Il disturbo mentale e la sua cura dall’antichità ai tempi moderni Dr.ssa med. Raffaella Pozzi, Servizio Psicosociale di Locarno, 09.10.2008 Firenze, Galleria degli Uffizi – Scuola fiamminga del XVII sec.: Testa di Medusa. PREMESSA Il concetto di malattia mentale deve essere fatto risalire al Rinascimento e la Psichiatria è una disciplina ancor più recente. Questo lavoro vuole accennare, e senz’altro in modo incompleto data la vastità dell’argomento, a come avveniva l’approccio con la persona “disturbata” o comunque “distante dalla norma” in tempi remoti, portando alcuni esempi riferiti a epoche distinte, fino agli albori della moderna Psichiatria. Preambolo importante è che ogni proiezione di concetti e conoscenze attuali nel passato remoto, apre inevitabilmente il campo all’opinabilità, in quanto non abbiamo documenti “obiettivi” sul comportamento dei pazienti e dei medici di allora, ma solo descrizioni di persone e dei loro comportamenti in testi, spesso di natura letteraria e non scientifica, giunti fino a noi. Questo è il motivo per cui si è preferito utilizzare l’espressione disturbo mentale, invece di malattia mentale, ad indicare comunque una realtà riconosciuta anche in passato come diversa dalla norma e, perciò, di volta in volta stigmatizzata, affrontata, combattuta e, in vario modo, curata. I tempi della Bibbia Cappella Sistina- Michelangelo- La creazione del sole e della luna. SAUL Lo spirito del Signore si era ritirato da Saul ed egli veniva atterrito da uno spirito cattivo, da parte del Signore. Allora i servi di Saul gli dissero: “vedi, un cattivo spirito sovrumano ti turba. Comandi il signor nostro ai ministri che gli stanno intorno e noi cercheremo un uomo abile a suonare la cetra. Quando il sovrumano spirito cattivo ti investirà, quegli metterà mano alla cetra e ti sentirai meglio” (1Sam.). Parigi-Sainte Chapelle-Vetrata “Mi circondarono gli affanni di morte; torrenti di gente iniqua mi spaventarono. I lacci dell’inferno mi cinsero…” 2 Reg. 22,5-6 Chantilly- Museo Condé- “Les très riches heures du Duc de Berry”Ms 65- Fol. 97 v. Quando dunque lo spirito sovrumano investiva Saul, Davide prendeva in mano la cetra e suonava: Saul si calmava e si sentiva meglio e lo spirito cattivo si ritirava da lui. (I Sam. 16, 14). Monaco-Bayerische Staatbibliothekms. lat. 343 I Vangeli La “devianza” del geraseno (Marco 5, 1-20). “Siamo in un momento particolarmente felice per Gesù: notevole è il suo successo fra le folle di Galilea e non solo fra queste, poiché -dice Marcovengono anche “dalla Giudea, da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dai dintorni di Tiro e Sidone”. … appena Gesù scende dalla barca, un folle gli si avvicina, come se già lo conoscesse, o forse perché voleva parlare con qualcuno. Le sue intenzioni non sembravano essere minacciose… Egli aveva la sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo legato, nemmeno con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e con catene, ma aveva sempre spezzato le catene e infranto i ceppi e nessuno riusciva più a domarlo. Per questa ragione si era deciso di espellerlo dalla città, relegandolo presso un cimitero. Continuamente, giorno e notte, con la massima esasperazione, egli vagava tra i sepolcri e sui monti, gridando a perdifiato tutto il suo odio per l’esistenza e percuotendosi con le pietre. Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e gridando a gran voce disse: “Che hai tu in comune con me, Gesù, figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, per Dio, non tormentarmi!” Gli diceva infatti: “Esci spirito immondo da quest’uomo!” In ambito giudaico-cristiano la “follia” può dunque essere vista sia come una punizione divina, sia come il risultato di una “possessione diabolica”: quest’ultima impostazione influenzerà molto l’atteggiamento nei confronti del disturbato mentale nei secoli successivi, lasciando aperta a tutt’oggi la possibilità che certi fenomeni abbiano un’origine diabolica (spirituale), piuttosto che psichiatrica (naturale). In ogni caso, nell’antichità ci troviamo di fronte ad una concezione del “disturbo mentale e/o comportamentale” come condizione legata ad un “problema dello spirito”, quindi ben lontana dall’ambito fisico e, perciò stesso, affrontabile solo con mezzi immateriali: la musica, la semplice attesa dell’esaurimento della “crisi”, come dopo uno stato di trance, l’esorcismo. The British Library, Londra. Orient 721, f. 130v L’antica Grecia I greci furono i primi a studiare le malattie mentali dal punto di vista “scientifico”, separando lo studio della mente dalla religione. I filosofi svilupparono diverse teorie sull’anima e sulla dottrina della conoscenza: Platone (427-347 a.C), adottò come metodo curativo la dialettica verbale tra medico e paziente, un dialogo destinato a curare mediante la conoscenza filosofica. I greci impiegavano tre “trattamenti”: induzione al sogno, interpretazione dei sogni e dialogo col paziente. Nei templi di Asclepio il paziente dormiva finchè Dio lo visitava in sogno. Firenze, Galleria degli Uffizi - Dio salutare – Copia romana da originale greco del V sec. A.C. Ippocrate (IV secolo a.C.) e la dottrina degli umori Questa teoria si può considerare come il primo tentativo scientifico di spiegare, ad esempio, la depressione ed ebbe una risonanza importante fino al rinascimento. La salute di un individuo dipende dall’equilibrio di quattro sostanze presenti nell’organismo umano: sangue, bile, atrabile e flegma. Ciascuna di queste sostanze è responsabile di un particolare temperamento: sanguineus, cholericus, melancholicus, phlegmaticus. Per i medici dell’antica Grecia la melancholia era determinata da un eccesso di “bile nera” e, dunque, non veniva considerata come un malessere psicologico, ma come una vera e propria malattia organica e, come tale, trattata. Per guarire il depresso era necessario liberarlo dalla sostanza nera responsabile del suo “disturbo dell’umore”: per fare ciò si utilizzava una sostanza medicinale dagli effetti strabilianti, tanto da consentire l’eliminazione immediata di feci nerastre e maleodoranti. I meno fortunati non riuscivano a sopravvivere a lungo al trattamento, poiché si trattava di violente emorragie intestinali provocate dall’elleboro. Melampo e la guarigione delle figlie di Preto Questa pianta venne utilizzata da Melampo, inizialmente un pastore che si era reso conto degli effetti purgativi della pianta sul suo gregge, sulle figlie di Preto, re di Argo, affette da pazzia, tanto da ritenere di essere state tramutate in giovenche. Le tre povere fanciulle rifiutavano il culto di Dioniso,il quale mandò loro la sua mania, che ben presto arrivò a contagiare ogni donna dell’Argolide: il risultato fu un’epidemia di follia nella quale le donne danzavano in modo convulso e, in preda a un furore indomabile, uccidevano i propri figli. La potenza dionisiaca spiegava la follia cupa, la mania che porta al delitto e alla lordura, oppure agli eccessi dell’ebbrezza alcolica, comunque alla perdita del controllo di sè. Londra, National Gallery - A. Carracci: Sileno vendemmiatore ROMA Roma, Museo della Civ. romana: Medico e paziente. Fianco del sarcofago della famiglia Sosia (III-IV sec. d.C.) Roma Celso (I sec. d.C) e l’insania Nell’insania, il grande medico di epoca imperiale comprendeva le principali forme di malattia mentale, ad esclusione dell’epilessia e dell’isteria. Nella descrizione dell’insania, Celso sottolineava i disturbi del comportamento del folle, che poteva essere innocuo o pericoloso: in quest’ultimo caso erano richieste misure coercitive energiche. Celso si mostrava scettico nei confronti della teoria ippocratica degli umori: egli pensava infatti che alla base della melancholia vi fosse piuttosto uno stato di tristezza ed ansia prolungato, o una forte paura. Oltre alla terapia a base di