Esperienze emotive dell’insensatezza del vivere. Un approccio filosofico Roberto Garaventa Università di Chieti-Pescara IFOTES Congress Prato (I) 13 July 2007 Tesi centrale Esperienze emotive dell’insensatezza del vivere noia, angoscia, tentazione suicidale mostrano e contrario che il bisogno di un senso, capace di sostanziare l’esistenza e l’agire, è un’esigenza costitutiva dell’essere umano Il problema del senso della vita inquieta già sempre (anche se di solito inconsciamente) l’animo di ogni uomo ogni individuo finisce prima o poi per porselo esplicitamente ad esso non possiamo evitare di dare una risposta necessità (non solo teoretica, ma esistentiva) insopprimibile Centralità e ineludibilità del problema del senso messa in discussione del nostro stile di vita, delle nostre scelte personali, sociali ed etiche messa in questione della nostra visione del mondo, della nostra fede, dei valori che indirizzano il nostro agire, di ciò che dona senso alla nostra vita momenti di trapasso o svolte fondamentali della nostra esistenza, che impongono un ripensamento delle scelte fatte o degli scopi perseguiti Domande di senso Chi sono io? E perché esisto? Ha un senso la mia esistenza? E’ quanto si chiede un suicida, ma la sua risposta è no, vivere non ha nessun senso Ha avuto un senso la mia vita? E’ quanto si chiede l’uomo che sta per morire; e non ci è dato sapere come risponderà a questa domanda o quale risposta riceverà da chi gli è vissuto accanto o al di là della soglia Che ne sarà della mia vita? Riuscirò a riconoscermi in essa? Riuscirò ad accettarla e a viverla con gioia e soddisfazione? E che cosa posso fare perché sia così? E’ quanto si chiedono, oggi molto più che in passato, i giovani, a volte con angoscia, a volte già con profonda rassegnazione La domanda sul senso: alla base di religioni e filosofie La mia vita ha un senso? o non è piuttosto segnata nel profondo da un’intrinseca assurdità? Questa questione da sempre sottende la fede delle diverse religioni universali muove e agita il pensiero filosofico più autentico Strutturalità transepocale del problema del senso Il problema del senso è tipico dell’età della morte di Dio, profetizzata da Nietzsche? In realtà ha sempre inquietato e mosso l’uomo e il suo pensiero anche in epoche religioso-metafisiche i legami sociali con la tribù, il popolo o la comunità statale erano molto più stretti l’ancoramento a una visione del mondo determinata (religione) era ben più saldo la società aveva ancora una sua organizzazione unitaria e non differenziata Un problema filosofico centrale, ignorato dalla filosofia? Solo di rado i filosofi hanno affrontato espressamente il problema del senso dell’esistenza, facendone il centro della loro riflessione per lo meno questo è vero per i filosofi più significativi della storia dell’occidente E’ stato generalmente considerato come un tema di filosofia popolare Solo recentemente il pensiero filosofico ha ricominciato a cercare di rispondere alle domande esistenziali di fondo sviluppo della “consulenza filosofica” (philosophical counseling, philosophische Praxis) Il problema del senso: un problema senza-senso? Tale problema non è un residuo di epoche passate? (Adorno) Non è forse vero che la realtà non ha senso? (Nietzsche) Il bisogno di dare o di trovare una risposta a tale problema non è forse il sintomo di una malattia dello spirito? (Freud) Le verità dell’uomo non sono forse delle menzogne utili alla sua sopravvivenza? (Nietzsche) Il problema del senso non è forse indotto dal bisogno dell’uomo: di semplificare la complessità impenetrabile del reale? di dare ordine a un’esistenza contraddittoria e conflittuale, smorzandone gli aspetti più tragici e inquietanti? di illudersi circa l’effettiva razionalità della vita? L’uomo postmetafisico: ignora le questioni ultime? Egli è in realtà pur sempre alla costante ricerca di risposte al suo costitutivo bisogno di senso Le risposte alla questione del senso dell’esistere non sono però più tanto “religiose” o “metafisiche”, ma sono più spesso meramente inframondane Nelle nostre società secolarizzate, il senso dell’esistenza non viene più tanto ritrovato in un Dio o in una vita ultraterrena, bensì in valori infrastorici nelle tradizioni sociali, culturali e nazionali nella pura e semplice utilità, nell’agiatezza, nel comfort Surrogati di senso potere denaro successo status-symbols (beni di consumo) presenzialismo televisivo divertimenti, viaggi, merce-”amore” sostanze stupefacenti nazionalismo/ integralismo/ fondamentalismo Radicalizzazione del problema del senso In un’età di pluralismo ideologico, indifferentismo etico e cinismo diffuso (il benessere sembra essere l’unico valore rimasto) il problema del senso si è radicalizzato rispetto a epoche sorrette ancora da orizzonti di senso comunitariamente accettati Nelle nostre civiltà occidentali si sta diffondendo una particolare forma di nevrosi “nevrosi noogena” (Viktor E. Frankl), prodotta da vuoto esistenziale dolore per l’assenza di un’evidenza di senso nella vita Il bisogno di senso: una costante antropologica Il senso di vuoto (emotivamente avvertito da molti nella società odierna) per l’assenza di donazioni di senso capaci di dare sostanza e consistenza alla loro esistenza e di orientare il loro agire individuale e sociale sintomo del fatto che il bisogno di un senso costituisce una dimensione strutturale dell’esistenza umana “Ciò che conta per l’uomo (tanto all’inizio quanto alla fine) è il senso e nient’altro che il senso” (V.E. Frankl) “Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta, è rispondere al quesito fondamentale della filosofia. Quella sul senso della vita è la più urgente delle domande. Il resto (se il mondo abbia tre dimensioni o se lo spirito abbia nove o dodici categorie) viene dopo” (A. Camus) L’uomo: essere bisognoso di senso, perché libero non è determinato dagli istinti della specie non è vincolato a un ambiente preciso un essere libero, pur nella condizionatezza naturale, culturale e storica del suo esserci un essere manchevole, bisognoso di qualcosa/qualcuno che dia significato alle sue azioni e alla sua esistenza un essere capace di riflettere, di rapportarsi a se stesso può prendere le distanze da se stesso, può guardare dall’alto (almeno in parte) la sua vita o momenti della sua vita e sottoporli a giudizio La sua non-determinatezza istintuale e ambientale, la sua elasticità, la sua libertà si concretizza come apertura per un senso del percepire, dell’agire, dell’esistere Il “senso” come risposta al bisogno di senso Qualcosa (religione, visione del mondo, ideologia, valore etico, ideale, scopo, stato, comunità, lavoro, impiego) Qualcuno (Dio, persona amata, prossimo) che fa sì che la mia vita mi appaia degna di essere vissuta che è in grado di indirizzare e fondare il mio agire in modo che questo mi appaia sensato che “dona senso” al mio esistere, altrimenti apparentemente così contraddittorio, assurdo, enigmatico, così drammaticamente segnato dalla lotta, dal dolore, dal caso, dalla malattia, dalla morte Che cos’è il “senso”? Il “senso” è ciò che appaga il mio bisogno di senso qualcosa di autosufficiente e di comprensibile qualcosa in cui posso riconoscermi, cui posso dire di sì qualcosa per cui vale la pena impegnarmi qualcosa capace di donare consistenza e identità alla mia persona l’autentico verso-dove della mia esistenza (entelecheia, summum bonum, eudaimonia) il fine ultimo (telos) del mio vivere e del mio agire Il senso: una questione del singolo Se la mia vita ha un senso per me, posso dirlo solo io (non importa che essa appaia ricca o vuota di senso ad altri) Nessuno può insegnare o indicare a una persona il senso della sua vita C’è solo un senso della vita per un uomo in un determinato momento della sua esistenza, e questo senso è per lui il senso globale della vita non si deve mai confondere il senso della propria vita e il senso della vita in generale Il senso della vita di un individuo è una compenetrazione di elementi individuali