nel caso in cui tale rapporto diminuisse, devono essere poste in essere determinati interventi per superare tale soglia, cioè aumentare il numeratore o diminuire il denominatore; la securitization offre questa 110 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] seconda alternativa. Infatti una banca che voglia ristabilire tale rapporto potrebbe cartolarizzare attività ad alta ponderazione con contestuale ridimensionamento dell’attività della banca, e questo anche nel caso di una banca sottocapitalizzata. Infine l’elusione della vigilanza attraverso la securitization offre la possibilità di abbattere obblighi di riserva di liquidità a fronte della rischiosità del volume dei loro depositi oltre che il sostenimento di ridurre determinate spese, in particolare sotto forma di premi di assicurazione, per protezione dei depositi stessi. Ora con la tecnica ABS si potrebbe eludere tale vigilanza nel caso in cui i guadagni derivanti dall’Abs non vengano considerati depositi, e quindi le banche non sia obbligate a costituire riserve di liquidità e a pagare premi su tali depositi. Dopo aver tessuto le lodi della securitization non si possono non mettere in evidenza i rischi che un’operazione del genere comporta. Infatti, anche se un’operazione di ABS tende a gestire e/o trasferire meglio determinati rischi, essa ne comporta certamente altri, tra cui43: 43 La Torre M., 1995, Securitisation e banche,cit., p.102-104. 111 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] rischio di credito: è stato detto che l’originator con la securitization riduce di parecchio la sua esposizione al rischio di credito, in quanto se ne assume solo una parte relativa al tasso di insolvenza previsto, mentre il restante rischio viene ripartito tra compagnie di assicurazione che offrono il loro supporto creditizio e gli investitori finali. A questo punto si dovrebbe pensare che in caso di insolvenza dei debitori principali l’originator dovrebbe subire una perdita già prevista e “contabilizzata”, e tutto ciò si riverserebbe sugl’investitori finali, facendo sì che il rischio di credito sia “immunizzato”, come già è stato evidenziato tra i vantaggi della securitization; tuttavia non è così semplice in quanto l’originator ha una moral obligation nei confronti degli investitori, nel senso che si pone sempre come prestatore di ultima istanza in caso di insolvenza del debitore principale, e questo per due motivi: il primo riguarda il fatto che un’esperienza di insolvenza non consentirebbe più all’originator di poter utilizzare in futuro tale strumento, e il secondo riguarda l’immagine dell’originator che ne risulterebbe screditata. Quindi si può dire che la moral obligation, risultante da un’ABS, è essa stessa fonte di rischio di credito che la banca deve tenere in considerazione. 112 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Rischio relativo all’elusione delle tasse di vigilanza bancaria: se la securitization rappresenta uno dei migliori strumenti per poter eludere tali tasse (assicurazione sui depositi, costo opportunità delle riserve obbligatorie di liquidità e vincoli di capital adequacy), è pure vero che ciò incoraggia le banche ad assumere nel proprio portafoglio attività ad alto rischio per poter ottenere un alto rendimento così da poter compensare lo svantaggio competitivo derivante da tali tasse, perché comunque tali attivi verrebbero cartolarizzati e i relativi rischi trasferiti. 113 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 4.5 La cartolarizzazione dei crediti in sofferenza Per le banche, uno dei problemi più difficili da gestire riguarda lo stock di sofferenze presente nei bilanci, soprattutto per quelle che operano a livello locale e che quindi non possono attuare una strategia di diversificazione del proprio portafoglio crediti. Tale stock di sofferenze, che negli ultimi anni supera il dieci per cento dei crediti vivi, rappresenta un peso insostenibile soprattutto per l’impossibilità di poter assicurare un’attività a condizioni di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale per molte banche. Esso è un problema presente in molte aree di molti Paesi, e quindi richiede uno studio approfondito per poter gestire e controllare questa massa ingente di crediti in sofferenza. Vi sono, attualmente, varie soluzioni di gestione delle sofferenze, tra cui quelle indicate nella seguente tabella: Soluzione Negoziale Giudiziale Di mercato Interna Esterna Ristrutturazione Revisione Trasformazione in partecipazioni Liquidazione mediante accordi di natura privatistica con ricorso esclusivo a professionisti esterni. Recupero legale con ricorso a legali esterni. recupero legale con ricorso a legali interni o coadiuvati da legali Cartolarizzazione e Credit derivatives Cessione definitiva Soluzioni gestionali delle sofferenze. Fonte Zen F., 1999. 114 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Come si vede tra le soluzioni possibili vi è anche la securitization. La cartolarizzazione dei crediti in sofferenza prevede caratteristiche particolari in relazione alla scelta del pacchetto crediti da trasferire e di conseguenza in relazione agli obiettivi che il management bancario si pone; tali obiettivi possono consistere nella massimizzazione del prezzo di cessione, eliminazione delle aree creditizie maggiormente problematiche, riduzione degli oneri di gestioneo, infine, miglioramento del grado di patrimonializzazione44. Una volta individuati gli obiettivi da raggiungere è necessario scegliere il pacchetto crediti da cedere; è indispensabile la scelta di crediti garantiti, in particolare i crediti ipotecari e ciò per la stessa esistenza di un’operazione di cartolarizzazione dei crediti in sofferenza, cioè è necessario che il credito in sofferenza abbia almeno una garanzia per poter assicurare un flusso monetario, altrimenti sarebbe incompatibile porre in essere un’operazione di securitization di crediti in sofferenza senza garanzia e quindi senza una programmazione di base dei futuri flussi monetari. Si potrebbe che basti un credito di supporto per poter titolarizzare crediti non 44 Zen F.,1999, La cartolarizzazione dei crediti in sofferenza, in Banche e Banchieri n.3, p.235. 115 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] garantiti, ma ciò risulterebbe troppo costoso per via dei premi da pagare ai vari credit enhancer. Dopo aver analizzato i vari crediti da cedere, e quindi la loro attitudine a generare flussi monetari oltre, ovviamente, le garanzie e i tempi di recupero in caso di insolvenza e quindi la loro efficacia giuridica, si pone, infine, il problema del prezzo di cessione, e ciò non è facile, in quanto manca un modello di definizione del prezzo di cessione per tali crediti; inoltre segue spesso ad un prezzo definito una riduzione forfettaria dello stesso, per una compensazione dell’eventuale deterioramento creditizio e/o ritardi nell’incasso dei flussi monetari. 116 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 4.6 La legge sulla securitization in Italia Con la legge n.130/1999 è stata introdotta una legge ad hoc per la securitization in Italia. Questa legge, in particolare, prevede che il cessionario (o l’emittente titoli) sia una società che abbia come oggetto esclusivo la cartolarizzazione dei crediti, e che i titoli emessi siano considerati strumenti finanziari ai quali applicare le disposizioni del testo unico sulla finanza (decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58). In base a questa legge, se i titoli emessi (asset backed securities) sono offerti agli investitori professionali, il prospetto informativo deve contenere determinate informazioni (società cedente, società cessionaria, caratteristiche e costi dell’operazione, eventuali rapporti di partecipazione fra cedente e cessionario, etc.), mentre nel caso siano offerti agli investitori non professionali, l’operazione deve essere sottoposta alla valutazione del merito creditizio da parte di operatori terzi; in quest’ultimo caso la CONSOB stabilisce i requisiti di professionalità e i criteri per assicurare l’indipendenza degli operatori che svolgono la valutazione del merito creditizio. 117 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] I soggetti incaricati della riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento, sono banche o intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale previsto dall’art. 107 del testo unico bancario (decreto legislativo n.385/1993). Un fattore importante è che i crediti relativi a ciascuna operazione costituiscano patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società e da quello relativo alle altre operazioni; infatti, su di esso, non sono ammesse azioni da parte di creditori diversi dai portatori dei titoli stessi. Per la modalità ed efficacia delle disposizioni trovano applicazione i commi 2, 3 e 4 dell’art. 58 del testo unico bancario; in particolare l’art.58 del T.U. bancario dispone un regime di favore per il cedente, riguardo alla pubblicità dell’avvenuta cessione nei confronti dei debitori ceduti con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della notizia, sia in ordine al trapasso delle garanzie ipotecarie che avviene automaticamente (e quindi “saltando” l’ostacolo economico previsto dall’art.2843 del c.c. in tema di annotazione in margine all’iscrizione dell’ipoteca) senza formalità e oneri di annotazione. La legge 130/1999 è applicata sia alle operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante l’erogazione di un finanziamento 118 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] al soggetto cedente, da parte della società cessionaria, sia alle cessioni a fondi comuni di investimento. 119 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 4.7 Un modello per l’analisi del rischio di credito di portafogli di mutui45 L’analisi del rischio di credito del portafoglio cartolarizzato può essere effettuato in vario modo, in base alle caratteristiche del portafoglio e delle informazioni disponibili. Una delle metodologie più utilizzate frequentemente da Moody’s è quella che analizza il rischio di credito di portafogli di mutui ipotecari in base alle informazioni che generalmente compongono il portafoglio crediti. Esso permette di valutare il rischio di credito dei titoli emessi dallo SPV in base ad un’analisi di ognuno dei mutui che generalmente compongono il portafoglio cartolarizzato. Tale analisi prevede che ognuno dei mutui ipotecari da cartolarizzare venga confrontato ad un mutuo ipotecario di riferimento definito in base al mercato di riferimento. Tale confronto è necessario per definire il livello di credit enhancement per ciascun prestito. Questo avviene in base a vari procedimenti. Il primo consiste nella valutazione per ogni prestito del loan to value (LTV), ossia il rapporto 45 Questo paragrafo e il successivo esempio sono tratti da Zanelli M., 1999, La cartolarizzazione: strutture e rating, in AA.VV.,cit. p.482-485. 120 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] tra l’ammontare del prestito e il valore dell’ipoteca, che è necessario per determinare un’approssimazione del livello del credit enhancement per poi modificarlo con un’analisi di altre caratteristiche del prestito (duration, tasso di interesse ecc.) e alcune caratteristiche generali relative all’intero portafoglio cartolarizzato (concentrazione geografica ad esempio). Questo parametro (LTV) è il primo dato esaminato nei mercati anglosassoni, in quanto si è evidenziata una forte correlazione tra il LTV e la probabilità di insolvenza del debitore. Quindi da ciò si può affermare che il livello del LTV costituisce una prima stima della probabilità di insolvenza del singolo debitore. Ovviamente maggiore è tale parametro e maggiore sarà la probabilità di insolvenza (vedi grafico). I livelli di probabilità di insolvenza associati ai livelli di LTV per il mercato francese. 