“INTERCULTURALITA’ E CITTADINANZA PLANETARIA” C.D. “Turrisi Colonna” - 22-23 febbraio 2007 “Percorsi didattico-educativi per una cittadinanza planetaria” Carla Mazzola, Psicopedagogista, Osservatorio di Area “Monte Gallo” sulla dispersione scolastica - U.S.P. Palermo - 23-02-2007 “ Gli educatori possono dare solo due cose ai ragazzi: le radici e le ali ”. (Proverbio del Quebec – Canada) concezione dinamica della cultura, impostata secondo la logica della pluralità della convivenza e dell’interazione fra culture e identità diverse; Formazione alla CITTADINANZA PLANETARIA intesa come ricerca delle proprie radici ed apertura al nuovo ed al diverso da sé; il percorso verso l’identità di “cittadini del mondo” passa attraverso l’integrazione delle appartenenze, non la loro sottrazione. laboratorio di democrazia, col suo pluralismo, i contrasti, le decisioni fondate su accordi, il rispetto delle regole stabilite e fondanti il convivere solidale, l’etica della responsabilità, la coesione sociale, "Nell'era planetaria, ognuno può e deve coltivare la sua poli-identità che permette di integrare le diverse identità: familiare, regionale, etnica, nazionale, religiosa o filosofica, continentale e terrestre.” E. Morin «la pedagogia interculturale opera per la creazione di identità culturali nuove. Potremmo dire polivalenti o transetniche e la scuola, come luogo di educazione alla mondialità, dovrebbe già essere in marcia per la formazione di questa cultura». (D. Demetrio - G. Favaro, Immigrazione e pedagogia interculturale, La Nuova Italia, Firenze 1992, p.27) TRE DIMENSIONI DELL'INTERVENTO DIDATTICO EPISTEMOLOGICA i CONTENUTI (conoscenze e saperi) ASSIOLOGICA gli ATTEGGIAMENTI (valori e rappresentazioni) PRASSEOLOGICA COMPORTAMENTI (relazioni ed azioni) Sono piani sempre compresenti e variamente intrecciati in ogni situazione operativa L’approccio INTERDISCIPLINARE TRASVERSALE alle discipline che investe le espressioni letterarie, artistiche e musicali, gli elementi storici e geografici e gli aspetti della tecnica e del lavoro risulta significativo in quanto: •mette in luce la convergenza degli insegnamenti; •si avvale degli interventi coordinati dei docenti; • risponde alla necessità di lavorare sia sugli aspetti cognitivi che relazionali. COOPERATIVELEARNING PEER TUTORING PROSOCIALITA’ “ È un metodo di conduzione della classe (o della scuola) che mette in gioco, nell’apprendimento, le risorse degli studenti. Così inteso, si distingue dai metodi tradizionali che puntano invece sulla qualità e sull’estensione delle conoscenze didattiche e di contenuto dell’insegnante. Infatti il Cooperative Learning considera esperto l’insegnante che sa gestire e organizzare esperienze di apprendimento condotte dagli stessi studenti e, insieme, sviluppare obiettivi educativi di collaborazione, solidarietà, responsabilità e relazione, riconosciuti efficaci anche per una migliore qualità dell’apprendimento”. (Comoglio,1999) IL COOPERATIVE LEARNING RICHIEDE UN MODO NUOVO DI FAR SCUOLA CHE PRESUPPONE: IL CONCETTO DI COMUNITÀ DI APPRENDIMENTO LA VALORIZZAZIONE DEI RAPPORTI INTERPERSONALI FRA GLI STUDENTI LA PROMOZIONE DEL RUOLO DI GUIDA E DI CONDUZIONE DELL’INSEGNANTE INTERDIPENDENZA POSITIVA FRA I MEMBRI DEL GRUPPO INTERAZIONE DIRETTA FACCIA – A - FACCIA Caratteristiche fondamentali del cooperative learning LEADERSHIP DISTRIBUITA INSEGNAMENTO E USO DI COMPETENZE SOCIALI REVISIONE E CONTROLLO COSTANTE DELL’ATTIVITÀ SVOLTA VALUTAZIONE INDIVIDUALE E DI GRUPPO COMOGLIO M.