SOCIOLOGIA CORSO DI LAUREA IN AMMINISTRAZIONE, GOVERNO E SVILUPPO LOCALE Facoltà di Scienze Politiche I testi che seguono corrispondono a quelli dei lucidi proiettati a lezione, in ordine cronologico. In questo file sono contenute solamente le presentazioni Powerpoint. Si tratta di un materiale che vi indica i puntichiave del nostro programma. Docente: Alessandro Mongili Dipartimento di Ricerche Economiche e Sociali Studio n° 18, I piano [email protected] N° di telefono 0706753675 Orario di ricevimento: giovedì dalle 12.00 alle 14.00 SOCIOLOGIA: 9 CREDITI, 60 ORE DI LEZIONE FRONTALE I Modulo Pier Paolo Giglioli (a cura di), Invito allo studio della società, Bologna, Il Mulino 2005. IN SIGLA: PPG Teresa Grande ed Ercole Giap Parini (a cura di), Studiare la società. Questioni, concetti, teorie, Roma, Carocci 2007. IN SIGLA: TGEP Parte. Introduzione alla sociologia La società e le istituzioni primarie (TGEP 17-39). Corpo, sesso, età (PPG, 13-35). Modernità, razionalizzazione, memoria (TGEP 41-63, eccetto le pp. 56-59). Potere, inclusione ed esclusione (PPG 131-150 e 37-43 e 45-59). Lavoro, occupazione e stratificazione sociale (TGEP 109-129). La città. Folla, movimenti, comportamenti collettivi (PPG, 159-178 – esclusi i paragrafi 8. e 9. – e TGEP 173-193). Comunicazione e media (PPG 185-209). Consumi e stili di vita (TGEP 195-214). SOCIOLOGIA: 9 CREDITI, 60 ORE DI LEZIONE FRONTALE II modulo Herbert Blumer, La metodologia dell'interazionismo simbolico, Roma, Armando Armando 2006, IN SIGLA: BLU. Howard Saul Becker, Outsiders. Saggi di sociologia della devianza, EGA, Torino 1987 (esclusa Appendice). IN SIGLA: BECK II Parte. La sociologia come disciplina scientifica L’oggetto specifico della sociologia come scienza (BLU 37-68) III Parte. La sociologia interazionista della devianza. (BECK 21-204) Definizioni di devianza. L’approccio interazionista allo studio della devianza. Etichetta, carriera deviante. Consumo di sostanze stupefacenti e carriera deviante Devianza e controllo sociale. Cultura di un gruppo deviante e concetto sociologico di cultura. Le norme e la loro applicazione. Gli imprenditori morali e la creazione delle norme SOCIOLOGIA: 9 CREDITI, 60 ORE DI LEZIONE FRONTALE L’esame: L’ESAME IN DUE VOLTE: Solo chi frequenta le lezioni frontali e chi si iscrive alle esercitazioni può sostenere l’esame in due volte. La prima, nella sessione di novembre 2007, consisterà in una prova scritta sul primo modulo; la seconda, SOLO nella sessione di gennaio-febbraio 2008 (ENTRAMBI GLI APPELLI), consisterà in una prova orale sul II modulo. SOCIOLOGIA: 9 CREDITI, 60 ORE DI LEZIONE FRONTALE L’esame: L’ESAME IN UNA SOLA VOLTA: TUTTI potranno sostenere, a partire dalla sessione invernale d’esami (gennaio-febbraio) 2008, l’esame scritto su tutto il programma. SOCIOLOGIA: 9 CREDITI, 60 ORE DI TUTORAGGIO Tutore: dott. Matteo Valdès Le date dell’esercitazione sono, in base al gruppo di appartenenza: venerdì gruppo A 10.00-12.00 e 14.00-16.00, aula 10c (ex-Istituto dei Ciechi, Via Nicolodi). Nei giorni di esercitazione il dottor Valdès riceverà gli studenti in Aula tutor (stesso edificio), dalle 12.30 alle 13.30. [email protected] Sociologia una disciplina che studia la vita sociale degli individui, dei gruppi e delle intere società. Il mondo in questione La sociologia: si oppone al senso comune Fornisce rappresentazioni verificabili dei fenomeni sociali Contribuisce, a sua volta, alla formazione del senso comune. Fare cose assieme La sociologia studia i fenomeni che prendono forma in base alla collaborazione e alla cooperazione degli individui: i processi sociali, le azioni sociali, i modelli di comportamento, le convenzioni sociali, le norme, i valori... I fenomeni sociali non sono statici, ma mutano continuamente e producono effetti come le individualità, le leggi, le mode, i criteri di gusto, gli ordini di priorità. Mentre la società è un'astrazione del pensiero, i sistemi situati di interazione hanno realtà empirica La società e la sociologia Intendiamo per società: quell'insieme di relazioni che danno forma a linguaggi, forme stabili di aspettative reciproche, repertori condivisi di narrative che hanno una relativa stabilità di fronte alla interazione continua fra individui. La sociologia è una disciplina che – all'interno dei quadri scientifici – sviluppa una conoscenza verificabile della vita sociale. Essa è parte di un movimento sociale tipico dell'Occidente vòlto a mettere in questione il senso comune ed a fornire rappresentazioni fondate della società umana. La “modernità” La sociologia sorge assieme ai grandi rivolgimenti che caratterizzano la nascita della società industriale. Questo tipo di società viene presto concettualizzato come radicalmente nuovo e dotato di caratteri nuovi e diversi rispetto a tutte le società precedenti. Si afferma un modello dicotomico (oggi in crisi), che distingue la società moderna dalle società premoderne, o tradizionali, e una visione della storia come “progresso”, “sviluppo” o “evoluzione”. Émile Durkheim e il fatto sociale Durkheim (1858-1917) individua fenomeni (fatti sociali) che non sono spiegabili in base alle volontà individuali, ma solo in base ad altri fatti sociali (norme, rappresentazioni collettive, condizioni sociali): essi sono l'oggetto della sociologia. I fatti sociali sono cose che danno forma alle nostre vite. La società, insieme di fatti sociali, è una realtà sui generis, e come tale va studiata. Émile Durkheim: società semplici e complesse Non tutte le società sono uguali: quelle in cui la divisione del lavoro è elevata e i ruoli sociali diversificati ha una densità morale incomparabile, cioè non ha più un fondamento comune in termini di valori, norme, compiti e mansioni individuali. Le società complesse sono meno integrate e meno regolate di quelle semplici, e gli individui hanno di fronte norme contraddittorie, sovrabbondanti o assenti: il risultato è l'anomia e la devianza. Tuttavia, entrambi i tipi di società poggiano su un principio di coesione, che però non è lo stesso. Émile Durkheim: solidarietà meccanica Nelle società semplici, gli individui sono simili per ruolo ma la divisione del lavoro è scarsa e gli scambi economici limitati. Tutti potrebbero sopravvivere del proprio. Le città sono poche e piccole. La famiglia e il gruppo d'appartenenza immediata domina. Il legame (la solidarietà) si fonda sull'appartenenza e sulla condivisione di un sistema culturale e religioso. Le norme sono sacralizzate e immutabili. La solidarietà è definita meccanica in quanto le società semplici stanno in piedi per giustapposizione di elementi fra di loro autonomi e autosufficienti. Émile Durkheim: solidarietà organica Nelle società complesse, gli individui hanno ruoli molto differenziati, la divisione del lavoro e gli scambi economici sono molto sviluppati. Sono società urbane. La famiglia e il gruppo d'appartenenza perde rilevanza. Il lavoro e la sopravvivenza di ognuno è impensabile senza un legame stabile con chi ha lavori diversi. Le individualità non sono più assorbite da sistemi culturali uniformi, ma differenziate. La solidarietà è definita organica in quanto le società complesse di fondano sulla divisione del lavoro e funzionano come un organismo. Tipi di relazioni prevalenti: comunità e società Ferdinand Tönnies (1855-1920) concettualizza i due tipi di relazioni prevalenti nei due tipi di società. Comunità si riferisce a relazioni fondate sull'affettività, sull'appartenenza: nelle società moderne sono marginali. Società sono relazioni che si fondano sullo scambio e l'interesse, interstiziali, in cui si entra in relazione con gli altri per porzioni della propria individualità. Esse costituiscono l'ordito della società moderna. Intrico formale e adattamento reciproco Georg Simmel (1858-1918) è il primo sociologo a vedere la società come insieme caotico di relazioni di tipo diverso e di cerchie sociali eterogenee. Fra di esse, relazioni e cerchie sociali eterogenee vivono in un costante adattamento reciproco dagli esiti più eterogenei. Dall'intrico caotico di relazioni eterogenee emergono forme stabili che vengono incorporate e date per scontate (istituzionalizzate): sono le forme di sociazione, che però subiscono torsioni continue e mutano continuamente (“tragicità” della vita sociale) Il sogno di una società dotata di senso Per molta sociologia e molto a lungo le istituzioni sociali non sono state viste come forme di sociazione emerse dal fluire caotico delle relazioni eterogenee ma come fatti che hanno una funzione in quanto rispondono a bisogni sociali stabili. Il legame fra i fatti sociali e la vita quotidiana è qui riferito alla formazione delle individualità nei processi educativi e di socializzazione, e alla cogenza normativa. Questo tipo di sociologia si ispira alle modellizzazioni astratte delle scienze naturali. Il sogno di una società dotata di senso: lo schema AGIL Talcott Parsons (1902-1979) indicava nella struttura sociale l'esistenza di alcune funzioni cui ogni società risponderebbe con lo sviluppo di istituzioni sociali. Tali funzioni (imperativi funzionali) sono: ADAPTATION: strutture economiche GOALS ATTAINMENT: