ANALISI DI UNA PUBBLICITA’: I MECCANISMI PER RENDERCI BUONI CONSUMATORI E LE CRITICHE DEGLI INTELLETTUALI Che cos’è la pubblicità Per pubblicità si intende l’attività di comunicazione attraverso la quale si rende pubblico e si da notorietà ad un prodotto. L’advertising si avvale di una serie di tecniche che vedremo in seguito per richiamare l’attenzione del potenziale consumatore su di una azienda e su i suoi prodotti/servizi, infatti l’annuncio che più piace vende meglio, lo spot più è attraente più persuade, e l’obiettivo principale della pubblicità è far comprare la massa e costruire tramite meccanismi di fiducia una marca solida per il futuro. Mi fido di te In pubblicità la fiducia non si acquista con l’impatto, ma con un processo graduale. Si è dimostrato in base a ricerche che un soggetto che ha comprato un prodotto una volta è più disposto a prestare attenzione a quel prodotto, perché sente la necessità di dimostrare a se stesso che la sua scelta è stata giusta e il prodotto merita di essere usato. Basato sulla fiducia si trova anche il meccanismo della short-list, ovvero la relazione mentale che attua un individuo con le marche che per prime vengono in mente come “preferite”, “migliori” o “affidabili” quando pensiamo di comprare un certo prodotto o pensiamo ad un certo prodotto. Per valutare questo processo ho personalmente posto la domanda a varie persone chiedendo quale fosse il nome della prima marca di detersivo a cui pensassero per prima al momento di darmi una risposta. Ho (purtroppo) largamente riscontrato che in vetta alla short-list troneggiava il famosissimo Dash, che con decenni di martellanti campagne pubblicitarie si è avvalso la fiducia di una larga fetta della popolazione italiana. Tipologie di pubblicità - p. comparativa: svolge la funzione di porre in evidenza i vantaggi di un prodotto rispetto ad un altro della stessa tipologia (caso compagnie telefoniche) - p. informativa: svolge una funzione a livello razionale ed emotivo di informazione verso il consumatore - p. istituzionale: ha come scopo creare una determinata immagine del prodotto per l’ utente che se ne serve. Si utilizza per lanciare, riproporre correggere o svecchiare l’ atteggiamento che nel pubblico si è generato nei confronti di un’azienda o una marca(caso Asics) - p. subliminale: fatta da messaggi che colpiscono il cliente al di sotto della soglia di coscienza, venendo memorizzati dal cervello anche se la retina non è in grado di ribaltarli e renderli consciamente decifrabili (caso Coca Cola) Come è fatto e come funziona un messaggio pubblicitario Il primo compito di un messaggio pubblicitario è quello di essere notato in mezzo a una miriade di messaggi dello stesso tipo, deve perciò avere una certa forza di impatto, che gli consenta di sollecitare l’attenzione del pubblico. Una volta notato deve riscuotere un certo interesse per chi lo guarda, divertendo, emozionando,ma soprattutto informandolo sul benefit del prodotto(vantaggi che l’ utilizzatore può ricavare da esso). Es.”la pastiglia X agisce immediatamente sul mal di testa” A questo punto il messaggio deve creare identificazione, le persone devono potersi immedesimare nei testimonial: mamma, bambini a scuola, ragazzi…( caso Forza Italia per partito politico). Il messaggio ricevuto veicola così l’informazione, attraverso la quale apprendiamo le qualità del prodotto, di cosa è fatto, come si usa… L’insieme di questi effetti mira a produrre convinzione, cioè la creazione di un desiderio o falso bisogno nei confronti di quel prodotto, e quindi dando l’impulso all’acquisto. Per coprire in modo ottimale questo schema lo spot utilizza tecniche che derivano della retorica classica, di cui utilizza - LINGUAGGIO - FIGURE Le qualità di uno slogan (dal gaelico “grido di guerra”), che deve essere indispensabilmente chiaro, comprensibile e diretto sono contenute nella retorica. Questa è divisa in cinque parti: - inventio - dispositio - elocutio - actio - memoria Inventio Da invenire, trovare È la parte della retorica che si occupa di individuare i ragionamenti che servono a persuadere. Per convincere qualcuno infatti, o si hanno prove inconfutabili, oppure bisogna fornire delle argomentazioni. Si può procedere per induzione, partendo dal particolare e utilizzando l’ esempio, o per deduzione, partendo dal generale, e allora si adotta l’entinema.