La genetica di popolazione
Il caso e la necessità
Prima parte
Liceo Scientifico “A. Meucci”
di Aprilia
Prof. Neri Rolando
Da Darwin alla sintesi moderna
Le popolazioni sono le unità su cui agisce
l’evoluzione
–
–
La popolazione (un gruppo di individui della
stessa specie che vivono nello stesso posto
nello stesso momento) rappresenta l’insieme
più
piccolo
di
organismi
soggetto
all’evoluzione.
Una specie è un gruppo di individui,
generalmente concentrati in popolazioni, che
sono in grado di incrociarsi tra loro e produrre
prole fertile.
Genetica delle popolazioni
– La genetica delle popolazioni, nata intorno al 1920, è la
scienza che si occupa dei cambiamenti genetici delle
popolazioni.
– La sintesi moderna (o teoria sintetica dell’evoluzione),
sviluppatasi all’inizio degli anni Quaranta, è una teoria
evolutiva che considera le popolazioni come le unità
dell’evoluzione e tiene conto di gran parte dei concetti
espressi da Darwin.
Il pool genico e la microevoluzione
– L’insieme di tutti gli alleli di tutti gli individui che compongono
una popolazione, presenti in qualsiasi momento, costituisce il
pool genico della popolazione.
– La microevoluzione è un cambiamento nella frequenza relativa
degli alleli nel pool genico di una popolazione.
Le basi della teoria sintetica
-Tutti gli organismi discendono da un unico capostipite
- Nascono più individui di quanti ne possano sopravvivere
- La variabilità individuale è frutto delle mutazioni che, attraverso
ricombinazioni alleliche, interazioni geniche e crossing-over (meiosi e
fecondazione), arricchiscono le diverse forme che ogni carattere può
assumere
- L’evoluzione è un fenomeno di popolazione e non opera su un genotipo
ma sull’intero patrimonio genetico (pool genico) attraverso i fenotipi
- La selezione naturale preserva le mutazioni vantaggiose, i cui portatori
aumenteranno di frequenza da una generazione all’altra, ed elimina più o
meno rapidamente quelle svantaggiose.
Non evoluzione


In una popolazione che non si evolve il pool genico rimane
immutato nel corso delle generazioni
In una popolazione che non si evolve il mescolamento di geni che
accompagna la riproduzione sessuata non altera la composizione
genetica della popolazione.
Zampa con
membrana
Zampa senza
membrana
Le basi genetiche dell’evoluzione
Nonostante gli studi di Mendel non fossero ancora noti, Darwin aveva intuito
che i caratteri di un individuo erano trasmissibili alla generazione successiva,
ma non era riuscito a capire quale fosse il meccanismo secondo il quale
l’informazione genetica veniva trasmessa di generazione in generazione.
Questa trasmissibilità dei caratteri, tuttavia, è un punto fondamentale del
meccanismo della selezione naturale come spiegazione della teoria dell'
evoluzione.
Ma, in realtà, c’era anche un altro punto focale della sua Teoria che aveva
lasciato in sospeso: quale o quali fossero le cause della incredibile variabilità
che presentano le specie.
LINK: la mappa della Teoria dell’evoluzione di Darwin
Diversità genetica
La variabilità della struttura genetica delle popolazioni viene solitamente
misurata analizzando i polimorfismi della sequenza di DNA e individuando i
diversi genotipi.
La genetica di popolazione studia la composizione dei geni all’interno di un
gruppo di individui cioè le frequenze alleliche e i diversi genotipi, le variazioni
che interessano questi geni nel tempo e le differenze esistenti tra vari gruppi o
popolazioni
Le basi genetiche dell’evoluzione
La teoria dell’evoluzione di Darwin, quindi, aveva un grande difetto: non
spiegava l’origine della variazione e come particolari varianti venissero
ereditate.
Nel 1900, la riscoperta dei principi di Mendel fornì una spiegazione a
posteriori: i caratteri sono determinati dai geni, che segregano alleli differenti,
e i geni – cioè le informazioni – sono trasmessi alla progenie attraverso i gameti
prodotti dai genitori.
