CLASSIFICAZIONE TUMORI TIROIDEI • 1. 2. 3. 4. CARCINOMI DIFFERENZIATI: FOLLICOLARE PAPILLARE MIDOLLARE A CELLULLE DI HURTHLE • 1. CARCINOMI INDIFFERENZIATI CARCINOMA ANAPLASTICO CARCINOMI TIROIDEI • È la neoplasia maligna più comune del sistema endocrino • Tra le neoplasie umane che presentano una riduzione di incidenza, il k tirodeo presenta un andamento in contro tendenza • Gran parte di questo aumento è dovuta al fatto che si assiste ad una maggiore sensibilità diagnostica per forme subcliniche della malattia, ma è pure vero che vi è una maggiore esposizione della popolazione dei paesi occidentali alle radiazioni ionizzanti, cause mediche, incidentali o belliche • Lo studio del genoma ha permesso di individuare alcuni geni che, se alterati, portano alla formazione di tumori • Nella maggior parte dei tumori della tiroide è possibile risalire alla causa genetica scatenante la trasformazione e la progressione neoplastica CARCINOMI DIFFERENZIATI DELLA TIROIDE • Il k tiroideo è 2 volte più frequente nelle donne che negli uomini • Caratteristiche tipiche del k tiroideo rendono particolarmente facile il suo trattamento • 1 – i noduli tiroidei sono facilmente palpabili, permettendo una diagnosi precoce e una diagnosi citologica mediante agoaspirato • 2 – i radioisotopi dello iodio ( I123) possono essere utilizzati per diagnosticare e per trattare (I131) il k differenziato della tiroide grazie all'esclusiva captazione di questo anione da parte della ghiandola tirodea FATTORI DI RISCHIO 1. Radiazioni ionizzanti: l’esposizione a questo tipo di radiazioni è associata ad un danno del DNA e ad un aumentato rischio di sviluppare neoplasie maligne. La ghiandola tiroidea è più radiosensibile rispetto ad altri organi. Le radiazioni ionizzanti rappresentano l’unico fattore di rischio ambientale associato allo sviluppo di carcinomi tiroidei come è stato confermato dagli studi condotti sui sopravissuti alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki. Recentemente studi eseguiti sugli individui esposti alle radiazioni ionizzanti sprigionatesi dopo l’incidente di Chernobyl hanno confermato la drammatica associazione tra l’esposizione alle radiazioni ionizzanti durante l’infanzia e l’adolescenza e il rischio successivo di sviluppare un k della tiroide. FATTORI DI RISCHIO 2. Fattore alimentare: la deficienza cronica di iodio induce un aumento della secrezione del TSH quindi la formazione di gozzi che a loro volta sono stati associati ad una neoplasia. Alcune popolazioni che praticano diete ricche di iodio (Svezia, Stati Uniti…) hanno una elevata incidenza di k papillare della tirode 3. Familiarità: circa il 5% dei pazienti affetti da k tiroideo ha una ricorrenza familiare della malattia 4. Suscettibilità genetica: i tumori papillari della tirode sono caratterizzati da mutazioni attivanti del protoncogene BRAF o da riarrangiamenti somatici del protoncogene RET. I tumori follicolari presentano mutazioni attivanti del Ras. FATTORI PROGNOSTICI DEL CARCINOMA TIROIDEO • Il carcinoma differenziato della tiroide rappresenta oltre il 90% di tutte le neoplasie maligne con una prognosi favorevole. La sopravvivenza a 10 anni si riduce del 6570% nei casi di k midollare della tiroide; risulta eccezionale nei pazienti con carcinoma anaplastico. • La prognosi del k tiroideo dipende da numerosi fattori, la combinazione dei quali permette di classificare il paziente ad alto o a basso rischio di recidiva di persistenza di malattia o di morte. FATTORI PROGNOSTICI PRE - OPERATORI (fase 1) • In questa fase della stadiazione del paziente con k tiroideo sono presi in considerazione i seguenti fattori prognostici: • A) età: costituisce il più importante fattore di rischio; i pazienti con k differenziato con età