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La zona è prevalentemente collinosa con coste per la maggior parte sabbiose, con le eccezioni di Capo
Sant'Alessio e di Capo Alì, dove la costa è alta e frastagliata. Alle spalle, il panorama montano è composto
dalla catena dei monti Peloritani che hanno qui il loro picco più alto (Montagna Grande a 1347m s.l.m).
Le cittadine di questa regione distano in media una 30ina di km dal capoluogo di provincia Messina e una
60ina dalla città di Catania. I centri dell'interno, come Pagliara, Antillo e Alì, sono piccoli e poco popolati, la
loro economia è dipendente dalle attività commerciali e artigiane dei più grossi centri rivieraschi.
Casalvecchio Siculo, Savoca, Forza d'Agrò, Fiumedinisi e Mandanici, ricche di storie e di fascino antico,
conservano alcuni dei più importanti monumenti della zona.
Pur dotata di risorse naurali che la predisporrebbero al turismo, questa zona, come il resto della Sicilia, ha
però un'economia debole ed assistita, con un tessuto imprenditoriale carente e una disoccupazione nella
media nazionale. La pesca marittima è molto praticata in riviera, in genere rivolta a soddisfare le esigenze
locali. Importante è la produzione di agrumi destinati all'esportazione verso il resto dell'Italia e verso
l'Europa.
Sono notevoli in riviera i tentativi di rivalutazione del patrimonio storico-culturale locale e quelli legati alla
promozione del turismo culturale e balneare. Sant'Alessio Siculo, Furci Siculo, Alì Terme e Roccalumera
vantano strutture turistico-balneari capaci di ospitare egregiamente qualunque tipo di turismo, più o
meno esigente. Non tutta la zona però è ancora matura a puntare sul riscatto imprenditoriale dell'industria
turistica e vive all'ombra del fiorente centro turistico di Taormina e del suo circondario. Alcune cittadine
rimangono tutt'oggi a indirizzo prevalentemente commerciale, come Nizza di Sicilia e Santa Teresa di Riva,
dove peraltro si conservano anche interessanti monumenti di passate dominazioni.
Riti religiosi misti a sagre di paese e a manifestazioni pagane vivicizzano la vita popolare della zona in una
miscela di devozione e folclore. Importanti le ricorrenze festeggiate nei paesi di Limina e Roccafiorita.
La coltivazione di questo agrume in Sicilia si deve agli Arabi e la crescente richiesta presso i popoli occidentali e la sua conoscenza sono derivati dall
• Il verdello
• La coltura del limone nella Riviera Ionica iniziò alla prima
metà dell'800 e soppiantò quella della vite.Fino al 1928-29,a
S.Teresa,la produzione del limone arrivò al massimo (18.800 t. in
media fra il '25 e il '30 assieme a Furci ).Dopo il 1930 il malsecco
danneggiò largamente le colture e di conseguenza si ebbe un
periodo di crisi. Gli agrumeti sono stati ricostruiti tra il '46 e il '50
(ritirando dalla Spagna degli innesti di Monachello) e la
produzione è risalita. Al 1955 la produzione complessiva di
verdelli e limoni è di 7.000 t. ed esistevano cinque magazzini per la
loro lavorazione;in ognuno di questi circa 20 operai fra uomini e
donne li incartavano e confezionavano in cassette,per la
spedizione.Giornalmente (nel 1955) venivano spediti per ferrovia
in media tre carri da 15 a 20 t.di limoni. .L'agricoltura è perciò
stata la principale fonte di vita per la popolazione di Riva e di tutta
la Riviera
• La coltivazione di questo agrume in Sicilia si deve agli Arabi e la
crescente richiesta presso i popoli occidentali e la sua conoscenza
sono derivati dalla capacità del limone di guarire lo scorbuto.Le
varietà coltivate in queste nostre zone (ma un po’ in tutta la Sicilia)
sono il femminello,il monachello,l’Interdonato e il verdello come
vedremo più avanti. Ci sono poi le varietà bergamotto che si
produce esclusivamente in alcune zone bel identificate della
provincia di Reggio Calabria e il cedro che ha una presenza molto
limitata nella nostra valle…Il succo del limone,inoltre,contrasta
l’invecchiamento dei tessuti della pelle e cura l’arteriosclerosi e
l’ipertensione,mentre l’ olio essenziale,ottenuto per spremitura
della buccia,tra le tantissime cose,previene perfino le rughe e cura
infezioni intestinali,polmonari e malattie infettive,oltre ad essere
usato per la fabbricazione di detersivi e come smacchiatore…
• Dicevamo del verdello,questa varietà che sostituisce il limone in un
periodo in cui questo è assente dai mercati (da aprile in avanti). Il
verdello,prodotto dallo stesso albero di limoni,è una specialità della
nostra riviera. Fu scoperto nella seconda metà dell’800,allorché gli
agricoltori,sempre attenti alle fioriture delle loro piante e impegnati
a renderle ancora più produttive,scoprirono che la piante di limone
fioriva di una profumata zagara subito dopo l’estate,in un periodo
insolito e ,comunque ,a seguito della sofferenza delle piante per la
calura estiva. Intuirono che questa pianta - se trattata
adeguatamente - poteva anche dare una seconda produzione nello
stesso anno e iniziarono un’attiviotà sperimentale che si concluse
positivamente. La pianta di agrume si lascia avvizzire
abbandonandola a se stessa per circa quaranta giorni tra la fine di
giugno e la metà di agosto;quindi si procede a dissodare il terreno e
ingrassarlo con fertilizzanti e sali.
