ANALISI DI UNA PUBBLICITA’:
I MECCANISMI PER RENDERCI
BUONI CONSUMATORI E LE
CRITICHE DEGLI
INTELLETTUALI
Che cos’è la pubblicità
Per pubblicità si intende l’attività di
comunicazione attraverso la quale si rende
pubblico e si da notorietà ad un prodotto.
L’advertising si avvale di una serie di tecniche
che vedremo in seguito per richiamare
l’attenzione del potenziale consumatore su di
una azienda e su i suoi prodotti/servizi, infatti
l’annuncio che più piace vende meglio, lo spot
più è attraente più persuade, e l’obiettivo
principale della pubblicità è far comprare la
massa e costruire tramite meccanismi di fiducia
una marca solida per il futuro.
Mi fido di te
In pubblicità la fiducia non si acquista con
l’impatto, ma con un processo graduale.
Si è dimostrato in base a ricerche che un
soggetto che ha comprato un prodotto una volta
è più disposto a prestare attenzione a quel
prodotto, perché sente la necessità di
dimostrare a se stesso che la sua scelta è stata
giusta e il prodotto merita di essere usato.
Basato sulla fiducia si trova anche il meccanismo
della short-list, ovvero la relazione mentale che
attua un individuo con le marche che per prime
vengono in mente come “preferite”, “migliori” o
“affidabili” quando pensiamo di comprare un
certo prodotto o pensiamo ad un certo prodotto.
Per valutare questo processo ho personalmente
posto la domanda a varie persone chiedendo
quale fosse il nome della prima marca di
detersivo a cui pensassero per prima al
momento di darmi una risposta.
Ho (purtroppo) largamente riscontrato che in
vetta alla short-list troneggiava il famosissimo
Dash, che con decenni di martellanti campagne
pubblicitarie si è avvalso la fiducia di una larga
fetta della popolazione italiana.
Tipologie di pubblicità
- p. comparativa: svolge la funzione di porre in evidenza i
vantaggi di un prodotto rispetto ad un altro della stessa
tipologia
(caso compagnie telefoniche)
- p. informativa: svolge una funzione a livello razionale ed
emotivo di informazione verso il consumatore
- p. istituzionale: ha come scopo creare una determinata
immagine del prodotto per l’ utente che se ne serve. Si
utilizza per lanciare, riproporre correggere o svecchiare l’
atteggiamento che nel pubblico si è generato nei
confronti di un’azienda o una marca(caso Asics)
- p. subliminale: fatta da messaggi che colpiscono il
cliente al di sotto della soglia di coscienza, venendo
memorizzati dal cervello anche se la retina non è in
grado di ribaltarli e renderli consciamente decifrabili
(caso Coca Cola)
Come è fatto e come funziona un
messaggio pubblicitario
Il primo compito di un messaggio pubblicitario è
quello di essere notato in mezzo a una miriade
di messaggi dello stesso tipo, deve perciò avere
una certa forza di impatto, che gli consenta di
sollecitare l’attenzione del pubblico.
Una volta notato deve riscuotere un certo
interesse per chi lo guarda, divertendo,
emozionando,ma soprattutto informandolo sul
benefit del prodotto(vantaggi che l’ utilizzatore
può ricavare da esso). Es.”la pastiglia X agisce
immediatamente sul mal di testa”
A questo punto il messaggio deve creare
identificazione, le persone devono potersi
immedesimare nei testimonial: mamma, bambini
a scuola, ragazzi…( caso Forza Italia per partito
politico).
Il messaggio ricevuto veicola così l’informazione,
attraverso la quale apprendiamo le qualità del
prodotto, di cosa è fatto, come si usa…
L’insieme di questi effetti mira a produrre
convinzione, cioè la creazione di un desiderio o
falso bisogno nei confronti di quel prodotto, e
quindi dando l’impulso all’acquisto.
Per coprire in modo ottimale questo
schema lo spot utilizza tecniche che
derivano della retorica classica,
di cui utilizza
- LINGUAGGIO
- FIGURE
Le qualità di uno slogan (dal gaelico “grido
di guerra”), che deve essere
indispensabilmente chiaro, comprensibile
e diretto sono contenute nella retorica.
