Sociologia a.a. 2010\2011
Prof. Vincenzo Romania
 Le norme sono regole di comportamento che riflettono i
valori di una società.
 Per valore intendiamo tutto ciò che una società ritiene
avere importanza e che difende attraverso investimenti,
premi e sanzioni.
 Esse permettono la convivenza fra gli individui, guidano le
interazioni in maniera non conflittuale.
 Esse sono caratterizzate da sanzioni, ma chi le rispetta
solitamente vi si riconosce (diritto positivo).
 Norme prescrittive quando impongono di compiere certe
azioni.
 Proscrittive, quando le vietano.
 Nessuna norma regola tutti i comportamenti.
 Ogni norma possiede un carattere di interpretabilità.
 Positive o negative
 Formali o informali
 Legali (pecuniarie, penali) o sociali
Chi non rispetta una norma viene definito deviante e
quindi sanzionato.
Nessuno rispetta tutte le norme sociali, così come
nessuno le infrange tutte (mp3, hackers, guida, piccoli
furti, fumo)
 Le sanzioni negative sono punizioni rivolte a
scoraggiare atti, credenze o tratti devianti
 Le sanzioni positive sono ricompense per il rispetto
delle norme
 Le sanzioni informali sono reazioni non ufficiali e non
scritte dei gruppi primari: la famiglia, gli amici, il
vicinato, ecc.
 Le sanzioni formali sono espressioni ufficiali e scritte
o dello Stato o di altre organizzazioni: la scuola, la
Chiesa, l’impresa, l’associazione.
Formale
Informale
Positive
Attestato di stima
Voto positivo
Promozione
Aumento di stipendio
Sorriso
Lode
Abbraccio
Incoraggiamento
Negative
Multa
Richiamo scritto
Sospensione
Espulsione
Arresto
Condanna
Reclusione
Sguardo di
disapprovazione
Critiche
Botte (ai bambini)
Disprezzo
Evitamento
Isolamento
 Deviante è ogni comportamento ritenuto inaccettabile
dalla maggioranza della gente e che provoca una risposta
collettiva di carattere negativo.
 La devianza è un atto, una credenza o un tratto che viola
le norme convenzionali della società e che determina una
reazione negativa da parte della maggioranza delle
persone.
 Un comportamento deviante può variare dalla semplice
mancanza di rispetto nel tono con cui ci si rivolge
all’autorità ad un omicidio.
“Non bisogna dire che un atto urta la coscienza comune
perché è criminale, ma che è criminale perché urta la
coscienza comune. Non lo biasimiamo perché è un
reato, ma è un reato perché lo biasimiamo”. Emile
Durkheim, La divisione del lavoro sociale.
 Un comportamento viene giudicato deviante a
seconda di:




Paese e periodo storico
Ruolo di chi lo commette
Situazione
Estrazione sociale
 Le ricerche condotte da storici e antropologi hanno
mostrato che vi sono atti che, salvo rare eccezioni,
sono stati condannati sempre e dovunque. Questi atti
si possono riassumere in quattro categorie:
 Incesto
 Furto ai danni di una persona del proprio gruppo
 Ratto e stupro di una donna sposata
 Uccisione di un membro del proprio gruppo
Con stigma si intende un attributo profondamente
screditante che declassa chi lo ha da persona completa e
normale a persona segnata e disonorata. Il processo di
stigmatizzazione segue le seguenti fasi:




Selezione delle differenze
Creazione di etichette negative e estensione
Opposizione di <<Noi>> e <<Loro>>
Perdita di status e sanzione
Il rapporto fra criminalità e devianza è molto meno lineare di
quanto crede il senso comune.
La criminalità si riferisce esclusivamente ai comportamenti che
violano la legge.
La criminologia studia esclusivamente i reati (quantità, tassi,
tecniche, psicologie).
La sociologia della devianza studia perché alcuni comportamenti
vengono considerati devianti e perché la devianza viene
associata soprattutto ad alcune figure sociali (poveri,
immigrati, senzatetto).
 Biologico: mette in relazione devianza e caratteristiche
innate degli individui
 Psicologico: mette in relazione devianza e tratti della
personalità degli individui
 Sociologico: tengono conto del contesto socio-culturale in
cui la devianza ha luogo, dell’individuo, del gruppo, della
società.