- CARDOSO L., Apprendere insieme in gruppo, LAS, Roma, 1996 COMOGLIO M. Educare insegnando LAS, Roma, 1997 JOHNSON D. et al. Apprendimento cooperativo in classe ERICKSON, Trento 1997 AA.VV., Cooperative Learning Gruppo Abele, TORINO, 1999 COHEN E. ORGANIZZARE I GRUPPI COOPERATIVI ERICKSON, Trento 1999 SHARAN Y. Gli alunni fanno ricerca in gruppo ERICKSON, Trento1998 COMOGLIO M., CARDOSO M.A., (a cura di) Cooperative Learning Animazione Sociale Gruppo Abele, Torino, n. 7/8 -1992 COMOGLIO M., CARDOSO M.A., (a cura di) Learning Together , Animazione Sociale Gruppo Abele, Torino, n. 11 -1992 ELLERANI/PAVAN, (a cura di) Un'esperienza italiana di cooperative learning, Animazione Sociale Gruppo Abele, Torino, n. 2 – 1998 PROSOCIALITA’ A differenza del metodo Cooperativo che prevede l’ adesione di tutti in vista di un obiettivo che si vuol raggiungere, col metodo della Prosocialità l’azione può avvenire singolarmente, senza aspettare che anche altri lo facciano ROCHE,R. (1999), Desarrollo de la inteligencia emocional y social desde los valores y actitudes prosociales en la escuela, Editorial Ciudad Nueva de la SEFOMA; ROCHE, R. (1997), La condotta prosociale : basi teoriche e metodologie d’intervento, Roma, Bulzoni; ROCHE,R. (1998), Educacion Prosocial de la emociones , valores y actitudes positivas, Barcelona, Editorial Blume; DE BENI, M. (1998), Prosocialità e altruismo, Trento Erickson; PROSOCIALITA’ “Comportamenti che, senza ricercare gratificazioni estrinseche o materiali, favoriscono altre persone o gruppi o il raggiungimento di obiettivi sociali positivi e aumentano la probabilità di dare inizio a una reciprocità positiva e solidale nelle relazioni interpersonali conseguenti, salvaguardando l’Identità, la creatività e l’iniziativa delle persone o dei gruppi coinvolti”. R.Roche (1991) FAVORISCE LO SVILUPPO DELLA R. Roche ( 1999) (consapevolezza delle proprie emozioni e autocontrollo emotivo). La META-COGNI-EMOZIONE è implicata nei processi di decentramento cognitivo- affettivo e di empatia, mai disgiunti dal possesso di una buona autostima “Lo sviluppo della Prosocialità è strettamente collegato alla scoperta della Legalità interiore: in quanto il ricevere, senza immediatamente dover restituire, fa prevalere l’Amore sulla morte, la costruzione dei legami sulla rottura degli affetti. Ed è ciò che, solo, può far sorgere quello spazio intermedio necessario a vivere l’esperienza della condivisione sociale e quindi l’emergenza del discorso non-violento.” M. Gentile FAVORIRE LA PROSOCIALITÀ PER: • esporre i ragazzi a modelli positivi motivanti il processo di identificazione • un’educazione alla pace, alla solidarietà, alla cooperazione, all’aiuto, alla giustizia • contrapporsi ai comportamenti antisociali • contribuire a far superare le emozioni negative AZIONI PROSOCIALI (Roche,1995) Aiuto fisico Servizio Aiuto verbale Dare/Donare Possono essere messe in atto senza particolare vissuto affettivo, non ci dicono nulla cioè di specifico riguardo alle emozioni dell’autore Presenza positiva e unità Ascolto profondo Implicano un ruolo importante delle emozioni: l’autore di queste azioni prosociali “accantona” temporaneamente il suo io e ciò richiede grande sensibilità, disponibilità e un elevato grado di intelligenza per sintonizzarsi con le emozioni altrui Empatia Conforto verbale Solidarietà Il comportamento prosociale, in una parola, si regge su gratificazioni intrinseche e si mette in moto senza aspettare che l’Altro richieda aiuto o ricambi reciprocamente. E’ un’azione che presuppone lo sviluppo del riconoscimento dell’altro e l’emergenza di una “Etica della responsabilità” ( JONAS, H., 1993 Il Principio Responsabilità, Torino, Einaudi). • Divenire uomini e cittadini responsabili non avviene se non nel continua apprendistato a relazioni sociali eque e giuste. E questo continuo apprendistato, questa educazione alla convivenza democratica, trova nella scuola non il luogo della declamazione quanto piuttosto delle realizzazione concreta. • La scuola come comunità nella quale sperimentare davvero la propria cittadinanza attiva e