Questa è divisa in cinque parti:
- inventio
- dispositio
- elocutio
- actio
- memoria
Inventio
Da invenire, trovare
È la parte della retorica che si occupa di individuare i
ragionamenti che servono a persuadere. Per convincere
qualcuno infatti, o si hanno prove inconfutabili, oppure
bisogna fornire delle argomentazioni.
Si può procedere per induzione, partendo dal particolare
e utilizzando l’ esempio, o per deduzione, partendo dal
generale, e allora si adotta l’entinema.(“i nostri dolci
sono i più buoni perché li produciamo del 1874”)
La maggior parte dei comunicati commerciali si fonda
sull’entinema, che a sua volta scaturisce da un luogo
comune. Il più utilizzato è quello della quantità, dove una
cosa vale più di un’ altra perché in tanti la possiedono o
perché la approvano…
es. compratelo perché tutti ce l’ hanno
Dispositio
Disposizione,ordine
Ogni discorso deve avere una certa struttura, un ordine, a seconda
delle finalità.
Nella pubblicità lo scopo è quello di agganciare lo spettatore, e la
disposizione del discorso inizia spesso con l’esordio.
Ciò che permette all’esordio di catturare l’ attenzione è il fatto che il
pubblico nutre sempre una certa aspettativa rispetto a a ciò che sta
per ascoltare o vedere.
Nella costruzione del discorso si usa la tecnica dello straniamento, che
consiste nel produrre qualcosa di inatteso e sorprendente.
Per metterlo in atto si usa il cambiamento repentino del tono di voce,
una battuta di spirito, un gesto inatteso, e tutte le tecniche che in
qualche modo possono attirare la nostra attenzione.
Elocutio
È lo stile, la tecnica che si utilizza per dar
forma a un discorso.
All’elocutio appartengono le figure retoriche
come la metafora, la similitudine, l’ironia.
Queste vengono utilizzate nell’advertising
sotto forma di immagini.
Actio
Cioè il linguaggio senza parole, la comunicazione non
verbale.
È fondamentale l’espressione del viso, la postura del
corpo,il gesto di un testimonial
(anche senza conoscerlo di persona spesso proviamo
per quel determinato personaggio antipatia o simpatia).
Largamente utilizzato in pubblicità è il sorriso,che a
livello comunicativo significa chiara disponibilità ad
instaurare un rapporto amichevole con il destinatario.
Quando sorrido dimostro di non voler aggredire la
persona che mi sta davanti, e le trasmetto una
sensazione di fiducia e di empatia.
La forza del logos quindi sta nell’illuminare le
situazioni in modo che risultino favorevoli,
positive per l’interlocutore, e questo significa
persuadere.
Portando le persone al di fuori della molteplicità
di opinioni, le si indirizza verso la capacità e le
possibilità(prove sufficienti..)per compiere una
determinata scelta, accettandola come la più
opportuna anche se non se ne era convinti
pienamente.
Della retorica classica la pubblicità ne utilizza le
figure che trasforma in immagini, rese cioè
visivamente. Questa costruzione retorica è detta
verbo-visiva. ora ne spiegherò alcuni
- Lo stereotipo
- Lo straniamento
- L’iperbole
- La litote
- La metafora
- La sineddocche
- L’ ironia
- Il calembour
nello stereotipo ci viene proposta l’idea
convenzionale di qualcosa, un’immagine tipica,
riconosciuta dalla comunità e veicolata da una
cultura.
Lo stereotipo ha potere rassicurante ed
identificativo verso il pubblico.
Es. la mamma pubblicitaria: buona preoccupata
per i figli, gentile, servizievole..
Nello straniamento avviene il ribaltamento
di uno stereotipo, ovvero un personaggio
agisce in modo inconsueto, originale al
suo ruolo.
Es. donna manager rimanda una riunione
per allattare il figlio.
Per iperbole si intende una voluta esagerazione,
verbale o visiva, che serve a magnificare alcune
caratteristiche del prodotto o il prodotto stesso.
La litote è la figura opposta all’iperbole;
Si utilizza per attenuare le caratteristiche
di un prodotto.
In pubblicità è poco usata e serve ad
affrontare talvolta temi delicati.
La metafora designa un oggetto dato
attraverso un altro oggetto che ha con il
primo rapporto di somiglianza e analogia.
