Link utili Perché Perez?… Cenni storici.. Itinerari Gastronomia Morfologia del territorio Erbe Officinali Ambiente naturale A Genova Che ne dite di camminare con noi “sulle orme di… Perez”? Abbiamo preparato per voi un itinerario che non lascia spazio alla noia, in cui ogni tappa è un salto nel ‘600 “a braccetto con il marchese”. Qual modo migliore per iniziare questo viaggio se non dal suo antico palazzo? Al suo interno una simpatica sorpresa vi farà immedesimare nel suo mondo e dare inizio ad un percorso storico all’insegna dell’entusiasmo. In questa esperienza non mancherete di assaporare specialità tipiche preparate secondo l’antica tradizione e sentire l’atmosfera di un tempo, passeggiando per il borgo antico. Potrete avventurarvi in piacevoli escursioni attraverso l’oasi LIPU dove specie animali e vegetali protette attendono solo di essere scoperte. Se la passione per la storia e la curiosità vi spingono a raggiungerci, non vi pentirete della vostra scelta e scriveremo insieme le pagine di questo viaggio nel passato. Sarete voi i protagonisti! Laterza is waiting for you! Antonio Perez Navarrete era un celebre studioso di origini spagnole, che soggiornò molti anni a Bologna come titolare della cattedra di diritto canonico presso il collegio di San Clemente degli Spagnoli. La sua fama lo portò ben presto ad assumere il ruolo di rettore delle tre università cittadine, carica che, data la portata e il prestigio dell’ufficio, lo spinse ad accesi contrasti con il locale e per altro potente Delegato Pontificio. Per questi motivi Perez Navarrete abbandonò Bologna trovando rifugio presso il Regno di Napoli, dove trovò nuova gloria distinguendosi per una rapida e brillante carriera nell’ambito della legislatura e come scrittore di opere giuridiche, storiche e politiche. Proprio per la sua fuga al Sud lo lega alla Puglia, da lui poi molto amata. Il suo rapporto con il territorio di Laterza ha inizio nel lontano 1635, quando si sposò con Donna Popa (diminutivo di Ippolita) Alberini D’Azia, divenuta da poco ottava marchesa di Laterza prendendo il posto del cugino marchese Giovan Battista III D’Azia che, per motivi imprecisati, aveva rigettato il feudo. Seguendo la formula del “maritali nomine”, Perez Navarrete, in quanto congiunto e marito di Donna Ippolita, assunse anch’esso il nominativo di marchese. Un marchesato illustre che i Perez Navarrete, attraverso i discendenti mantennero sino al 1809 quando Giuseppe Napoleone dichiarò decaduta la feudalità. La personalità del Navarrete fu però tale da lasciare ampie testimonianze del suo passaggio proprio in quei territori (Laterza, Ginosa, Castellaneta, Matera, Policoro, Metaponto e Taranto) che sono oggetto del presente progetto che ha il merito di far riscoprire usi, costumi, folclore, elementi paesaggistici e naturalistici di un territorio degno di un’attenta riscoperta turistica e culturale Ore 8,45: arrivo a Laterza, accoglienza presso la sede comunale. Ore 9: visita del Palazzo Marchesale, breve rappresentazione in costume del Seicento sulla storia del marchese Perez Navarrete. Colazione offerta dal Consorzio Panificatori. Ore 10,30: visita del borgo antico(Chiesa Matrice, Purgatorio con l’esposizione di manufatti in ceramica laertina, fontana medioevale, antica farmacia e fornace). Ore 12,30: pranzo in locale tipico. Ore 14,30: visita alla Cantina Spagnola e al Santuario Mater Domini, Museo della Civiltà Contadina. Ore 15,30: visita panoramica della Gravina di Laterza(Oasi LIPU). Ore 17,30:visita di botteghe tipiche artigianali per eventuali acquisti. Ore20: rientro. Quota individuale di partecipazione : itinerario di un giorno:€25 a testa. Prima giornata VISITA DI LATERZA A partire dalle ore 8,45 alle 17,30 il programma è lo stesso dell’itinerario di un giorno. Ore 20: cena in un pub e serata libera. Seconda giornata VISITA DI CASTELLANETA, MARINA DI GINOSA E GINOSA Ore 9: raduno al piazzale AGIP di Castellaneta. Visita del centro storico: Chiesa di San Domenico, ex Monastero di Santa Chiara, Museo Valentino, Cattedrale di San Nicola, Palazzo Catalano. Ore 12,30: pranzo presso l’Istituto alberghiero di “M. Perrone”. Ore 14: partenza per Marina di Ginosa. Ore 14,30: arrivo alla foce del fiume Galaso, visita di Torre Mattone, sosta al lago Salinella, passeggiata sulla spiaggia. Ore 16,30: partenza per Ginosa. Ore 17: arrivo a Ginosa e visita del centro storico(Piazza Vecchia, via Chiesa Matrice, Chiesa Matrice, Castello, visita panoramica della Gravina “La Rivolta” scenario della famosa “Passio Cristi”, Piazza Orologio, e palazzi signorili). Ore 20: cena presso locale tipico(macelleria di Laterza) Terza giornata VISITA DI MATERA Ore 9: arrivo a Matera(parcheggio Via Lucana), visita dei Sassi, patrimonio dell’ Unisco. Partenza da Piazza San Pietro Caveoso, passeggiata nelle strade del Sasso Caveoso, Convicinio di S. Antonio, chiese rupestri, Duomo, centro di Matera. Ore13: pranzo. Ore 15: pomeriggio libero. Ore 19: rientro a Laterza e partenza. Quota individuale di partecipazione: itinerario di tre giorni: costo totale €150(comprende: sistemazione in hotel convenzionato, camera doppia con trattamento di bad & breakfast, pranzi e cene come da programma, ingresso all’Oasi Lipu, alle chiese rupestri e al Museo della Civiltà Contadina, guida esclusa). Prima giornata VISITA DI LATERZA A partire dalle ore 8,45 alle 17,30 il programma è lo stesso dell’itinerario di un giorno. Ore 20: cena. Seconda giornata VISITA DI CASTELLANETA, MARINA DI GINOSA E GINOSA Quarta giornata/2° proposta VISITA A MARTINA FRANCA E ALBEROBELLO Ore 9: partenza per Martina Franca e Alberobello,visita della città e della Valle d’Itria Ore 13: colazione al sacco Ore 14: partenza per Alberobello e visita della città con le tipiche costruzioni coniche Ore 20: cena in locale tipico e rientro in albergo Quinta giornata A partire dalle ore 9 alle ore 17 il programma è lo stesso dell’itinerario di tre giorni. VISITA DI POLICORO E METAPONTO Ore 20: cena presso locale tipico(macelleria Laterza). Ore 9,30: arrivo a Policoro.Visita al Museo della Siritide. Terza giornata Ore11,30: visita al Monastero di S.Maria D’Anglona VISITA DI MATERA Ore 13: pranzo presso il Circolo Velico A partire dalle ore 9 alle 19(rientro a Laterza), il programma è lo stesso dell’itinerario di tre giorni. Ore 14,30: visita a Bosco Pantano Quarta giornata/1° proposta INTERA GIORNATA AL PARCO GIOCHI FELIFONTE Ore 9: partenza per il Parco(ingresso €16,30) Ore 13: colazione al sacco Ore 20: rientro a cena in locale tipico Quarta giornata/2° proposta VISITA