(“i nostri dolci sono i più buoni perché li produciamo del 1874”) La maggior parte dei comunicati commerciali si fonda sull’entinema, che a sua volta scaturisce da un luogo comune. Il più utilizzato è quello della quantità, dove una cosa vale più di un’ altra perché in tanti la possiedono o perché la approvano… es. compratelo perché tutti ce l’ hanno Dispositio Disposizione,ordine Ogni discorso deve avere una certa struttura, un ordine, a seconda delle finalità. Nella pubblicità lo scopo è quello di agganciare lo spettatore, e la disposizione del discorso inizia spesso con l’esordio. Ciò che permette all’esordio di catturare l’ attenzione è il fatto che il pubblico nutre sempre una certa aspettativa rispetto a a ciò che sta per ascoltare o vedere. Nella costruzione del discorso si usa la tecnica dello straniamento, che consiste nel produrre qualcosa di inatteso e sorprendente. Per metterlo in atto si usa il cambiamento repentino del tono di voce, una battuta di spirito, un gesto inatteso, e tutte le tecniche che in qualche modo possono attirare la nostra attenzione. Elocutio È lo stile, la tecnica che si utilizza per dar forma a un discorso. All’elocutio appartengono le figure retoriche come la metafora, la similitudine, l’ironia. Queste vengono utilizzate nell’advertising sotto forma di immagini. Actio Cioè il linguaggio senza parole, la comunicazione non verbale. È fondamentale l’espressione del viso, la postura del corpo,il gesto di un testimonial (anche senza conoscerlo di persona spesso proviamo per quel determinato personaggio antipatia o simpatia). Largamente utilizzato in pubblicità è il sorriso,che a livello comunicativo significa chiara disponibilità ad instaurare un rapporto amichevole con il destinatario. Quando sorrido dimostro di non voler aggredire la persona che mi sta davanti, e le trasmetto una sensazione di fiducia e di empatia. La forza del logos quindi sta nell’illuminare le situazioni in modo che risultino favorevoli, positive per l’interlocutore, e questo significa persuadere. Portando le persone al di fuori della molteplicità di opinioni, le si indirizza verso la capacità e le possibilità(prove sufficienti..)per compiere una determinata scelta, accettandola come la più opportuna anche se non se ne era convinti pienamente. Della retorica classica la pubblicità ne utilizza le figure che trasforma in immagini, rese cioè visivamente. Questa costruzione retorica è detta verbo-visiva. ora ne spiegherò alcuni - Lo stereotipo - Lo straniamento - L’iperbole - La litote - La metafora - La sineddocche - L’ ironia - Il calembour nello stereotipo ci viene proposta l’idea convenzionale di qualcosa, un’immagine tipica, riconosciuta dalla comunità e veicolata da una cultura. Lo stereotipo ha potere rassicurante ed identificativo verso il pubblico. Es. la mamma pubblicitaria: buona preoccupata per i figli, gentile, servizievole.. Nello straniamento avviene il ribaltamento di uno stereotipo, ovvero un personaggio agisce in modo inconsueto, originale al suo ruolo. Es. donna manager rimanda una riunione per allattare il figlio. Per iperbole si intende una voluta esagerazione, verbale o visiva, che serve a magnificare alcune caratteristiche del prodotto o il prodotto stesso. La litote è la figura opposta all’iperbole; Si utilizza per attenuare le caratteristiche di un prodotto. In pubblicità è poco usata e serve ad affrontare talvolta temi delicati. La