strutture politiche INTEGRATION: strutture giuridiche, religione LATENCY: strutture culturali e della socializzazione. Tale approccio è chiamato struttural-funzionalismo. Un caso concreto: la famiglia L'evoluzione della famiglia come istituzione sociale non può essere spiegata in funzione della sua risposta alla latency, ma in base alla sua storia molteplice ed estremamente varia. Quello che chiamiamo famiglia corrisponde a forme molto diverse di convivenze. Peter Laslett, nel 1972, identificò i tipi seguenti, in base alla “residenza”: 1. Persone sole; 2. Famiglie senza struttura; 3. Famiglie semplici o nucleari; 4. Complesse-multiple; 5. Complesse-estese. La famiglia non è l'unico tipo di convivenza. Un caso concreto: la famiglia Tavola A.21 - Tipologie familiari per ripartizione geografica - Anni 2001 e 2006 (composizioni percentuali) Ripartizioni geografiche TIPOLOGIE FAMILIARI Italia Nord-ovest Nord-est Centro Mezzogiorno 4.158 4.301 7.096 ANNO 2001 (a) Fa m iglie(migliaia) (=100%) Senza nuclei Persone sole Altre famiglie senza nuclei Con un nucleo SENZA MEMBRI ISOLATI Coppie senza figli Coppie con figli Monogenitore CON MEMBRI ISOLATI Coppie senza figli Coppie con figli Monogenitore Con due o pi? nuclei 21.698 6.142 24,0 1,9 26,3 2,0 24,8 1,9 26,0 2,0 20,4 1,8 18,9 42,3 7,9 21,6 38,6 8,2 20,1 39,2 7,6 19,4 38,1 7,9 15,6 49,8 7,6 1,1 2,1 0,6 1,0 1,3 0,5 1,5 2,6 0,7 1,4 2,8 0,6 0,8 2,1 0,6 0,5 1,5 1,9 1,3 22.907 6.513 4.446 4.496 7.452 26,1 2,0 29,0 1,9 26,5 1,9 27,4 2,2 22,5 2,1 20,0 39,0 8,0 22,2 35,4 8,1 21,9 36,4 7,9 20,0 35,9 7,8 16,9 45,8 8,1 1,1 1,9 0,6 1,0 1,4 0,5 1,2 2,2 0,7 1,7 2,4 0,7 0,9 1,7 0,7 1,3 0,5 1,4 1,9 1,4 1,2 ANNO 2006 (a) Fa m iglie(migliaia) (=100%) Senza nuclei Persone sole Altre famiglie senza nuclei Con un nucleo SENZA MEMBRI ISOLATI Coppie senza figli Coppie con figli Monogenitore CON MEMBRI ISOLATI Coppie senza figli Coppie con figli Monogenitore Con due o pi? nuclei Fonte: Istat, Indagine multiscopo sulle famiglie, Aspetti della vita quotidiana (a) Per motivi di significativit�, i dati del 2001 e del 2006 si riferiscono a medie su due anni, rispettivamente 2000-2001 e 2005-2006. La famiglia: un gruppo primario La famiglia, al di là della “funzione” che svolgerebbe in ogni tipo di società, è un gruppo primario, al cui interno i membri non hanno un ruolo specifico ben descritto, ma un ruolo diffuso, al cui interno dominano relazioni di tipo “comunità”. Cooley li caratterizza come un’associazione intima, priva di scopi ben determinati se non la propria riproduzione e il proprio mantenimento. La socializzazione primaria I nuovi arrivati (in genere i bambini) sono introdotti nel gruppo primario e invogliati, attraverso il gioco, l’imitazione, l’osmosi, le punizioni, a fare propri i tratti che caratterizzano i comportamenti di ogni tipo dei familiari adulti. È il processo attraverso cui si forgia il proprio Sé nei tratti più generali (lingua, posture, preferenze di gusto, valori, priorità) I gruppi secondari e la socializzazione secondaria Il loro sviluppo caratterizza la modernità. Hanno scopo e interessi comuni. Al loro interno dominano ruoli specifici, che corrispondono a mansioni ben descritte. I neofiti sono educati (in set dominati dalla razionalità) ad assumere ruoli specifici attraverso percorsi formativi standardizzati. Organizzazioni, associazioni, imprese, scuole Sociologia del corpo umano Il corpo è socialmente “organizzato” in forme diverse nelle varie culture. Nella nostra cultura, il corpo è separato dal cosmo, è individuale e inviolabile, ed è oggetto della ragione, è separato da sé. La percezione del corpo (p. es. del dolore) è mediata da quadri culturali diversi. Socializzazione ai quadri interpretativi o cornici, che noi percepiamo come “naturali”. Cornici naturali e sociali Cornici “naturali” sono quadri interpretativi che attribuiscono a ragioni naturali gli eventi (es.: un omicidio alla “follia”). Le cornici “sociali” attribuiscono gli eventi in relazione a finalità o volontà degli attori. Le nostre attribuzioni ai due tipi di cornici hanno più rilevanza che la “verità”. Cornici naturali: il discorso medico Dal XIX il discorso medico è diventato un repertorio legittimo per definire le identità personali. In particolar modo, ha regolato la percezione del sesso. Al suo interno ha avuto due fasi: il genitalismo e la svolta endocrinologica. La trasformazione chirurgica dell’identità sessuale viene riconosciuta su base “psicologica” e non più (solo) genitale. I trans sfidano l’idea tradizionale di sesso biologico ma rafforzano la percezione della partizione in due soli sessi come “naturale”. Cornici naturali orizzontali: il discorso sul genere La “normalità” dell’identità eterosessuale e polarizzata (matrice eterosessuale) è potentissima. La pressione ad “essere” maschi o femmine è fortissima sin da bambini, per assumere un significato di normalità come persone. Il fondamento di questa “cornice” differenziante è il dominio maschile e la sua legittimazione. Segregazione femminile, pubblico/privato e femminilizzazione dei lavori minori. Solo 20% dei maschi delle giovani coppie collabora ai lavori domestici (2002) Cornici naturali verticali: il discorso sull’età Si considera “normale” che i giovani siano dinamici, allegri, forti, ed i vecchi conservatori, antiquati ecc. Non esiste un legame diretto, poiché le generazioni hanno una storia e vivono esperienze che segnano la loro cultura Se alcune generazioni sono culturalmente più compatte, altre sono molto frammentate. In alcuni casi appartenere a una generazione ha però effetti più importanti che appartenere a una classe sociale (effetti di generazione). Il problema del corso della vita Non tutte le culture rappresentano il corso della vita in modo simile, con effetti importanti sulle concezioni del Sé e delle classi d’età. L’Europa medievale non cocepiva l’infanzia, e trattava i bambini come “piccoli adulti”. Più tardi, e sino agli ultimi decenni, la cultura occidentale differenziava i bambini, gli adulti e gli anziani. Recentemente, l’adolescenza come ingresso nell’età adulta ha assunto proporzioni bulimiche. Il passaggio all’età adulta si è individualizzato. Malattia e morte A partire dalla fine del XIX sec. il discorso medico vede la malattia non più come essenza patologica degli individui ma come insieme di sintomi localizzati La stessa morte viene trattata come malattia e trattata negli ospedali: la solitudine del morente. La morte è occultata e nascosta allo stesso morente (La morte di Ivàn Il’ič di Lev Tolstòj). Il corpo umano è un campo di battaglia biologico ma anche culturale e morale, oltre che delle identità e delle strategie di distinzione e di appartenenza degli individui. In questo, è simile alla moda. Ancòra su “modernità” e “tradizione” “Processo globale e accelerato che negli ultimi quattro secoli tocca l'economia, la politica, il diritto, la società, la cultura, la tecnoscienza, la vita quotidiana e le identità di genere”. La società moderna legittima l'innovazione, mentre la tradizione la ostacola. Tuttavia, “ogni tradizione è cambiata avantieri”, anche se lentamente. L'innovazione è sempre presente. Esempio: dal Condaghe di Santa Maria di Bonarcado (XII-XIII secc.) (2-4) Poseruntimi a mimi et a ipsos a postu k'eo benne cun sa carta mia. Benni ego assu postu et ipsos non bennerunt. (2-6) Et osca poserunt atteru postu a dominica de palma. Benni ego et ipsos non bennerunt. (Petrus priore de Bonarcatu). Sardo XXI sec.: Ant impostu a mimi e a issus chi deu bèngia cun su documentu miu a s'udienzia. Deu seu bènniu a s'udienzia e issus no funti benius. E pois ant impostu un'atra udienzia a domìniga de prama. Deu seu bènniu e issus no funti benius. Violenza e civilizzazione Norbert Elias (1936-1990) studia le dimensioni oggettive/soggettive della modernità. Nel feudalesimo conflitti permanenti, legittimità e esaltazione della violenza fisica (cavalleria). Monopolio statale della violenza legittima e pacificazione della vita sociale: corpi specialistici che usano legittimamente la violenza. Livello psicogenetico e sviluppo del self-control: repressione della violenza anche nelle persone. Incivilimento e buone maniere: il “super-Io”. Tradizione/modernità: un'opposizione ambigua Nella sociologia contemporanea i caratteri che i Classici attribuivano a società tradizionali e moderne (solidarietà meccanica/organica, Comunità e famiglia/Società e scambio di mercato) vengono viste come due facce diverse ma compresenti del legame sociale. Le identità etniche o i rapporti familiari non solo permangono, ma si intrecciano con altri elementi sociali in intrichi diversi, che possono anche rigenerarli in forme nuove (rinascite religiose/etniche, nuovi tipi di famiglia, ecc.). Il contributo di Karl Marx (1818-1883) Marx considera criticamente lo sviluppo della modernità. Suo apporto fondamentale › porre lo studio delle condizioni materiali al centro dell'analisi. “Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza”. Dalla base materiale della società (struttura) dipendono ideologie, fenomeni culturali, politici, giuridici, ecc. Il modo di produzione Nella storia vi