A MARTINA FRANCA E ALBEROBELLO Ore 9: partenza per Martina Franca e Alberobello,visita della città e della Valle d’Itria Ore 13: colazione al sacco Ore 14: partenza per Alberobello e visita della città con le tipiche costruzioni coniche Ore 20: cena in locale tipico e rientro in albergo Ore 16: partenza per Metaponto Ore 16,30: sosta al sito Archeologico e alle Tavole Palatine Ore 18: rientro a Laterza Ore 20: cena in albergo Ore 22: serata in discoteca (costo 10 €), rientro in albergo Sesta giornata VISITA DI TARANTO Ore 9: arrivo a Taranto,visita del Museo Nazionale Ore 11,30: mini crociera a bordo della nave Clodia (optional) Ore 13,30: pranzo a bordo o in locale tipico Ore 15,30: visita del borgo antico, Chiesa di S. Domenico e di S. Cataldo Ore 16,30: castello Aragonese, ponte girevole Ore18: Lungo mare e Via d’Aquino (centro della città) Ore20: partenza. Quota individuale di partecipazione: costo totale € 300(comprende: sistemazione in hotel convenzionato, camera doppia con trattamento di bed & breakfast, pranzi e cene come da programma, guida esclusa). Per informazioni contattare tour operator Zainetto Verde-tel.050530707 oppure Liceo scientifico “G.B. Vico” Laterza 0998216271. Orecchiette pugliesi Ingredienti: 400 gr. di semola rimacinata di grano duro \1 dl di acqua tiepida sale Preparazione Versate sulla spianatoia la semola con un pizzico di sale, fate una conca e unite l'acqua tiepida necessaria per impastare; lavorate la pasta per una decina di minuti fino a quando all'interno si saranno formate delle bollicine: si dovrà ottenere una pasta piuttosto soda e liscia; copritela con un panno umido e staccate un pezzetto di pasta e arrotolatelo sulla spianatoia infarinata fino a ottenere un cilindretto dello spessore di una matita; tagliatelo a pezzetti lunghi un centimetro. Con la punta arrotondata di un coltello " strascinate " ogni pezzetto sulla spianatoia in modo che la pasta, curvandosi, diventi simile a una conchiglietta. Appoggiate ogni conchiglietta sulla punta del dito pollice e rovesciarla all'indietro aiutandosi, se necessario, con la lama di un coltello. Il risultato finale saranno delle orecchiette che andrete a sistemare una accanto all'altra su di un telo o sulla stessa spianatoia. Proseguite allo stesso modo fino ad aver esaurito tutta la pasta. Vi consiglio di prepararli la sera prima e di lasciarli asciugare. Pettole Ingredienti: 1 Kg. di farina 1 cubetto di lievito di birra olio sale (q.b.) Preparazione Si mescoli e si impasti la farina con una mano fin quando si ottiene un impasto morbido privo di grumi ed abbastanza "gonfio". Si copra il recipiente e lo si adagi in un posto abbastanza caldo, (che non sia forno) per almeno tre ore, affinché avvenga la lievitazione in modo che il volume aumenti almeno per tre volte (cosa da tener presente per la scelta del recipiente). Dopo la lievitazione le pittule sono pronte per essere fritte. Praticamente si fa riscaldare dell'abbondante olio in una pentola, quando e abbastanza fumante, con l'aiuto di un cucchiaio da cucina si versano delle palline grosse quanto noci, che cuocendo, si gonfiano. Le "pittule" sono tipiche del Salento soprattutto nel periodo che va da S. Martino 11 Novembre sino all'Epifania. Si servono calde e croccanti. MARRO ZAMPITTI L'inclinazione a conservare la Chiamato anche cazzmar, è un classico della cucina particolarità dei sapori è dimostrata meridionale, uno straordinario rustico cibo fatto di dalla sopravvivenza di prodotti frattaglie d'agnello (o di capretto) avvolte nella rete dello stesso animale e legate con budelline: il tutto viene condito dall'origine lontana come gli zampitti, salsicce lunghe ed esili che si fanno con uova sode, mortadella a cubetti e pecorino fresco con la carne e gli scarti di macelleria grattugiato. di diversi animali: maiale, vitello e È una ricca pietanza popolare, cucinata generalmente in forno in una teglia con acqua, oppure su un fondo di strutto agnello. Oltre al sale e al peperoncino, o burro con rosmarino e altri aromi e un contorno di patate. questi salumi vengono spesso arricchiti da pecorino grattugiato. Si serve tagliato a fette. Gli zampitti si mangiano solitamente GNUMERIDDE arrostiti sulla graticola o cucinati in umido. Nella prima versione vengono Sono un prodotto molto antico proveniente dalla proposti anche nelle salumerie, già cucina povera, quella che consente di utilizzare i pronti rodotti di macelleria meno pregiati con notevoli risultati per quanto riguarda i sapori. Affini al marro, simili ai "torcinelli" abruzzesi o molisani, consistono in piccoli gomitoli, appunto "gnumeridde", fatti di frattaglie d'agnello tagliate a piccole strisce e di budelline della stessa origine. Si cuociono in tegame con pomodoro, cipolla, olio e pecorino o allo spiedo sulla brace viva. 'O rraù Ricetta del gallo d'India (Bartolomeo Scappi, 1570) Il gallo e la gallina d'India son molto più grossi di corpo che non è il pavone nostrale, et il gallo fa la ruota anche egli come il pavone nostrale, et ha le piume negre, et bianche, et il collo cresputo di pelle, et in capo la testa un corno di carne, il qual quando il gallo si corruccia, gonfia, et vien grosso in modo che gli cuopre tutto il mostaccio, et alcuni altri hanno il detto corno ross, mescolato di pauonazzo; è largo di petto, et nella punta d'esso petto ha una pannocchia di setole a modo di quelle del porco congiunte nelle piume, e: ha la carne molto più bianca, et più molle del pavone nostrale, et si frolla più presto che il cappone, et altri simili volatili. Volendolo arrostire nello spiedo, non si lasci riposare dopo la sua morte il verno con li suoi interiori in corpo più di quattro in sei giorni, et l'Estade più di due giorni: spiumisi asciutto o con acqua calda (come si ha da spiumare anche la gallina). Spiumato che sarà, et primo delli suoi interiori, accomodisigli il petto, per cioche ha un'osso assai più alto che non hanno gli altri volatili, e taglisi la pelle da una banda appresso al detto osso, e stacchisi con destrezza la carne del detto osso, et taglisi la punta del detto osso cò un coltello che rada, e ricusciali la pelle, e volendosi empire empiasi d'una delle copositioni dette nei cap. I I 5, taglino figli l'ale, e lascifigli la testa, e li piedi, e facciasi rifare nella acqua, e rifatto che sarà, lascifi raffreddare, e impillottissi di lardo minuto, benche essendo grasso, e pieno non occorrerà impillottarlo di lardo, ma vi si baneranno da ponere alcuni chiodi di garofani, inspedisi e, facciasi cuocere adagio, tal volatile si cuoce molto più presto che il pavone nostrale. Della polpa del petto si possono fare polpette, ballotte, e tutte quelle vivande che si fanno della carne magra della vitella mongana nel Cap. 43, e 47, cosi ancho di quella della gallina d'India, e del pavone nostrale, però subito che saranno morti, percio che essendo frolli non riescono cosi saporiti; il detto gallo, e la gallina hanno la medesima stagione che il pavone nostrale; è ben vero che in Roma si usano tutto l'anno, li suoi interiori si accomodano come quelli del pavone nostrale sopracitato. 