e sovraindividuali altre persone; eventi della storia mondiale; valori e norme sovraindividuali; fedi e convinzioni Donazione di senso Il senso è qualcosa che ci si fa incontro, qualcosa che ci viene “donato” dall’esterno Esiste anche il fenomeno del conferire, del creare e dell’infondere un senso da parte dell’uomo. Tuttavia: non può essere prodotto o inventato dall’interessato o suggerito o conferito a questo da altri ci si salva per la fede e non per le opere 1. anche là dove si conferisce senso ad una cosa, si guarda al senso come ad alcunché che inerisce alla cosa 2. il senso che il soggetto interpretante conferisce alla cosa è tratto dalla cosa stessa o da qualche altra realtà ed è quindi a sua volta oggettivo L’uomo può porre valori solo se li ritiene oggettivamente validi, ed è quindi proprio il loro carattere non-arbitrario che li rende tali Crisi di senso Il “senso” è quel qualcosa o quel qualcuno capace di dare una risposta anche alle contingenze che minano l’esistenza Esperienze di crisi di senso sollecitano una riflessione più attenta sul problema del senso dell’esistere fallimenti, sofferenze, violenze, distacchi, perdite, malattie, invecchiamento, approssimarsi della morte L’uomo giunge a interrogarsi sulla consistenza dell’orizzonte di senso che lo ha fino a quel momento guidato solo allorché tale orizzonte di senso va o almeno sembra andare in pezzi, non reggere più L’uomo si pone il problema del senso solo quando si ritrova (dopo un lungo processo o in seguito a un’esperienza improvvisa) senza più punti di orientamento, senza più qualcosa cui tenersi saldo, privo di una propria precisa identità e destinazione etica Vita e senso della vita si coappartengono Esperienze emotive dell’insensatezza del vivere Noia (Pascal, Schopenhauer, Kierkegaard, Heidegger, Leopardi, Jankélévitch) stato penoso di malessere e disgusto, di inquietudine e insoddisfazione, di intenso desiderio e di profonda scontentezza (data l’impossibilità di indicare ciò che si desidera), di senso di vuoto e di attesa passiva Angoscia (Heidegger) nell’angoscia l’uomo, esperendo l’insignificanza e l’irrilevanza di tutto ciò che occorre nel mondo, esperisce al contempo l’insensatezza del mondo come tale e di se stesso in quanto essere-nel-mondo nell’angoscia l’uomo non si sente a casa propria nel mondo, bensì si sente spaesato La noia “Non si tratta della noia che si può combattere con le distrazioni, la conversazione o i piaceri, ma di una noia, si potrebbe dire, fondamentale; e che consiste in questo: più o meno bruscamente, in casa propria o in pubblico, o davanti a un paesaggio bellissimo, tutto si vuota di contenuto e di senso. Il vuoto è in noi e fuori di noi. Tutto l’universo rimane colpito dall’annullamento. La noia è una vertigine, ma una vertigine tranquilla, monotona; è la rivelazione dell’universale mancanza di senso” (E. Cioran) Nelle società occidentali del benessere e dell’opulenza, in cui le persone dispongono di molto più tempo libero che non in passato, la noia profonda è una delle patologie più diffuse e più gravi, ma è una delle patologie meno avvertite, proprio perché condivisa da un altissimo numero di persone (patologia della normalità) L’angoscia Connota una molteplicità di situazioni umane libertà (scelta e responsabilità); colpa (peccato); futuro (possibilità); pericoli (indefiniti); separazione e distacco; cambiamento (insicurezza); condizionamento (mancanza di libertà); donazione di sé (rinuncia alla propria indipendenza e autonomia); maturazione personale (acquisire una propria personalità e identità; distinguersi e isolarsi dal gruppo; perdere ogni forma di protezione); insignificanza e insensatezza del tutto; morte Assalendoci, ci rigetta su noi stessi, ci isola La tentazione del suicidio Situazioni di “crisi di senso” Crisi di senso specifiche/determinate (morte, disonore, scacco, malattia, errore, delusione) estremamente variegate possono essere provocate da una molteplicità di fattori manifesti e nascosti, recenti