Con la prima domenica d’Avvento si apre l’Anno liturgico … … che si chiude con la festa del Cristo Re Avvento, dal latino adventus, venuta, nell'accezione cristiana indica il tempo d’attesa del Natale I paramenti si colorano di viola come sempre nei tempi forti La terza domenica, detta Gaudete, si usa il rosa dell’aurora per indicare che la luce sta per schiarire le tenebre Il tempo di Avvento ha una duplice caratteristica: è tempo di preparazione alla solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini … … e contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all’attesa della seconda venuta di Cristo alla fine dei tempi L’Avvento propone un cammino spirituale, un andare incontro al Signore che viene. Un cammino di attesa vigilante e gioiosa, di speranza, di conversione Un cammino da percorrere con semplicità di cuore come i poveri di Yahveh: miti, umili, disponibili, come i protagonisti dell’Avvento Il profeta della grande speranza Il precursore La serva del Signore Il padre terreno di Gesù Isaia, in ebraico ְש ְעיָהּו ַׁ י, il Signore salva E’ il profeta a cui è attribuita la parte iniziale del libro di Isaia (cap. 1-39). I 66 capitoli del libro tracciano un percorso di due secoli e mezzo di storia ebraica e rivelano la presenza di almeno tre mani diverse che gli esegeti chiamarono il primo, il secondo, il terzo Isaia Figlio di Amoz (da non confondere con il profeta Amos), nacque intorno al 765 a.C. Nel 740 a.C., anno della morte del re Ozia, ebbe nel Tempio di Gerusalemme una visione in cui il Signore lo inviava ad annunciare la rovina di Israele: “Io vidi il Signore seduto su un trono molto elevato, la sua gloria riempiva il tempio" (Is 6,1) Visse in un periodo di forti tensioni sociali e politiche durante le quali Israele era sotto la costante minaccia di un'invasione assira. Impegnato a denunciare il degrado morale portato dalla prosperità del paese, tentò di impedire ogni alleanza militare indicando come unica strada la fiducia in Dio. Di Isaia si perdono le tracce nel 700 a.C., secondo una tradizione ebraica fu arrestato e condannato a morte sotto Manasse Per Isaia Dio è il Santo che si preoccupa del suo popolo: “Chi manderò e chi andrà per noi?" La grandezza di Dio prima spaventa e poi coinvolge il profeta che accetta: “Eccomi, Signore, manda me” (Is 6,8) Al popolo paralizzato dalla paura, Isaia annuncia che la storia e l’uomo sono di Dio: "Ascoltami dunque, casa di Davide, è troppo poco per voi affaticare gli uomini, che voi volete affaticare anche il mio Dio? Il Signore vi darà lui stesso un segno, ecco: la Vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele" (Is 7,10-17) Nella profezia dell’Emmanuele, il Dio con noi, si rivela un modo nuovo di pensare Dio: il dinamismo del suo amore diventa solidale con la storia del popolo: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce: su coloro che abitavano in terre tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia (…) poiché un bimbo è nato per noi, ci è stato dato un figlio (…) Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace” (Is 9,1-7) Ciò che Isaia vede collocato storicamente in un preciso momento è aperto verso orizzonti illimitati di pace, di giustizia e di gioia. L'Emmanuele è, nei Vangeli (Mt 1,23), il Cristo, luce che orienta il cammino, il Re Messia presentato da Isaia come re germoglio, il bambino che rende inoffensivo il serpente velenoso per guidare la nuova creazione verso la pace “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, Un virgulto germoglierà dalle sue radici” Is 11,1-9 Il Capitolo 11 del Libro di Isaia è considerato come l'origine del Messianismo. Per la dottrina cattolica definisce i sette doni dello Spirito Santo, attribuendoli al Messia. Nel libro di Isaia si trovano molti passi che nella tradizione cristiana e giudaica sono stati letti come riferimenti a Gesù “Lo Spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione …” Lc 4,18-19 Isaia è il profeta sensibile ai grandi orizzonti di fede, di luce e di spazio, come verrà sottolineato dallo stesso Gesù che, citandolo, inaugurerà nella Sinagoga di Nazareth la sua stessa missione salvifica “Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell'uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l'altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà”. “Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore verrà” Mt 24,42 L’esortazione del Maestro di Galilea a vigilare in attesa del suo ritorno è certamente un invito alla conversione per scuotere le nostre coscienze. Ma più che un monito minaccioso a non lasciarsi travolgere, come ai tempi del diluvio universale, da un’improvvisa catastrofe che punisce gli empi e salva i giusti, è piuttosto un invito alla fiducia, all’abbandono in Dio che mai delude le attese dei suoi figli Se il Figlio dell’uomo non è venuto nella nostra storia per giudicare il mondo, ma perché attraverso di Lui si salvi, allora l’attesa del suo ritorno non può essere vissuta nell’angoscia di un giudizio senza appello Il Signore conosce le nostre debolezze, i nostri limiti e se ci chiama a un impegno etico per trasformare la terra in regno di bene è per farci pregustare sin d’ora la gioia dell’incontro con Lui, della sua costante presenza nella nostra vita Chi come Noè, non si lascia ingannare dalle seduzioni del mondo, mangiando e bevendo, incurante di quanti nel bisogno non hanno né pane, né acqua, non teme nessuna catastrofe … … sa bene che nessun cataclisma ambientale o economico può mettere in pericolo la sua salvezza Chi crede in Cristo parla il linguaggio dell’amore non per paura di un improvviso castigo dall’Alto, ma perché è l’unico linguaggio che gli consente di parlare con Dio “Svegliati, o tu che dormi” Ef 5,14 Per questo Paolo ci invita a svegliarci dal sonno, dal torpore di una coscienza addormentata dalla sete del potere e dalla corruzione del danaro Chi si perde tra orge e ubriachezze, tra lussurie e impurità, tra litigi e gelosie rischia di essere derubato in piena notte … … della gioia di sentirsi amato da Dio, sicuro, al riparo delle sue ali, come un bimbo in braccio a sua madre, perché Gesù è sempre vicino a noi Chi, invece, indossa le armi della luce non si lascia scassinare la casa dell’amore, la costruisce con pazienza, fiducia e, come Noè costruì l’arca per salvare se stesso e tutte le specie, lavora con lena nella vigna del Signore Segno di contraddizione nel tempo della superficialità, della volgarità gratuita, di una economia senza scrupoli, non aspira a facili guadagni, ma s’impegna a ristabilire l’ordine etico delle cose dettato dalla parola di Dio Sempre pronto ad accogliere il Figlio dell’uomo, cammina per la sua strada e per non lasciarsi sorprendere, stupidamente, ricco di inutili beni, ma con la morte nel cuore, lungo la via ripete a se stesso: “Quale gioia, quando mi dissero: «Andremo alla casa del Signore!»” (Sal 122)