metafora designa un oggetto dato attraverso un altro oggetto che ha con il primo rapporto di somiglianza e analogia. La sineddocche è uno spostamento di significato, può avvenire anche ripetendo un concetto visivamente o verbalmente. L’ironia avviene affermando un qualcosa che per concezione comune si sa che non corrisponde a realtà. È molto complesso ironizzare in pubblicità perché bisogna utilizzare codici comuni tra emittente e destinatario, per meglio spiegare, non posso proporre una gag che fa ridere me soltanto(perché mi ricorda un momento personale particolare ecc..)ma devo utilizzare luoghi comuni, conosciuti e che la pluralità trova divertenti. (caso campari, i tappi) il calembour o la polisemia, è quella particolare caratteristica di una parola (o di una forma, un colore, un suono) che ha più di un significato. La pubblicità di Easyjet qui riportata ne è un esempio semplicissimo ma illuminante. "Serio" assume due accezioni: quella relativa a "davvero" e quella relativa a "Orio al Serio", località vicino a Bergamo dove di solito atterrano gli aerei "low cost". Insomma, il senso è : "con i nostri costi, anche se molto convenienti, non atterri, come con le altre companie"low cost" in una città vicino a Milano, ma a Milano città". Esempio di calembour Importanza del colore Il colore nella costruzione del packaging di un prodotto e di un brand di successo assume funzioni di descrizione e racconto, narra la qualità della merce da pubblicizzare. Spiegherò qui di seguito l’uso di alcuni colori nel campo della grafica, e quindi per quale target e per quali prodotti funzionano e vengono utilizzati. Il colore ROSSO si utilizza principalmente per promuovere giochi, automobili, articoli relativi allo sport ed all’attività fisica. Colpisce fortemente l’occhio umano e serve per indirizzare velocemente la persona a scegliere quel prodotto. Disturba e fa agire velocemente, perciò è largamente usato nei fast-food, dove il segreto è il ricambio veloce di clienti consumatori. Il GIALLO e l’ARANCIONE catturano l’attenzione del consumatore tra gli scaffali o su i cartelloni, è utile quindi sottolineare con questi colori dei particolari importanti. Il giallo è considerato un colore infantile,dinamico, non è il caso di servirsene per prodotti maschili prestigiosi o costosi: quasi nessuno comprerà una Mercedes o un doppiopetto gialli. L’arancione riscuote un buon successo per la promozione di prodotti alimentari e giocattoli. L’AZZURRO si può usare per promuovere i prodotti e i servizi relativi alla pulizia, all’aria ed al cielo, come linee aeree, aeroporti, condizionatori d’aria, all’ acqua e al mare per depliant di viaggi o per il packaging dell’acqua minerale. Non si usa l’azzurro per gli alimenti, perché influisce togliendo l’appetito Ottima resa anche su i prodotti high-tech, anche se il BIANCO ne suggerisce l’ uso agevole. Il BLU è il colore della tradizione occidentale, simbolo del sesso maschile è utile nel supporto di prodotti per l’uomo. Unito al bianco è utilizzati per marchi di prodotti collegati alla finanza, all’attività bancaria, ai trasporti. (es. auto blu dello stato, abbigliamento formale..) Questo viene largamente usato per prodotti medici o sterili, per la pubblicità di associazioni caritatevoli, viene associato a “light”, alimento a basso contenuto calorico, e ai latticini. Un packaging NERO decanta l’alta qualità di un prodotto. Associato all’ORO si usa per dare senso di ricercatezza e raffinatezza. Largamente impiegato è il colore VERDE nello sponsorizzare prodotti sanitari o a uso medico. Nel linguaggio comune è il lasciapassare(semaforo), e pertanto suggerisce che quel prodotto gode di controlli, di speciali permessi, dice “io sono sicuro”(es. prodotti biologici). Il verde scuro è associato comunemente ai soldi, il mondo finanziario, le operazioni bancarie. Al supermarket Un celebre esperimento condotto