100 95 LTV% Mercato francese 16.5 15 Prestito di riferimento Fonte : Zanelli M., 1999. 90 85 80 75 70 65 13.5 12 10.5 9.94 9.38 8.8 60 55 8.25 8.25 121 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Una volta calcolata la probabilità di insolvenza viene definito il l’ammontare di perdita attesa, che è calcolato, per ciascun prestito, tenendo conto di una serie di fattori quali: valore dell’ipoteca, capitale investito dal debitore e spese necessarie per il recupero dell’immobile ipotecato. Si tiene conto, per poter arrivare a un rating soddisfacente, anche della perdita di valore che l’immobile ipotecato possa subire nel lasso di tempo tra il momento in cui viene concesso il mutuo e il momento in cui viene esercitata l’ipoteca per poter vendere l’immobile. I livelli di perdita attesa associati ai livelli di LTV per il mercato francese. 100 95 90 85 80 75 70 65 60 55 LTV% Mercato francese 12.79 11.21 9.68 8.19 6.77 5.97 5.17 4.35 3.52 2.87 Prestito di riferimento Fonte : Zanelli M., 1999. Definito un primo livello di perdita attesa e quindi di supporto creditizio per ciascun prestito ipotecario, vengono definite altre caratteristiche che riguardano sia i singoli mutui che il portafoglio crediti nella sua totalità. Tali caratteristiche riguardano: 122 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] • il grado di copertura del mutuo, dato dal rapporto tra l’ammontare della rata e il reddito del debitore (risulta evidente che maggiore sarà tale rapporto rispetto a quello di riferimento più il debitore è soggetto al rischio di insolvenza e, quindi, maggiore sarà il supporto creditizio); • categoria del mutuo (i mutui che beneficiano di sovvenzioni statali sono più rischiosi di altri, poiché tali sovvenzioni sono erogate a persone con un basso reddito); • tipo di ammortamento (i mutui che prevedono un incremento della rata sono più rischiosi, dal punto di vista della probabilità di insolvenza, rispetto a quelli a rata costante); • scopo del mutuo (i mutui necessari al finanziamento della prima casa sono più rischiosi di quelli erogati per il finanziamento della seconda casa); • profilo socio-professionale del debitore (i redditi dei lavoratori dipendenti nelle amministrazioni pubbliche sono più stabili di altri dipendenti, in quanto il rischio di disoccupazione è inferiore). 123 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Tra le caratteristiche generali che riguardano il portafoglio da cartolarizzare, e che devono essere prese in considerazione, sempre per determinare il grado di rischiosità di un portafoglio e quindi il livello di credit enhancer, figurano il grado di concentrazione gegrafica dei mutui e la qualità del cedente. Il primo perché una forte concentrazione geografica aumenta il rischio a livello sistemico-locale nel caso in cui una forte recessione colpisca l’area interessata; il secondo perché solo una banca di grandi dimensioni, dotata di procedure di gestione e controllo dei rischi riguardanti ogni singolo mutuo, oltre ad una efficiente procedura di recupero crediti, può essere considerata meno rischiosa di altre banche che non hanno tali procedure di controllo e recupero crediti. 124 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 4.8 Conclusioni La securitization costituisce per le banche uno strumento direi necessario per la gestione e il controllo del rischio di credito, in quanto gli stessi strumenti tradizionali non hanno saputo evitare, da soli, le forti perdite che il sistema bancario ha subito in questi ultimi anni, proprio per la mancanza di strumenti innovativi. In Europa il mercato dei prestiti cartolarizzati si presenta fortemente differenziato, a causa sia della diversità di mentalità presente nei management dei vari intermediari finanziari, e sia della diversa disciplina presente nei vari paesi europei; infatti troviamo paesi che possiedono una propria regolamentazione della securitization (l’Italia, da poco, con la legge 130/1999), paesi che hanno solo previsto una disciplina puntuale riguardante disposizioni contabili e fiscali e, infine, paesi in cui manca totalmente qualsiasi riferimento. Nonostante la presenza di una legge ad hoc, la realizzazione di una politica di securitization per la gestione efficiente del rischio di credito si presenta difficilmente attuabile in Italia. Questo perché 125 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] un’operazione di securitization, che possa essere conveniente in termini di costi dell’operazione, ha ad oggetto un pool di prestiti aventi un certo grado di omogeneità in termini di caratteristiche tecniche e flussi finanziari (mutui ipotecari, prestiti al consumo e leasing); quindi affinché una istituzione finanziaria possa essere presente sul mercato continuamente (in modo tale da migliorare la reputazione in un determinato mercato, standardizzare le stesse operazioni e quindi contenere costi legati al supporto di garanzie), deve presentare un portafoglio prestiti da cartolarizzare abbastanza ampio e omogeneo. In Italia le banche presentano nei propri portafogli prestiti di dimensioni unitarie molto grandi e con caratteristiche eterogenee, quindi ciò impedisce una certa standardizzazione delle operazioni facendo sì che gli investitori, per mancanza di informazioni, chiedano garanzie maggiori che si traducono in un maggior supporto di credito, ossia maggiori costi per la banca. 126 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] I MODELLI DI MISURAZIONE RISCHIO DI CREDITO DEL Premessa Prima di procedere alla descrizione dei vari modelli di misurazione del rischio di credito risulta necessaria una definizione dello stesso. Per rischio di credito si intende la possibilità che una variazione inattesa del merito creditizio di una controparte nei confronti della quale esiste un’esposizione generi una corrispondente variazione inattesa del valore di mercato della posizione creditoria46. Da questa definizione risulta chiaro che il rischio di credito non è composto dal solo rischio di insolvenza della controparte, ma anche dal rischio di un deterioramento creditizio (rischio di migrazione). Infatti qualora il merito creditizio subisse un declassamento, il tasso di sconto da applicare ai singoli flussi di cassa attesi, appunto per conoscere il valore di mercato della posizione creditizia in essere, dovrebbe essere più alto in quanto includente un premio per il rischio corrispondente al nuovo livello di rating. Il nuovo valore di mercato 127 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] della esposizione creditizia verso la controparte sarebbe minore del precedente. Quindi il rischio di credito non è altro che variazione inattesa del merito creditizio, in cui il rischio d’insolvenza costituisce l’evento estremo, preceduto dai vari livelli di probabilità che questo evento estremo possa in futuro manifestarsi (in questo senso dovrebbe essere interpretato il nuovo documento di Basilea, A new capital adequacy framework giugno 1999, nella parte in cui prevede che, nella determinazione dei coefficienti di rischiosità delle controparti, le banche più sofisticate possano adottare i ratings dei propri modelli interni, approvati dalle Autorità di vigilanza, per stabilire i corrispondenti fattori di ponderazione). In quanto inattesa la variazione non deve essere prevista, perché quella prevista è riflessa nel pricing che la banca, in sede di giudizio di affidamento, applica al cliente nella determinazione del tasso di interesse da applicare. Come risulta evidente da quanto fin qui esposto, il rischio di credito dovrebbe essere trattato alla stessa stregua di un rischio di 46 Sironi A., 1998, Dalla probabilità di insolvenza al VAR di un portafoglio: obiettivi, approcci alternativi e applicazioni, in AA.VV., La misurazione e la gestione del rischio di credito ( a cura di Sironi A., Marsella M. ), Bancaria, Roma, p. 31. 128 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] mercato, e cioè come se, in ogni momento, fosse possibile smobilizzare la posizione in bilancio realizzando una perdita o un guadagno. Da molti anni studiosi e operatori bancari hanno sviluppato vari modelli di misurazione del rischio di credito, o meglio della probabilità di default dei singoli prenditori. Questi modelli sono principalmente utilizzati nella fase di monitorig (controllo dei singoli crediti in portafoglio) delle singole esposizioni, e solo ultimamente, alcuni di essi, sono utilizzati per il controllo del rischio di portafoglio. Tali modelli possono essere suddivisi a seconda che misurino la perdita attesa di una singola esposizione, la perdita inattesa della stessa o il rischio di portafoglio47. I modelli che misurano la perdita attesa sono i seguenti48: 1. Term structure degli spread; 2. Modelli basati sul tasso di mortalità; 3. Theory Option pricing. 47 48 Sironi A., 1998, Dalla probabilità di insolvenza al VAR di un portafoglio, cit. p.34. Sironi A., 1998, Dalla probabilità di insolvenza, cit. p.40. 129 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Questi modelli misurano la probabilità di insolvenza di una singola esposizione e quindi, attraverso una stima del recovery rate (tasso di recupero), sono utilizzati per il pricing del singolo prestito. I modelli che misurano la perdita inattesa sono basati sulla logica VAR (value at risk), e misurano la variazione inattesa delle varie componenti della perdita attesa, ossia tasso di insolvenza e tasso di recupero. I modelli sono49: • basati su una distribuzione binomiale; • basati su una distribuzione discreta dei tassi di insolvenza. Infine, per la stima dei rischi di credito associati all’intero portafoglio prestiti, si utilizzano modalità applicative come CreditMetrics (sviluppata dalla banca JP Morgan) e CreditRisk+ (sviluppata dalla banca Credit Suisse Financial Products). Queste metodologie si propongono di misurare il valore a rischio di un portafoglio crediti inteso come la massima perdita potenzialmente associata al portafoglio stesso per effetto del rischio di credito50. 49 Sironi A., 1998, Dalla probabilità di insolvenza, cit. p. 45. Anolli M.,Gualtieri P., 1999, La misurazione e la gestione del rischio di credito nella gestione delle banche, Mulino, Bologna, p.25. 50 130 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] In realtà l’adozione di modelli VAR non serve, soltanto, a misurare le singole esposizioni, ma anche per porre in essere un controllo integrato dei rischi di credito e di mercato. Infatti solo i modelli VAR permettono di impostare un sistema di risk management, tale da misurare in maniera omogenea l’assorbimento di capitale all’interno delle diverse aree di attività della banca, così da conoscere, preventivamente, un livello massimo di rischio e quindi di capitale assorbito. Le finalità che i metodi VAR possono raggiungere riguardano il pricing, la reddività corretà per il rischio, il controllo preventivo del rischio e l’allocazione del capitale a rischio. Come per la misurazione dei rischi di mercato, un sistema Credit Risk Management non copre solo la misurazione dei rischi di credito, ma anche altre aree connesse a quest’ultima. 131 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.1 Il rischio di credito e le sue componenti Dalla precedente definizione del rischio, si possono individuare tre componenti del rischio di credito, cioè perdita attesa, perdita inattesa ed effetto diversificazione51. Il tasso di perdita attesa (expected loss) è il valore medio della distribuzione dei tassi di perdita. Questa componente, come suesposto, non rappresenta il vero rischio di credito perché, in quanto attesa, viene riflessa nel pricing di un prestito attraverso lo spread creditizio aggiuntivo al tasso risk-free (tasso privo di rischio). La perdita attesa (expected loss), in quanto valore medio della distribuzione dei tassi di perdita, non può essere eliminata attraverso una diversificazione di portafoglio in termini di settori produttivi e/o geografici, ma solo stabilizzata ampliando il portafoglio prestiti (anche se questa potrebbe essere una diversa forma di diversificazione). Infatti [Markowitz ,Portfolio Selection, 1952]: σD={[σPOP^2+TDPOP/N]^1/2 } 51 Sironi A., 1998, Dalla probabilità di insolvenza, cit. p. 34-35. 