Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica Sezione di Psichiatria e Psicologia Clinica U.O. di Psicosomatica e Psicologia Clinica Università degli Studi di Verona Corso di Psicoterapia cognitivocomportamentale Claudia Goss E-mail: [email protected] A.A. 2011-2012 Le competenze professionali del tecnico di riabilitazione psichiatrica Competenze tecniche Operative Comunicative relazionali Fattori personali •Motivazioni •Attitudini Conoscenze scientifiche Comunicative Psicologiche relazionali Per essere dei bravi riabilitatori occorre… • Qualità personali – – – – – – – – – – motivazioni Sincerità e schiettezza verso il paziente Atteggiamento rilassato, accogliente, non giudicante Interesse e solidarietà verso il paziente Comprensione e disposizione a vedere i problemi dal punto di vista del paziente Empatia, accettazione Buon adattamento, alta tolleranza alla frustrazione Fiducia in se stessi Non farsi coinvolgere troppo Senso di responsabilità • Capacità professionali – Conoscenze teoriche (es. formulare ipotesi di lavoro) – Competenze tecniche (es. formulare un piano strategico, utilizzare delle strategie) – Competenze relazionali e comunicative (es. raccogliere informazioni, gestire le emozioni) – Automoniotoraggio e supervisione Le funzioni terapeutiche del tecnico di riabilitazione psichiatrica • Accogliere e mettere a proprio agio il paziente • Creare un clima di fiducia e collaborazione • Gestire eventuali emozioni del paziente • Motivare ed educare alla salute • Riabilitare funzionamento (es. abilità sociali, relazionali) • Individuazione dei bisogni di salute (individuo e collettività) • Prevenzione Le competenze comunicative e relazionali tecnico di riabilitazione psichiatrica • Saper raccogliere le informazioni utili dal paziente • Saper instaurare una relazione di collaborazione e fiducia • Saper informare correttamente il paziente • Motivare il paziente • Saper ascoltare e gestire eventuali reazioni emotive del paziente • Capacità di identificare un problema o un disagio emotivo • Capacità di comunicare e collaborare con altre figure professionali Obiettivi del corso • Far apprendere alcune nozioni teoriche di base rispetto alle principali tecniche cognitivocomportamentali • Far apprendere alcune possibili applicazioni pratiche delle tecniche cognitivo- comportamentali nel campo della riabilitazione psichiatrica ADULT LEARNING Un gruppo di adulti è motivato ad apprendere se ciò che si impara è: • rilevante rispetto alla propria situazione presente • pratico e non solo teorico • centrato su problemi realmente vissuti e non sui singoli partecipanti • costruito in base alle esperienze dei partecipanti • diretto verso i bisogni sentiti dai partecipanti; • pianificato in base ad obiettivi emersi da una discussione plenaria; • concreto e coinvolgente (in modo attivo); • basato sui ritmi dei partecipanti; • pianificato in modo che permetta una relazione paritaria con i docenti. Struttura del corso 1° LEZIONE: introduzione e presentazione delle lezioni, i diversi approcci psicoterapeutici, l’efficacia delle psicoterapie. Principi di base della Terapia cognitivo comportamentale 2° LEZIONE: La terapia cognitivo comportamentale dei disturbi d’ansia e della depressione. Il modello ABC. Esercitazioni sul modello ABC 3° LEZIONE: la terapia cognitivo comportamentale nei disturbi di personalità. L’importanza della relazione terapeutica. Le funzioni metacognitve e i cicli interpersonali 4° LEZIONE: la terapia cognitivo comportamentale nella schizofrenia. Principali tecniche d’intervento individuali e di gruppo (es. social skills training). 5° LEZIONE: La gestione delle proprie emozione e nel lavoro di supervisione tra pari. Come presentare un caso clinico ed organizzare le strategie d’intervento nel lavoro d’equipe. La gestione dei conflitti in ambito lavorativo. Struttura del corso (2) Testi consigliati: Semerari. Storia, teorie e tecniche della psicoterapia cognitiva. Laterza,2000 Bara B.G. (a cura di): Manuale di Psicoterapia Cognitiva. Boringhieri, Torino, 2005. Ellis A.: L’Autoterapia Razionale Emotiva. Edizioni Erickson, Trento, 2002. Cionini L. Psicoterapie:modelli a confronto. Carocci,1998 Orario di ricevimento: Al termine delle lezioni e oppure martedì dalle 14.00 alle 15.00 (preferibilmente avvisando prima) presso l’U.O Psicosomatica e Psicologia clinica Riferimenti 045 812 4441/ 6414 FAX 045 8027498 e-mail: [email protected] Struttura del corso (3) Modalità d’esame: Esame scritto: descrizione di un caso clinico (da inviare via mail, almeno due settimane prima della data dell’orale) Colloquio orale: discussione del caso clinico Elementi rilevanti per strutturare un intervento • Informazioni personali e condizioni attuali di vita del paziente • Anamnesi familiare ed individuale con particolare riferimento agli elementi rilevanti nella patogenesi della sofferenza (selezione degli elementi biografici sulla base della loro rilevanza e funzione nella spiegazione della situazione attuale. Descrizione delle vicende che possono aver condotto quella persona a funzionare nel modo attuale e leggi psicologiche di funzionamento coinvolte) • Invio e contesto della terapia/riabilitazione • Definizione del problema secondo il paziente: sintomatologia, descrizione di Sé, cosa si aspetta il paziente dalla terapia/riabilitazione • Definizione del problema secondo il tecnico della riabilitazione: come si genera sofferenza nel paziente e perché non si riesce ad uscirne, il funzionamento del paziente. In un’ottica cognitivo-comportamentale • Ipotesi diagnostiche • Storia degli eventuali precedenti trattamenti terapeutici e terapia farmacologia in atto Presentazione del caso clinico per l’esame 1. Descrizione del paziente (vedi diapo precedente) 2. Descrizione dell’intervento • Scopi concordati nel contratto iniziale con il paziente o discussi con il gruppo di lavoro che indirizzano l’operare del tecnico della riabilitazione per interrompere la genesi ed il mantenimento della sofferenza e/o migliorare il funzionamento del paziente • Le strategie d’intervento decise (specificare se l’intervento è individuale o di gruppo), i motivi, i ragionamenti che hanno portato a scegliere tali strategie, il razionale teorico (come mai possono essere utili con quel paziente e con quel problema) • Le tecniche utilizzate per attuare le strategie d’intervento • Andamento del disturbo e dell’ intervento: ostacoli, fallimenti, scoperte, cambiamenti di rotta, e riformulazioni della strategia (soffermare l’attenzione su eventuali cambiamenti di strategia nel corso della terapia/riabilitazione: come mai si sono resi necessari? Come ci si è accorti di questa necessità?) • Eventuali osservazioni sullo stile del paziente nella relazione terapeutica • Risultati raggiunti (pienamente, parzialmente o per nulla) e relativi indicatori • Autovalutazione critica del tecnico della riabilitazione Struttura del corso Modalità d’esame: Esame scritto: descrizione di un caso clinico (da inviare via mail, prima della data dell’orale) Voto: fino a 25/30 per l’inquadramento del paziente Dal 25 in su se nelle descrizione si aggiungono aspetti peculiari dell’approccio cognitivocomportamentale Colloquio orale: discussione del caso clinico Le figure professionali in Psichiatria • • • • • • • Psichiatra (medici in formazione) Psicologo (tirocinanti) Psicoterapeuta (tirocinanti) Infermiere professionale (tirocinanti) Assistente sociale (tirocinanti) Educatore (tirocinanti) Volontari Come organizzare e strutture un intervento (1) • Fare una valutazione del problema e dei bisogni (assessment) – Quali sono gli aspetti su cui si vuole lavorare?quali le abilità da rinforzare? – Lavoro individuale (raccolta info, concordare gli scopi) – Lavoro in equipe (presentazione del caso) – Gli strumenti (utili per fare la valutazione iniziale e le successive durante o a fine intervento) Come organizzare e strutture un intervento (2) • Stabilire gli obiettivi (con il paziente e in equipe) – dove vogliamo arrivare? • Identificare le strategie – Quali sono gli strumenti per raggiungere gli obiettivi ? Come organizzare e strutture un intervento (3) • Organizzare l’intervento – – – – – Individuale di gruppo durata numero di incontri operatori coinvolti • Rivalutazione periodica dell’andamento dell’intervento (eventuali strumenti) • Supervisione e revisione in equipe Programma della seconda parte della lezione • I diversi approcci psicoterapeutici. L’efficacia delle psicoterapie • Le basi della terapia cognitivocomportamentale. Teorie e tecniche. • Il colloquio clinico Che cos’è la psicoterapia (1) Definizione: dal greco “cura dell’anima” Trattamento sistematico dei disturbi psichici che può avvalersi di procedimenti diversi, ma si fonda essenzialmente sul dialogo e sull'interazione verbale tra paziente e terapeuta Che cos’è la psicoterapia (2) • Un intervento psicologico finalizzato a migliorare la condizioni emotive e le capacità di adattamento, ad alleviare stati di disagio e sofferenza, a ridurre e/o eliminare sintomi o disturbi psicologici Che cos’è la psicoterapia (3) • Un intervento professionale rivolto ad un individuo, una coppia, un nucleo familiare, un gruppo di persone, finalizzato a raggiungere un cambiamento nel loro funzionamento mentale che risulta fonte di sofferenza e di disadattamento, utilizzando una particolare tecnica psicologica che viene impiegata secondo precise modalità e in base ad una determinata concezione teorica, la quale definisce gli obiettivi che si vogliono raggiungere e li collega alle strategie utilizzate per ottenerli, mediante principi esplicativi sul perché l’intervento viene eseguito, perché viene eseguito in quella maniera, e sul perché dovrebbero verificarsi i risultati attesi Caratteristiche comuni e prerequisiti dei diversi tipi di psicoterapia (Frank, 1961) 1. una relazione interpersonale fra paziente e terapeuta e una alleanza a esclusivo beneficio del paziente 2. un luogo specifico e sicuro (setting) all’interno del quale si svolge questa relazione 3. offerta di nuove prospettive e punti di vista per dare senso a sensazioni confuse e indefinite 4. un insieme di tecniche e procedure che specificano e qualificano il modo di operare del terapeuta Finalità dell’intervento psicoterapeutico • Far fronte ad una situazione di difficoltà psicologica (es. lutto) o ad una situazione psicopatologica (es. attacco di panico) • Prevenire le possibili ricadute • Promuovere la crescita personale mediante il cambiamento di aspetti strutturali della persona Fattori di cambiamento delle psicoterapie • Interventi verbali: aiutano il paziente a comprendere ed elaborare le sue esperienze (es. riformulazioni, collegamenti, interpretazioni, riorganizzazioni, suggerimenti) • Relazione terapeutica: costruzione di un clima positivo, funzionale e collaborativo La psicoterapia è efficace? Eysenk 1952: inizia il dibattito scientifico (remissioni spontanee) • Problemi metodologici di non facile soluzione (es. valutare lo stato iniziale, valutare il processo, definire la tecnica, valutare l’esito) La psicoterapia può essere utile, inutile o dannosa a seconda di molteplici variabili: •il tipo di psicoterapia •il tipo di patologia •le caratteristiche del paziente I diversi approcci psicoterapeutici • Psicoanalisi • Psicoterapie psicodinamiche • Le terapie umanistiche • La terapia sistemica • Psicoterapia cognitivo comportamentale La psicoanalisi Freud: alla fine dell’ottocento per curare i disturbi nevrotici Obiettivo: ripercorrere la storia personale facendo emergere ed elaborando le rappresentazioni inconsce che dominano la vita del soggetto Teoria: la vita psichica si svolge prevalentemente al di fuori della consapevolezza e del controllo del soggetto, in forma inconscia. Il disagio nasce da un conflitto inconscio al quale il paziente risponde con le difese Modalità: interpretazione di libere associazioni, sogni, lapsus, sintomi etc. Lavoro molto impegnativo, in genere 2-4 sedute la settimana per 4-5 anni (rapporto intenso e prolungato con l’analista transfert) Le psicoterapie psicodinamiche • Continuum tra le psicoterapie orientate analiticamente e le psicoterapie psicodinamiche • Scuole psicodinamiche: 1911 Adler: psicologia individuale 1913 Jung: psicologia analitica anni ’30 Reich: psicoterapia corporea 1933 Burrow: psicoterapia di gruppo ( psicoterapia in gruppo) 1950 Lacan: psicanalisi anni ’60 Berne: analisi transazionale oggi Klerman e Weissman: terapia interpersonale • Scuole psicodinamiche sviluppatesi dallo studio dell’età evolutiva: A. Freud psicologi dell’IO (Erikson, Rapaport, Hartmann) M. Klein Gioco nel bambino (=linguaggio nell’adulto) Winnicott concetto di Sé (Kernberg, Stern) Bowlby teoria dell’attaccamento Le