inferiore a 45 anni sono considerati in stadio 1, qualunque dimensione abbia il tumore primitivo, pur in presenza di metastasi linfonodali; solo l’evidenza di metastasi a distanza è associata ad una prognosi peggiore (stadio 2) • B) dimensioni del tumore: l’aumento delle dimensioni della neoplasia primitiva corrisponde ad una prognosi peggiore. FATTORI PROGNOSTICI PRE - OPERATORI (fase 1) • C) coinvolgimento linfonodale: è controverso il ruolo delle metastasi linfonodali. • D) metastasi a distanza: si è dimostrato che la presenza di metastasi a distanza rappresenta un fattore di rischio maggiore. FATTORI PROGNOSTICI POSTOPERATORI (fase 2) • Dopo l’intervento chirurgico i pazienti con k tiroideo devono essere ristadiati. La valutazione dei diversi fattori di rischio dopo l’intervento di tiroidectomia permette la classificazioine dei pazienti con carcinoma differenziato nelle seguenti categorie: • 1) a rischio molto basso: vi rientrano i pazienti con microcarcinoma unifocale appartenente ad una delle varianti non aggressive senza estensione extracapsulare e senza metastasi • 2) ad alto rischio: sono i portatori di metastasi a distanza o quelli nei quali non è stata possibile una resezione completa della neoplasia o quelli che, non avendo avuto una resezione completa della neoplasia, presentano metastasi linfonodali o estensione del tumore oltre la capsula (T3 O T4) • 3) a basso rischio: sono i pazienti che non rientrano nei 2 gruppi precedenti STADIAZIONE POST- TERAPIA ABLATIVA CON RADIOIODIO (fase 3) • I pazienti ad alto rischio devono essere sottoposti a terapia con radioiodio ad alte dosi. I pazienti a basso rischio vanno sottoposti a dosi tra 30 e 100 mCi. CARCINOMI DIFFERENZIATI DELLA TIROIDE • • • • • • Si classificano in: - TUMORI A CELLULE EPITELIALI FOLLICOLARI - TUMORI PAPILLIFERI Derivano dall'epitelio follicolare tiroideo Hanno una buona prognosi L'incidenza del k tiroideo si aggira intorno a 9 per 100000 abitanti, aumenta con l'età e con un plateau intorno ai 50 anni CARCINOMI DIFFERENZIATI DELLA TIROIDE • K PAPIILLIFERO : • Il k papillare rappresenta l’85% dei tumori differenziati ed è il tumore con prognosi migliore (sopravvivenza a 10 anni del 93%) • Il k papillare mostra una spiccata tendenza all’interessamnto delle stazioni linfonodali cervicali, rara è la metastatizzazione a distanza • Singolare è il fatto che la mestatizzazione linfonodale non influisca minimamente sulla prognosi, ma che l’unico fattore prognostico veramente importante sia l’età. CARCINOMI DIFFERENZIATI DELLA TIROIDE • Altri fattori che influiscono negativamente sulla prognosi sono l’estensione locale oltre la capsula ghiandolare con invasione dei tessuti vicini e la presenza di metastasi a distanza. Varianti anatomo-patologiche del k papillifero • A – MICROCARCINOMA PAPILLIFERO, cioè inferiori ad 1 cm • La curva di sopravvivenza di pazienti colpiti da questa neoplasia non si discosta dalla popolazione sana • B – CARCINOMA PAPILLIFERO CAPSULATO: questo tipo di carcinoma è completamente circondato da una capsula fibrosa • La prognosi a lungo termine è paragonabile a quella del microcarcinoma papillifero Varianti anatomo-patologiche del k papillifero • C – VARIANTE FOLLICOLARE DEL K PAPILLIFERO • Questa forma mostra per definizione un modello di crescita puramente follicolare e solo un attento esame porta al riconoscimento di strutture papillare • D – CARCINOMA PAPILLIFERO VARIANTE SCLEROSANTE DIFFUSA: è la forma più maligna, infatti mostra un’ imponente linfagiosi carcinomatosa che spiega la frequente diffusione di entrambi i lobi ghiandolari e nei linfonodi cervicali TRATTAMENTO CHIRURGICO CA PAPILLARE • Il trattamento chirurgico del k papillare consiste nella tiroidectomia totale (noi non eseguiamo