La sineddocche è uno spostamento di
significato, può avvenire anche ripetendo
un concetto visivamente o verbalmente.
L’ironia avviene affermando un qualcosa che per
concezione comune si sa che non corrisponde a
realtà.
È molto complesso ironizzare in pubblicità
perché bisogna utilizzare codici comuni tra
emittente e destinatario, per meglio spiegare,
non posso proporre una gag che fa ridere me
soltanto(perché mi ricorda un momento
personale particolare ecc..)ma devo utilizzare
luoghi comuni, conosciuti e che la pluralità trova
divertenti.
(caso campari, i tappi)
il calembour o la polisemia, è quella particolare
caratteristica di una parola (o di una forma, un
colore, un suono) che ha più di un significato.
La pubblicità di Easyjet qui riportata ne è un
esempio semplicissimo ma illuminante.
"Serio" assume due accezioni: quella relativa a
"davvero" e quella relativa a "Orio al Serio",
località vicino a Bergamo dove di solito atterrano
gli aerei "low cost". Insomma, il senso è : "con i
nostri costi, anche se molto convenienti, non
atterri, come con le altre companie"low cost" in
una città vicino a Milano, ma a Milano città".
Esempio di calembour
Importanza del colore
Il colore nella costruzione del packaging di
un prodotto e di un brand di successo
assume funzioni di descrizione e racconto,
narra la qualità della merce da
pubblicizzare.
Spiegherò qui di seguito l’uso di alcuni
colori nel campo della grafica, e quindi per
quale target e per quali prodotti
funzionano e vengono utilizzati.
Il colore ROSSO si utilizza principalmente
per promuovere giochi, automobili, articoli
relativi allo sport ed all’attività fisica.
Colpisce fortemente l’occhio umano e
serve per indirizzare velocemente la
persona a scegliere quel prodotto.
Disturba e fa agire velocemente, perciò è
largamente usato nei fast-food, dove il
segreto è il ricambio veloce di clienti
consumatori.
Il GIALLO e l’ARANCIONE catturano
l’attenzione del consumatore tra gli scaffali
o su i cartelloni, è utile quindi sottolineare
con questi colori dei particolari importanti.
Il giallo è considerato un colore
infantile,dinamico, non è il caso di
servirsene per prodotti maschili prestigiosi
o costosi: quasi nessuno comprerà una
Mercedes o un doppiopetto gialli.
L’arancione riscuote un buon successo
per la promozione di prodotti alimentari e
giocattoli.
L’AZZURRO si può usare per promuovere
i prodotti e i servizi relativi alla pulizia,
all’aria ed al cielo, come linee aeree,
aeroporti, condizionatori d’aria, all’ acqua e
al mare per depliant di viaggi o per il
packaging dell’acqua minerale.
Non si usa l’azzurro per gli alimenti,
perché influisce togliendo l’appetito
Ottima resa anche su i prodotti high-tech,
anche se il BIANCO ne suggerisce l’ uso
agevole.
Il BLU è il colore della tradizione
occidentale, simbolo del sesso maschile è
utile nel supporto di prodotti per l’uomo.
Unito al bianco è utilizzati per marchi di
prodotti collegati alla finanza, all’attività
bancaria, ai trasporti.
(es. auto blu dello stato, abbigliamento
formale..)
Questo viene largamente usato per
prodotti medici o sterili, per la pubblicità di
associazioni caritatevoli, viene associato a
“light”, alimento a basso contenuto
calorico, e ai latticini.
Un packaging NERO decanta l’alta qualità
di un prodotto.
Associato all’ORO si usa per dare senso di
ricercatezza e raffinatezza.
Largamente impiegato è il colore VERDE
nello sponsorizzare prodotti sanitari o a
uso medico. Nel linguaggio comune è il
lasciapassare(semaforo), e pertanto
suggerisce che quel prodotto gode di
controlli, di speciali permessi, dice “io sono
sicuro”(es. prodotti biologici).
Il verde scuro è associato comunemente
ai soldi, il mondo finanziario, le operazioni
bancarie.
Al supermarket
Un celebre esperimento condotto una
volta in un supermercato fu questo:
presero tutti i dentifrici posizionati su uno
scaffale e li riordinarono seguendo l'ordine
alfabetico. Dopo una settimana, il volume
di vendita dei medesimi era diminuito
quasi del dieci per cento.
