Noi ragazzi della classe I A dell’Istituto comprensivo, insieme alla nostra insegnante di lettere, abbiamo deciso di interrogarci sul significato del termine “ dovere” e ci siamo resi conto che nella nostra vita quotidiana usiamo questa parola infinite volte sia per riferirci a regole di comportamento che ci sono state insegnate dagli adulti fin da quando eravamo bambini, sia ad una specie di voce interiore con cui ognuno di noi deve fare i conti prima di mettere in pratica certi comportamenti ,che sono sempre frutto di una scelta. Riflettendo e confrontando le nostre esperienze , abbiamo constatato che ogni volta che scegliamo di obbedire o no a questa nostra vocina ,che i grandi chiamano più spesso “coscienza” , avvertiamo tutta la difficoltà di dover scegliere , perché ci rendiamo conto che ogni scelta esclude le altre possibili e ci impone la responsabilità delle conseguenze. Le regole che ci sono state trasmesse dall’esterno spesso ci aiutano suggerendoci che cosa dobbiamo scegliere, ma sono state anche indispensabili perché in ognuno di noi si sviluppasse la coscienza che ci guida e che per questo possiamo considerare come un maestro che ci impartisce insegnamenti morali. Per rendere più concrete e forse anche più facili queste considerazioni, abbiamo deciso di rintracciare tante forme di “doveri” sia come regole di comportamento, sia come imperativi morali ,nelle pagine di narrativa o nei versi epici che abbiamo letto, e ci siamo resi conto che certe regole di comportamento si sono un po’ modificate nel corso dei secoli o degli anni , ma che i bambini e gli adulti di ogni tempo hanno dovuto fare i conti con il dovere di scegliere ed in particolare di scegliere secondo una coscienza buona. Da qui ha preso avvio il nostro percorso attraverso il mondo delle fiabe e delle favole, pagine celebri della narrativa per ragazzi , versi di poemi illustri e miti antichi. In questa fiaba la sirenetta Ariel ,che è la protagonista,vorrebbe diventare una fanciulla, ma il padre le proibisce di uscire dall’acqua e di avere contatti con gli umani. Il suo mentore è il granchio Sebastian che le viene affiancato per controllarla. Ariel però si innamora di un giovane e con l’aiuto di una strega malvagia riesce a trasformarsi in umana e a conoscere il suo innamorato.La scelta di Ariel contraria al suo dovere di obbedire al padre e di rispettare la sua appartenenza al regno del mare la porterà a dover affrontare molti ostacoli, ma alla fine il suo sogno sarà esaudito. La realizzazione di certi sogni talvolta richiede scelte molto coraggiose ed anche delle rinunce proprio come è toccato ad Ariel. La mamma capra doveva andare nel bosco a cercare cibo e prima di assentarsi raccomandò ai suoi figlioletti di stare attenti al lupo e di non aprire la porta di casa. I sette caprettini dapprima furono obbedienti e riuscirono a non cadere nell’inganno che il lupo gli tese per le prime due volte ma la terza volta il lupo, che era più furbo, riuscì a camuffare la voce e le sue zampacce nere e così entrò e li divorò tutti tranne uno che aiuterà la mamma al suo ritorno a salvare anche i fratellini. La disobbedienza dei capretti non è stata intenzionale perché il lupo li aveva ingannati con la sua astuzia: è proprio vero che molti pericoli non sono sempre riconoscibili e per questo ancora più infidi. La fiaba di Cappuccetto Rosso ci presenta una situazione in cui possiamo facilmente riconoscerci perché anche al di fuori del mondo delle fiabe esistono i pericoli a cui i genitori vogliono sottrarci, e la nostra imprudenza che ci porta a sottovalutarli. La disobbedienza di cappuccetto alla raccomandazione della mamma,che potrebbe costarle la vita,può ricordarci diverse occasioni in cui abbiamo disobbedito ad un divieto e ci siamo ritrovati nei guai,bisognosi dell’aiuto di un adulto per uscirne. Ancora una volta quindi dobbiamo riconoscere quanto