132 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] σD = volatilità del tasso di default sperimentato dal portafoglio bancario; σPOP^2TDPOP = livello e volatilità del tasso di perdita della popolazione da cui è estratto il portafoglio della banca; N = numero degli impieghi in portafoglio. Come si può notare dalla formula (e seguendo il grafico sottostante), aumentando il numero degli impieghi in portafoglio fino all’infinito (N tende a + infinito), la volatilità del tasso medio di default del portafoglio diventa uguale a quello della popolazione. La perdita inattesa (unexpected loss) non è altro che la variabilità della perdita intorno al suo valore medio, cioè il rischio che la perdita attesa stimata a priori risulti, a posteriori, maggiore di quella stimata 133 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] (potrebbe essere minore, tuttavia si parla di rischio in un accezione negativa). In quanto variabilità della perdita attesa, la perdita inattesa potrebbe essere eliminata o, quantomeno, contenuta mediante una diversificazione di portafoglio in termini di settori produttivi, dimensioni e aree geografiche. In altre parole, la terza componente del rischio di credito è rappresentata dall’effetto diversificazione che corregge il rischio di perdita inattesa, minimizzandolo attraverso una politica di selezione degli impieghi caratterizzati da una bassa correlazione. Quindi, come ogni diversificazione che tende a correggere il rischio specifico di ‘posizione’, con la stessa si otterrebbe un effetto di riduzione, a parità di rendimento atteso, dello stesso rischio di portafoglio. 134 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.2 La perdita attesa e il pricing di un prestito La perdita attesa relativa ad una esposizione creditizia può, a sua volta, essere scomposta in due componenti: probabilità di insolvenza della controparte e tasso di recupero in caso di insolvenza. In formula52: PA = E(t)*[1-E(TR)]*Esp PA = perdita attesa (o tasso di perdita atteso) E(t) = probabilità di insolvenza attesa (o tasso di insolvenza atteso) E(TR) = tasso di recupero atteso in caso di insolvenza Esp = esposizione creditizia Un esempio chiarisce meglio la formula. Se, ad esempio, una banca avesse in portafoglio una esposizione creditizia del valore di Lire 5.000.000 nei confronti di un soggetto con probabilità di insolvenza dell’8%, ed il tasso atteso di recupero fosse pari al 70%, la perdita attesa sarebbe pari a Lire 120.000 [5.000.000*8%*(1- 70%)]. La probabilità di insolvenza dipende da molti fattori riguardanti la controparte, cioè condizioni economico-finanziarie, prospettive di 52 Sironi A., 1998, Dalla probabilità di insolvenza, cit. p. 35. 135 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] evoluzione, capacità del management, settore di appartenenza e congiuntura economica. Il tasso di recupero, invece, dipende dalla forma tecnica del prestito, dalle varie garanzie che lo assistono, dalla qualità o gravità dello stato di insolvenza e dal grado di liquidità della controparte. Però anche in questo caso, il tasso di recupero deve essere inteso in senso finanziario. Infatti esso potrebbe essere stimato con la metodologia discounted cash flows approach. Questa si basa sui cash flows effettivamente percepiti dalla banca in caso di default della controparte o emittente del debito e consiste nel valutare tutti i cash flows percepiti dal creditore (banca), riportandoli alla data di default mediante un idoneo tasso di sconto e rapportandoli all’ammontare nominale dell’esposizione creditizia originaria. Analiticamente53: E(TR) = [VA(I)+VA(P)+VA(C)]/ VND E(TR) = tasso di recupero atteso; VA(I) = valore attuale dei flussi d’interesse rimborsati post-default; 53 Fabbri A., 2000, La valutazione dei credit derivatives: strumenti rilevanti e approcci alternativi alla stima delle probabilità di default, in Nassetti C. F., Fabbri A., Trattato sui contratti derivati di credito, Egea, Milano, p.143. 136 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] VA(P) = valore attuale dei flussi derivanti dal rimborso del principale post-default; VA(C) = valore attuale degli utilizzi del prestito post-default; VND = valore nominale dell’esposizione alla data di default. Occorre in ogni caso osservare come, indipendentemente dagli approcci utilizzati per il calcolo del recovery rate, l’unica e forse obiettiva distinzione ai fini della stima del recovery rate, è che i prestiti bancari presentano un recovery rate maggiore rispetto a quello riguardante le obbligazioni. La stima del tasso di perdita attesa viene utilizzata dalla banca, dopo la decisione di concessione del prestito ad un soggetto, per il pricing del prestito. In termini analitici54: [1-E(t)]*(1+ip)=(1+if) E(t) = probabilità di insolvenza; ip = tasso di interesse comprensivo del premio per il rischio di credito; if = tasso privo di rischio (tasso risk-free). Poiché sono noti sia E(t) che if (tasso sui titoli di Stato), si può ricavare ip: 137 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] ip={(1+if)/[1-E(t)]} -1 Come risulta evidente, aumentando la probabilità di insolvenza della controparte, aumenta il tasso di interesse richiesto (ip). Tuttavia questa relazione non tiene conto della circostanza che, in caso di insolvenza della controparte, una parte del credito viene recuperata. Infatti la parte del credito che viene recuperata è pari a E(t)*E(TR)* (1+ip), quindi la relazione precedente potrebbe essere riscritta nei seguenti termini: E(t)*E(TR)*(1+ip)+[1-E(t)]*(1+ip)=(1+if) da cui si ricava ip: ip={(1+if)/[E(t)*E(TR)+1-E(t)]} -1 dove qui si evidenzia che, un aumento del tasso di recupero, segue una diminuzione del tasso di interesse da applicare alla clientela. 54 Anolli M.,Gualtieri P., 1999, La misurazione e la gestione del rischio., cit. p.15. 138 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.2.1 Term structure degli spread Con questa metodologia viene stimata la probabilità di default dei prenditori osservando i premi per il rischio di credito impliciti nei rendimenti delle obbligazioni. In particolare si confrontano per le diverse scadenze temporali i rendimenti dei titoli rischiosi con quelli dei titoli privi di rischio aventi la medesima durata e le stesse caratteristiche, in termini di modalità di rimborso e di pagamento degli interessi. I dati necessari per lo sviluppo di tale metodologia sono55: • curva tassi zero-coupon dei titoli risk-free; • curva tassi zero-coupon dei titoli rischiosi; • tassi di recupero in caso di insolvenza. Sul piano procedurale si dovranno prioritariamente determinare i tassi di rendimento a termine (tassi forward) sia per i titoli risk-free che per quelli rischiosi. Analiticamente: 55 Sironi A.,1998, I modelli per la stima dei tassi di insolvenza basati sui dati del mercato dei capitali, in AA.VV., La misurazione e la gestione del rischio di credito (a cura di Sironi A., Marsella M. ), Bancaria, Roma, p. 157. 139 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] R(t,t+1)={[1+R(0,t+1)]^t+1/[1+R(0,t)^t]}–1 (1) dove R(t, t+1) è il tasso a termine del periodo che va da t a t+1; R(0, t+1) è il tasso z. coupon relativo alla scadenza t+1; R(0,t) relativo alla scadenza t. Poi si calcolano i tassi di perdita attesa in base agli spread fra i tassi a termine relativi alle due categorie di titoli. Analiticamente: PA(t,t+1)=1-{[1+RF(t,t+1)]/[1+RR(t,t+1)]} (2) dove RF e RR sono i tassi a termine dei titoli risk-free e dei titoli rischiosi. Infine, dalla perdita attesa, si ricavano sia le probabilità di insolvenza marginali che quelle cumulate. In formula: TDM(t,t+1)=PA(t,t+1)/(1-TR) TDCT=1-∏TS (3) (4) TDM(t,t+1) è il tasso di default marginale; TR è il tasso di recupero (ipotizzato costante); TDCT è il tasso di default cumulativo relativo alla scadenza T (pari al complemento a 1 del prodotto dei tassi di sopravvivenza marginali TS [il tasso di sopravvivenza marginale è il complemento a 1 del tasso di default marginale]). 140 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Un esempio potrebbe chiarire la metodologia. Supponiamo di avere i tassi di rendimento zero-coupon (con relative scadenze fino a 4 anni), sia dei titoli risk-free che dei titoli rischiosi. Tabella 1 - Tassi zero-coupon Tassi dei titoli Scadenza risk-free 1anno 2 anni 3 anni 4 anni Tassi dei titoli rischiosi Spread 3,10% 3,50% 4,00% 4,50% 0,10% 0,20% 0,40% 0,50% 3,00% 3,30% 3,60% 4,00% In base ai dati riportati nella tabella 1 si calcolano i rendimenti a termine di entrambi i titoli, utilizzando la formula (1). Così nella tabella 2. Tabella 2 - Tassi a termine Tassi dei titoli Scadenza risk-free 0-1 1-2 2-3 3-4 Tassi dei titoli rischiosi Spread 3,10% 3,90% 5,00% 6,00% 0,10% 0,30% 0,80% 0,80% 3,00% 3,60% 4,20% 5,20% Dai tassi a termine, utilizzando le formule (2) (3) e (4), si ricavano i tassi di perdita. Ipotizzato un tasso di recupero del 60%, i tassi di insolvenza marginale e i tassi di insolvenza cumulativi sarebbero quelli riportati nella tabella 3. 141 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Tabella 3 – Tassi di default marginali e cumulativi Scadenza PA TDM 1 2 3 4 0,09% 0,29% 0,76% 0,75% 0,23% 0,73% 1,90% 1,86% TS TDC 0,9977 0,9927 0,9810 0,9814 0,23% 0,96% 2,84% 4,65% Tuttavia i tassi di default marginali possono essere calcolati anche partendo dagli spread a termine. Infatti, utilizzando la formula per il calcolo del pricing di un prestito, cioè: TDM*TR*(1+TRR)+(1-TDM)*(1+TRR)=1+TRF (5) dove TRR e TRF sono rispettivamente i tassi a termine dei titoli rischiosi e risk-free calcolati precedentemente, si perverrebbe con una serie di passaggi alla formula: TRR-TRF(spread a termine) ={(1+TRF)/[TR+(1-TDM)-(1-TDM)*TR]}– (1+TRF) Sostituendo alla formula lo spread a termine, si ricaverebbe le probabilità di default marginali (TDM). 142 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.2.2Modelli attuariali basati sul tasso di mortalità56 Questi modelli seguono un approccio di tipo attuariale, basandosi su dati prodotti dalle agenzie di rating, relativi ai tassi di insolvenza storicamente registrati dagli emittenti di titoli obbligazionari sottoposti ad una valutazione in termini di rating. Le probabilità di insolvenza di un’impresa calcolate seguendo questo procedimento si fondono su 2 informazioni: 1. classe di rating dell’impresa stessa; 2. tasso di insolvenza storicamente registrato dalle imprese della medesima categoria. Anche qui, come nel modello precedente, vengono calcolati i tassi di insolvenza marginali, cumulati e di sopravvivenza. TDMt=DEt/POPt=1-TSt (1) TDCT=1- TSt (2) TDMt = tasso di default marginale relativo all’anno t; DEt = insolvenze verificatesi nell’anno t; 56 Paragrafo basato sui seguenti testi Sironi A., 1998, cit. p.167-171; Anolli- Gualtieri, 1999, cit. p.42-47; Fabbri, 2000, cit. p.122-142. 