critica. Non come preparazione alla vita ma vita essa stessa. Non come luogo nel quale si apprendono nozioni riferite ad un futuro essere soggetti responsabili ma uno spazio dove le soggettività crescono, entrano in rapporto, confliggono anche…ma nel contempo imparano il gioco serissimo del vivere in relazione con gli altri coniugando ciò che appare paradossale: libertà, differenza, solidarietà. E coniugandolo per tutti, nella dimensione della cittadinanza globale e planetaria. Alcuni percorsi possibili: LA VIA NARRATIVA “Un sistema educativo deve aiutare chi cresce in una cultura a trovare un’Identità al suo interno (…) Solo la narrazione consente di costruirsi un’identità e di trovare un posto nella propria cultura. Le scuole devono coltivare la capacità narrativa, svilupparla, smettere di darla per scontata (…) (J. Bruner, 1996) LA VIA NARRATIVA Valorizza la “relazione di reciprocità” non basta parlare all’altro né parlare dell’altro, ma occorre ascoltare l’altro. E’ necessario che anche l’altro parli a noi, che si manifesti, che si disveli, che comunichi il racconto sulla sua vita. Nessuno è escluso dalla narrazione. L'interculturalità non accade nella società nè accade nella scuola o sui libri di testo. L'interculturalità si fa evento nell'esperienza cognitiva dei soggetti allorchè in essi si realizza un "vissuto sintetico-reinterpretativo di più culture", secondo la definizione di Duccio Demetrio. L'interculturalità come esperienza accade nel momento in cui percepisco che nella narrazione dell'altra cultura c'è un pensiero divergente rispetto al mio che io posso accogliere o no. LA VIA NARRATIVA • Gli esseri umani organizzano l’esperienza principalmente sotto forma di RACCONTI (storia, miti, etc..) • Le costruzioni NARRATIVE mirano alla somiglianza • I racconti sono una versione della realtà la cui accettabilità è governata dalla convenzione e dalla necessità narrativa. • Il racconto non deve essere vero o falso, in quanto il pensiero narrativo non ha lo scopo della ricerca della verità, ma della verosomiglianza (cioè della costruzione del senso) LA VIA NARRATIVA La via narrativa è una delle metodologie più efficaci per l’educazione interculturale. • L’obiettivo del metodo narrativo è quello di dare un impianto narrativo al percorso educativo. In questo modo non è più importante il contenuto, le narrazioni, ma l’esperienza formativa (educare narrando). Per una pedagogia narrativa (EMI,Bologna, 1996) a cura di Raffaele Mantegazza. LA VIA NARRATIVA In concreto, si potrebbe lavorare con: le storie di vita degli immigrati; le narrazioni che esprimono il punto di vista degli "altri" popoli sulla nostra cultura o sugli argomenti che sono oggetto di studio nella scuola; le fiabe, le favole, le leggende di altri popoli e culture; i racconti, i romanzi e la poesia di autori stranieri; i diari dei viaggiatori; i testi che contengono "utopie"; i film di registi stranieri (ed esempio il cinema africano); ........................... PRIMAVERA ALBERO SECCO di B. Brecht di Wang Ya P’ing Su un ramo secco e arido È fiorito un fiore Stanotte nel timore Che gli sfuggisse maggio. Non ci contavo ormai, Lo davo per spacciato Al mio sguardo, inutile Quasi l’avrei tagliato. (AA. VV., Poesie, Einaudi, Editori Riuniti, Torino 1977). Un albero secco Fuori dalla mia finestra Solitario Leva nel cielo freddo I suoi rami bruni. Il vento sabbioso, la neve e il gelo Non possono ferirlo. Ogni giorno quell’albero Mi dà pensieri di gioia, Da quei rami secchi Indovino il verde a venire. (AA. VV., Poesia cinese moderna, Editori Riuniti, Torino 1962). ALBERI ALBERI di Ai Ch’ing di Umberto Saba Un albero, un altro albero ...Invidio voi Alberi silenziosi, a cui le foglie ben disegnate, indora il sole; belli come bei giovanetti o vecchi ai quali la vecchiezza è