psicoterapie umanistiche Gruppo eterogeneo di forme di psicoterapia che hanno in comune un approccio umanistico. Obiettivo: è raggiungere “l’autenticità” e favorire l’espressione delle potenzialità insite nella persona Teoria: condizione di “autenticità” dell’essere umano Prospettiva esistenzialista (Kierkegaard, Heidegger, Jaspers, Sartre) • condizione umana contraddistinta da una fondamentale “angoscia esistenziale”; compito del terapeuta è offrire sostegno, comprensione, empatia, aiutare la persona ad essere “autentica” La terapia centrata sul cliente di Carl Rogers • Ottimismo e fede nella bontà intrinseca degli esseri umani; “realizzazione di sé” : tendenza innata degli esseri umani a sviluppare tutte le proprie capacità in modo da mantenersi e migliorarsi La terapia della Gestalt (Perls, 1969) • Concezione ottimistica della natura umana; viene stimolata la creatività e l’apertura all’esperienza attraverso tecniche che facilitino la crescita e la consapevolezza Modalità: predilezione per setting gruppali. Terapeuta come facilitatore La terapia familiare sistemica Studia ciò che avviene tra le persone e non le caratteristiche delle singole persone, grande importanza al processo della comunicazione Obiettivo: perturbare l’omeostasi familiare, favorire un cambiamento e un riequilibrio più adattivo Teoria La famiglia coma sistema che tende a mantenere un equilibrio Psicopatologia non del singolo, ma come risultante di un sistema disfunzionale Modalità: sedute familiari con lo specchio (4 terapeuti) La terapia cognitivo- comportamentale (1) Prima nasce il comportamentismo, poi con la maggiore attenzione agli aspetti cognitivi, si crea la terapia cognitivo-comportamentale che combina teorie e tecniche provenienti dalla psicoterapia comportamentale e cognitiva Comportamentismo • condizionamento classico (Pavlov) • condizionamento operante (Skinner) • teoria dell’apprendimento sociale (Bandura) • Lavori di Wolpe, Eysenk, Lazarus (desensibilizzazione sistematica, esposizione) Terapia cognitiva • R.E.T (A.Ellis) • Terapia cognitiva di Beck La terapia comportamentale La terapia comportamentale è un tentativo di modificare comportamenti, pensieri e sentimenti patologici, applicando in un contesto clinico i metodi usati e le scoperte compiute dagli psicologi sperimentali negli studi sul comportamento normale e patologico. Nell’approccio comportamentale l’accento è posto sulla manipolazione diretta del comportamento manifesto e occasionalmente del comportamento non manifesto La terapia comportamentale aiuta a modificare la relazione fra le situazioni che creano difficoltà e le abituali reazioni emotive e comportamentali che la persona ha in tali circostanze, mediante l’apprendimento di nuove modalità di reazione. Aiuta inoltre a rilassare mente e corpo, così da sentirsi meglio e poter riflettere e prendere decisioni in maniera più lucida. Il modello ABC Comportamentale A Antecedenti Eventi attivanti B Comportamento C Conseguenze Parlare il pubblico Me ne vado Si riduce l’ansia Il mio capo mi rimprovera Vado in bagno e piango I miei colleghi mi accudiscono Mi vergogno Collocazione storica Con l’introduzione degli aspetti cognitivi si passa: dal determinismo (comportamentismo e psicoanalisi) al costruttivismo: l’individuo è costruttore attivo: crea il proprio sapere e la sua rappresentazione del mondo Si passa da un modello S S O R R ad uno La terapia cognitivo-comportamentale (2) Maggiore attenzione ai processi cognitivi ed emotivi • Uomo come sistema conoscente, attivo elaboratore di dati, generatore di significati e conoscenze. Costruisce modelli di sé e del mondo che determinano la qualità di ciò che percepisce e gli permettono di formulare ipotesi e aspettative. • L’individuo come scienziato L’attività dell’individuo che agisce o pensa è sempre diretta, corrispondente o dipendente dalla teoria di sé e del mondo che lui stesso si è costruito. Esistono un insieme di convinzioni disposte in modo gerarchico tra di loro che, articolandosi attraverso il dialogo interno, giungono a controllare le emozioni e i comportamenti corrispondenti La psicoterapia cognitiva Lo psicoterapeuta pone al centro dell’attenzione i processi e le strutture della conoscenza di sé-con-l’altro Emozioni Condotte Processi Cognitivi Motivazioni Storia La terapia cognitiva • Una possibile causa della sofferenza emotiva e dei comportamenti dannosi viene individuata nella persistenza in noi di pensieri irrazionali e distorti. È possibile ridurre il disagio emotivo modificando il proprio modo di pensare. • La terapia tende a modificare le convinzioni irrazionali distorte che sono alla base del disagio,assumendo che tale modifica porterà al cambiamento dell’emozione e del comportamento disadattativo corrispondente La terapia cognitiva • La psicoterapia cognitiva aiuta ad individuare certi pensieri ricorrenti, certi schemi fissi di ragionamento e di interpretazione della realtà, che sono concomitanti alle forti e persistenti emozioni negative che vengono percepite come sintomi e ne sono la causa, a correggerli, ad arricchirli, ad integrarli con altri pensieri più oggettivi, o comunque più funzionali al benessere della persona. Il rapporto tra cognizione ed emozione Teoria socio-costruttivista stimoli Attivaz. NV Processi cognitivi EMOZIONI Teoria psicobiologica Segnali esterni Processi cognitivi EMOZIONI Attivaz. NV Il modello ABC Cognitivo (Ellis 1962) Pensieri Emozioni Il modello ABC Cognitivo A Evento attivante Parlare in pubblico Ho ricevuto un rimprovero dl mio superiore Ho ricevuto un rimprovero dal mio superiore B Pensieri Farò una brutta figura Penseranno che sono stupido Non so che dire C Conseguenze Emozioni (0-10) Comportamenti Aspetti biologici/neuroveg. Ansia (8) Mi sudano le mani balbetto, me ne vado Tristezza (6) Rabbia (5) Il modello ABC Cognitivo A Evento attivante B Pensieri C Conseguenze Emozioni (0-10) Comportamenti Aspetti biologici/neuroveg. Parlare in pubblico Farò una brutta figura Penseranno che sono stupido Non so che dire Ansia (8) Mi sudano le mani balbetto, me ne vado Ho ricevuto un rimprovero dl mio superiore Non ne combino una giusta Ho sbagliato tutto Sono un fallito Tristezza (6) Ho ricevuto un rimprovero dal mio superiore Ma come si permette Non è giusto Non è colpa mia Rabbia (5) La terapia cognitiva • Terapia razionale-emotiva (Ellis) Gli schemi cognitivi: - definiscono cosa è possibile attendersi in ciascuna situazione - guidano la percezione e la previsione degli eventi - consentono di interpretare le informazioni provenienti dall’ambiente e agire di conseguenza • Terapia cognitiva standard (TCS): Beck Evoluzioni • Psicoterapia costruttivista (Kelly, Mancini, Semerari) Il costruttivismo: riferimenti filosofici (Khun Popper, Lakatos), lavori di Bowlby, Piaget, Mahoney e della ricerca sperimentale – Psicoterapia post-razionalista (Guidano): ogni individuo è considerato come l’espressione di un processo di auto-organizzazione attraverso cui struttura un senso di consistenza e di continuità personale nel tempo. Ogni individuo è portatore di un significato che gli permette di riconoscere e riferirsi ogni esperienza immediata di sé e del mondo – Psicoterapia cognitivo-evoluzionista (Liotti): riferimenti a Darwin, etologia • Terapia dialettico-comportamentale (TDC) M. Linehan • • • • Schema Therapy: Young Mindfulness: Kabat-Zinn;Teasdale Acceptance and commitment therapy: Hayes Compassion Focused Therapy: Gilbert Ciò che lega i vari approcci è la comune enfasi sulle strutture di significato e sui processi di elaborazione dell’informazione. Il Cognitivismo Italiano R.E.T: De Silvestri, Baldini Terzo centro Roma: terapia dei disturbi di personalità (Semerari, Carcione, Nicolò,DiMaggio Procacci) Liotti: teorie dell’attaccamento, evoluzionismo. Sistemi motivazionali interpersonali. Disturbi dissociativi e di personalità Mancini, Castelfranchi: costruttivismo,scopistica Sassaroli, Lorenzini: teoria dei costrutti, attaccamento Dettore: AIAMC Guidano, Reda: teoria del sé, strutturalismo Alcuni siti italiani • Società Italiana di Terapia Cognitivo Comportamentale (SITCC) www.sitcc.it • Associazione Italiana Analisi del Comportamento (AIAMC) www.aiamc.it • Associazione di Psicologia Cognitiva www.apc.it • http://www.istitutobeck.it • RET www.retitaly.com La psicologia dei costrutti personali • La realtà oggettiva non esiste, ma è costruita • I costrutti sono elementi di base del sistema conoscitivo, elementi a struttura dicotomica bipolare che permettono di considerare alcuni eventi simili fra loro discriminandoli da altri, che consentono di categorizzare le somiglianze e le differenze e di costruire anticipazioni • La polarità non è logica, ma psicologica La terapia cognitiva standard Ellis e Beck indagano sistematicamente le rappresentazioni coscienti o pre-conscie che precedono, accompagnano e seguono immediatamente uno stato emotivo problematico • Pensieri automatici: flusso di pensieri che diventa consapevole solo con uno sforzo di attenzione. Esprimono una modalità costante di attribuzione di significato agli eventi, caratteristica della persona che li produce (concetti verbali o immagini) • Schema cognitivo: regole di inferenza e di strutture di significati stabili che sottendono i processi di pensiero e l’attività immaginativa. Attraverso tali schemi è possibile vagliare, differenziare e codificare l’informazione. Questi schemi producono i pensieri automatici. Lo schema è una struttura che genera rappresentazioni. Gli schemi informano sullo stato dl mondo rispetto agli scopi e contengono una componente affettiva, una disposizione all’azione e guidano la regolazione dl comportamento. Dal punto di vista terapeutico schemi importanti sono quelli che riguardano la conoscenza di sé (self) e la conoscenza di sé in relazione all’altro (interpersonali) • Schemi disfunzionali: distorcono la realtà, provocano sofferenza, conducono ad interpretazioni pervasive e scarsamente differenziate degli eventi. • Convinzioni: affermazioni incondizionate sul sé e sul mondo (es. sono un debole) • Assunzioni: connessioni tra gli eventi esterni e le opinioni dell’individuo (es se mi faccio vedere ansioso le altre persone penseranno che sono un debole) Terapia cognitiva standard Caratteristiche I disturbi psicologici sono costituiti dalla presenza di un insieme di schemi o modelli cognitivi disfunzionali che regolano in modo patogeno l’elaborazione delle informazioni. La terapia mira alla correzione di tali schemi I modelli o schemi si esprimono attraverso i pensieri automatici e l’immaginazione cosciente. La terapia mira ad aumentare la consapevolezza dei propri pensieri e dei significati personali con cui l’individuo organizza le proprie esperienze di sé e del mondo. Gli schemi si esprimono sottoforma di credenze e convinzioni, come tali vengono sottoposti ad analisi logica e verifica empirica. La terapia considera tali credenze come ipotesi da sottoporre a verifica con lo scopo di correggere e ridurre la pervasività e l’assolutismo delle credenze negativa. (N.B Non punta all’ottimismo!) Alcune distorsioni cognitive • Lettura del pensiero (mi crede uno stupido) • Eccessiva generalizzazione (sono proprio una persona sfortunata) • Pensiero tutto o nulla (se non va bene quest’esame non mi specializzerò mai) • Astrazione selettiva (ho sbagliato tutto) • Svalutazione (sono tutti capaci di farlo) • Pensiero binoculare (ci sono riuscito ma potevo farlo meglio) • Catastrofizzazione (mi andrà male) • Personalizzazione (è tutta colpa mia) • Ragionamento emotivo (lo sentivo che le cose sarebbero andate male) • Doverizzazioni (dovevo impegnarmi di più) Terapia cognitivo-comportamentale • Esempio http://www.istitutobeck.it/Clinica/TCC.asp Terapia cognitivo-comportamentale Esempio: il caso di Marco http://www.istitutobeck.it/Clinica/TCC.asp Marco è un giovane impiegato, assunto da poco in una grande azienda. È molto scrupoloso, tanto da fare ogni sera tardi in ufficio per svolgere il suo lavoro in maniera perfetta. Finalmente la sua fidanzata lo convince a prendersi un giorno di vacanza e a passare il fine settimana fuori città. Il venerdì pomeriggio, mentre è in viaggio, riceve una chiamata dall’ufficio. Ci deve essere qualcosa che non va, devo aver fatto un errore, pensa Marco. A chiamare è un suo collega che sta cercando un file. Purtroppo la batteria del cellulare è quasi scarica e Marco non riesce a portare a termine la conversazione. Immediatamente comincia a sentirsi agitato. Dove posso aver messo il file? Perché non riescono a trovarlo? Sicuramente l’ho messo in una cartella sbagliata. E se per errore l’avessi cancellato? Sono troppo sbadato. Non sarò mai un buon impiegato. Marco comincia a preoccuparsi di quello che