La sentenza era definitiva: il come erano
disposti i dentifrici, prevaleva su tutto.
Questione di occhio
Facendo la media nazionale delle altezze degli occhi
delle persone si stabilì l'angolo di maggior
concentrazione della vista, fino a ricavare che l'altezza
giusta dello scaffale è circa a un metro e trenta
centimetri. Lo scaffale posto a quell'altezza, è il più
appetito dalle grandi marche.
Dalla grossa multinazionale a qualsiasi commerciante
per aumentare le vendite si utilizzano strategie, come la
madre di una mia amica, farmacista che mi rivela di non
riempire mai con i prodotti cosmetici o para-sanitari gli
espositori, così il cliente crede che qualcuno prima di lui
abbia già comprato quella merce, e ritorna ancora il
discorso sulla fiducia, nella marca, ma anche negli altri
consumatori, perché sapere che tanti hanno fatto la tua
scelta è molto rassicurante.
In condizioni di luce normale la persona
media batte le ciglia 32 volte al minuto.
Quando, entrando in un negozio, la
persona media si trasforma in
consumatore, i battiti di ciglia diminuiscono
fino a una media di 14 al minuto. Non
sono solo le diverse condizioni di luce a
determinare il nuovo ritmo. Dipende anche
dalla motivazione che spinge all'acquisto:
se compriamo per risparmiare, strizziamo
gli occhi di più; se a motivarci è
L'ostentazione sociale, di meno.
Sempre il corpo ha bisogno di tempo per
adattarsi al nuovo ambiente del negozio e
rallentare le sue funzioni: in genere ci vogliono
dai quattro agli otto metri; qualche passo in più
se si e arrivati guidando; di meno se si
camminava. Tutte ragioni per cui Paco Underhill,
guru della Envirosell, multinazionale di ricerche
di mercato americana, sostiene che è meglio
non mettere niente di valore all'ingresso dei
negozi: in quella che lui chiama "zona di
decompressione" si vende meno. Il 30 per
cento in meno, per essere esatti.
Sostiene Underhill che lo stesso effetto si
verifica quando una consumatrice sta
esaminando un oggetto e qualcuno passa
dietro di lei sfiorandola inavvertitamente.
Lei, allora, abbandona l'acquisto
potenziale e passa oltre. Sempre.
"Fattore toccatina" lo definisce lui, che
stavolta non ha percentuali. Ma non
importa: centinaia di negozi americani
hanno comunque già deciso di non
mettere oggetti che richiedono lunghe
osservazioni in corridoi stretti.
Se il supermercato ha un proprio marchio,
troverete i suoi prodotti di basso prezzo sempre
alla sinistra di quelli della marca concorrente
che invece spende molto in pubblicità: come
succede quando si volta pagina, anche quando
si compra gli occhi tendono a cercare il nuovo a
sinistra. Allo stesso modo, quando in un
supermercato il carrello viene spinto a curvare, il
consumatore troverà la merce che in quel
momento è in offerta speciale nell'angolo
opposto, perché è sempre nella direzione
opposta alla curva che si muovono gli occhi.
Resta, invece, un mistero la ragione per cui le
zuppe messe in ordine alfabetico vendono il 6
per cento in meno di quelle esposte alla rinfusa.
Tanto sapere peraltro spesso non porta a nulla,
come dimostra quello che in gergo viene
chiamato il "paradosso del biscotto". Grazie al
quale si scopre che per anni i biscotti hanno
rappresentato per i supermercati vendite sicure:
bastava piazzarli nello scaffale più basso, ad
altezza del bambini, e lasciare che il loro potere
di persuasione convincesse i genitori. Ma di
recente è successo quello che nessuno
scienziato dello shopping avrebbe mai
ipotizzato: "I genitori con bambini hanno
cominciato a evitare i corridoi dei biscotti“.
