Laboratorio di lettura
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Testo scelto: I Promessi Sposi

Autore : Alessandro Manzoni

Stesura: 1821/1840

Edizioni:

1
Fermo e Lucia
2
Gli Sposi Promessi
3
I Promessi Sposi

Tempo Storico:
1
Narrato g1600 – occupazione spagnola
2
reale g
1800 – occupazione austriaca

Lettura dell'insegnante, con
argomentazioni, riflessioni e ricerca
Classi interessate: Va e Vb
Ist. Compr. Boccea 590
a. s. 2006 / 2007
Indice
11. Renzo a Milano / L’assalto ai forni
1.
Un po’ di storia
2.
La trama
12. La Monaca di Monza
3.
Quel ramo del lago…
13. Il rapimento di Lucia/ Il voto di Lucia e la crisi…
4.
Questo matrimonio non s’ha da fare
14.
5.
Renzo
15. Il Cardinal Borromeo / l’innominato si pente
6.
Lucia
16. La liberazione di Lucia
7.
Il consiglio di Agnese
17. Milano invasa dalla peste
8.
Padre Cristoforo
18. Cecilia
9.
La notte degli inganni
19. Un tragico resoconto
10. L’Addio ai Monti
la lunga notte dell’innominato
20. Il matrimonio che s’ha da fare…
21. …il sugo della storia!
Un po' di storia
Manzoni nella primavera dell'anno 1821
legge alcuni libri e saggi storici, nei
quali legge una “Grida” del 1600, cioé
un emendamento, con cui venivano
inflitte pene severe a chi impediva la
celebrazione di un matrimonio.
Da qui nasce l'idea della tormentata
vicenda amorosa dei due promessi sposi
Renzo Tramaglino e Lucia Mondella.
Si ispirò poi a storie realmente
accadute, ed ambientò la stessa in un
momento particolare della storia
d'Italia: la dominazione Spagnola…
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Trama
La vicenda, ambientata nel XVIII secolo, periodo in cui l'Italia è dominata dagli Spagnoli, ha
inizio ad Olate, ridente sobborgo della città di Como.
Racconta la storia d'amore di due giovani fidanzati, Renzo e Lucia, che si stanno preparando
con gioia a celebrare il loro matrimonio, quando un imprevisto fa saltare ogni loro progetto.
I due fidanzati sono, così, costretti separarsi e, prima di poter coronare il loro sogno
d'amore, dovranno affrontarne di peripezie e disavventure....
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Quel ramo del lago ...
Alessandro Manzoni inizia il suo romanzo con un introduzione in cui finge di aver copiato la
storia fedelmente da un manoscritto del Seicento...
In un paesotto affacciato sul bellissimo lago di Como, situato su “quel ramo del lago che
volge a mezzogiorno, tra due catene di monti, tutto seni e golfi...”, è ambientata la storia di
Renzo e Lucia, i nostri sposi promessi.
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“Questo matrimonio non s'ha da fare...”
L'avventura inizia una sera del mese di novembre 1628, su una stradina lungo la sponda del
lago di Como, dove don Abbondio, un curato di campagna, fa la sua passeggiata serale.
Mentre cammina i suoi pensieri vengono improvvisamente interrotti dall’apparizione di due
bravi, due brutti tipi al servizio di un signorotto spagnolo molto potente, Don Rodrigo.
Quest'ultimo, invaghito della bella Lucia, ha scomesso con il cugino che riuscirà ad
impossessarsene, così invia i suoi scagnozzi a dar ordine al pavido curato di non celebrare le
nozze.
Don abbondio, “che non era nato con un cuor di leone”, cedette subito.
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Renzo
Lorenzo tramaglino, chiamato da tutti Renzo, era un
uomo di circa vent'anni.
Rimasto orfano nell'adolescenza, era andato a
lavorare alla filanda di seta che gli avevano lasciato
i suoi genitori.
A suo tempo la filanda aveva avuto dei buoni
guadagni, che avevano permesso al giovane di
comperare un podere e vivere onestamente anche
nei periodi in cui la filanda era chiusa.