Lo studio della trasmissione genetica in incroci sperimentali e negli alberi
genealogici diede origine alla genetica delle popolazioni (Wright S., Fisher R.A.
e Halden B.S., 1930) che divenne il fondamento della teoria evolutiva di
Darwin, con il termine di «Teoria Sintetica dell’Evoluzione» .
Le basi genetiche dell’evoluzione
La struttura genetica delle popolazioni cambia nel tempo attraverso le
generazioni.
Le cause di tali cambiamenti sono:
• la selezione naturale o la deriva genetica;
• la selezione artificiale.
I parametri per descrivere la struttura genetica di una popolazione
sono:
• le frequenze alleliche;
• le frequenze genotipiche.
La formula dell’evoluzione
Nel suo libro «Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo» (Il saggiatore,
Milano, 1999), il fisico Antonino Zichichi dismette la teoria biologica
dell’evoluzione come non scientifica, in quanto non espressa da un’equazione.
Tra le tante critiche che le sono state rivolte nel secolo e mezzo che ci separa
dalla pubblicazione di «L’origine delle specie» di Charles Darwin, questa è una
delle più disinformate: la matematica dell’evoluzionismo esiste infatti da un
secolo esatto, visto che fu trovata indipendentemente nel 1908 dal
matematico inglese Godfrey Hardy e dal medico tedesco Wilhelm Weinberg,
da cui il nome di legge di Hardy-Weinberg con cui è (o dovrebbe essere)
conosciuta.
La formula dell’evoluzione
Le leggi dell’ereditarietà erano state scoperte nel 1866 da Gregor Mendel, e
riscoperte nel 1900 da Hugo de Vries, Karl Korrens ed Erik von Tschermak:
sostanzialmente stabiliscono che se si incrociano due individui eterozigoti,
portatori cioè di due varianti A e a di uno stesso carattere (chiamate
tecnicamente alleli), il primo dominante e il secondo recessivo, allora la loro
prole sarà per ¼ omozigote dominante (AA), per ¼ omozigote recessiva (aa), e
per metà eterozigote (aA o Aa), semplicemente per le leggi della combinatoria.
Infatti la meiosi separa i due alleli di ciascun genitore, così che metà dei gameti
(gli spermatozoi maschili e gli ovuli femminili) ne avranno uno, e metà l’altro. E,
poiché la fecondazione combina casualmente un gamete maschile e uno
femminile, ciascuna delle quattro combinazioni avrà ¼ delle possibilità.
LINK: Le leggi di Mendel
La formula dell’evoluzione
Nel 1902 Udny Yule sollevò una possibile obiezione nei confronti del
mendelismo:
se la prole esprime per ¾ la variante dominante del carattere (che richiede solo
un allele A), e per ¼ quella recessiva (che richiede entrambi gli alleli a), come
mai gli alleli e i caratteri dominanti non aumentano nella popolazione, fino a
far scomparire quelli recessivi?
La formula dell’evoluzione
La risposta fu data dal matematico inglese Godfrey Hardy in una lettera
a «Science» intitolata «Proporzioni mendeliane in una popolazione
mista», che iniziava modestamente così: «Sono riluttante a
intromettermi in una discussione su un argomento di cui non sono
esperto, e mi sarei aspettato che il semplice fatto che voglio far notare
fosse familiare ai biologi. Ma alcune osservazioni di Udny Yule
suggeriscono che possa valer la pena farlo».
La formula dell’evoluzione
Equilibrio di Hardy-Weinberg
Il semplice fatto era che se i due alleli A e a sono rispettivamente presenti nei
gameti della popolazione nelle percentuali p e q, allora lo stesso ragionamento
di prima mostra che se gli individui si accoppiano in maniera casuale la loro
prole sarà omozigote dominante in proporzione p2, omozigote recessiva in
proporzione q2 ed eterozigote in proporzione 2pq, cioè:
P2 + 2pq + q2 = 1
Ma allora nei gameti della prole l’allele A sarà presente in proporzione
p2 + pq = p • (p + q),
e l’allele a in proporzione
q2 + pq = q • (p + q).
E poiché
p + q = 1,
le due percentuali sono le stesse di quelle di partenza, cioè p e q.