una volta in un supermercato fu questo: presero tutti i dentifrici posizionati su uno scaffale e li riordinarono seguendo l'ordine alfabetico. Dopo una settimana, il volume di vendita dei medesimi era diminuito quasi del dieci per cento. La sentenza era definitiva: il come erano disposti i dentifrici, prevaleva su tutto. Questione di occhio Facendo la media nazionale delle altezze degli occhi delle persone si stabilì l'angolo di maggior concentrazione della vista, fino a ricavare che l'altezza giusta dello scaffale è circa a un metro e trenta centimetri. Lo scaffale posto a quell'altezza, è il più appetito dalle grandi marche. Dalla grossa multinazionale a qualsiasi commerciante per aumentare le vendite si utilizzano strategie, come la madre di una mia amica, farmacista che mi rivela di non riempire mai con i prodotti cosmetici o para-sanitari gli espositori, così il cliente crede che qualcuno prima di lui abbia già comprato quella merce, e ritorna ancora il discorso sulla fiducia, nella marca, ma anche negli altri consumatori, perché sapere che tanti hanno fatto la tua scelta è molto rassicurante. In condizioni di luce normale la persona media batte le ciglia 32 volte al minuto. Quando, entrando in un negozio, la persona media si trasforma in consumatore, i battiti di ciglia diminuiscono fino a una media di 14 al minuto. Non sono solo le diverse condizioni di luce a determinare il nuovo ritmo. Dipende anche dalla motivazione che spinge all'acquisto: se compriamo per risparmiare, strizziamo gli occhi di più; se a motivarci è L'ostentazione sociale, di meno. Sempre il corpo ha bisogno di tempo per adattarsi al nuovo ambiente del negozio e rallentare le sue funzioni: in genere ci vogliono dai quattro agli otto metri; qualche passo in più se si e arrivati guidando; di meno se si camminava. Tutte ragioni per cui Paco Underhill, guru della Envirosell, multinazionale di ricerche di mercato americana, sostiene che è meglio non mettere niente di valore all'ingresso dei negozi: in quella che lui chiama "zona di decompressione" si vende meno. Il 30 per cento in meno, per essere esatti. Sostiene Underhill che lo stesso effetto si verifica quando una consumatrice sta esaminando un oggetto e qualcuno passa dietro di lei sfiorandola inavvertitamente. Lei, allora, abbandona l'acquisto potenziale e passa oltre. Sempre. "Fattore toccatina" lo definisce lui, che stavolta non ha percentuali. Ma non importa: centinaia di negozi americani hanno comunque già deciso di non mettere oggetti che richiedono lunghe osservazioni in corridoi stretti. Se il supermercato ha un proprio marchio, troverete i suoi prodotti di basso prezzo sempre alla sinistra di quelli della marca concorrente che invece spende molto in pubblicità: come succede quando si volta pagina, anche quando si compra gli occhi tendono a cercare il nuovo a sinistra. Allo stesso modo, quando in un supermercato il carrello viene spinto a curvare, il consumatore troverà la merce che in quel momento è in offerta speciale nell'angolo opposto, perché è sempre nella direzione opposta alla curva che si muovono gli occhi. Resta, invece, un mistero la ragione per cui le zuppe messe in ordine alfabetico vendono il 6 per cento in meno di quelle esposte alla rinfusa. Tanto sapere peraltro spesso non porta a nulla, come dimostra quello che in gergo viene chiamato il "paradosso del biscotto". Grazie al quale si scopre che per anni i biscotti hanno rappresentato per i supermercati vendite sicure: bastava piazzarli nello scaffale più basso, ad altezza del bambini, e lasciare che il loro potere di persuasione convincesse i genitori. Ma di recente è successo quello che nessuno scienziato dello shopping avrebbe mai ipotizzato: "I genitori con bambini hanno cominciato a evitare i corridoi dei biscotti“. Ci sono alcune verità assolute" spiega Underhill. Tra queste, quella che sostiene che dopo la zona