in aumento. Chi vi guarda -verdi sotto una nera ascella frondi spuntano; alcuni rami sono mortile vostre dure sotterranee lotte non ignora;la vostra pace ammira, anche più vasta E a voi ritorna, amico; laghi d’ombra nel cuore dell’estate. Di fronte distinti si ergono E l’aria e il vento Dichiarano il loro distacco. Ma sotto la coperta della terra Tendono le lunghe radici Nel profondo dove nessuno vede Attorcigliano insieme i filamenti. “Un rilievo particolare meritano i giochi didattici, che esprimono la realtà in modo analogico, e permettono di vivere i problemi da essi simbolicamente raffigurati senza però correrne i rischi. I giochi facilitano l'apprendimento di processi complessi”. (DANUVOLA P., Scuola ed educazione interculturale, in "Aggiornamenti sociali", n.° 1, 1993, pp.39-52). Bambini, ragazzi e giovani mostrano un grande desiderio di mettersi "in gioco". Il problema sta piuttosto negli insegnanti, non tutti e non sempre disposti a "giocare". Particolare interesse assumono i giochi di simulazione e quelli di cooperazione. I primi facilitano l'apprendimento con la manipolazione di un secondo modello in cui si assumano dei ruoli e delle regole; i secondi favoriscono la fiducia, la comunicazione, la socializzazione. Nei giochi di ruolo, o giochi di interpretazione, ogni partecipante assume il ruolo di un personaggio calato in una ambientazione fantastica: si tratta di giochi collaborativi, dove nessuno "vince" o "perde", ma in cui lo scopo del gioco è costruire coralmente una bella storia tramite i contributi di tutti. DIDATTICA LUDICA J. S. Bruner. A. Jolly. K. Sylva "Il gioco” (voll. 4) Armando, Roma, 1981 Grazzini. Hoffman. Staccioli. “Dentro il gioco” La Nuova Italia, Firenze, 1982 Kaiser A. “Genius ludi:il gioco nella formazione umana” Armando Roma 2001 Dal Lago Rovatti “Per gioco.Piccolo manuale dell’esperienza ludica” Ediz. Cortina, Milano, 1993 AA.VV. “Gioco, dopogioco” La Meridiana, Molfetta, 1995 B. D’Amore “Giochi logici, linguistici e matematici”Angeli, Milano, 1992 AA.VV. I giochi di simulazione nella scuola” Zanichelli, Bologna, 1987 D’Urso Ligresti Famiglietti Secchi “Apprendere per gioco e valutare. Fondamenti di didattica ludica” Edizioni Simone, 2000 B. Munari. “Fantasia” Bari, Laterza, 1977 Il gioco nella didattica interculturale: P. D’Andretta “Il gioco nella didattica interculturale” EMI 1999 D. Orsi “Incontri colorati” Mondatori Junior, Milano G. Barilla “Così giocano i bambini del mondo. 18 giochi da tanti paesi” Emi ,2001 Marcato Giolito Musumeci “Benvenuto! 32 giochi di accoglienza” La Meridiana, Molfetta, 1997 Ferracin Gioda Loos “Giochi di simulazione” Editrice Elle Di C,i, 1993 S. Loos “101 giochi cooperativi” Ediz. Gruppo Abele VIA DECOSTRUTTIVA Una delle risposte possibili, affinchè il dialogo interculturale sia veramente una relazione di reciprocità, è quella che passa attraverso la pratica della decostruzione dei pregiudizi, degli stereotipi, dei luoghi comuni, delle immagini deformanti, delle categorie linguistiche etnocentriche… La decostruzione va intesa come promozione della capacità di mettersi in questione, di ri-visitare e ri-vedere le proprie idee. Per operare questo cambiamento è necessario “costruire decostruendo”, costruire una nuova memoria planetaria decostruendo la memoria dominante che è etnocentrica. Nella scuola la didattica della decostruzione si può attuare a livello linguistico-concettuale e relazionale-psicologico Esempi di decostruzione: la decostruzione del concetto di razze umane (non esistono al plurale) la decostruzione del concetto di intelligenza (teoria delle intelligenze multiple di H. Gardner) la decostruzione della Carta di Mercatore (eurocentrica) attraverso la carta di Peters (equivalente nelle superfici). la decostruzione del modo di raccontare il