Il disturbo mentale e la sua cura
dall’antichità ai tempi moderni
Dr.ssa med. Raffaella Pozzi, Servizio Psicosociale di Locarno, 09.10.2008
Firenze, Galleria degli Uffizi – Scuola fiamminga del XVII sec.: Testa di Medusa.
PREMESSA
Il concetto di malattia mentale deve essere fatto risalire al Rinascimento e la
Psichiatria è una disciplina ancor più recente.
Questo lavoro vuole accennare, e senz’altro in modo incompleto data la
vastità dell’argomento, a come avveniva l’approccio con la persona
“disturbata” o comunque “distante dalla norma” in tempi remoti, portando
alcuni esempi riferiti a epoche distinte, fino agli albori della moderna
Psichiatria.
Preambolo importante è che ogni proiezione di concetti e conoscenze attuali
nel passato remoto, apre inevitabilmente il campo all’opinabilità, in quanto
non abbiamo documenti “obiettivi” sul comportamento dei pazienti e dei
medici di allora, ma solo descrizioni di persone e dei loro comportamenti in
testi, spesso di natura letteraria e non scientifica, giunti fino a noi.
Questo è il motivo per cui si è preferito utilizzare
l’espressione disturbo mentale, invece di malattia
mentale, ad indicare comunque una realtà riconosciuta
anche in passato come diversa dalla norma e, perciò, di
volta in volta stigmatizzata, affrontata, combattuta e, in
vario modo, curata.
I tempi della Bibbia
Cappella Sistina- Michelangelo- La creazione del sole e della luna.
SAUL
Lo spirito del Signore si era ritirato da
Saul ed egli veniva atterrito da
uno spirito cattivo, da parte del
Signore. Allora i servi di Saul gli
dissero: “vedi, un cattivo spirito
sovrumano ti turba. Comandi il
signor nostro ai ministri che gli
stanno intorno e noi cercheremo
un uomo abile a suonare la cetra.
Quando il sovrumano spirito
cattivo ti investirà, quegli metterà
mano alla cetra e ti sentirai
meglio” (1Sam.).
Parigi-Sainte Chapelle-Vetrata
“Mi circondarono gli affanni di
morte; torrenti di gente iniqua
mi spaventarono.
I lacci dell’inferno mi cinsero…”
2 Reg. 22,5-6
Chantilly- Museo Condé- “Les très riches heures
du Duc de Berry”Ms 65- Fol. 97 v.
Quando dunque lo spirito
sovrumano investiva Saul,
Davide prendeva in mano la
cetra e suonava: Saul si
calmava e si sentiva meglio e
lo spirito cattivo si ritirava da
lui. (I Sam. 16, 14).
Monaco-Bayerische Staatbibliothekms. lat. 343
I Vangeli
La “devianza” del geraseno (Marco 5, 1-20).
“Siamo in un momento particolarmente felice per Gesù: notevole è il suo
successo fra le folle di Galilea e non solo fra queste, poiché -dice Marcovengono anche “dalla Giudea, da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il
Giordano e dai dintorni di Tiro e Sidone”.
…
appena Gesù scende dalla barca, un folle gli si avvicina, come se già lo
conoscesse, o forse perché voleva parlare con qualcuno. Le sue intenzioni
non sembravano essere minacciose…
Egli aveva la sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo legato,
nemmeno con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e con
catene, ma aveva sempre spezzato le catene e infranto i ceppi e nessuno
riusciva più a domarlo.
Per questa ragione si era deciso di espellerlo dalla città, relegandolo
presso un cimitero.
Continuamente, giorno e notte, con la massima esasperazione, egli
vagava tra i sepolcri e sui monti, gridando a perdifiato tutto il suo
odio per l’esistenza e percuotendosi con le pietre.
Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e gridando a gran
voce disse: “Che hai tu in comune con me, Gesù, figlio del Dio
altissimo? Ti scongiuro, per Dio, non tormentarmi!”
Gli diceva infatti: “Esci spirito immondo da quest’uomo!”
In ambito giudaico-cristiano la “follia” può dunque essere vista sia come
una punizione divina, sia come il risultato di una “possessione
diabolica”: quest’ultima impostazione influenzerà molto
l’atteggiamento nei confronti del disturbato mentale nei secoli
successivi, lasciando aperta a tutt’oggi la possibilità che certi
fenomeni abbiano un’origine diabolica (spirituale), piuttosto che
psichiatrica (naturale).