'O rraù ca me piace a me m' 'o ffaceva sulo mammà. A che m'aggio spusato a te, ne parlammo pe' ne parlà. Io nun songo difficultuso, ma luvammiell' 'a miezo st'uso. Sì, va buono: comme vuo' tu. Mo ce avessem' appiccecà? Tu che dice? Chest'è rraù? E io m' 'o magno pe' m' 'o magnà… M' 'a faje dicere na parola?… Chesta è carne c' 'a pummarola. E. De Filippo Tiella di riso, patate e cozze La TIELLA ( tegame) è il segno, nella cucina, della dominazione spagnola del 1600. Essa è una minestra di vari ingredienti, sovrapposti a crudo in strati distinti, in un tegame mandato in forno. La composizione delle tielle non segue regole fisse ma dà spazio alla propria creatività, si può aggiungere o levare ciò che si vuole. Le patate, però, non devono mancare mai! Ingredienti: 300 gr. Di riso 1 spicchio di aglio, cipolla,prezzemolo 500 gr.di patate olio extra vergine di oliva 1 kg. di cozze pepe Preparazione: Lavate e spazzolate bene le cozze in abbondante acqua; ponetele in un tegame, insieme all'aglio tritato, e lasciatele aprire sul fuoco. Eliminate i gusci e filtrate il loro liquido. Lavate, sbucciate e affettate le patate; con una metà ricoprite il fondo di una teglia, già unto di olio; conditele con pepe, prezzemolo e cipolla tritate. Ricoprite il tutto con il riso, aggiungete i molluschi e le patate rimaste assieme al trito di cipolla e prezzemolo restante. Pepate e aggiungete un po' d'olio e ricoprite il tutto con acqua oltre a quella di cottura delle cozze. Ponete la teglia in forno già caldo e fate cuocere, a fuoco medio, per circa 45 minuti. Minestra di cime di zucca (Bartolomeo Stefani, 1662) Piglierai le cime di zucca e se vi saranno li zucchetti sarà meglio li farai rifare nel brodo, e rifatti li metterai in un pignattino con brodo di cappone, due latticini tagliati in bocconcini e prima rifatti; piglierai di quell'agresto che suol fare la vite tre volte l'anno, perché li grani son grossi e duri e hanno polpa, e mondati della pelle li spaccherai, gli leverai il seme, mettendo due oncie di cacio parmigiano grattato e due uova e così mariterai la detta minestra. . Peperoni ripieni (Vincenzo Corrado, 1781) Si possono anche riempire i peperoni, prima però rotolati su dé carboni accesi per toglierne la pellicola. Il ripieno si farà con acciughe, petrosemolo, aglio, olive, ed origano, tutto trito, e soffritto con olio, condito di pepe, e sale. Si cuocono nel forno, o sopra la craticola con carta unta d'olio. Vivanda di zucchine (Bartolomeo Stefani, 1662) Piglia lo zucchino, mondalo della sua scorza, taglialo in fette, macerato, ed ammollito con sale, resa che avrà l'umidità, disponendo dette fette una sopra l'altra, metterai un peso, acciò bene si sprema l'umido, e diligentemente infarinate con fior di farina, porrai dette fette in padella approntata con butirro gettato; cotte e levate dalla padella, vi farai l'infrascritta salsa. Piglia un poco di basilico, una foglia o due d'erba amara, un poco di seme di finocchio, tutto ben pesto nel mortaro, e per ogni libra di zucchero, piglia quattr'oncie di formaggio tenero, e ben pesto nel mortaro, ove saranno gli altri ingredienti, poi stemprato con sugo d'agresta, quel sugo se sarà stemprato prima con acqua, non aggiungerai altro, ma caso non sia stemprato, aggiungi due oncie di zuccaro con quattro rossi d'ova fresche ben sbattute, posto il tutto in tegamino messo sopra il fuoco con oncie tre di butiro, meschiando in tanto con cucchiaro di legno, e quando scorgerai che piglia cottura il bordetto, allora copri la vivanda con questa salsa, e la servirai fredda con polvere di cannella. Se dette zucche si dovranno friggere in oglio, farai la salsa in questa guisa. Invece di formaggio vi porrai molliche di pane inzuppate in agresta con le solite erbe odorifere, ed un cambio di rossi d'ova, vi porrai di mandole con simile cottura. Ma quando le zucche saranno più mature, si possono tagliare in guisa di lardoni, si possono ancho riempire, ...se ne può fare casse da pasticci, ed infine se ne può fare tanta diversità di vivanda, che formi una mensa intiera. Carciofi con le uova INGREDIENTI: 6 carciofi- un limone1 spicchio d'aglioolio d'olivaprezzemolo tritato sale e pepe nero q.b.3 uova interepecorino grattuggiato. Preparazione: Privare i carciofi delle foglie piu' dure e dell'eventuale barbetta interna, tagliare le punte quindi tagliarli a spicchi mettendoli subito in acqua acidulata col limone per non farli annerire. Lessare gli spicchi in acqua salata acidulata, scolarli bene e friggerli in una padella con olio d'oliva e l'aglio schiacciato. Dopo 5 minuti unire un pugno di prezzemolo tritato, regolare il sale e il pepe. Mescolare bene e quando i carciofi saranno ben insaporiti, aggiungere le uova sbattute con la frusta, ed un pizzico di sale e il formaggio. Lasciar cuocere a fuoco basso fin quando le uova saranno rapprese. Servire subito. Carciofi Fritti Peperoni ripieni di mollica INGREDIENTI: 4 carciofi100 gr dii farina3 uova1 limonesale q.b. INGREDIENTI: 500 gr. di peperoni gialli300 gr. di mollica di pane grattugiata30 gr. di capperisale- pepe- olio- aceto (q.b.) Preparazione: Si tagliano i carciofi a spicchi sottili e si sbollentano in acqua salata e leggermente acidulata col limone. Si sgocciolano bene, si infarinano pochi per volta e poi si passano uno ad uno nell'uovo sbattuto e leggermente salato, prima di friggerli nell'olio bollente. Melanzane INGREDIENTI: 1kg. di melanzaneolioacetoagliomenta e sale (q. b.) Preparazione: Si tagliano le melanzane a fette, spesse circa un centimetro. Si bagnano in una soluzione di acqua, olio, aceto e poi si arrostiscono sulla brace o sulla piastra, una volta cotte si condiscono con un po' d'olio, aceto, pochissimo aglio e menta. Preparazione: Si lavano i peperoni e si tagliano a pezzi grossi si asciugano e si friggono. A parte si fa imbiondire uno spicchio d'aglio con un po' di olio e si fa friggere del pane grattugiato, girandolo più volte facendo attenzione a non bruciarlo. A cottura quasi ultimata si unisce il pane