2^ DOMENICA DI AVVENTO - ANNO B Isaia 40, 1-5 . 9-11 2^ S. Pietro 3, 8-14 Marco 1, 1-8 VOCE DI UNO CHE GRIDA NEL DESERTO: “PREPARATE LA VIA DEL SIGNORE CHE VIENE …” Si avanza sempre cliccando GLI ESILIATI A loro si rivolge il profeta Isaia, per annunciare con tanto calore, la loro liberazione e il ritorno. Siamo a Babilonia, sei secoli prima di Cristo. Il profeta parla al popolo di Dio, deportato da Nabucodonosor in schiavitù dopo la grave tragedia della distruzione di Gerusalemme nel 587 a.C. A distanza di 40 anni da quell’avvenimento i deportati, allentati i maltrattamenti, accettata la nuova situazione, si erano sistemati bene a Babilonia, in una convivenza ormai pacifica e arricchita di tante possibilità da far dimenticare la patria. Dopo 40 anni la generazione adulta è costituita dai figli nati in esilio, che non conoscono Gerusalemme, e sono ben integrati con la popolazione locale. E’ proprio il fenomeno dell’integrazione che fa paura al profeta, soprattutto perché dimenticando le proprie origini, si dimentica Dio e la missione originale di essere un popolo messianico. La prima lettura di oggi è la voce del profeta che si eleva forte in mezzo al popolo per risvegliare la coscienza e ricreare una mentalità del ritorno a Gerusalemme, la città santa, la casa di Dio, luogo della sua gloria, meta ideale per ogni fedele. Il ritorno diventa l’imperativo, e nella mente del profeta tutto si trasforma in attrazione di gloria: il deserto da attraversare diventa il viale del trionfo; la guida che li conduce è il Re dei Re, è Dio stesso che si fa vicino al suo popolo e lo accompagna con tutta la tenerezza del buon pastore. Forse anche noi ci siamo integrati alla mentalità comoda o debole della nostra terra di esilio, triste perché dominano in essa voci di schiavitù, la legge del profitto e non della solidarietà, assalti a mano armata, annunci di guerre purtroppo ancora giustificate, propaganda e cultura di morte... terra di esilio e di paura. Gerusalemme diventa anche per noi nome e simbolo della città teologica, spirituale, quella della liberazione del peccato, della schiavitù, il segno della nostra mèta, della ricerca della santità di vita, il ritorno alle nostre origini divine, richiamo, voce, passione e desiderio di una vita più alta, fatta di tenerezza di Dio e di eternità. BISOGNO DI PROFETI Quando non ci sono più profeti che gridano, che prevengono, allora significa che siamo adagiati nei nostri mali e consegnati a un destino di morte... Il mondo ha fame e sete di giustizia e di salvezza, e la gente si muove in massa, non appena una stella appare sulla scena del mondo quotidiano, chiunque sia, purché sia un segno di fiducia, una porta di speranza... Il Vangelo opportunamente ci offre le indicazione sicure per trovare risposte alle esigenze più profonde del nostro essere, e per non ingannarci, perché nei momenti di crisi se ne approfittano i ciarlatani e quanti sfruttano il mondo dei bisogni insoddisfatti, anche quello religioso. Il vero profeta, sull’esempio di Giovanni Battista, non chiama l’attenzione su di sé; il vero profeta è come Giovanni Battista, che si presenta spoglio di tutto, anche di interessi personali, e con il suo dito puntato ci mostra dov’è la vera salvezza, nella persona del Cristo e in un battesimo di Spirito Santo. Cristo è il messia, è superiore a tutti, è il figlio di Dio, che si fa uomo per condividere e solidarizzare con noi, egli non sacrifica gli altri, sacrifica se stesso per il bene degli altri. Il Battesimo dello Spirito, ci ricorda che niente possiamo fare da soli nella lotta contro il male, dobbiamo vivere di una grande interiorità e di un grande dialogo interiore con Colui è venuto ad abitare nei nostri cuori. E’ d’obbligo la domanda: chi abita nel mio cuore? Chi lo ispira, chi ne ha preso possesso? Chi illumina i miei pensieri, quali ideali vi coltivo per la mia vita? Quali intenzioni reali ispirano il mio agire? Chi vi abita? Lo Spirito di Cristo e lo spirito di questo mondo? Ne passa della differenza! La penitenza suggerita da Giovanni Battista e che accompagna la vita di ogni cristiano significa preparare il cuore, purificarlo, togliere gli ostacoli al suo cammino; penitenza significa: non permettere l’integrazione del cuore con le mode dello sfruttamento, della giustificazione e legalizzazione della disonestà (avvisaglie di ogni dittatura); penitenza significa fare silenzio per accogliere la voce dello Spirito, dedicando tempo alla preghiera, all’ascolto della Parola di Dio, al dialogo interiore. La Penitenza è scuola di sapienza; la penitenza è il laboratorio del cuore dell’uomo. L’esperienza ci insegna che non ce la facciamo da soli, ci vuole una grande intesa con lo Spirito di Dio, che è l’unico capace di penetrare nel cuore dell’uomo... Sunto dell’omelia di Padre Natalino ex missionario in Uruguay F I N E