In ogni caso, nell’antichità ci troviamo di fronte ad una concezione del
“disturbo mentale e/o comportamentale” come condizione legata ad
un “problema dello spirito”, quindi ben lontana dall’ambito fisico e,
perciò stesso, affrontabile solo con mezzi immateriali: la musica, la
semplice attesa dell’esaurimento della “crisi”, come dopo uno stato
di trance, l’esorcismo.
The British Library, Londra. Orient 721, f. 130v
L’antica Grecia
I greci furono i primi a studiare le malattie
mentali dal punto di vista “scientifico”,
separando lo studio della mente dalla
religione.
I filosofi svilupparono diverse teorie sull’anima e
sulla dottrina della conoscenza: Platone
(427-347 a.C), adottò come metodo curativo
la dialettica verbale tra medico e paziente,
un dialogo destinato a curare mediante la
conoscenza filosofica.
I greci impiegavano tre “trattamenti”: induzione al
sogno, interpretazione dei sogni e dialogo
col paziente.
Nei templi di Asclepio il paziente dormiva finchè
Dio lo visitava in sogno.
Firenze, Galleria degli Uffizi - Dio salutare –
Copia romana da originale greco del V sec. A.C.
Ippocrate (IV secolo a.C.) e la dottrina degli umori
Questa teoria si può considerare come il primo tentativo scientifico di
spiegare, ad esempio, la depressione ed ebbe una risonanza
importante fino al rinascimento.
La salute di un individuo dipende dall’equilibrio di quattro sostanze
presenti nell’organismo umano: sangue, bile, atrabile e flegma.
Ciascuna di queste sostanze è responsabile di un particolare
temperamento: sanguineus, cholericus, melancholicus,
phlegmaticus.
Per i medici dell’antica Grecia la melancholia era determinata da un
eccesso di “bile nera” e, dunque, non veniva considerata come un
malessere psicologico, ma come una vera e propria malattia
organica e, come tale, trattata.
Per guarire il depresso era necessario liberarlo dalla sostanza nera
responsabile del suo “disturbo dell’umore”: per fare ciò si utilizzava
una sostanza medicinale dagli effetti strabilianti, tanto da consentire
l’eliminazione immediata di feci nerastre e maleodoranti.
I meno fortunati non riuscivano a sopravvivere a lungo al trattamento,
poiché si trattava di violente emorragie intestinali provocate
dall’elleboro.
Melampo e la guarigione delle figlie di Preto
Questa pianta venne utilizzata da
Melampo, inizialmente un pastore che
si era reso conto degli effetti purgativi
della pianta sul suo gregge, sulle figlie
di Preto, re di Argo, affette da pazzia,
tanto da ritenere di essere state
tramutate in giovenche.
Le tre povere fanciulle rifiutavano il culto di
Dioniso,il quale mandò loro la sua
mania, che ben presto arrivò a
contagiare ogni donna dell’Argolide: il
risultato fu un’epidemia di follia nella
quale le donne danzavano in modo
convulso e, in preda a un furore
indomabile, uccidevano i propri figli.
La potenza dionisiaca spiegava la follia
cupa, la mania che porta al delitto e
alla lordura, oppure agli eccessi
dell’ebbrezza alcolica, comunque alla
perdita del controllo di sè.
Londra, National Gallery - A. Carracci: Sileno vendemmiatore
ROMA
Roma, Museo della Civ. romana: Medico e paziente. Fianco del sarcofago della famiglia Sosia
(III-IV sec. d.C.)
Roma
Celso (I sec. d.C) e l’insania
Nell’insania, il grande medico di epoca imperiale comprendeva le
principali forme di malattia mentale, ad esclusione dell’epilessia e
dell’isteria.
Nella descrizione dell’insania, Celso sottolineava i disturbi del
comportamento del folle, che poteva essere innocuo o pericoloso: in
quest’ultimo caso erano richieste misure coercitive energiche.
Celso si mostrava scettico nei confronti della teoria ippocratica degli
umori: egli pensava infatti che alla base della melancholia vi fosse
piuttosto uno stato di tristezza ed ansia prolungato, o una forte
paura.