Lombroso: I tipi criminali sono individuabili a partire dalla
forma del cranio, della fronte, dalla dimensione della
mascella e dalla lunghezza del braccio.
Un criminale è generalmente un minorato.. Particolare
importanza attribuiva al cranio. Studiando quello del
brigante Vilella, rilevò che nell’occipite, invece che
una piccola cresta, esso presentava una fossa, che
chiamò occipitale mediana. Influenzato dalla lettura
di Darwin, sostenne la teoria dell’atavismo.
Il <<delinquente nato>> ha: testa piccola, fronte sfuggente,
zigomi pronunciati, occhi errabondi, sopracciglia folte e
ravvicinate, naso torto, viso pallido, barda rada.
Sheldon (1940) distingue gli individui in mesomorfi,
ectomorfi ed endomorfi ed identifica nei primi la
categoria più propensa alla devianza.
Teoria genetica del cromosoma XYY (anni ’80\90).
 Altri sviluppi: Crim. correlata a: «inferiorità biologica»
(Hooton 1939), la forma del corpo (Glueck e Glueck 1950,
1956; Sheldon, 1949; Kretshmer, 1925), la deficienza
nutrizionale (Hippchen 1977), l'anormalità cromosomica
(West, 1969) e, considerando la media per gruppi
'razziali', la dimensione dei genitali, natiche e cervello
(Rushton 1989). " (36).

Eysenck (1964): la devianza dipende da stati mentali
anormali ereditari.
Altri: i devianti sono individui portatori di una
personalità psicopatica.
Sono spiegazioni molto indirette e riduzioniste.
Idea sottesa ai due approcci: la devianza è un
comportamento anti-funzionale, individuabile e
combattibile (approccio positivista).
 La propensione a deviare viene connessa a: estrema
introversione e l'estrema estroversione (Eysenck 1964, 1977),
un super ego debole e riottoso (Alexander e Ross 1952), la
follia (Menninger 1969; Prins 1980) ed un 'ritualismo per le
procedure accoppiato ad un'opportunistica fiducia in
un'identità messianica' (Kuttner 1985: 35).
 Quest'ultima coppia di caratteristiche si rtiene attenga alla
'mentalità del genocidio' Hester ed Eglin, criticando la
criminologia di taglio psicologico: " durante il massacro del
Golfo si ritenne che Saddam Hussein mostrasse la condizione
patologica denominata dai suoi inventori 'narcisimo maligno'.
Qualunque commento risulterebbe superfluo (1999, 36).
 Approccio della tensione sociale
 Spiegazioni sub-culturali
 Approccio del controllo sociale
 Teoria dell’etichettamento
 Teoria della scelta razionale
La devianza è il frutto di tensioni strutturali interne alla
società e di carenze nella regolazione morale della
stessa.
Si tratta quindi di un approccio funzionalista. Secondo
questo modello, la pena è necessaria perché sancisce
l’esistenza del reato come limite della moralità
pubblica. Nella pena, mediante la sanzione della
differenza, la società conferma la propria identità.
La devianza è il frutto dell’anomia.
L’anomia è una caratteristica tipica della modernità (vedi
lezione su Durkheim). La devianza è perciò inevitabile e
cresce nei periodi di maggiore turbolenza sociale.
Essa svolge due funzioni: funzione adattiva e di definizione
dei confini
Sviluppa il concetto durkheimiano di anomia
applicandolo al rapporto fra individuo e società:
l’anomia è la tensione prodotta dal contrasto fra
norme sociali e realtà (conflitti tipici della società
americana contemporanea).
La devianza è quindi il risultato delle disuguaglianze
economiche e della tensione che si produce fra valori
e mezzi pratici a disposizione degli individui di una
società.
Ciò permette di risolvere il conflitto fra benessere
crescente e aumento dei tassi di criminalità: concetto
di privazione relativa.