Per questo Renzo era considerato un giovane agiato,
ma poco istruito e sapeva appena leggere e scrivere.
Da quando aveva conosciuto Lucia, renzo se ne era
innamorato, ed il suo unico pensiero era di mettere
da parte i soldi per sposarla.
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Lucia
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Lucia era una giovane ragazza riservata, timida e di
discreta bellezza.
Cresciuta amorevolmente dalla madre, Agnese, era
rimasta orfana di padfre ben presto.
Lucia viveva tranquilla la sua vita, con poche amiche,
con le quali passava piacevolmente le giornate a
ricamare, ma senza mai parlare troppo di sé.
Dal suo viso trasparivano candore, purezza d'animo,
gioia di vivere... quest'ultimo sentimento soprattutto
da quando aveva conosciuto Renzo.
Lucia aveva i capelli molto lunghi, neri, raccolti ed
intrecciati alla nuca con degli spilloni d'argento che,
disposti come dei raggi, formavano sul suo capo come
una corona.
Devota
alla
Madonna,
Lucia
frequentava
assiduamente la Chiesa.
Il suo confessore, a cui raccontava veramente tutto
di sé, era Padre Cristoforo...
... ma di lui parleremo più in là!
Il consiglio di Agnese: l'Azzeccagarbugli!
Eravamo rimasti ad uno spaventatissimo don Abbondio che, senza remore, assicura la propria
fedeltà al potente Don Rodrigo.
Torna di filato a casa, dove racconta quanto accaduto alla sua Perpetua.
Il giorno dopo imbastisce delle scuse a Renzo per rinviare il matrimonio, approfittando della
sua ignoranza, ma il giovane, parlando con Perpetua, capisce che qualcosa non quadra e tira
fuori di bocca la verità al curato.
Si consulta con Lucia e con la saggia madre di lei, Agnese, e insieme decidono di chiedere
consiglio ad un noto avvocato, l'Azzeccagarbugli, che però si rivela essere un altro servo dei
potenti.
L'avvocato Azzeccagarbugli si mise subito alla ricerca di leggi inerenti il caso di Renzo... aprì
molti grossi libri e tutti davano ragione al giovane: non era possibile impedire un matrimonio con
la prepotenza. Quando, però, il dottore chiese chi fosse l'ostacolo alle
nozze, rimase senza parole e.... cacciò via Renzo urlando che gli aveva
detto un mare di fandonie, tirandogli dietro i capponi che il giovane gli
aveva donato.
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Padre Cristoforo
Padre Cristoforo era una uomo più vicino al sessanta che ai cinquanta.
Aveva, come tutti i frati cappuccini, il capo raso, salvo una piccola corona di capelli che vi girava
intorno; la barba bianca, lunga, che gli ricopriva le guance ed il mento.
Due occhi per lo più chinati a terra, in segno d'umiltà, ma che talvolta sfolgoravano con una
vivacità repentina; come due cavaalli bizarrri condotti a mano da un cocchiere con quale sanno,
per esperienza, che non si può vincerla, pure fanno, di tempo in tempo, qualche sgambetto, che
scontan subito con una buona tirata di morso.
Nella sua giovinezza, prima di diventare frate, egli era stato un ricco ed elegante signore, non
di nobile famiglia, perché figlio di un mercante di stoffe arrichito.
Aveva preso i voti per espiare un delitto commesso.
Il suo vero nome era Ludovico.
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La notte degli inganni
Delusi dall'avvocato Azzeccagarbugli, i nostri giovani innamorati ed Agnese si rivolgono a padre
Cristoforo, cappuccino di un convento poco distante, "padre spirituale" dei tre.
Fra Cristoforo decide di affrontare subito don Rodrigo, e si reca al suo palazzo, dove il prepotente è
a pranzo con degli ospiti: tra questi l'Azzeccagarbugli.
Il signorotto accoglie con malumore il frate, intuendo il motivo della visita, e dapprima lo tratta
villanamente davanti agli ospiti, con allusioni irriguardose al suo passato, poi trattiene a stento l'ira
nel colloquio in privato che fra Cristoforo gli ha chiesto. Il frate tenta di farlo recedere dal suo
proposito, ma viene cacciato via.