Ci sono alcune verità assolute" spiega Underhill. Tra
queste, quella che sostiene che dopo la zona di
decompressione viene lo "spostamento a destra": fatti
i dieci passi che portano ad acclimatarsi nel negozio,
cioè, i consumatori tendono a curvare a destra di 45
gradi, probabilmente perché la maggior parte della gente
scrive con la mano destra". Quello che a lui importa
veramente non è spiegare le ragioni, ma convincere i
negozianti che alla fine di quella curva ci deve essere
merce appetibile. Merce che inviti ad addentrarsi nel
negozio.
Perché un'altra verità osservata da Underhill è che più ci
si addentra più aumentano le probabilità di fare
acquisti: per questo lui divide quasi sempre lo spazio in
zone, dalla numero uno alla quattro, dove invita i
negozianti a mettere i prodotti più rappresentativi. E se
per caso vi chiedete perché all'improvviso nei negozi di
abbigliamento al posto degli scaffali ci sono a tavoli è
perché "Sui tavoli mangiamo: niente ci porta più vicino
alla merce".
Shopping list
Quanti sono I consumatori che fanno la lista della spesa
prima di andare al supermercato? Cosa contiene
l'elenco e con quali criteri viene compilato?
Uno studio realizzato da Envirosell Italia in sei punti di
vendita situati a Milano, Roma e Napoli, appartenenti a
una nota catena distributiva nazionale, offre indicazioni
che possono contribuire a fare un po' di luce su questi
interrogativi.
• Il 58% dei clienti intervistati afferma di compilare
la shopping list prima di recarsi nel punto di
vendita. Di questi, il 23% lo fa sempre, l'8% solo
in occasione della grande spesa settimanale e il
27% saltuariamente. L'abitudine è marcata
soprattutto tra le persone con più di 30 anni (6
su 10), ma è ben radicata anche nella fascia di
età inferiore (5,5 su 10).
• Ma solo il 19% delle persone che compilano la
shopping list acquista esclusivamente i prodotti
previsti, mentre l'81% ne compra anche altri
(26% qualche volta, 28% sempre, 27% spesso).
•
•
•
•
L'analisi delle motivazioni che spingono a integrare lo
shopping con articoli non previsti rivela che
il 51% delle persone compie questi acquisti
sostanzialmente perchè si ricorda di aver bisogno di
una determinata referenza solo "dopo averla vista
esposta".
Nel 45% dei casi, invece, il prodotto finisce nel carrello,
perché l'acquirente cede alla tentazione (curiosità,
capriccio, attrazione ecc sono le variabili in gioco).
Ovviamente non mancano le persone sensibili alla
convenienza, che nel 23% dei casi scelgono prodotti che
non sono segnati nella shopping list perché attratte da
offerte speciali
mentre il 7% dichiara apertamente di mettere nell'elenco
solo alcune cose, e di integrare la spesa mano a mano
che si inoltra tra i lineari del supermercato.
E' interessante notare, che la coerenza con il progetto di
spesa originario cresce gradualmente spostandosi da
nord a sud (11% Milano, 23% Roma, 28 Napoli) e con il
crescere del numero dei componenti familiari, mentre si
riduce con l'innalzarsi dell'età.
Arte e pubblicità
Spesso i pubblicitari utilizzano citazioni artistiche al fine
di coinvolgere una fascia di potenziali consumatori più
ampia.
La fetta di popolazione più colta infatti, spettatrice di uno
spot in cui compaiono riferimenti attigui alla propria
cultura o incontrati nel percorso di studi, viene richiamata
all’attenzione e il messaggio di consumo arriva loro
filtrato da apprezzamento verso quella pubblicità,
giudicata magari intelligente o sopra la media delle
concorrenti.
Importante per i pubblicitari è non spingersi in terreni
poco calpestati, ovvero non costruire uno spot citando
opere e autori poco conosciuti o troppo elitari: l’effetto
sarebbe controproducente.
Il messaggio in questo modo arriverebbe ad un target
colossalmente ridotto e si andrebbe ad ottenere un
fallimento della campagna pubblicitaria.
Jean-Auguste-Dominique Ingres, La
Source, 1856, Paris, Musée d'Orsay
Jean-Paul Goude, Coco. L'Espirit de
Chanel, immagine pubblicitaria, Francia
1994
L’antico come testimonial
Nell’immagine pubblicitaria per un marchio di
prodotti ceramici, l’inserzione nella scena di un
vaso greco con figura ‘animata’ assolve a molte
funzioni: attrarre l’attenzione del pubblico,
procurare al prodotto un ‘valore aggiunto’ di
ricercatezza, nobilitare l’immagine del produttore
grazie all’auctoritas del classico
Riflessioni sulla
bellezza
Dal Narciso di
Caravaggio, il mito
della bellezza, del
doppio e della vanità
approda alle immagini
pubblicitarie della
discografia e della
cosmetica.