La devianza dipende dalle norme culturali accettate
all’interno del proprio gruppo:
“ Una persona diventa delinquente in quanto si trova in presenza di un eccesso di
definizioni favorevoli alla violazione delle leggi rispetto a definizioni non favorevoli
alle violazioni. Questo è il principio dell’associazione differenziale, che si riferisce sia
alle associazioni criminali sia a quelle anti criminali, e che riflette un campo di forze
interagenti e contrapposte” (Sutherland e Cressey, Principles of Criminology, 1960.
Essa dipende quindi dall’apprendimento.
Studi più importanti:
 Ricerche della scuola di Chicago (ricerca sui tassi, associazione differenziale)
 Studi sul legame fra classe e devianza in Inghilterra (Cohen e Cloward e Olin)
Conseguenze:
- chi commette un reato lo fa perché si conforma alle
aspettative del suo ambiente. In questo senso, le
motivazioni del suo comportamento non sono diverse da
quelle di chi rispetta le leggi;
- a essere deviante non è l’individuo, ma il suo gruppo di
appartenenza. In questo caso gli individui non violano le
norme del proprio gruppo, ma solo quelle della società in
generale.
- il processo di apprendimento avviene di solito all’interno
di piccoli gruppi e riguarda sia le motivazioni per
commettere un reato, sia le tecniche per farlo.
La devianza non è relativa a caratteristiche del gruppo o
dell’individuo ma è un processo di interazione fra devianti e
non devianti.
Non esistono crimini in sé ma solo comportamenti definiti
criminali.
Le etichette che definiscono le categorie devianti dipendono da
strutture di potere.
La condizione sociale, la socializzazione e le opportunità incidono
sulla possibilità che alcuni comportamenti vengano definiti
devianti.
Esse danno altresì la possibilità di una carriera deviante.
Becker: non esistono comportamenti devianti ma identità
devianti collegati a segnali indiziari (abbigliamento, modo di
parlare, paese di origine): “I gruppi sociali creano la devianza
stabilendo le regole la cui infrazione costituisce la devianza e
applicando queste regole a persone particolari, che
etichettano come outsider. Da questo punto di vita, la
devianza non è una qualità dell’azione commessa, ma
piuttosto la conseguenza dell’applicazione, da parte di altri, di
regole e sanzioni al trasgressore. Il deviante è uno cui
l’etichetta è stata applicata con successo; il comportamento
deviante è il comportamento così etichettato dalla gente”
Howard Saul Becker, Outsiders, 1987, p. 15.
 «L'aspetto centrale della devianza ( è che) essa è creata dalla
società. Non voglio dire, come comunemente avviene, che le cause
della devianza sono da individuarsi nella situazione sociale del
deviante o in 'fattori sociali' che orientano la sua azione, voglio dire,
al contrario, che i gruppi sociali creano la devianza istituendo norme
la cui infrazione costituisce la devianza stessa, applicando quelle
norme a determinate persone e attribuendo loro l'etichetta
di outsiders. Da questo punto di vista, la devianza non è una qualità
dell'atto commesso dalla persona, ma piuttosto una conseguenza
dell'applicazione, da parte di altri, di norme e di sanzioni nei
confronti di un 'colpevole'. Il deviante è una persona alla quale
questa etichetta è stata applicata con successo; un comportamento
deviante è un comportamento che la gente etichetta come tale"
(Becker, trad. it. 1987: 22, corsivo nell'originale
Devianza primaria
- quando la violazione di una norma, di una pratica, di una regola viene
ignorata e /o non riconosciuta e la persona che l’ha infranta non si
considererà un deviante (es. passare con il rosso, fumare occasionalmente
marijuana, ecc.).
Devianza secondaria
- quando la violazione di una norma, di una pratica, di una regola viene
riconosciuta e resa pubblica e la persona che l’ha infranta è etichettata e
trattata come deviante.