è importante seguire i consigli di chi vuole proteggerci. Nella fiaba “Cenerentola”,una ragazza rimasta orfana molto piccola e vissuta per gran parte della sua vita insieme a una matrigna malvagia e a due sorellastre presuntuose e maleducate ogni giorno era costretta ad obbedire ad ordini pressanti senza un minuto di tregua, ma nonostante tutto lei svolgeva i compiti senza lamentarsi, nel pieno rispetto delle regole che le venivano ingiustamente imposte. Anche i topini rispondono amorevolmente al dovere che provano verso la ragazza con loro gentile ed affettuosa e per questo s’impegnano per riportare a Cenerentola la chiave con cui la matrigna l’ aveva rinchiusa e consentirle di uscire. Per finire anche il duca inviato dal re aveva un dovere ben preciso da compiere , cioè di ritrovare la fanciulla che al ballo aveva perso una scarpetta di cristallo e riuscirà così regalare a Cenerentola la felicità che si merita. Nella fiaba di Pinocchio,il burattino ha il compito di rispettare le regole datagli dal povero padre,ma le disattende,nonostante i suggerimenti del grillo parlante e le raccomandazioni della fata Turchina. Un esempio di disobbedienza lo ritroviamo quando Pinocchio vende l’abbecedario compratogli con sacrificio da Geppetto e si lascia convincere a marinare la scuola, subendone poi pesanti conseguenze. Un altro esempio di disobbedienza è quello in cui il burattino non rispetta la raccomandazione di non parlare con gli sconosciuti e si lascia ingannare dal Gatto e la Volpe. Questa fiaba ricca di insegnamenti ci fa riflettere quindi sull’importanza di ascoltare i buoni consigli di chi si preoccupa per noi e di riconoscerli da quelli che ci vengono dati da chi può condurci su una cattiva strada. Nella fiaba “ Biancaneve e i sette nani”, la matrigna, invidiosa della bellezza della figliastra, ordina al guardiacaccia di portare la fanciulla nel bosco, di ucciderla e di consegnarle come prova il cuore della ragazza. Il guardiacaccia non rispetta l’ordine perché ubbidisce al suo senso di pietà, che gli ispira un comportamento diverso: infatti libera Biancaneve, uccide un cinghiale e come prova della sua presunta obbedienza porta alla regina il cuore dell’animale. Il guardiacaccia si è trovato di fronte ad una scelta: poteva ubbidire all’ordine, ma poi vivere per sempre con il rimorso, oppure, come ha fatto, disubbidire e risparmiare Biancaneve.Anche la vita reale spesso presenta occasioni in cui è necessario chiedersi come agire. Ci possiamo trovare di fronte ad una scelta difficile, che può anche comportare rischi e conseguenze pesanti a seconda della decisione che venga presa, ma mi trova sempre d’accordo seguire la propria buona coscienza, come nel caso del guardiacaccia. Nella fiaba “ La Bella e la Bestia”, Bella, la protagonista che è tenuta prigioniera dalla bestia, non può assolutamente entrare in una stanza segreta dove è posta una rosa magica. La sua curiosità, però, la porta a disubbidire ed entrare proprio là: la bestia la scopre e , infuriandosi, la caccia via. La ragazza si perde in un bosco e si ritrova di fronte ad un branco di lupi che tentano di sbranarla. La bestia la vede e ne ha compassione, perciò la salva e la riporta al castello. Se Bella non avesse disubbidito al comando di non andare nella camera segreta, non si sarebbe trovata in quel guaio. Bisogna dire quindi che a volte nella vita la curiosità è di troppo e tanto più forte quanto più legata ad un divieto ,che dovrebbe essere rispettato ed invece viene trasgredito Infatti,proprio l’ eccessiva curiosità spesso è all’origine di molti guai. Di questo noi ragazzi dobbiamo ricordarci quando gli adulti ci impongono dei divieti che noi fatichiamo ad accettare perché sottovalutiamo che alla nostra età possiamo ritrovarci esposti a mille pericoli. Tanto tempo fa in una tana viveva una volpe che tutti i giorni non faceva altro che