In altre parole le percentuali sia dei due alleli sia dei loro genotipi (cioè, degli
individui che esibiscono la rispettiva variante del carattere), rimangono costanti
di generazione in generazione, indipendentemente dai valori di partenza.
La formula dell’evoluzione
Equilibrio di Hardy-Weinberg
In sintesi: Dall’incrocio tra eterozigoti ( Aa x Aa ) si ha la seguente
somma di genotipi
AA + 2 Aa + aa
Se p = frequenza dell’allele A e q = frequenza dell’allele a
Allora diventa
pp + 2 pq + qq
Cioè
p2 + 2 pq + q2
Quindi l’allele A è presente nella proporzione
p2 + pq = p (p + q)
E l’allele a in proporzione
q2 + 2 pq = q (p + q)
E poiché
p+q=1
Allora le due percentuali sono le stesse di quelle di partenza,
cioè p e q.
Nella pagina successiva viene mostrato un esempio concreto di ciò.
La formula dell’evoluzione
Per verificare l’equilibrio di Hardy-Weinberg si possono seguire gli alleli in una popolazione.
La farfalla notturna Biston betularia. si
presenta in due forme alternative
determinate da un unico gene.
L'allele A determina il colore scuro e ha una
dominanza completa sull'allele a che codifica
per il colore chiaro.
Supponiamo
che
analizzando
una
popolazione di 500 individui si trovi la
seguente composizione.
E’ possibile ricavare le frequenze dei tre
genotipi AA, Aa, e aa.
E’ possibile inoltre calcolare le frequenze
alleliche p e q. Nel momento della meiosi
le farfalle producono dei gameti contenenti
gli alleli A e a con queste stesse frequenze.
Nel momento della fecondazione la
combinazione tra i gameti avviene in modo
casuale secondo la regola del quadrato di
Punnett.
L'equilibrio di Hardy-Weinberg è rispettato
in quanto le frequenze genotipiche della
prima generazione sono uguali a quelle della
popolazione originaria.
La formula dell’evoluzione
Equilibrio di Hardy-Weinberg
Fenotipi
Definizione:
L’ equilibrio di HardyWeinberg
stabilisce
che il mescolamento
dei geni durante la
riproduzione sessuata
non altera le frequenze
dei diversi alleli in un
pool genico.
Genotipi
Numero di animali
(totale  500)
Frequenze
genotipiche
Numero di alleli
del pool genetico
(totale  1000)
Frequenze alleliche
WW
320
ww
160
20
160  0,32
500
320  0,64
500
640 W
Ww
160 W  160 w
800  0,8 W
1000
20  0,04
500
40 w
200  0,2 w
1000
La formula dell’evoluzione
Equilibrio di Hardy-Weinberg
Come già mostrato in
precedenza per verificare
l’equilibrio di HardyWeinberg si possono
seguire gli alleli in una
popolazione.
Ricombinazione
degli alleli
della prima generazione
(genitori)
Gameti maschili
W maschile w maschile
p  0,8
q  0,2
W femminile
p  0,8
Gameti
femminili
p2
WW
 0,64
wW
w femminile
q  0,2
qp  0,16
Ww
pq  0,16
q2
ww
 0,04
Seconda generazione:
Frequenze genotipiche
Frequenze alleliche
0,64 WW
0,32 Ww
0,8 W
0,04 ww
0,2 w
La formula dell’evoluzione
Equilibrio di Hardy-Weinberg
L’equazione di Hardy-Weinberg è utile nello studio delle malattie
genetiche
– I consultori genetici utilizzano l’equazione di Hardy-Weinberg per
stimare la percentuale dei soggetti portatori di alleli responsabili
di alcune malattie ereditarie.
– Conoscere la frequenza di un allele dannoso è utile per qualunque
programma di sanità pubblica che si occupi di malattie genetiche.
Le forze evolutive
Poiché l’evoluzione avviene quando le cose cambiano, essa è possibile
soltanto quando non si verificano almeno alcune delle cinque
condizioni che portano all’equilibrio di Hardy e Weinberg.