di decompressione viene lo "spostamento a destra": fatti i dieci passi che portano ad acclimatarsi nel negozio, cioè, i consumatori tendono a curvare a destra di 45 gradi, probabilmente perché la maggior parte della gente scrive con la mano destra". Quello che a lui importa veramente non è spiegare le ragioni, ma convincere i negozianti che alla fine di quella curva ci deve essere merce appetibile. Merce che inviti ad addentrarsi nel negozio. Perché un'altra verità osservata da Underhill è che più ci si addentra più aumentano le probabilità di fare acquisti: per questo lui divide quasi sempre lo spazio in zone, dalla numero uno alla quattro, dove invita i negozianti a mettere i prodotti più rappresentativi. E se per caso vi chiedete perché all'improvviso nei negozi di abbigliamento al posto degli scaffali ci sono a tavoli è perché "Sui tavoli mangiamo: niente ci porta più vicino alla merce". Shopping list Quanti sono I consumatori che fanno la lista della spesa prima di andare al supermercato? Cosa contiene l'elenco e con quali criteri viene compilato? Uno studio realizzato da Envirosell Italia in sei punti di vendita situati a Milano, Roma e Napoli, appartenenti a una nota catena distributiva nazionale, offre indicazioni che possono contribuire a fare un po' di luce su questi interrogativi. • Il 58% dei clienti intervistati afferma di compilare la shopping list prima di recarsi nel punto di vendita. Di questi, il 23% lo fa sempre, l'8% solo in occasione della grande spesa settimanale e il 27% saltuariamente. L'abitudine è marcata soprattutto tra le persone con più di 30 anni (6 su 10), ma è ben radicata anche nella fascia di età inferiore (5,5 su 10). • Ma solo il 19% delle persone che compilano la shopping list acquista esclusivamente i prodotti previsti, mentre l'81% ne compra anche altri (26% qualche volta, 28% sempre, 27% spesso). • • • • L'analisi delle motivazioni che spingono a integrare lo shopping con articoli non previsti rivela che il 51% delle persone compie questi acquisti sostanzialmente perchè si ricorda di aver bisogno di una determinata referenza solo "dopo averla vista esposta". Nel 45% dei casi, invece, il prodotto finisce nel carrello, perché l'acquirente cede alla tentazione (curiosità, capriccio, attrazione ecc sono le variabili in gioco). Ovviamente non mancano le persone sensibili alla convenienza, che nel 23% dei casi scelgono prodotti che non sono segnati nella shopping list perché attratte da offerte speciali mentre il 7% dichiara apertamente di mettere nell'elenco solo alcune cose, e di integrare la spesa mano a mano che si inoltra tra i lineari del supermercato. E' interessante notare, che la coerenza con il progetto di spesa originario cresce gradualmente spostandosi da nord a sud (11% Milano, 23% Roma, 28 Napoli) e con il crescere del numero dei componenti familiari, mentre si riduce con l'innalzarsi dell'età. Arte e pubblicità Spesso i pubblicitari utilizzano citazioni artistiche al fine di coinvolgere una fascia di potenziali consumatori più ampia. La fetta di popolazione più colta infatti, spettatrice di uno spot in cui compaiono riferimenti attigui alla propria cultura o incontrati nel percorso di studi, viene richiamata all’attenzione e il messaggio di consumo arriva loro filtrato da apprezzamento verso quella pubblicità, giudicata magari intelligente o sopra la media delle concorrenti. Importante per i pubblicitari è non spingersi in terreni poco calpestati, ovvero non costruire uno spot citando opere e autori poco conosciuti o troppo elitari: l’effetto sarebbe controproducente. Il messaggio in questo modo arriverebbe ad un target colossalmente ridotto e si andrebbe ad ottenere un fallimento della campagna pubblicitaria. Jean-Auguste-Dominique Ingres, La Source, 1856, Paris, Musée d'Orsay Jean-Paul Goude, Coco. L'Espirit de Chanel, immagine pubblicitaria, Francia 1994 L’antico