mai la loboistmectomia!!) • La linfoadenectomia si esegue solo quando vi sono segni evidenti clinici o ecografici di metastatizzazione linfonodale • Siamo del parere di eseguire sempre la tiroidectomia totale perché il k papillifero è molto spesso multifocale bilaterale. K FOLLICOLARE DELLA TIROIDE • Costiuiscono il 5-15% dei carcinomi differenziati della tiroide • Il k follicolare predilige i pazienti in età avanzata • Si manifesta frequentemente come reperto unifocale, risulta molto spesso associato ad una condizione di gozzo plurinodulare e sembra prediligere le aree iodio carenti • Il k follicolare tende ad invadere i vasi sanguigni mostrando così maggiore tendenza alla metastatizzazione a distanza, con predilizione del tessuto osseo e polmonare • La sopravvivenza globale a 10 anni dalla diagnosi si aggira intorno al 70% Varianti istopatologiche del k follicolare • A – K FOLLICOLARE MINIMAMENTE INVASIVO (CAPSULATO): assomiglia molto ad un adenoma follicolare al punto che la diagnosi viene formulata spesso dopo ripetuti esami e diverse preparazioni • B – K FOLLICOLARE FRANCAMENTE INVASIVO • C – K FOLLICOLARE ONCOCITARIO (OSSIFILO) O K A CELLULE DI HURTLE: presenta un'aggressività maggiore rispetto ai carcinomi follicolari non oncocitari • D – CARCINOMA SCARSAMENTE DIFFERENZIATO (INSULAR CARCINOMA) DIAGNOSI • Così come accade per le neoplasie papillari anche il follicolare si presenta frequentemente in una forma asintomatica (60%), in circa il 25% dei casi si associa ad un gozzo plurinodulare, soprattutto in zone di endemia gozzigena. Solo in una minoranza di casi si possono apprezzare sintomi quali: disfonia, disfagia, sindrome meccanica ostruttiva. • L’ecografia ci rappresenta bene la morfologia della nodularità tiroidea e la selezione dei pazienti candidati ad una tipizzazione citologica mediante FNA DIAGNOSI • L’ecografia nel k follicolare riveste un ruolo minore rispetto al contributo fornito in caso di k papillifero: il reperto ecografico di nodulo ipoecogeno, solido, a margini irregolari, con microcalcificazioni risulta molto suggestivo per k papillifero. Per il k follicolare non esiste un pattern ecografico specifico, potendo manifestarsi in una varietà di quadri morfologici che ne limita l’utilità nella diagnosi di natura. DIAGNOSI • FNAb ecoguidata: rappresenta attualmente la metodica diagnostica più accurata ed efficace nella determinazione della natura delle nodularità tiroidee. Purtroppo essa svolge un ruolo diagnostico fondamentale solo in caso di k papillifero. Risulta invece incapace di distinguere le forme benigne e maligne di proliferazione follicolare DIAGNOSI • Le lesioni a struttura follicolare non possono essere diagnosticate come benigne o maligne sulla base della sola morfologia cellulare, ma piuttosto sulla base dell’atteggiamento delle cellule. Solo se cellule morfologicamnete simili aggrediscono la capsula della neoplasia o infiltrano i vasi peritumorali, la lesione viene diagnosticata come maligna. CARCINOMA A CELLULE DI HURTHLE • Viene chiamato anche a cellule oncocitarie o a cellule ossifile. Secondo la WHO viene considerata una variante del carcinoma follicolare; è difficilmente distinguibile dal k follicolare classico se non per il tipico colore bruno mogano. • Il quadro clinico è simile a quello degli altri tumori differenziati. • La diagnosi di malignità rimane solo istologica • La citologia ci pone gli stessi problemi già visti per il k follicolare, in ogni caso una diagnosi di proliferazione follicolare merita sempre un intervento di tiroidectomia CARCINOMA MIDOLLARE • Il carcinoma midollare della tiroide (CMT) si sviluppa dalle cellule parafollicolari o cellule C che producono calcitonina, rappresenta il 5% circa delle neoplasie maligne della