stanno dicendo di lui in ufficio. Penseranno che sono un impiegato impreciso, che di me non ci si può fidare. Il cuore comincia a battere sempre più velocemente, mentre continua inutilmente a cercare di telefonare. Poi comincia ad accusare la fidanzata di avergli fatto commettere un errore partendo. Probabilmente verrò licenziato o comunque non farò mai carriera, perché ho subito rivelato la mia incompetenza, ed è anche colpa tua che mi accusi sempre di lavorare troppo. Marco e la fidanzata litigano e il sabato tornano in città. Marco è sempre più agitato. Non ha il numero privato del suo collega e deve aspettare il lunedì per sapere quello che è successo. Passa la domenica immaginando i rimproveri del suo capo e pensando alla maniera migliore di scusarsi per il suo errore. La notte della domenica non riesce a dormire a causa della tensione. È il suo primo lavoro importante: non avrebbe dovuto commettere un errore così grave. Il lunedì va in ufficio, dopo aver dormito solo poche ore e scopre che il suo collega aveva trovato il file pochi minuti dopo la telefonata nella cartella dove avrebbe dovuto trovarsi. Aveva chiamato perché non si ricordava qual era la cartella giusta. Nessuno in ufficio era a conoscenza di quest’episodio. Marco è sollevato: nessuno si è accorto di niente. Tuttavia è piuttosto stressato e pensa comunque che la prossima volta dovrà essere più attento e ricontrollare tutto più volte. In questo esempio sono evidenti i pensieri automatici che assalgono Marco e la sua credenza di base: “Sono inadeguato”. Questa credenza in lui profondamente radicata lo porta a provare emozioni negative, a vivere un profondo disagio, e ad attuare comportamenti disadattivi. Può anche compromettere le sue relazioni sociali e affettive. La TCC potrà aiutarlo a vedere le cose in maniera più realistica, a migliorare la sua autostima e a sviluppare uno stile affermativo di personalità. La terapia cognitivo-comportamentale Caratteristiche (1) Pratica e concreta. Lo scopo della terapia si basa sulla risoluzione dei problemi psicologici concreti. Alcune tipiche finalità includono la riduzione dei sintomi depressivi, l'eliminazione degli attacchi di panico e della eventuale concomitante agorafobia, la riduzione o eliminazione dei rituali compulsivi o delle malsane abitudini alimentari, la promozione delle relazioni con gli altri, la diminuzione dell'isolamento sociale, e cosi via. Centrata sul "qui ed ora". Il ricordo del passato, come il racconto dei sogni, possono essere in alcuni casi utili per capire come si siano strutturati gli attuali problemi del paziente, ma molto difficilmente possono aiutare a risolverli. La TCC quindi non utilizza tali metodi come strumenti terapeutici, ma si preoccupa di attivare tutte le risorse del paziente stesso, e di suggerire valide strategie che possano essere utili a liberarlo dal problema che spesso lo imprigiona da tempo, indipendentemente dalle cause. La TCC è centrata sul presente e sul futuro molto più di alcune tradizionali terapie e mira ad ottenere dei cambiamenti positivi, ad aiutare il paziente a uscire dalla trappola piuttosto che a spiegargli come ci è entrato. La terapia cognitivo-comportamentale Caratteristiche (2) A breve termine. La terapia cognitivo-comportamentale è a breve termine, ogni qualvolta sia possibile. Il terapeuta è comunque generalmente pronto a dichiarare inadatto il proprio metodo nel caso in cui non si ottengano almeno parziali risultati positivi, valutati dal paziente stesso, entro un numero di sedute prestabilito. La durata della terapia varia di solito dai tre ai dodici mesi, a seconda del caso, con cadenza il più delle volte settimanale. Problemi psicologici più gravi, che richiedano un periodo di cura più prolungato, traggono comunque vantaggio dall'uso integrato della terapia cognitiva, degli psicofarmaci e di altre forme di trattamento. Orientata allo scopo. La TCC è più orientata ad uno scopo rispetto a molti altri tipi di trattamento. Il terapeuta cognitivocomportamentale, infatti, lavora insieme al paziente per stabilire gli obbiettivi della terapia, formulando una diagnosi e concordando con il paziente stesso un piano di trattamento che si adatti alle sue esigenze, durante i primissimi incontri. Si preoccupa poi di verificare periodicamente i progressi in modo da controllare se gli scopi sono stati raggiunti. La terapia cognitivo-comportamentale Caratteristiche (3) Attiva. Sia il paziente che il terapeuta giocano un ruolo attivo nella terapia. Il terapeuta cerca di insegnare al paziente ciò che si conosce dei suoi problemi e delle possibili soluzioni ad essi. Il paziente, a sua volta, lavora al di fuori della seduta terapeutica per mettere in pratica le strategie apprese in terapia, svolgendo dei compiti che gli vengono assegnati volta volta. Nella PCC il terapeuta svolge un ruolo attivo nella soluzione dei problemi del paziente, intervenendo spesso e diventando talvolta "psicoeducativo". Ciò tuttavia non vuole assolutamente dire che il paziente assista ad una lezione nella quale si sente dire che cosa dovrebbe fare e come dovrebbe pensare; anch’egli, anzi, è stimolato ad essere più attivo possibile, un terapeuta di sé stesso, sotto la guida del professionista. Collaborativa. Paziente e terapeuta lavorano insieme per capire e sviluppare strategie che possano indirizzare il paziente alla risoluzione dei propri problemi. La TCC è infatti una psicoterapia breve basata sulla collaborazione tra paziente e terapeuta. Entrambi sono attivamente coinvolti nell'identificazione delle specifiche modalità di pensiero che possono essere causa dei vari problemi. Il paziente potrà scoprire di aver trascurato possibili soluzioni alle situazioni problematiche. Il terapeuta aiuterà il paziente a capire come poter modificare abitudini di pensiero disfunzionali e le relative reazioni emotive e comportamentali che sono causa di sofferenza. La terapia cognitivo-comportamentale Caratteristiche (4) Scientificamente fondata. È stato dimostrato attraverso studi controllati che i metodi cognitivo-comportamentali costituiscono una terapia efficace per numerosi problemi di tipo clinico. E’ stato dimostrato che la TCC è efficace nel trattamento della depressione e dei disturbi d’ansia, e utile nel prevenire le ricadute. Disturbi nei quali è stata applicata la TCC con risultati positivi • Disturbi dell’umore: depressione • Disturbi d’ansia: DAG, fobie, DAP, DOC, ipocondria • Disturbi del comportamento alimentare • Disturbi del sonno • Disfunzioni sessuali • Disturbi di personalità • Psicosi (terapia dei deliri e delle voci, social skills training, psiced.) • Abuso di sostanze (Colloquio di motivazione) • Problemi comportamentali e handicap • Difficoltà a stabilire e mantenere relazioni sociali • Difficoltà nella scuola o nel lavoro • Bassa autostima Terapia cognitivo-comportamentale Gli interventi e le tecniche • Empirismo collaborativo e alleanza terapeutica (fiducia reciproca, condivisione degli obiettivi, collaborazione) • Scoperta guidata – Identificare i pensieri automatici e gli schemi problematici (modello ABC) e agevolare la consapevolezza – favorire la distanza critica dai contenuti ideativi generati dagli schemi (favorisce la riduzione della pervasività degli schemi disfunzionali e permette un uso maggiore di altri schemifunzionamento cognitivo più articolato) – Discussione dei pensieri disfunzionali (ristrutturazione cognitiva) Stimolare la valutazione delle possibili alternative (analisi costi benefici, grafi a torta, ricerca delle prove) • • • • Dialogo socratico (es. il caso di Gary, pg 219 Semerari 2000) Compiti di autosservazione (il modello ABC) Tecniche immaginative Biblioterapia Tecniche comportamentali Che aumentano la probabilità di emissione di un comportamento (es. rinforzi, modellamento, suggerimenti, confronto, guida) Che riducono la probabilità di emissione di un comportamento (es. estinzione, desensibilizzazione sistematica) Altro: training di assertività, problem solving, esercizi antivergogna, di assunzione del rischio, esposizione e prescrizioni di comportamenti confutanti le credenze patogene, role-play Psicoterapie cognitive complesse Gli interventi e le tecniche • Terapia cognitiva con i disturbi gravi – – – – – Empirismo collaborativo Cambiamento degli stati problematici Interventi sulle funzioni metacognitve La regolazione della relazione terapeutica Riconoscere i cicli interpersonali • Psicoterapia costruttivista – Decentramento; costruzioni (narrazioni) alternative • Psicoterapia post-razionalista – La terapia mira a cogliere la coerenza interna del sistema dell’individuo e comprendere, rispetto ad un significato espresso dal sistema stesso, le sue capacità di auto-organizzazione (Storia di vita; tecnica della moviola • Psicoterapia cognitivo-evoluzionista – Sistemi motivazionali interpersonali; modulazione della relazione terapeutica; Teoria della Mente Il colloquio clinico Processo attivo di scambio di informazioni (dal latino cum con e loqui parlare) Finalità: conoscitive e terapeutiche Caratteristiche: • Setting ben definito • Struttura finalizzata all’obiettivo • Uso di supporti diagnostici (es. test, interviste strutturate) Il primo colloquio Aree di esplorazione • Storia del disturbo attuale • Vissuti del paziente (impatto, aspettative, teorie) • Valutazione dello stato mentale • Anamnesi patologica remota • Storia personale • Storia familiare Il primo colloquio la valutazione dello stato mentale • Descrizione generale – Aspetto – Comportamento ed attività psicomotoria – Atteggiamento • Umore • Linguaggio • Percezione • Pensiero • Coscienza e capacità cognitive Test utili per l’assessment cognitivocomportamentale Generali • SCL 90 (Self-reprot Symptom Inventory) • Autocaratterizzazione • Questionario anamnestico • CBI (cognitive-behavioural Assesment) Autossoervazione • Diari • ABC Test utili per l’assessment cognitivocomportamentale Specifici per disturbo (esempi) Disturbi dell’umore • BDI (Beck Depression Inventory), HAM-D, Disturbi d’ansia • MOCI (Maudsley Obsessional-compulsive Inventory); Y-BOCS (Yale-Brown Obsessive compulsive Scale); PI (Padua Inventory); STAI (State Trait Anxiety Inventory), BAI (Beck Anxiety Disorder), Fear Questionnaire, SCQ (Social cognition Questionnaire) Disturbi del comportamento alimentare EDI (Eating Disorder Inventory) Disturbi di Personalità MMPI; SCID II Psicosi Osservazione naturalistica L'osservazione ha luogo nell'ambiente naturale nel quale spontaneamente si verifica il comportamento in esame. Reattività di un comportamento = cambiamento che il comportamento di quella persona viene ad avere per il solo fatto di essere osservato! (tende a scemare con la ripetizioni delle osservazioni) Esempio di griglia di osservazione Automonitoraggio tecnica intermedia tra la valutazione soggettiva e l'osservazione, tecnica d'elezione per quanto riguarda eventi interni: impulsi, emozioni, pensieri. Esempio: diario Interviste strutturate Tecnica standard dove contenuto e modalità delle domande sono prestabiliti e che può essere utilizzata in fase avanzata dell’esame psicodiagnostico (tecnica a metà strada tra l’osservazione diretta e l'autovalutazione soggettiva) Intervista strutturata : a) valuta un costrutto specifico b) dà luogo ad una classificazione o punteggio relativo a quel costrutto Test psicodiagnostici autovalutativi I test sono procedure codificate (sistematiche o standard) di osservazione di determinati comportamenti definizione operativa, indicatori rilevabili che forniscono "misurazioni" di specifici costrutti definizione teorica del fenomeno oggetto d’indagine. Caratteristiche che qualificano i test: • validità (capacità di rilevare gli aspetti della variabile in studio) • attendibilità (capacità di evidenziare gli aspetti del fenomeno con ridotte distorsioni) • sensibilità (capacità di misurare la diversa intensità del fenomeno) Tecniche proiettive Ipotesi proiettiva: le risposte di un individuo a degli stimoli ambigui, che gli vengono presentati, riflettono attributi significativi e relativamente stabili della sua personalità. Tali tecniche consistono nelle presentazione di stimoli poco strutturati o addirittura ambigui con la richiesta al soggetto in esame di "interpretarli" o dar loro una qualche strutturazione. Test di intelligenza La valutazione clinica può includere l'uso di test che riguardano la sfera cognitiva. N.B.: la valutazione dell’intelligenza può essere una stima complessiva e unitaria (riferimento al concetto di intelligenza), o una raccolta di indici relativi a singoli aspetti del funzionamento mentale (percezione, pensiero, memoria, apprendimento, visualizzazione, attenzione) Es: Scala Stanford-Binet per avere una valutazione