Introduzione a
MECENATE
IL SUO NOME E LE SUE ORIGINI
LE SUE IDEE
LE SUE IMPRESE
LA SUA VITA PRIVATA
a cura di
Tarcisio Muratore
(2007)
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Per parte di madre, discendente dai CILNI: GENS
DI AREZZO, una delle più potenti famiglie
lucumoniche dell’Etruria (ipotesi di Bornmann).
SILIO ITALICO (nei Punica) nomina
già un Cilnius (praenomen). Quindi
il praenomen sarebbe bimembre:
Caio Cilnio, appunto.
Caio Cilnio Mecenate
Anche se nessuno, fra tutti i
Lidi che vennero in Etruria, è
piú nobile di te, Mecenate,
anche se gli avi tuoi, materni o
paterni che fossero, ebbero un
tempo il comando di grandi
eserciti, non per questo tu,
come fanno quasi tutti, arricci
il naso di fronte agli
sconosciuti, vedi me, nato da
un padre liberto.
• Orazio (sat. I,6)
Un’iscrizione datata II-I sec. a.C. ce li presenta
già a Roma.
Il nonno paterno era un illustre eques romano,
avversario del tribuno della plebe M.Livio Druso,
nel 91 a.C.
Il padre, invece, si chiamava Lucio Mecenate e
fu, probabilmente, amico e consigliere di
Ottaviano.
Il vero nome è MAECENAS: vi è concordanza tra
fonti documentarie ed epigrafiche. I Maecenates
– grande famiglia patrizia – erano di origine
etrusco-umbra, probabilmente di Perugia.
Epicuro (IV sec. a.C), sostiene:
-fisica democritea (materialismo):
anche l’anima è composta da
particelle materiali, più sottili degli
atomi;
- etica basata sulla ricerca del piacere
come imperturbabilità e assenza di
dolore(atarassia e aponìa): non è
perciò la ricerca di un piacere
immediato e passeggero, ma stabile
(edonè katastematichè) = “… un
sobrio calcolo che ricerchi le cause di
ogni scelta e bandisca le vane
opinioni” (Ep. a Meneceo, X, 132). La
gioia e la letizia, poiché sono piaceri in
movimento, vengono respinti allo
stesso modo dei dolori;
- negazione del fato;
- convinzione che gli dei, pur
esistendo, siano indifferenti al cosmo
e all’uomo;
- sospensiome di ogni attività politica
e indifferenza tra “giusto” e “ingiusto”
(la giustizia e il diritto hanno un
fondamento “contrattuale”);
- disprezzo di tutte le arti, salvo
l’ascolto di musica o di
componimenti poetici.
Mecenate
epicureo?
Ben presto, però, a causa della grande diffusione della
dottrina, si venne a creare un epicureismo di tipo
edonistico e sensuale: “Un frammento
dell’Autodidaskalos dell’Alesside rappresenta il saggio
epicureo inneggiante al bere e al mangiare: e questi
giudizi greci erano prontamente recepiti in ambito
romano” (Paturzo).
È una risposta
difficile!
Partendo dal concetto di philia (o ‘affetto’) verso i propri
confratelli, tipico della dottrina originaria (che predicava
la pace e il ritiro da ogni attività politica, il làthe biòsas) –
l’epicureismo divenne, a Roma un potente strumento
ideologico, in cui alla “virtus” si sostituì l’utile.
Secondo Giuffrida, tuttavia, Epicuro non condannerebbe
tutta la poesia, ma quella poesia “non corrispondente
all’aspettazione utilitaristico-morale” della sua scuola.
SENECA DIFFAMA MECENATE E LO DEFINISCE UN EPICUREO MARCIO
ponendo volutamente l’accento sul suo presunto edonismo volgare e
insaziabile. Nella Lettera CI egli definisce turpissimum votum il
disperato bisogno di Mecenate di sopravvivere, anche al prezzo di
un’esistenza mutila!