Oltre alla terapia a base di elleboro,
salassi, applicazione di ventose ecc.,
Celso prospettava una sorta di terapia
del sonno, visto che “per tutti questi
malati il sonno è difficile, ma
necessario: sotto il suo effetto molti
guariscono”.
Per favorire il sonno Celso consigliava il
papavero e il giusquiamo e la
sottrazione di sangue attraverso
salassi e applicazione di ventose sulla
nuca.
La parte più interessante della terapia
celsiana è quella relativa alla condotta
da adottare con i folli. Egli consigliava
di legare i pericolosi e gli agitati. Per i
non pericolosi Celso prescriveva una
“psicoterapia”.
adattata alla natura dei sintomi presentati dal paziente: con metodi ora
persuasivi, ora coercitivi.
Anche la musicoterapia era prescritta per riequilibrare la mente degli
alienati. Si cercava insomma di creare intorno a loro un ambiente
adatto e di stimolare determinate idee e stati d’animo. Questi
trattamenti, così come i viaggi per chi si trovava in via di guarigione,
erano naturalmente riservati ai ceti abbienti.
A Roma non esisteva un sistema di ospedalizzazione per i malati di
mente. A volte i medici facevano condurre il paziente nella propria
abitazione (Plauto: Menaechmi).
La stessa letteratura latina fa riferimento in molte sue parti alla
disabilità psichica.
Cicerone (106-43 a.C.) ritiene che l’uomo debba farsi guidare dalla
ragione per non perdere la tranquillitas (quiete), a vantaggio della
perturbatio (disordine), causata da aegritudo (malattia, affanno),
metus (timore), laetitia gestiens (pazza allegrezza), libido (passione
sfrenata).
La tranquillitas è minacciata dalla distorsione della realtà e infatti
avaritia, ambitio, mulierositas (passione per le donne), pervicacia
(caparbietà, inflessibilità), ligurritio (ghiottoneria), vinolentia (vizio del
bere), sono opinationes vehementes, cioè sopravvalutazioni della
realtà, tra cui si annoverano il malocchio, la fascinatio, gli influssi
astrali, con particolare riferimento alle fasi lunari.
Anche Seneca (4 a.C.-65 d.C.) nel De tranquillitate animi e nel De ira
elenca tutta una serie di disagi psichici (ansia, depressione,
instabilità, disperazione) e i relativi rimedi.
Orazio (65 a.C.-8 a.C.), nell’Ars poetica, parla di una dea Diana
iracunda, che con la sua ira è in grado di causare la follia.
Gli dei non sono ritenuti gli unici responsabili dei disturbi mentali, le cui
cause sono individuabili anche nel lusso e nell’avidità, come
sottolineano Seneca e Plinio il Vecchio (24 d.C-79 d.C.).
Alla caduta dell’Impero Romano
Nel V secolo d.C. la grande cultura scientifico-filosofica
crolla, distruggendo con sé la cultura medica, filosofica e
“psichiatrica”.
Dal VI al XII secolo d.C. si assiste al ciclo della decadenza,
caratterizzato da rimandi al mondo classico, alla
medicina araba e a quella monastica.
Medio Evo
Nel Medioevo il folle era largamente ammesso nella società, come parte costitutiva di
essa.
Ancor più che uomo in carne e ossa, nel Medioevo il Folle è un personaggio, oggetto di
rappresentazione artistica e di allegoria, stereotipo dell’insensatezza della
condizione umana e ricettacolo delle paure dei propri contemporanei.
Il Folle è in tutto e per tutto lo
stereotipo della sregolatezza,
reso protagonista di un viaggio
insulso alla volta del nulla, o
forse del sapere universale.
Parigi, Louvre – H. Bosch: La nave dei folli.
Hieronymus Bosch (1450-1516), la follia e l’ “esplorazione”
dell’inconscio di un’epoca
Madrid, Museo del Prado - Hieronymus Bosch: L’ira (ca.1475)
Hieronymus Bosch: Le tentazioni di S. Antonio
Madrid, Museo del Prado: Hieronymus Bosch – Il giardino delle delizie
Nei “secoli bui” del Medio Evo comparvero anche i primi
istituti destinati ad accogliere i malati di mente:
Gerusalemme (sec. V d.C.), Fez e Bagdad (sec. VIII), Il
Cairo (sec. IX).
In Europa occidentale i sanatori di Metz (anno 1100),
Braunschweig (1224, Barcelona (1401), Valencia (1409).