dell’intelligenza: Q.I. = età mentale x 100 età cronologica complessiva Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica Sezione di Psichiatria e Psicologia Clinica U.O di Psicosomatica e Psicologia Clinica Università degli Studi di Verona Corso di Psicoterapia cognitivocomportamentale 2° lezione Claudia Goss E-mail: [email protected] A.A. 2011-2012 La TCC nei disturbi d’ansia Utilizzata per il trattamento di: • Disturbo da attacchi di panico • Fobie specifiche • Fobia sociale • Disturbo d’ansia generalizzato • Ipocondria • Disturbo ossessivo-compulsivo • Disturbo post-traumatico da stress Teoria cognitiva dell’ansia Ansia Emozione molto generale ed elementare, quindi molto diffusa. Definita come l’anticipazione apprensiva di un pericolo o di un evento negativo futuri, accompagnata da sentimenti di disforia o da sintomi fisici di tensione. – Gli elementi esposti al rischio possono appartenere sia al mondo interno che a quello esterno, e possono essere sia reali che immaginarie. Le situazioni ansiogene sono minacce di: – – – – – – danni fisici malattie gravi danni alla salute psicologica disastri economici rifiuto sociale indegnità morale Molte emozioni specifiche comprendono una componente ansiosa. – Ansia rispetto alla punizione che si ritiene di meritare – Invidia: ansia da confronto sociale – Se coinvolte immagine o autoimmagine: ansia relativa alla minaccia di ricevere una valutazione o un’autovalutazione negativa Teoria cognitiva dell’ansia • Differenze tra ansia e paura – Entrambe riguardano la minaccia di un danno futuro reale o potenziale: • La paura ha per oggetto danni specifici e concreti • L’ansia ha oggetti indefiniti, spesso sconosciuti – Sia nella paura che nell’ansia c’è un margine di incertezza sulle modalità di realizzazione di tali eventi, sul grado di danno, sulle modalità da adottare, sulle proprie capacità di affrontare la situazione. • Quanto più una minaccia è indefinita tanto più sarà alto il grado di incertezza sul da farsi Teoria cognitiva dell’ansia Aspetti centrali dell’ansia: • Minaccia indefinita (possibile compromissione di scopi) • Conseguente incertezza e attesa • Queste minacce sono indefinite e difficilmente evitabili per: – Ambiguità degli eventi • Il mondo, incluse le condizioni favorenti e ostacolanti il raggiungimento degli scopi, è tutt’altro che chiaro e distinto. • Quanto il mondo diviene più complesso e più rapido nei cambiamenti, tanto più le minacce risultano oscure e indefinite. – Carattere astratto e simbolico degli scopi • Vanno oltre la sopravvivenza e la riproduzione, ad esempio considerate la vaghezza e l’oscurità di una minaccia all’autostima Teoria cognitiva dell’ansia Nei disturbi d’ansia, il difetto di elaborazione dell’informazione, causa della vulnerabilità e della persistenza dell’ansia stessa, può essere vista da un lato come una preoccupazione relativa al concetto di pericolo dall’altro come una sottovalutazione delle capacità di farvi fronte Probabilità percepita X Gravità percepita I Ansia = Capacità di fronteggiarlo + percepita Disponibilità di aiuto esterno percepita L’ansia è il bilancio tra livello di pericolosità stimato, delle probabilità che si realizzi e la fiducia nel fronteggiarlo. Aumenta quando una persona avverte il danno potenziale al suo bilancio scopistico come imminente, molto probabile con elevato potere di compromissione Teoria cognitiva dell’ansia La tematica del pericolo si manifesta nel contenuto degli schemi ansiosi (assunzioni e convinzioni) e nel contenuto dei pensieri automatici negativi Schemi di pericolo: la realtà esterna viene vissuta come estremamente pericolosa e il proprio sé come estremamente vulnerabile. Alcuni individui sono più inclini a valutare gli eventi come minacciosi, poiché si avvalgono di schemi cognitivi che ingigantiscono la pericolosità delle situazioni e evidenziano la ridotta capacità di fronteggiarle Convinzioni: affermazioni incondizionate sul sé e sul mondo (es. sono un debole, sono un sciocco) Assunzioni: connessioni tra eventi esterni e opinioni dell’individuo (es. se mi faccio vedere ansiosi, gli altri penseranno che sono un debole) Quando lo schema si attiva scattano i pensieri automatici negativi che diventano elementi di modulazione e di mantenimento del disturbo ansioso Nei disturbi ansiosi (ogni disturbo ha il suo schema disfunzionale) le convinzioni e le assunzioni condizionano anche il comportamento dell’individuo. Spesso si creano dei circoli viziosi e i comportamenti possono rafforzare le assunzioni e le convinzioni Teoria cognitiva dell’ansia Ogni disturbo ha il suo schema disfunzionale GAD: rimuginazione cronica,incapacità di fronteggiare l’evento, pensieri positivi e negativi sulle ruminazioni stesse DAP: Interpretazione erronea delle sensazioni fisiche; predominano assunzioni circa la natura minacciosa del sintomo ansioso o dei segnali corporei Fobie specifiche: associazione ad un evento o oggetto forte sensazione di pericolo Fobia sociale: convinzioni negative rispetto alla loro identità sociale I pensieri irrazionali • Pensieri razionali: logici, funzionali legati ad emozioni “sane”, adattivi • Pensieri irrazionali: illogici, disfunzionali, non congrui con la realtà, portano ad emozioni “non sane” – Doverizzazioni su di sé sul mondo e sul gli altri (es. devo essere bravo, è giusto così, deve portarmi rispetto) – Valutazione di se stessi (senso del valore personale) (es. siccome non so fare una certa cosa sono tutta sbagliata) – Catastrofizzazione – Bassa tolleranza alla frustrazione (es non ce la posso fare) Teoria cognitiva dell’ansia Esperienza di apprendimento Schema di pericolo Situazione critica Schema attivato Pensieri automatici negativi Sintomi ansiosi Risposte comportamentali Distorsioni cognitive (da Wells 1999) Teoria cognitiva dell’ansia Esempio: G. 22 anni dg di fobia sociale Evento: parlare a cena con amici nuovi Pensieri: penseranno che non sono normale, sto diventando rossa, ho qualche cosa che non va Emozioni: ansia/vergogna (arrossisce) Comportamenti: mi porto le mani al volto, oppure abbasso lo sguardo, mi allontano Teoria cognitiva dell’ansia Esempio: G. 22 anni dg di fobia sociale Alcuni ABC ricostruiti con la paziente Evento Pensieri Arrossisco Sto diventando parlando con rossa degli amici del Ho qualche cosa mio ragazzo che che non va non conosco Se ne accorgeranno tutti Chissà che cosa penseranno Evento Pensieri A cena Penseranno che parlando con sono strana degli amici Non è normale arrossisco Emozioni ansia Comportamenti Mi metto le mani sul viso Abbasso lo sguardo Emozioni Comportamenti ansia Dico che non mi sento bene e mi allontano Teoria cognitiva dell’ansia Esempio: G. 22 anni dg di fobia sociale Evento: parlare a cena con amici nuovi Pensieri: penseranno che non sono normale, sto diventando rossa, ho qualche cosa che non va Emozioni: ansia/vergogna (arrossisce) Comportamenti: mi porto le mani al volto, oppure abbasso lo sguardo, mi allontano Pensieri disfunzionali: se divento rossa penseranno che sono strana, Non è normale (non ha senso) arrossire così. Teoria cognitiva dell’ansia Esempio: G. 22 anni dg di fobia sociale Successivamente G. sviluppa un ABC secondario Evento Ripenso a quello che è successo e alla mia situazione Pensieri È colpa mia Ho qualche cosa che non va Sono strana Non ce la farò mai a superare questa situazione Emozioni colpa tristezza sfiducia Teoria cognitiva dell’ansia Esempio: G. 22 anni dg di fobia sociale Evento: parlare a cena con amici nuovi Pensieri: penseranno che non sono normale, sto diventando rossa, ho qualche cosa che non va Emozioni: ansia/vergogna (arrossisce) Comportamenti: mi porto le mani al volto, oppure abbasso lo sguardo, mi allontano Pensieri disfunzionali: se divento rossa penseranno che sono strana, Non è normale (non ha senso) arrossire così. G. rielabora successivamente le situazioni in cui arrossisce soffermandosi solo sugli aspetti negativi (sono diventata rossa) e quindi focalizzandosi nuovamente su aspetti di sé (non sono normale) che contribuiscono a mantenere il giudizio negativo di sé e la convinzione che sia meglio evitare la situazione. Allo stesso modo, evitare le situazioni sociali ha contribuito alla situazione depressiva di G. che desiderando di stare in compagnia si vede, invece sempre più limitata nella sua vita e questo rafforza confermando ulteriormente la sua idea di essere strana. Teoria cognitiva dell’ansia Esempio: G. 22 anni dg di fobia sociale Il modello secondo Wells Situazione sociale Incontro degli amici del mio ragazzo Pensiero negativo automatico Diventerò rossa e loro penseranno che sono strana Percezione di sé Mi sento arrossire, mi vedo rossa Ansia Sento caldo Rossore Fatica a parlare Voglia di scappare Comportamenti protettivi Porta le mani al volto Abbassa lo sguardo Dice che sta male Abbandona la situazione Teoria cognitiva dell’ansia Esempio: G. 22 anni dg di fobia sociale Evento: parlare a cena con amici nuovi Pensieri: penseranno che non sono normale, sto diventando rossa, ho qualche cosa che non va Emozioni: ansia/vergogna (arrossisce) Comportamenti: mi porto le mani al volto, oppure abbasso lo sguardo, mi allontano Pensieri disfunzionali: se divento rossa penseranno che sono strana, Non è normale (non ha senso) arrossire così. G. rielabora successivamente le situazioni in cui arrossisce soffermandosi solo sugli aspetti negativi (sono diventata rossa) e quindi focalizzandosi nuovamente su aspetti di sé (non sono normale) che contribuiscono a mantenere il giudizio negativo di sé e la convinzione che sia meglio evitare la situazione. Allo stesso modo, evitare le situazioni sociali ha contribuito alla situazione depressiva di G. che desiderando di stare in compagnia si vede, invece sempre più limitata nella sua vita e questo rafforza confermando ulteriormente la sua idea di essere strana. Inoltre, i comportamenti che G. mette in atto per far fronte al disagio (es. portarsi le mani al volto, dire agli altri che sta male, abbassare lo sguardo, andarsene via dalla situazione e l’evitamento), anziché aiutarla, creano un ciclo interpersonale disfunzionale. Il desiderio, infatti, di G. di risultare simpatica ed amichevole non viene raggiunto perché evitando la situazione lei stessa trasmette agli altri l’impressione di non essere interessata alla discussione o toccandosi il volto o dicendo che sta poco bene, attira maggiormente l’attenzione su di sé ed aumenta la probabilità che gli altri reagiscano chiedendole se si sente bene e questo a sua volta rafforza l’idea di Giulia che gli altri pensino che è strana. La struttura della terapia cognitiva Struttura della terapia (incontri settimanali, durata-6 mesi-2 anni) • Fase di valutazione (assessment) • Fase di restituzione – Concordare gli obiettivi (introduzione al modello cognitivo) • Fase degli interventi specifici • Fase di prevenzione delle ricadute Struttura delle sedute (durata 45-60 min) • Analisi dei questionari o della reazioni del paziente la seduta precedente • Formulazione dell’ordine del giorno • Analisi dei compiti assegnati a casa • Introduzione di strategie specifiche • Assegnazione di nuovi compiti • Sintesi e chiusura La fase di assessment • • • • • • • • • • • Costruire gli ABC significativi Capire la relazione tra ABC Individuare gli ABC secondari Individuare le convinzioni disfunzionali Indagare la storia personale Costruire ipotesi che spieghino la sofferenza del paziente Ricostruire i tentativi che il paziente ha messo in atto per risolvere i suoi problemi Comprendere i circoli viziosi Individuare i meccanismi di mantenimento Formulare una diagnosi secondo DSM o ICD Somministrare eventuali altri test (es. autocaratterizzazione, SCL 90, CBI) La fase di assessment-restituzione • Verificare la comprensione delle informazioni raccolte • Spiegare come si svolgerà la terapia • Informare il paziente sull’importanza dei compiti a casa e dei questionari • Informare il paziente dell’importanza della registrazione e riascolto della seduta • Normalizzare il problema • Condividere con il paziente le ipotesi diagnostiche e i meccanismi alla base del suo disagio • Motivare il paziente alla terapia Alcune tecniche della TCC Il dialogo socratico Scopo: indagare il contenuto e il significato dell’esperienza del paziente e modificare successivamente convinzioni e comportamenti Esempi • Qual è l’ultima volta che si è sentito ansioso?qual è stata la prima cosa che ha notato? • Che cosa ha provato? • Quali sintomi ha osservato? • Quali pensieri le sono venuti in mente? • Che cosa ha immaginato? • Come ha reagito in quella situazione? • Qual è la cosa peggiore che poteva accaderle? Cosa significherebbe per lei se ciò accedesse? • Cosa succederebbe se.. (esempi di dialogo Wells ’99 pg 62-63) Alcune tecniche della TCC • Elicitare i pensieri automatici e le assunzioni – – – – – • • • • • Descrizione di episodi specifici Scenario delle peggiori conseguenze Tecnica della freccia discendente (es. Wells ’99 pg 101-102) Osservare in seduta i cambiamenti emotivi Registrazione dei pensieri (modello ABC) Compiti di esposizione Esperimenti comportamentali Role play Audio e video feedback Induzione del sintomo Alcune tecniche della TCC Metodi di riattribuzione Modifica dei pensieri automatici e degli schemi cognitivi disfunzionali Riattribuzione verbale (attraverso il dialogo socratico) – Definizione del significato e uso dei termini – Ricerca delle prove a favore e contro (che cosa le fa pensare che questo accadrà?che prova c’è che questo accadrà? Che prova hai di questa idea? Dove sta scritto questo?altri come hanno fatto? – Valutare la funzionalità dei pensieri (Come ti è dà aiuto pensare questo?