elleboro, salassi, applicazione di ventose ecc., Celso prospettava una sorta di terapia del sonno, visto che “per tutti questi malati il sonno è difficile, ma necessario: sotto il suo effetto molti guariscono”. Per favorire il sonno Celso consigliava il papavero e il giusquiamo e la sottrazione di sangue attraverso salassi e applicazione di ventose sulla nuca. La parte più interessante della terapia celsiana è quella relativa alla condotta da adottare con i folli. Egli consigliava di legare i pericolosi e gli agitati. Per i non pericolosi Celso prescriveva una “psicoterapia”. adattata alla natura dei sintomi presentati dal paziente: con metodi ora persuasivi, ora coercitivi. Anche la musicoterapia era prescritta per riequilibrare la mente degli alienati. Si cercava insomma di creare intorno a loro un ambiente adatto e di stimolare determinate idee e stati d’animo. Questi trattamenti, così come i viaggi per chi si trovava in via di guarigione, erano naturalmente riservati ai ceti abbienti. A Roma non esisteva un sistema di ospedalizzazione per i malati di mente. A volte i medici facevano condurre il paziente nella propria abitazione (Plauto: Menaechmi). La stessa letteratura latina fa riferimento in molte sue parti alla disabilità psichica. Cicerone (106-43 a.C.) ritiene che l’uomo debba farsi guidare dalla ragione per non perdere la tranquillitas (quiete), a vantaggio della perturbatio (disordine), causata da aegritudo (malattia, affanno), metus (timore), laetitia gestiens (pazza allegrezza), libido (passione sfrenata). La tranquillitas è minacciata dalla distorsione della realtà e infatti avaritia, ambitio, mulierositas (passione per le donne), pervicacia (caparbietà, inflessibilità), ligurritio (ghiottoneria), vinolentia (vizio del bere), sono opinationes vehementes, cioè sopravvalutazioni della realtà, tra cui si annoverano il malocchio, la fascinatio, gli influssi astrali, con particolare riferimento alle fasi lunari. Anche Seneca (4 a.C.-65 d.C.) nel De tranquillitate animi e nel De ira elenca tutta una serie di disagi psichici (ansia, depressione, instabilità, disperazione) e i relativi rimedi. Orazio (65 a.C.-8 a.C.), nell’Ars poetica, parla di una dea Diana iracunda, che con la sua ira è in grado di causare la follia. Gli dei non sono ritenuti gli unici responsabili dei disturbi mentali, le cui cause sono individuabili anche nel lusso e nell’avidità, come sottolineano Seneca e Plinio il Vecchio (24 d.C-79 d.C.). Alla caduta dell’Impero Romano Nel V secolo d.C. la grande cultura scientifico-filosofica crolla, distruggendo con sé la cultura medica, filosofica e “psichiatrica”. Dal VI al XII secolo d.C. si assiste al ciclo della decadenza, caratterizzato da rimandi al mondo classico, alla medicina araba e a quella monastica. Medio Evo Nel Medioevo il folle era largamente ammesso nella società, come parte costitutiva di essa. Ancor più che uomo in carne e ossa, nel Medioevo il Folle è un personaggio, oggetto di rappresentazione artistica e di allegoria, stereotipo dell’insensatezza della condizione umana e ricettacolo delle paure dei propri contemporanei. Il Folle è in tutto e per tutto lo stereotipo della sregolatezza, reso protagonista di un viaggio insulso alla volta del nulla, o forse del sapere universale. Parigi, Louvre – H. Bosch: La nave dei folli. Hieronymus Bosch (1450-1516), la follia e l’ “esplorazione” dell’inconscio di un’epoca Madrid, Museo del Prado - Hieronymus Bosch: L’ira (ca.1475) Hieronymus Bosch: Le tentazioni di S. Antonio Madrid, Museo del Prado: Hieronymus Bosch – Il giardino delle delizie Nei “secoli bui” del Medio Evo comparvero anche i primi istituti destinati ad accogliere i malati di mente: Gerusalemme (sec. V d.C.), Fez e Bagdad (sec. VIII), Il Cairo (sec. IX). In Europa occidentale i sanatori di Metz (anno 1100), Braunschweig (1224, Barcelona (1401), Valencia (1409). Le streghe La stregoneria costituì