sono stati tipi diversi di strutture sociali, corrispondenti al altrettanti modi di produzione. Insieme storicamente determinato di forze produttive (tecnologie, materie prime, modelli organizzativi) e dei rapporti di produzione (relazioni prodotte dai rapporti giuridici di proprietà e dalla divisione del lavoro). La storia è caratterizzata dal succedersi di diversi modi di produzione, ognuno dominante in una data epoca e luogo. I quattro principali modi di produzione Asiatico: lo Stato organizza e domina la produzione, assenza di moneta: Antico Egitto, “dispotismo orientale”, Cina. Schiavistico: bene posseduto: schiavi; classi possidenti: patrizi; moneta; Antichità classica. Feudale: bene posseduto: terra; classi: nobili e servi; poca moneta; Europa medievale. Capitalistico: bene posseduto: imprese; classi: borghesi, proletari; moneta; Società moderne. Le contraddizioni fra forze produttive e rapporti di produzione conducono alle rivoluzioni. Modernità, razionalizzazione e razionalità strumentale Max Weber (pronuncia: Véber, 1864-1920), distingue fra razionalità come forma di calcolabilità delle azioni sociali e razionalizzazione come processo tipico della modernità. La razionalità si distingue come r. rispetto al valore, ovvero calcolo razionale dei fini e degli strumenti necessari per perseguirli, ma legate a un valore che si vuole attuare in pratica, e rispetto a uno scopo (razionalità strumentale), ovvero calcolo razionale dei fini, dei mezzi e, soprattutto, delle conseguenze dell'azione. Il processo di razionalizzazione e la gabbia d'acciaio Processo di razionalizzazione: estensione a ogni ambito vitale della razionalità strumentale La tecnoscienza è il veicolo principale del processo: al suo interno però non è completamente razionale. Credenza metafisica nella ragione e disincanto del mondo. Lato notturno: la gabbia d'acciaio. Carattere totalitario dell'Illuminismo, esclusione dell'Altro e barbarie della modernità La memoria e la storia come costruzione sociale “La storia è sempre storia contemporanea” Benedetto Croce Maurice Halbwachs (1877-1945) e la memoria collettiva: i racconti sul passato (anche biografici) si modificano in base a punti di riferimento che condividiamo con il loro pubblico (luoghi, età, “punti”), ed a riferimenti più complessi (linguaggi, cronotopi): sono i quadri sociali della memoria. Il passato è una qualità del presente, al cui interno esso vive come memoria ri-costruita. La memoria come pratica sociale performativa Il passato viene ricompreso nel presente come pratica sociale in forme diverse. La memoria si esteriorizza e si deposita in oggetti, in foto, in registrazioni e in archivi digitali (memorie artificiali) ma anche in rappresentazioni elaborate del passato (istituzioni culturali, artefatti urbani, cerimonie) Ricordare “salva il passato” e lo mette in discussione (responsabilità e elaborazione collettive). Condiziona le identità collettive. Il passato: posta in gioco del presente. Potere su qualcuno o potere di fare? Distribuzione asimmetrica del potere: qualsiasi possibilità di far valere, entro una relazione sociale la propria volontà, quale che ne sia la base (M. Weber). Produzione simmetrica del potere: capacità umana di... agire di concerto (Hannah Arendt). Il potere corrisponde a un'energia collettiva, fa capo a reti o gruppi, è incorporato in relazioni e oggetti, è performativo. Il potere si istituzionalizza in meccanismi invisibili e agisce nei mondi empirici anche in forme poco visibili e evidenti. Tipi di potere, basi diverse di potere Le basi del potere possono essere diverse, ma secondo Weber sono tre le risorse che sono alla base di condizionamenti di potere stabili e sistematici. Possesso di beni economici: chi ha la stessa posizione sul mercato del lavoro e delle ricchezze fa parte della stessa classe. Possesso di risorse culturali: chi ha lo stesso prestigio sociale e condivide lo stesso stile di vita fa parte dello stesso ceto. Possesso di strumenti coercitivi:chi si associa per usare la forza legittima per imporre decisioni/interessi fa parte dello stesso partito Classi, ceti e partiti: alcune considerazioni È difficile convertire il potere acquisito in base al possesso di una risorsa in altri tipi di potere (nascita/ricchezza/potere). I ceti sono i più restii a riconoscere potere e ricchezza come fonte di prestigio. I ceti condividono un onore di ceto basato su una subcultura comune che viene attribuita ai talenti individuali piuttosto che alla socializzazione primaria. Tipico: il disprezzo per la musica e l'arte “commerciali” e lo status della reputazione rispetto al successo nei mercati artistici. Forme di potere Costrizione fisica: costosa e inefficace. Coercizione (minaccia di sanzioni): pone di fronte l'alternativa di pagare dei prezzi alla mancata ubbidienza. Sanzioni anche positive Manipolazione e persuasione occulta: mascherare le apparenze, alterare le priorità, presentare informazioni parziali. Autorità legittima: è il potere esercitato perché riconosciuto legittimo da chi ubbidisce. Forme di potere Weber ha distinto il potere (Macht) dal dominio (Herrschaft) basato sull'autorità legittima, oggetto di studio scientifico. Il dominio è riconosciuto valido dai subordinati, e la relazione è normativa e giustificata (legittima): si fonda sul diritto a comandare di chi detiene l'autorità e sul dovere di ubbidienza del subordinato. Weber ha costruito un tipo ideale composto da tre tipi di domini legittimi, cui corrispondono altrettante forme organizzative del dominio. Tipi di dominio legittimo e tre tipi di apparati di dominio Dominio carismatico: principio di legittimità è il carattere straordinario (sacro, eroico...) attribuito a chi detiene il potere (Condottiero, duce, profeta...). Il suo apparato è costituito dai discepoli o seguaci relazioni: cameratismo/comunismo Dominio tradizionale. Legittimità: sacralità della tradizione. Apparato: patrimoniale e familistico o feudale e contrattuale. Dominio legale-razionale. Legittimità: sistema razionale di norme. Apparato: burocrazie stipendiate moderne. IL MODELLO ANALITICO E LA REALTA' OPACA Weber ha analizzato tutti i dati disponibili sul potere, poi ha interpretato e caratterizzato alcuni tipi astratti di dominio: nella realtà, i fenomeni presentano prevalenze di un tipo compresente con altri tipi. Il principio di legittimità costituisce un continuo pericolo per ogni tipo di dominio. Ogni dominio può trascendere in forme degradate: istituzionalizzazione del carisma, tirannia e populismo/neopatrimonialismo frequenti. L'apparato burocratico e i suoi tratti Regole scritte valide per tutti che regolano i compiti e le mansioni. Gerarchia di comando e sfere di competenza Separazione fra ufficio e persona. Specializzazione dei funzionari Reclutamento in base a qualifiche Esistenza di carriere fondate sul merito SUPERIORITA' DELLA BUROCRAZIA RISPETTO AGLI ALTRI APPARATI Esclusione e chiusura sociale Ogni gruppo sociale impone norme e confini simbolici che portano a creare gruppi o individui esclusi. I confini si fondano su una definizione della realtà rispetto a un modello legittimo. Calendario, sacro/profano, pubblico e privato, lingua ufficiale/lingue invisibili, sessualità legittima/illegittima: sono confini culturali, costruiti. I borderland come luoghi in cui passa il confine: luoghi vivaci, creativi, insicuri. Stranieri e borderland: l'appartenenza ibrida Lo straniero un po' appartiene un po' no: “la sua posizione... è determinata dal fatto che egli non appartiene fin dall'inizio a un luogo e che vi immette qualità che non ne derivano...” un di fuori e un di fronte. Egli è visto come non persona spiegabile solo per la sua origine (deindividualizzato). Egli è anche visto come terzo e come arbitro imparziale. Egli sviluppa verso l'ambito di arrivo un atteggiamento più razionale che affettivo Disuguaglianze classiche: la classe sociale in Marx Classe come categoria sociale: proprietà o meno dei mezzi di produzione (classe in sé). È una definizione oggettiva. Classe come attore collettiva: consapevolezza di interessi comuni, coscienza di classe (classe per sé). Differenziazione necessaria per spiegare la storia dal punto di vista della lotta di classe. Non sempre le classi hanno coscienza di classe. Disuguaglianze classiche: la classe sociale in Weber Le classi non sono il solo strato sociale. Più che il possesso dei mezzi di produzione, è importante la posizione di mercato delle classi (privilegiata, non privilegiata, media, ecc.). Altri strati sono i “partiti” e soprattutto i ceti, il cui prestigio si origina in qualità come la nascita, l'onore, la condotta di vita, l'educazione, i titoli di studio. Anche per i ceti varia il tipo di prestigio nelle varie epoche. Strategie dei ceti: la chiusura sociale (esclusivismo) I ceti tendono a escludere il godimento di risorse da parte di altri gruppi sociali, che vengono visti come inferiori. Tale inferiorità è riferita a qualità “naturali” di questi gruppi. Nella società attuale, i titoli di studio legittimano tali strategie. Il loro contenuto è escludere da risorse i ceti inferiori, usurpare risorse a quelli superiori (doppia chiusura). L'appartenenza periferica legittima e la socializzazione I ceti monopolistici regolano il noviziato in modo da socializzare alla cultura di ceto i nuovi arrivati. Nelle professioni, i ceti sono più centrati sul lavoro che sul consumo. I ceti sviluppano un lavoro politico per imporre le loro definizioni di realtà Producono ideologia vocazionali e auratiche su se stesse. Tendono ad autoregolare la professione e l'accesso ad essa: espansione, monopolizzazione e protezione dell'autonomia come boundary work. Le disuguaglianze culturali Weber insegna come le disuguaglianze culturali non siano meno strutturate e potenti di quelle economiche. L'onore di ceto ripudia il mercanteggiare I linguaggi (comprese le lingue) sono strumenti naturalizzati di comunicazione ma anche di esclusione. La scuola è il principale campo di battaglia delle inclusioni ed esclusioni culturali, perché le accredita e dà loro oggettività e una patina di naturalezza. Bourdieu (pron. /burdyö/), la scuola e la disuguaglianza Pierre Bourdieu (1930-2002) sostiene che la scuola riproduce la disuguaglianza culturale mascherandosi dietro il riconoscimento oggettivo del “talento”. Monopolio scolastico della violenza simbolica: efficace e poco visibile. I sociologi devono mostrare per quali ragioni chi non appartiene ai ceti istruiti non ha quasi mai “talento” a scuola Bourdieu individua due strumenti importanti: la naturalizzazione dell'ideologia del talento e la presenza di capitali culturali diversi, espressi negli habitus. Habitus: naturalizzazione delle disuguaglianze I programmi scolastici prescelgono all'interno della cultura umana ciò che viene riconosciuto come tale dai ceti più istruiti (latino vs informatica, ecc.), di cui assicurano la riproduzione culturale. In questo modo si socializzano le nuove generazioni agli habitus dominanti. Habitus: modi di fare e pensare, classificazioni, convenzioni ecc. Chi è già socializzato agli habitus dominanti è favorito nella riproduzione sociale. La sua qualità sociale è interpretata dagli insegnanti come talento individuale. Il capitale culturale La scuola si rivolge a tutti gli studenti allo stesso modo, ma così facendo privilegia chi condivide l'habitus dominante. Costoro hanno un maggiore capitale culturale che la scuola attesta con credenziali educative. Capitale culturale: incorporato (possesso di risorse culturali e capacità di performance), oggettivato (disponibilità di libri, dischi, quadri, ecc.) e istituzionalizzato (possesso di titoli di studio). Quest'ultimo è fondamentale. Lavoro e attività Lavoro: attività tesa a produrre beni materiali, immateriali e simbolici Occupazione come attività retribuita e socialmente riconosciuta. L'occupazione è connessa alla posizione occupata nella stratificazione sociale Sistemi di stratificazione Schiavitù: proprietà delle persone. Diversi tipi di schiavitù ma connessione con l'arretratezza tecnologica. Mobilità. Caste: purezza castuale connessa alla nascita e allo stile di vita. Varna (brahmini, kshatriya, vaishya e shudra) e molteplici jati.I fuori casta (paria o dalit). Il dharma, il samsara e il karma. Quasi nessuna mobilità Ceti: prestigio connesso all'appartenenza (dalla nascita); status e stile di vita; poca mobilità. Classi: aggregati aperti; ricchezza; grande mobilità; rapporto stretto col sistema produttivo e con il mercato. Lavoro salariato e lavoro “astratto” Nei sistemi di classe domina il salario come forma di remunerazione, cui corrisponde il profitto, come esito della sottrazione fra il ricavo e i costi della forza-lavoro e degli impianti. Il lavoro, con il nascere del capitalismo, è stato slegato da ogni altra relazione che non fosse quella misurabile in termini monetari. Il lavoro salariato è dunque una merce. I mestieri diventano reperti obsolescenti e il lavoro moderno prevede mansioni parcellizzate Il lavoro perde unitarietà e non è più controllabile come processo da una sola persona (alienazione). Fasi del lavoro operaio XVIII secolo: disciplina, povertà, assenza di diritti. Industria tessile. XIX secolo: espulsione di donne e bambini, sindacalismo e leggi sul lavoro. Industria siderurgica e meccanica. La classe sociale come attore politico e sociale. XX secolo: fordismo. Ingegneri e operai: la catena di montaggo, e lo scientific management (taylorismo). Il monopolio della conoscenza. Rispettabilità piccolo-borghese degli operai, legislazione sociale. Welfare e politiche dell'occupazione: 1929-1973: interventi dello Stato nell'economia, il “posto” come diritto, i diritti sociali. Il postfordismo Il sistema Toyota: qualità totale e just-in-time. Ritorno delle donne (dalle dattilografe a tutte le fasi della produzione). I tecnici specializzati come figura ibrida fra l'operaio e l'ingegnere: la rivoluzione digitale. Fine della “sicurezza del posto”, la flessibilità e il nuovo welfare. La flessibilità sul lavoro corrisponde alla globalizzazione del mercato del lavoro (immigrati sans papier) e delle merci. Anche le PP.AA. includono ormai forme atipiche di occupazione. Diffusione del lavoro privo di regole e diritti (nero) La disoccupazione Disoccupati e inattivi: differenza che si basa sulla ricerca di una occupazione. Prima forma: i neofiti del lavoro salariato. Seconda forma: gli espulsi dai cicli produttivi al cui interno avevano una posizione stabile (sussidi di disoccupazione). Terza forma: la disoccupazione interstiziale dei precari (in Italia, nessuna tutela specifica). Nuove tendenze delle dinamiche occupative L'occupazione non dà più identità: la si ricerca nei consumi e nell'espressività. Assunzione dei valori della classe media. L'occupazione femminile è sempre meno caratterizzabile rispetto a quella maschile. Etica del lavoro: dal “lavoro come sacrificio” al “lavorare per vivere”: la “qualità della vita” come valore. Diffusione di un valore espressivo connesso al lavoro: il lavoro come fun. La città come problema per la sociologia Le città non sono solo un fenomeno spaziale o geografico. Insieme di caratteristiche sociali, economiche, culturali e politiche. Fenomeno sociologico che si forma spazialmente (Simmel). I tipi di città in Weber Idealtipo weberiano, costruito sui due caratteri di città di consumo o di produzione La pòlis antica, la città “orientale” e la città medievale. La città europea e medievale nasce da una coniuratio di mercanti, artigiani ed ex-servi nei confronti dei poteri feudali: autonomia politica, e libertà civiche (economiche, politiche, culturali), il culto e la cattedrale. La pòlis non si oppone al contado. La città orientale, o città-fortezza, priva di ceti cittadini autonomi, è governata dai re La città occidentale come fenomeno storico-sociale La partecipazione politica si compie in quanto cittadini più che fra membri di gruppi La città si oppone al contado, ai suoi signori, e al servaggio. Nella città si forgia una nuova identità comune a tutti i suoi membri. La città è, nel contempo, luogo di intersezione fra membri di gruppi diversi. Città industriale (XIX sec.), città del terziario (XX sec.), la diffusione dell'urbanesimo come modo di vita anche nelle periferie e nelle aree ex-rurali. La metropoli e la vita dello spirito di Simmel (1903) La metropoli ospita un processo che crea un nuovo tipo di identità personale: l'individuo mteropolitano, caratterizzato dall' intensificazione della vita nervosa. Alle relazioni profonde e durature si sostituisce il ritmo veloce/discontinuità Solitudine e interdipendenza. Fretta e selezione rapida di impressioni e stimoli. Iperspecializzazione delle mansioni e riduzione di qualità a quantità. Tipi metropolitani, la moda, lo “straniero” Il tipo blasé: indifferenza e intellettualizzazione. Il ruolo del denaro. L'“eccentrico” e la paura di non esserci. Segnali forti per incontri brevi. Il fenomeno della moda e il suo ritmo La metropoli luogo dello straniero, dell' “ebreo”, cioè di tutti noi. Il flâneur e il nomadismo urbano. Nessuna nostalgia per le comunità: noi ebrei, “licantropi inquieti”, ma liberi. L'odio per gli ebrei è odio per noi stessi. Ecologia ed etnografia urbane: la Scuola di Chicago,1892-1961 Robert Ezra Park e l'ecologia umana come strumento per studiare i processi che sono condizionati da fattori ambientali. Nel caso delle città, Ernest Burgess individuò il valore fondiario e le sue variazioni come condizione dell'organizzazione spaziale urbana La città non è solo agglomerazione e attrazione ma anche espansione differenziante. Cambiamenti continui in virtù delle variazioni del mercato fondiario e immobiliare. Il diagramma di Burgess 1925: zona degli affari – zone di transizione – zone residenziali low class – z.r. upper class Limiti dell'ecologia e approccio etnografico L'ecologia non spiega le scelte urbane compiute in base alle relazioni, né l'importanza degli stili di vita e di altre dinamiche. Armamentario della ricerca etnografica: osservazione diretta, interviste, narrazioni, storie di vita. Studio della devianza, della violenza, delle tribù urbane. Cosa avviene e come si produce L'urbanesimo: moda, permissività, tempi, abitudine all'Altro e allo straniero. Il comportamento