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Decorso questo periodo si irriga facendo attenzione a seguire una
gradualità precisa e lenta sia per quanto concerne i fertilizzanti che per la
quantità di acqua irrorata, finchè le foglie dell’albero non si sono aperte
interamente e la pianta è disponibile a ricevere tutta la quantità di acqua
che richiede.Il risultato pressoché immediato è dato da una fioritura totale
di tutte le piante che imbiancano impillaccherate come sono di zagara il
cui profumo si diffonde per tutto il territorio e trasforma la campagna in
un carezzevole ed olezzante giardino.La raccolta dei verdelli(così definiti
dal loro colore verde intenso,a differenza del limone che è giallo) avviene
da aprile in poi,mentre quella dei limoni da ottobre in
avanti.Ecco,dunque,un albero e due pregiate produzioni che si esportano
in tutto il mondo e che subiscono processi di trasformazione. Se le
produzioni dell’albero del limone sono due,le raccolte sono ben sei,tre per
i limoni e tre per i verdelli,e vengono
definiti,volgarmente,prima,seconda,terza, mano che rappresentano il
diverso peso,la pezzatura della produzione.
TAMARICIUM SIVE PALMA O PHOENIX
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Tamar = piccola palma (in lingua fenicia)
Phoenix = palma (in greco)
Palma = palma (in latino)
Fourchion = bivio (bivio stradale diretto verso Savoca e
verso Tuguriorum Paliarae
Forche = tradizione
Fur = finale di Pentafur
Folk = popolo da cui Fulci e poi Furci (Gerhard Rahlfs)
Fulci = nome che compare sulle carte geografiche della fine
del’700 e dell’800
Palme o palmolio = agglomerato di case a destra di Pagliara
1517
• Sconfitta dei Turchi a Lepanto da parte degli
spagnoli.
• Le contrade riverasche sottomesse a Savoca
(Furci, Bucalo, Porto Salvo, Barracca) che
insieme rappresentavano la Marina di Savoca,
cominciarono a popolarsi e a prosperare coi
proventi della pesca, dell’agricoltura, del
commercio, della bachicoltura.
1700
I gesuiti bonificarono le striminsite pianure
alluvionali poste tra il torrente Savoca e il
Torrente Pagliara.
1763
Piena del torrente Pagliara che superò le naturali dighe dei campi della
riva destra, allagò la pianura, divelse e trascinò le piante, abbattè le
case … la chiesa della Madonna delle Grazie situata <<nel letto d’un
torrente>> rimase indenne alla furia dell’acqua dell’”acqua di ciumi”
Chiesa Madonna delle Grazie
1745 la Chiesa della Madonna delle
Grazie viene citata dall’abate Vito
Amico nel resoconto di una visita
parrocchiale. Riferisce che la chiesa
si trova situata in territorio
pianeggiante accanto alla riva
destra del torrente Pagliara.
Dal 1787 al 1817 furono celebrati
ben 20 matrimoni, segno evidente
che già dalla fine dl 700 la piccola
borgata di Palmi cominciava ad
incrementarsi.
Chiesa Madonna della Lettera
Cappella patrizia annessa
a Palazzo Bianco, austera
dimora dei nobili Castelli,
in seguito passata ai
Principi Mola, alla
famiglia Perrone per
giungere oggi alla
famiglia Manuli.
1820
Assalto a Savoca.
Savoca si vide invasa da un manipolo di rivoltosi
che l’assalirono saccheggiando le sedi degli uffici,
bruciando registri, carte, documenti, scritture …
1828
Costruzione della strada
rotabile che attraversava
i popolosi borghi di Furci,
Bucalo, e Porto Salvo
Barracca aveva lasciato Fuori
dal suo tracciato Savoca,
apportando così i benefici,
che una così importante
opera pubblica comportava
soltanto ai villaggi che
formavano la sua Marina
1830
Alluvione che spazzò il quartiere della Madonna
delle Grazie e seppellito per sempre Palme, di cui
forse rimasero solo poche case sulla nuova riva
sinistra, destinate a far parte del quartiere già
esistente di “zia Paola” nel territorio di
Roccalumera. La scomparsa fisica di palme giustifica
il prevalere da allora del toponimo “Furci” preferito
a quello ufficiale di “Fulci” segnato nelle mappe del
tempo e scritto nei decreti borbonici dato alla
contrata compresa tra Savoca e Pagliara.
1847
Supplica al Re Ferdinando II per ottenere la
concessione dell’autonomia da Savoca e
l’stituzione di un nuovo comune da chiamarsi
Furci.
1848
Il messinese Antonio Russo Gatto aprì due
grandi magazzini di legumi e cereali e una
fabbrica di essenza di limoni, antesignana delle
numerose fabbriche similari la cui attività per
decenni rappresentò una delle voci più
importanti della vita furcese.
1852
Su iniziativa del sacerdote Don Antonio
Castorina fu aperta una piccola scuola
gratuita.
1854
Savoca Superiore:
Limina e Forza
Savoca Inferiore o Marina di Savoca:
Furci, Bucalo e Porto Salvo-Barracca erano finalmente un nuovo comune
indipendente, chiamato Santa Teresa in omaggio alla seconda moglie del Re
Ferdinando II, Maria Teresa d’Asburgo Lorena. La residenza municipale era
provvisoriamente fissata aFurci, in attesa che a Bucalo, geograficamente al
centro del nuovo comune si predisponesse una sede adeguata, evento che si
verificò nel 1867
20 luglio 1919
Furci con la legge numero 1216
raggiunge la piena autonomia.
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Graziella_Cacciola_-_Storia_di_Furci_2003