è utile per i tuoi scopi?) – Ampliare la prospettiva (Come potresti pensare diversamente? qual è un altro modo di vedere il problema?) – Analisi dei costi benefici – Grafici a torta (es. Wells ’99 pg 84) – Fornire informazioni e biblioterapia – Tecniche di immaginazione Alcune tecniche della TCC Controllo della respirazione Scopo: Il controllo della respirazione aiuta il pz. a riacquisire un senso di controllo sulle manifestazioni somatiche dell’ansia. Modalità S’insegna al pz. una tecnica respiratoria che aumenta il rilassamento e previene l’iperventilazione – Il ritmo respiratorio, sotto stress e ansia, tende ad aumentare, ed è caratterizzato da respiri corti e poco profondi. – L’iperventilazione, produce una serie di sintomi somatici: vertigini, dolore al petto, dispnea, parestesie – Per contrastare questa tendenza, s’insegna al pz. la respirazione diaframmatica (respirazione che implica l’utilizzo dell’addome, anziché del petto), ad un ritmo regolare (circa 12 atti respiratori al minuto). Il pz. ripete questi esercizi a casa e in molti contesti diversi; impara velocemente a controllare la respirazione, e sperimenta che si tratta di una strategia affidabile in situazioni ansiogene Alcune tecniche della TCC Tecniche di rilassamento Rilassamento muscolare progressivo (Jacobsen) Scopo: far acquisire al pz. un senso di controllo sul proprio corpo attraverso il rilassamento muscolare progressivo. Modalità: – La tecnica di base consiste nel contrarre e rilassare i muscoli progressivamente, passando in rassegna tutto il corpo fino a raggiungere la decontrazione totale. – Va ripetuto quotidianamente per identificare e diminuire la tensione Alcune tecniche della TCC Tecniche di rilassamento Training autogeno (Schultz) Si basa sul principio di "condizionamento classico" per cui la ripetizione (training-allenamento) di certe frasi ("formule autogene") può portare benefici psicofisici immediati a livello fisiologico, fisico e psicologico e a lungo termine alla modificazione di processi psicofisici negativi che possono essere all'origine di disturbi psicosomatici. Modalità: – ripetizione di alcuni esercizi :l'esercizio della pesantezza, del calore, del respiro, del cuore, del plesso solare e della fronte fresca a cui si fa precedere l'esercizio della calma. Il panico • Il modello del panico di Clark (1986) si basa sul principio che i pz con attacchi di panico temono l’esperienza di alcuni eventi fisici o mentali. • Paura della Paura: – un individuo avendo sperimentato uno o più attacchi di panico diventa particolarmente attento (attenzione selettiva) alle sensazioni corporee interpretandole come segno premonitore di ulteriori attacchi. Modello del Circolo vizioso del Panico (Clark, 1986 – Modificato da Wells, 1997) Modello del Circolo vizioso del Panico • Gli attacchi di panico si verificano quando gli individui percepiscono alcune sensazioni corporee come molto pericolose, cioè le interpretano come segnali di un’imminente e improvvisa catastrofe. – Ad esempio il soggetto può avere un attacco di panico se interpreta la confusione mentale (i pensieri confusi di un momento) come il segnale di un impazzimento imminente, qualche secondo di tachicardia come il segnale di un infarto imminente. • Queste interpretazioni catastrofiche possano riguardare non solo le sensazioni della paura, ma anche quelle di una varietà di altre emozioni (ad es. la rabbia) o di stimoli d’altra natura (ad es. la caffeina, ipoglicemia, rilassamento). Modello del Circolo vizioso del Panico • Il circolo vizioso che alla fine culmina in un attacco di panico, si sviluppa quando: – uno stimolo percepito come minaccioso crea uno stato di forte preoccupazione, – il soggetto interpreta in modo catastrofico le sensazioni mentali e somatiche che accompagnano questa preoccupazione – quindi sperimenterà un ulteriore incremento della preoccupazione, si acuiranno le sensazioni somatiche, – e così via, fino all’esplosione vera e propria dell’attacco di panico. • I pazienti con DP riferiscono: – di avere pensieri, durante l’attacco di panico, riguardanti un imminente pericolo (ad es. infarto, pazzia, svenimento) – e che questi pensieri appaiono tipicamente dopo aver posto l’attenzione a specifiche sensazioni corporee. Esempio 1. 2. 3. 4. 5. 6. Ero con amici ad una festa in una discoteca. Ho sentito una sensazione di confusione mentale, quasi di irrealtà, mi sentivo distaccata dal mondo (sintomo fisico). Ho pensato che questa sensazione era il segno di un attacco di panico imminente, ma di quelli brutti, che avrei perso il controllo e sarei impazzita e non sarei più tornata in me (immagine dell’amico che dopo un acido non era più tornato normale e del suo primo attacco di panico). (Pensiero catastrofico). Sono diventata più ansiosa, temevo di perdere il controllo, e ho cominciato a respirare affannosamente (escalation dei sintomi fisici). Mi sono precipitata fuori a cercare mio marito (fuga e evitamento). Mi sono sentita depressa e scoraggiata, perché non sono più in grado di passare una serata fuori con gli amici, e inoltre nessuno mi riesce a capire, neanche mio marito. (hopelessness) Esempio Modello della sequenza di Panico Confusione mentale Cosa accadrà se avrò un attacco di panico? Ansia Panico Perdo il controllo Impazzirò Confusione mentale Sensazione di soffocamento e di irrealtà Respiro affannoso Controllo del respiro Evitare di stare da sola Trattamento • In Terapia cognitiva si utilizzano più moduli di intervento che: – agiscono selettivamente su specifici punti del meccanismo del panico – sono stati verificati nell’efficacia. • Gli studi indicano che la migliore efficacia del trattamento si ottiene combinando i seguenti metodi di intervento: – Psicoeducazione – Ristrutturazione Cognitiva – Immaginazione – Esperimenti Comportamentali – Controllo della Respirazione – Training di Rilassamento – Esposizione Fasi della Terapia •Fase 1: Assessment – Fattori predisponenti – Fattori precipitanti – Fattori di mantenimento – Modello cognitivo del panico •Fase 2: Psicoeducazione (normalizzazione) – che cosa è l’ansia – circoli viziosi (la paura della paura) – i fattori di mantenimento (evitamento e comportamenti protettivi) •Fase 3: Osservazione sistematica – ABC e distanziamento – Diario del panico •Fase 4: Gestione dell’ansia – Esperimenti comportamentali per induzione dei sintomi (es. Iperventilazione) – Rilassamento – Controllo della respirazione Fasi della Terapia •Fase 5: Interruzione dell’evitamento – Ruolo confermatorio degli evitamenti e dei comportamenti di sicurezza • Discussione • Metafore • Esperimenti comportamentali finalizzati al cambiamento cognitivo • Motivazione •Fase 6: Interruzione del circolo vizioso – Ristrutturazione cognitiva con decatastrofizzazione – Immaginazione – Esposizione e Esposizione enterocettiva •Fase 7: Modificazione – Credenze disfunzionali sul controllo – Modificazione dell’idea di sé – Riattribuzione di significato alla storia personale •Fase 8: Prevenzione delle ricadute Psicoeducazione Presentazione didattica del DP tramite il modello cognitivo-comportamentale dell’ansia. • Definizioni dell’ansia, del panico e dell’agorafobia. Ogni sintomo presentato dal pz è ridefinito come una manifestazione del DP, allo scopo di mostrarne l’innocuità. • Si spiega al pz lo sviluppo del DP come una risposta psicologica allo stress, e sottolinea come i comportamenti d’evitamento e l’ansia anticipatoria contribuiscano ad aumentare la frequenza di comparsa degli attacchi di panico. • Uno strumento terapeutico utile può essere costituito da libri o articoli, perché il pz può leggerli ogniqualvolta lo desideri. Ristrutturazione cognitiva (1) • La ristrutturazione cognitiva deriva dal lavoro di Beck sul rapporto tra errata elaborazione delle informazioni e ansia (Beck & Emery, 1985). • Il cambiamento terapeutico consiste nell’identificare gli errori cognitivi (pensieri, credenze, assunti), e nel sottoporli ad un rigoroso esame di realtà. • La ristrutturazione cognitiva non equivale al “pensiero positivo”, ma consiste nell’insegnare alle persone a pensare realisticamente (es: valutare le prove a disposizione). Ristrutturazione cognitiva (2) Il primo passo consiste nell’aiutare il pz a capire come certe cognizioni accentuino o provochino l’attacco di panico. • Si esaminano retrospettivamente i pensieri, le credenze, gli assunti elicitati durante un tipico attacco di panico o un episodio d’ansia del pz. • È utile iniziare da una descrizione dettagliata del primo episodio e dell’episodio più recente di attacco di panico. • Il terapeuta, attraverso una serie di domande, cerca di definire la sequenza dell’attacco in quel particolare pz, e di far emergere i pensieri catastrofici irrealistici. Ristrutturazione cognitiva (3) • Esplicitare questi pensieri è utile poiché molti pazienti ne sono inconsapevoli. Infatti, nella maggior parte dei casi, gli individui elaborano le informazioni automaticamente, e interpretano gli stimoli molto rapidamente. • L’auto-monitoraggio dei pensieri durante l’attacco di panico (ABC) , perché aiuta il pz a comprendere il ruolo che giocano gli aspetti cognitivi. • Una volta che il pz. è divenuto consapevole dell’importanza dei suoi pensieri nello sviluppo e mantenimento del disturbo, si può mettere in discussione la validità di quei pensieri. Immaginazione Scopo: far immaginare le situazioni ansiogene, fino a sperimentare l’ansia. Imparare a gestire situazioni difficili, prima di doverle affrontare nella realtà. Modalità • Si invita il pz a visualizzare la specifica situazione ansiogena il più dettagliatamente possibile. • Man mano che il pz descrive la scena, si pongono domande sui pensieri e sulle emozioni ad essa associati. • La visualizzazione procede ulteriormente e si chiede al pz di visualizzare tecniche di fronteggiamento efficaci. –In questo modo la visualizzazione funziona come un vaccino: se il pz. è in grado di gestire piccole quantità d’ansia costruita in terapia, sarà più preparato a gestirla in setting naturali. Esperimenti Comportamentali • Compiti in grado di produrre delle sensazioni molto simili a quelle normalmente sperimentate dal pz durante un attacco di panico • Finalizzati al cambiamento di alcune credenze del paziente • da soli non possono bastare e devono essere inseriti in un progetto più ampio che contenga una serie di manovre di disconferma e di spiegazioni alternative. – Rappresentano un test di realtà Esempi: – Iperventilazione – Concentrarsi sul corpo – Lettura di liste con associazioni sintomo-pensiero Esposizione (1) Razionale: Nell’esposizione il paziente affronta l’ansia e gli stimoli che provocano il panico: – situazioni esterne – sensazioni interne (desensibilizzazione enterocettiva). Scopo: Affrontando ripetutamente l’ansia in una situazione strutturata, i pazienti imparano a sviluppare meccanismi di fronteggiamento appropriati (vaccino). Esposizione (2) Modalità: Esposizione – Si costruisce una gerarchia delle situazioni temute dal pz., – lo si espone ad ognuna di esse in modo progressivo e sistematico; – Si guida il pz. nell’utilizzo delle sue capacità di coping di fronte a situazioni ansiogene Esposizione enterocettiva – Si costruisce una gerarchia delle sensazioni interne temute dal pz. (ad es. vertigini o tachicardia). – Si può esporre il pz. a questi stimoli usando metodi quali lo sforzo fisico, facendolo respirare affannosamente, girando su se stessi per provocare una sensazione di sbandamento, ecc. Esposizione (3) L’utilizzo di una gerarchia di stimoli, dal meno al più temuto, consente di procedere gradualmente e di consolidarsi sulle competenze man mano acquisite. • Il pz. impara dapprima a gestire le situazioni poco ansiogene, e solo successivamente affronta le situazioni più difficili. • Affrontare l’ansia in un setting terapeutico aiuta il pz. ad utilizzare le sue nuove competenze di coping. Anche nel caso dell’esposizione, gli esercizi a casa tra una seduta e l’altra sono essenziali per migliorare rapidamente La terapia cognitiva della depressione TRIADE COGNITIVA 1.Visione negativa che il pz. ha di sé stesso: egli vede sé stesso inadeguato, malato, indesiderabile, inutile ecc. a causa dei suoi presunti difetti. Per questi difetti tende a sottovalutarsi e criticarsi. 