143 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] POPt = popolazione complessiva all’inizio dell’anno t; TSt = tasso di sopravvivenza marginale relativo all’anno t; TDCT = tasso di default cumulato relativo all’anno T. I tassi di default marginali rappresentano una proxy della probabilità di insolvenza in uno specifico anno successivo all’emissione. Quindi TDMt misura la probabilità che, sulla base dell’esperienza storica di un gruppo di obbligazioni simili, un dato titolo obbligazionario manifesti insolvenza al t-esimo anno di vita. La tabella seguente è un esempio di calcolo dei tassi di default. Tabella 1- Tassi di default marginali annuali (1971-1994) Rating 1 2 3 4 5 6 7 8 0.0 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 0.00 AAA 0.0 0.05 1.06 0.09 0.00 0.00 0.01 0.00 AA 0.0 0.19 0.07 0.21 0.06 0.06 0.20 0.19 A 0.4 0.25 0.32 0.55 0.89 0.39 0.09 0.00 BBB 0.5 0.58 4.15 4.84 1.13 0.33 0.94 0.23 BB 1.5 7.12 6.80 7.29 3.40 3.40 2.80 2.13 B 8.3 10.69 18.53 10.26 9.18 5.56 2.49 2.97 CCC Fonte: Altman e Saunders [1997,1730] 9 10 0.00 0.06 0.00 0.59 0.64 2.83 12.28 0.00 0.04 0.00 0.23 0.58 3.43 1.35 Da questa tabella di può notare come i tassi di insolvenza marginali risultino crescenti al crescere degli anni per le classi di rating migliori, mentre decrescenti per le classi di rating peggiori. Ciò perché nel corso degli anni le imprese “migrano” in altre classi di rating (upgrading/downgrading). Ovviamente è più probabile che tali variazioni di rating avvengano in senso peggiorativo per le imprese 144 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] appartenenti a classi di rating migliori, ed in senso migliorativo per quelle appartenenti a classi di rating peggiori. Utilizzando la tabella 1 si possono calcolare, in base alla formula 2, i tassi di default cumulati. Se vogliamo calcolare la probabilità di insolvenza cumulata a 4 anni delle obbligazioni di classe BBB, avremo: Tabella 3-Tassi di default marginali, di sopravvivenza, e cumulati della classe BBB ANNI TDM TS TDC 0,41% 99,59% 0,41% 1 0,25% 99,75% 0,66% 2 0,32% 99,68% 0,97% 3 0,55% 99,45% 1,51% 4 Il tasso di default cumulato relativo al terzo anno, per esempio, si ottiene tramite l’impiego della formula: TDC3 = 1-(0,9959*0,9975*0,9968)=0,97% Quindi applicando questa formula a tutte le classi di rating si avrebbe la tabella seguente 145 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Tabella 1- Tassi di default cumulati (1971-1994) Rating 1 2 3 4 5 6 0.00 0.00 0.00 0.00 0.08 0.08 AAA 0.00 0.05 1.11 1.20 1.20 1.20 AA 0.00 0.19 0.26 0.47 0.53 0.59 A 0.41 0.66 0.97 1.51 2.39 2.77 BBB 0.50 1.08 5.19 9.78 10.79 11.26 BB 1.59 8.60 14.82 21.02 23.71 28.21 B 8.32 18.13 33.30 40.14 45.63 48.66 CCC Fonte: Altman e Saunders [1997,1730] 7 8 9 10 0.08 1.20 0.78 2.86 13.64 30.22 49.94 0.08 1.20 0.98 2.86 13.87 31.70 51.42 0.08 1.26 0.98 3.44 14.55 33.63 57.39 0.08 1.30 0.98 3.66 15.21 35.91 58.31 I tassi di default cumulati TDCt dovrebbero essere utilizzati dalle banche, insieme ai tassi di recupero, per la determinazione dei premi per il rischio connessi all’attività creditizia. Tuttavia, qualora l’attività creditizia si riferisca ad un periodo maggiore dell’anno, le perdite attese necessarie per il pricing dei prestiti non potrebbero basarsi solo sui tassi di default cumulati. I TDC esprimono la probabilità di insolvenza nel periodo che va dall’emissione alla scadenza dell’attività, e quindi non sono espressi su base annua come è necessario per il calcolo del premio di rendimento del prestito. Risulta quindi necessario ricavare i tassi di insolvenza su base annua. Ponendo: (t=1 T) =(1-TDA)^T (3) si avrebbe TDAT=1-( TSt)^1/T (4) 146 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] TDAT = Tasso di default annualizzato relativo al periodo T. La tabella che segue offre una dimostrazione di calcolo dei tassi di insolvenza annualizzati. Tabella 5 – Tassi di default annualizzati della classe BBB. Anno TDM TDC 0.41% 0.41% 1 0.25% 0.66% 2 0.32% 0.97% 3 0.55% 1.51% 4 TDA 0.41% 0.33% 0.30% 0.38% Come risulta evidente, i tassi di insolvenza annualizzati sono inferiori a quelli cumulativi. 147 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.2.3 Option pricing theory57 La misurazione del tasso di insolvenza può essere stimata in base all’approccio derivante dall’Option Pricing theory; di conseguenza, il contesto teorico è quello relativo alla teoria delle opzioni sviluppata a partire dal contributo di Black e Scholes e applicata poi all’analisi del rischio di default da Merton. Questa teoria si basa sull’idea che gli azionisti di una determinata società equivalgono ad acquirenti di un’opzione call sul valore di mercato delle attività della stessa, il cui prezzo di esercizio è pari al valore contabile del debito della società. Il valore del capitale azionario può, quindi, essere considerato come il valore di un’opzione call di tipo europeo sul valore di mercato delle attività della società. Dal punto di vista intuitivo tale modello dice questo: l’insolvenza di un’impresa avviene nel momento in cui il valore delle attività risulti inferiore al valore delle passività. Le variabili rilevanti nella determinazione della probabilità di insolvenza dell’impresa sono: 57 Paragrafo basato sui seguenti testi Sironi A., 1998, cit. p.161-164; Anolli- Gualtieri, 1999, cit. p.47-55; Fabbri, 2000, cit. p.115-122 148 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 1. valore delle attività (cioè valore attuale dei flussi di cassa che l’impresa produrrà in futuro); 2. valore delle passività (valore contabile del debito che si presuppone pari all’emissione di un titolo zero-coupon); 3. volatilità del valore delle attività. L’unica variabile nota è il valore contabile del debito. La probabilità di insolvenza sarà pari all’area rossa del grafico seguente: P = valore contabile del debito; A = Valore di mercato delle attività. Il pay-off a scadenza dell’opzione call per gli azionisti è illustrato nella seguente figura n.1: 149 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Fig.1 Pay-off degli azionisti a scadenza Osservando il grafico si nota che se il valore delle attività (A1) a scadenza fosse pari o inferiore a quello del debito (P), il pay-off degli azionisti risulterebbe nullo (nella figura risulta –S in quanto perdono il valore dei loro conferimenti). Se, invece, il valore dell’attivo (A2) fosse maggiore del debito, il pay-off degli azionisti risulterebbe positivo e pari alla differenza tra attività e debito. In termini analitici entrambe le situazioni sono simboleggiate da questa uguaglianza: Call = MAX (0, A-P) Un approccio alternativo è quello di considerare il pay-off del creditore: la posizione del creditore è quella di chi vende una opzione put sul valore delle attività dell’impresa, con prezzo d’esercizio pari al valore del debito (capitale+interessi). In figura: 150 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Fig.2 Pay-off dei creditori a scadenza L’ordinata L rappresenta il rimborso totale del debito ai creditori nel momento in cui il valore delle attività dell’impresa (A2) fosse uguale o maggiore del debito (P); nel caso in cui il valore delle attività (A1) fosse minore del debito (P), il rimborso di quest’ultimo andrebbe sempre più diminuendo fino ad aversi una perdita totale rappresentata dall’ordinata w. Quindi in termini simbolici: Put = min (P, A). Come già detto, l’unica variabile nota è il valore contabile del debito. Per conoscere le altre due variabili (valore dell’attivo e volatilità di quest’ultimo) necessarie per la stima del tasso di default, è necessario assimilare il valore del capitale azionario a quello di 151 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] un’opzione call. Poiché il valore di un’opzione è funzione di 5 variabili (prezzo d’esercizio, prezzo di mercato dell’attività sottostante, tempo a scadenza, tasso di interesse e volatilità dell’attività sottostante), il valore del capitale azionario risulterebbe: C =ƒ(P,A,σA,T,i) ‘C’, ‘T’ e ‘i’ rappresentano rispettivamente il valore di mercato del capitale azionario, la scadenza del debito e il tasso di interesse risk-free. La funzione “f” rappresenta la formula di pricing di un’opzione. Di queste 6 variabili sono note ‘C’ (prezzo di mercato delle azioni), ‘P’ (debito contabile), ‘T’ ed ‘i’. Non sono note le altre due, cioè valore e volatilità dell’attivo. Per poter conoscere queste due variabili sarà necessario porre in essere un’altra equazione, e poiché vi è un legame teorico tra volatilità del valore di mercato del capitale azionario e volatilità del valore delle attività di un’impresa, l’equazione risulta: σC =ƒ(A,σA,P,i) ; 152 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] poiché la volatilità del capitale azionario può essere stimata mediante la volatilità del prezzo delle azioni dell’impresa, anche in questa equazione non sono note il valore e la volatilità degli attivi dell’impresa e quindi possono essere conosciute mediante un sistema a due equazioni con due incognite. 153 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.3 La perdita inattesa La perdita inattesa, come è stato detto, è la perdita che dipende dalla volatilità della perdita attesa, ossia la perdita derivante dalla differenza tra la perdita corrispondente al worst case scenario e la perdita attesa. Mentre quest’ultima trova copertura nel pricing del prestito, la perdita inattesa implica accantonamenti e capitale economico assorbito in relazione all’ammontare stimato della stessa. L’esistenza di una perdita inattesa dipende dai due elementi che compongono la perdita attesa: recovery rate e tasso di insolvenza dell’impiego. In altri termini la perdita inattesa è legata alla possibilità che il tasso di insolvenza effettivamente registrato a posteriori risulti superiore di quello stimato e/o, in caso di insolvenza, il tasso di recupero risulti inferiore a quello stimato. In una logica VAR ciò potrebbe essere rappresentato in questo modo: 154 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Fonte:Sironi Marsella [1998,42] Questo grafico aiuta a comprendere la natura della perdita attesa e della perdita non attesa. Come si può notare la perdita attesa è pari al prodotto del tasso di insolvenza medio atteso E(T) con il tasso di perdita atteso in caso di insolvenza 1-E(TR): quindi l’area tratteggiata in rosso equivale alla perdita attesa. La perdita inattesa viene calcolata decidendo il livello di confidenza (grado di avversione al rischio); quindi nel grafico sono stati indicati i valori che tagliano le distribuzioni in corrispondenza di un livello di confidenza del 99% (si è supposto una distribuzione normale del tasso di insolvenza). Il 155 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] prodotto tra i lati T99% e (1-TR99%) rappresenta la perdita complessiva che si avrebbe, con un intervallo di confidenza del 99%, se entrambe le variabili subissero una variazione sfavorevole (worst case scenario) rispetto ai valori attesi. Quindi la perdita non attesa è pari alla differenza tra queste due aree, cioè l’area tratteggiata in verde. Il calcolo del VAR di un’esposizione creditizia comporta, naturalmente, la stima della distribuzione di probabilità del tasso di perdita; il valore medio di quest’ultimo è maggiore di zero, a differenza dello stesso per i rendimenti dei fattori di mercato che è presupposto nullo58. 58 Sironi A.,1998, La misurazione del VAR di una esposizione creditizia, in AA.VV., p.184. 156 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.3.1 Il VAR di un’esposizione creditizia I modelli per la stima della perdita inattesa (VAR) di un’esposizione creditizia possono essere classificati in base alla variabile di cui viene stimata la distribuzione di probabilità: tasso di default oppure mark-to-market59. Generalmente si usa il modello basato su una distribuzione di probabilità del tasso di default quando il fine relativo all’esposizione creditizia è l’investimento (banking book), in quanto risulta più coerente con l’obiettivo della banca. Il secondo modello, invece, viene utilizzato qualora l’esposizione creditizia fosse legata al fine di trading (trading book); e anche in quest’ultimo caso ciò sarebbe coerente e, come si vedrà, incorpora anche i cambiamenti di valore delle esposizioni dovute a variazione degli spread creditizi. In base all’ipotesi di distribuzione della probabilità si potrebbe avere sia una distribuzione continua (metodologia CrediSuiss+), che una distribuzione discreta60. 59 Fabbri A., 2000, La gestione del rischio di credito: dall’approccio tradizionale ai modelli di portafoglio, in Nassetti C. F., Fabbri A., cit., p.350. 60 Sironi A.,1998, La misurazione del VAR di una esposizione creditizia, cit., p. 185. 