collettivo Le città proscenio di comportamenti senza riferimenti al ruolo sociale degli attori o in risposta a uno stimolo. Folla, pubblico, panico, movimenti sociali. Applicazioni: moda, dicerie, manifestazioni, concerti, discoteca, stadio, esperienze mediate. Fenomeni di aggregato, che non sviluppano nuove identità collettive (moda) o di gruppo (femminismo, ambientalismo, ecc.). La folla come spauracchio e opportunità di dominio La Psychologie des foules (1895), le persone ordinarie e la forza oscura: il sentimento comune e le pulsioni irrazionali. Folle rivoluzionarie e folle effimere. Energia desiderante e gli incantatori. Folle artificiali e l'investimento libidico nel leader (Mussolini, Hitler, Stalin). Legame d'amore: emotivo, artificiale e rituale. Stimolazione eccessiva: la propaganda. Imitazione degli altri o socializzazione? Gabriel Tarde (1843-1904) e Les lois de l'imitation (1890). I comportamenti sono visti come conseguente dell'imitazione/adeguamento rispetto agli altri L'interiorizzazione va di pari passo con l'integrazione, e non con la socializzazione Delle convenzioni si trasmettono le conoscenze nel corso del processo di imitazione. Le folle imitano i capi, non li amano. Interazione vs fatto sociale Folla, pubblico, massa Tarde, L'opinion et la foule (1901),e Park, Masse und Publikum (1904, PhD dissert.). Le folle (sensoriali) si trasformano in pubblici (intellettuali) grazie all'azione dei mass media. Folla adotta un solo punto di vista e non ha spirito critico. Pubblico ha opinioni diverse. La massa è “anonima”, disorganizzata e sviluppa poche azioni in comune, espressivamente apatica. Sentimento e opinione pubblica Se eccitato sensorialmente, un pubblico può trasformarsi in folla e esprimere un sentimento comune unico, senza argomentare più. Walter Lippmann (1922) individua il legame fra la formazione dell'opinione pubblica, il giornalismo e la democrazia: è difficile sviluppare opinioni ragionevoli in assenza di informazioni complete. La stampa ha una propria agenda e traduce la realtà in notizie, secondo le proprie routines. Movimenti sociali, minoranze attive e innovazione Se per Durkheim le minoranze sono patologie disfunzionali, oggi molti studiosi sottolineano come i gruppi etichettati come devianti rovescino l'etichetta e introducano nuovi comportamenti: leader collettivi. La loro azione collettiva è esterna alle istituzioni, producono nuovi punti di vista e nuove rappresentazioni della realtà. Non necessariamente la loro azione è progressista, ma sempre innovativa. I “nuovi” movimenti La posta in gioco dei nuovi movimenti si sposta dall'organizzazione del lavoro al consumo, alla cultura e alla qualità della vita. Tipico: managements vs consumatori Esprimono bisogni di identità e di nuove relazioni sociali (corpo, relazioni intime, bisogni profondi, identità collettive). I militanti sono stati spesso militanti di cause diverse. Movimenti e reti socio-tecniche, identità collettive “distribuite” e interstiziali La situazione comunicativa Elementi: intenzionalità, messaggio, codici, contesto, (situazione, pubblico – l'Altro). Mentre la comunicazione è intenzionale, non così le informazioni sull'emittente, che designano il contesto comune e consentono che gli interlocutori abbiano fiducia fra di loro e in uno o più frame condiviso (messaggio metacomunicativo). La comunicazione può torcere anche i frame e ogni dialogo può avere qualunque esito (non è predeterminato). Tipi di interazione secondo Erving Goffman (1922-1982) Interazione faccia a faccia (compresenza, omocronotopica, linguaggio e gesti, dialogica) Interazione mediata (niente compresenza, eterocronotopica, solo lingua, semi-dialogica bidirezionale, interlocutori determinati) Quasi-interazione mediata (interlocutori indeterminati: pubblico/folla, quasi-monologo unidirezionale. Prevede un uditorio, e lo comprende nel discorso, ma non necessariamente il pubblico in carne ed ossa al quale materialmente lancia il suo messaggio) Rituali dell'interazione e territori del Sé Territori tradizionali del Sé e della performance delle nostre identità: ribalta e i rituali dell'interazione; retroscena e la “riserva di informazione” Deferenza (omaggio), rituale associativo Contegno (evidenziano i pregi del locutore), rituale distintivo Il Sé come prodotto dei rituali dell'interazione (i casi della follia e di identità convenzionali). I principali mezzi di comunicazione La scrittura e la tecnologia dell'alfabeto. La stampa e la nascita della lettura individuale: la Riforma protestante, la scienza, la memoria. Costruzione sociale della memoria e delle Nazioni. Fissazione degli standard linguistici Cinema, regolazione e ritualizzazione del tempo libero. Divismo. Montaggi “poetici”, prop Radio-tv: i mass media: radio intersettiva; tv ascolto più ritualizzato: regolazione pubblica. Oggi: resistenza alla convergenza, frammentazione e personalizzazione. Come i media influenzano le opinioni Lazarsfeld 1944: two-steps flow of communication, gli opinion leader e l'influenza personale. Lasswell 1948: chi dice che cosa attraverso quale canale a chi con quale effetto? Smontare La Scuola di Francoforte: l'industria culturale: i media strumenti di dominio e di produzione ideologica. Producono infantilismo, conformismo, falso appagamento, apprendimento appiattito. Il mezzo è il messaggio: l'opera di Mc Luhan e i Cultural studies I tre tipi di mezzi: orale (orecchio), scrittura/stampa (occhio) e elettronico (protesi) Oggi i media elettronica ricreano la socialità dei villaggi, distribuita ovunque, villaggio globale Cultural studies e il nuovo interesse per la ricezione mediata: il pubblico è attivo Codifica/decodifica come pratica di traduzione Tipi di decodifica: dominante, oppositiva e negoziale. Necessità di uno studio etnografico del pubblico (audience research). I media come professione e come potere Etnografia della produzione e newsmaking. Agenda setting come ordine di priorità e di importanza diverso dalla “realtà”. Costruzione dell'agenda politica: unico continuum con 2 versanti mediatico/politico. Spettacolarizzazione dei media, personalizzazione della leadership (narrazioni e immagini), ma minore aura. La “Terza Camera” del Parlamento: il politico bene di consumo, legittimazione fragile. Il pubblico e le sue identità Non esiste ricezione senza interpretazione: le reti discorsive e le risorse mediali Importanza delle soap opera per la cultura di genere: carattere connotativo delle narrazioni e realismo emotivo. Transculturalità, ibridizzazione indigenizzazione dei prodotti tv: format e concept Pubblici situati Influenze nelle costruzioni di identità, nella socializzazione e distinzioni genere e status Consumo, stile di vita e identità Da riflesso della stratificazione sociali a posta in gioco delle identità collettive. Non soddisfa solo bisogni ma genera identità Lo shopping come una nuova socialità Consumo, mercificazione ma anche demercificazione Il consumo si emancipa dalla produzione e la condiziona. Dalle spezie ai centri commerciali L'importanza del mercantilismo per la nascita del capitalismo (Braudel, 1977). Il mercato come tramite fra l'organizzazione della produzione e l'orientamento del consumo La cultura del consumo: tempo libero, comunicazioni, stampa, metropoli e grandes-surfaces. Walter Benjamin: i passages parigini come paesaggio originario del consumo: giunzione fra merce e desiderio. Lo spettacolo delle merci e lo stato costante di desiderio. La prima sociologia dei consumi Consumo alimentare e in beni durevoli, risparmio, salario e posizione sociale. Simmel e il “ritmo impaziente” della moda, che propone novità ma le mette in circolo. La moda: appartenenza (vera o mirata) a una cerchia sociale e distinzione rispetto ad altre. Trickle effect e funzione dello stile di consumo dei gruppi con maggiore prestigio sociale. Linguaggio della moda e moda come linguaggio: veicolo e sistema. Il consumo vistoso Il valore d'uso come scopo manifesto e lo scopo latente di rendere visibile una posizione sociale: il consumo ostentativo/vistoso. Uso del tempo libero come agiatezza vistosa Spreco come strategia di distinzione sociale. Esibizione comparativa fra strati sociali. Fase aristocratica del consumo di lusso e imitazione borghese (“assenza di stile” e lusso di massa): privatizzazione, raffinamento, concentrazione nel tempo e mutamento rapido. Feticismo delle merci e critica del “consumismo” Critica morale delle pratiche moderne di consumo come denuncia aristocratica. Le merci nascondono le relazioni sociali e il consumo come “sovrastruttura” in Marx. Dimensione simbolica delle merci (francofortesi), carattere manipolatorio del consumismo come “schiavitù delle merci”. Si dimentica che il consumo è il luogo in cui si forgiano idenità e significatività sociale, e in cui si creano repertori di convenzioni per la vita relazionale. Consumo e distinzione sociale: la simbologia delle merci Consumo come scambio simbolico: processo di classificazione e differenziazione Il sistema degli oggetti come linguaggio. Consumo come il consumo delle relazioni che gli oggetti stessi contengono. Consumo come espressione