ghiandola ed è ereditario nel 25% (MEN2A, MEN2B) nella maggior parte dei casi (80%) insorge come forma sporadica. • La sopravvivenza a 5-10 anni in un paziente con k midollare si aggira intorno al 75% Diagnosi clinica • Vi sono tre principali obiettivi da tenere presente nella diagnosi primaria di CMT: 1) l’individuazione della lesione 2) La stadiazione 3) L’ereditarietà 1) I pazienti spesso sono portatori di un nodulo tiroideo che può essere palpabile e possono esserci linfonodi laterocervicali. La citologia e il dosaggio della calcitonina ematica confermano la diagnosi, ma possono risultare non determinanti nel chiarire il quadro clinico. Nei casi dubbi può essere utile il dosaggio della calcitonina ottenuto dall’agobiopsia. Diagnosi clinica • 2) Per la stadiazione della lesione l’ecografia e la TAC sono sufficienti per lo studio del tumore e di eventuali linfonodi metastatici. • 3) L’accertamento di ereditarietà della lesione può essere effettuato sia utilizzando il test alla pentagastrina su tutti i familiari del paziente sia attraverso lo studio del DNA dei familiari. Lo studio del DNA si effettua con un semplice prelievo ematico e si basa sulla ricerca della mutazione germinale del protoncogene RET. CLASSIFICAZIONE DELLE STAZIONI LINFONODALI DEL COLLO • I LIVELLO: linfonodi sottomandibolari e sottomentoniero • II LIVELLO: linfonodi giugulari superiori, giugulo digastrici e spinali superiori. Sono situati lungo il terzo superiore della vena giugulare interna fino al punto di inserzione del dotto tireo-linguo-facciale • III LIVELLO: si chiamano linfonodi giugulari medii. Sono compresi tra i punti di inserzione del dotto tireo-linguofacciale e il punto di intersezione della vena giugulare interna con il muscolo omoioideo CLASSIFICAZIONE DELLE STAZIONI LINFONODALI DEL COLLO • IV LIVELLO: linfonodi giugulari inferiori. Sono compresi tra i punti di inserzione della vena giugulare interna con il muscolo omoioideo e la clavicola • V LIVELLO: sono il linfonodi dell’accessorio spinale medii ed inferiori. Sono inclusi nel triangolo posteriore delimitato dal margine posteriore del muscolo sternocleidomastoideo, clavicola e margine anteriore del trapezio. • VI LIVELLO: linfonodi del comparto centrale. Includono i linfonodi prelaringei, pretracheali, laterotracheali o ricorrenziali e mediastinici antero-superiori. Sono compresi nello spazio delimitato lateralmente dalla guaina tiroidea, in alto dall’osso ioide e in basso dal tronco brachio cefalico. CLASSIFICAZIONE DELLE STAZIONI LINFONODALI DEL COLLO • VII LIVELLO: sono i linfonodi compresi nella regione mediastinica. TRATTAMENTO • Il trattamento è chirugico sia nella forma sporadica che familiare. • La prognosi è in funzione dell’estensione della lesione e di conseguenza il trattamento si fonda sull’identificazione della fase di iperplasia precancerosa di cellule C. CARCINOMA INDIFFERENZIATO (ANAPLASTICO) • Si tratta di un tumore scarsamente differenziato e molto aggressivo. La prognosi è molto infausta. La maggior parte dei pazienti muore entro i 6 mesi • La crescita rapida di questo tumore e la tendenza di oltrepassare i limiti ghiandolari portano molto spesso a complicazioni di natura meccanica. Scintigraficamnte il tumore non capta iodio CARCINOMA INDIFFERENZIATO (ANAPLASTICO) • Istologicamente si nota un'alta attività mitotica, ampia necrosi ed un'invasione aggressiva tanto dei residui tiroidei quanto delle strutture tiroidee • È peculiare che in molti di questi carcinomi si trovino residui di k follicolori o papilliferi ben differenziati, questo sta a significare la possibilità di una trasformazione anaplastica di questi tumori TERAPIA K TIRODEO • TERAPIA TSH SOPPRESSIVA: • La soppressione del TSH mediante L-tiroxina è un aspetto