Le streghe
La stregoneria costituì un fenomeno tipico del Medio Evo. Ma anche
nei secoli successivi la Chiesa, sia cattolica che protestante,
perseguitò crudelmente le streghe, molte delle quali erano persone
affette da disturbi mentali o semplicemente vittime di una frequente
contaminazione alimentare (alcaloidi della segale
cornuta,responsabili di deliri e allucinazioni).
Alcuni fenomeni di psicopatologia collettiva si verificarono nella
medesima epoca, ad es. la “pazzia dei danzanti” e, in area
meridionale, il fenomeno della “taranta”, descritto fino ad una
cinquantina d’anni fa nel salentino (Puglia).
Rinascimento
Ancora nel rinascimento stregoneria e possessione diabolica erano le spiegazioni comuni
per le malattie mentali, anche se in altri settori si assisteva ad una renovatio in cui
l’uomo assumeva di nuovo il ruolo di protagonista (progressi scientifici ed umanistici).
Il trattamento prescritto erano la tortura e la cremazione per liberare l’anima dell’infelice.
I medici e gli scienziati che si occuparono allora dello studio dell’anatomia e delle
fisiologia del sistema nervoso, cercando anche di sistematizzare le conoscenze sul
disturbo mentale, furono Vesalio (1514-1564) (De humani corporis fabrica), Leonardo
da Vinci (1452-1519), Falloppio (1523-1562), Varolio (1543-1575), Paracelso (14931541).
Quest’ultimo scrisse un piccolo libro “Delle infermità che privano della ragione”, dove
afferma che le infermità mentali non sono di origine divina, ma dovute a cause
naturali e ne distinse cinque gruppi: epilessia, mania, pazzia vera, ballo di S. Vito e
“suffocatio intellectus”. Suddivide la pazzia vera, a sua volta, in cinque tipi: lunatici,
insani, dementi, malinconici e ossessionati.
La Riforma
All’inizio del ‘500 in Europa ci sono
fortissimi contrasti a causa della
Religione.
Oltremanica, Erasmo da Rotterdam, in
casa dell’amico Tommaso Moro, si
proponeva di scrivere un’opera al di
fuori dell’ordinario: l’”Elogio della
Follia”.
Si immagina che “Follia sia una dea, la
quale davanti ad ogni sorta di persone
radunate per una predica, mostra
quanti benefici esse ricevono dalle sue
mani, e come senza il suo intervento
nulla nella vita sia piacevole,
conveniente o sopportabile”
Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica - Quentin
Metsys: Ritratto di Erasmo da Rotterdam (ca 1517)
Dall’alto della sua posizione Follia passa in rassegna tutti i vizi incarnati in varie categorie
di persone e personaggi, interessando i poveri e i ricchi, i deboli e i potenti, non
risparmiando né re né papi e consacrando quasi all’improvviso se stessa con la
sublime follia contenuta nel cristianesimo…
Lilla, Pinacoteca - Hieronymus Bosch: Il concerto dell’uovo (part.)
Il secolo XVII
Inizia quella che Foucault avrebbe definito l’Età Classica, nella quale l’autorità
del pensiero prevarrà sull’interpretazione allegorica della follia: “viene
tracciata una linea di separazione che renderà ben presto impossibile
l’esperienza di una Ragione sragionevole o di una ragionevole sragione”, di
erasmiana memoria.
La follia, fin dal secolo precedente, comincia ad allontanarsi dalla comunità, e
ben presto i privilegi culturali ed il potere di suggestione del folle lasceranno
spazio alla sua visione come minaccia o, semplicemente, come individuo
superfluo da allontanare e rimuovere dalla coscienza sociale: ne è emblema
il Narrenschiff (Nave dei folli) di Brandt (1514) , sorta di odissea dantesca
della follia a bordo di una nave carica di tipi umani e di personaggi simbolici.
Le strutture lasciate libere dai lebbrosi accolgono
ora una vasta umanità di individui respinti
dalle città, divenendo ospedali e al
contempo carceri per individui di ogni tipo ed
estrazione sociale.
Emblema delle nuove strutture dedicate
all’isolamento è l’Hopital General di Parigi,
fondato nel 1656, che viene definito da
Foucault “il terzo stato della repressione”.