del gusto, principio ordinatore e unificatore di una classe Qualità sociali del gusto: l'habitus come legame con le posizioni sociali. Socializzazione ai gusti della propria classe Il mondo alla McDonald's Applicazione dei principi di razionalizzazione e di standardizzazione al commercio: efficienza, calcolabilità, prevedibilità e controllo. Disumanizzazione e perdita di qualità dei prodotti di consumo macdonaldizzato. Estensione del processo di razionalizzazione e gabbia d'acciaio della razionalizzazione. Omogeneizzazione ma nascita di tendenze opposte (slow food, prodotti tipici). Herbert Blumer Symbolic Interactionsim, 1969 Processo sociale vs struttura sociale Scelta degli attori Interazione e dialogo La critica interazionista del “realismo” Le posizioni non interazioniste sostengono che a. il significato sia ìnsito negli oggetti dell'azione b. il significato sia un effetto di proiezione di processi psichici particolari degli attori. Per l'interazionismo il significato è fondamentale per comprendere l'azione. Esso è un prodotto dell'interazione sociale, che usa (mobìlita) risorse di senso presenti nel contesto in cui ha luogo, spesso torcendole. Produzione di significati nel corso dell'interazione sociale Per ciascuno di noi, il significato dell'oggetto di un'azione sorge dal modo (a noi noto) in cui gli altri si riferiscono all'oggetto. I significati, prodotti sociali formati e determinati dalle attività di definizione svolte dalle persone nel loro interagire (p. 42). Tutti noi interveniamo su queste definizioni condivise, reinterpretandole a nostra guisa (accettandole, distinguendo, rifiutandole): lettura personale. Il processo interpretativo L'attore sociale, interagendo con se stesso, individua gli oggetti che per lui hanno un qualche significato, verso cui dirigere la propria azione. Una volta distinti gli oggetti, l'attore sociale li interpreta attraverso procedure logiche e pratiche di selezione, controllo, sospensione, raggruppamento. L'interpretazione agisce in ordine alla situazione di cui l'attore è parte ed alla direzione che egli le attribuisce. “Ecologia” sociale e azione La nostra azione si sviluppa in un contesto che è formato da istituzioni culturali (insieme di convenzioni, abitudini, valori...), da ciò che si fa, e da strutture sociali (posizione sociale, status, ruolo, autorità), da ciò che si fa gli uni rispetto agli altri. Tutte queste risorse si mobìlitano nelle azioni sociali, e esistono solo in queste. L'azione esiste come (insieme di) attività in una situazione interpretata in un certo modo. L'adattamento reciproco fra gli attori determina i processi sociali. Adattamento reciproco e interazione L'Altro deve essere presupposto in una qualche forma, altrimenti nessuna interazione o comunicazione funziona. Quando si riesce ad assumere il ruolo dell'altro si può instaurare l'interazione. Per farlo occorre controllare la propria condotta e indicare agli altri il proprio tipo di condotta e come interpretarla (cfr. Goffman). È un processo costituente che usa fattori e condizioni preesistenti, ma non dipende da loro Esiti dell'interazione: gli “oggetti” I processi di interazioni producono risultati parzialmente imprevedibili: gli “oggetti” Le cose, gli oggetti fisici, materiali Gli oggetti sociali (ruoli sociali, posizioni, tipi di autorità, classi, ceti, tipi di personalità) Gli oggetti astratti (valori, sentimenti, emozioni, teorie, religioni, ideologie, classificazioni, standard, storie, pettegolezzi, ecc.) La loro natura è il loro significato condiviso, che si fissa per indicazione reciproca fra attori Il “mondo” sociale come lente per interpretare Il contesto delle interazioni, i rapporti al cui interno si sviluppano e la trama delle cose che si hanno davanti formano un mondo sociale. Gli attori vedono solamente cose che hanno significato per il loro mondo. L'espressione organizza l'esperienza (Michaìl Bachtìn) Se il significato delle cose si forma nel processo sociale di definizione e interpretazione, allora la realtà degli oggetti muta al variare del loro significato La trasformazione, il mutamento, l'evoluzione degli oggetti è successivo all'attribuzione di un significato nel corso dei processi di interazione. La vita sociale è un processo in cui gli oggetti sono creati, confermati, trasformati e abbandonati Il Sé come esito dell'interazione Il processo di interazione simbolica retroagisce sulle identità personali degli attori Noi agiamo sul nostro Sé, lo trattiamo come oggetto, (interagiamo con noi stessi) in base al ruolo che assumiano (rispondendo alle aspettative del nostro pubblico) Il Sé-oggetto è dunque esito di diversi processi di interazione, da cui emerge e si struttura come immagine di Sé, presente in tutti noi Noi siamo l'Altro. La palestra del Sé: l'assunzione del ruolo dell'altro Per formare un immagine del proprio Sé, ciascun* deve vedersi dall'esterno. Stadio del play: il gioco solitario, formazione di immagini individuali separate. Stadio del game: il gioco cooperativo, formazione di gruppi organizzati separati Stadio dell'Altro generalizzato: adesione a una comunità astratta. Cfr. G.H. Mead, Mente, sé e società, 1943 (it. 1966). Perché ᾽ο ᾽άνθροπος φύσει πολιτικόν ζωόν (Arist.)? L'essere umano è naturalmente un animale sociale, diceva Aristotele: perché? Perché da soli non esistiamo. Abbiamo bisogno del Sé. Noi interagiamo con il nostro Sé, definendone un'immagine. Lo facciamo, però, attraverso un processo sociale, nel senso che esso si basa sulle aspettative altrui. Il nostro Sé si forma allo specchio dell'Altro, e lo contiene. Azione umana, azione sociale Gli individui agiscono sulla base delle proprie interpretazioni della situazione, e di ciò che notano Su questa base, si danno una linea di condotta coerente con le proprie interpretazioni. L'azione comune è un agire collettivo istituzionalizzato. Si forma sulla base dell'adattamento reciproco dell'agire degli individui, che è un'interazione interpretativa La formazione dell'azione collettiva Molte azioni collettive si riferiscono a modelli ricorrenti d'azione istituzionalizzati (abitudini, tradizioni, ecc.) Le persone conoscono questi modelli, e li mobilitano in modo ricorrente, condividendone i significati Molta sociologia interpreta queste ricorrenze come la prova dell'esistenza dell'ordine sociale Tuttavia, anche i modelli tradizionali devono essere continuamente riarticolati e le azioni collettive prestabilite devono adattarsi a situazioni sempre nuove. Nuove azioni collettive e la priorità dell'interazione I modelli tradizionali di agire collettivo esistono solo se mobilitati “ancora una volta” dall'n-simo processo sociale. Sono le persone concrete che, per le loro esigenze sociali, mobilitano vecchi modelli, anche torcendoli, o ne creano di nuovi. In ogni caso, ogni nuovo modello di agire collettivo sorge in un contesto in cui vecchi modelli e vecchi repertori di norme sono noti. La creazione non è mai ex novo, ma può creare modelli inaspettati e insospettabili di agire. Il processo interpretativo L'attore sociale, interagendo con se stesso, individua gli oggetti che per lui hanno un qualche significato, verso cui dirigere la propria azione. Una volta distinti gli oggetti, l'attore sociale li interpreta attraverso procedure logiche e pratiche di selezione, controllo, sospensione, raggruppamento. L'interpretazione agisce in ordine alla situazione di cui l'attore è parte ed alla direzione che egli le attribuisce. Howard S. Becker /hàuard beker/ e l’interazionismo simbolico Interazione, significato, interpretazione. Si risponde alle azioni degli altri sulla base del significato che si attribuisce loro (interpretazione). L’interazione umana è mediata dall’uso di simboli (linguaggi di ogni natura) e oggetti. Interpretare le azioni reciproche come mezzo per agire l’uno verso l’altro. Howard Becker e l’interazionismo simbolico (2) Il comportamento degli individui non è “agito” da fattori sistemici (cultura, posizione sociale, struttura delle personalità, ecc.), ma è piuttosto legato alle interazioni correnti. L’interpretazione delle situazioni da parte degli attori è parte della formazione dell’azione sociale. Howard Becker e l’interazionismo simbolico (3) Le condizioni e i fattori sociali non sono più importanti dei processi e degli eventi. Il senso comune condiviso porta a una certa uniformità nei comportamenti. Adattamento reciproco dei partecipanti. Società moderna continua presenza di situazioni nuove, da interpretare ex novo. Howard Becker: Outsiders (1963, it. 1987) Creare norme, farle rispettare. Le norme indicano ciò che è giusto e ciò che è sbagliato fare (interpretano e classificano). Chi viene presunto come una persona che infrange le norme è interpretato come un outsider (deviante). Interpretare i devianti come persone particolari (attribuire loro qualità). Definizioni tradizionali di devianza: ricorrenze Gli atti contrari alle norme sociali sono devianti di per sé. I devianti hanno qualità (biologiche, psicologiche ecc.) che li spingono a deviare, per la loro natura. Gruppi diversi giudicano devianti cose diverse. Giudicano gli stessi atti devianti