fritto con i peperoni fritti già salati e pepati, si lasciano per qualche minuto sul fuoco, a cottura ultimata si aggiungono i capperi con qualche goccia d'aceto. La peperonata si gusta sia calda che fredda. fredda. Cicorielle INGREDIENTI: 1 Kg. di cicorie100 gr. di formaggio pecorinosale- pepe- - cipolla- pomodori pelati- olio (q.b.) Preparazione: Si puliscono le cicorie e si lessano a metà cottura, dopo si sistemano in una pentola e si condiscono strato dopo strato con abbondante olio, formaggio pecorino grattugiato, pepe, qualche pomodoro pelato, prezzemolo e un po' di cipolla tagliata molto sottile. Si aggiunge un pò d'acqua di cottura delle cicorie e si rimette al fuoco per ultimare la cottura. La "Gravina" è un profondo crepaccio scavato nelle rocce calcaree, conosciuto anche come "Grande Canyon", originatosi per l' erosione delle rocce su preesistenti fratture e per l' innalzamento dei continenti. La Gravina di Laterza è uno tra i più grandi canyons d' Europa. E' l' espressione più imponente di un particolare territorio noto come Gravine dell' Arco Jonico, che si estende da Ginosa a Grottaglie. Decine sono le gravine disposte a ventaglio intorno al golfo di Taranto, ciascuna diversa per dimensione e morfologia. Intorno e dentro di esse si è sviluppata in millenni di storia una civiltà rupestre che ha lasciato traccie evidenti nella cultura, nella storia, nell' arte e, soprattutto, in una concezione della vita a stretto contatto con la natura. La Gravina di Laterza ha un originale decorso meandriforme che si sviluppa per 12Km di lunghezza e circa 400 metri di larghezza, tra muraglioni di roccia consumati dall' erosione e liscie pareti di calcare biancastro alte anche più di 200 metri, disseminate di innumerevoli cavità e cengie sospese nel vuoto. Dal punto di vista naturalistico la Gravina è simile ad "un' isola" dove diverse specie vegetali ed animali di grande interesse sono rimaste isolate dall' originario contesto ambientale che, soprattutto per motivi antropici, è mutato radicalmente negli ultimi secoli. Sono così sopravvissuti, grazie all' asprezza dei luoghi, boschi di Quercus trojana presente in Italia solo sulle murge pugliesi e materane. L' endemica Campanula versicolor, dai bei fiori viola pallido, che fiorisce da giugno ad ottobre e ricopre a chiazze le pareti della Gravina. Sulle pareti meno ripide e sempre verdi per la presenza del Leccio si arrampicano l' Euforbia arborescente, il Cisto, il Terebinto, il Lentisco e il Ginepro. In primavera lungo i sentieri della Gravina è possibile ammirare variopinte fioriture di orchidee. In convenzione con il Comune di Laterza e la Provincia di Taranto, la LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli) gestisce l' Oasi Gravina di Laterza, estesa su una superficie di 800 ettari. L' Oasi è visitabile a piedi seguendo sentieri attrezzati che, partendo dal Centro visite, si sviluppano per alcuni chilometri seguendo il bordo naturale della Gravina (spettacolo mozzafiato.....). Il Centro visite dell' Oasi è dotato di una mostra fotografica, di un originale diorama della Gravina, di un laboratorio didattico e di un' aula per le lezioni e conferenze. UCCELLI Inserita tra le aree denominate IBA (Important Bird Areas) da BirdLife International, la Gravina di Laterza custodisce alcune delle specie a più alto rischio di estinzione dell' Europa meridionale. Ultimo sito di nidificazione in Puglia del Capovaccaio, sono presenti stabilmente anche il Lanario, il Falco Pellegrino, il Gufo Reale, l' Allocco, il Barbagianni, il Gufo Comune, il Corvo Imperiale, il Gheppio ed il Passero Solitario. D' inverno le profonde pareti della Gravina amplificano, come farebbe una grande cassa armonica, il fischio acuto ma lamentoso della Poiana e il verso rauco e potente del Corvo Imperiale. In primavera, tra le note melodiose del PasseroSolitario, sorvolano la Gravina il Biancone e l' Albanella Reale. In estate, quando la temperatura è elevata, mentre il Capovaccaio e i Corvi Reali volano incuranti del caldo, la maggior parte della fauna si sposta verso il fondo della Gravina, dove, all' ombra delle pareti e dei boschi di Leccio, l' afa è più sopportabile. Qui nidificano specie interessanti e in diminuzione come l' Averla Capirossa, l' Upupa e la Monachella, oltre ad alcune più comuni come il Merlo, la Ghiandaia, la Cinciallegra, la Capinera e lo Scricciolo. I campi attorno alla Gravina sono l' ambiente ideale per l' Allodola e il Saltinpalo. Il Capovaccaio è la specie meno necrofaga tra le 4 specie di avvoltoi presenti in Europa: quando è necessario, si nutre anche di prede vive come insetti, anfibi e rettili.Sono spesso gli ultimi che riescono a godere della carne delle carogne. Unico tra i rapaci, utilizza strumenti. Infatti lo si può osservare in Africa lasciare cadere delle pietre (raccolte con il becco), sopra delle uova di struzzo al fine di romperne il durissimo guscio. È il più piccolo avvoltoio africano. Il suo piumaggio è bianco, con penne remiganti nere, cosa che si nota in modo particolare durante il volo. Nell'area della gola le penne sono di colore giallastro. Il capo è privo di piume, grinzoso e giallo chiaro, con penne per il volo di planata a volte rossoarancia, come pure la base del becco che è stretta ed ha la punta nera. Le zampe sono giallo chiaro come il becco. L'iride è di colore brunastro. La coda è di forma conica. Per distinguere i sessi si guarda la striscia scura, a volte persino nera, nel muso davanti agli occhi. Gli uccelli giovani hanno il piumaggio inizialmente ocra, un po' maculato e diventa sempre più bianco fino all'età adulta (circa 5 anni) ad ogni muta. Il muso, privo di piume, è grigio e l'iride è nera. La sua altezza è di 60-70 cm, il suo peso 1,5-2,2 kg. L'ampiezza alare giunge fino a 165 cm. ALTRA VITA SELVATICA Elusivi a volte i mammiferi, capita però talvota di osservare anche di giorno la Volpe e la Faina. Più difficile è l' incontro con il Tasso e l' Istrice, di cui si rinvengono sui sentieri i grandi aculei. Nella Gravina sono presenti molte delle 19 specie di rettili che vivono in Puglia e, tra queste, due sono di grande interesse naturalistico: il Colubro Leopardino, definito il più bel serpente europeo sia per la colorata livrea che per l' elegante portamento, e il Geco di Kotschy, il cui areale di distribuzione in Italia comprende solo parte della Puglia ed una zona limitata intorno alla città di Matera. Nelle pozze di calcare presenti sul fondo della Gravina, attraversata da un corso d' acqua a carattere torrentizio, si riproducono