I giochi dell’area grecanica Esperienze illustrate Laboratorio coordinato dalle insegnanti Maria Carmela Cannizzaro e Antonietta La Torre I Greci assegnavano ai giochi dei fanciulli e quindi ai giocattoli un grande valore educativo e anche religioso ciò spiega che molti giocattoli siano veri e capolavori da artisti celebri. Numerosi scrittori e poeti scrissero: Croati scrisse una commedia purtroppo di cui conosciamo solo il titolo Paidai che significa giochi infantili. Durante le feste antesterie,che duravano tre giorni i bambini venivano decorati con ghirlande che ricevevano in dono dai genitori. Venivano usati come giochi anche i poppatoi che dovevano, oltre che attirare l’attenzione mediante forme avvincenti ( spesso animali soprattutto cagnolini o maialini) anche con colori vivaci e con il rumore che, terminata la poppata gli stessi facevano: infatti, si inseriva al loro interno una pallina o un sassolino. Oggi si usano invece sofisticati sonaglini che hanno lo stesso scopo. Uno dei giocatori detto pentola o marmitta sedeva in mezzo ai compagni che lo colpivano sulla schiena o sul capo girando intorno a lui finché non riusciva voltandosi, ad individuare l’autore del capo, che, a sua volta doveva fare da pentola ed il gioco si ripeteva. Adriana Le più antiche provengono dalla Beozia e risalgono alla terza metà del VIII° secolo a.C. Il loro corpo è a forma di campana, frequentemente decorata con disegni geometrici accompagnati da figurazioni di animali ( spesso pesci e uccelli ). Gli artigiani costruttori di bambole in argilla erano chiamati coroplasti. La creta era un materiale frequentemente usato perché poco costoso, facilmente reperibile e che poteva essere decorato o dipinto in modo di rendere l’oggetto più realistico e attraente. La testa delle bambole era spesso ornata da una corona, da un diadema e da ghirlande. Quelle più perfezionate avevano gambe e braccia snodabili, grazie a perni o fili di ferro passanti attraverso fori praticati negli arti. La ricerca di maggior realismo indusse gli artigiani ad usare anche il legno, l’ osso e l’avario, a perfezionare il movimento snodando anche gomiti e ginocchia. Si possono distinguere due tipologie che fanno pensare a queste bambole come uscite da manifatture in serie. Le prime sono caratterizzate da capelli trattenuti da un altro copricapo detto “Kolathos” indossano un chitone, tunichetta lunga fino ai fianchi, dove un perno passante permette la mobilità delle gambe. Le seconde raffigurano smilze giovanette con capelli liberamente acconciati con un nastro; si differenziano per le giunture delle gambe, spostate più in basso verso il ginocchio, sempre rese possibili dall’ impiego di perni metallici o fili passanti. Tali venivano vendute nei mercati. Valentina. D. E’il gioco moderno simile alla kutrinda. Un giocatore con una mano nasconde gli occhi e l’altra la ripone sotto l’ascella rivolto verso i compagni. Uno di loro dà uno schiaffo di nascosto al giocatore che deve indovinare chi era e se indoviduato prende posto del compagno e il gioco si ripeteva. Maria Sandrina Per gli archeologi i rocchetti sono tra i giocattoli più preziosi perché celebri vasai come i pittori Pistoxenos e Pentesilea li decorano con scene mitologiche ispirate alla vita quotidiana. I rocchetti erano composti da due dischi piatti uniti al centro da un piccolo ponte cilindrico. Fissato un filo al ponte e arrotolato tutt’intorno, occorreva, trattenendo un’estremità, lasciarlo svolgere tutto ma, un attimo prima del termine della corsa, dando un abile colpo, riavvolgere lo spago al ponte, in senso opposto facendolo risalire verso l’alto. Anche ai giorni nostri, di tanto in tanto il gioco torna di moda per poco tempo, poi scompare. I nostri rocchetti o yo-yo sono colorati ma non decorati. Era un gioco di resistenza in cui occorreva stare immobile nonostante le spinte ricevute dai compagni . Questo gioco serviva per rafforzare il fisico; infatti i Greci erano famosi per la cura del proprio