LA RETORICA OGGI La società odierna è una società della comunicazione e, in quanto tale, ha riscoperto il valore della retorica, sia nella sua originaria funzione orale che nella nuova dimensione multimediale. La retorica torna dunque a essere una scienza e una tecnica fondamentale in vari ambiti; in questa sede la nostra attenzione si concentrerà sui seguenti: •Rapporto tra retorica e pubblicita’ •Retorica come arte della persuasione nel discorso politico veicolato dai mezzi di comunicazione di massa (vd. Anche la retorica bellica); •Retorica come arte dell’argomentazione e della promozione di sé e delle proprie idee in pubblica (arte del ben parlare) Rapporto tra retorica e pubblicita’ La pubblicità oggi ha ereditato gli strumenti tecnici tipici dell’arte della persuasione (teknh ths peiqous), infatti proprio attraverso la pubblicità si esercita quella funzione conativa che è l’anima del commercio. Il vero scopo del breve messaggio pubblicitario non è la dimostrazione di una verità assoluta ma di quella relativa del venditore del prodotto. Dal mondo greco ad oggi, a causa soprattutto dell’influsso negativo apportato dal relativismo protagoreo e dalla conseguente idea che la “verità” sia sempre posseduta da chi dispone delle argomentazioni più forti, la retorica ha finito per coincidere – più o meno apertamente – anche con l’inganno del più debole e dell’ignorante. ARTICOLO DI LINDA SCOTTI SUWWW.COMUNICOBENE.IT Pubblicità e cervello Colpire al cuore il consumatore è il sogno proibito ed esplicito di chi, per mestiere, fa di tutto per convincere all'acquisto di una mercanzia. Un colpo ben assestato, e si cade nella rete della tentazione e della fedeltà: siamo, per incanto, prede e destinatari privilegiati del messaggio pubblicitario. La "magia" della relazione che lega la marca al suo consumatore nasce tutt'altro che dal caso. E' frutto del lavoro e della tecnica che, con l'aiuto di una buona stella creativa, riescono nell'intento di condurre per mano alla decisione d'acquisto. A proposito di quanto sia facile o difficile - ma possibile - conquistare la fiducia e l'assiduità del pubblico, è stato scritto di tutto e ci sono testi specialistici a cui potete rivolgere la vostra attenzione per approfondire meglio la materia in questione. In questo spazio, mi propongo un obiettivo ben più modesto: far luce con un fiammifero sui lacci di comunicazione che legano il nostro cervello ai prodotti di consumo. In altre pagine di Comunicobene, ho insistito spesso sul ruolo centrale del cervello e dei sensi come vettori e filtri delle esperienze di percezione. Conoscere le persone e le cose del mondo richiede un passaggio obbligato attraverso i canali sensoriali, che viene prima di qualsivoglia riflessione o analisi. Il "dazio" dovuto ai sensi è un momento che porta già con sé un punto di vista. Il nostro personale modo di organizzare quello che sappiamo si basa, innanzitutto, sui "sassolini" percettivi che forniscono le informazioni indispensabili per costruire idee e pensieri sulla realtà. Pensare e mettere in opera creativa una campagna pubblicitaria significa, anche, tenere conto dei modi percettivi dei destinatari della nostra comunicazione. Quando l'obiettivo di un messaggio contiene persone del tutto diverse fra loro, come accade per la comunicazione di massa, sarà meno facile catturare e sedurre tutti con la stessa efficacia. Detto questo, il margine di errore si riduce di molto se si tengono presente alcune indicazioni generali che, almeno, garantiscono la massima aderenza possibile alla natura "fisica" del prodotto. Creare una strategia creativa significa, tra le altre cose, dare corpo e spessore alla natura del prodotto. La fisicità di un gelato o di un paio di scarpe, ad esempio, si esprime in modo molto diverso e getta richiami sensoriali ad aree distinte del cervello. I canali sensoriali che conosciamo sono riconducibili, secondo la Programmazione NeuroLinguistica, a tre macro distinzioni del comportamento: tipo Visivo, tipo Cinestesico (o Cenestesico) e tipo Auditivo. Il messaggio pubblicitario è indirizzato a tutti e, per questo, deve