Tre di queste condizioni sono di natura statistica:
• gli accoppiamenti devono essere equiprobabili
• e casuali,
• e la popolazione deve essere sufficientemente grande perché valga la
legge dei grandi numeri.
Le altre due condizioni sono di natura fisica:
• il sistema deve essere stabile
• e chiuso.
Le forze evolutive
• Ora, accoppiamenti non equiprobabili sono tipici della “selezione naturale”,
che favorisce la fecondità o la sopravvivenza di alcuni individui rispetto ad altri.
• Accoppiamenti non casuali sono invece tipici della “selezione artificiale”
imposta da allevatori o coltivatori, così come della “selezione sessuale”
praticata da partner selettivi.
• Se la popolazione è piccola si può verificare una “deriva genetica”, per
esempio nei pochi sopravvissuti a un cataclisma (“collo di bottiglia”), o in pochi
emigrati distaccatesi da un gruppo (“effetto del fondatore”).
• Instabilità del sistema, infine, possono essere provocate da mutazioni
endogene (copiatura) o esogene (danneggiamento) dei singoli alleli,
• e aperture del sistema possono essere provocte da flussi genici in entrata
nella popolazione (immigrazione) o in uscita (emigrazione).
Le forze evolutive





Deriva genetica
Selezione
Migrazione
Accoppiamento non casuale
Mutazione
La mutazione crea variabilità genetica, le altre forze evolutive agiscono sulla
variabilità creata dalla mutazione ed eventualmente dalla ricombinazione genetica
dovuta alla riproduzione sessuale (crossing-over, assortimento indipendente dei
cromosomi, fecondazione).
Le forze evolutive
1.
2.
3.
4.
5.
Deriva genetica
Selezione
Migrazione
Mutazione
Accoppiamento non casuale (inincrocio ed accoppiamento assortativo)
Le forze evolutive 1-4 agiscono causando una variazione delle frequenze
alleliche e genotipiche nelle popolazioni.
L’accoppiamento non casuale determina una variazione delle sole frequenze
genotipiche rispetto all’equilibrio di Hardy-Weinberg, perché agiscono
direttamente su determinati fenotipi.
Quali sono gli effetti delle forze evolutive sul grado di variabilità intra- ed
interpopolazioni?
Le forze evolutive
Le mutazioni generano nuovi alleli e la riproduzione sessuata li ricombina
L’origine della variabilità genetica è la
mutazione.
Una
mutazione
è
qualsiasi
cambiamento nel DNA di un
organismo. Le mutazioni naturali
possono avere cause diverse, ma
hanno una caratteristica in comune:
sono casuali rispetto ai bisogni
adattativi dell’organismo.
In genere le mutazioni sono dannose o
ininfluenti per chi le porta ma, se le
condizioni ambientali cambiano, i
nuovi
alleli
possono
rivelarsi
vantaggiosi.
In natura le mutazioni si verificano con
una frequenza molto bassa.
continua
Le forze evolutive
Le mutazioni generano nuovi alleli e la riproduzione sessuata li ricombina
Se è vero che le mutazioni introducono nuovi alleli in una popolazione, è
difficile che possano consentirne la diffusione. Almeno per gli eucarioti,
questo è piuttosto l’esito dei fenomeni legati alla meiosi e alla
riproduzione sessuata.
Questi due ultimi processi non generano di per sé nuovi alleli, ma
favoriscono la ricombinazione (▶figura pagina successiva), vale a dire la
formazione di nuove associazioni tra gli alleli esistenti.
Per quanto possa sembrare sorprendente, questo «rimescolare le carte»
è spesso più proficuo, in termini evolutivi, di quanto non sia la comparsa
di nuovi alleli.
Insomma, generalmente l’esito positivo o negativo di una partita dipende
dalla combinazione di carte che un giocatore possiede.
continua
Le forze evolutive
Il ruolo delle mutazioni
– Anche le mutazioni (cambiamenti casuali nel DNA di un organismo che
possono dare origine a un nuovo allele) possono determinare
microevoluzione.
– Le mutazioni sono la causa principale della variabilità genetica e
rappresentano il punto di partenza dei processi evolutivi.