l' Ululone dal ventre giallo, la Raganella, la Rana Verde e il Tritone Italico. La macchia e un'associazione vegetale che prospera lungo le coste del bacino del Mediterraneo, zone caratterizzate da un clima temperato con inverni miti e piovosi ed estati molto secche e calde. La macchia si distingue dalle altre foreste temperate perché è costituita da alberi ed arbusti sempreverdi che conservano le foglie anche durante la stagione invernale. Nella macchia bassa, su terreni rocciosi e sassosi, crescono poi numerose piante aromatiche della famiglia delle Labiate (rosmarino, timo, lavanda e salvia), alcuni cisti. Numerose sono le specie di uccelli che trovano rifugio e nidificano nella macchia: tordi, capinere, cinciallegre, cardellini, verdoni, picchi e ghiandaie sono piccoli volatili che trovano un sicuro rifugio nelle aree cespugliose intatte o poco antropizzate dei nostri litorali. Ridotta è la fauna riguardante i mammiferi: comune è il cinghiale che vive nella macchia fitta mentre in zone cespugliose più aperte vivono l'istrice e il tasso, mammiferi notturni che prediligono terreni asciutti, comune è la volpe mentre il daino e il capriolo sono discretamente presenti nella macchia costiera. La maggior parte della macchia è però costituita da arbusti e cespugli tipicamente termofili. Si tratta di numerose specie che possono formare una macchia complessa come quella delle coste tirreniche dove crescono insieme corbezzolo, mirto, lentisco, fillirea, ginepro, cisto e terebinto oppure una macchia caratterizzata dalla presenza solo di una o due specie arbustive come quelle a oleandro della Sardegna o quelle a carrubo e lentisco della Sicilia. Il leccio (Quercus ilex), pianta tipicamente mediterranea, è una quercia sempreverde col tronco corto e chioma densa e tondeggiante; prospera bene nei luoghi assolati ed esposti, e resistente alla siccità e cresce nei suoli poveri prevalentemente calcarei. Altro cespuglio tipico della macchia è il lentisco (Pistacia lentiscus) pianta resistente alla siccità e molto frequente lungo le coste; è un arbusto che ha resistito agli incendi e al pascolo sostituendo così nel corso del tempo le antiche foreste di leccio e di sughera.Tra le querce presenti nella nostra zona ritroviamo la roverella (Quercus pubescens), il fragno(Quercus trojana),il leccio(Quercus ilex). Le gravine, formazioni naturali dalle caratteristiche inconsuete ed eccezionali, sono il segno distintivo del paesaggio e della morfologia della Provincia Ionica. Le gravine comprese nella provincia di Taranto sono circa 60. C'è sicuramente quella di Ginosa, che costituisce un esempio molto significativo del rapporto esistente tra uomo e ambiente, tra valori ambientali, naturalistici e paesaggistici e valori archeologici, architettonici e storico - culturali. Le gravine non potrebbero esistere se oltre a particolari condizioni idrografiche non si fossero realizzate particolari e concomitanti condizioni geografiche, geologiche e climatiche. L'attuale morfologia del territorio è il risultato di processi sviluppatisi nel corso di milioni di anni sulle rocce e sull'ambiente in cui le rocce stesse si sono formate. La gravina di Ginosa si estende per circa 3 km. Essa si origina nel comune di Laterza dal canale Grottaturge e prosegue con andamento nord-sud fino a sud dell’abitato. Continua quindi con una lama detta Torrente Lagnone che sfocia nel Bradano. Ancora nel 1309 Ginosa era un insediamento quasi esclusivamente rupestre, come si evince da un documento di donazione di quell'anno, in cui a fronte di 19 grotte citate, i riferimenti alle costruzioni subdiali sono rarissimi (il solo Castello, e un palazzo nobiliare). L'attuale centro storico di Ginosa è circondato a ferro di cavallo da due insediamenti rupestri, quello del Casale e quello della Rivolta. Il Casale, "universo di pietra" sconvolto nel 1857 da un gravissimo terremoto, conserva, tra le chiese, S.Vito Vecchio, S.Leonardo, il cenobio a tre archi e S.Domenica. Quest'ultima è la più grande ed interessante, seppure in parte crollata ed è caratterizzata da impianto regolare a croce greca, cupola al centro del bema, pilastri trilobati, tetti a doppio spiovente e volte a crociera: probabilmente rappresentava il tempio principale della comunità rurale, purtroppo oggi privo degli affreschi. Il Casale è separato dal secondo insediamento da una parete rocciosa detta del "Nido del corvo", per la presenza in passato di nidi di corvo imperiale. La vegetazione della gravina di Ginosa si presenta molto varia e differenziata, anche rispetto alle diverse parti in cui la gravina stessa si articola. Delle antiche distese di querce, di olmi e di frassini che un tempo coprivano quasi senza soluzione di continuità questo territorio, restano solo alcune tracce relitte. Il primo tratto della gravina, in località Santoro, è occupato da un bosco di lecci associato ad alcuni esemplari di pino e alle essenze tipiche della macchia mediterranea (è per esempio presente in questo tratto il corbezzolo, che manca in tutto il resto della gravina). In altri tratti della gravina sono invece ancora presenti dei cedui di fragno, specie tipica di questa parte del territorio pugliese. La parte terminale della gravina è invece caratterizzata da una vegetazione spontanea più rada, terreno d'elezione per numerose specie di orchidee. Molto interessante la presenza, lungo la gravina, di piante aromatiche ed officinali. Specie della cosiddetta “lista rossa” come l’orchidea di palude (orchis palustris) Queste piante prosperano in presenza di ambienti aperti, di incolti sassosi o aridi, di detriti di falda erbosi, ambienti in cui è anche più significativa la presenza di insetti impollinatori, grazie alla forte insolazione e alla bassa vegetazione. La varietà delle forme e delle tinte e la loro relativa rarità, fanno delle Orchidacee una famiglia di fiori per i quali, forse più di ogni altri, si accendono le passioni dei botanici o degli amanti della natura. Ancora, le orchidee rappresentano uno degli stadi evolutivi più recenti e complessi tra le piante a fiore, e la cosa traspare dalle singolari strategie che alcune di esse hanno adottato per prosperare e riprodursi. Il mondo delle orchidee selvatiche può, ad ogni modo, risultare molto diverso dall’idea comune che si ha delle Orchidee, nome che nell’immaginario collettivo viene associato ad esotismo e a grandi fiori multicolori dalle sembianze fantasmagoriche (le orchidee esotiche per la verità non sono note solo per l’aspetto; la comune vaniglia, infatti è il frutto di un genere di