Nell'attesa del ritorno del Padre, Agnese propone ai due promessi un matrimonio a sorpresa,
pronunciando davanti al curato le frasi rituali alla presenza di due testimoni.
Con molte riserve, Lucia deve accettare il piano quando fra Cristoforo annuncia il fallimento del suo
tentativo.
Intanto don Rodrigo medita il rapimento di Lucia, ma quando i bravi irrompono in casa sua, la trovano
deserta: Lucia, Agnese e Renzo sono a casa di don Abbondio per tentare di sorprenderlo, ma
falliscono, e devono riparare al convento di fra Cristoforo, perché frattanto vengono a sapere del
tentato rapimento.
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Tra i tre in fuga, s'inserisce l'agitazione del paese che, svegliato, non riesce a capire che cosa stia succedendo.
Giungono al convento dove trovano già organizzata da padre Cristoforo la loro fuga dal paese, e s'imbarcano, in
piena notte, attraversando il lago.
Questo è l'ultimo struggente saluto di Lucia alla sua vecchia vita, ai suoi sogni, alla terra di Lecco tanto amata:
Addio, monti sorgenti dalle acque, ed elevati al cielo;
cime ineguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno
che lo sia l'aspetta de' suoi più familiari....
quanto è triste il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana!
Addio casa natia... Addio casa ancora straniera...
Addio chiesa....
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Addio!
La fuga
Fra' Cristoforo manda i tre a Monza.
Renzo proseguirà per Milano, Lucia e
Agnese troveranno rifugio in un convento,
dove spadroneggia una abbadessa molto
particolare, detta da tutti la Signora.
Renzo a Milano: l'assalto ai forni
Renzo arrivò a Milano che si trovò di fronte una
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sommossa:i milanesi avevano preso d’assalto i
forni perché pensavano che la colpa della
mancanza del pane era dei fornai che non davano
il pane per fare aumentare i prezzi. Renzo si
trovò coinvolto nella rivolta e fu scambiato per un
traditore ( aiutante del vicario travestito da
contadino ) per fortuna arrivò nella piazza Ferrer
che era il vice governatore spagnolo di Milano il
quale promise che avrebbe sistemato le cose e
con la scusa di portare il vicario in prigione lo
salvò.
La Monaca di Monza
Mentre Renzo era a Milano Lucia si trovava
al monastero di Monza dove c’era una suora
chiamata Gertrude che era stata costretta
a farsi suora da suo padre.
Lei non aveva una vera vocazione religiosa,
ma sognava di avere una famiglia tutta sua.
Suo padre, però, la fece crescere in un
convento da dove non
uscì mai più!
Gertrude non ebbe mai pace: desiderio di
vendetta, rabbia, rancore e cattiveria
inquietarono per sempre l’animo della
“signora”, fino a farle dimenticare quella
che dovrebbe essere la missione di una
religiosa.
Commise molte azioni non degne della sua
veste, ma ebbe a pentirsene, per Grazia di
Dio, anche prima che a punirla fosse la
legge della Chiesa terrena.
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Intanto mentre, Lucia e Agnese
stavano nel monastero di Monza,
Don Rodrigo dava ordini ai suoi…
Il rapimento di Lucia
…di rapire Lucia!
Per realizzare il suo piano si recò a chiedere aiuto ad un altro signorotto, più potente e senza
scrupoli di Lui.
L’Innominato era un uomo temuto da tutti, che aveva fondato il suo potere sul delitto, sulla forza e
sulla prepotenza.
Il castello dell’innominato era definito l’officina dei mandati sanguinari.
Costui fa rapire Lucia da Egidio, con la complicità della Signora, sua amante, e la fa condurre al suo
castello.
Il voto di Lucia e la crisi dell’innominato
Ed è proprio qui che avviene il miracolo della conversione del crudele e temuto Innominato.