Si tratta infatti di uno dei primi ospedali destinati
ad accogliere e “correggere” i folli e gli
alienati.
I malati sono trattati senza rispetto per le
condizioni in cui versano e tutta
l’organizzazione ricorda molto da vicino
quella di un carcere.
Venezia, Galleria dell’Accademia – Giorgione: La
vecchia
“Io li ho visti nudi, coperti di stracci, senz’altro che un po’ di paglia per
proteggersi dalla fredda umidità del selciato sul quale sono distesi:
Li ho visti grossolanamente nutriti, privati d’aria per respirare,
d’acqua per spegnere la loro sete, e delle cose più necessarie alla
vita. Li ho visti in balìa di veri carcerieri, abbandonati alla loro brutale
sorveglianza. Li ho visti in stambugi stretti, sporchi, infetti, senz’aria,
senza luce, rinchiusi in antri dove si temerebbe di rinchiudere le
bestie feroci…”.
Ben presto le case di correzione cominceranno a diffondersi
dappertutto, in Francia ed in Europa, e a diventare strumento di
potere: nell’arco di breve tempo un parigino su cento vi si troverà
rinchiuso.
Con l’esperienza correzionaria si assiste al
ribaltamento delle concezioni etiche e
religiose proprie del Medioevo e ad una
nuova presa di posizione della Chiesa
riformata davanti all’intero problema della
carità.
Con la negazione del valore delle opere attuata
da Lutero e dalla Riforma, da occasione di
gloria la povertà cade nell’ambito della
semplice colpevolezza di chi ne è vittima,
passando dunque ad una concezione
morale che la condanna.
La povertà, e con essa la follia, diventa odiosa,
non tanto per le sue miserie corporali,
quanto per quelle spirituali, che fanno
orrore.
Madrid, Museo del Prado – F. Goya: Curiosi
Mentre nel Medioevo la sensibilità verso il folle era legata a trascendenze
immaginarie, ora il folle è giudicato secondo l’etica dell’ozio, ed in virtù della
sua inutilità sociale viene condannato ed escluso insieme ai poveri, ai malati
ed ai criminali.
Si traccia dunque una linea di demarcazione fra spazio sociale e follia, e a
quest’ultima si riserva una zona neutrale dove potersi manifestare all’oscuro
di tutti, negandole così la sua libertà.
Tale impostazione si manterrà
fino ad epoche ben più recenti…
Venezia, Galleria Internazionale
d’Arte Moderna – T. Signorini: La
sala delle agitate a S. Bonifacio di
Firenze (1865)
Nell’internamento non ci si chiede se ad essere colpita è la ragione: ogni forma
sociale che si scontra contro la razionalità viene imprigionata.
Anche certe “stravaganze” libertine come quelle di De Sade saranno viste affini
alla problematica della follia e del delirio; saranno inoltre ammesse la
magia, l’alchimia, le pratiche profanatrici e pure certe forme di sessualità,
considerate apparentate con la sragione (omosessualità).
Il tentato suicidio era posto alla stregua delle altre manifestazioni della follia: il
tentativo di suicidio indica in se stesso un disordine dell’anima che bisogna
domare con la forza”.
I sifilitici , in quanto corrotti, erano vittime della punizione di Dio e questo
giustificava le punizioni fisiche: era giusto castigare la carne dal momento
che essa legava il malato al peccato.
Il folle torna così ad essere il personaggio ideale dell’isolamento: omosessuale,
ateo, bestemmiatore, mago, suicida…
Non si tratta più dei personaggi che popolavano la Nave dei folli (il ghiottone, il
sensuale, l’orgoglioso): l’analisi etica contrappone fortemente la ragione alla
sragione, escludendo e condannando irrimediabilmente quest’ultima,
compiendo così la più grande delle follie: pretendere di eliminare la follia
isolandola e definendola.
Ma la gente non veniva rinchiusa per guarire, dal momento che il problema non
veniva nemmeno posto, ma solo per terminare i propri giorni lontana dalla
società.
L’internamento non veniva infatti proposto dal medico, ma dal magistrato.
