VIE, VIAGGI E VIAGGIATORI: SENTIERI DI PELLEGRINAGGIO NEL MEDIOEVO •Viaggiare è per l’uomo un fatto primordiale legato alla costante lotta per la sopravvivenza, alla ricerca di spazi vitali da sfruttare e agli incontri e scontri tra vari gruppi di popolazione •Il viaggio è un’occasione per evadere dal proprio mondo •Il viaggio è il desiderio della conoscenza del mondo, per meglio comprendere il significato della vita •Nell’antichità viaggiare equivale a vivere: missioni diplomatiche, consultazione dell’oracolo, commercio. L’uomo è HOMO VIATOR L’ospite è sacro L’ospitalità nell’antica Grecia Il viaggiatore era considerato un messaggero degli dei. Le principali strutture ricettive erano: 1. Il leonidaion:disponeva di molti posti letto e di alcune sale comuni utilizzate per la ristorazione. 2. Gli xenodokia: ospizi pubblici, gratuiti e destinati soprattutto ai commercianti 3. I panadokia: ospizi privati. L’ospitalità nell’antica Roma I Romani consideravano il viaggiatore un soggetto portatore di interessi e culture diversi e proprio nell’epoca romana fu istituito il “diritto di ospitalità”, che serviva a regolare con apposite norme i rapporti fra ospitante e ospitato. L’hospitium publicum (ospizio pubblico) era un accordo che regolamentava l’ospitalità prestata da parte delle famiglie ad ambasciatori, senatori, magistrati o consoli che viaggiassero per motivi politici o d’affari. I consoli dovevano portare però con sé dei documenti o un sigillo imperiale per farsi riconoscere. Il patronatus (patronato) garantiva, in particolare ai funzionari dello Stato mandati in missione, una sicura ospitalità presso le case dei nobili o dei residenti nelle città conquistate dai Romani. La tessera hospitalis assicurava al suo possessore, in ogni città e tappa convenzionata, il pasto, l’alloggio, l’assistenza sanitaria e legale. Lungo le importanti arterie di comunicazione era possibile trovare le seguenti strutture: stationes: generalmente gestite dallo Stato, erano, in pratica, le prime strutture ricettive per la sosta; mansiones: erano strutture distanti cira 30 km l’una dall’altra e garantivano ai viaggiatori il pasto serale e il riposo notturno. Disponevano inoltre di officine per eventuali riparazioni del mezzo di trasporto e di stalle per accudire o cambiare i cavalli; mutationes: erano strutture distanti 5 km l’una dall’altra utilizzate per la sosta e il ristoro dei viaggiatori. Viaggiare è un cammino di ricerca PELLEGRINAGGIO spirituale e umana…. Il termine proviene dal latino peregrinus, da per (al di là) + ager (campo). Indica originariamente “colui che abita fuori dalla città”. STRANIERO Nel MEDIOEVO il pellegrino è colui che compie il viaggio consapevolmente. Il pellegrinaggio è intrapreso: • “ex poenitentia”, per espiare una grave colpa •“devotionis causa”, per visitare la tomba del santo di cui si è devoti •“pro voto”, cioè per una grazia ricevuta LE TIPOLOGIE DI PELLEGRINO “Peregrini si possono intendere in due modi, in uno largo e in uno stretto: in largo, in quanto è peregrino chiunque è fuori della sua patria; in modo stretto non s’intende peregrino se non chi va verso la casa di Sa’ Iacopo o riede. E’ però da sapere che in tre modi si chiamano propriamente le genti che vanno al servigio dell’Altissimo: chiamansi palmieri in quanto vanno oltremare, la onde molte volte recano la palma; chiamansi peregrini in quanto vanno a la casa di Galizia, però che la sepoltura di Sa’ Iacopo fue la più lontana della sua patria che d’alcuno altro apostolo, chiamansi romei quanti vanno a Roma” (Dante Alighieri, Vita Nova, XL) • PEREGRINI erano diretti