Egli già da qualche tempo non era molto contento del suo stile di vita, ma quella notte le lacrime e la
sofferenza della giovane promessa toccheranno il suo cuore, aprendo definitivamente la strada alla
sua conversione.
Infatti, Lucia disperata e piangendo lo implora di liberarla, ma Lui rimanda la decisione al giorno
dopo.
Così Lucia, rimasta sola, seduta in terra e con le mani giunte, prega la madonna di liberarla dalle
grinfie di quel tremendo carnefice. La giovane giura che in cambio della sua libertà avrebbe
sacrificato la sua vita ed il suo amore, si sarebbe consacrata al Signore.
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La lunga notte al castello dell’innominato
La crisi che da lungo tempo aveva pervaso l’animo di questo spietato Signorotto, dovuta
alla gran varietà di tremendi crimini che aveva perpetrato sul prossimo, prende piede, ed
in poche ore lo conduce al crollo.
E per la prima volta l’Innominato provò il dolore della compassione, per una giovane che,
pur di conservare la sua purezza, aveva sacrificato il suo sogno d’amore.
Andato a letto, il potente non riuscì a prendere sonno e trascorse la notte a pensare e
ripensare al suo passato, alle sue azioni crudeli e sanguinarie, e provò orrore e ribrezzo
per le scene che gli si presentavano davanti.
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Il Cardinal Borromeo
All’alba all’innominato arrivò la
notizia della visita al paese del
Cardinal Federico Borromeo, persona
proba, onesta e da tutti riverita per
la sua saggezza.
Decise così di andare a trovarlo per
avere da Lui una soluzione che
potesse dar pace al suo cuore
tormentato.
L’innominato rimase sbalordito nel
vedere con quanta umiltà l’uomo, un
eminenza della Chiesa, da ogni parte
riverito, si rivolgeva ad misero
peccatore, quale egli si sentiva.
Ma proprio nell’Innominato, uomo
privo di scrupoli e timor di Dio, il
Cardinale
vedeva
la
pecorella
smarrita che Dio raccomanda ad ogni
uomo a Lui consacrato.
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L’Innominato si pente
Dopo una lunga, drammatica
confessione, l’Innominato
scoppiò a piangere e chiese
perdono a Dio per tutti i peccati
commessi.
Dopo essersi calmato decise che
avrebbe liberato Lucia.
Per compiere questa operazione
chiamò a sé quel cuor di leone di
Don Abbondio ed una donnina
del paese.
Con quale stato d’animo Don
abbondio eseguì l’ordine è facile
capirlo….
La liberazione di Lucia
A cavallo di una mula, il nostro curato, dopo mille
disavventure,
finalmente
giunge
al
castello
dell’Innominato.
Qui prelevò Lucia e la conddusse a casa della buona
donna che lo aveva accompagnato, in attesa dell’arrivo di
Agnese.
Nel frattempo, Don Abbondio fu chiamato alla resa dei
conti dal Cardinale, perché non aveva avuto il coraggio di
celebrare il matrimonio, dando origine a tante
disavventure.
Il Cardinale gli riocrdò i doveri del suo ministero: amore
per il prossimo, lotta contro le ingiustizie, fiducia
estrema nell’intervento e nel disegno Divino…
… ma Don Abbondio da un orecchio sentiva e dall’altro no!
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Milano invasa dalla peste
Mentre Don Abbondio litiga con Perpetua, in terra di Lombardia scoppiava la peste, portata
dall’esercito invasore dei Lanzichenecchi.
Migliaia di persone persero la vita e le autorità non erano in grado di far nulla per intervenire
fermare il diffondersi della malattia, che si diffuse rapidamente.
A scene di disperzione si alternavano episodi di crudeltà e sciacallaggio; ma si registrò anche
l’opera benefica dei frati cappuccini, i quali si dedicarono ad alleviare le sofferenze dei malati.
Lazzaretto
Luogo, fuori dal centro abitato, in cui
venivano portati gli ammalat di peste, ed
in cui venivano briciati i cadaveri dei
deceduti, per evitare ulteriori contagi.
Lanzichenecchi
Esercito mercenario, cioè assoldato,
tedesco, che invase l’Italia nel periodo
in cui si svolge la storia.