condensare quanti più appigli sensoriali possibili. Ci sono alcuni media che, per loro natura, facilitano al massimo la sollecitazione dei nostri sensi. E' il caso della televisione, del cinema e del multimedia in genere, che combinano parole, suoni, immagini, musica e voci. C'è ancora qualcuno che sogna di poter inviare stimoli anche cenestesici, come profumi ed aromi associati alla rappresentazione di un prodotto. Qualche piccolo esperimento in questa direzione è stato fatto sulla carta stampata, con gocce di profumo sparse accanto all'immagine pubblicitaria. Quando si raggiunge un coinvolgimento sensoriale che tocca tutti i recettori percettivi, allora l'efficacia del messaggio vede finalmente il suo compimento. A questo proposito, c'è un altro aspetto importante da tener presente. Prodotti e servizi, talvolta, fanno coppia perfetta con alcune chiavi d'accesso ai nostri sensi. E' il caso, semplice semplice, degli alimentari. Solleticare il canale cenestesico è d'obbligo quando di parla di cibo. Parole come gusto, sapore, aroma, profumo, dolcezza sono d'uso molto frequente in relazione a "prosciutti e caramelle" e, in questi casi, sono messe proprio al posto giusto. Altro genere di prodotto, invece, fa incontri più felici con il canale visivo. Buoni esponenti di questa categoria sono gli orologi, l'abbigliamento e le automobili. La scelta degli accoppiamenti più riusciti tocca alla nostra sensibilità e alla nostra intelligenza. La creatività, poi, saprà fare il resto. Ascolta la tua sete, Sprite! Colore chiaro, gusto pulito; è Glen Grant. Con la forza del gigante il pulito è più brillante. Morositas, morbida la vita. Muller. Fai l'amore con il sapore. Olio Cuore. Mangiar bene per sentirsi in forma. Amaro Montenegro. Sapore vero. Tonno Rio Mare. È così tenero che si taglia con un grissino. Amaro Averna. Il gusto pieno della vita. Maggi. Cuore del sapore. La musica raccomanda Kenwood. Chiara, fresca, Sprite. Cornetto Algida. Cuore di panna. Caffè Splendid, il piacerespresso. Io ce l'ho profumato. Il metano ti dà una mano. Scottex. Il posto più morbido dove mettere il naso. Al Gran Sole. Dove splende il sole, sorride la spesa. Il caffè è un piacere, se non è buono che piacere è? DOCUMENTO TRATTO DA www.unipv.it/wwwscpol/studenti/psicologiasociale Definizione della pubblicità da parte di U. Eco: “Il discorso pubblicitario riesce a convincere solo là dove gioca su sistemi di attese (opinioni, propensioni emotive,stereotipi ideologici e di gusto) già assestati. In altri termini il discorso pubblicitario riesce a convincere l’utente solo di cià che esso conosce (crede o desidera già”). Inoltre, l’obiettivo di un messaggio commerciale non è quello di creare dimostrazioni logiche incontrovertibili, ma di conquistare il consenso del target a cui si rivolge e motivarlo all’acquisto di un prodotto. Ciò dipende non tanto dal significato denotativo (letterale) di un termine, ma connotativo, ovvero del significato ‘ulteriore’ del termine (allusivo, evocativo, affettivo).Le persone acquistano il prodotto non tanto per le sue caratteristiche tecniche, quanto per la suggestione emotiva racchiusa in esso (aspetto connotativo del messaggio) che desiderano sia riprodotta nella loro esistenza. Non esiste un lessico della lingua pubblicitaria. Il rapporto tra linguaggio pubblicitario e lingua italiana è duplice. Da un lato il primo sfrutta e accentua le possibilità espressive dell’italiano contemporaneo, dall’altra parte, tendendo a creare la parola-merce, favorisce quel fenomeno di anemia della lingua definito ‘reificazione o mercificazione linguistica’. Il linguaggio pubblicitario si presenta così come un sistema di produzione linguistica sempre in fermento (gli slogan pubblicitari sono assorbiti nel linguaggio comune). Infine, il linguaggio pubblicitario svolge il suo compito non quando fornisce il massimo di informazioni ma quando procura il massimo di sorpresa nello spettatore. COME FUNZIONA LA LINGUA DELLA PUBBLICITÀ Il linguaggio pubblicitario non è un linguaggio autonomo, ma un sotto-codice all’interno del sistema della lingua italiana. Per questo è possibile applicare a essa la classificazione delle funzioni dei segni linguistici (Jacobson, 1956) per determinare quale tra esse sia la principale nella comunicazione persuasiva pubblicitaria. 