157 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] La prima metodologia parte da una stima della volatilità dei tassi di insolvenza e da questa calcola l’intera distribuzione di probabilità. Gli inputs sono, oltre alla volatilità dei tassi di default, il ratings delle controparti e i Recovery rate. La seconda metodologia si basa, principalmente, su una classificazione dei debitori per classi di rating e la distribuzione di probabilità viene costruita in base a questi inputs: tassi di insolvenza delle relative classi di rating, probabilità di migrazione da una classe di merito ad un’altra e recovery rate (come vedremo in seguito, la metodologia CreditMetrics richiede anche la curva degli spread creditizi). Altro aspetto rilevante è la scelta dell’orizzonte temporale di valutazione. Indipendentemente dal modello utilizzato, l’orizzonte temporale di riferimento può essere comune a tutti i tipi di esposizione creditizia, oppure può coincidere con la scadenza dell’esposizione in essere (hold-to-maturity)61. Anche in questo caso la scelta dipende dagli obiettivi che la banca ha riguardo alle posizioni creditizie presenti in portafoglio. Il primo approccio è coerente con la frequenza di trading delle 158 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] posizioni creditizie in portafoglio, e un holding period annuale sarebbe adatto alle politiche di accantonamenti e di utilizzo del capitale economico. Un approccio hold-to-maturity, invece, è coerente con l’obiettivo di investimento oppure con il condizionamento di un mercato secondario poco liquido. Le banche generalmente utilizzano il primo approccio, tuttavia lo stesso non prende in considerazione una maggiorazione del rischio presente in esposizioni creditizie con vita residua maggiore di un anno. Per ovviare a questo inconveniente, e a date condizioni che vedremo in seguito, è necessario trasformare il VAR annuale in un VAR relativo al periodo che insistente sulla esposizione creditizia. Dunque è necessario tenere conto del modello di credit risk management adottato. Se il VAR annuale è stato calcolato su una distribuzione continua dei tassi di default e sull’utilizzo della volatilità del tasso di default, allora si dovrà utilizzare questa formula62: σDT =σDt(T/t)^2 61 62 Fabbri A., 2000, La gestione del rischio di credito:, cit. p. 355. Sironi A.,1998, La misurazione del VAR di una esposizione creditizia, cit., p. 190. 159 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] σDT = volatilità del tasso di default relativa al periodo T. Nel caso in cui il modello utilizzato si basa su una distribuzione discreta dei tassi di default, con utilizzo di matrici di transizione che misurano le frequenze con le quali si possono verificare variazioni del merito creditizio, occorre trasformare la matrice di transizione annuale in una matrice di transizione relativa al periodo d’interesse (come vedremo in seguito). Se ciò non fosse possibile, ossia dovessero venire meno determinate condizioni e ipotesi che permettano la validità di tali trasformazioni delle volatilità e delle matrici annuali (comunque basate su stima) occorrerà stimare per entrambi gli approcci le relative volatilità e le matrici di transizione. In questa procedura essenziale risulta essere la scelta dell’intervallo di confidenza. Diversamente per i rischi di mercato in cui la distribuzione di probabilità assume una forma gaussiana e quindi normale, la distribuzione di probabilità dei tassi di insolvenza (e quindi di perdita) risulta non normale e quindi la scelta dell’intervallo di confidenza per il rischio creditizio non può basarsi sull’utilizzo di un fattore scalare come per i rischi di mercato63. 63 Sironi A.,1998, La misurazione del VAR di una esposizione creditizia, cit., p. 192. 160 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Si possono prospettare varie ipotesi. Ipotizzare una forma di distribuzione di probabilità diversa da quella normale (è il caso della metodologia CreditSuiss+), ricavata dalla stima della volatilità dei tassi di insolvenza. Oppure non formulare nessuna ipotesi, e tagliare il tasso di perdita in corrispondenza del livello di confidenza desiderato in una logica del percentile. 161 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.3.2 Approccio “insolvenza vs non insolvenza” Una delle metodologie di valutazione del rischio di credito è quella che prende in considerazione esclusivamente il fenomeno del default. Questo modello risulta più aderente alla valutazione del rischio di credito relativo ai prestiti bancari, in quanto il rapporto contrattuale tra banca e cliente non è così rigido come può esserlo tra quello di una banca e l’emittente di obbligazioni. La rischiosità creditizia può ricondursi alla categoria degli eventi binomiali, caratterizzati da una probabilità ‘p’ e una probabilità contraria e complementare ‘q’. Nella distribuzione binomiale di probabilità l’esito di una singola prova presenta un valore atteso (media) pari a p e scostamento quadratico medio (standard deviation) pari a (p*q)^1/2 (la media di una distribuzione binomiale di probabilità è pari a n*p, la sua varianza n*p*q, dove n rappresenta il numero di prove)64. 64 Cicardo G., 1999, Controllo del rischio di credito: profili di regolamentazione prudenziale, in AA.VV., p152-153. 162 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Secondo questo modello una perdita avviene soltanto qualora si verifichi l’insolvenza della controparte. Quindi la perdita in caso di insolvenza, con una probabilità pari a E(t), sarà 1-E(TR) (loss given default); mentre nel caso di non insolvenza la perdita, con probabilità 1-E(t), sarà 0. Quindi in base a questi dati, utilizzando un approccio binomiale di una variabile casuale, si possono calcolare media (che identifica la perdita attesa) e volatilità (che identifica la perdita inattesa) della distribuzione di probabilità delle perdite65: E(PA)=E(t)*[1-E(TR)] (perdita attesa) σ^2(PA)=E(t)*[1-E(t)]*[1-E(TR)]^2 Calcolata la varianza della perdita attesa si potrà conoscerne la volatilità, cioè la perdita inattesa: σ(PA)={E(t)*[1-E(t)]*[1-E(TR)]}^2=[1-E(TR)]*{E(t)*[1- E(t)]}^1/2 65 Sironi A.,1998, La misurazione del VAR di una esposizione creditizia,cit., p.197-198. 163 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Visto che la volatilità della perdita attesa non dipende solo dalla volatilità del tasso di insolvenza, ma anche dalla volatilità del tasso di recupero σTR, si avrà: σ(PA) =E(t)*[1- E(t)]*[1-E(TR)]^2 +E(t)*σ^2(TR) Esempio di calcolo della perdita inattesa. Si ipotizzi una probabilità di insolvenza del 2%, un tasso di recupero del 70% e una volatilità di quest’ultimo pari al 5%. Analiticamente: σ(PA) = 0,02*(1-0,02)*(1-0,7)^2+0,02*0,05^2= 0,18% 164 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.3.3 Approccio basato su una distribuzione discreta dei tassi di insolvenza Questo tipo di approccio per la misurazione del VAR di una esposizione creditizia, in contrapposizione al precedente, non tiene conto del solo rischio di insolvenza ma anche del rischio di migrazione, ossia della probabilità che un determinato soggetto appartenente ad una classe di merito resti, in un orizzonte temporale di riferimento (holding period), nella stessa classe oppure “migri” verso altre classi. Inoltre, sempre differentemente dal modello precedente, evita di trascurare il diverso grado di rischio associato alla diversa vita residua degli impieghi in portafoglio. Necessari all’attuazione di tale approccio sono: 1. i tassi d’insolvenza attesi per ogni classe di merito creditizio (tassi di insolvenza cumulati); 2. la matrice di transizione che esplichi la probabilità di migrazione verso altre classi. 165 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.3.3.1 La matrice di transizione e il rischio di migrazione Come è stato detto, la matrice di transizione descrive il comportamento evolutivo del tasso di insolvenza, legato ad una determinata classe di rating in un certo periodo di riferimento. Un esempio di matrice di transizione è questa: Tabella 1 Matrice di transizione a un anno Rating a fine anno (%) Rating AAA AA A iniziale 88.5 8.1 0.7 AAA 0.6 88.5 7.6 AA 0.1 2.3 87.6 A 0 0.3 5.5 BBB 0 0.1 0.6 BB 0 0.1 0.2 B 0.2 0 0.3 CCC 0 0 0 Default Fonte: Standard&Poor’s,1997. BBB BB B CCC Defaul 0.1 0.6 5 82.5 7 0.4 1 0 0.1 0.1 0.7 4.7 73.8 6 2.2 0 0 0.1 0.2 1 7.6 72.8 9.6 0 0 0 0 0.1 0.9 3.4 53.1 0 0 0 0.4 0.2 1 4.9 19.3 100 Come si vede, il risultato più probabile, da un anno all’altro, sarà la permanenza nella classe di rating iniziale; tuttavia non vengono escluse probabilità di migrazione verso altre classi. Ad esempio, un soggetto di classe A ha una probabilità dell’87,6% di restare nella stessa classe, mentre ha minori probabilità di migrare in altre classi. 166 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] L’unità di analisi all’interno delle matrici di transizione è la singola società emittente debito a lungo termine, indipendentemente dall’ammontare nominale del debito emesso e dal numero di emissioni effettuate. Le banche utilizzano un orizzonte temporale di riferimento solitamente annuale. Tuttavia, qualora il periodo di riferimento fosse superiore all’anno, la matrice di transizione annuale dovrebbe essere trasformata in una avente orizzonte temporale più lungo. In pratica la matrice annuale dovrebbe essere moltiplicata per se stessa tante volte quanti sono gli anni da considerare meno uno. Analiticamente la probabilità che un soggetto di classe A resti per due anni consecutivi nella stessa classe è pari a: 87,6*87,6+2,3*7,6+0,1*0,7+5*5,5+0,7*0,6+0,2*0,2=77,5. Quindi, generalizzando, la matrice di transizione a t anni si ottiene con la seguente formula66: N PMi,t=∑ jPMi,t*iPMj,t j i=1 66 Anolli-Gualtieri, 1999, La misurazione del rischio di credito, cit. p.73. 167 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] jPMi,t rappresenta la probabilità che un soggetto di classe j migri verso i durante il periodo t. N rappresenta il numero delle classi di rating. Come è stato detto all’inizio, affinché da una matrice (e quindi da un periodo di riferimento) sia possibile ricavarne un’altra per un periodo più lungo (poiché sarebbe più corretto averne una originaria, cioè stimata e non ricavata) occorrerà che si verifichino determinate condizioni. In riferimento al singolo impiego, la probabilità di movimento da una classe ad un’altra deve essere indipendente67: 1. indipendente dalla propria storia passata, cioè indipendente dal fatto che in passato abbia subito upgrading o downgrading; 2. temporalmente stazionaria, ossia costante nel tempo; 3. la stessa per tutti gli impieghi classificati in una certa classe, indipendentemente dalle caratteristiche del singolo impiego; 4. indipendente dai movimenti cui sono soggetti gli altri impieghi. Se una delle precedenti condizioni non dovesse essere verificata, la matrice costruita porterebbe a stime della perdita inattesa molto lontane dalla realtà. 67 Sironi A.,1998, La misurazione del VAR di una esposizione creditizia,cit., p. 205. 