Le forze evolutive
Il flusso genico può cambiare le frequenze alleliche
È raro che una popolazione sia
completamente isolata da altre
popolazioni della stessa specie. Più
spesso si assiste alla migrazione di
individui o allo spostamento di gameti
da una popolazione all’altra, due
fenomeni che insieme costituiscono il
flusso genico. Gli individui o i gameti
introdottisi nel nuovo ambiente
possono apportare al pool genico
della popolazione alleli nuovi.
Anche se questo non accade, se le
due popolazioni hanno frequenze
alleliche diverse il flusso può
comportare un cambiamento delle
frequenze
degli
alleli
nella
popolazione originaria.
continua
Le forze evolutive
Il flusso genico è un altro fattore che può determinare microevoluzione:
• si verifica quando individui fertili entrano a fare
parte di una popolazione o se ne allontanano,
oppure quando si verifica un trasferimento di geni;
• tende a ridurre le differenze genetiche tra le
popolazioni.
continua
Le forze evolutive
Il flusso genico può cambiare le frequenze alleliche
Questo fenomeno cambia le frequenze alleliche nelle popolazioni
interessate, mentre le frequenze geniche nell’intera specie non
cambiano.
Gli Stati Uniti sono un esempio di notevole flusso genico, come anche
la Sicilia: sono zone geografiche che hanno ospitato nel tempo
individui provenienti da molte diverse popolazioni, in origine lontane
tra loro. Si stima che il flusso genico dai bianchi-caucasici americani ai
neri americani si è verificato a una media del 3,6% per generazione.
Considerando che l'inizio della migrazione dall'Africa all'America è
stato circa 300 anni fa, ossia 10 generazioni, si ricava che circa il 30%
dei geni degli afroamericani è derivato da caucasici.
Le forze evolutive
Nelle popolazioni poco numerose la deriva
genetica può produrre grandi cambiamenti





La deriva genetica agisce nelle
popolazioni naturali (di dimensione
finita) e consiste nella fluttuazione
casuale delle frequenze alleliche di
generazione in generazione
La variazione delle frequenze alleliche
è tanto maggiore quanto più piccola è
la popolazione
Con il passare del tempo, un allele ha
due sole possibilità: estinguersi o
fissarsi (si estingue l’altro allele)
La probabilità che ha un allele di
andare incontro a fissazione è pari alla
sua frequenza iniziale
Il tempo medio di fissazione di un
allele è proporzionale alla dimensione
della popolazione
continua
N = 1000
N = 1000
N = 10000
p = 0.2
N = 100
La deriva genetica
La deriva riduce la variabilità entro popolazioni e aumenta quella fra
popolazioni
Simulazione di deriva genetica in popolazioni diploidi di 10000 individui e di 4 individui
continua
Le forze evolutive
La deriva genetica
Consideriamo, ad es., un allele a, che mostra una frequenza dell’1%. In
una popolazione di un milione di individui saranno presenti nel pool
genico 20000 alleli a. (Ogni individuo diploide porta 2 alleli per un dato
gene: nel pool genico di questa popolazione ci sono 2 milioni di alleli per
questo particolare gene, e di essi l’1% è costituito dall’allele a. Se per
caso alcuni individui di questa popolazione morissero prima di lasciare
discendenti, l’effetto di tale evento sulla frequenza dell’allele a sarebbe
trascurabile.
Invece, in una popolazione di 50 individui la situazione sarebbe diversa in
quanto, in questa popolazione, sarebbe presente solo una copia
dell’allele a. Se l’unico individuo che porta questo allele non riuscisse a
riprodursi o se morisse prima di aver generato una prole, l’allele a
andrebbe perso del tutto. Analogamente, se fossero eliminati 10 dei 49
individui prive dell’allele a, la frequenza di a passerebbe da 1/100 a 1/80
continua
Le forze evolutive
La deriva genetica
Per capire questa situazione è necessario ricordare che, quando si studia un
fenomeno, la frequenza osservata F0 ( o Legge dei grandi numeri) è uguale al
rapporto tra il numero degli eventi favorevoli f e il numero totale dei casi osservati
n (F0 = f / n), mentre la probabilità teorica PT è uguale al rapporto tra il numero
degli eventi favorevoli f e il numero degli eventi tutti ugualmente possibili n ( PT = f
/ n).