Mecenate frequentò, probabilmente a Napoli, la scuola di Filodemo ; e, inoltre, il
circolo epicureo che si era raccolto a Ercolano nella villa di Calpurnio Pisone.
Secondo Livia Storoni
Mazzolani:
Secondo André:
L’epicureismo di Mecenate consisterebbe in “un’impronta
spirituale, una sensibilità squisita, un atteggiamento, non
un’adesione rigorosa alla dottrina. Epicuro insegnava a
raggiungere la pace dello spirito attraverso un graduale
distacco dalle passioni, dai desideri, dal dolore”.
Le “tracce epicuree” di Mecenate possono essere
rinvenute nei seguenti punti:
- la religione della gioia e il senso della vita;
- l’angoscia della morte;
- il culto dell’amicizia;
- il naturalismo campestre.
La religione della gioia e il senso della vita
IL CENACOLO EPICUREO CAMPANO – in cui si era
formato Mecenate – “COLTIVAVA LA GIOIA TOTALE
FINO ALL’EDONISMO: AVEVA SUBÌTO L’INFLUSSO
DELL’EPICUREISMO ‘ORIENTALE’. I SUOI SEGUACI
SPESSO OLTREPASSAVANO L’ESIGUO CONFINE TRA LE
GIOIE LECITE E IL ‘MATERIALISMO SORDIDO’ ”
(André).
NELL’EPICUREISMO CAMPANO “L’AMORE PER IL
LUSSO, LA MOLLEZZA E L’EROTISMO VANNO DI PARI
PASSO CON IL SENSO DELLA FRAGILITÀ
DELL’ESISTENZA UMANA” (André).
Nessun rapporto è invece possibile stabilire tra
l’epicureismo
di Lucrezio (De rerum natura) e quello di Mecenate.
L’ANGOSCIA DELLA MORTE E IL CULTO DELL’AMICIZIA
Un epicureo che vacilla di fronte alla morte?
Sarebbe l’antitesi dell’Epicureismo! In realtà
“Epicuro ha voluto condannare allo stesso
modo coloro che temono la morte e coloro
che la bramano; ha ammesso il suicidio nei
casi-limite; ma ha condannato la follia del
suicidio provocato dalla paura della morte; ha
chiesto un rifiuto ragionevole della vita e
un’accettazione ragionevole della morte”
(André).
Al riguardo, si vedano le Elegiae in
Maecenatem
(inserite
nella
cosiddetta Appendix Vergiliana)
dedicate
alla
morte
e
alla
personalità
di
Mecenate.
In
particolare, si leggano i versi:
… ma se vorrai ricordarmi, vivrò sempre laggiù
nei tuoi discorsi, sempre se vorrai ricordarmi.
Ed è giusto e sicuro che io viva sempre con te
[nell’amore …
Mecenate temeva più che altro il funebre, di
cui però subiva il fascino. La sua
immaginazione ricercava la sopravvivenza “nei
miti consolatori dell’eterna giovinezza” e – in
accordo con la dottrina epicurea – “nella
memoria dei vivi” (religione della memoria)
(André). Non quindi la celebrazione dei
defunti attraverso monumenti, ma il ricordo
degli amici negli anniversari.
Il naturalismo campestre
MECENATE RIPROPONE, NELLA
SUA VILLA SULL’ESQUILINO, IL
“GIARDINO” DI EPICURO
“Ma il sentimento della natura è epicureo
nella misura in cui gli oggetti inanimati
hanno funzione pacificatrice e il paesaggio
immobile della campagna, in opposizione
all’agitazione incessante della città, riflette
uno stato ideale dell’anima. Non vi si deve
mescolare alcuna contemplazione, alcuna
ammirazione entusiasta…” (André).
Si tratta di riprodurre, nei mollibus hortis,
(dolci giardini) un “paesaggio riposante e
rassicurante” e “il genere di vita
campestre e naturale che esso sollecita”
(André).
Valoroso uomo d’azione, scaltro politico e fido
consigliere… e non solo amante dell’otium!