Copertina dell'album True Colors di Cyndi Lauper
(U.S.A. 1986)
Immagine pubblicitaria per una linea
di cosmetici
(Francia, 2002)
Libertà, Fraternità e Uguaglianza di tariffa
per tutti. Campagna pubblicitaria per una
compagnia telefonica, Italia 2002
• Eugène Delacroix
La Libertà guida il Popolo di Francia
(1830)
Auctoritas del modello
Le opere di Michelangelo costituiscono un
modello autorevole per il moderno
linguaggio della pubblicità
Michelangelo Buonarroti
Pietà
(1499)
Immagine per griffe, francia 2001
Le critiche degli intellettuali
verso il media televisivo
Baudrillard “il sogno della merce”
Jean Baudrillard scrive nel 1987 di una
pubblicità che rappresenta il più
potente mass medium della nostra
epoca.
VEDIAMO ORA LE SUE ARGOMENTAZIONI
Pubblicità come:
1)MEDIUM AUTOMATIZZATO
2)SISTEMA AUTOREFERENZIALE
3)MANIFESTO DEL POTERE D’ ACQUISTO
1)La pubblicità parlando di un oggetto li
glorifica tutti, rivolgendosi ad un
consumatore mira in realtà alla massa.
Ciascun annuncio, immagine, impone un
consenso, quello di tutti gli individui
chiamati a decifrarla e che permettono di
rendere chiaro il messaggio di cui è
portatrice.
Essa non rinvia ad oggetti o mondi reali,
ma deve trasportare da un segno ad un
altro, da un oggetto all’ altro, da un
consumatore all’altro.
2)La pubblicità punta sempre meno alla
leggibilità dei suoi testi, scegliendo di attirare
l’attenzione su se stessa.
Esempio di questo fenomeno è stata la
campagna pubblicitaria “Myriam” di “Avenir
publicité” (agenzia pubblicitaria francese), dove
cartellone dopo cartellone una ragazza si
spogliava, e lo scopo, attirando l’attenzione era
di pubblicizzare la pubblicità, non un
prodotto.
Il sociologo ci dice “la pubblicità ha ormai perso
la sua funzione di specchio teso verso l’
economia, per diventare una forma schiava di se
stessa.
Si confonde con se stessa e oggi la reclame è
diventata la sua propria merce.
3)L’ultima argomentazione di Baudrillard
descrive una pubblicità che incarna il potere
d’acquisto, reale o potenziale della società
globale.
Il prodotto si offre alla vista, al tatto, alla
manipolazione. Jean Baudrillard parla di una
vera e propria erotizzazione, non solo nell’uso
esplicito di temi sessuali, ma nel fatto che
l’acquisto, l’appropriazione pura è trasformata in
una giostra, una scenografia scandita da i
procedimenti che possono essere quelli di un
tema d’amore: avances (spot), concorrenza,
oscenità, flirt e prostituzione(io pago per avere)
Baudrillard conclude :
-”è immaginabile l’amore per una donna di cui si è sicuri
che nessun uomo al mondo potrebbe desiderarla?”
Se folle intere adulano una donna è possibile amarla senza
conoscerla.
È questo l’aspetto sempre presente e sempre nascosto
della pubblicità; è normale nel nostro life style vivere i
desideri in una dimensione collettiva, che la
pubblicità tenta di rendere la dimensione sistematica
del desiderio.
Non ha fiducia nella spontaneità dei bisogni individuali,
preferisce avere basi solide sul consenso di masse, per
controllare e cristallizzare meglio le coscienze.
“Di fronte all’ingenuità o alla
sprovvedutezza di certi
spettatori io stesso non vorrei
dire certe cose. Quindi mi
autocensuro. Ma a parte
questo, è proprio il medium di
massa in sé... nel momento in
cui qualcuno ci ascolta nel
video ha verso di me un
rapporto da inferiore a
superiore, che è un rapporto
spaventosamente
antidemocratico”.