annoiarsi, allora, un giorno, decise di invitare a pranzo la cicogna e contemporaneamente farle uno scherzo. La volpe , sapendo che la cicogna si accontentava di poco, si limitò a preparare un brodo molto sostanzioso. La cicogna non riusciva a mangiare in una scodellina sottile, mentre la volpe le chiedeva” Non ti piace, non è di tuo gradimento?”La cicogna, risentita, ricambiò l' invito ed il giorno dopo la volpe arrivò a casa della cicogna convinta di mangiare molto bene, ma si sbagliava... La volpe non doveva fare quello scherzo maligno e dalla cicogna si doveva proprio aspettare uno scambio di trattamento così come nella nostra vita questi, o altri scherzi vengono fatti solo per gelosia o invidia verso qualcuno , mentre dovremmo ricordarci di non fare agli altri quello che non vorremmo fosse fatto a noi stessi. Tanto tempo fa, vicino ad un villaggio vivevano dei passerotti; un contadino aveva appena seminato e gli uccelli mangiavano con molto piacere tutti quei semi appena piantati. Verso la stagione del raccolto arrivò una rondine e avvisò quei passerotti di non stare più lì e di andarsene al più presto perché gli uomini con quei semi potevano costruire delle trappole. Il dovere dei passerotti era di ascoltare la rondine che in quel caso faceva quasi da vocina interiore, e scappare, prima di essere catturati. Invece non le diedero retta e fecero una brutta fine. Anche noi umani dobbiamo ricordarci di non essere come i passerotti ma di ascoltare i consigli di chi ci vuole aiutare. Una formica era assetata e si avvicinò alla riva di un ruscello. Un'onda la investì e la fece cadere nell'acqua. Una colomba, che passava portando un ramoscello nel becco, vide la formica in pericolo e le lanciò il ramoscello. La formica vi si aggrappò e fu salva. Qualche tempo dopo, un cacciatore stava per catturare la colomba nella sua rete. La formica gli si accostò e gli morse una gamba. Il cacciatore sussultò e si lasciò sfuggire la rete dalle mani. La colomba aprì le ali e volò via.La morale di questa favola ci ricorda il dovere di aiutare sempre gli altri nel momento di bisogno, non solo per bontà o altruismo ma anche con la speranza che gli altri ti vengano in soccorso quando sarai tu ad avere bisogno. Ai limiti di una grande foresta viveva tra gli altri animali una giraffa bellissima, agile e snella, più alta di qualunque altra. Sapendo di essere ammirata non solo dalle sue compagne ma da tutti gli animali era diventata superba e non aveva più rispetto per nessuno, né dava aiuto a chi glielo chiedeva. Anzi se ne andava in giro tutto il santo giorno per mostrare la sua bellezza agli uni e agli altri dicendo: Guardatemi, io sono la più bella. - Gli altri animali, stufi di udire le sue vanterie, la prendevano in giro, ma la giraffa vanitosa era troppo occupata a rimirarsi per dar loro retta. Un giorno la scimmia decise di darle una lezione. Si mise a blandirla con parole che accarezzavano le orecchie della giraffa: - Ma come sei bella! Ma come sei alta! La tua testa arriva dove nessuno altro animale può giungere... - E così dicendo, la condusse verso la palma della foresta. Quando furono giunti là, la scimmia chiese alla giraffa di prendere i datteri che stavano in alto e che erano i più dolci. lì suo collo era lunghissimo, ma per quanto si sforzasse di allungarlo ancor di più, non riusciva a raggiungere il frutto. Allora la scimmia, con un balzo, saltò sul dorso della giraffa, poi sul collo e finalmente si issò sulla sua testa riuscendo ad afferrare il frutto desiderato. Una volta tornata a terra, la scimmia disse alla giraffa: - Vedi, cara mia, sei la più alta, la più bella, però non puoi vivere senza gli altri, non puoi fare a meno degli altri animali.La giraffa imparò la lezione e da quel giorno cominciò a collaborare con gli altri e a rispettarli.Rispetto alle altre favole questa si conclude in modo molto diverso. La giraffa