2.Visione negativa delle proprie esperienze. Il pz pensa che il mondo gli facci a richieste esorbitanti e/o gli presenti ostacoli insuperabili. 3.Visione negativa del futuro. ORGANIZZAZIONE STRUTTURALE DEL PENSIERO Il pz depresso mantiene i suoi atteggiamenti negativi nonostante vi siano prove oggettive della presenza di fattori positivi nella sua vita; questo perché utilizza modelli cognitivi stabili, detti schemi, per vagliare , codificare e differenziare gli stimoli. Egli classifica le proprie esperienze attraverso una matrice di schemi. La terapia cognitiva della depressione ELABORAZIONE ERRATA DELLE INFORMAZIONI Gli errori sistematici del modo di pensare dell’individuo depresso servono a mantenere in lui la convinzione della validità dei suoi concetti negativi, malgrado vi siano prove del contrario. Deduzione arbitraria: trarre un conclusione in assenza di prove; Astrazione selettiva: concentrarsi su un particolare di una situazione ignorando aspetti più salienti; Generalizzazioni eccessive; Ingigantire minimizzare; Personalizzazione: porre gli eventi esterni in relazione a sé; Pensiero assolutistico, moralistico e dicotomico. La terapia cognitiva della depressione Struttura della terapia – Fase di assessment – Preparare il paziente alla terapia – Formulare un programma terapeutico •Scegliere i sintomi bersaglio (affettivi, motivazionali, cognitivi, comportamentali, fisiologici) •Alleviamento dei sintomi (individuare e modificare i pensieri e i comportamenti disfunzionali) •Prevenzione delle ricadute – Fase di intervento Tecniche comportamentali Tecniche cognitive La terapia cognitiva della depressione Tecniche comportamentali Il paziente è preso in un circolo vizioso: ridotta attività →senso di incapacità → ulteriore scoraggiamento Bersaglio: la passività, la mancanza di gratificazione e l’incapacità di esprimere emozioni adeguate Scopo: produrre un cambiamento degli atteggiamenti negativi per poi modificare il pensiero negativo. Migliorando il livello di funzionamento ci si oppone al pensiero negativo e si offre la possibilità di sperimentare un senso di gratificazione. Osservando i cambiamenti il paziente è più propenso a riesaminare la cognizione negativa di sé, con un conseguente miglioramento dell’umore – Il programma delle attività – Tecniche di soddisfazione e piacere – Assegnazione di compiti graduali – Addestramento all’assertività e assunzione di ruoli La terapia cognitiva della depressione Tecniche comportamentali Il programma delle attività Stabilire un programma delle attività giornaliere, concordando con il paziente una gerarchie di compiti graduali. Obiettivo è quello di seguire il programma non di dare immediatamente sollievo ai sintomi. Spesso il funzionamento migliora prima che si abbia il sollievo. Premesse da comunicare al paziente –Nessuno realizza tutto ciò che programma –Specificare che cosa verrà fatto non che cosa si otterrà –Anche se non si riesce, il solo provare è importante per ottenere informazioni per l’obiettivo successivo –Alla sera dedicare un po’ di tempo a rivedere le cose fatte e il programma del giorno successivo. La terapia cognitiva della depressione Tecniche comportamentali Tecniche di soddisfazione e piacere Alcuni pz non traggono piacere dalla attività che svolgano perché: – tentano di svolgere attività che non erano piacevoli neppure prima dell’episodio depressivo – sono presenti cognizioni negative che opprimo il piacere – c’è una disattenzione selettiva alle sensazioni di piacere Si individua un compito con il paziente che dovrà essere svolo più volte al giorno. Il pz prenderà nota del suo umore e dei pensieri durante l’attività. Inoltre valuterà il grado di bravura (efficacia personale durante l’esecuzione del compito, ovvero avere la sensazione di aver realizzato qualche cosa) e di piacere (sentimenti piacevoli durante l’esecuzione del compito). Il paziente impara a riconoscere piccoli successi e modesti gradi di piacere. Contrasta il pensiero “tutto o nulla”. E’ importante concentrarsi sulle sensazioni non sulla relizzazzione del compito. La terapia cognitiva della depressione Tecniche comportamentali Assegnazione di compiti graduali – Definire il problema – Formulare il programma con assunzione graduale di compiti (dai più semplici a quelli più complessi) – Discussione con il paziente cercando di contrastare le distorsioni cognitive A volte per il paziente è difficile svolgere dei compiti per la difficoltà di concentrazione o per la presenza di pensieri e rimuginazioni Può essere utile far immaginare al paziente lo svolgimento del compito, passo dopo passo. E’ utile per poter individuare eventuali blocchi allo svolgimento del compito e possibili soluzioni. La terapia cognitiva della depressione Tecniche cognitive Insegnare al paziente ad osservare i propri pensieri – Definire il pensiero automatico – Spiegare il rapporto tra pensiero ed emozione – Dimostrare la presenza di cognizioni derivanti dall’esperienza recente – Assegnare compiti di auto-osservazione a casa – Feedback sui compiti di auto-osservazione Registrazione dei pensieri disfunzionali (modello ABC-DE) Tecniche di riattribuzione (utile per pazienti inclini all’autoaccusa o con eccessivo senso di responsabilità) – Tecniche che permettono di riattribuire la responsabilità • Rivedere i dati di fatto degli eventi • Doppio criterio (far notare al pz come usi diversi criteri di attribuzione di responsabilità) • Deresponsabilizzazione (si mette in discussione l’idea che il pz sia responsabile al 100% di ogni evento negativo) – Ricerca di soluzioni alternative Le emozioni Definizione: (dal latino “muovere”) reazione affettiva complessa molto intensa indotta da uno stimolo esterno che provoca dei cambiamenti fisici e psicologici Caratteristiche: • Relazione con un evento • Componente fisiologica/somatica • Componente psicologica • Componente comportamentale • Hanno un oggetto e spesso un destinatario • Relazione con scopi e credenze Le principali emozioni Le emozioni di base • Paura/ansia • Rabbia • Tristezza • Gioia • Disgusto Altre emozioni • Invidia • Colpa • Gioia • Gelosia • Pena • Sorpresa • Delusione • Disprezzo INTENSITA' DELLE EMOZIONI Intensità Rabbia Contentezza Gioia Ansia, Paura Tristezza Depressione irritato infastidito innervosito compiaciuto contento allegro incerto a disagio apprensivo triste giù di corda melanconico Debole Media risentito arrabbiato felice eccitato soddisfatto preoccupato ansioso turbato afflitto rabbuiato abbattuto Alta infuriato fuori di me rabbioso entusiasta esaltato estatico angosciato terrorizzato spaventato tormentato devastato schiacciato disperato sconvolto Il modello ABC Cognitivo A Evento attivante B Pensieri C Conseguenze Emozioni (0-10) Comportamenti Aspetti biologici/neuroveg. Parlare in pubblico Farò una brutta figura Penseranno che sono stupido Non so che dire Ansia (8) Mi sudano le mani balbetto, me ne vado Ho ricevuto un rimprovero dl mio superiore Non ne combino una giusta Ho sbagliato tutto Sono un fallito Tristezza (6) Ho ricevuto un rimprovero dal mio superiore Ma come si permette Non è giusto Non è colpa mia Rabbia (5) Il modello ABC Cognitivo A Evento attivante Che cosa è successo? Cosa stava facendo? Dov’era?Con chi? B Pensieri Che cosa pensava in quel momento? Che cosa le passava per la mente? Che cosa si è immaginato? C Conseguenze Emozioni (0-10) Comportamenti Aspetti biologici/neuroveg. Che cosa ha provato? Come si sentiva? Come ha reagito alla situazione? Che cosa ha osservato? Cosa ha fatto? Il modello ABC Cognitivo A Evento attivante B Pensieri C Conseguenze Emozioni (0-10) Comportamenti Aspetti biol/neuroveg. D Discussione dei B Che cosa le fa pensare sia così? Quali altre spiegazioni possiamo trovare? Come fa a sapere che ciò accadrà? Che prove ci sono a favore di questo pensiero? E Valutazione Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica Sezione di Psichiatria e Psicologia Clinica U.O di Psicosomatica e Psicologia Clinica Università degli Studi di Verona Corso di Psicoterapia cognitivocomportamentale 3° lezione Claudia Goss E-mail: [email protected] A.A. 2011-2012 Programma della lezione La terapia cognitivo-comportamentale dei disturbi di personalità • Il paziente “difficile” e il paziente grave in psichiatria • Un modello di comprensione dei disturbi di personalità • Gli stati problematici • • • • Le funzioni metarappresentative I cicli interpersonali La regolazione delle scelte Indicazione di trattamento Perché un paziente viene considerato “DIFFICILE” “Paziente che mi fa sentire impotente e non mostra fiducia nei miei confronti” “Paziente che non mostra rispetto, che argomenta e non segue il trattamento” “Paziente con cui ci sono continui contrasti o disaccordi su ruoli, regole e aspettative reciproche (contrasto tra l’aiuto offerto e l’aspettativa e la speranza espresse dal paziente)” L’operatore si percepisce irritato e/o frustrato. I comportamenti del paziente “difficile” • Atteggiamenti di resistenza, sfida e provocatori • Emozioni intense: rabbia, paura, depressione e lutto. • Mancanza di fiducia, sospettosità o eccesso di confidenza, seduzione. • Non adesione al trattamento o insoddisfazione per gli interventi proposti • Comportamenti patologici impulsivi 10 cose che possono rendere il paziente “difficile” e provocano resistenza, irritazione e ostilità nell’operatore • Non ascolto • Protesta ed obiezioni (resistenza) • Aggressività verbale ed ostilità • Mancanza di fiducia • Sospettosità • Eccesso di confidenza, seduzione • Non adesione al trattamento • Insoddisfazione • Provocazione/sfida • Rassegnazione 10 cose che possono rendere l’operatore “difficile” e provocano resistenza, irritazione e ostilità nel paziente • Dare consigli se non richiesti • Tentare di attribuire all’altro la colpa di un evento/situazione • Rassicurazioni premature e irrealistiche • Ottimismo banalizzante • Atteggiamenti falsamente empatici • Forzare o fare pressioni per indurre cambiamenti • Dare l’impressione di voler biasimare • Voler a tutti i costi dimostrare l’errore dell’altro • Comportarsi come una persona infallibile • Usare linguaggio troppo drammatico o tecnico Che cos’è “difficile”? Gli operatori sanitari tendono ad attribuire ai pazienti la responsabilità di una difficile interazione. I pazienti tendono ad accusare gli operatori sanitari. Ci possono essere operatori sanitari o pazienti “difficili”, ma più spesso sono le interazioni ad essere difficili. In psichiatria: i pazienti difficili sono più spesso quelli con un disturbo (o tratti marcati) di personalità. In questi pazienti è proprio la relazione che diventa difficile. L’approccio Considerare la relazione come deragliata e tentare di riportarla sui binari giusti. In psichiatria: la relazione diventa uno strumento terapeutico Indicazioni generali (1) • L’ operatore sanitario è nella posizione migliore per poter riparare relazioni non funzionali (ruolo professionale) • Tutti gli elementi dell’interazione (operatore, paziente, malattia, ambiente) possono rendere difficile la relazione • Non sempre quello che è difficile per un operatore lo è anche per un altro • La supervisione e il lavoro di gruppo sono strumenti utili per gestire i pazienti “difficili” Indicazioni generali (2) • Riconoscere la difficoltà: – – – – – – Quando ci si accorge che si tende a ripetere le stesse cose Quando ci si interrompe a vicenda Quando si attuano dei comportamenti stereotipati Quando si percepisce disagio o si desidera essere altrove Quando le distanze si accorciano Quando si provano emozioni di fastidio/irritabilità, senso di inadeguatezza, senso di onnipotenza • Essere consapevole delle proprie emozioni Talvolta la rabbia, la noia, il fastidio emergono così rapidamente che risulta difficile controllarli. E’ importante conoscere il proprio modo di reagire per anticipare comportamenti inappropriati. • Non perdere la propria professionalità • Ricordare gli obiettivi da raggiungere Il paziente grave in psichiatria Sono gravi quei pazienti che presentano una particolare difficoltà nello stabilire e mantenere l’alleanza terapeutica, tendono al drop out, e non riescono ad utilizzare in modo terapeutico la relazione. I disturbi di Personalità Definizione Modello abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo. Si