un fenomeno tipico del Medio Evo. Ma anche nei secoli successivi la Chiesa, sia cattolica che protestante, perseguitò crudelmente le streghe, molte delle quali erano persone affette da disturbi mentali o semplicemente vittime di una frequente contaminazione alimentare (alcaloidi della segale cornuta,responsabili di deliri e allucinazioni). Alcuni fenomeni di psicopatologia collettiva si verificarono nella medesima epoca, ad es. la “pazzia dei danzanti” e, in area meridionale, il fenomeno della “taranta”, descritto fino ad una cinquantina d’anni fa nel salentino (Puglia). Rinascimento Ancora nel rinascimento stregoneria e possessione diabolica erano le spiegazioni comuni per le malattie mentali, anche se in altri settori si assisteva ad una renovatio in cui l’uomo assumeva di nuovo il ruolo di protagonista (progressi scientifici ed umanistici). Il trattamento prescritto erano la tortura e la cremazione per liberare l’anima dell’infelice. I medici e gli scienziati che si occuparono allora dello studio dell’anatomia e delle fisiologia del sistema nervoso, cercando anche di sistematizzare le conoscenze sul disturbo mentale, furono Vesalio (1514-1564) (De humani corporis fabrica), Leonardo da Vinci (1452-1519), Falloppio (1523-1562), Varolio (1543-1575), Paracelso (14931541). Quest’ultimo scrisse un piccolo libro “Delle infermità che privano della ragione”, dove afferma che le infermità mentali non sono di origine divina, ma dovute a cause naturali e ne distinse cinque gruppi: epilessia, mania, pazzia vera, ballo di S. Vito e “suffocatio intellectus”. Suddivide la pazzia vera, a sua volta, in cinque tipi: lunatici, insani, dementi, malinconici e ossessionati. La Riforma All’inizio del ‘500 in Europa ci sono fortissimi contrasti a causa della Religione. Oltremanica, Erasmo da Rotterdam, in casa dell’amico Tommaso Moro, si proponeva di scrivere un’opera al di fuori dell’ordinario: l’”Elogio della Follia”. Si immagina che “Follia sia una dea, la quale davanti ad ogni sorta di persone radunate per una predica, mostra quanti benefici esse ricevono dalle sue mani, e come senza il suo intervento nulla nella vita sia piacevole, conveniente o sopportabile” Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica - Quentin Metsys: Ritratto di Erasmo da Rotterdam (ca 1517) Dall’alto della sua posizione Follia passa in rassegna tutti i vizi incarnati in varie categorie di persone e personaggi, interessando i poveri e i ricchi, i deboli e i potenti, non risparmiando né re né papi e consacrando quasi all’improvviso se stessa con la sublime follia contenuta nel cristianesimo… Lilla, Pinacoteca - Hieronymus Bosch: Il concerto dell’uovo (part.) Il secolo XVII Inizia quella che Foucault avrebbe definito l’Età Classica, nella quale l’autorità del pensiero prevarrà sull’interpretazione allegorica della follia: “viene tracciata una linea di separazione che renderà ben presto impossibile l’esperienza di una Ragione sragionevole o di una ragionevole sragione”, di erasmiana memoria. La follia, fin dal secolo precedente, comincia ad allontanarsi dalla comunità, e ben presto i privilegi culturali ed il potere di suggestione del folle lasceranno spazio alla sua visione come minaccia o, semplicemente, come individuo superfluo da allontanare e rimuovere dalla coscienza sociale: ne è emblema il Narrenschiff (Nave dei folli) di Brandt (1514) , sorta di odissea dantesca della follia a bordo di una nave carica di tipi umani e di personaggi simbolici. Le strutture lasciate libere dai lebbrosi accolgono ora una vasta umanità di individui respinti dalle città, divenendo ospedali e al contempo carceri per individui di ogni tipo ed estrazione sociale. Emblema delle nuove strutture dedicate all’isolamento è l’Hopital General di Parigi, fondato nel 1656, che viene definito da Foucault “il terzo stato della repressione”. Si tratta infatti di uno dei primi ospedali destinati ad accogliere