orchidee, le Vanilla, appunto). In realtà tra le orchidee spontanee italiane si annoverano anche piante dalle fioriture minuscole e dimesse e dai colori spenti, ma è pur vero che nella maggior parte dei casi esse sono degne di essere paragonate alle cugine dei paesi lontani. Tra i generi che annoverano il maggior numero di specie, il genere “Orchis” è composto di piante che si affidano all’offerta di nettare per attirare gli insetti destinati all’impollinazione incrociata. Una delle specie più diffuse è la Orchis morio, detta anche Giglio caprino. È una pianta di aspetto minuto ma dalla fioritura vistosa che mostra una grande variabilità di colorazione, con tinte che vanno dal rosa chiaro al violetto scuro; la fioritura può assumere l’aspetto di un consistente tappeto fiorito. Per quanto riguarda la fauna l'ambiente della gravina, ecosistema complesso e fortemente differente dal territorio circostante, si dimostra dimora privilegiata per istrici, donnole, ricci, tartarughe, vipere e cervoni; molto ben rappresentati gli uccelli, stanziali e migratori, tra cui vanno ricordati il falco grillaio, il gheppio, il corvo imperiale, l'upupa. Anche uno dei rapaci più rari d'Italia, il capovaccaio o avvoltoio degli Egizi, compare sporadicamente nell'area della gravina. La Gravina di Castellaneta (o Gravina Grande) è una gravina che si estende per una decina di chilometri con svariate anse, e che risulta profonda nel suo punto massimo 145 mt e larga circa 300 mt. Presenta pareti molto ripide, quasi verticali, e lungo il suo percorso sono visibili tracce di insediamenti archeologici e di rilevanza storica, nonché grotte ed insediamenti rupestri. È tra le più suggestive della Terra delle Gravine per la varietà di ambienti e le dimensioni. Nasce in prossimità del ponte ferroviario della Renella a Nord-Ovest di Castellaneta, in corrispondenza di una canalizzazione artificiale che raccoglie le acque del canale Iummo, e prosegue verso sud dove confluiscono anche le gravine di Santo Stefano e di Coriglione. È costeggiata da tratti pianeggianti messi a coltura, per cui attualmente le aree di vegetazione spontanea coincidono quasi esclusivamente con il ciglio della gravina stessa. L'area è tutelata dal 1987 come Oasi di protezione e recentemente è stata inserita nel Parco delle Gravine, insieme a molte altre gravine della provincia di Taranto. La parte a Nord di Castellaneta è la più semplice da visitare, poiché le pareti sono con pendenze più dolci. Nel tratto in prossimità del centro storico, le pareti divengono verticali ed inaccessibili (non a caso è stata scelta tale posizione per la costruzione del paese), con molti meandri. I meandri si accentuano in zona Punta Capillo (nei pressi dell'omonimo vicolo) che è uno dei tratti più suggestivi. In una di queste anse è presente sul fondo della gravina il laghetto (che nel periodo estivo diventa un piccolo stagno) di Sant'Elia, notevole dal punto di vista faunistico. A sud-est di Castellaneta le pareti diventano più accessibili e dopo qualche chilometro dal ponte della SS 7 Via Appia la gravina si trasforma in lama, fino a far sfociare i suoi torrenti stagionali nel fiume Lato. La macchia mediterranea presente nella gravina di Castellaneta è formata da cespugli di lentisco. Altri arbusti facilmente riconoscibili sono il caprifoglio e la ginestra spinosa dai bellissimi fiori gialli. Per quanto riguarda la fauna ci si può facilmente imbattere, di giorno, in alcune specie di rapaci fra i più comuni: il gheppio e il grillaio, falchi di piccole dimensioni, oppure in poiane e nibbi: Raramente è possibile incrociare dei falchi cuculi. Nelle nostre gravine fino a qualche decennio fa nidificava il capovaccaio recentemente riavvistato nella vicina Gravina di Laterza. Altri volatili presenti nelle gravine sono il corvo imperiale, rondoni, barbagianni, civette e cinciallegre. Di notte è facile trovarsi di fronte a pipistrelli. Negli stagni presenti nelle Gravine sono presenti l'ululone dal ventre giallo, tipico delle gravine dell'Italia meridionale, la rana, il tritone e il rospo. I mammiferi più comuni sono la volpe, l'istrice, il tasso, e piccoli roditori come il moscardino. Rettili presenti sono i serpenti cervone, la vipera e la meno pericolosa lucertola e tartaruga. Presenza comune è quella del "pugliese" geco di kotschy che nella tradizione popolare è chiamata "lucertola m'bracidita" (lucertola marcia). Il grillaio (Falco naumanni) è una delle specie più interessanti della fauna pugliese, inclusa tra quelle la cui conservazione è prioritaria nella Direttiva Habitat dell’Unione Europea. La popolazione di grillaio presente nelle Murge baresi è, insieme a quella presente nelle confinanti Murge materane, l’unica presente nell’Italia peninsulare Il grillaio è una specie migratrice (giunge dall’Africa verso aprile e riparte alla fine dell’estate) e coloniale (vive cioè in colonie che arrivano fino a 1500 - 2000 esemplari). Un’altra interessante caratteristica della specie consiste nell’utilizzo delle abitazioni dei centri storici dei paesi della Murgia per costruire i suoi nidi, caratteristica peculiare messa a rischio dalle ristrutturazioni recenti che eliminano tutte le cavità utili per la nidificazione esistenti nell’edificio; nella maggior parte dei casi anche i dormitori delle singole colonie sono localizzati su grandi alberi, di solito conifere, all’interno dei centri urbani stessi. Il gheppio è una specie comune nel nostro Cantone ed è facilmente riconoscibile dalla sua sagoma e per il fatto che caccia negli spazi aperti. Sovente vola inoltre in modo stazionario ("spirito santo") quando osserva il terreno sottostante alla ricerca delle prede. Il maschio ha capo e nuca grigio-blu, dorso massiccio, ali con macchie scure e coda grigia con una barra nera. La femmina non presenta il capo grigio-blu e il dorso è di colore bruno. L`habitat principale occupato dalla specie sono gli ambienti aperti: dalla pianura fino ad oltre il limite superiore del bosco, ad un`altitudine di 2000 m. Le sue prede più importanti sono micromammiferi ma anche numerosi invertebrati (lombrichi, cavallette, ecc.) La specie costruisce il suo nido principalmente sulle pareti rocciose ma anche su alberi o altre strutture, come ad esempio abitazioni o ponti. A seconda dell`altitudine la deposizione delle uova inizia dopo metà aprile e gli ultimi piccoli abbandonano il nido in agosto. La Puglia, come tutte le regioni del mediterraneo, è caratterizzata da un paesaggio a costituzione calcarea, unico nel suo genere grazie al fenomeno carsico che nei secoli lo ha modellato. Ripercorriamo in sintesi gli aspetti geocronologici salienti: 245 milioni di anni fa l'unico grande continente Pangea si spezzò in zolle enormi. Fra queste si aprì il mare della Tetide, sul cui fondo le rocce e i detriti cominciarono a modellare le terre future. 