manifesta in due o più delle seguenti aree: – Cognitività (cioè modi di percepire ed interpretare se stessi, gli altri e gli avvenimenti) – Affettività (cioè la varietà, intensità, labilità e adeguatezza della risposta emotiva) – Funzionamento interpersonale – Controllo degli impulsi Il modello abituale risulta inflessibile e pervasivo in una varietà di situazioni personali e sociali Il modello abituale determina un disagio clinicamente significativo e compromissione del funzionamento sociale, lavorativo e di altre aree importanti. (DSM IV TR) I disturbi di Personalità Consistono nel fallimento in tre principali compiti di vita che determinano l’adattamento: 1. Stabilire rappresentazioni integrate di sé e degli altri 2. Sviluppare un funzionamento interpersonale adattivo (incapacità di sviluppare relazioni intime, di funzionare come figura d’attaccamento di stabilire relazioni affiliative) 3. Sviluppare un funzionamento sociale adattivo I disturbi di Personalità • Quali aspetti della vita mentale portano le persone a soffrire, non integrare le rappresentazioni delle interazioni e avere disfunzioni interpersonali e sociali? • Da che cosa è costituito un disturbo di personalità? • Perché chi ne è affetto non si adatta all’ambiente? • In che modo elementi psicopatologici distinti e compresenti nella stessa persona danno luogo a forme peculiari di disfunzione? I disturbi di Personalità Per comprendere meglio il funzionamento dei pazienti con disturbi di personalità è importante riuscire a fornire una spiegazione su: – come mai i vari problemi sono presenti contemporaneamente e restano invariati per anni – in che modo tali elementi si organizzano – cosa impedisce ai pazienti di uscire dalla loro patologia • Formulare modelli psicopatologici che facilitino la pianificazione del trattamento • Pianificare trattamenti che prevedano come obiettivo finale la riduzione della sofferenza ed il miglioramento della qualità di vita Un modello di comprensione e trattamento Le dimensioni della vita mentale • Gli stati mentali problematici Cosa sperimenta e pensa la persona? • Le Funzioni meta-cognitive In che modo e grado è capace di accedere ai pensieri propri ed altrui? • I Cicli interpersonali In che modo elicita riposte che confermano le proprie aspettative? • I Processi decisionali e motivazionali Come compie le scelte e quali sono i principi che la guidano? Gli stati mentali problematici • Il soggetto organizza i propri significati in forma di storie (psicologia narrativa) • I significati espressi sia otto forma verbale sia emotivosomatici si aggregano in modo coerente con il contesto interno e situazionale e diventano esperienza soggettiva come stati mentali • Gli stati menatali fluiscono, di norma, nella coscienza del soggetto, mantenendo un certo grado di organizzazione e sono abbastanza sensibili da mutare concordemente con il contesto situazionale • Diventano problematici: se sono storie cariche di sofferenza emotiva e vengono ripetute rigidamente senza rispondere adeguatamente al cambiare delle situazioni Gli stati mentali problematici • Ogni disturbo di personalità è caratterizzato da un set tipico di stati mentali, rigido al mutare dei contesti. Le transizioni da uno stato all’altro seguono modalità riconoscibili. • Damasio emozioni soggetto negativa evitare. sostiene che scene mentali marcate da positive costituiscono stati del mondo che il avrà la tendenza a perseguire;la marcatura di tali scene indicherà stati del mondo da • I disturbi di personalità hanno un’alterazione della narrazione che può essere nel contenuto (povertà narrativa) o nella forma (disorganizzazione). Gli stati mentali problematici • Gli stati mentali sono caratterizzati da: – Temi di pensiero dominanti – Assetto emotivo – Stati somatici • C’è un rapporto tra gli stati mentali e i personaggi del paesaggio narrativo • La Psicoterapia: aiuta ad identificare gli stati mentali, il passaggio d uno stato all’altro e il relazione con i vari personaggi Gli stati mentali problematici Esempi Stato di rabbia-ingiustizia subita (D. Borderline) “Stamattina mi sono svegliata di umore nero..odio il mio lavoro, è da fallite. Sono entrata in stanza e quella strega della mia collega mi ha imposto di fare delle fotocopie. Ho sentito la testa che mi scoppiava per la rabbia, avrei voluto darle un pugno in faccia. Le odio mi vogliono sempre sottomettere per dimostrare la loro superiorità, non è giusto.” Stato di pena, colpa, danno arrecato (D. Borderline) “Avevo litigato con mio fratello per colpa del cane: facciamo a scaricabarile per portarlo fuori. Però lui sta preparando un esame e io non sto facendo nulla per aiutarlo. Sono cattiva. Quando sono tornata a casa era molto nervoso e giocava al pc.Se non passa l’esame è tutta colpa mia. Vorrei morire.” Stato di minaccia, solitudine, perdita (D. Borderline) “sono terrorizzata che mi lasci. Si accorgerà prima o poi di quanto sono pesante e che ho bisogno di lui. L’altro giorno quando ci siamo salutati mi è preso il panico, mi sono sentita solissima, e si mi abbandona?” Le funzioni meta-cognitive • Le funzioni metacognitive sono capacità dell’individuo di compiere operazioni cognitive euristiche sulle proprie ed altrui condotte psicologiche nonché la capacità di utilizzare tali conoscenza ai fini strategici per la soluzione di compiti e per padroneggiare specifici stati mentali fonte di sofferenza soggettiva • La metacognizione riguarda sia la conoscenza sia la regolazione degli stati mentali. È un’attività continua con cui nella vita di tutti i giorni regoliamo noi stessi e le nostre relazioni, comprendendo gli stati mentali nostri e altrui. • La metacognizione non è una funzione unica ma è costituita da diverse attività eterogenee. • Teoria della mente: capacità di rappresentarsi eventi mentali, di attribuire a sé e agli altri stati mentali e di prevedere e spiegare il comportamento manifesto sulla base di queste rappresentazioni (sviluppo completo verso i 4 anni: risoluzione del compito della falsa credenza) Le funzioni meta-cognitive • Autoriflessività: – Identificazione e Relazione tra variabili – Differenziazione – Integrazione Monitoraggio • Comprensione della mente altrui – – – – Identificazione e Relazione tra variabili Differenziazione Integrazione Decentramento • Strategie di padroneggiamento (mastery) – 1° livello – 2° livello – 3° livello I deficit possono essere: • Limitati all’area sintomatica • Contesto dipendenti • Generalizzati e stabili Le funzioni meta-cognitive Autoriflessività • Requisititi basici: consapevolezza di avere una mente propria e indipendente • Identificazione: capacità di distinguere, riconoscere e definire gli stati interni (emozioni, cognizioni, intenzioni) propri ed altrui • Relazioni tra variabili: capacità di stabilire relazioni di causalità tra stati mentali ed con eventi interni o esterni Identificazione e relazione tra variabili costituiscono la funzione di monitoraggio (il fallimento di questa finzione rende la mente del soggetto opaca) Le funzioni meta-cognitive Esempi di deficit di monitoraggio T: cosa ha provato? P: mi tremavano le mani T: Si sentiva tesa.. P: forse,stavo male non riuscivo a pensare a niente P: lui continuava a chiedermi “hai fatto questo?hai fatto quello?” Io “sì l’ho fatto” ad un certo punto comincia a dirmi che non avevo capito niente, che non aveva senso che stessi lì. Allora io serafica gli ho detto.. T:. Cosa provava? P: cosa provavo…più che altro che lui non capiva quello che stavo cercando di dire Le funzioni meta-cognitive Autoriflessività • Differenziazione: permette di riconoscere la natura rappresentazionale del pensiero distinguendo tra rappresentazione e realtà. Esempio di deficit “Sono disperato, mi immagino proprio cose terribili, ma penso forse che non sono vere non lo so, sono sceso oggi dal balcone con una fune T: dal balcone? P: ho l’idea che mi stiano spiando e sentivo questa angoscia dentro, allora mi sono detto scappo, faccio perdere le tracce, mi sembra di impazzire, come faccio ad escludere che sia vero?” Le funzioni meta-cognitive Autoriflessività • Integrazione: consente di costruire narrazioni coerenti per descrivere il proprio scenario mentale attraverso l’evoluzione di un proprio stato mentale e l’integrazione tra stati differenti. – Una mente che non integra risulterà confusa o dissociata Esempio di deficit: “Eleonora mi ha chiesto di accompagnarla. Siamo andati con la macchina. Adesso mi sto rendendo conto che non sto prendendo né l’autobus né la metropolitana. Neanche insieme ad altri. Ho pensato che non ce l’ho fatta a fare questa cosa e non ce la farò a fare niente. Ho provato fastidio verso mio padre. Non sopporto niente di quello che fa, di quello che dice. Sento che non riesco a seguire un filo logico parlando, non so. Mi sono sentita molto in colpa. Adesso mi è venuta in mente mia madre, il fatto che non riesco ad accontentarla.” Le funzioni meta-cognitive Comprensione della mente altrui • Requisititi basici: permettono di attribuire ad altri menti proprie e indipendenti • Identificazione e relazioni tra variabili: permettono il monitoraggio degli stati interni altrui ipotizzando e relazioni di casualità con eventi interni o esterni • Integrazione: consente di costruire narrazioni coerenti per descrivere lo scenario mentale altrui attraverso l’evoluzione di uno stato mentale o l’integrazione tra stati differenti. • Differenziazione: permette di riconoscere la natura ipotetica dello stato mentale altrui. Differenziare consente di compere operazioni di decentramento cogliendo le differenze tra il funzionamento mentale proprio ed altrui • Decentramento: prospettiva da cui si esercita la lettura degli stati mentali altrui • Se non differenziamo e non decentriamo la nostra mente sarà eogocentrica e/o autarchica Le funzioni meta-cognitive Esempio di deficit di comprensione della mente altrui Decentramento La scrivania nello studio del terapeuta era piena di libri, stava preparando un intervento ad un seminario P: “ Adesso glielo posso proprio dire, quando sono andata via l’altra volta ho pensato che la terapia non poteva proprio andare avanti, che per me non ci sono proprio speranze, entrando qui e vedendo questi libri sul tavolo, in particolare quello lì mi è venuta la paranoia che lei stesse studiando per capire il mio caso per cercare di trovare una soluzione e questo mi ha sconfortato ancora di più. Mi dica, è cosi?” Le funzioni meta-cognitive Strategie di padroneggiamento (mastery) Capacità di definire i problemi in termini psicologici, di formularli adeguatamente e di mettere in atto strategie adeguate per la loro soluzione o per fronteggiare la sofferenza psicologica che deriva da essi. L’incapacità di compiere tali operazioni rende la nostra mente impotente o disregolata Requisiti basici: atteggiamento attivo verso la soluzione dei problemi 1°livello: azione sullo stato dell’organismo (es. farmaci) e coordinamento interpersonale 2° livello: regolazione autonoma dello stato mentale, comportamenti attivi sullo state mentale problematico, evitamento, non pensarci 3°livello: uso delle conoscenze per la soluzione dei problemi intrapsichici e interpersonali criticando le proprie credenze ed accettando i propri limiti nel padroneggiare gli eventi I cicli interpersonali disfunzionali (1) Il soggetto attribuisce senso alla vita di relazione sulla base di previsioni, aspettative e intenzioni I processi di costruzione dell’individuo portano a tipici comportamenti e comunicazioni che elicitano nell’altro risposte prevedibili (Safran & Segal 1990) La motivazione di base è il bisogno del soggetto di relazionarsi all’altro, il desiderio sottostante gli schemi relazionali è quello di mantenere la relazione Il soggetto ha delle aspettative sull’andamento della relazione e con queste entrerà in rapporto, attendendosi determinate risposte Le sue previsioni lo muoveranno a comportamenti, automatici o coscienti, congrui con i desideri I cicli interpersonali disfunzionali (2) I cicli diventano disfunzionali quando conducono le relazioni in direzioni prescritte e prevedibili in cui entrambi i partecipanti provano affetti che rinforzano le credenze sulla relazione • Il soggetto può selezionare altri che giocano ruoli complementari a quelli assunti dal sé (es. se il sé presta cure selezionerà altri bisognosi d’aiuto), ricevendo risposte che confermeranno le assunzioni sottostanti (gli altri hanno bisogno del mio aiuto) • Il soggetto anticipa le reazioni degli altri e reagendo di conseguenza elicita proprio le reazioni previste (es. Un paziente che teme di essere rifiutato si pone in relazione con atteggiamento dimesso e sfuggente. Gli altri con molta probabilità risponderanno ignorandolo e questo confermerà