La diffusione
Nel 1150 la gelsibachicoltura era già radicata a Palermo, dopo
aver attraversato il Canale d’Otranto, grazie al primo re
normanno della Sicilia Ruggero II (1130), che l’aveva introdotta
dalla Grecia. Iniziò un costante processo di diffusione, che la
vide svilupparsi soprattutto là dove le condizioni climatiche
erano favorevoli. Un’importante iniziativa in Piemonte fu operata
nel 1476 da Bianca del Monferrato, che ancora giovanissima
promosse la coltivazione dei gelsi e l’allevamento dei bachi
aprendo a Torino un laboratorio per filare e tingere la seta, a
scopo didattico. Attraversando le Alpi Marittime la seta radicò
anche nella Francia meridionale. Con la diffusione dei gelsi
cambiò il paesaggio agricolo, con la produzione della seta si
crearono nuovi scambi e rapporti commerciali, nuove ricchezze.
Nel XIV secolo la gelsibachicoltura era presente anche a
Carignano, e probabilmente costituiva una speranza anche per
chi non era in condizioni di possedere gelsi e ne rubava le foglie:
ciò si può dedurre dalla presenza, negli Statuti del 1474, di
normative specifiche…. “Chi tenerà bigati senza arbori di moroni
pagherà scuto uno per ogni rubo”.
Il settore della seta fiorì tanto che i grandi centri medioevali del
1400, soprattutto Venezia, Genova e Firenze, portarono l’Italia ad
essere la maggiore area produttrice in Europa. A quel tempo
anche Racconigi, che vanta un’antica tradizione, era già un
centro attivo. Il Piemonte si concentrò sulla produzione del filato,
mentre la tessitura era svolta altrove.
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