Pier Paolo Pasolini
Il genocidio
Pasolini nel 1973 in un articolo per il “corriere della
sera” denuncia il compimento di un genocidio.
Di chi?Da parte di chi?
Il genocidio è dei vari modelli di vita a favore di
quello piccolo-borghese, promosso e venduto
dal potere.
Un potere omologante, che schiaccia le diversità di
estrazione culturale e rende (falsamente) equi e
nevrotici nella posizione che l’individuo ha nella
società.
Pasolini analizza tre sottomodelli al modello
dominante, che viene imposto all’individuo
e in cui lui incoscientemente sgomita per
entrare, e sono
1)l’ EDONISMO INTERCLASSISTA
2)La FALSA TOLLERANZA
3)l’ AFASIA
L’edonismo è la felicità procurata dal
raggiungimento del modello piccolo borghese a
cui aspirano tutte l classi sociali.
Soprattutto i giovani sono vittime di questa
strumentalizzazione da parte del centro, che
tramite la pubblicità e il monopolio dei mass
media “suggerisce” loro il modo migliore di come
abbigliarsi, pettinarsi i capelli, sorridere, agire,
parlare, pensare.
Le varietà sono guardate “razzisticamente”, se non
sei anche falsamente un “figlio di papà” sei un
out-sider.
Per attuare il secondo protocollo, il potere
ad un certo punto ha avuto bisogno di un
nuovo tipo di suddito, che fosse
innanzitutto un buon consumatore.
Così il centro ha pensato di liberare la
morale, di concedere un po’ di libertà in
campo sessuale: esco di casa, ho la
necessità di sedurre, allora compro, vado
al cinema, a ballare, insomma l’economia
gira con me!
Parlando di afasia, l’intellettuale intende la perdita
della capacità linguistica, l’impossibilità alla
parola perché è venuto meno, si è stati privati,
del codice.
Ogni zona in Italia aveva, ci dice, un dialetto
proprio, un colorito modo d’esprimersi, una
lingua viva, spontanea e primitiva perché
coniata da loro medesimi e in cui veniva
contenuta tutta la storia di quel posto, le
influenze culturali, le tracce di popoli invasori, le
mescolanze etniche.
Il modello imposto ora dalla classe dominante ha
cristallizzato le genti. Le ha ammutolite.
Si è caduti in una nevrosi, denuncia, in cui l’
inevitabile bivio si ha o parlando forzatamente
una lingua finta, che non si conosce, parlando
come libri stampati, o arrivando ad una completa
afasia, “nel senso clinico della parola, incapaci
di inventare metafore e movimenti linguistici”,si
mugola, ci si danno spintoni o si sghignazza,
conclude Pasolini.
Grottesco più di prima concludo io, era molto più
originale e vero, caratteristico e spontaneo
vedere visi felici della loro condizione patriarcale
contadina, dal vissuto difficile ma umile,dalle
radici nobili non dal titolo, ma dalla tradizione.
Mi è capitato di leggere una bella frase di
Pasolini che può spiegare il mio pensiero:
diceva che la stessa grazia che c’è
nell’ignoranza è difficile da trovare persino
ad un livello molto alto di cultura.
Non stava promuovendo il non sapere, ma
quanto sia brutale il scimmiottare la
cultura, non quella dello studio, ma quella
materiale, quella di chi si da tono e usa
parole da Azzeccagarbugli per sottolineare
lo stato piccolo borghese a cui appartiene.
Colpevole…
Pasolini fa un “j’accuse” alla televisione, strumento
del potere, che ha reso possibile la distruzione
di ogni cultura primitiva ed alternativa e
omologando tutti alla stessa ambizione di stile di
vita (perché comunque per molti della borgata è
impossibile la realizzazione materiale del
supremo modello).
La tv è riuscita a compiere ”una centralizzazione
che neppure il centralismo fascista aveva saputo
fare”.
Vi è stata da parte del potere una “rivoluzione del sistema
d’informazione”, nella quale il centro ha potuto assimilare
per intero il Paese.
Ha compiuto una “omologazione distruttrice di ogni
autenticità e concretezza”, giovane uomo e giovane
donna che avvalorano la vita attraverso il consumo,
tramite il possesso e il consumismo di beni futili.