 "una teoria sociologica della devianza dovrebbe focalizzare la
propria attenzione su tre correlati problemi esplicativi:
 (1) il modo in cui, nella società, differenti forme di
comportamento giungono ad essere definite devianti da
differenti gruppi od organizzazioni;
 (2) il modo in cui gli individui che manifestano simili
comportamenti vengono organizzativamente trattati in
maniera da produrre tassi di comportamento deviante tra vari
segmenti della popolazione;
 (3) il modo in cui atti che sono ufficialmente o ufficiosamente
definiti devianti vengono generati da condizioni quali
l'organizzazione familiare, l'incoerenza dei ruoli o le 'pressioni'
situazionali" (Kitsuse e Cicourel 1963: 135).
 certe forme di comportamento vengono proibite dal
diritto penale, vale a dire, il processo di definizione del
crimine mediante legislazione;
 (2) certi atti e persone divengono soggetti all'applicazione
della legge e ciò si riferisce al processo di selezione del
crimine da parte della polizia;
 (3) certe azioni e persone vengono identificati con
l'etichetta 'criminale' e ciò indica il processo
d'interpretazione del crimine da parte dei tribunali;
 (4) l'identità criminale si sviluppa, si afferma e si modifica"
(Sociologia del crimine, 1999, 43-4).
Le persone tendono naturalmente a deviare. Se nella
quotidianità ciò non avviene è perché ci sono dei
meccanismi sociali capaci di rendere sconveniente
deviare all’individuo.
La devianza viene repressa dal controllo sociale.
I controllo sociali sono di tipo:
 esterno (sorveglianza esercitata dagli altri);
 interno diretto (imbarazzo, vergogna che prova chi
trasgredisce);
 e indiretto (legame a figure autorevoli di riferimento).
La devianza diminuisce all’aumentare dei seguenti legami:
 Attaccamento a genitori o insegnanti
 Impegno nel perseguimento degli obiettivi convenzionali (successo,
riuscita scolastica, buona reputazione
 Coinvolgimento nelle attività convenzionali
 Credenze
Limite di questa teoria: perché anche chi ha forti legami (colletti
bianchi) delinque?
- L’attaccamento ai genitori o agli insegnanti = quanto più un individuo è
legato a queste persone, tanto più difficile è che compia delle azioni che essi
disapprovano
- L’impegno nel perseguimento degli obiettivi convenzionali = il successo
scolastico, l’affermazione professionale, la reputazione sociale. Quanto
maggiore è l’energia che un individuo ha investito nel raggiungimento di
questi obiettivi, tanto più difficile è che egli rischi di perdere, violando le
norme, tutto quanto ha accumulato
-Il coinvolgimento nelle attività convenzionali = quanto maggiore è il tempo
che una persona dedica allo studio, al lavoro, allo svago, tanto minore è quello
che gli resta per compiere i reati
-Le credenze = la violazione delle norme non è provocata da credenze che la
richiedano o la rendano necessaria, ma dalla mancanza di credenze che la
vietano
I reati non sono frutto di influenze esterne ma di una scelta
razionale.
L’attore tiene conto dei costi esterni pubblici, esterni privati
ed interni.
Viene quindi rifiutata l’idea implicita che ogni
comportamento deviante sia dettato da stati di coscienza
alterati o, più in generale, da scelte irrazionali.
La teoria del conflitto/1
Per i teorici del conflitto le disuguaglianze di
ricchezza e potere portano a etichettare alcune
persone come devianti o criminali
•Innanzitutto, il sistema capitalista punisce qualunque
infrazione o minaccia al funzionamento del sistema
economico capitalistico
La teoria del conflitto/2
•Secondo, si ritiene che il capitalismo generi avidità ed
egoismo per creare nuovi e più ampi mercati per le propri
merci, e ciò crea la necessità di spendere forti somme in
pubblicità e marketing
•Terzo, il capitalismo stimola la competizione per le
risorse scarse, il che significa che i ricchi e potenti si
accaparrano, e usano, più di quanto gli è dovuto, a
svantaggio degli altri
 1 ogni fatto sociale (istituzione, pratica, legge...) deve essere
compreso ponendolo in relazione alla struttura della società nel
suo insieme;
 2 la struttura della società è meglio descritta, in definitiva, in
termini di un conflitto di interessi, piuttosto che di un consenso
di valori; pertanto, il potere è l'elemento fondamentale della
società;
 3 delle varie dimensioni (classe, stato, partito, genere, razza...)
del cponflitto di potere, è fondamentale quello tra le classi (in
senso marxiano);
 4 l'analisi sociologica è intenzionalmente critica degli assetti
sociali e volta al cambiamento sociale e politico, solitamente di
natura socialista.