corpo. Era un gioco molto popolare che consisteva nel ballare con un piede solo su un otre fatto di pelle di caprone unto e pieno di vino. Chi stava in piedi per più tempo vinceva l’otre. Esisteva presso i greci il gioco dell’”Ippos” (a cavalluccio). Un ragazzo o una ragazza stava a cavalluccio sulle spalle di un compagno che era bendato ed aveva il compito di guidarlo indirizzandolo verso una pietra da colpire. Anche oggi si pratica questo gioco con diverse varianti. Orazio ci parla del gioco del cerchio presso i greci. Non c'è pervenuto alcun esemplare di cerchio, ma secondo un'antica norma i cerchi dovevano arrivare all'altezza dei fianchi dei fanciulli. Normalmente erano di bronzo o di legno, ma quelli più economici non erano altro che cerchioni di una ruota di carro poiché per i bambini il gioco è tanto più bello quanto più è rumoroso; a tal proposito si pensò di inserire nel cerchio più grande altri cerchietti metallici più piccoli che, allorchè il cerchio girava, urtassero tra loro ed anche sul selciato producendo un rumore assordante. I bambini avevano questi cerchi che facevano girare con un legnetto a due punte e lo spingeva in avanti. Il gioco era competitivo, chi andava più lontano senza far cadere il cerchio vinceva. Per fare questo gioco ci si ripartiva in due gruppi divisi da una linea tracciata sul terreno: una squadrasi posizionava dalla parte in cui sorgeva il sole e l’altra dalla parte opposta. Uno di loro lanciava un coccio o una conchiglia tinti di nero da una parte (detta nux) che rappresentava la notte e dall’altra di bianco (detta emera) che rappresentava il giorno gridando:- Giorno oppure notte. Se il coccio cadeva dalla parte bianca l’altra squadra inseguiva gli avversari che non dovevano farsi prendere. Chi veniva preso veniva oltraggiato dai suoi stessi compagni. Marco Il gioco che facciamo oggigiorno noi bambini che è simile al coccio è “Ghiaccio e sole”. I bambini si dividono in due squadre: una rappresenta il ghiaccio, l’altra il sole. Dopo aver contato fino a tre, i bambini che rappresentano il sole rincorrono e cercano di acchiappare i bambini che rappresentano il ghiaccio che, una volta acchiappati, devono fermarsi sperando che qualche compagno riesca a toccarlo per liberarlo. Francesco Il girotondo è un gioco per i più piccini e consiste nel mettere le mani del bimbo in quelle della propria madre per farsi roteare vorticosamente. È un gioco che anche oggi si fa anche se i pediatri lo considerano piuttosto pericoloso per gli strappi muscolari che si possono provocare ai bambini. Come si mettevano le ruote agli animali giocattolo, così esistevano i veri carrettini a una, due, tre o quattro ruote. I più diffusi erano formati da una semplice asta alla quale venivano fissate due ruote. Questo genere di carrettino è chiaramente illustrato in una pittura vascolare proveniente dalla Magna Grecia in cui è raffigurato Eros con la madre Afrodite. Tra i carrettini ce n’è uno molto elementare che i ragazzi riuscivano a fabbricare da soli utilizzando un bastone con una delle due estremità a forma di forcella alla quale veniva fissata una sola ruota. Questo gioco non consisteva solo nel portarsi in giro il carrettino, ma facevano delle gare di carrettino. Questo gioco i greci lo chiamavano amaxis. I bambini dell’antica Grecia si divertivano anche a caricare e a trasportare sui carrettini un grossi grappoli d’uva. Qualche padre, abile artigiano, fu in grado di costruire, per il trastullo dei propri figli, veri e propri modellini molto simili a quelli utilizzati dagli aurighi per le corse circensi. Questi giochi venivano fatti durante i banchetti. Tra i giocatori veniva eletto un re o una regina e doveva fare dei gesti che tutti dovevano imitare. Al primo che sbagliava venivano inflitte pene severissime tra cui danzare nudo e imprecare contro se stesso. Una variante di questo gioco si fa anche oggi e si chiama “Alle belle statuine” chi sbaglia paga pegno in modo simpatico non come a quei tempi.