1) Funzione denotativa o referenziale (illustra le doti del prodotto) 2) Funziona fàtica o di contatto (il prodotto è evocato da una sensazione o da un’immagine) 3) Funzione conativa o imperativa (spinge direttamente l’acquisto del prodotto) 4) Funzione metalinguistica (si rivolge al prodotto stesso in maniera autoreferenziale) 5) Funzione emotiva o espressiva (si prefigge di evocare, piuttosto che di informare) 6) Funzione estetica o poetica (lo slogan è espresso in rima o in modo accattivante) La funzione conativa è dominante. Tuttavia tutte queste funzioni si sovrappongono tra loro. TRUCCHI, STRATEGIE E TATTICHE DI UN FANTALINGUAGGIO Nel linguaggio della pubblicità si deve perseguire il più alto libello di intensità espressiva e di suggestione psicologica. A tal fine si ricorre a un vero e proprio ‘fantalinguaggio’, in quanto esso travalica e forza al massimo le possibilità formali della lingua stessa. Ecco alcuni meccanismi che regolano la creazione del linguaggio pubblicitario. – Avventure di parole (il neologismo, ad esempio ‘Mangiabevi’). – Un ‘super’ non si nega a nessuno (il suffisso per eccellenza del linguaggio pubblicitario è certamente ‘super’). – La nostalgia dei bei tempi lontani (nostalgia di un passato ideale, illusorio, memoriale). – L’ha detto il dottore (la scientificità dei prodotti suggerita da persone che sono scienziati solo perché indossano il camice). – Straniero è meglio (molto spesso il messaggio o la marca sono scritti in lingue diverse dall’italiano). LEGAMI TRA IL DISCORSO RETORICO E IL DISCORSO PUBBLICITARIO: •strutturano le argomentazioni razionali con exempla e si occupano di un ambito oggettuale; •si rivolgono all’uomo nella sua interezza (assenso razionale e consenso emotivo); •determinano nel destinatario una disposizione della volontà a compiere una certa azione. PROBLEMI DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA IN RELAZIONE ALLA RETORICA: •equilibrio tra razionalità e emotività a causa dell’ interazione continua tra le due sfere; •perdita di referenzialità del linguaggio pubblicitario; •contesto pubblicitario: influisce sulla struttura del messaggio, rapido e conciso, e tende ad assolutizzare l’elemento emotivo; il disordine della comunicazione televisiva può provocare una perdita di efficacia del messaggio. L’USO DELLE FIGURE RETORICHE L’utilizzo di precise figure retoriche, codificate all’interno del sistema ideologico condiviso, è una pratica comune al linguaggio retorico e a quello pubblicitario.Si distinguono in: •figure morfologiche: Strumenti retorici espressivi e poetici in grado d i produrre coerenza e gradevolezza fonica. Rima : identità di suono delle ultime sillabe (dopo l’accento tonico) di due o più parole collocate alla fine dei versi (Bonelle, altro che caramelle). Allitterazione: ripetizione di una o più consonanti in uno stesso enunciato (Amaro Lucano. Voglio il meglio). Paronomasia: è una particolare ripetizione dove, mediante un gioco formale offerto da un minimo mutamento di parte della parola, si ottiene un mutamento sorpren dente di significato (o così, o Pomì). figure sintattiche: figure che incidono sulla struttura della frase, provocando variazioni nell’interpretazione dei significati. Chiasmo: consiste nel disporre in ordine incrociato gli elementi di due enunciati paralleli Asti Spumante. Un mondo unico, unico al mondo •figure semantiche: sono le figure più usate in campo pubblicitario e hanno un ampio impiego soprattutto dal punto di vista visivo. Definizione: figura retorica particolarmente chiarificante, che presenta il senso del messaggio (Rosa del deserto. Oasi di bontà) Per spingere il consumatore a comprare il prodotto si usano dei persuasori occulti che, secondo lo studioso Packard, sono 8: 1. sicurezza emotiva 2. stima e considerazione 3. esigenze dell’Ego 4. impulsi creativi 5. speculazione sull’affetto 6. senso di potenza; 7. legami familiari 8. bisogno di immortalità.