come testimonial Nell’immagine pubblicitaria per un marchio di prodotti ceramici, l’inserzione nella scena di un vaso greco con figura ‘animata’ assolve a molte funzioni: attrarre l’attenzione del pubblico, procurare al prodotto un ‘valore aggiunto’ di ricercatezza, nobilitare l’immagine del produttore grazie all’auctoritas del classico Riflessioni sulla bellezza Dal Narciso di Caravaggio, il mito della bellezza, del doppio e della vanità approda alle immagini pubblicitarie della discografia e della cosmetica. Copertina dell'album True Colors di Cyndi Lauper (U.S.A. 1986) Immagine pubblicitaria per una linea di cosmetici (Francia, 2002) Libertà, Fraternità e Uguaglianza di tariffa per tutti. Campagna pubblicitaria per una compagnia telefonica, Italia 2002 • Eugène Delacroix La Libertà guida il Popolo di Francia (1830) Auctoritas del modello Le opere di Michelangelo costituiscono un modello autorevole per il moderno linguaggio della pubblicità Michelangelo Buonarroti Pietà (1499) Immagine per griffe, francia 2001 Le critiche degli intellettuali verso il media televisivo Baudrillard “il sogno della merce” Jean Baudrillard scrive nel 1987 di una pubblicità che rappresenta il più potente mass medium della nostra epoca. VEDIAMO ORA LE SUE ARGOMENTAZIONI Pubblicità come: 1)MEDIUM AUTOMATIZZATO 2)SISTEMA AUTOREFERENZIALE 3)MANIFESTO DEL POTERE D’ ACQUISTO 1)La pubblicità parlando di un oggetto li glorifica tutti, rivolgendosi ad un consumatore mira in realtà alla massa. Ciascun annuncio, immagine, impone un consenso, quello di tutti gli individui chiamati a decifrarla e che permettono di rendere chiaro il messaggio di cui è portatrice. Essa non rinvia ad oggetti o mondi reali, ma deve trasportare da un segno ad un altro, da un oggetto all’ altro, da un consumatore all’altro. 2)La pubblicità punta sempre meno alla leggibilità dei suoi testi, scegliendo di attirare l’attenzione su se stessa. Esempio di questo fenomeno è stata la campagna pubblicitaria “Myriam” di “Avenir publicité” (agenzia pubblicitaria francese), dove cartellone dopo cartellone una ragazza si spogliava, e lo scopo, attirando l’attenzione era di pubblicizzare la pubblicità, non un prodotto. Il sociologo ci dice “la pubblicità ha ormai perso la sua funzione di specchio teso verso l’ economia, per diventare una forma schiava di se stessa. Si confonde con se stessa e oggi la reclame è diventata la sua propria merce. 3)L’ultima argomentazione di Baudrillard descrive una pubblicità che incarna il potere d’acquisto, reale o potenziale della società globale. Il prodotto si offre alla vista, al tatto, alla manipolazione. Jean Baudrillard parla di una vera e propria erotizzazione, non solo nell’uso esplicito di temi sessuali, ma nel fatto che l’acquisto, l’appropriazione pura è trasformata in una giostra, una scenografia scandita da i procedimenti che possono essere quelli di un tema d’amore: avances (spot), concorrenza, oscenità, flirt e prostituzione(io pago per avere) Baudrillard conclude : -”è immaginabile l’amore per una donna di cui si è sicuri che nessun uomo al mondo potrebbe desiderarla?” Se folle intere adulano una donna è possibile amarla senza conoscerla. È questo l’aspetto sempre presente e sempre nascosto della pubblicità; è normale nel nostro life style vivere i desideri in una dimensione collettiva, che la pubblicità tenta di rendere la dimensione sistematica del desiderio. Non ha fiducia nella spontaneità dei bisogni individuali, preferisce avere basi solide sul consenso di masse, per controllare e cristallizzare meglio le coscienze. “Di fronte all’ingenuità o alla sprovvedutezza di certi spettatori io stesso non vorrei dire certe cose. Quindi mi autocensuro. Ma a parte questo, è proprio il medium di massa in sé... nel momento in cui qualcuno ci ascolta nel video ha verso di me un rapporto da inferiore a superiore, che è un rapporto spaventosamente