fondamentale del k tiroideo • L'obiettivo con la tiroxina è quello di ottenere la soppressione del TSH senza causare effetti collaterali da eccesso di ormone tiroideo • TERAPIA RADIOMETABOLICA APPROCCIO DEL PAZIENTE CON K TIROIDEO • Lo scopo principale di un nodulo tiroideo è quello di identificare il piccolo sottogruppo di pazienti con lesione maligna • La maggior parte dei noduli palpabili è superiore ad 1 cm, ma la possibilità di identificare un nodulo alla palpazione è data dalla sua localizzazione • È importante distinguere il nodulo tiroideo singolo dal nodulo dominante nel contesto di un gozzo multinodulare, dal momento che l'incidenza di una neoplasia maligna è maggiore nei soggetti con nodulo singolo • La maggior parte dei pazienti con noduli tiroidei ha una normale funzionalità tiroidea, e deve essere valutata dosando il TSH, che potrebbe essere soppresso da 1 o più noduli funzionanti APPROCCIO DEL PAZIENTE CON K TIROIDEO • Se il TSH è soppresso è indicata l'esecuzione di una tireo scintigrafia per determinare se il nodulo è “caldo”, dal momento che le lesioni con aumentata iodo captazione non sono generalmente maligne e non è necessaria la citologia • In caso contrario (“nodulo freddo”) l'esame citologico con ago sottile dovrebbe essere il primo passo nella valutazione del nodulo tiroideo • La citologia ha un buon livello di sensibilità e di specificità • La tecnica è particolarmente efficace nell'individuare il k papillare • La distinzione tra lesioni follicolari benigne e maligne è generalmente impossibile con la sola citologia APPROCCIO DEL PAZIENTE CON K TIROIDEO • La diagnosi di neoplasia follicolare rappresenta un'indicazione all'intervento, dal momento che la diagnosi differenziale tra tumore benigno e maligno non può essere eseguita su preparati citologici o su sezione estemporanea • In ogni caso in un nodulo che aumenta di dimensione nel tempo è indicata una valutazione citologica nel tempo per confermare la benignità del nodulo • L'ecografia ci fornisce dei dati importanti circa le caratteristiche del nodulo • Le tumefazioni sospette sono povere di echi e spesso con margini poco netti APPROCCIO DEL PAZIENTE CON K TIROIDEO • L’ecografia ci fornisce inoltre informazioni circa la forma e la grandezza del nodulo, della vascolarizzazione nonché la presenza di calcificazioni • Un nodulo ipoecogeno molto vascolarizzato nel cui contesto sono presenti calcificazioni, potenzialmente, è molto sospetto per tumore IPERPARATIROIDISMO • Le 4 ghiandole paratiroidi producono il paratormone (PTH), che svolge un ruolo nella regolazione del metabolismo del calcio • Il PTH è un peptide di 84 aminoacidi • La funzione principale del PTH è l’omeostasi del Calcio nei liquidi extracellulari, con funzione ipercalcemizzante • Il PTH deve essere considerato come un ormone risparmiatore di Ca che in sinergismo con l’ormone Vit.D3 (Calcitriolo) e con la Calcitonina contribuisce a regolare la Calcemia agendo sugli organi bersaglio principali: Scheletro, Rene, Intestino • Il PTH agisce direttamente sull’osso attivando gli osteoclasti, che pure non posseggono recettori specifici, forse mediante l’azione paracrina di citokine prodotte dagli osteoblasti, mobilizzando il calcio depositato e immettendolo in circolo; gli osteoblasti, che possiedono i recettori per il PTH sono fondamentali per il suo effetto anabolico • Agisce direttamente sul rene determinando il riassorbimento tubulare dello stesso e la produzione di Vit D3 a partire dalla Vit D2 • Agisce indirettamente sull’intestino tenue stimolando la produzione di 1,25(OH)2 D3 che, a sua volta media l’assorbimento intestinale di calcio • Il calcio, a sua volta, determina un feedback negativo sulle paratiroidi, inibendo il rilascio di PTH • Quando la Calcemia risulta nei limiti (8.20-10.40 mg/dl) le paratiroidi secernono “tonicamente” il PTH • Il cronico eccesso di PTH porta ad un continuo rimodellamento osseo con riscontro istologico di Fibroosteoclasia e poi di Osteite fibrosa cistica di Recklinghausen (quadro clinico ormai di raro riscontro) Calcitonina: viene prodotta dalle cellule C della Tiroide ed ha effetto antagonista rispetto al PTH • A livello osseo inibisce l’osteolisi in condizioni di ipercalcemia • La Calcitonina non è stimolata solo dall’ipercalcemia ma anche da ormoni gastrointestinali Favorisce (indirettamente Vit D) l’assorbimento intestinale di calcio PTH Favorisce il riassorbimento tubulare di calcio - riassorbimento minerale e spostamento di calcio nel sangue - rimodellamento osseo: osteite fibrosa IPERPARATIROIDISMO PRIMITIVO • È un'alterazione generalizzata del calcio, del metabolismo del fosforo e dell'osso dovuta ad un'aumentata secrezione di PTH • La DIAGNOSI di iperparatiroidismo spesso viene fatta “incidentalmente”, nei pazienti sottoposti a screening per altre patologie • Le manifestazioni cliniche possono essere moderate, il decorso della malattia può essere benigno per molti anni o per tutta la vita • L'incidenza annuale di questa malattia nei soggetti con età superiore ai 60 anni si aggira intorno all'1% EZIOLOGIA • Nell'80% dei casi la causa risiede in una paratiroide iperfunzionante • Solitamente si tratta di un ADENOMA PARATIROIDEO, raramente si tratta di CARCINOMA • Solo raramente sono interssate più ghiandole ANATOMIA PATOLOGICA • Gli adenomi interessano generalmente le paratiroidi inferiori. Ma nel 6-10% dei casi l'adenoma può essere localizzato nel timo, nella tiroide o nel retroesofago (paratiroidi ectopiche) • Il carcinoma paratiroideo di solito non ha caratteristiche di aggressività • Se il paziente viene sottoposto ad intervento chirurgico, la guarigione è sicura SEGNI E SINTOMI • La metà dei pazienti con iperparatiroidismo è asintomatica. • Le manifestazioni cliniche coinvolgono principalmente i reni e lo scheletro • Prima degli anni '70, era frequente la litiasi renale, con coliche renali frequenti • La manifestazione ossea dell'iperparatirodismo è l'osteite fibroso-cistica • Da un punto di vista istologico le caratteristiche patognomoniche della malattia sono un aumento degli osteoclasti nelle aree di riassorbimento della superficie ossea e una sostituzione dei normali elementi cellulari e del midollo con SEGNI E SINTOMI • Il 50% dei pazienti è asintomatico o presenta sintomi aspecifici come l'astenia e/o facile stancabilità • Quando i sintomi sono presenti possono essere attribuiti all'ipercalcemia • L'ipercalcemia causa riduzione dell'eccitabilità sinaptica e se supera i 12 mg/dl possono comparire manifestazioni a carico del SNC, con un quadro neuropsichico variabile: - Apatia - Labilità emotiva • Nei casi in cui la calcemia supera i 15 mg/dl possono comparire gravi alterazioni psichiche come alterata personalità, sindrome ansioso-depressiva, perdita della memoria per gli avvenimenti recenti fino all'ottundimento mentale e al coma SEGNI E SINTOMI • Può essere presente un quadro caratterizzato da artralgie simmetriche a carico delle articolazioni interfalangee prossimali • L'iperaparatiroidismo primario può essere associato a gotta con iperuricemia, ma il più frequente quadro articolare è dovuto alla pseudogotta, caratterizzata dalla deposizione articolare di cristalli di pirofosfato di calcio, alla condrocalcinosi e alle calcificazioni tendinee • Le manifestazioni gastroenteriche comprendono nausea, vomito, epigastralgie e stipsi • L’iperpapatiroidismo primario è frequentemente associato all’ulcera peptica, maggiormente rispetto alla popolazione generale (forse per lo