168 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.3.3.2 La perdita inattesa come deviazione standard della perdita attesa Come è stato detto per il calcolo della perdita inattesa, in base ad un approccio basato su una distribuzione discreta dei tassi di insolvenza, è necessario calcolare le probabilità di insolvenza cumulate e la matrice di transizione rispetto ad un relativo periodo di riferimento. In questo paragrafo analizzeremo la perdita inattesa come una semplice deviazione standard della perdita attesa. Prendendo in considerazione la seguente tabella di probabilità di insolvenza cumulate: Tabella 1 Tassi di default cumulati (1971-1994) Rating 1 2 3 4 5 6 0.00 0.00 0.00 0.00 0.08 0.08 AAA 0.00 0.05 1.11 1.20 1.20 1.20 AA 0.00 0.19 0.26 0.47 0.53 0.59 A 0.41 0.66 0.97 1.51 2.39 2.77 BBB 0.50 1.08 5.19 9.78 10.79 11.26 BB 1.59 8.60 14.82 21.02 23.71 28.21 B 8.32 18.13 33.30 40.14 45.63 48.66 CCC Fonte: Altman e Saunders [1997,1730] 7 8 9 10 0.08 1.20 0.78 2.86 13.64 30.22 49.94 0.08 1.20 0.98 2.86 13.87 31.70 51.42 0.08 1.26 0.98 3.44 14.55 33.63 57.39 0.08 1.30 0.98 3.66 15.21 35.91 58.31 la perdita attesa di un impiego a 7 anni di classe BBB, con un holding period di un anno e un recovery rate pari al 60%, è: PABBB,7=2,86%*(1-60%)=1,144 169 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Per il calcolo della perdita inattesa come semplice deviazione standard di quella attesa, si deve tener conto che i possibili eventi sono rappresentati dai tassi di insolvenza cumulata a 6 anni relative alle 7 classi di rating. Le probabilità che questi eventi succedano sono rappresentate dalle frequenze con cui il soggetto finanziato migra, nel corso di un anno, verso altre classi di rating. In base alla seguente matrice di transizione: Tabella 2 Matrice di transizione a un anno Rating a fine anno (%) Rating AAA AA A iniziale 88.5 8.1 0.7 AAA 0.6 88.5 7.6 AA 0.1 2.3 87.6 A 0 0.3 5.5 BBB 0 0.1 0.6 BB 0 0.1 0.2 B 0.2 0 0.3 CCC 0 0 0 Default Fonte: Standard&Poor’s,1997. BBB BB B CCC Defaul 0.1 0.6 5 82.5 7 0.4 1 0 0.1 0.1 0.7 4.7 73.8 6 2.2 0 0 0.1 0.2 1 7.6 72.8 9.6 0 0 0 0 0.1 0.9 3.4 53.1 0 0 0 0.4 0.2 1 4.9 19.3 100 la perdita non attesa di un impiego di classe BBB a 7 anni con vita residua di un anno è pari a: {0*[0.08(1-60%)-2.77(1-60%)]^2+0.3*[1.20(1-60%)-2.77(160%)]^2+5.5*[0.59(1-60%)-2.77(1-60%)]^2+82.5*[2.77(1-60%)-2.77(160%)]^2+4.7*[11.26(1-60%)-2.77(1-60%)]^2+1*[28.21(1-60%)-2.77(160%)]^2+0.1[48.66(1-60%)-2.77(1-60%)]^2}^1/2 = 13.96% 170 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Generalizzando e ponendo le classi di rating AAA=1, AA=2, A=3, BBB=4, BB=5, B=6 e CCC=7, si avrà68: Pij,t ={ jPMi,t*(PAi,t-1-PAj,t-1) ^2 ^1/2 } dove PIj,t =perdita inattesa relativa ad un impiego di classe j e vita residua t; PAi,t-1 = perdita attesa di un impiego di classe i e vita residua t-1; PA j,t-1 = perdita attesa di un impiego di classe j e vita residua t-1. Questa formula prende in considerazione solo la volatilità del tasso di insolvenza come causa principale della perdita inattesa, ma sappiamo che la perdita inattesa dipende anche dalla volatilità del tasso di recupero. In termini analitici69: Pij,t ={ 68 69 PMi,t*[(PAi,t-1+σTR)-PAj,t-1]^2}^1/2 j Sironi A.,1998, La misurazione del VAR di una esposizione creditizia,cit., p. 207. Sironi A.,1998, La misurazione del VAR di una esposizione creditizia,cit., p. 208. 171 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.3.3.3 La perdita inattesa come perdita massima potenziale con un certo livello di confidenza: il VAR Il paragrafo precedente calcola la perdita inattesa come semplice volatilità (deviazione standard) dei fattori che compongono la perdita attesa, cioè recovery rate atteso e tasso di default atteso. Il valore a rischio di una posizione finanziaria è differente dalla semplice deviazione standard, in quanto include la perdita potenziale attesa, al variare del tasso di insolvenza atteso ed il tasso di recupero atteso (entro un certo livello di confidenza). Per far ciò è necessario tagliare la distribuzione dei tassi di insolvenza (dei tassi di perdita, se si dovesse tener conto anche dei tassi di recupero) in corrispondenza del livello di percentile (livello di protezione desiderato e, quindi, grado di avversione del rischio). Se volessimo calcolare il VAR a un anno per un impiego a 7 anni di classe 4 (cioè BBB), dovremmo prima calcolare la perdita attesa che si avrebbe alla fine dell’anno, cioè: PA4,6 = 2,77%*(1-60%) = 1,108 172 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Per il calcolo del valore a rischio della posizione creditizia considerata sarà necessario stabilire il livello di confidenza considerato, isolando le probabilità di migrazione a 1 anno dell’impiego di classe 4 (BBB). Ad esempio, un livello di protezione del 99% implica l’esclusione dell’1% (probabilità cumulata a un anno di un downgrading al rating CCC degli eventi, attribuendo ad una percentuale minima (1%) la probabilità che il soggetto affidato “migri” al di sotto della classe B (nell’esempio, la probabilità di migrazione dell’impiego di classe 4 verso la classe 7 CCC. In questo caso, il VAR dell’impiego, con un livello di confidenza del 99%, è pari a70: VAR4,7,99% =PA6,6-PA4,6 =11,284- 1,108 =10,176% Il valore a rischio trovato non prende però in considerazione la variazione che il tasso di recupero atteso possa subire durante l’anno. Quindi se si dovesse supporre che il recovery rate possa scendere, con una probabilità del 99%, al 20%, il VAR sarebbe pari a: VAR4,7,99% =PDC6,6*(1-TR99%)-PA4,6 =22,568 - 1,108 = 21,46 70 Sironi A.,1998, La misurazione del VAR di una esposizione creditizia,cit., p. 209. 173 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.4 CreditMetrics71 Il modello di misurazione del rischio di credito CreditMetrics è basato su una distribuzione dei valori di mercato. Questa metodologia, messa a punto dalla banca americana J.P. Morgan, mira a stabilizzare il valore di un portafoglio di crediti bancari facendo leva sulle correlazioni esistenti tra i diversi Paesi e i diversi settori merceologici. In particolare CreditMetrics misura, in un ottica di portafoglio, il cambiamento di valore degli strumenti di debito a seguito dei cambiamenti nel merito creditizio del debitore (upgrading, downgrading e default). Rispetto al modello precedente CreditMetrics introduce una variabile di rischio addizionale, cioè la variazione degli spread richiesti dal mercato. Ma prima di parlare del rischio di portafoglio, introducendo la terza componente di rischio di credito (effetto diversificazione), sarà opportuno esporre la valutazione del valore a rischio di una singola esposizione creditizia. 71 Questo paragrafo e i successivi esempi sono basati sui seguenti testi: Fabbri A., 2000. La gestione del rischio di credito, cit. p. 356-366, Anolli – Gualtieri, 1999, La misurazione del rischio di credito, cit. p.89-102, Resti A., 1999, Credit Metrics: insolvenze e altri eventi creditizi, in Il rischio creditizio, (a cura di Szego, Varetto), cit., p.306-319. 174 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.4.1 Valutazione delle singole esposizioni Per la misurazione del valore a rischio di una singola esposizione creditizia sono necessari i seguenti passaggi: Rilevazione del rating del prenditore, cioè probabilità di default o di migrazione verso altre classi di rating entro un determinato orizzonte temporale (matrice di transizione); Stima del tasso di perdita in caso di default (stima dei recovery rate); Stima dei credit spread; Calcolo della volatilità o del valore a rischio della singola esposizione. La prima fase prevede la stima delle probabilità di migrazione e quindi della matrice di transizione. Supponendo di avere la seguente matrice di transizione: Dalla classe A B C A 97% 2% 2,5% …alla classe B 1,5% 94% 3,0% C Default 1% 3% 90% 0,5% 1% 4,5% Tab.1 Matrice di transizione ad 1 anno: Fonte personale (valori di fantasia) 175 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Dopo aver stimato i tassi di migrazione sarà necessaria una stima dei recovery rate. CreditMetrics, in questo caso, si basa sui dati storici registrati nel mercato dei bond pubblici dalle agenzie rating, le quali riportano il valore assunto dai titoli quando l’emittente diviene insolvente. Nella tabella 2 sono riportati esempi di recovery rate. Tab. 2 Tassi di recupero Tipologia Senior secured Recovery 53.80% rate Fonte : Sironi, 1998. Senior unsecured Senior subordina ted Subordina ted Junior subordina ted 51.13% 38.52% 32.74% 17.09% Dopo aver stimato i tassi di recupero, la successiva fase prevede il calcolo dei tassi forward. Un esempio a questo punto risulta necessario. Supponiamo di voler valutare un’obbligazione a tasso fisso del 7%, valore nominale 10mln e vita residua pari a cinque anni, emessa da un emittente di classe di rating A. Il valore attuale di questa obbligazione è pari al valore attuale dei futuri flussi di cassa scontati ai relativi tassi di sconto associati alla categoria di rating a cui appartiene l’emittente. Nell’esempio i futuri flussi sono scontati secondo i tassi spot della tabella seguente: 176 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Tabella 3 Tassi spot annui Anni 1 2 3 5.00% 5.20% 5.70% Classe A 5.20% 5.50% 6.20% Classe B 6.00% 6.40% 7.20% Classe C Fonte personale (valori a fantasia) 4 5 6.40% 7.00% 8.40% 7.20% 8.00% 9.50% Ammesso che il valore attuale dell’obbligazione sia 9.996.000 Lit., se volessimo sapere quale sarà il valore futuro dell’obbligazione tra un anno (orizzonte di riferimento=1anno), dovremmo ricavare i tassi forward annui. Questi tassi si ricavano in base al principio di assenza di arbitraggio, cioè secondo la seguente formula: [1+ i(0, 1)]*[1+i(1, t)]^t-1=[1+i(0, t)]^t Tabella 4 Tassi forward Anni i(1,2) i(1,3) 5.40% 6.05% Classe A 5.80% 6.70% Classe B 6.80% 7.81% Classe C Fonte personale (valori a fantasia i(1,4) i(1,5) 6.87% 7.61% 9.21% 7.76% 8.71% 10.39% Dopo aver calcolato i tassi forward si dovranno calcolare i valori futuri dell’obbligazione, sia che rimanga in A e sia che “migri” verso altre classi incluso lo stato di default (si supponga un tasso di recupero del 70% per la classe A). I possibili valori che l’obbligazione potrà assumere, associati alle relative probabilità di migrazione, sono i seguenti: 177 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Tabella 5 Distribuzione dei valori futuri Valore Stato futuro 9.795.000 Classe A 9.500.000 Classe B 9.000.000 Classe C 7.000.000 Default Elaborazione personale. Probabilità 97% 1.5% 1.0% 0.5% (Una metodologia alternativa, per derivare la variazione del valore di mercato della singola posizione creditizia in relazione a ciascun cambiamento di rating, potrebbe essere quella di moltiplicare per la duration modificata della relativa posizione creditizia la differenza tra lo spread di rendimento della classe di rating iniziale e quella raggiunta dopo la migrazione.) La tabella n.5 rappresenta la distribuzione di probabilità dei valori dell’obbligazione, quindi è possibile calcolare il valore medio e la deviazione standard, che risultano rispettivamente pari a 9.768.000 e 2.887.000. La volatilità del valore dell’esposizione al rischio condizionata all’evoluzione del merito creditizio dell’emittente l’obbligazione può essere sintetizzata, oltre che dalla deviazione standard, anche dal percentile. Il primo percentile è dato dal valore sotto il quale l’obbligazione scenderà con probabilità pari all’1%, il secondo percentile è dato dal valore sotto il quale lo strumento scenderà con 178 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] una probabilità del 2%. Ora nell’esempio precedente un secondo percentile sta a significare che nel 98% delle probabilità il titolo potrà al massimo subire un declassamento a B, e quindi il valore dell’obbligazione potrà oscillare tra il suo valore medio (9.768.000) e 9.500.000. Il VAR98% sarà pari a questa differenza, cioè 268.000 (9.768.000 - 9.500.000). 