antidemocratico”. Pier Paolo Pasolini Il genocidio Pasolini nel 1973 in un articolo per il “corriere della sera” denuncia il compimento di un genocidio. Di chi?Da parte di chi? Il genocidio è dei vari modelli di vita a favore di quello piccolo-borghese, promosso e venduto dal potere. Un potere omologante, che schiaccia le diversità di estrazione culturale e rende (falsamente) equi e nevrotici nella posizione che l’individuo ha nella società. Pasolini analizza tre sottomodelli al modello dominante, che viene imposto all’individuo e in cui lui incoscientemente sgomita per entrare, e sono 1)l’ EDONISMO INTERCLASSISTA 2)La FALSA TOLLERANZA 3)l’ AFASIA L’edonismo è la felicità procurata dal raggiungimento del modello piccolo borghese a cui aspirano tutte l classi sociali. Soprattutto i giovani sono vittime di questa strumentalizzazione da parte del centro, che tramite la pubblicità e il monopolio dei mass media “suggerisce” loro il modo migliore di come abbigliarsi, pettinarsi i capelli, sorridere, agire, parlare, pensare. Le varietà sono guardate “razzisticamente”, se non sei anche falsamente un “figlio di papà” sei un out-sider. Per attuare il secondo protocollo, il potere ad un certo punto ha avuto bisogno di un nuovo tipo di suddito, che fosse innanzitutto un buon consumatore. Così il centro ha pensato di liberare la morale, di concedere un po’ di libertà in campo sessuale: esco di casa, ho la necessità di sedurre, allora compro, vado al cinema, a ballare, insomma l’economia gira con me! Parlando di afasia, l’intellettuale intende la perdita della capacità linguistica, l’impossibilità alla parola perché è venuto meno, si è stati privati, del codice. Ogni zona in Italia aveva, ci dice, un dialetto proprio, un colorito modo d’esprimersi, una lingua viva, spontanea e primitiva perché coniata da loro medesimi e in cui veniva contenuta tutta la storia di quel posto, le influenze culturali, le tracce di popoli invasori, le mescolanze etniche. Il modello imposto ora dalla classe dominante ha cristallizzato le genti. Le ha ammutolite. Si è caduti in una nevrosi, denuncia, in cui l’ inevitabile bivio si ha o parlando forzatamente una lingua finta, che non si conosce, parlando come libri stampati, o arrivando ad una completa afasia, “nel senso clinico della parola, incapaci di inventare metafore e movimenti linguistici”,si mugola, ci si danno spintoni o si sghignazza, conclude Pasolini. Grottesco più di prima concludo io, era molto più originale e vero, caratteristico e spontaneo vedere visi felici della loro condizione patriarcale contadina, dal vissuto difficile ma umile,dalle radici nobili non dal titolo, ma dalla tradizione. Mi è capitato di leggere una bella frase di Pasolini che può spiegare il mio pensiero: diceva che la stessa grazia che c’è nell’ignoranza è difficile da trovare persino ad un livello molto alto di cultura. Non stava promuovendo il non sapere, ma quanto sia brutale il scimmiottare la cultura, non quella dello studio, ma quella materiale, quella di chi si da tono e usa parole da Azzeccagarbugli per sottolineare lo stato piccolo borghese a cui appartiene. Colpevole… Pasolini fa un “j’accuse” alla televisione, strumento del potere, che ha reso possibile la distruzione di ogni cultura primitiva ed alternativa e omologando tutti alla stessa ambizione di stile di vita (perché comunque per molti della borgata è impossibile la realizzazione materiale del supremo modello). La tv è riuscita a compiere ”una centralizzazione che neppure il centralismo fascista aveva saputo fare”. Vi è stata da parte del potere una “rivoluzione del sistema d’informazione”, nella quale il centro ha potuto assimilare per intero il Paese. Ha compiuto una “omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza”, giovane uomo e giovane donna che avvalorano la vita attraverso il consumo, tramite il possesso e il consumismo di beni