Lo dice presente alla battaglia di Modena (21 aprile 43 a.C.)
Nel 42 a.C. partecipa con
grande valore alla battaglia di
Filippi, in Tracia, contro Bruto e
Cassio.
Nel 40 a.C. viene utilizzato da
Ottaviano, per la prima volta,
come uomo politico nelle
“manovre” di alleanza che il
futuro imperatore cerca di
stabilire con Sesto Pompeo,
chiedendogli in sposa la sorella
Scribonia. La trattativa va a
buon fine.
Nel 36 a.C. si trova accanto a Ottaviano nello
scontro finale con Sesto Pompeo, nel mare di
Sicilia. Secondo lo storico Cassio Dione, da
quest’anno e fino al 16 a.C., Mecenate non sarà
soltanto il fido consigliere di Augusto, ma
governerà Roma e l’Italia. Sembra addirittura che
egli sarà determinante, dopo Azio, nella scelta di
Ottaviano di mantenere l’imperium, piuttosto che
riconfermare le (deboli) cariche repubblicane,
come invece vorrebbe Agrippa.
Sempre nel 40. a.C. si
distingue nella stesura del
foedus brundisinum, con cui
fu sancita la (temporanea)
alleanza fra Antonio e
Ottaviano.
Nel
corso
dell’anno seguente, la sua
azione e quella di Agrippa
sono fondamentali negli
accordi politici con lo stesso
Antonio.
In realtà,
probabilmente,
l’attività politica
di Mecenate si
conclude nel 30
o 29 a.C., dopo
una grave
malattia di cui ci
racconta Orazio
(Odi, I, 20).
Vita privata… o quasi!
LA MOGLIE
Terenzia, donna incantevole e irresistibile, ma frivola e bizzarra, quasi sicuramente infedele,
era la sorella adottiva di Licinio Murena, poi coinvolto – nel 23 a.C. – in una congiura contro
il principe. Antonio la chiamò “Tertulla” e “Terentilla” e rinfacciò a Ottaviano (che a sua volta
lo accusava di “frequentare” Cleopatra) di avere con lei una relazione adulterina. Di certo si
sa che Mecenate, tra il 35 e il 30, prima di sposarla, ne fu furiosamente innamorato (Orazio,
Ep. XIV); e che arse d’amore per lei fino alla fine: divorziò numerose volte, ma sempre la
risposò! Terenzia fu tra le cause “della grave malattia nervosa che colpì Mecenate negli ultimi
tre anni della sua vita” (Paturzo). D’altro canto, non si hanno notizie altrettanto precise sulla
sua presunta omosessualità e sulla sua passione per il giovane pantomimo Batillo.
IL CIRCOLO
Uomo di vasta e raffinata cultura, egli stesso poeta, Mecenate si circondò di amici colti: poeti
e altri artisti. Un cenacolo che proprio da lui prese il nome (il cosiddetto “circolo di
Mecenate”) e che lo trasformò, nei secoli, nel “protettore delle arti” per antonomasia
(mecenatismo). Un gruppo che, al di là dei rapporti personali, fu spesso invitato da Mecenate
stesso a creare un consenso intorno alla figura di Ottaviano Augusto.
VIRGILIO
Gli dedicò le “Georgiche”.
ORAZIO
L’amico più imtimo, lo
Immortalò in numerose opere.
PROPERZIO
Per Mecenate, abbandonò il
lirismo callimacheo, per
orientarsi verso il lirismo trionfale
romano.
VALGIO RUFO, QUINTILIO
VARO , VARIO RUFO,
ARISTIO FUSCO E ALTRI…
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
• Franco Paturzo, Mecenate.Il ministro d’Augusto, Calosci
Editore, 1999.
• Jean Marie André, Mecenate. Un tentativo di biografia
spirituale, Casa Editrice Le Lettere, 1991.
• Antonio Spinosa, Augusto il grande baro, Mondadori,
1996.
QUESTO LAVORO È DISPONIBILE ANCHE NEL SITO:
www.cyberlatinus.it
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