179 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.5 Il rischio di portafoglio e l’effetto diversificazione Nel paragrafo precedente abbiamo calcolato il valore a rischio della singola esposizione creditizia. In questo paragrafo si cercherà di dimostrare che l’effetto diversificazione corregge, riducendola, la somma delle perdite inattese delle singole esposizioni. Supponiamo di avere in portafoglio un’altra obbligazione, insieme alla precedente, di rating C del valore di 15mln, cedola 6% e vita residua triennale. Ora in base ai tassi spot e forward precedentemente calcolati, la distribuzione dei valori futuri (a un anno), ipotizzando un tasso di recupero del 30%, è rappresentata nella seguente tabella: Tabella 6 Distribuzione dei valori futuri Valore Stato futuro 14.991.000 Classe A 14.816.000 Classe B 14.522.000 Classe C 4.500.000 Default Elaborazione personale. Probabilità 2,5% 3% 90% 4,5% Con valore atteso pari a 14.091.000, deviazione standard 2.083.000 e VAR98% 9.591.000. A questo punto è necessario conoscere la distribuzione di probabilità di transizione congiunta delle due obbligazioni, per poter 180 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] calcolare VAR e deviazione standard del portafoglio composto da entrambi i prestiti, tale da rilevare l’effetto diversificazione. Immaginiamo di avere una previsione sulle probabilità di transizione congiunta di entrambe le obbligazioni, e cioè: Tabella 7 Distribuzione delle probabilità di transizione congiunte delle due obbligazioni Stato della seconda obbligazione A B C Default Totale Stato 2.43 2.91 87.3 4.36 97.00 A della 0.04 0.05 1.35 0.07 1.51 B prima 0.03 0.02 0.90 0.05 1.00 C obbligaz 0.01 0.02 0.45 0.01 0.49 Default ione 2.51 3.00 90.00 4.49 100.00 Totale Elaborazione personale Come si può notare, la percentuale evidenziata in giallo è la più alta, perché alta è la probabilità che entrambe le obbligazioni (come somma dei due prestiti) continuino a restare nelle rispettive classi di rating. La tabella seguente mostra, invece, i possibili valori futuri del portafoglio: Primo prestito Stato A B C Default A 24.386.000 24.091.000 23.591.000 21.591.000 Secondo B 24.611.000 24.316.000 23.816.000 21.816.000 prestito C 24.317000 24.022.000 23.522.000 21.522.000 Default 14.295.000 14.000.000 13.500.000 11.500.000 In base a questi dati si potrà conoscere il rischio di portafoglio espresso dalla deviazione standard e dal valore a rischio. 181 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Analiticamente: Tabella 9 Valore a rischio di un portafoglio obbligazioni Obbligazione 1 Obbligazione 2 9.768.000 14.091.000 Valore atteso Deviazione 2.887.000 2.083.000 standard Secondo 9.500.000 4.500.000 percentile 268.000 9.591.000 VAR98% Elaborazione personale Da quest’ultima tabella si può notare Portafoglio 23.859.000 4.953.000 14.295.000 9.564.000 che l’effetto diversificazione comporta un rischio di portafoglio minore rispetto alla somma dei rischi delle due posizioni creditizie; infatti la deviazione standard del portafoglio è minore della somma delle altre due, e lo stesso vale per il valore a rischio. Quindi la diversificazione, a parità di rendimento medio, riduce la varianza di portafoglio attraverso una riduzione del rischio specifico o idiosincratico. Quando si parla di rischio di portafoglio non si può fare a meno di parlare del problema della stima delle correlazioni, e in questo caso della costruzione delle matrici di transizione congiunte di più esposizioni creditizie. 182 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Ci sono vari modi per stimare le correlazioni tra le variazioni dei di mercato delle posizioni creditizie. Tra gli approcci più utilizzati figurano i seguenti: 1. misurazione delle correlazioni tra le variazioni degli spread di rendimento, rispetto ai titoli privi di rischio, dei diversi titoli obbligazionari; 2. analisi delle migrazioni delle imprese da una classe di rating a un’altra. I dati di riferimento sono le matrici di transizione delle principali agenzie di rating; 3. modello Merton. Su quest’ultimo modello si basa la metodologia CreditMetrics. In particolare, poiché il modello sviluppato da Merton parte dalla considerazione che il valore delle attività di un impresa determinino la sua capacità di solvenza, il modello CreditMetrics non si limita solo a conoscere il valore al di sotto della quale l’impresa diviene insolvente, ma ipotizza che esistano diverse soglie che determinano, una volta varcate, il cambiamento della classe di rating. Il modello si basa su 183 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] una distribuzione di probabilità del valore delle attività secondo una curva normale. Fonte: Anolli-Gualtieri,1999, p.99. Se, ad esempio, al superamento della soglia CCC è associata una probabilità di –60%, una svalutazione delle attività del 60% porterà l’impresa a non essere più classificata BBB ma CCC. Vantaggio di questo modello è che sulla base del rendimento delle attività (e quindi del valore atteso e della deviazione standard) risulta possibile calcolare la probabilità di accadimento degli eventi creditizi. Una volta trovate le probabilità di migrazione dei singoli debitori è possibile calcolare la matrice varianza-covarianza dei debitori (sempre in base all’ipotesi che i rendimenti delle attività siano distribuiti normalmente) onde potersi calcolare la probabilità di transizione congiunte. Le variazioni di valore delle attività di due imprese, ad esempio, verranno rappresentate con una curva normale 184 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] doppia, così che sarà sufficiente conoscerne il coefficiente di correlazione per poter ricavare qualunque distribuzione. CreditMetrics stima le correlazioni fra i valori delle attività degli emittenti calcolando le correlazioni sulla base di indici settoriali di rendimenti azionari. Tuttavia, al crescere del numero di posizioni non è più conveniente derivare le matrici di probabilità congiunte, ma è preferibile approssimare i risultati attraverso una simulazione Monte Carlo. 185 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.6 CreditRisk+72 CreditRiskPlus è un modello di valutazione e gestione del rischio creditizio sviluppato dal Credit Suisse. Questo modello è volto a stimare l’ammontare di capitale economico a rischio a fronte di un determinato portafoglio di esposizioni creditizie detenute. È un modello attuariale in quanto riprende tecniche di risk management e algoritmi di calcolo in gran parte mutuati dalla gestione dei portafogli di polizze vita delle compagnie di assicurazione. 5.6.1 Input iniziali del modello Il CreditRisk+ tende a concentrarsi sul rischio di insolvenza, ovvero sulla perdita che un’azienda di credito sostiene a seguito della possibile inadempienza delle controparti. In questo modo i singoli debitori vengono classificati in base ai rating e all’ammontare delle esposizioni creditizie. 72 Paragrafo basato su Micocci M.,1999, I modelli attuariali: Credit Risk Plus, in AA.VV, (a cura di Szego-Varetto),cit. p.361-378. 186 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Gli input necessari per costruire questo modello sono: 1. ammontare esposizione; 2. ratings delle controparti; 3. tassi di default; 4. recovery rates; 5. volatilità tassi di default. Tuttavia, a differenza del modello CreditMetrics, viene stimato in modo diretto, solo l’impatto dell’insolvenza sul valore delle esposizioni detenute in portafoglio, mentre solo indirettamente vengono stimati fenomeni di Upgradings/downgradings delle posizioni creditizie. Precisamente, mentre nel modello CreditMetrics una variazione del rating di una posizione creditizia comporta una variazione del valore economico del portafoglio, con CreditRisk+ un variazione di valore del portafoglio si ha solo nel momento in cui la variazione di rating produce una variazione del tasso di default implicito nei diversi nominativi presenti nel portafoglio. 187 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.6.2 La valutazione del numero e della dimensione delle insolvenze I dati precedenti sono necessari per individuare la distribuzione del numero degli adempimenti e, sulla base di questa, la distribuzione di probabilità delle perdite per insolvenza. Se prendiamo in considerazione il solo caso di tassi di default costanti nel tempo, il numero delle insolvenze di un portafoglio, in un periodo definito (un anno), può essere descritto da una distribuzione di Poisson. Nel caso in cui si prenda in considerazione anche la volatilità dei tassi di default, allora il numero delle insolvenze può essere descritto da una distribuzione gamma. Le differenze possono essere rappresentate dalla seguente figura. 188 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] La diversità nella forma delle due distribuzioni e soprattutto nelle “code” evidenzia, a parità di numero di inadempimenti, maggiori probabilità di risultati positivi (basso numero di inadempimenti) e negativi (alto numero di inadempimenti) nell’ipotesi di tassi variabili. 5.6.3 Il capitale economico Una volta costruito il modello di distribuzione delle perdite, sulla base dei modelli precedenti di distribuzione delle probabilità del numero degli inadempimenti, è possibile gestire il rischio di credito in base ai valori ottenuti. Così, in base ad un modello di distribuzione delle perdite come il seguente, 189 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] si potranno individuare le grandezze necessarie per attuare una politica di gestione del rischio di credito. Infatti dal grafico distinguiamo: • perdita attesa (potrebbe essere gestita mediante una politica di pricing e di accantonamenti); • perdita inattesa, corrispondente alla zona rossa della figura, che è pari alla differenza tra la perdita corrispondente al 99° percentile e il livello medio delle perdite (verrebbe colmata dal Capitale Economico, cioè accantonamenti a fondi riserva e fondi rischi); • perdita corrispondente ad un livello superiore al 99° percentile (anche questa perdita, aggiuntiva rispetto alla precedente, la si potrebbe gestire mediante un’opportuna diversificazione dei prestiti nei vari settori). Gli accantonamenti dovrebbero essere periodici, in particolare annui. 190 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.7 Il modello KMV73 Un’applicazione interessante per la determinazione dei tassi di insolvenza è quella proposta dalla società di consulenza e analisi finanziaria statunitense KMV Corporation. L’approccio KMV pur basandosi sul modello CreditMetrics, nel senso che si basa anch’essa sulla teoria del valore delle opzioni per il calcolo del valore e della volatilità delle attività di un’impresa, se ne discosta da per determinati accorgimenti. In particolare, per la stima della probabilità di insolvenza, il modello KMV parte dalla considerazione che l’impresa non diviene automaticamente insolvente nel momento in cui il valore delle sue attività scende al di sotto di quello del debito (come può essere per il modello CreditMetrics); questo perché non tutto il debito scade nello stesso istante, ma una parte di esso è costituito da passività a medio-lungo termine che garantiscono un certo margine di sopravvivenza nel momento in cui il valore dell’attivo scende al di sotto di quello del debito. 73 Paragrafo basato sui seguenti testi: Sironi A., 1998, cit., p.164-166; Anolli – Gualtieri, 1999, cit., p.55-58; (a cura Szego-Varetto), 1999, cit., p.326-331; Nassetti-Fabbri, 2000, cit., 155-122. 191 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Secondo il modello KMV sarebbe più corretto parlare di punto di insolvenza (Default point uguale a passività correnti + ½ passività lungo termine), ossia quel valore dell’attivo in corrispondenza del quale si verifica il fallimento dell’impresa. In generale il fallimento si verifica nel momento in cui: A-DP 0 dove DP rappresenta il punto di insolvenza. A questo punto il modello KMV introduce il concetto di distanza dall’insolvenza (distance to default) per la misura del rischio di insolvenza: DD=(A-DP)/(A*σA) La distanza dall’insolvenza è, appunto, distanza del valore dell’attivo, espressa in termini di multiplo della deviazione standard del valore di mercato delle attività, dal punto di insolvenza (default point). Per esempio, un valore DD pari a 4 significa che la distanza dal punto di insolvenza è pari a 4 volte la deviazione standard del valore dell’attivo, cioè è necessario che il valore dell’attivo di un’impresa si riduca di quattro volte la propria deviazione standard prima che si 192 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] verifichi lo stato di insolvenza. Quindi, a parità di differenza tra A e DP, l’impresa con un attivo meno volatile risulta avere una probabilità di insolvenza minore. Una volta calcolata la distanza dall’insolvenza, il calcolo della probabilità di insolvenza, EDF (Expected Default Frequency), avviene facendo corrispondere, sulla base dell’esperienza storica, la distanza dall’insolvenza alla probabilità di insolvenza. In particolare si individua la probabilità di insolvenza storica delle imprese caratterizzate da distanza dal punto insolvenza omogeneo. Ad esempio, se il DD di una data impresa è pari a 4, la sua probabilità di insolvenza a tre anni è stimata osservando il tasso di insolvenza, su un dato periodo, di imprese aventi DD pari a 4 e che dopo tre anni si siano risultate insolventi. Il servizio CreditMonitor della KMV fornisce stime delle probabilità di insolvenza a partire dal 1993, sulla base di un campione di 100.000 imprese statunitensi quotate contenente più di 2000 casi di insolvenza. In corrispondenza di questi dati, anche la KMV Corporation fornisce matrici di transizione. 