a Santiago de Compostela. O Il loro simbolo era la CONCHIGLIA. JACOPEI: •ROMEI: erano diretti a Roma. Il loro simbolo era il TAU. •PALMIERI: erano diretti a Gerusalemme. Il loro simbolo era la PALMA I SEGNI DEL PELLEGRINO • • • • Prima di mettersi in cammino il pellegrino faceva testamento, pagava i debiti, si riconciliava con tutti, riceveva la benedizione e procedeva alla vestizione: La bisaccia: dal latino bis e saccus “doppio sacco” di pelle di animale, simbolo di elemosina;essa era piccola per non contenere molto denaro, perché il pellegrino doveva poter contare sulla carità La schiavina o pellegrina: mantello per ripararsi dal freddo; era simbolo dell’umanità di Cristo nella quale avvolgersi Il bordone: era un lungo bastone con un manico ricurvo e generalmente a tre piedi, che serviva da sostegno e per difendersi dagli animali selvatici incontrati lungo la strada; simboleggiava la Trinità Al bastone veniva spesso legata una zucca secca (calabaza) che aveva la funzione di borraccia. Il petaso (a partire dall’XI sec.): grande cappello a larghe falde. Nel Medioevo ogni tipo di viaggio era difficile e rischioso a causa del diffuso brigantaggio, dei numerosi dazi imposti dai feudatari e per la scarsa praticabilità della rete viaria. In questo periodo gli unici che continuarono a viaggiare furono: -i religiosi, per mantenere i rapporti fra le varie diocesi e comunità monastiche -i pellegrini in cammino verso Roma, verso Santiago de Compostela o Gerusalemme -i mercanti per gli affari e lo scambio di merci per le fiere fiamminghe, francesi e italiane -i sovrani e potenti laici -folle di diseredati in cerca di fortuna per le strade d’Europa Ognuno poteva trovare una sistemazione e un pasto conforme al proprio Il cristianesimo aveva sviluppato ed elevato a suo fondamento il concetto dell’amore per il prossimo, l’idea cioè che in ogni ospite povero e bisognoso di aiuto si debba vedere Cristo e che tutti gli uomini siano ospiti su questa terra. Qui vos recipit, me recipit “chi accoglie voi, accoglie me” Era dovere di ciascun cristiano, quindi, accogliere chi avesse bisogno di ospitalità. L’OSPITALITA’ NEL MEDIOEVO PRIMA FASE (X-XI sec.) OSPITALITA’ GRATUITA Sono soprattutto le istituzioni ecclesiastiche che tramite donazioni e lasciti testamentari creano luoghi di assistenza per i pellegrini (xenodochia). RITUALE DELL’ACCOGLIENZA 1. Gli ospiti dovevano essere accolti dai monaci del convento con preghiere e dall’Abate con il bacio dell’amicizia e della pace 2. Seguiva la preghiera comune 3. Il lavaggio delle mani prima del pasto 4. Pasto caldo, frutta pane e vino 5. Prima di dormire, lavaggio dei piedi da parte dell’Abate 6. Spesso i pellegrini dormivano su sacchi di foglie e paglia;laddove erano disponibili dei letti, ospitavano più pellegrini insieme 7. Il pellegrino veniva ospitato massimo 3 giorni (“l’ospite dopo 3 giorni puzza”), dopo di che erano tenuti a collaborare alla vita del monastero o ad andarsene 8. Alla partenza veniva consegnato ai pellegrini cibo trasportabile (pane, frutta, vino, formaggio stagionato) quindi potevano riposare per due giorni DISTINZIONI NELL’ACCOGLIENZA DELL’OSPITE SECONDO LA CONDIZIONE SOCIALE Re, vescovi e abati dovevano essere salutati direttamente dall’abate in persona con la prosternazione completa, la regina con la genuflessione e un inchino del capo; conti, preti e altri monaci con un inchino. Successivamente venivano ospitati in alloggi riscaldati e confortevoli all’interno del monastero. I poveri, i pellegrini a piedi e i sacerdoti di basso rango, invece venivano accolti senza cerimonia e condotti subito dopo l’abluzione solenne dei piedi (perché scalzi) negli alloggi loro destinati. Quando si trattava di ospiti signorili (e comunque a cavallo) si rinunciava all’abluzione dei piedi e si offriva loro al suo posto un bagno caldo. SECONDA FASE (fine XI sec.