Il futuro della criminalità
nella società postmoderna
Secondo Michel Foucault nelle società tradizionali la
regolazione sociale si basava sulle punizioni fisiche, come
tortura ed esecuzioni. Il moderno regime correzionale,
invece, dipendeva dal disciplinamento della mente e del
corpo del criminale. In questo caso la regolazione sociale
non riguardava solo le organizzazioni correzionali, ma tutte
le istituzioni, dalla medicina all’educazione
Il futuro della criminalità
nella società postmoderna/2
La società postmoderna presenta fenomeni
contraddittori come la crescita della popolazione
carceraria e l’introduzione di nuove forme di controllo
(psichiatria, trattamento sanitario, braccialetto
elettronico, etc.)
Una delle dimensioni del controllo sociale più in rapida
crescita all’interno della società dei consumi è la
gestione del rischio
 Michel Foucault, Gli anormali. Corso al Collège de France
1974-75, (1999), tr. It. Feltrinelli, Milano 2000.
 Erving Goffman (1961(, Asylums. Le istituzioni totali: i
meccanismi dell'esclusione e della violenza, trad.it.
Einaudi, 2003
 Howard Becker, Outsiders, cit.
 V. Romania, Sbatti il mostro in prima pagina,
www.dominiopubblico.it
Molte sono le forme di criminalità e di reato; le principali sono:
- attività predatoria comune:
 furto di beni
 furto con violenza
- omicidi
- reati dei colletti bianchi
- criminalità organizzata
Con l’espressione reati dei colletti bianchi si definiscono i reati
compiuti da persone rispettabili e di elevata condizione sociale nel
contesto della propria occupazione.
I reati aziendali sono quelli commessi dalle imprese e sono capillari e
diffusi. Esistono sei tipi di questi reati:
- amministrativi (irregolarità o non conformità di documenti);
- ambientali (inquinamento, assenza di autorizzazioni);
- finanziari (evasione fiscale, falsificazione di bilancio);
- occupazionali (condizioni di lavoro o assunzioni irregolari);
- produttivi (pericolosità dei prodotti, etichettatura mendace);
- commerciali (pubblicità ingannevole).
Altre forme di criminalità note e diffuse sono:
- la criminalità organizzata: fenomeni con caratteristiche analoghe a
quelle delle normali attività d’affari, ma che sono illegali (es.
contrabbando, traffico di droga e armi).
- i reati informatici: atti criminosi perpetrati con l’aiuto della tecnologia
informatica (es. intercettazione abusiva di comunicazioni, istigazione
alla violenza attraverso Internet, frodi telematiche).
Molti reati non vengono registrati per:
- mancanza di segnalazione del reato alla polizia;
- assenza di registrazione del reato;
- scetticismo della polizia sulla validità delle informazioni ricevute su un
presunto reato.
Le statistiche ufficiali sulla criminalità forniscono i dati meno affidabili
tra quelli pubblicati ufficialmente su temi di carattere sociale, perché
tengono conto solo dei fatti registrati dalla polizia.
Una risposta a questo problema sono le indagini sulla vittimizzazione
rivolte a un campione di intervistati.
Tab. 9.2 - Morti per omicidio in alcuni paesi europei per 100.000 abitanti, anni 1992-2005
Il carcere è un sistema di punizione di chi commette reati.
Il principio ispiratore del sistema carcerario è il recupero dell’individuo,
poiché mira alla sua reintegrazione nella società una volta rimesso in
libertà. Prigione e condanne severe sono considerate anche un
deterrente del crimine.
Tuttavia i tassi di recidività sono alti  chi ha commesso reati tende a
ricommetterli: le carceri favoriscono la spaccatura fra società e
detenuti, poiché l’ambiente carcerario richiede atteggiamenti e
abitudini totalmente diversi dal mondo ‘esterno’, rendendo così
difficile la reintegrazione.
Per alcuni è necessario passare da una giustizia punitiva ad una
riparativa, capace di accrescere nei condannati la consapevolezza degli
effetti dei loro crimini attraverso sentenze da scontare in ‘comunità’.
(es. carceri di Bollate e Asinara).
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