vanitosa infatti incomincia a collaborare con gli altri e a rispettarli. Non bisogna pensare di non aver bisogno di nessuno perchè si è perfetti, si ha sempre bisogno degli altri e bisogna accettare e cambiare i propri errori. Nella foresta si sa che sopravvive solo il più forte e che la legge del bosco dice che il più piccolo viene inesorabilmente mangiato dal più grande. La natura è così meravigliosa e spietata, che se permette la vita di gruppo non permette che nello stesso ci sia un elemento meno forte all'apparenza, degli altri. Questa è la storia di Ado ,la formica zoppa. Ado somigliava alle sue amiche formiche: come loro sapeva che la terra era la loro casa, come loro sapeva che esistono animali che si cibano proprio di formiche. Come i suoi simili sapeva che nella vita di gruppo si collabora per il bene di tutti. Ado sapeva di non essere amato dagli altri perché non poteva correre o portare grossi pesi. Ado soffriva perché gli sarebbe piaciuto essere uno degli altri, anche se era impossibile, perché così lui c'era nato. E si sentiva solo perché sapeva di non essere capito, anche se ormai l'essere deriso non lo scalfiva più. Intanto la vita scorreva frenetica come al solito, tutti erano presi dal nuovo scavo che avrebbe dovuto collegare il formicaio A col formicaio B ,gran residenza di Sua Maestà Formicone. Ado era in disparte a guardare i suoi amici che lavoravano senza sosta e soffriva poiché lui poteva solo guardare. Così, una mattina, decise di uscire dal formicaio e di vedere cosa c'era oltre. Com'era strano il mondo "fuori" Pieno di colori, di cose nuove da cui imparare e suoni che dove viveva lui non si sentivano mai. Vide un uomo che parlava con un altro uomo, però più piccolo. Aveva paura, ma si avvicinò lo stesso e li ascoltò: Stavano parlando di un uomo che parlava in parabole, il ragazzo chiedeva il perché. Gli fu risposto che faceva così perché tutti potessero capire, ma che solo chi avesse voluto veramente avrebbe potuto farlo. E gli raccontò di quella volta che l'uomo che parlava per parabole disse quella dei "talenti". E gliela spiegò: " vedi figliolo, ad ognuno di noi vengono dati dei talenti e l'unica cosa che ci viene chiesta è di farli fruttare, di questo ci verrà chiesto conto, non dei talenti degli altri, ma del frutto dei nostri." Ado ascoltava. Si disse che quel racconto non era poi tanto vero, dato che a lui non era stato dato nulla, semmai tolto rispetto agli altri suoi compagni. L'uomo riprese a parlare: "Vedi, forse tu credi di non avere nulla, perché guardi solo ciò che ti manca, quello che ti ho raccontato dovrebbe servirti per guardati dentro e scoprire e mettere a frutto quello che hai. Potrai capire di essere veramente speciale, non paragonabile a nessuno di chi conosci" Ado ascoltava, ma non vedeva più in là del suo bastone. Zoppicando tornò a casa e si disse che non sarebbe più uscito. La mattina dopo era insieme ai suoi compagni e tristemente li guardava lavorare. Ma il suo io stava cercando nel cuore le parole che aveva sentito il giorno prima............ Forse era arrivato il momento di lottare contro se stesso, contro l'idea che lui per primo si era fatto di sé. In fondo l'unica cosa che gli era impedita era la corsa, per il resto era come i suoi compagni. Si domandò che voleva da sé, se era quella vita che voleva. Si domandò il senso di tutto ciò. Così il tempo passava e lui osservava fuori e dentro di sé. E osservando vide che mentre i suoi amici scavavano la terra sopra la loro testa cominciava a franare....... si domandò perché, capì che scavavano ma che nessuno aveva pensato a qualcosa per reggere la volta della galleria. E intanto la terra cadeva sulle teste dei suoi compagni. Fu allora che capì. Doveva parlare con loro e dirgli del pericolo che stavano correndo. Provò. Ma nessuno lo ascoltava. Allora prese una foglia e con un sasso disegnò una piccola