Ad es., immaginiamo di avere un sacchetto contenente 1000 palline di 4 colori
diversi (rosso, bianco, giallo, nero) e distribuite in 4 gruppi di 250 palline ciascuno.
La PT di estrarre una pallina rossa sarà PT = ¼ = 25%.
Tuttavia, se facciamo solo 4 estrazioni, è difficile che la FO sia uguale a PT, infatti,
potrei anche non estrarre alcuna pallina rossa; se faccio 40 estrazioni, è probabile
che il valore della FO si avvicini a quello della PT. Ma, se le estrazioni sono 400 è
quasi certo che i due valori coincidano.
Analogamente, è molto probabile che la composizione del pool genico di una
popolazione sottoposta a deriva genetica, cioè ad una drastica diminuzione
casuale dei suoi membri, sia molto diversa da quella del pool genico della più
ampia popolazione originaria.
continua
Le forze evolutive
La deriva genetica
Come esempio, supponiamo di far accoppiare dei moscerini della frutta
eterozigoti.
L’incrocio Aa x Aa produce una generazione F1 nella quale p = q = 0,5 e le
frequenze genotipiche sono 0,25 per AA, 0,50 per Aa e 0,25 per aa. Se al
momento di produrre la generazione F2 scegliamo a caso 4 individui (che
corrispondono a 8 copie del gene) della generazione F1, può capitare che
in questa piccola popolazione campione le frequenze alleliche siano
diverse da p = q = 0,5. Per esempio, se casualmente abbiamo estratto 2
omozigoti AA e 2 eterozigoti (Aa), le frequenze alleliche del campione
saranno p = 0,75 (6 su 8) e q = 0,25 (2 su 8). Ripetendo 1000 volte
l’esperimento di campionamento, si otterranno 1000 popolazioni
campione delle quali circa 8 risulteranno completamente prive di uno dei
due alleli.
continua
Le forze evolutive
Perché è importante la deriva genetica?



Importanza evolutiva: cambiamento non adattativo, specie in
piccole popolazioni
Importanza per la conservazione: perdita di diversità genetica,
specie in piccole popolazioni
Importanza biomedica: alleli patologici, altrove rari, possono
essere comuni in piccole popolazioni
continua
Le forze evolutive
Consideriamo ora due esempi di deriva genetica: l’effetto collo di
bottiglia e l’effetto del fondatore
Collo di bottiglia
Effetto del fondatore
Colori diversi indicano alleli diversi ad un ipotetico locus multiallelico
continua
La deriva genetica
L’effetto collo di bottiglia si verifica quando una popolazione
subisce ingenti perdite
È possibile che popolazioni solitamente numerose di tanto in tanto attraversino periodi
difficili, nei quali sopravvive soltanto un piccolo numero di individui. Durante queste fasi di
contrazione numerica della popolazione (a causa di malattie, per la caccia ad opera
dell’uomo, in seguito a periodi di siccità, ecc…), note come colli di bottiglia, la deriva
genetica può portare a una riduzione della variabilità genetica.
Il meccanismo è illustrato nella ▶figura A (pagina successiva), nella quale i fagioli rossi e gialli
rappresentano i due diversi alleli di un gene. Nel piccolo campione prelevato dalla
popolazione iniziale, per puro caso la maggior parte dei fagioli è rossa, così nella
popolazione «sopravvissuta» la frequenza dei fagioli rossi è molto più alta che nella
popolazione originale. Parlando di una popolazione reale, si potrebbe dire che le frequenze
alleliche sono andate alla «deriva».
È probabile che una popolazione costretta a passare attraverso un collo di bottiglia perda
gran parte della propria variabilità genetica.
Un esempio di collo di bottiglia è offerto dai ghepardi (Acinonyx jubatus; (▶figura B).