in lui l’aspettativa di essere degno del rifiuto) • Il soggetto dissocia alcuni aspetti di sé. Questi riemergono nel comportamento non verbale e promuovono nell’altro delle risposte che rinforzano le convinzioni (anche inconsce) che avevano portato a dissociare quegli aspetti (es. il soggetto che si sente vittima, può dissociare la rabbia) • Di fronte all’attesa di eventi temuti (es. abbandono) il soggetto attiva delle difese (es. congelamento emotivo) che elicitano nell’altro la risposta temuta I cicli interpersonali disfunzionali (3) • I cicli disfunzionali si attivano anche con il terapeuta/operatore e condizionano profondamente l’andamento della relazione • I pazienti entrano in relazione con atteggiamenti che possono essere aggressivi, timorosi, distaccati, diffidenti, evitanti. Poiché mancano anche della capacità di riflettere sul proprio atteggiamento relazionale il tutto è complicato. Il terapeuta (operatore) proverà emozione che se agite possono rinforzare la psicopatologia • Il terapeuta/operatore entrerà nei cicli disfunzionali del paziente con disturbo di personalità (es. il paranoide evoca reazioni di paura, il narcisista può evocare noia o distacco) I cicli interpersonali disfunzionali (4) Per padroneggiare la spinta ad agire (che rischia di diventare antiterapeutica) che si avverte quando si è coinvolti in un ciclo problematico, bisogna ricorrere alle operazioni di disciplina interiore (Safran & Muran, 2004) Occorre quindi uno sforzo per ricollocarsi mentalmente in modo contrario alla tendenza spontanea che emerge dall’interazione con il paziente Tali operazioni consistono nel focalizzarsi sulle proprie emozioni e riconoscere il proprio stato mentale e successivamente focalizzarsi sul paziente, sulle sue emozioni e sulle eventuali comunanze La regolazione delle scelte Elementi: • scopi (famiglia di stati mentali accomunati dall’essere rappresentazioni cui un sistema cognitivo, tramite l’azione cerca di adeguare il mondo. Oltre ai desideri, ci sono aspirazioni, rimpianti, bisogni e aspettative) e credenze del soggetto • Le opzioni d’azione possibili • Un criterio in base al quale valutare le conseguenze ipotizzabili Ciò che guida le scelte non è sempre una razionalità classica. L’individuo cerca di raggiunger i propri obiettivi I processi cognitivi disfunzionali sono quelli che riducono le capacità di cambiamento e di adattamento dell’individuo, ovvero la su abilità nell’esplorare le alternative, nell’adeguare i mezzi ai propri scopi e nel discernere come e quando accettare i fallimenti Tre componenti • Emozioni, desideri, scopi (marcatore somatico) • Valori e sé ideale • Contesto interpersonale La regolazione delle scelte Valori Sé ideale Emozioni Scopi Contesto Desideri interpersonale Linee generali di trattamento • Superare i cicli interpersonali problematici • Regolare il tono emotivo in seduta • Incrementare in seduta le funzioni meta-rappresentative • Individuare in seduta gli stati problematici • Denominare gli stati problematici • Spiegare i deficit meta-rappresentativi • Concordare i compiti per migliorare le funzioni metarappresentative • Concordare i compiti per riconoscere e gestire gli stati problematici • Utilizzare i promemoria e regolare il ricordo della seduta • Spiegare e discutere eventuali deficit cognitivi/sociali (Concordare un programma di riabilitazione per tali deficit e applicare il programma Linee generali di trattamento Superare i cicli interpersonali problematici “primo non nuocere” Nei disturbi di personalità è frequente il sentirsi spinti ad agire e spesso in modo antiterapeutico I cicli problematici si attivano frequentemente e con intensità maggiore nei disturbi di personalità rispetto ad altri disturbi e condizionano profondamente la relazione e l’andamento del processo Gli schemi interpersonali patogeni e i deficit meta-rappresentativi si rafforzano reciprocamente. I primi spingono i pazienti ad entrare n relazione con atteggiamenti, di volta in volta aggressivi, timorosi, evitanti, distaccati, diffidenti, evitanti. I secondi impediscono loro di riflettere sul proprio atteggiamento relazionale e di comprendere le intenzioni dell’altro, ostacolando la correzione delle previsioni contenute negli schemi. Tutto questo induce nel terapeuta emozioni che se agite possono rinforzare la psicopatologia Per padroneggiare la spinta ad agire in direzione antiterapeutica si ricorre ad operazioni di disciplina interiore (Safran e Segal): lo sforzo necessario a ricollocarsi mentalmente in modo contrario alla tendenza spontanea che emerge dall’interazione con il paziente Linee generali di trattamento Superare i cicli interpersonali problematici • Il terapeuta si focalizza in un primo momento sul proprio stato mentale problematico per coglierne gi aspetti emotivi, cognitivi e relazionali essenziali • Poi il focus si sposta sul paziente e il terapeuta si chiede cosa della propria esperienza possa essere condiviso e cosa possa essere complementare • Quando riesce l’operazione di disciplina interiore di per sé determina la fuoriuscita dal ciclo, in quanto il terapeuta si sposta da una prospettiva antiterapeutica ad una prospettiva empatica da cui comprende lo stato mentale del paziente e il proprio ruolo nel determinarlo e mantenerlo Esempio: il ciclo del distacco con il paziente evitante (il terapeuta si annoia) o con il narcisista (il terapeuta si sente infastidito) (Dimaggio e Semerari pg 81) Linee generali di trattamento Regolare il tono emotivo in seduta •Importante perché: alcuni stati emotivi impediscono o ostacolano la capacità di riflettere in modo utile sui propri stati mentali e perché così potrà essere rievocato meglio il ricordo della seduta •Nei disturbi di personalità è particolarmente accentuata la tendenza a rievocare e selezionare le informazioni in base allo stato emotivo intenso. Questo effetto è accentuato da sedute emotivamente disregolate o caotiche. •Una seduta emotivamente ben regolata è quella dove è presente una sensazione di padroneggiamento. Il paziente deve percepire di poter parlar delle sue esperienze dolorose percependo la possibilità di capire, fronteggiare e dominare certi stati. Lo scopo è quello di facilitare nel paziente, nel momento in cui i troverà da solo nello stato doloroso, la rievocazione del clima rassicurante della seduta. Se questo avviene è facilitato anche il ricordo del contenuto cognitivo e delle osservazioni del terapeuta che favoriscono la distanza critica e il padroneggiamento Alcuni climi problematici (esempi a pg 83 Dimaggio & Semerari 2003) •Il distacco emotivo •La disperazione •L’urgenza •La devitalizzazzione Linee generali di trattamento Incrementare in seduta le funzioni meta-rappresentative Gli interventi sulla meta-rappresentazione: sottolineano il valore e il significato di ciò che pensa e prova il paziente Rivelano alcuni aspetti degli stati menatali del terapeuta e del modo con cui egli partecipa alla relazione Sottolineano la dimensione condivisa tra l’esperienza del paziente e quella del terapeuta • Validazione • Svelamento • Condivisione Linee generali di trattamento Incrementare in seduta le funzioni meta-rappresentative Validazione •Necessaria quando il paziente si trova in uno stato autoinvalidante, uno stato mentale in cui giudica negativamente o tenta di sopprimere qualunque aspetto della propria esperienza considerandola indegna, sbagliata, orribile o inaccettabile dagli altri. •L’intervento di validazione si muove nella ricerca dell’equilibrio ottimale tra accettazione e cambiamento, mettendo in luce, contemporaneamente, ciò che è valido e ciò che è dolorosamente disfunzionale. •Il terapeuta deve porsi in condizioni di ascolto empatico chiedendosi “cosa proverei e cosa farei se fossi convinto di quello in cui è convinto il paziente?”. Esempio: T: capisco il senso di frustrazione, di imbarazzo e di irritazione verso se stessi nel compiere tanti sforzi e vedere così pochi risultati. Ma immagini una qualunque persona che debba studiare con qualcuno dietro la schiena che le dice continuamente in tono sprezzante “beh vediamo che sai fare! Su,su, che hai capito?ma quell’altra cosa te la ricordi?e quante pagine hai fatto?”Lei studia in queste condizioni anche se è lei stesso a darsi il tormento. Quanti otterrebbero più risultati di lei? Linee generali di trattamento Incrementare in seduta le funzioni meta-rappresentative Tali interventi migliorano le funzioni metarappresentative in quanto: 1) eliminano alcuni ostacoli alla riflessione su di sé 2) incoraggiano il paziente a pensare alla propria esperienza in modo non giudicante 3) lo rassicurano dall’idea di dover fronteggiare aspetti inaccettabili 4) consentono di discuterne senza il timore che l’interlocutore li consideri intrinsecamente sbagliati o ne risulti spaventato •La validazione si rivela uno strumento prezioso anche quando il paziente vive in modo sintonico comportamenti disfunzionali. Linee generali di trattamento Incrementare in seduta le funzioni meta-rappresentative Svelamento Consiste in dichiarazioni esplicite, da parte del terapeuta, su ciò che sta provando e pensando in un dato momento. E’ necessario con pazienti che presentano gravi difficoltà di decentramento e comprensione della mente degli altri, per vicariare le difficoltà del paziente a comprendere le sue intenzioni: nei momenti di rottura dell’alleanza, il terapeuta inizia con lo svelare la propria esperienza del momento, evitando di assumere che essa debba, in ogni caso, essere stata determinata dal comportamento del paziente. Quindi, per favorire l’inizio del processo autoriflessivo, propone una connessione tra tale esperienza ed un marker espressivo di quest’ultimo Esempio: T: Mi sentivo in difficoltà ad esprimermi. Ho cercato di capire perché e mi sono trovato a pensare che era legato al modo con cui sorrideva, che io interpretavo come sorriso di scherno. Lei percepiva di stare sorridendo? Linee generali di trattamento Incrementare in seduta le funzioni meta-rappresentative Condivisione Consiste in interventi espliciti in cui si sottolinea che alcuni aspetti dell’esperienza del paziente sono condivisi o condivisibili dal terapeuta stesso. Gli interventi di condivisione contengono elementi sia di validazione sia di svelamento. Con questa tecnica, infatti, il terapeuta implicitamente valida l’esperienza del paziente attraverso l’accettazione e il riconoscimento della dimensione condivisa e, nel farlo, svela aspetti dei propri stati mentali. Linee generali di trattamento Condivisione • Uso del noi universale Con essa il terapeuta suggerisce implicitamente che condivide l’esperienza del paziente in quanto essa è potenzialmente condivisibile da tutta l’umanità. Ad esempio: M: Mi sta dicendo che attraversa uno di quei momenti di vuoto in tutto ci appare senza scopo e senza senso e ci chiediamo perché siamo venuti al mondo? • Riferimenti a stati mentali del terapeuta in seduta Questa tecnica è sovrapponibile a quella di svelamento. In questo caso però si pone particolare attenzione agli aspetti condivisi e ci si sofferma sulla ricerca di strategie di padroneggiamento. • Discussione su argomenti di interesse condiviso Molti operatori psichiatrici utilizzano spontaneamente i discorsi su argomenti di comune interesse per creare un clima di condivisione e di agio con pazienti deliranti o con gravi difficoltà di rapporto interpersonale. Questo è particolarmente utile con pazienti con deficit di differenziazione e di decentramento. Il terapeuta, partendo dalla discussione di un argomento che suscita l’interesse di entrambi (cinema, letteratura, sport, ecc.), sollecita il paziente ad uscire da una stato di prevalente autarchia mentale. All’interno della discussione si invita il paziente a considerare punti di vista diversi dal proprio in modo da favorire operazioni di decentramento. • Narrazioni di episodi di vita del terapeuta Analogamente al noi universale la narrazione deve riferirsi ad esperienze comuni e di portata generale. Come per tutti i tipi di svelamento, la narrazione di episodi di vita del terapeuta ha un effetto positivo quando il paziente la percepisce come un tentativo di normalizzazione Linee generali di trattamento • Individuare e denominare in seduta gli stati problematici (esempio a pg 99) • Spiegare i deficit meta-rappresentativi (esempi a pg 93,94) • Concordare i compiti per migliorare le funzioni metarappresentative • Concordare i compiti per riconoscere e gestire gli stati problematici (es.compiti di auto-osservazione) • Utilizzare i promemoria e regolare il ricordo della seduta • Spiegare e discutere eventuali deficit cognitivi/sociali (Concordare un programma di riabilitazione per tali deficit e applicare il programma (esempio a pg 103)