impalcatura per reggere la galleria, fatta con i sassi. Ma nessuno lo ascoltò. E capì che doveva urlare. Lo fece e fu ascoltato. Gli altri dapprima lo derisero e poi cominciarono a capire. Si decise di fare come Ado aveva detto e proprio mentre stavano finendo di costruire la parte finale della galleria cadde, mostrando che invece la parte protetta reggeva. Tale fu lo stupore e il conseguente acclamare il nome della formica che aveva intuito il tutto che accorse anche il Grande Formicone, per ringraziare il piccolo storpio. E fu stupito di vedere che proprio lui aveva capito il pericolo. Fu allora che Ado raccontò del suo viaggio fatto in giardino e concluse dicendo "Oggi so che pur essendo tutto nero ed uguale ai miei compagni all'apparenza, io sono e tutti siamo, diversi gli uni dagli altri. Tutti abbiamo qualcosa in più e qualcosa in meno, dobbiamo solo allenarci a vedere quello in più e a non sopravvalutare quello in meno." Il Grande Formicone aggiunse: "E io ringrazio che tu hai scoperto oggi il tuo talento e l'hai fatto fruttare!" Fu festa grande quella sera nel formicaio, nessuno vide più la formica storpia, perché tutti facevano la fila per fargli da "bastone". Fine Questa è una favola, secondo me, con un dovere importantissimorispettare sempre gli altri, qualsiasi sia la loro religione, la loro pelle e il loro aspetto fisico. Ognuno di noi è diverso da un altro e tutti abbiamo capacità differenti e se tutti ci rispettiamo e aiutiamo possiamo guadagnarne tutti, io aiuto te e tu aiuti me. In questo episodio si possono riconoscere molte forme di dovere incarnate in vari personaggi. Le protagoniste di questo racconto sono:Jo,quindici anni,una ragazza alta e bruna, gli occhi molto vispi e scattante come un puledro;il suo comportamento è quello di un maschiaccio e si arrabbia molto facilmente,soprattutto con Amy; il suo sogno è diventare una grande scrittrice . Amy,dodici anni,una bambina alta e bionda con i boccoli e gli occhi azzurri scintillanti; il suo comportamento è simile a quello di una piccola dama e infastidisce sempre sua sorella Jo. La piccola,poiché la maggiore non voleva portarla a vedere uno spettacolo, vuole vendicarsi ed ha il dovere di scegliere: non bruciare il libro di Jo,quindi non vendicarsi e perdonare – ascoltando il suo imperativo morale – oppure bruciarlo e vendicarsi facendo del male e ascoltando il suo istinto. Ella disattende la sua “vocina interiore” anche se non lo avrebbe dovuto fare; Jo, però, non avrebbe dovuto respingere in malo modo la povera Amy e, anche in questo caso, la maggiore doveva scegliere: portare con sé la sorellina, ascoltando il suo cuore, oppure lasciare la piccola a casa, ascoltando i suoi interessi; ella, come si è visto, fa il male. Jo, al suo ritorno, si arrabbia con la sorella e, anche se la madre vuole spingerle a scusarsi a vicenda, le due ragazze non la ascoltano e non si perdonano. In seguito Jo decide di andare a pattinare insieme a Laurie ed Amy li segue; dopo il ragazzo avverte la maggiore di stare lontana dal centro del fiume, dove il ghiaccio era più sottile. Jo sapeva che Amy la stava seguendo e che non aveva sentito le raccomandazioni di Laurie e in questo caso aveva di nuovo il dovere di scegliere: avvertire la sorella, quindi fare il bene e ascoltare il suo imperativo morale o non dire niente, facendo il male e ascoltando il suo rancore. Jo, accecata dalla rabbia, fa quello che non avrebbedovuto fare: non avverte Amy. Però, dopotutto, Amy non sarebbe dovuta andare dietro a Jo. Amy, quindi, cade nell'acqua con un tuffo e Laurie la salva, portandola a casa. In seguito al grave incidente Jo non ha più rabbia nel cuore, ma una vergogna verso sé stessa e prova molta tristezza,sconforto e si abbandona al pianto. A consolarla ci pensa la madre che, a sua volta,ha il dovere di scegliere: sgridare la figlia con severità, facendo come farebbero tutte le