con più o meno tolleranza. Sono influenzati nel giudizio da CHI commette l’atto e da CHI se ne sente leso. L’interpretazione statistica della devianza È deviante chi si comporta in modo diverso dalla media di una popolazione. Comprende in una stessa categoria tutto ciò che si differenzia dalla media. Confonde eccentrico con deviante. Non tutto ciò che è eccentrico trasgredisce norme. L’interpretazione psicologica • • Devianza come patologia, malattia mentale. È difficile trovare una definizione di salute ed equilibrio mentale simile a quella valida per l’organismo. Dà per scontato che un atto sia deviante in sé, ma ne riporta la causa alla struttura della personalità del deviante. Non tutte le personalità disagiate compiono atti devianti. L’interpretazione funzionalista Devianza come sintomo di disgregazione sociale e di riduzione della stabilità sociale. In pratica, è difficile individuare ciò che è funzionale o disfunzionale per la “stabilità” Decidere ciò che è funzionale o disfunzionale è il prodotto di negoziazioni sociali. L’interpretazione relativistica Definite le norme, è deviante chi le infrange. Una persona può essere conforme per il proprio gruppo e deviante per gli altri. Nella società moderna, i vari gruppi hanno norme diverse, e i più forti impongono le proprie agli altri. Istituire norme, creare devianza Definizione tradizionale: devianza come infrazione di una norma data per scontata La società crea la norma, alcuni individui (con qualità negative particolari) le infrangono, spinti da situazioni particolari. Critica interazionista: i gruppi sociali creano la devianza istituendo norme la cui infrazione costituisce la devianza stessa. La società (in questo senso) crea la devianza. Il carattere sociale della devianza Né fattori sociali né disagio sociale, ma un processo sociale di etichettamento e di costruzione di Sé devianti. Etichettamento: applicare le norme del gruppo a determinate persone e interpretarli come outsiders. Il deviante è un individuo che si è riusciti ad etichettare come tale. Egli è partecipe del processo. Applicare l’etichetta di deviante È difficile applicare un’etichetta di deviante Il legame fra l’interpretazione di una persona come deviante e il fatto che abbia compiuto atti devianti è incerto e non meccanico. Devianti sono gli etichettati, non (solo) i colpevoli. È difficile trovare fattori psicologici e sociali comuni a chi ha infranto una norma, tranne l’etichetta condivisa. TIPI DI COMPORTAMENTO DEVIANTE Comportamento obbediente Comportamento trasgressivo Percepito come deviante Falsamente accusato Pienamente deviante Percepito come conforme Conforme Segretamente deviante Devianza come processo e non come qualità essenziale Insieme di negoziazioni e accordi fra i conformi e chi viene visto come deviante. Il processo della devianza si fonda sulla reazione degli altri e del deviante a un comportamento non conforme. Un atto è deviante (a) perché è contrario a una norma (b) per la reazione degli altri che lo considerano tale ruolo fondamentale del giudizio sociale. Applicare l’etichetta Infrangere una norma non comporta meccanicamente l’applicazione dell’etichetta di deviante (outsider). Le norme si applicano facilmente a membri di gruppi da cui ci si attende un comportamento deviante (meno ai colletti bianchi, più ai giovani e ad altri gruppi stigmatizzati). Devianza come prodotto dell’etichettamento La qualità della devianza si situa non nel comportamento, ma nell’interazione fra l’autore di un atto e chi vi reagisce. È qualità sociale e non personale. “Lo stesso comportamento può essere un’infrazione delle norme in un certo momento, e non in un altro; può essere infrazione se commesso da una certa persona, ma non da un’altra…” Norme, etichettamento e gerarchia sociale Sono i gruppi dominanti che adottano le norme e che etichettano. Gli adulti dettano le norme ai bambini. Le classi medie dettano le norme educative. Gli in-groups dettano le norme per gli outgroups. Modelli sincronici di devianza Si accetta che la devianza sia una patologia sociale e se ne ricercano le cause di tipo oggettivo. Ma le cause non sempre si ‘attivano’ se il deviante non ha raggiunto una fase in cui la causa può provocare devianza. La devianza è “normale” e legata alla natura interpretativa della società. Il concetto di carriera Il deviante partecipa in prima persona alla creazione della devianza: es.: segue una carriera o traiettoria deviante. Tratto dalla sociologia delle professioni (influenza di Everett Hughes). “Successione di passaggi da una posizione all’altra compiuta da un lavoratore all’interno di un’occupazione” (posizioni non necessariamente formali) Career contingency fattori casuali e contingenti (e oggettivi/soggettivi) che condizionano le mobilità di carriera. Le carriere devianti 1. 2. 3. 4. 5. Perpetrazione di un atto non conforme Partecipazione a una sottocultura organizzata intorno a un’attività deviante. Essere etichettato pubblicamente come deviante. Devianza maggiore o secondaria: assunzione di un’immagine di sé deviante. Ingresso in un gruppo deviante organizzato. 1. Il primo passo Cause non intenzionali: ignoranza delle norme. Cause intenzionali: crisi del commitment; scarsa integrazione nella società convenzionale; convenienza. Commitment: coinvolgimento nel comportamento e nelle istituzioni convenzionali. 2. Le subculture devianti Sviluppo di interessi, motivazioni e tecniche devianti. Le motivazioni e gli interessi devianti si esprimono con linguaggi acquisiti nell’interazione fra devianti. Le tecniche si apprendono come parte della socializzazione nei gruppi devianti. Esse hanno sempre natura sociale. La subcultura dei musicisti da ballo Un gruppo stabile sviluppa un modo proprio di vivere e interpretare le cose: una cultura. Nel caso dei gruppi devianti la cultura è diversa da quella dei conformi. È probabile che al centro della loro cultura vi siano le pratiche devianti, poiché li differenziano dai ‘normali’. Una definizione sociologica di cultura Insieme di significati attribuiti agli atti e agli oggetti dai membri di un raggruppamento sociale. Non è detto che tale insieme sia integrato e coerente al suo interno. I significati sono convenzionali e condivisi, e fungono da modello per ogni membro. Il neofita, l’esperto, il pubblico Le subculture non sono solo devianti. Similitudine con ogni mondo sociale e con le professioni. Non tutti i membri hanno lo stesso grado di coinvolgimento in una cultura (neofita vs esperto). Tutti considerano gli esterni profani e incapaci di giudicare del contenuto della propria cultura. Il processo di autosegregazione: Noi Il musicista si vede dotato di un talento unico che lo rende diverso dagli altri. Egli solo può giudicare del proprio lavoro e stabilire che cosa sia interessante suonare e come comportarsi. I membri delle subculture si vedono come persone con lo stesso tipo di talento e diversi dai profani. Non considerano dignitoso frequentare persone prive del loro talento. L’autosegregazione: il pubblico Il pubblico (gli square) è disprezzato in quanto privo di talento artistico. I suoi gusti “commerciali” sono ridicolizzati e presi ad esempio negativo, così come i suoi stili di vita “conformisti”. È temuto perché costringe a suonare musica considerata di cattivo gusto. Però occorre diventare commerciali per avere successo. Due esiti: esoterismo e adattamento al disprezzato pubblico. Distinzione sociale attraverso il gergo, la moda, il palco. 3. L’etichetta Essere etichettati dipende dagli altri Cambia l’identità pubblica dell’individuo. Una persona che ha rubato diventa “un ladro” e si sospetta che tale sia la sua natura. Ci si aspetta che sia predisposto a commettere reati di ogni genere, a causa di una sua “natura” (psicologica, sociale, spirituale, magica, ecc.). 3. Etichetta e status La devianza diventa la caratteristica-chiave dello status sociale dei devianti Gli altri status divengono accessori rispetto a questa caratteristica principale. Si considera la persona deviante come se il suo status principale sussumesse tutti gli altri (profezia che si autoadempie). 4. Devianza maggiore o “secondaria” Il deviante è escluso dagli ambienti conformi (e talvolta recluso): cambiamento di routine e di mondo sociale. Si ricostruisce e reinterpreta la storia personale e psicologica del deviante alla luce di una qualità deviante prevalente. Il deviante adatta la propria immagine di sé alle aspettative sociali e sviluppa la sua identità deviante almeno in parte. 