e remoti possono allargarsi a esperienza della problematicità radicale del reale Conflitto fra l’orizzonte di senso creduto e la realtà effettuale esperita (ingiustizia, violenza) Situazioni di crisi di senso specifiche/determinate Ciò che sostanziava la vita di un individuo (l’amore, l’onore, la professione, la considerazione sociale, il denaro, il potere, la salute) è venuto meno Deve fare i conti con l’insorgere di una malattia inguaribile o per lo meno causa di gravi sofferenze Si è macchiato di una grave colpa nei confronti di un’altra persona, del proprio popolo, delle consuetudini vigenti, delle tradizioni, dei valori comunemente accettati Ha perso (morte, tradimento o abbandono) una persona cara, che fungeva da punto di riferimento, supporto e àncora per la sua vita Ha visto venir meno tutto ciò in cui aveva riposto fiducia e speranza: si trattasse di realtà puramente materiali (denaro, potere, professione, prestigio) o ideali (onore, considerazione sociale, ideale politico, valore morale, rapporti interumani) L’individuo non vede più una ragione per vivere Esperienza della problematicità radicale del reale Un evento preciso può diventare occasione per una messa in questione radicale del senso dell’esistere e dell’essere in generale può allargarsi a esperienza della problematicità di tutto ciò che è Perché l’essere piuttosto che il nulla? Conflitto fra l’orizzonte di senso e la realtà effettuale Determinate circostanze (violenza, tortura, prigionia) o condizioni storico-sociali (tirannia, totalitarismo) impediscono all’individuo di perseguire quel valore o quell’ideale che fino ad allora aveva sostanziato la sua vita gli rendono impossibile vivere degnamente e umanamente vorrebbero costringerlo ad abiurare certi valori, a mettere in pericolo persone amate, a tradire le sue convinzioni è il caso di chi si suicida per sfuggire a una violenza, per non tradire i compagni, per salvare un’altra persona, per restare fedele alla patria o al proprio ideale il suicidio come autosacrificio, il suicidio altruistico, oblativo Conservare puramente e semplicemente la vita, a scapito dell’abiura di un valore o del tradimento di un amico, appare indegno e insensato Possibili risposte a una crisi di senso Di fronte a situazioni di crisi di senso, il singolo ha diverse possibilità di risposta: cercare una nuova risposta in una rinnovata assunzione di responsabilità (modificare i dati del problema e adeguare i mezzi allo scopo) rimuovere tali situazioni, ignorandole (rompere i ponti con la realtà e costruirsi una propria realtà) eliminare uno o più elementi della situazione, in modo che cambi nel senso voluto dall’interessato (delitto o crimine) disperare del senso della propria esistenza (tentazione suicidale) Situazione emotiva del suicida Intreccio paradossale e conflittuale tra 1. la situazione insostenibile in cui si è venuto a trovare 2. la volontà disperata di fuga che lo attanaglia 3. il desiderio di un senso diverso (anche se oscuro), di una vita o di un’identità diversa Il suicidio è al contempo: una fuga di fronte a una situazione insostenibile una sorta di bestemmia ontologica (rivolta) una disperata invocazione di senso Valenze del gesto suicidale Anche per l’aspirante-suicida la ricerca di senso (che è una costante antropologica) non viene mai meno Tuttavia per lui soltanto la morte scelta liberamente appare come l’unica possibilità, l’unica scappatoia, l’unica via di salvezza La ricerca del senso si capovolge in volontà di morte, rendendo così impossibile e vana proprio quell’esperienza cui l’aspirante-suicida pur sempre anela (l’esperienza del senso) «L’uomo crede in un senso fintantoché respira. Anche il suicida crede in un senso; e anche se non crede in un senso del vivere o del continuare a vivere, crede almeno nel senso del morire. Se egli non credesse veramente in un senso, se egli non vedesse più alcun senso, non potrebbe muovere neanche un dito e già solo per questo non potrebbe levar la mano su di sé» (V.E. Frankl)