mamme e ascoltando il suo istinto, oppure rimproverarla con dolcezza, impartendole un insegnamento e ascoltando il suo cuore. Ella fa la scelta più giusta: ascolta il suo cuore. Raccomanda a Jo di non farlo più e le dà un consiglio per controllare la rabbia: le racconta che anch'essa era impulsiva e per perdere quest'abitudine ci sono voluti quarant'anni in cui ad aiutarla è stato il padre della ragazza, un uomo buono e generoso, da cui ella prese esempio. L'episodio termina con un forte abbraccio delle sorelle e un bacio che stanno a significare il perdono che ognuna rivolge all'altra. Io penso che non sia stato facile per Jo scegliere la vendetta verso Amy, sapendo che in questo modo la sorellina poteva correre un pericolo, ma su di lei ha prevalso l'impulsività, che l'ha guidata ad una scelta tragica. Altrettanto difficile deve essere stato per la mamma evitare di sgridarla per avere dato ascolto al suo “demone ribelle”ed invece usare il migliore dei modi per insegnare a Jo ciò che nella vita si deve fare prima di ogni altra cosa: conoscere i propri difetti e non smettere di sforzarsi di correggerli. Jo è rimasta colpita dall'esempio della mamma e dalla lezione di umiltà, che le è servita più di qualsiasi rimprovero. Abbiamo avuto modo di riflettere su diversi capitoli di “Gian Burrasca”che ci hanno posto di fronte al concetto di “verità”. Tra essi c'è un episodio molto particolare in cui Giannino, sostituendosi all'impiegato dello zio avvocato, consiglia un cliente dello zio e dà la sua opinione su cosa bisogna dire in tribunale:”La verità, nient'altro che la verità!”Il ragazzoinfatti la dice quasi sempre anche a casa sua. L'interrogativo che secondo me si pone Gian Burrasca è:”Come mai questo signore è venuto a chiedermi consiglio quando lo sannotutti che non si dicono le bugie?” “Oh, è vero! La veritàdei bambini è diversa da quella degli adulti: se un fanciullodice le bugie se le prende, mentre se un grande lo fa va tutto bene” si risponde. Però Giannino non ha ancora elaborato il vero concetto di verità o di bugia: per i bambini o esiste il buono o il cattivo, non ci sono vie di mezzo, ma per gli adulti sì. Comunque, io condivido quello cheGian Burrasca ha detto a quel signore e condivido in parte anche il concetto che lui ha di verità. Io vi parlo di una simpatica ragazza di nome Pippi Calze Lunghe, che abita a Villa Villa Colle con un cavallo senza nome, e con una scimmietta detta “Signor Nilson ''. Lei è sola, orfana di madre, ed il padre si trova su un' isola dove ha trovato un tesoro, che in parte ha dato a Pippi: infatti dispone di una cassa di monete d'oro. Pippi ha due amici , Tommy e Annika, che vivono nella casa accanto. A Villa Villa Colle si può fare qualunque cosa ,come dormire con le scarpe e con i piedi sul cuscino, appendersi ai lampadari a testa in giù e altre stranezze del genere. Pippi spesso si diverte anche a dire incredibili bugie. Lei si lascia convincere ad andare a scuola ma quando la signora maestra cerca di spiegarle qualcosa o di insegnarle a fare i calcoli , Pippi la fa quasi impazzire. Allora la maestra propone a tutti di disegnare ,ma Pippi le dice che il foglio che le aveva dato era troppo piccolo per disegnarci sopra un cavallo e per questo comincia a disegnare sul muro. Secondo me i bambini dovrebbero avere un po' di libertà e di svago come Pippi, ma non troppo perché se no si finirebbero con l' essere privi di educazione; dovrebbero sempre avere accanto i genitori o comunque degli adulti per imparare le regole di comportamento fino a quando non le hanno acquisite. Pippi invece sta da sola a Villa Villa Colle e quindi non può imparare tali comportamenti perché nessuno le ha mai detto che cosa si deve o non si deve fare. I comportamenti di Pippi,quindi, dimostrano che molte regole si imparano. La maggior parte di noi bambini non potrebbero permettersi di non andare a