Durante l’ultima era glaciale, questa specie arrivò molto vicina all’estinzione e ne
sopravvissero probabilmente poche unità. Questo ha fatto sì che la varietà genetica tra i
ghepardi sia molto bassa; ciò è confermato dal fatto che è possibile eseguire un trapianto di
pelle tra due ghepardi senza che vi sia alcun rigetto, tanto il patrimonio genetico di
donatore e ricevente sono simili.
continua
Effetto collo di bottiglia
continua
Deriva genetica
Effetto collo di bottiglia
Di regola, come è già stato sottolineato, l’effetto «collo di bottiglia» riduce la variabilità
genetica complessiva di una popolazione. Un esempio di questo concetto è la potenziale
perdita di variabilità tra individui, e dunque della adattabilità, nelle popolazioni di specie a
rischio di estinzione che hanno subito l’effetto «collo di bottiglia». Il Ghepardo subì un
secondo effetto «collo di bottiglia» nel diciannovesimo secolo quando l’uomo gli ha dato la
caccia fin quasi all’estinzione. Attualmente soltanto tre piccole popolazioni sopravvivono in
natura, la variabilità genetica è molto bassa rispetto a quella di altri mammiferi, perché per
generazioni e generazioni si sono incrociati tra di loro.
Anche il Camoscio d’Abruzzo ha subito lo stesso iter ...….
Ma anche per l’uomo si hanno degli esempi. Fra gli Ebrei Ashkenazim l’elevata frequenza
della malattia di Tay-Sachs (causa di degenerazione del sistema nervoso nell’infanzia) è
attribuita al fatto che la popolazione durante il Medio Evo venne perseguitata e sterminata
provocando il fenomeno del collo di bottiglia. Molto probabilmente l’allele recessivo per
questa malattia era presente, casualmente, con una frequenza superiore a quella
normalmente osservata nella popolazione ebraica, proprio a causa del genocidio subito.
continua
La deriva genetica
L’effetto del fondatore si verifica quando pochi individui pionieri
colonizzano una nuova regione
Quando alcuni individui colonizzano un nuovo ambiente, è improbabile che
portino con sé tutti gli alleli presenti nella popolazione di origine. Il cambiamento
che si verifica nella variabilità genetica prende il nome di effetto del fondatore ed
è equivalente a quanto accade in una grande popolazione decimata da un collo di
bottiglia.
continua
La deriva genetica
In realtà c’è un altro esempio di deriva genetica, dovuto esclusivamente all’azione
dell’uomo, ed è la costituzione dei parchi naturali.
Queste aree protette rappresentano, è vero, un sistema di conservazione degli
habitat naturali, tuttavia, sono anche il risultato della drastica riduzione degli
habitat naturali ed abitate da popolazioni piccole, caratterizzate, generalmente,
da una limitata varietà genetica.
continua
Quand’è che una popolazione può dirsi variabile?
A
N alleli = 5
B
N alleli = 2
Quando il genotipo individuale è difficile da prevedere
continua
Flusso genico e deriva hanno effetti opposti
Il flusso genico
– introduce nuovi alleli nelle sottopopolazioni e
– riduce le differenze fra sottopopolazioni
Flusso genico
deriva
Le forze evolutive
L’accoppiamento non casuale modifica le frequenze genotipiche
Abbiamo assunto, per la dimostrazione
della legge di Hardy-Weinberg, che gli
individui si accoppiano a caso e che la
scelta del partner non è influenzata dagli
alleli che possiede.
Tuttavia, se determinati alleli sono
responsabili di caratteristiche fenotipiche
che influenzano la scelta del partner,
questa non avviene in modo casuale, e il
fenomeno,
detto
accoppiamento
assortativo,
cambia
le
frequenze
genotipiche osservate rispetto a quelle
attese dal modello della «popolazione
mendeliana».
continua
Le forze evolutive
L’accoppiamento non casuale modifica le frequenze genotipiche
Un caso particolare di accoppiamento assortativo è l'inincrocio, fenomeno per
cui l’accoppiamento tra parenti avviene con una frequenza più elevata di quella
dovuta al caso (ad es., l’autoimpollinazione nelle piante).
Negli animali l’accoppiamento non casuale è spesso guidato dal comportamento.