La televisione ha la responsabilità principale in tutto
questo, in quanto strumento del potere e potere stesso.
“Centro elaboratore di messaggi e luogo dove si fa
concreta una mentalità che non si saprebbe dove
collocare”, uno stile di vita irreale e creato a tavolino da
abili strateghi viene proposto con l’inganno allo
spettatore come reale, e in un modo così affabile che
pare indispensabile imitarlo.
Semiotica dei capelli
Nell’articolo del gennaio del 1973 Pasolini
racconta le riflessioni scaturite in lui dopo
l’incontro a distanza di due “capelloni”.
Egli introduce il termine semiotica, ovvero un
segno che rimanda a qualcosa, ad un
significato.
Il linguaggio muto dei loro capelli esprimeva
cose di sinistra.
Poco dopo i capelli lunghi vennero adottati
anche dalla destra.
“La sottocultura al potere ha assorbito la
sottocultura all’opposizione”, ha fatto di un
segno, abilmente una moda.
“Ora così i capelli lunghi dicono nel loro
inarticolato e ossesso linguaggio dei segni
non verbali, nella loro teppistica iconicità,
le cose della televisione o delle réclames
dei prodotti, dove ormai è inconcepibile
vedere un giovane senza capelli lunghi.
Conclude dicendo che è giunto il momento
che i giovani si accorgano di questa
strumentalizzazione, e si liberino
definitivamente da questa ansia colpevole
di attenersi all’ordine degradante dell’
orda.
A supermarket in California
Allen Ginsberg wrote this poem in 1955.
The poet wonders about the destiny of America,
that have lost all old values of freedom and
choise .
In his verses he represents the reaction to the
consumism and the omologation.
Allen and all Beat Generation’s poets in general,
are against the conformism, the false values and
the alienation, tipical of the sixty’s.
The poem analized is setting in a supermarket,
new church, temple of the consumism.
With sad-irony he contemplates goods exposed
like in a show:
”what peaches and penumbras! whole families
shopping at night.
Aisles full of of husbands! Wives in the
avocados, baby in the tomatoes…”
He draws icons of the consumism near
question and affermation that permises to
understand his solitude, his sufference in front of
this apocalyptical human condition.
“…who killed the pork chops? What prices
banana?Are you my angel?
“I wandered in and out the brilliant stacks
of cans following you, and followed in my
imagination by the store detective”.
Ginsberg uses the “I” to represents a
collective voice, to walk through dreaming
landscapes, in a sort of travelling mind
along the supermarket’s aisles.
In every stanza we recognize the out sider
position of the poet in the society, his
incapacity to express him self and his
ideas in a country reigned by mass-media.
“…possessing every frozen delicacy, and
never passing the cashier.”
In this stanza he imagines a libidinousness
dictated by the ownership.
His poetry is characterised by a
spontaneous and colloquial language,
suitable to be read aloud.
He rejected the conventional metre and
adopted free verse.
Bibliografia
-Didattica della comunicazione visiva
di Walter Moro. La Nuova Italia 1985
-La scatola parlante
di Gianpaolo Caprettini. Editori Riuniti 1996
-Parlare per tutti
di Mauro Doglio. Ed. Lupetti 2004
-Scritti corsari
di Pier Paolo Pasolini. Ed
-L’inganno quotidiano
a cura di Stella Acerno. Ed. Fratelli Frilli 2004
-I nuovi strumenti del comunicare
di Bettetini, Garassini, Gasparini, Vitadini. ED. Bompiani 2001
-Istruzioni per l’uso del televisore
di Lastrego, Testa. Ed: Einaudi 1990
-Guardare intorno
di Marco Dallari. La Nuova Italia 1986
-La comunicazione filmica
di Lucia Lumbelli. La Nuova Italia 1974
-Il sogno della merce
di Baudrillard. Ed. Lupetti 1987
-”Supermarket in California”
di Allen Ginsberg, tratto da manuale di letteratura inglese
-Lezioni Università IULM sulla pubblicità
-Immagini di campagne pubblicitarie (web e periodici)
-Archivio Envirosell (web)
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ANALISI DI UNA PUBBLICITA`: I MECCANISMI PER RENDERCI