65 milioni di anni fa la Puglia inizia ad emergere con i primi fenomeni carsici, cioè del calcare. Una pietra sulla quale il vento, l'acqua e la temperatura provocano fenditure e fratture che daranno via a quelle che si chiamano lame, puli, doline, grotte, gravine. 2 milioni di anni fa le Murge vengono parzialmente sommerse e si formano rocce calcaree arenacee derivanti dalla disgregazione dei calcari cretacici:i tufi. Su di essi si depositeranno irregolarmente strati argillosi. 10 mila anni fa si completa l’emersione della zona con la formazione delle pianure litoranee. Pertanto le rocce rappresentative della Puglia sono i calcari in cui sono conservati scheletri e gusci ricchi di carbonato di calcio che formarono i vari strati calcarei E' da allora intere generazioni di contadini hanno realizzato l'impresa senza fine di strappare le terre alla pietra e se da un lato le ha utilizzate per coltivare, dall'altro le ha utilizzate per le sue costruzioni dai muretti a secco, che per migliaia di chilometri attraversano la Puglia dal Gargano a Leuca, alle torri costiere, alle cattedrali, ai castelli, ai trulli. Il fenomeno che ha rimodellato la nostra zona e tutto il territorio pugliese è il carsismo,così come accennato poc’anzi. Con il termine di carsismo si indica l'attività chimica dell'acqua, soprattutto su rocce calcaree, ad opera di precipitazioni rese leggermente acide dall’anidride carbonica presente nell’atmosfera. La parola ha origine dal nome della regione dove inizialmente questo fenomeno è stato studiato, il Carso Triestino. Il carsismo si sviluppa principalmente a seguito della dissoluzione chimica delle rocce calcaree, che può essere così sintetizzata: CO2 + H2O + CaCO3 -> Ca(HCO3)2 Contrariamente al carbonato di calcio (CaCO3) praticamente insolubile, il carbonato acido di calcio (Ca(HCO3)2) si dissocia in acqua in ioni Ca++ e HCO3- che vengono asportati dall'acqua dilavante. Il materiale non disciolto (es. silice e ossidi metallici) va a costituire i cosiddetti depositi residuali:le terre rosse diffuse ampiamente nella nostra zona. L'azione corrosiva dipende dalla natura della roccia, dalla temperatura media stagionale e dalla presenza di precipitazioni. Ecco perché i terreni carsici si trovano prevalentemente nella fascia climatica temperata, dove le condizioni atmosferiche sono più favorevoli, sia per le temperature che per la quantità di precipitazioni. All’infuori di questa fascia il carso si trova solo sporadicamente. Dissolvendosi, le rocce calcaree danno luogo a forme caratteristiche sia nell'ambiente esterno sia nel sottosuolo. Le forme del carsismo superficiale, vengono classificate, in base alla scala del fenomeno, in microforme e macroforme. Tra le microforme, si annoverano le scannellature (vedi fotografia a lato), i "campi solcati" o "campi carreggiati" (karren in tedesco, lapiez in francese), le docce (dei solchi più ampi), le vaschette di corrosione, i fori e gli alveoli. Tra le macroforme più importanti si ricordano doline, polje,inghiottitoi e valli carsiche. Molto noto tra i polie della nostra zona, per fare un esempio, è la Valle d’Itria nei pressi di Martina Franca. L'evoluzione del carsismo procede in profondità creando cavità ipogee e gallerie di dimensioni estremamente variabili . Le grotte sono senza dubbio le forme più conosciute, ma esistono anche cunicoli più o meno estesi, come quelli percorsi da fiumi sotterranei. L'esplorazione speleologica ha permesso inoltre di rilevare sifoni, condotti e altre forme di collegamento tra cavità ipogee. Oltre che forme erosive sono abbondanti le forme deposizionali del carsismo. Infatti, lo stillicidio dell’acqua che penetra dalla superficie crea, con il passare dei secoli e millenni, fantastiche strutture calcaree. Le forme più caratteristiche sono le stalattiti, le stalagmiti, le colonne date dalla loro unione e le cortine e concrezioni che ornano le pareti delle grotte sotterranee. Il fenomeno deposizionale è sostanzialmente generato dall'inversione della reazione di dissoluzione carsica sopra descritta. In particolare condizioni di temperatura e flusso idrico il bicarbonato solubile tende a trasformarsi in carbonato di calcio insolubile, che precipita e forma le concrezioni. Nome scientifico: Muscari comosum. Nome dialettale: Lampascione. Descrizione della pianta: Sotto terra c’è un bulbo che assomiglia ad una piccola cipolla, ecco perché è chiamato cipollaccio. Il fusto è eretto, da questo partono delle specie di campanelle con un buco per far uscire i semi. Sulla cima del fusto ci sono piccoli fiori. Habitat : E’ abbastanza comune in collina, nei luoghi erbosi, nei campi coltivabili e incolti. Proprietà: Lassative, diuretiche, emollienti. Utilizzo in cucina: I bulbi si mangiano normalmente lessati e conditi con olio e aceto. Si possono consumare anche crudi sottaceto, si preparano anche ottime polpette. Nome scientifico: Ceterach officinarum. Nome dialettale: Spaccapetre . Descrizione della pianta :E’ una piccola pianta alta 1015 cm con una radice molto corta. Le foglie sono di forma lanceolata con il margine sinuoso. Il nome comune della pianta deriva dal fatto che il picciolo e la pagina inferiore della foglia sono ricoperti da numerose squame di color ruggine. Come tutte le felci non produce fiori, ma nella superficie inferiore delle fronde si trovano lungo le nervature delle formazioni, dette sori, n cui maturano le spore. Habitat: L’erba non vive negli ambienti eccessivamente umidi, si trova sulle rocce e sui muri della regione mediterranea. Proprietà: Per quanto riguarda l’uso cosmetico, l’erba ruggine viene usato come decongestionante per pelle arrossate. Decotto per aumentare la diuresi e prevenire i calcoli,o disintegrare quelli già esistenti, di qui proprio l’origine del nome dialettale che significa”rompipietra”. Utilizzo in cucina: Questa pianta era ed è considerata un vero toccasana per curare soprattutto i calcoli renali o facilitare la loro espulsione. Le persone anziane seguivano precise regole nella preparazione dei decotti: era d’obbligo usare una pignatta di terracotta in cui si facevano bollire le fronde di questa preziosa pianta in un litro d’acqua. Quando il liquido si era ridotto di ¼,il decotto era pronto per l’uso. Nome scientifico: arbutus unedo Nome dialettale:u russe descrizione della pianta: Le sue dimensioni variano da quelle di un piccolo arbusto a quelle di un albero alto fino a 10m..E’ sempreverde ed ha la corteccia di colore rossastro Le foglie sono ovali acuminate in ambedue le estremità e seghettate ai margini. Fiorisce in autunno-inverno. Il frutto è una bacca carnosa, tondeggiante, di superficie granulosa, rossa. Dove si trova : in luoghi soleggiati, ma si adatta bene anche in luoghi semi-ombreggiati. Proprietà : Astringenti, antisettiche, diuretiche. digestive, Utilizzo in cucina: Infuso di foglie per infiammmazioni dell’intestino, del rene e della vescica. Nome scientifico: Lamiaceae. Nome dialettale: Trifolon. Descrizione della pianta: Pianta erbacea perenne con radice fusiforme lenificata e con fusto alto fino a 50-60 cm,molto ramificato e dalla superficie biancastra. Le foglie sono opposte:quelle inferiori ovali hanno la base ristretta in lungo picciolo,mentre quelle superiori hanno il picciolo sempre più corto. I fiori sono riuniti in pseudo verticilli all’ascella delle foglie superiori. La coralla è tubolare,bianca e divisa alla fauce in due labbra. Habitat Si trova nei luoghi aridi e incolti. Proprietà: Digestive,coleretiche,espettoranti,febbrifugh e,detergenti,leggermente antisettiche. Utilizzo in cucina: Con il marrubio si preparano dei decotti per alleviare i dolori di stomaco e addominali. Nome scientifico: Laurus nobilis. Nome dialettale: Laure. Descrizione della pianta: Si presenta in forma di arbusti di varie dimensioni ma sovente può anche diventare un vero e proprio albero di notevole grandezza. Il fusto è eretto, la corteccia verde. Le foglie, ovate, sono verde scuro, coriacee, lucide nella parte superiore e opache in quelle inferiore. I fiori sono piccoli, giallo-verde, riuniti a formare una infiorescenza ad ombrella. Habitat: Cresce spontaneo nella macchia mediterranea. Proprietà: Aromatiche, aperitive, digestive, stimolanti, antisettiche e espettoranti. Utilizzo in cucina: Se ne possono fare vari usi: in cucina, per aromatizzare carni e pesci, per preparare decotti rinfrescanti o pediluvi, o trattato con alcool per ricavarne un profumato e aromatico liquore dalle proprietà digestive. Il lauro viene anche usato come aromatizzante indispensabile per qualsiasi ricetta a base di fegato di maiale o per la cacciagione. I fichi secchi soprattutto quelli farciti con mandorle dovevano necessariamente essere separati nella conservazione di foglie di lauro. Pare che non si conoscesse, invece, l’azione antireumatica dei frutti. Nome scientifico: Ruta graveolens. Nome dialettale: Rute Descrizione della pianta: Pianta alta da 30 cm a 1 cm con foglie glabre e un po’ carnose che se stropicciate emanano un odore acuto alquanto sgradevole da cui deriva l’aggettivo latino graveolens, i fiori sono raggruppati all’apice dei rami ed hanno un calice formato di 4-5 petali giallastri. Habitat: Nei luoghi aridi e sassosi, nella gravina e i suoi vecchi muri. Proprietà: Aromatizzanti, emmenagoghe, protettrici vasali. digestive, Utilizzo in cucina: Le foglie fresche, in piccole dosi sono usate nelle insalate, piatti di carne o pesce e per preparare olii ed aceti aromatici. Usata in liquoreria. Però l'unico impiego domestico sicuro ed efficace è quello di tenere qualche ramoscello di Ruta fresca negli ambienti infestati dai topi che non ne sopportano l'odore. Nome scientifico: Urtica dioica Nome dialettale: Ardicule Descrizione della pianta: Pianta erbacea con rizoma ramificato e strisciante. I fusti, che sorgono dal rizoma, sono eretti, alti fino ad 1 metro e mezzo è ricoperti da peli corti e lunghi, questi ultimi urticano. Le foglie oblunghe-ovali, hanno la base a forma di cuore che va restringendosi verso l’apice. Il margine è inciso in grossi denti arcuati a forma di falce. Sulla superficie e lungo le nervature sono presenti i peli urtificanti. I fiori sono divisi in spighe divise in maschili eretti e femminili penduli. Habitat: Nei luoghi coltivati ed incolti soprattutto in quelli ricchi di sostanze azotate. Proprietà: Diuretiche, antinfiammatorie, intestinali, cuoio capelluto, urticanti. depurative, normalizzanti del Utilizzo in cucina: Il decotto preparato con un litro d’acqua da ridursi a ¼ e una manciata abbondante di foglie era consigliata per i dolori addominali. Il succo ricavato dalle foglie forniva un ottimo rilievo alle ferite cutanee. Purtroppo la ruta serviva anche come rimedio abortivo. Classe III I Classe VC Classe I E Classe I C Addabbo Fabio Bernardi Deborah Bellamia Maria Grazia Ardito Abramo Almirante Roberta Bozza Cinzia Bufano Simona Bellini Ilaria Brunone Lucia Caggiano Claudia Carenza Sara Bitetti Rossana Cianciotta Luciano Bozza Andrea Clemente Marianna Bozza Angelica Colacicco Nicla Francesca Calabrese Angela Caforio Marco Ciccarone Rianna Calò Leonardo Cazzato Nicolò Cecere Angela Cirielli Giuseppe Clemente Vanessa De Mattia Rosalba Calabria Mariateresa Cicciulli Marina Colacicco Maristella Di Candia Alessandra Cazzetta Davide Clamente Antonella Coppola guditta Di Paola Riccardo Clemente Enzo Clemente Mariangela Costantino Livio Di Taranto Antonio Elia Ester Coppa Flavia De Biasi Vita Giannatelli Vittorio Leggeri Antonia Destena Enrica Galeota Paola Loforese Claudia Leggeri Rocco Malizia Simona Maggiore Alessandro Mancino Vitalba Manzari Ilario Manfredi Addolarata Doriana Matera Vitangela Marinotti Mariacarla Montagnolo Vita Gerunda Margherita Panico Nunzia Paradiso Domenico Muro Nicola Lacerenza Caterina Perrone Daniela Perrone Michele, Maria Nistri Giovanni Lomastro Rosa Perrone M.Laura Pietricola Assunta Bruna Passarelli Marialuisa Malizia Annamaria Santantonio Raffaella Rubino Serena Putignano Valeria Serini Nicoletta Russo Tommaso Ranaldo Carmen Soranno Marco Rosato Rosalinda Strada Federico Russo Elisabetta Tamborrino Silvia Venezia Francesco Distante Alfonso Laurino Carmen Festa Marialuisa Fumarulo Mariangela Geleandro Mariacarmela Mele Annamaria Perrone Marcella Mutidieri Elisabetta Nelli Lucia Solazzo Maria Teresa Resta Vito Spinelli Elena Strammiello Caterina Turi Eleonora Zamora Rossella Tanzarella Eleonora Vinci Arianna Tanzarella Claudio Tocci Federica Vinci Eliana Turitto Graziana Traetta Luca Ziane Fariha Ziane Nawal I Docenti Il Dirigente Scolastico Prof.ssa C. Frigiola Prof.ssa Maria G. Alfonso Prof.ssa G. Castellaneta Prof.ssa A. Carrera Prof.ssa A. Maggiore Prof. N. Putignano Dott.ssa Belloli Associazione SYMBOLA ENSEMBLE Prof.ssa B. Giacoia Prof. A. Sorrenti Supporto Tecnico e Multimediale Gaetano Punzi