scuola,non rispettare gli orari,salire sui mobili,dormire con le scarpe,andarsene a zonzo quando gli pare e piace; Pippi invece e’ padrona del suo tempo e ha tutta la libertà che vuole far sì che una persona si possa formare nel migliore dei modi e’ necessario acquisire e avere dei buoni insegnamenti che tengano anche conto del carattere di un bambino. Noi ragazzi dobbiamo accettare volentieri le regole che impariamo a casa,a scuola,nello sport e nei rapporti con gli altri,e farle diventare parte di noi,in modo da non distinguere più quello che abbiamo imparato da ciò che è sempre dentro di noi. Nel mito classico di Edipo,il protagonista si ritrova di fronte al dovere di scegliere se ascoltare o no l’oracolo per sottrarsi al proprio destino, che prevedeva per lui di uccidere il proprio padre e poi unirsi alla propria madre. Edipo obbedisce al consiglio dell’oracolo,però,non era possibile contrastare ciò che il Fato aveva scelto per lui, perché esso è al di sopra di ogni cosa,anche degli stessi dei: infatti il volere del Fato si compirà e perciò Edipo dovrà venire a conoscenza del fatto di aver ucciso suo padre Laio e di essere il figlio della donna che ha sposato e da cui ha avuto dei figli. Egli è dunque il simbolo della fragilità umana,perché non ha potuto scegliere e ha dovuto subire il suo destino, anche se crudele e ingiusto. Ettore non viene meno al suo dovere di fronte ai Troiani,pur comprendendo le ragioni della moglie che tenta di far prevalere i diritti della famiglia. Andromaca pensa che Ettore debba vivere per lei e per Astianatte e lo supplica di non esporsi troppo alla battaglia e di cercare di mettersi in salvo. Ma Ettore è un vero guerriero e non può suscitare la vergogna della sua comunità perché perderebbe l’onore. Nel mondo omerico esiste la “cultura della vergogna” in quanto le regole di comportamento sono quelle della comunità a cui si appartiene. Ettore è chiamato ad essere forte sempre, a preferire la morte al disonore e vuole trasmettere questo insegnamento anche al figlio Astianatte. Perciò supplica gli Dei perché concedano ad Astianatte un futuro da guerriero e si augura di morire piuttosto di vedere la moglie ridotta in schiavitù. Andromaca cerca di far valere i diritti della famiglia e dell’affetto. Andromaca, che ha perso tutta la sua famiglia a causa di Achille, dà significato alla sua esistenza solo perché esiste Ettore . Per cui si augura la morte piuttosto che la vita senza lo sposo . Tuttavia Ettore, che obbedisce al suo dovere di guerriero, sa che non può sfuggire alla morte e invita Andromaca a tornare ai propri doveri, che sono quelli che spettano alle donne nel mondo greco Io dopo aver letto il libro dell’Eneide ho provato a riflettere sul tema del dovere che emerge dalla vicenda del protagonista e la scena più evidente che mi è venuta in mente è quella relativa al canto di Enea e di Didone. L’eroe ormai si stava per sposare con Didone, ma Iarba, l’invidioso re dei Numidi che tentava da tempo di prendere come sua sposa la regina vedova, non lo accetta, perciò chiede a suo padre, il re degli dei, di provvedere. Giove, così, manda in sogno ad Enea Mercurio, che ricorda all’eroe il suo destino:per lui era stato deciso che dovesse andare a conquistare il Lazio e questo era quanto gli dei si aspettavano dall’eroe. Enea, triste, accetta perché d’ altra parte doveva accettare: il Fato aveva deciso ed egli non poteva disobbedire. Ho pensato anche al significato tragico della scelta che Enea dovette affrontare:da un lato i suoi sentimenti sinceri nei confronti della sfortunata Didone, dall’altro la sua pietas,ovvero la devozione verso gli dei. Certamente l’eroe ha tutta la mia comprensione: se fossi stata io Enea avrei comunque deciso di partire perché il Fato aveva deciso così e nessun mortale può sottrarsi al suo destino, anche se ciò gli impone di sacrificare i propri desideri.