Il secolo XVIII
e l’internamento di tipo ospedaliero
Inizia nel “secolo dei lumi” il dialogo fra il “folle” e il medico e si
“istituzionalizzano” alcune forme di cura: fumigazioni (assa foetida,
cuoio e piume bruciati), purificazione (si sostituiva il sangue
sovraccarico di un malinconico con sangue fresco e leggero: tale
pratica fu presto abbandonata); amarezza (caffè per rinforzare gli
spiriti dotati di poco vigore); sapone (Tissot calma con esso molte
malattie nervose); tartaro (efficace contro le malattie da ingorgo);
applicazioni di aceto; immersioni in acqua.
A partire dalla fine del XVII secolo la cura dei bagni prende posto tra le
più importanti terapie della follia.
Nel corso del ‘700 si giungerà a tracciare una linea di separazione fra
follia e sragione per cui i malati non saranno più considerati alla
stregua dei criminali, ma avranno “diritto d’asilo” in strutture
specializzate: questo processo si concluderà circa un secolo più
tardi con l’istituzione del primo manicomio.
Si riscopre la distinzione fra “povero valido” e “povero malato”: il povero
che può lavorare è un elemento positivo per la società, agricola e
ormai all’alba dell’industrializzazione, il povero malato è un peso
morto: così mentre tutte le altre figure imprigionate tendono a
sfuggire all’internamento (pensiamo alla colonizzazione del nuovo
mondo), la sola follia vi resta.
L’internamento è divenuto un luogo di “guarigione” in cui, secondo
Tenon, “Il primo rimedio per la guarigione consiste nell’offrire ai folli
una certa libertà, in modo che essi possano abbandonarsi
misuratamente agli impulsi naturali”.
Philippe Pinel (1745-1826), direttore della Salpetrière a Parigi, liberò i
malati di mente dalle loro catene.
Nel suo trattato sull’insania, classificò le malattie mentali in quattro tipi:
mania, malinconia, idiozia e demenza e spiegò le loro origini per
ereditarietà e influenza ambientale.
L’800
Nasce l’asilo moderno o manicomio, che vede come protagonisti Tuke e Pinel.
Tuke è un quacchero socio di una delle tante “Società di Amici” inglesi che
organizzano gruppi d’aiuto e “ritiri” in cui il malato resta inserito in una
dialettica semplice della natura e nel mito della famiglia patriarcale. Tuke e
gli altri ricostruiscono in modo artificiale intorno alla follia un simulacro di
famiglia.
Pinel auspica che l’asilo aiuti il malato a ritrovare la sua verità morale, sul piano
della virtù, del lavoro e della vita, riprendendo il compito morale della
religione, fuori dal suo contesto fantastico.
Il medico acquisterà autorità come sapiente e come saggio: sarà colui che
delimiterà, conoscerà e dominerà la follia.
Il 900
E’ stato il secolo caratterizzato dalla più intensa attività di diagnostica,
sistematizzazione teorica e cura delle malattie mentali.
Nascono grazie a Cesare Lombroso la perizia medico-legale e le strutture
manicomiali apposite per ricoverare i pazienti psichiatrici che hanno
commesso delitti.
“Nascono”, in quanto sistemi teorici non più lasciati alla libera interpretazione
del singolo, le psicoterapie.
Nasce la psicofarmacologia.
Résumé
“Sarai tu stesso a procurarti motivi di
affanno, ora affidandoti alla
speranza, ora abbandonandoti
alla disperazione?
Se sei saggio, unisci una cosa
all’altra: non sperare senza
disperazione, non disperare senza
speranza”.
Seneca
Firenze, Galleria degli Uffizi – M. Chagall:
Autoritratto
Bibliografia
1) La Bibbia – Testo ufficiale della CEI – Marietti Editori, Torino, 1980.
2) Gli Evangeli –Marietti Editori, Casale Monf.to, 1963.
3) La devianza del Geraseno (Mc 5,1-20)-sinossi
www.homolaicus.com.
4) Emilio Bove: Il potere misterioso della bile nera: Breve storia della
depressione. www.valtelesinanews. com.
5) Storia della Psichiatria in: www.psichiatria.it.
6) F. D. Tosto:Tra letteratura e filosofia: l’handicap a Roma.
www.liceogalileict.it.
7) M. Foucault: Storia della Follia nell’età classica, BUR Saggi, 2006.
Ringraziamenti
Si ringraziano per la preziosa collaborazione nella ricerca iconografica
e nell’applicazione informatica le signore:
Esther Mannhart, Locarno;
Clara Cipriotti Tasso, Varese.
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la presentazione - Club Andromeda del Locarnese