- metà XIII sec.) Dopo la rivoluzione dell’anno Mille, l’urbanizzazione, l’intensificazione degli scambi commerciali, aumenta a dismisura il numero dei pellegrini. L’ospitalità inizia ad essere limitata solo “a quelli che potevano essere accolti”. Nasce gradualmente l’ospitalità a pagamento professionale, prima nelle case private e poi in apposite costruzioni. TERZA FASE: (FINE XIII sec.-XIV sec.) • Nascono le locande che offrivano ospitalità per uomini e animali contro una ricompensa. Venivano chiamate hospitium, mansio o stabulum (albergo con stalla). • Con le parole taberna e caupona si potevano indicare sia le locande che le semplici mescite di vino e osterie. Se hospitium era usato per i locali rispettabili, con caupona si voleva indicare l’osteria dozzinale e malfamata. I membri delle classi elevate le evitavano entrambe perché ritenute pericolose. Spesso gli osti in accordo con ladri e briganti derubavano i loro ospiti e la • Nel 1123 papa Callisto II scomunica gli imbroglioni e indica le regole che i locandieri dovevano rispettare: 1. Utilizzare come riconoscimento segno delle di locande rispettabili nomi riconoscibili, quali “Al Falcone”, “Alle due Spade”, “Il carro”, “Alla Stella”, “Il leone rampante”; 2. Indicare l’eventuale presenza di viandanti “infami”; 3. Non attirare clienti appostandosi nelle città e nelle piazze: ANCHE IL VITTO ERA DIFFERENZIATO… Il pellegrino non è altro che l’uomo, e gli uomini non sono tutti uguali: così almeno andavano le cose nel Medioevo. Non ci sono “uomini” astratti, ma signori, contadini, monaci, ricchi e poveri, potenti e deboli. E non tutti mangiano allo stesso modo! Dunque il “pellegrino” in realtà non esiste: esiste il pellegrino contadino, il pellegrino monaco, il pellegrino signore, e ciascuno di essi mangia quello che il suo ceto sociale suggerisce o impone, in un mondo in cui l’alimentazione era il primo strumento per manifestare le differenze di classe, il prestigio, la ricchezza, il potere. IL CIBO DEI PELLEGRINI La sacca di un pellegrino doveva contenere cibi facilmente e lungamente conservabili, diversi giorni, settimane, magari anche per mesi. 1. Il pane: asciutto, talvolta molto duro, da utilizzare dopo averlo bagnato nell’acqua o nel vino: - il pane del contadino: un pane scuro, fatto di cereali poveri come la segale, il miglio, la spelta, prodotti fondamentali della dieta rurale per tutto il Medioevo e fino all’Età moderna. - il pane dei pellegrini più agiati: pane bianco di frumento. 2. Altri cibi a lunga conservazione, da affiancare al pane, erano i salumi, i formaggi, le carni secche 3. Le bevande: un po’ d’acqua ma soprattutto vino, che, in occasione delle feste e nei grandi monasteri poteva venire “condito” con miele e cosparso di spezie in polvere. 4. Condimento: una delle usanze particolari nel mangiare lungo il pellegrinaggio era l’uso delle gocce d’olio di oliva per condire le cibarie. Questa pratica, mediata dalle Sacre Scritture, era segno di umiltà e nello stesso tempo servivaper dare gusto a ciò che si mangiava IL CIBO NEI LUOGHI DI RISTORO • Se il pellegrino veniva ospitato dalla povera gente trovava cibi semplici e prodotti della terra: uova, formaggi, fagioli, pane, ortaggi e frutta; nei giorni di festa un po’ di carne e qualche focaccia dolce. • Se invece si trattava di un pellegrino altolocato, degno