193 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] 5.8 Il rischio di credito tra capitale economico e capitale regolamentare Il capitale economico (ammontare di capitale detenuto per necessità di copertura del rischio di credito) e il capitale regolamentare (previsto dalle autorità di vigilanza) possono differire tra loro. Questa premessa è necessaria per mettere in evidenza che una errata valutazione di quale debba essere l’esatto ammontare di capitale da detenere in portafoglio, può portare a delle perdite per gli azionisti. Il capitale proprio di una banca comporta un costo, cioè un premio al rischio la cui entità rispetto ai tassi risk-free dipende da vari fattori74. Quindi gli interessi sui crediti di un portafoglio devono remunerare il capitale proprio, oltre i costi di provvista e le perdite attese. Se ciò non succedesse, gli utili netti della business unit che si occupa del settore crediti non sarebbero sufficienti a remunerare lo stesso capitale azionario, e ciò significherebbe distruzione del valore da parte del portafoglio crediti. In questo caso la business unit avrebbe dinanzi a sé tre possibilità75, cioè aumentare i tassi di interesse migliorando la redditività, diversificare il portafoglio crediti 74 Ci si riferisce al BETA di un classico CAPM. 194 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] oppure non rinnovare i prestiti. Qualora il Top Management non facesse tutto ciò, continuando a prestare nella convinzione di avere un portafoglio redditizio, distruggerebbe valore agli azionisti. I modelli VAR tentano, appunto, di calcolare il capitale economico in modo adeguato a differenza del capitale regolamentare proposto dalle autorità di vigilanza. Come è stato detto (cap.1), i requisiti richiesti dalle autorità di vigilanza non prendono in considerazione ne il merito creditizio della controparte ne il grado di diversificazione del portafoglio crediti. Riguardo al merito creditizio delle controparti, si consideri il seguente esempio76. Supponiamo che una banca abbia in portafoglio le seguenti esposizioni creditizie: Tabella 1 Composizione del portafoglio crediti (USD) Caratteristiche del portafoglio Ammontare nominale Numero nominativi Paesi di appartenenza Settore economico Scadenza media esposizioni (anni) Seniority nominativi Rating medio (Moody’s) Fonte: Nassetti-Fabbri, 2000, 382. 1.069.750.000 109 USA Corporate 3,3 Senior Unsecured A2 75 (a cura Szego-Varetto), 1999, cit., p. 324. Paragrafo ed esempi basati su Fabbri, 2000, Gestione del rischio di credito e capitale economico,cit. p.379-392. 76 195 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] In base a questo postafoglio creditizio, di buona qualità visto il suo rating medio A2, se volessimo calcolare il capitale economico e quello regolamentare, avremmo la seguente tabella: Tabella 2 Misure alternative di rischio relative al portafoglio analizzato. Ammontare (USD) Percentili distribuzione perdite 1.756.865 Expected Loss 14.553.196 99 (Credit Risk Capital) (Worst case scenario) 12.796.331 Capitale Economico (Unexpected loss) 85.580.000 Capitale regolamentare Fonte: Nassetti-Fabbri, 2000, 383. Il capitale regolamentare, come si può notare, rappresenta circa 6,7 volte il capitale economico. Quindi, non prendendo in considerazione la qualità creditizia delle controparti e applicando un coefficiente di ponderazione pari al 100%, l’attività creditizia risulta penalizzata. Per quanto riguarda il fattore diversificazione, non preso in considerazione dalle autorità di vigilanza per valutare il rischio di credito di un portafoglio, un altro esempio risulta chiarificante. Immaginiamo che la stessa banca attui una diversificazione geografica tale da presentare la seguente situazione contabile: Tabella 3 Composizione del portafoglio crediti Composizione del portafoglio Ammontare nominale Numero nominativi Composizione per paesi di appartenenza USA UK Italia 1.069.750.000 109 9,6% 30,5% 36,7% 196 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Germania Paesi di appartenenza Settore economico Scadenza media esposizioni (anni) Seniority nominativi Rating medio (Moody’s) Fonte: Nassetti-Fabbri, 2000, 385. 23,2% USA Corporate 3,3 Senior Unsecured A2 In base al nuovo portafoglio crediti, il capitale regolamentare risulta pari a 6,8 volte il capitale economico in quanto quest’ultimo è diminuito per effetto della diversificazione geografica a differenza del primo che è rimasto immutato (Tab. n.4). Tabella 4 Misure alternative di rischio relative al portafoglio analizzato. Ammontare (USD) Percentili distribuzione perdite 1.756.865 Expected Loss 14.553.196 99 (Credit Risk Capital) (Worst 12.582.210 Capitale Economico (Unexpected 85.580.000 Capitale regolamentare Fonte: Nassetti-Fabbri, 2000, 385. Anche il nuovo documento di Basilea, cioè A New Capital Adequacy Framework, presenta determinate lacune. Infatti, pur dedicando una maggiore attenzione alla qualità creditizia delle controparti (vengono proposti fattori di ponderazione basati sui ratings delle controparti), non sono presi in considerazione gli effetti della diversificazione e della durata delle esposizioni creditizie. Questo documento prevede che in futuro determinate banche (some sophisticated banks) possano 197 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] adottare modelli interni di credit risk management per il calcolo del capitale economico a fronte del portafoglio crediti. 198 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] CONSIDERAZIONI FINALI La fine del vecchio millennio e l’inizio del nuovo ha portato ad un acceso dibattito sull’adeguatezza delle misure prudenziali di prevenzione del rischio di credito posti dal Comitato di Basilea sin dal 1988. Questo dibattito sull’adeguatezza delle misure prudenziali, in particolare sul coefficiente di solvibilità, deriva dal fatto che ci si è resi conto che gli stessi vincoli patrimoniali e controlli prudenziali comportano pericolose distorsioni dell’attività creditizia. E questo lo si può notare dal fatto che le stesse banche e intermediari finanziari hanno dovuto aumentare le stesse esposizioni creditizie nei confronti del settore privato (appunto per non vedere ridotte le opportunità di guadagno) rispetto lo stesso settore pubblico. Quale potrebbe essere la causa di tutto ciò? Certo, si potrebbe rispondere affermando che la stessa evoluzione del sistema bancario, conducendo ad un processo di disintermediazione e di deregolamentazione dell’attività bancaria, inevitabilmente spinge le banche verso una maggiore esposizione nei confronti di attività creditizie più rischiose, e quindi più “appetitose”, 199 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] con la conseguenza di un sistema bancario maggiormente esposto al rischio di insolvenza. Tuttavia non si dovrebbe escludere che gli stessi vincoli patrimoniali che le Autorità di vigilanza hanno imposto all’attività creditizia, abbiano le loro “colpe”. Infatti lo stesso Comitato di Basilea, in un documento consultivo pubblicato nel giugno del 1999 e intitolato A New Capital Adequacy Framework. Consultative Paper, ha previsto l’importanza di una maggiore flessibilità dei controlli di vigilanza, appunto dando spazio alle stesse banche di adottare propri modelli interni di Credit Risk Management validati dalle stesse Autorità di vigilanza. La diffusione di prodotti finanziari, derivati creditizi e securitization, ha messo in evidenza le carenze, i problemi e la staticità dello schema di adeguatezza patrimoniale formulato originariamente dal Comitato di Basilea nel 1988. Riguardo a questi ultimi prodotti finanziari, cioè securitization e credit derivatives, è proprio il nostro Paese ad avere il maggiore potenziale di sviluppo. La struttura finanziaria delle imprese italiane, le forme di finanziamento che queste adottano (ricorso al debito bancario, 200 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] autofinanziamento e prassi del <<multiaffidamento>>) e un sistema bancario caratterizzato da molte banche regionali e locali (con la conseguenza “naturale” della costituzione di portafogli creditizi fortemente concentrati in aree geografiche e/o settori economici) dovrebbero incentivare il ricorso a operazioni finanziarie, come la securitization, ed a prodotti innovativi come i credit derivatives. Infatti entrambi gli strumenti, con le relative differenze, producono benefici potenziali per le banche che possono essere sintetizzati nella maggiore disponibilità di liquidità, nel maggiore livello di diversificazione, nella possibilità di ottenere una riduzione del costo del funding, nella disponibilità di strumenti efficaci di assetliability management etc. Nonostante l’opportunità che questi strumenti offrono al mercato italiano il loro sviluppo resta ostacolato. Lo sviluppo dei credit derivatives è legato alla presenza di dati necessari alla loro valutazione. In Italia la stessa struttura del mercato e la mancanza di metodologie volte ad ottenere dati storici impediscono il passaggio da una gestione tradizionale del rischio di credito a modelli di Credit Risk Management e di pricing dei derivati creditizi. 201 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] Anche lo sviluppo di operazioni di securitization è “compromesso” da un sistema bancario come quello italiano. Le operazioni di securitization sono convenienti, in termini di costo, solo nel momento in cui le banche siano continuamente e sistematicamente presenti in questo mercato. Ora il sistema bancario italiano è caratterizzato dalla presenza di prestiti non omogenei tra loro dal punto di vista tecnico, e ciò non si accorda con un’operazione, come la cartolarizzazione dei prestiti, la cui struttura prevede la cessione di crediti aventi un elevato grado di omogeneità, in termini di caratteristiche tecniche e flussi finanziari (mutui ipotecari, prestiti al consumo e leasing). Quindi, solo attraverso l’adozione di questi strumenti innovativi le banche italiane potranno uscire da una situazione, tipica del mercato italiano, di concentrazione dei prestiti, affinché lo stesso rischio creditizio (il più problematico tra i rischi che investono l’attività creditizia delle banche) possa essere controllato adeguatamente evitando massicce insolvenze creditizie che sono abbastanza “letali” per le banche. 202 IL RISCHIO DI CREDITO E I MODELLI DI MISURAZIONE Autore: Lorusso Vincenzo Email: [email protected] BIBLIOGRAFIA ABI, 1995, Metodi avanzati per la gestione del rischio di credito, Bancaria Editrice, Roma. Anderloni L.,1994, in AA.VV., (a cura di C. Demattè, G. Forestieri e P. Mottura), Economia degli intermediari Finanziari, EGEA, Milano. Anolli M.,Gualtieri P., 1999, La misurazione e la gestione del rischio di credito nella gestione delle banche, Mulino, Bologna. 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