stimolo alla produzione cloridrica dato dal calcio) SEGNI E SINTOMI • L'iperparatiroidismo primario non è generalmente una malattia che minaccia rapidamente la vita • Tuttavia una crisi acuta iperparatiroidea può costituire una complicanza mortale • Si manifesta con una sintomatologia dominata da crisi depressive, astenia profonda che evolve verso il coma, dolori epigastrici con vomito, poliuria con sete intensa e disidratazione DIAGNOSI • La diagnosi vine posta in base al riscontro di un livello sierico aumentato di paratormone in un paziente con ipercalcemia asintomatica o normocalcemico • La fosforemia è di solito ridotta, ma può essere anche normale soprattutto in quei casi in cui si è sviluppata un'insufficienza renale • La scintigrafia con sesta-mibi è particolarmente efficace nella ghiandola iperplastica • Radiologicamente si assiste ad un riassorbimento delle estremità distali delle falangi e la trasformazione del normale profilo corticale dell'osso delle falangi con un profilo irregolare (riassorbimento subperiostale) • La tomografia computerizzata e la minarolametria della colonna vertebrale offrono una stima quantitativa riproducibile della densità minerale ossea Diagnostica di Localizzazione nell’Iperparatirodismo • Ecografia: rappresenta una tecnica affermata per la diagnostica degli adenomi e delle iperplasie paratiroidee • E’ indicata principalmente nei pazienti con iperparatiroidismo primario e meno nei pazienti con iperparatiroidismo secondario • TAC: si presta bene alla ricerca di tumori paratiroidei cervicali e mediastinici • La TAC rappresenta una indagine utile nella diagnostica di localizzazione dell’iperparatiroidismo, in ogni caso il suo valore diagnostico sembra essere inferiore a quello della scintigrafia • Scintigrafia: il principio della scintigrafia si basa sulle differenti affinità per il tracciante da parte della tiroide e delle paratiroidi • Usando Tallio/201 e Tecnezio/99m, si evidenzia che il Tallio viene captato dalla Tiroide e dalla Paratiroide, il Tecnezio è captato solo dalla tiroide • Se successivamente ad una scintigrafia con Tallio si esegue una scintigrafia con Tecnezio, la seconda immagine viene sottratta alla prima e alla fine rimane visibile solo la captazione riferita al tessuto paratiroideo • Scintigrafia Tecnezio-sestamibi:si tratta di una sostanza lipofila, che nelle cellule con un numero elevato di mitocondri (adenomi paratiroidei) viene trattenuta più a lungo che nel tessuto tiroideo normale. La metodica fornisce l’immagine dopo acquisizione a 15’, 90’ min. e 6 ore dalla somministrazione del radioisotopo TERAPIA • L’iperparatiroidismo asintomatico è stato definito come un iperparatiroidismo documentato in assenza di segni o sintomi riferibili alla patologia • E’ stato stabilito che i pazienti di età inferiore ai 50 anni dovrebbero essere sottoposti ad intervento chirurgico poiché richiederebbero un monitoraggio troppo lungo • Per i pazienti di età superiore a 50 anni viene ritenuto appropriato il monitoraggio clinico • Successivamente si è evidenziato che i pazienti non trattati chirurgicamente andavano incontro ad osteopatia marcata, invece rispondono al trattamento chirurgico con un netto recupero della massa ossea TERAPIA • Se si parte dal presupposto che l’iperpara primario è dato dall’adenoma di una paratiroide sembra corretto sottoporre il paziente a paratiroidectomia • Dopo tale intervento i livelli di Ca ematico si riducono entro 24 h; di solito la calcemia scende a valori bassi o normali per 3/5 gg. fino a quando il tessuto paratiroideo rimanente compensa la ridotta secrezione ormonale • I pazienti con malattia senza complicanze e che non presentano una patologia ossea sintomatica hanno un ottimo recupero postoperatorio • Qualora si verificassero segni di ipocalcemia la stessa potrebbe essere corretta con infusione di Ca e vit. D3 IPERPARATIROIDISMO SECONDARIO • L’iperproduzione di PTH è dovuta ad una resistenza parziale all'azione dell’ormone stesso • È una iperfunzione reattiva delle paratiroidi ad una ipocalcemia cronica, il più delle volte dovuta ad insufficienza renale cronica • Più raramente l’ipocalcemia cronica è dovuta a malassorbimento intestinale, ipercalciuria idiopatica, deficit di Vitamina D, antiepilettici • La causa dell'sHPT è un disturbo funzionale endocrino dei reni con conseguente deficitaria produzione di Vit D3 (calcitriolo) come pure un disturbo funzionale esocrino con accumulo di fosforo ed ipocalcemia reattiva IPERPARATIROIDISMO SECONDARIO • La complicanza più importanta dell'sHPT è l'osteopatia renale in cui si sommano una osteite fibrosa, un'osteomalacia ed una osteoporosi • La differenza tra iperparatiroidismo primario e secondario è che nel primario vi è una crescita autonoma delle paratiroidi (irreversibile), mentre nel secondario vi è una risposta adattativa delle paratiroidi (reversibile) SINTOMATOLOGIA • I pazienti con iperparatiroidismo secondario possono avere dolore osseo, calcificazioni ectopiche (anche vascolari) e prurito (per deposizione di cristalli di idrossiapatite), che scompaiono dopo paratiroidectomia • La patologia ossea che si riscontra è detta osteodistrofia renale. Si possono avere quadri di osteomalacia, dovuta pricipalmente a deficit di Vit D e calcio, e di osteite fibroso-cistica (azione eccessiva del PTH sul tessuto osseo) • Nei pazienti con IRC in trattamento dialitico si può osservare deposizione di alluminio, associata ad un quadro osteomalacico-simile, e un turnover osseo ridotto con livelli di PTH più bassi associato alla malattia “aplastica” o “adinamica” ossea SINTOMATOLOGIA • Negli adulti dializzati con sHPT avanzato è dimostrabile la presenza di una osteite fibrosa • I primi segni di osteite fibrosa si riscontrano a carico dello scheletro della mano con la comparsa di aree subperiostali di riassorbimento lungo il lato radiale della falange media del dito indice, accompagnate da neoformazioni ossee periostali, striature longitudinali dovute all'allargamento del canale di Havers e rarefazione della corticale per riassorbimento endostale da un lato e osteolisi della falange dall'altro • A causa del superamento del prodotto di solubilità calcio-fosforo (70) si verificano calcificazioni dei tessuti molli, soprattutto nelle borse sinoviali e nel tessuto periarticolare delle piccole articolazioni della mano con segni di infiammazione a decorso acuto recidivante (pseudogotta) DIAGNOSI • La diagnosi di sHPT viene posta grazie al dosaggio dl calcio, del fosforo, del paratormone, del calcitriolo e della fosfatasi alcalina, nonché grazie all'esame radiologico delle mani o all'esame istologico della spongiosi ossea • La profilassi e la terapia di questa malattia consistono in misure dietetiche e nella somministrazione di calcitriolo, calcio e sostanze che si legano al fosforo, nonché nella modificazione dei parametri emodialitici • Solo in casi particolari è necessaria la paratiroidectomia TERAPIA MEDICA • La terapia medica prevede la riduzione dell'iperfosforemia con la restrizione dietetica del fosfato, l'impiego di antiacidi non assorbibili e somministrazione di supplementi di calcitriolo (per via endovenosa) • Una terapia medica attenta è in grado di correggere l'iperparatiroidismo secondario e far regredire i sintomi TERAPIA CHIRURGICA • Quando l'ipersecrezione di PTH non risponde più alla terapia medica e l'iperparatiroidismo è grave si richiede un approccio chirurgico. • L'intervento chirurgico di elezione è la paratiroidectomia subtotale (7/8)