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La peste
Terribile malattia che provoca febbri
fortissime e la comparsa di grossi
bubboni neri.
Bubboni
Infiammazione di un linfonodo che causa
putrescenze, incurabile nel XVII secolo.
I Monatti
Persone che erano guarite dalla terribile
malattia e per questo erano impiegate
nel trasporto di ammalati e cadaveri.
Cecilia
Anche Renzo ebbe la peste, ma per fortuna riuscì a guarire.
Approfittò della confusione che la peste aveva portato per tornare a Milano e cercare la sua amata.
Qui il ragazzo si trovò di fronte uno scenario sconvolgente ed assistette a scene strazianti:
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Scendeva dalla soglia di uno di
quegli usci una donna….
La
sua
andatura
era
affaticata, ma costante…
Portava al collo una bambina di
forse nove anni, tutta ben
vestita, coi capelli ordinati sul
viso come se fosse pronta
andare ad una festa, invece
era morta.
Posata la figlia tra gli altri
morti, dopo averle dato un
ultimo bacio, la donna disse al
monatto di ripassare verso
sera, per prendere anche lei e
l’altra figlia moribonda.
Un tragico resoconto
Di peste si ammalarono Renzo, che ne guarì, e don Rodrigo, che venne invece tradito
in punto di morte dal “fedele” Griso, il capo dei suoi bravi, anche lui morto dopo
poco.
Renzo, guarito, torna al paese per cercare Lucia, preoccupato dagli accenni fatti da
lei per lettera a un suo voto di castità fatto quando era dall'Innominato…, ma non la
trova, e viene indirizzato a Milano, dove apprende che si trova nel lazzaretto, il
luogo dove venivano isolati gli appestati.
Qui ritrova anche padre Cristoforo, che scioglie il voto di Lucia, ed un morente don
Rodrigo.
La peste, una della maggiori piaghe dell'umanità, viene descritta in maniera
scrupolosa e nei minimi particolari dal Manzoni, che la definisce:
«…Come il fiore già rigoglioso sullo stelo
cade insieme col fiorellino ancora in boccio,
al passar della falce che pareggia tutte l'erbe del prato.»
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Il matrimonio che s’ha da fare!
Uscito dal lazzaretto Renzo fu sorpreso da un temporale, quello liberatore che porterà via la
peste.
Vide Agnese, e con lei fece ritorno a Bergamo, dal cugino, per cercarsi una casa; poi di nuovo al
paesello, dove ad attenderlo trovò Lucia che, guarita dalla peste e trascorsa la quarantena, era
finalmente libera.
Don Abbondio, saputo della morte di don Rodrigo, si decise finalmente a celebrare il matrimonio
tanto agognato.
Signore locale era ora un erede del capriccioso don Rodrigo, un marchese, «bravissim'uomo» che
venuto a conoscenza della storia dei promessi sposi, volle acquistare ad alto prezzo le loro
casette, così da permettere loro di cominciare una nuova vita con un gruzzoletto niente male.
Renzo, con le sue donne, si trasferì a Bergamo, dove la famiglia e gli affari prosperarono.
E dopo poco tempo furono benedetti dall’arrivo di una figlia, che chiamarono Maria, in onore
della sacra Vergine.
Poi tanti altri ne arrivarono e rendere gioioso il loro focolare.
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...il sugo della storia!
Il romanzo termina con la celebre morale messa in bocca a Lucia:
«...lo non sono andata a cercare i guai: sono loro che sono venuti a cercar me...
i guai vengono bensì spesso perché ci si è dato cagione;
ma la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani...».
Quindi non con l’idillio del vissero felici e contenti, perché Renzo e Lucia da tutto questo
avevano imparato che il male a volte arriva, anche se non lo si è provocato, ma è compito
nostro attivarsi per sconfiggerlo, confidando nella provvidenza, nell’aiuto del Signore.
La provvidenza altro non è che la forza che l’uomo matura attraverso le sofferenze e le
sventure con l’aiuto del Signore.
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promessi sposi