5. Membro di un gruppo deviante L’identità deviante si rafforza. Adozione di visioni del mondo, tecniche e comportamenti, routine istituzionalizzate devianti. Razionalizzazione della posizione deviante e produzione di forme di legittimazione/giustificazione. “Semplifica” la vita, è difficile recedere. Fare carriera in un gruppo deviante Non tutte le carriere devianti sono uguali. Nel caso studiato, esiste antagonismo con il pubblico, una carriera per lavori diversi e non per posizioni nello stesso luogo di lavoro, e la formazione di gruppi influenti che ne determinano la distribuzione. Fare carriera in un gruppo deviante / 2 Per fare carriera occorre gestire i rapporti con le cricche influenti e accettare di suonare per il pubblico (sacrificando il talento). Occorre scegliere fra la carriera e l’integrità artistica (prestigio). Una carriera deviante: il consumo di marijuana Ipotesi all’origine dell’uso della marijuana vi è lo scopo di trarne piacere Non sono le motivazioni devianti che conducono al comportamento deviante. È il comportamento deviante che produce, nel corso di un processo, la motivazione deviante. I limiti delle spiegazioni non sociologiche Le giustificazioni psicologiche non sono né sufficienti né necessarie per spiegare il consumo della marijuana. Non riescono a spiegare il numero alto di consumatori di marijuana che non presentano le caratteristiche psicologiche attribuite ai tossici. Non riescono a spiegare la variabilità nel comportamento di uno stesso individuo rispetto alla droga. Il metodo della ricerca Il metodo dell’induzione analitica o abduzione. Ogni caso raccolto nella ricerca deve convalidare l’ipotesi (all’origine dell’uso della marijuana vi è lo scopo di trarne piacere). 50 interviste discorsive: ricostruzione delle esperienze personali nell’uso della droga; mutamenti di atteggiamento nei confronti della droga; ragioni di tali mutamenti. Si intende registrare la testimonianza secondo l’ordine di priorità dei temi dell’attore stesso. Solo traccia iniziale, niente questionario. Il problema dello “sballo” non automatico Sono necessari molti tentativi per imparare a “sballare”, e tre condizioni del processo. Condizione 1: imparare la tecnica perché produca effetti reali imparare a fumare la droga. Condizione 2: imparare a sballare riconoscere gli effetti e attribuirli alla droga. Condizione 3: definizione degli effetti come piacevoli. Il principiante impara dall’interazione intensa con i conoscitori a trarre piacere dall’esperienza della droga. 1. Apprendere la tecnica 1° passo: apprendere la tecnica per poter fumare, apprendere lo sballo. Il principiante viene socializzato (comunicazione verbale, osservazione, imitazione). Se non si impara ad attribuire piacere alla droga, l’uso della droga viene abbandonato. Nell’apprendimento si impara a riconoscere e percepire effetti dalla droga su se stessi Solo così si impara a “sballare”, a provare piacere dalla droga. 2. Da consumatore a conoscitore 2° passo: trasformazione dei consumatori in conoscitori. Si apprezzano maggiormente le qualità della droga. Si sviluppano alcune categorie analitiche per individuare con precisione gli effetti della droga. Lo sballo diventa “meno vago”, e corrisponde a un insieme definito di sensazioni. Il piacere si impara Nel corso del processo ha imparato a rispondere sì alla domanda È piacevole? Tale giudizio costituirà la base di una motivazione che potrà resistere a giudizi esterni di tipo morale o medico. In qualsiasi momento del processo, se alla domanda “è piacevole?” si risponderà no si abbandonerà l’uso della marijuana. Sfidare il controllo sociale Per diventare consumatori di marijuana bisogna sfidare il controllo sociale che preme perché i comportamenti siano conformi alle norme e ai valori. Nelle società in cui c’è molteplicità di norme e di valori, si aderisce spesso a gruppi che possiedono norme e valori alternativi a quelli dominanti. In questi gruppi il controllo sociale è spesso durissimo, ma di segno opposto. Sfidare il controllo sociale (2) Funzionamento del controllo sociale a. erogazione di sanzioni (positive e negative) b. discredito delle attività “devianti”. Modi di opporsi alle sanzioni a. sfuggire alle sanzioni, rendendole inefficaci e b. influenzare le opinioni in modo da legittimare (fra i devianti) le pratiche devianti. Esse sono sviluppate all’interno del processo che porta il principiante a diventare un consumatore di marijuana (un deviante) e ne influenza le pratiche. Controllo sociale e carriera deviante Carriera deviante del consumatore di marijuana1. principiante; 2. consumatore occasionale e 3. consumatore regolare. Problemi di questa carriera : 1. il controllo sociale impedisce il libero accesso alla droga; 2. la tendenza a individuare e denunciare i consumatori di marijuana; 3. l’interpretazione del consumo di marijuana come nocivo e illegale. Il consumo regolare di marijuana si instaura man mano che questi tre tipi di controllo vengono neutralizzati. Problemi di rifornimento e segretezza Rifornimento: per avere accesso alla droga ci si dovrà aggregare a un gruppo deviante (relazioni stabili o ingresso), che garantisca un rifornimento costante. Segretezza: controllare la paura di essere riconosciuti come consumatori di marijuana. Sviluppo di tipiche convinzioni di poter passare inosservati. Il novizio apprenderà metodi e tecniche per controllare il proprio comportamento quando si è sotto l’effetto della droga. Man mano che diminuirà la paura, aumenterà il consumo stesso di droga. Problemi di moralità La droga è vista come un attentato alla salute, e come una perdita di autocontrollo da parte di chi ne fa uso. È un discorso che blocca il consumo di droga in molti. È probabile che il novizio provenga da ambienti critici rispetto ai comportamenti e ai valori convenzionali. La necessità di rispondere alla morale convenzionale si può porre anche nella fase più avanzata del consumo (regolare), quando si deve far fronte all’immagine negativa del tossicodipendente. I conformi sono outsider per i devianti Dalla subcultura del gruppo deviante il consumatore trarrà razionalizzazioni e giustificazioni che lo porteranno a respingere le obiezioni della cultura convenzionale. La carriera deviante sarà influenzata dal fatto di considerare le opinioni espresse dalla moralità convenzionale come opinioni disinformate di persone strane, “arretrate”, i veri devianti dal punto di vista degli outsider. LE NORME E LA LORO APPLICAZIONE Per applicare una norma qualcuno deve prendere l’iniziativa di farlo. Occorre rendere pubblica l’infrazione: in questo modo non potrà essere ignorata. Gli interessi personali dei denuncianti sono il motore più importante del processo. La riserva nelle situazioni meno organizzate della vita metropolitana e Il conflitto fra gruppi diversi proprio sull’applicazione della norma la rendono più difficile. Norme e valori: un rapporto non meccanico I VALORI: Un elemento di un sistema simbolico che serva come criterio per la selezione fra le alternative di orientamento che una situazione offre intrinsecamente (T. Parsons) es.: l’etica del lavoro, l'autocontrollo emotivo, la differenziazione delle gratificazioni. Le singole norme si riferiscono a qualche valore e offrono un modello di comportamento preciso. Non è automatico: 1. che una norma sia collegata a un valore 2. che una norma venga applicata in una determinata situazione a persone specifiche: lo fanno persone concrete. GLI IMPRENDITORI MORALI: i gruppi attivi Gruppi o individui attivi si impegnano per legittimare norme sulla base di valori, farle approvare e applicarle in situazioni concrete ad individui concreti. Creano reti di alleati e influenzano l’opinione pubblica usando il riferimento ai valori. Sono gli operai della costituzione morale di una società. TIPI DI IMPRENDITORE: Il crociato delle riforme Il crociato delle riforme è interessato più alla definizione delle norme che alla loro applicazione. Millenarista e moralista, considera il mondo perduto e malvagio. Si rifà ad un’etica assoluta, appartiene ai ceti superiori. Corrisponde alla fase carismatica. L’ISTITUZIONALIZZAZIONE DELLA CROCIATA Se l’imprenditore morale ha successo, si forma un insieme di norme, anche legali. Occorre creare un’organizzazione che si occupi di applicare la norma (nuova polizia, rimodulazione di vecchie polizie, altro). Si crea una nuova categoria di devianti (es.: i fumatori). I problemi di chi applica le norme: la Polizia La Polizia è interessata più all’applicabilità delle norme che al loro aspetto valoriale. Due esigenze tipiche di ogni professione: legittimare la propria azione repressiva; essere rispettato e rispettabile perché necessario. Ideologia professionale: il reato viene visto come pericoloso e inestinguibile (a causa della natura umana); l’azione repressiva come necessaria. Problemi di etichettamento legati alla polizia È facile che si etichetti più facilmente chi manca di rispetto alla Polizia o che sia necessario ad ogni costo “trovare un colpevole” per giustificare l’esistenza stessa della Polizia. In ogni caso, a monte di ogni etichettamento, occorre che una norma sia definita, legittimata in base ai valori condivisi, e che si sia individuata una categoria di devianti. Le regole non nascono spontaneamente ma costituiscono punti di passaggio obbligati (e mobili) di ogni interazione sociale. LA DEVIANZA E’ NORMALE Dobbiamo vedere la devianza, e gli outsider che personificano questo concetto astratto, come una conseguenza di un processo di interazione tra persone: alcune, nel servizio dei propri interessi, elaborano e fanno applicare delle norme che colpiscono altre persone che, nel servizio dei propri interessi, hanno commesso degli atti etichettati come devianti. H.S. Becker, Outs., pp. 164-165.