e “correggere” i folli e gli alienati. I malati sono trattati senza rispetto per le condizioni in cui versano e tutta l’organizzazione ricorda molto da vicino quella di un carcere. Venezia, Galleria dell’Accademia – Giorgione: La vecchia “Io li ho visti nudi, coperti di stracci, senz’altro che un po’ di paglia per proteggersi dalla fredda umidità del selciato sul quale sono distesi: Li ho visti grossolanamente nutriti, privati d’aria per respirare, d’acqua per spegnere la loro sete, e delle cose più necessarie alla vita. Li ho visti in balìa di veri carcerieri, abbandonati alla loro brutale sorveglianza. Li ho visti in stambugi stretti, sporchi, infetti, senz’aria, senza luce, rinchiusi in antri dove si temerebbe di rinchiudere le bestie feroci…”. Ben presto le case di correzione cominceranno a diffondersi dappertutto, in Francia ed in Europa, e a diventare strumento di potere: nell’arco di breve tempo un parigino su cento vi si troverà rinchiuso. Con l’esperienza correzionaria si assiste al ribaltamento delle concezioni etiche e religiose proprie del Medioevo e ad una nuova presa di posizione della Chiesa riformata davanti all’intero problema della carità. Con la negazione del valore delle opere attuata da Lutero e dalla Riforma, da occasione di gloria la povertà cade nell’ambito della semplice colpevolezza di chi ne è vittima, passando dunque ad una concezione morale che la condanna. La povertà, e con essa la follia, diventa odiosa, non tanto per le sue miserie corporali, quanto per quelle spirituali, che fanno orrore. Madrid, Museo del Prado – F. Goya: Curiosi Mentre nel Medioevo la sensibilità verso il folle era legata a trascendenze immaginarie, ora il folle è giudicato secondo l’etica dell’ozio, ed in virtù della sua inutilità sociale viene condannato ed escluso insieme ai poveri, ai malati ed ai criminali. Si traccia dunque una linea di demarcazione fra spazio sociale e follia, e a quest’ultima si riserva una zona neutrale dove potersi manifestare all’oscuro di tutti, negandole così la sua libertà. Tale impostazione si manterrà fino ad epoche ben più recenti… Venezia, Galleria Internazionale d’Arte Moderna – T. Signorini: La sala delle agitate a S. Bonifacio di Firenze (1865) Nell’internamento non ci si chiede se ad essere colpita è la ragione: ogni forma sociale che si scontra contro la razionalità viene imprigionata. Anche certe “stravaganze” libertine come quelle di De Sade saranno viste affini alla problematica della follia e del delirio; saranno inoltre ammesse la magia, l’alchimia, le pratiche profanatrici e pure certe forme di sessualità, considerate apparentate con la sragione (omosessualità). Il tentato suicidio era posto alla stregua delle altre manifestazioni della follia: il tentativo di suicidio indica in se stesso un disordine dell’anima che bisogna domare con la forza”. I sifilitici , in quanto corrotti, erano vittime della punizione di Dio e questo giustificava le punizioni fisiche: era giusto castigare la carne dal momento che essa legava il malato al peccato. Il folle torna così ad essere il personaggio ideale dell’isolamento: omosessuale, ateo, bestemmiatore, mago, suicida… Non si tratta più dei personaggi che popolavano la Nave dei folli (il ghiottone, il sensuale, l’orgoglioso): l’analisi etica contrappone fortemente la ragione alla sragione, escludendo e condannando irrimediabilmente quest’ultima, compiendo così la più grande delle follie: pretendere di eliminare la follia isolandola e definendola. Ma la gente non veniva rinchiusa per guarire, dal momento che il problema non veniva nemmeno posto, ma solo per terminare i propri giorni lontana dalla società. L’internamento non veniva infatti proposto dal medico, ma dal magistrato. Il secolo XVIII e l’internamento di tipo ospedaliero Inizia nel “secolo dei lumi” il dialogo fra il “folle” e il medico e si “istituzionalizzano” alcune forme di cura: fumigazioni (assa foetida, cuoio e piume bruciati), purificazione (si sostituiva il sangue sovraccarico di un malinconico con sangue fresco e leggero: tale pratica fu presto abbandonata); amarezza (caffè per rinforzare gli spiriti dotati di poco vigore); sapone (Tissot calma con esso molte malattie nervose); tartaro (efficace contro le malattie da ingorgo); applicazioni di aceto; immersioni in acqua. A partire dalla fine del XVII secolo la cura dei bagni prende posto tra le più importanti terapie della follia. Nel corso del ‘700 si giungerà a tracciare una linea di separazione fra follia e sragione per cui i malati non saranno più considerati alla stregua dei criminali, ma avranno “diritto d’asilo” in strutture specializzate: questo processo si concluderà circa un secolo più tardi con l’istituzione del primo manicomio. Si riscopre la distinzione fra “povero valido” e “povero malato”: il povero che può lavorare è un elemento positivo per la società, agricola e ormai all’alba dell’industrializzazione, il povero malato è un peso morto: così mentre tutte le altre figure imprigionate tendono a sfuggire all’internamento (pensiamo alla colonizzazione del nuovo mondo), la sola follia vi resta. L’internamento è divenuto un luogo di “guarigione” in cui, secondo Tenon, “Il primo rimedio per la guarigione consiste nell’offrire ai folli una certa libertà, in modo che essi possano abbandonarsi misuratamente agli impulsi naturali”. Philippe Pinel (1745-1826), direttore della Salpetrière a Parigi, liberò i malati di mente dalle loro catene. Nel suo trattato sull’insania, classificò le malattie mentali in quattro tipi: mania, malinconia, idiozia e demenza e spiegò le loro origini per ereditarietà e influenza ambientale. L’800 Nasce l’asilo moderno o manicomio, che vede come protagonisti Tuke e Pinel. Tuke è un quacchero socio di una delle tante “Società di Amici” inglesi che organizzano gruppi d’aiuto e “ritiri” in cui il malato resta inserito in una dialettica semplice della natura e nel mito della famiglia patriarcale. Tuke e gli altri ricostruiscono in modo artificiale intorno alla follia un simulacro di famiglia. Pinel auspica che l’asilo aiuti il malato a ritrovare la sua verità morale, sul piano della virtù, del lavoro e della vita, riprendendo il compito morale della religione, fuori dal suo contesto fantastico. Il medico acquisterà autorità come sapiente e come saggio: sarà colui che delimiterà, conoscerà e dominerà la follia. Il 900 E’ stato il secolo caratterizzato dalla più intensa attività di diagnostica, sistematizzazione teorica e cura delle malattie mentali. Nascono grazie a Cesare Lombroso la perizia medico-legale e le strutture manicomiali apposite per ricoverare i pazienti psichiatrici che hanno commesso delitti. “Nascono”, in quanto sistemi teorici non più lasciati alla libera interpretazione del singolo, le psicoterapie. Nasce la psicofarmacologia. Résumé “Sarai tu stesso a procurarti motivi di affanno, ora affidandoti alla speranza, ora abbandonandoti alla disperazione? Se sei saggio, unisci una cosa all’altra: non sperare senza disperazione, non disperare senza speranza”. Seneca Firenze, Galleria degli Uffizi – M. Chagall: Autoritratto Bibliografia 1) La Bibbia – Testo ufficiale della CEI – Marietti Editori, Torino, 1980. 2) Gli Evangeli –Marietti Editori, Casale Monf.to, 1963. 3) La devianza del Geraseno (Mc 5,1-20)-sinossi www.homolaicus.com. 4) Emilio Bove: Il potere misterioso della bile nera: Breve storia della depressione. www.valtelesinanews. com. 5) Storia della Psichiatria in: www.psichiatria.it. 6) F. D. Tosto:Tra letteratura e filosofia: l’handicap a Roma. www.liceogalileict.it. 7) M. Foucault: Storia della Follia nell’età classica, BUR Saggi, 2006. Ringraziamenti Si ringraziano per la preziosa collaborazione nella ricerca iconografica e nell’applicazione informatica le signore: Esther Mannhart, Locarno; Clara Cipriotti Tasso, Varese.