passaggio dalla preistoria alla storia che attribuisce importanza soprattutto alla scrittura e sottovalutando invece la cultura orale; la decostruzione dei pregiudizi, .... METODO DEL DECENTRAMENTO O DEL ROVESCIAMENTO DEL PUNTO DI VISTA Educare a far crescere la capacità di decentrarsi dal proprio punto di vista, imparando a considerare il proprio modo di pensare non l’unico possibile o l’unico legittimo ma uno fra molti. Il valore antropologico ed educativo del decentramento sta tutto nel cammino di uscita dall’egocentrismo e dall’etnocentrismo. Per decentrarsi occorre accettare i propri limiti e i propri errori, riconoscere di aver bisogno degli altri, essere disponibili all’ascolto e alla collaborazione. Tutto ciò richiede una disponibilità e una sicurezza interiore che trovano la loro origine non sul piano della conoscenza ma in una serena maturazione affettiva. E’ importante perciò che la scuola si configuri come luogo di confronto, optando per percorsi cooperativi che promuovano l’interdipendenza e le abilità sociali. Alcuni esempi concreti: La scoperta dell’America vista dalla parte degli indios; Le Crociate viste dagli Arabi; La condizione degli immigrati quando gli immigrati eravamo noi; La carta geografica sino-centrica (disegnata da cartografi cinesi che colloca l’Europa a Nord Ovest del planisfero e dunque “decentrata”); La fiaba di Cappuccetto Rosso raccontata dal punto di vista del Lupo; La “cicala e la formica” di La Fontaine e di Rodari Le immagini ingannevoli, doppie, mutevoli ………………………….. LA VIA DEI GESTI L’educazione Interculturale deve saper valorizzare anche i gesti, le azioni, i comportamenti, ossia la via pragmatica dell’educazione alla cittadinanza attiva. Per formare nei giovani “menti più accoglienti” e atteggiamenti interculturali è importante promuovere azioni, iniziative, “fare esperienze” dirette perché il gesto ha un grande valore educativo. Esempi: •organizzare gemellaggi o altre forme di scambi culturali tra scuole diverse; •promuovere iniziative concrete di solidarietà tra ragazzi di diversi paesi; •invitare a scuola gli immigrati per un confronto diretto e personale; allestire mostre interculturali; •preparare spettacoli con diverse musiche etniche; •organizzare una festa dei popoli (anche cucinando piatti etnici…) •realizzare una visita alla Moschea o in un centro di altra religione; …………………. LA VIA DEI GESTI Dare visibilità agli indicatori di interculturalità all'interno dell'edificio scolastico e nelle singole aule: • • • • • • • • • espressioni di "benvenuto" in varie lingue; Piano dell’Offerta Formativa nelle diverse lingue; affissione di poster multietnici affissione di altre carte geografiche (il planisfero sinocentrico) utilizzare sussidi didattici, testi multietnici e interculturali; abbonare la scuola a riviste che si occupano strettamente di educazione interculturale. Creare una "rete" di educatori interculturali nella propria città o nel proprio territorio programmare qualche incontro per lo scambio di esperienze e di materiale didattico nonché per dar vita ad iniziative comuni. ................. Per mantenere aperta la possibilità di “pensare” ancora…… utilizziamo le parole di Gibran Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri, Poiché essi hanno i loro propri pensieri, Potete dar ricetto ai loro corpi ma non alle loro anime, Poiché le loro anime dimorano nella casa del domani, Che neppure in sogno vi è concesso di visitare. Potete sforzarvi di essere simili a loro, ma non cercate di rendere essi simili a voi” “Non possiamo aspettarci di raccogliere i fiori che non abbiamo mai piantato”. Vaclav Havel LA FINALITA' DEL PROCESSO EDUCATIVO "CHE TUTTI SIANO UNO" “ L'UTOPIA-REALTA” "Lezione per la laurea honoris causa in Pedagogia" di Chiara Lubich - Washington, 10 novembre 2000