di essere accolto dalla nobiltà e dal clero, la pietanza regina era l’arrosto ( forse perché la caccia era il passatempo preferito dai cavalieri e dai vescovi). DAI BANCHETTI DELLE FESTE NEI MONASTERI… Se si aveva la fortuna di arrivare nei monasteri alla vigilia delle grandi solennità e nelle feste dei santi locali era consentito banchettare e fare delle “santissime” abbuffate, durante le quali, si potevano arrivare a consumare anche dalle 5000 alle 9000 calorie! Il diario di viaggio di un frate pellegrino riporta il menu di una di queste occasioni: “il giorno della festa del Carmine in refettorio si fece un solenne pranzo, vi furono: due antipasti di salamme e l’altro di frittura minestra di trippe vitello allesso e vitella stufata insalata di pesce truta e capiri un polpettone esquisito per ogni quattro persone un pollastro stufato per ogni persona un grosso pesce arrosto che pesava più di libre venti una lonza di vitella arrosto per ogni quattro persone un pollastro arrosto per ogni persona Poi varie sorti di zuccardini et varie sorti di fruta e bon formaggio Parmigiano. Il vino bianco e rosso, in neve l’uno e l’alro bonissimo…” …ALLA CUCINA DI MAGRO In molti monasteri poi si seguiva una dieta “di magro”: in cui si consumavano solo prodotti della terra e pesce, mentre venivano esclusi del tutto carne e grassi animali, a volte non erano ammessi neppure uova o latticini. Degli autentici vegetariani che mangiavano frutta, ortaggi, legumi, pane e cereali integrali, pesce azzurro e olio d’oliva (unico grasso ammesso). Questi cibi oggi sono la base della cosiddetta “dieta mediterranea” famosa in tutto il mondo e dichiarata patrimonio immateriale dell’umanità dall’UNESCO! Ma non dobbiamo pensare a cibi bolliti e insipidi, anzi… sono arrivate fino a noi ricette di pietanze squisite e saporite come ravioli con ripieno di ostriche o caviale, minestra di riso con seppie, polentina ai tartufi, salsa di tonno e granchi, polpettone di broccoli, latte di mandorle al caffè e persino liquore all’alloro! CURARSI CON IL CIBO Uno dei problemi principali che i centri di accoglienza dei pellegrini dovevano affrontare era di assisterli anche quando erano malati, nutrendoli con una dieta adeguata affinché potessero guarire e continuare il viaggio. Determinati cibi, come alcune erbe, spezie e certi cereali venivano somministrati al pellegrino infermo sia come alimenti sia per le qualità terapeutiche. Tra questi un posto di primaria importanza spetta all’Aglio Molti ospedali dei pellegrini mettevano in pratica i principi dietetici della prestigiosa “scuola medica salernitana”, conosciuta in tutta Europa, che ammonisce: “quale, che cosa e quando, quanto, quante volte, dove darlo, di queste cose deve tener conto il medico quando il cibo va prescrivendo” NASCE UNA “CUCINA INTERNAZIONALE” Il continuo viaggiare delle persone, pellegrini, appartenenti a ceti e culture differenti ha contribuito allo scambio di saperi e tradizioni tra i diversi paesi. Si assiste così alla nascita di una sorta di “cucina internazionale” con piatti che si possono ritrovare identici, o con poche varianti, su tutte le tavole della nobiltà e dei prelati europei ma anche tra il popolo. I cibi sono di solito molto conditi, si diffonde l’uso di spezie quali zenzero, pepe, cannella, zafferano e molte altre, importate in Europa dai Crociati. Un ruolo importante è svolto in questo senso anche da popoli di paesi o religioni diverse: in Spagna e in Sicilia gli Arabi condizionano profondamente la gastronomia con l’uso delle spezie, la cucina ispano-ebraica usa condimenti come timo e origano.