Ad es., l’oca selvatica può essere sia bianca sia azzurra; le oche bianche tendono
ad accoppiarsi con altre oche bianche e lo stesso fanno le azzurre. Perciò,
supponendo che siano interessati solo due alleli, ci sarà una diminuzione nella
frequenza degli eterozigoti (rappresentati da 2pq nell’equazione H-W) e un
conseguente aumento delle frequenze dei due omozigoti (p2 e q2).
È bene sottolineare che l’accoppiamento non casuale altera le frequenze
genotipiche, ma non le frequenze alleliche, e quindi non produce adattamento.
Esiste però anche una forma particolarmente importante di accoppiamento non
casuale, capace di cambiare le frequenze alleliche: la selezione sessuale.
continua
Le forze evolutive
La selezione sessuale influenza il successo riproduttivo
La selezione sessuale è un tipo particolare di selezione naturale che agisce sulle
caratteristiche che determinano il successo riproduttivo.
Consiste nella lotta tra membri di un sesso (di solito maschile) per la conquista
dell’atro sesso. Questo tipo di selezione genera il dimorfismo sessuale fenomeno
che riguarda le differenze tra maschi e femmine nella modalità di procurarsi un
compagno (diversa modalità di «attirare l’attenzione»).
Si distingue tra selezione intrasessuale e intersessuale, la prima è una
competizione diretta tra gli individui dello stesso sesso (nei vertebrati
generalmente i maschi con i rituali di corteggiamento); la seconda è nota anche
come scelta del compagno riproduttivo, ovvero diventa prioritario quello di
risultare più attraente agli occhi dei membri dell’altro sesso (è il caso, ad es., del
pavone).
Questo secondo tipo risulta veramente interessante, perché generalmente si
pensa che solo l’uomo abbia la capacità di operare scelte.
continua
Le forze evolutive
La selezione sessuale influenza il successo riproduttivo
La selezione sessuale, quindi, riguarda soltanto il successo riproduttivo.
Ovviamente un animale per arrivare a riprodursi deve sopravvivere, ma se
sopravvive e non si riproduce, non dà alcun contributo alla generazione
successiva. Non è dunque impossibile che la selezione sessuale favorisca alcune
caratteristiche capaci di accrescere la capacità riproduttiva del portatore, anche
se ne riducono la capacità di sopravvivenza.
Intuitivamente però questo concetto è difficile da comprendere e accettare, ed è
stato ignorato o criticato per molti decenni, finché recentemente alcune ricerche
sperimentali non ne hanno dimostrato l’importanza.
Un esempio è l’enorme coda del maschio dell’uccello vedova (Euplectes progne),
che vive in Africa e ha una coda più lunga della testa e del corpo messi insieme.
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Le forze evolutive
La selezione sessuale influenza il successo riproduttivo
Normalmente i maschi di uccello vedova scelgono un
territorio dove eseguire i rituali di corteggiamento
per attrarre le femmine, e lo difendono dagli altri
maschi. Tutti i maschi, tanto quelli a coda lunga
quanto quelli a coda corta, erano capaci di difendere
il loro territorio di corteggiamento, a dimostrazione
che la lunghezza della coda non incide sulla
competizione tra maschi. Tuttavia, i maschi con la
coda allungata artificialmente attraevano circa il
quadruplo delle femmine dei maschi con la coda
accorciata (▶figura nella pagina successiva).
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La selezione sessuale
La selezione sessuale influenza il successo riproduttivo
Le femmine di uccello vedova
preferiscono i maschi con la coda lunga
perché se possono sviluppare e
conservare una caratteristica così
«costosa», nonostante la riduzione di
capacità di volo che essa provoca,
devono essere per forza sani e vigorosi.
Una caratteristica costosa fornisce al
sesso che opera la scelta del partner (di
solito la femmina) un indizio attendibile
per riconoscere gli individui realmente
dotati di buone qualità riproduttive da
quelli che bluffano. Se le femmine
scegliessero il compagno sulla base di
una caratteristica facilmente simulabile,
non ne ricaverebbero alcun beneficio in
termini di fitness.
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Teoria sintetica 1