futili. La televisione ha la responsabilità principale in tutto questo, in quanto strumento del potere e potere stesso. “Centro elaboratore di messaggi e luogo dove si fa concreta una mentalità che non si saprebbe dove collocare”, uno stile di vita irreale e creato a tavolino da abili strateghi viene proposto con l’inganno allo spettatore come reale, e in un modo così affabile che pare indispensabile imitarlo. Semiotica dei capelli Nell’articolo del gennaio del 1973 Pasolini racconta le riflessioni scaturite in lui dopo l’incontro a distanza di due “capelloni”. Egli introduce il termine semiotica, ovvero un segno che rimanda a qualcosa, ad un significato. Il linguaggio muto dei loro capelli esprimeva cose di sinistra. Poco dopo i capelli lunghi vennero adottati anche dalla destra. “La sottocultura al potere ha assorbito la sottocultura all’opposizione”, ha fatto di un segno, abilmente una moda. “Ora così i capelli lunghi dicono nel loro inarticolato e ossesso linguaggio dei segni non verbali, nella loro teppistica iconicità, le cose della televisione o delle réclames dei prodotti, dove ormai è inconcepibile vedere un giovane senza capelli lunghi. Conclude dicendo che è giunto il momento che i giovani si accorgano di questa strumentalizzazione, e si liberino definitivamente da questa ansia colpevole di attenersi all’ordine degradante dell’ orda. A supermarket in California Allen Ginsberg wrote this poem in 1955. The poet wonders about the destiny of America, that have lost all old values of freedom and choise . In his verses he represents the reaction to the consumism and the omologation. Allen and all Beat Generation’s poets in general, are against the conformism, the false values and the alienation, tipical of the sixty’s. The poem analized is setting in a supermarket, new church, temple of the consumism. With sad-irony he contemplates goods exposed like in a show: ”what peaches and penumbras! whole families shopping at night. Aisles full of of husbands! Wives in the avocados, baby in the tomatoes…” He draws icons of the consumism near question and affermation that permises to understand his solitude, his sufference in front of this apocalyptical human condition. “…who killed the pork chops? What prices banana?Are you my angel? “I wandered in and out the brilliant stacks of cans following you, and followed in my imagination by the store detective”. Ginsberg uses the “I” to represents a collective voice, to walk through dreaming landscapes, in a sort of travelling mind along the supermarket’s aisles. In every stanza we recognize the out sider position of the poet in the society, his incapacity to express him self and his ideas in a country reigned by mass-media. “…possessing every frozen delicacy, and never passing the cashier.” In this stanza he imagines a libidinousness dictated by the ownership. His poetry is characterised by a spontaneous and colloquial language, suitable to be read aloud. He rejected the conventional metre and adopted free verse. Bibliografia -Didattica della comunicazione visiva di Walter Moro. La Nuova Italia 1985 -La scatola parlante di Gianpaolo Caprettini. Editori Riuniti 1996 -Parlare per tutti di Mauro Doglio. Ed. Lupetti 2004 -Scritti corsari di Pier Paolo Pasolini. Ed -L’inganno quotidiano a cura di Stella Acerno. Ed. Fratelli Frilli 2004 -I nuovi strumenti del comunicare di Bettetini, Garassini, Gasparini, Vitadini. ED. Bompiani 2001 -Istruzioni per l’uso del televisore di Lastrego, Testa. Ed: Einaudi 1990 -Guardare intorno di Marco Dallari. La Nuova Italia 1986 -La comunicazione filmica di Lucia Lumbelli. La Nuova Italia 1974 -Il sogno della merce di Baudrillard. Ed. Lupetti 1987 -”Supermarket in California” di Allen Ginsberg, tratto da manuale di letteratura inglese -Lezioni Università IULM sulla pubblicità -Immagini di campagne pubblicitarie (web e periodici) -Archivio Envirosell (web)