IL PICCOLO IMPRENDITORE
ART.
2083
c.c.
Sono
piccoli
imprenditori i coltivatori diretti
del fondo; gli artigiani, i piccoli
commercianti e coloro che esercitano
un'attività professionale organizzata
prevalentemente con il lavoro proprio
e
dei
componenti
della
propria
famiglia.
Categorie di piccoli
imprenditori
●
i coltivatori diretti del fondo;
●
gli artigiani;
●
i piccoli commercianti;
coloro che esercitano un'attività;
professionale organizzata prevalentemente
con il lavoro proprio e dei componenti
della propria famiglia
●
Dalla lettura del dato letterale della norma si
desume che:
1) i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani e i
piccoli commercianti
sono le figure tipiche di
“piccolo imprenditore”;
2) con l'ultima parte della norma si ricomprendono
nella categoria del piccolo imprenditore figure di
piccoli imprenditori diversi da quelli indicati nella
prima parte della norma
↓
con un carattere distintivo: la prevalenza del lavoro
proprio e dei propri familiari
Prevalenza del lavoro proprio
e dei propri
familiari sugli altri fattori di produzione
La
prevalenza
deve
essere
interpretata
relazione ai seguenti parametri:
in
- lavoro di terzi
- capitale proprio e di terzi
- macchinari
L'applicazione del criterio della prevalenza del lavoro proprio
come tratto distintivo di tutti i piccoli imprenditori nella
giurisprudenza
Cass. Civ, Sez. I, 20 settembre 1995, n. 9976 La
Suprema Corte ha ritenuto, in tale pronuncia, che
l'iscrizione
nel registro delle imprese della
impresa come “artigiana” non esonerasse in modo
assoluto l'artigiano dalla disciplina del fallimento,
rilevando che “l'artigiano può perdere i connotati di
piccolo imprenditore e divenire soggetto passivo di
procedure concorsuali, qualora organizzi ed estenda
la propria attività in modo ed in misura tali da
farle
assumere
le
caratteristiche
dell'impresa
industriale e da indirizzarla al conseguimento
del
profitto, e non solo del guadagno, normalmente
modesto,
ricavabile
da
un'attività
organizzata
prevalentemente con il lavoro proprio e della propria
famiglia”;
ciò
conformemente
al
consolidato
orientamento della giurisprudenza (cfr. Cass. n. 2310
del 1987; n. 5403 del 198;, n. 28 del 1975.
●
Cass. Civ., Sez. I, 22 dicembre 1994 n. 11039
La Corte di Cassazione afferma che “l'artigiano
diventa
un
normale
imprenditore
commerciale
e,
conseguentemente,
può
essere
assoggettato
a
fallimento, solo quando organizzi la sua attività in
modo da costituire una base di intermediazione
speculativa e da far assumere al suo guadagno,
normalmente
modesto,
i
caratteri
del
profitto,
realizzando così una vera e propria organizzazione
industriale, avente autonoma capacità produttiva ed
in cui l'opera del titolare non è più essenziale, né
principale. Sicché non si è in presenza di un piccolo
imprenditore”
NE CONSEGUE CHE
LA PREVALENZA
COSTITUISCE IL PARAMETRO E LA
REGOLA
DI
CARATTERE
GENERALE
AI
FINI
DELL'INDIVIDUAZIONE
DEL
PICCOLO
IMPRENDITORE
(cfr. in dottrina Campobasso e Cottino)
Effetti sul piano giuridico della qualifica di
piccolo imprenditore
1)Esenzione dalle scritture contabili art. 2214 ultimo comma c.c.
Art. 2214 c.c. Libri obbligatori e altre scritture contabili:
L'imprenditore che esercita un'attività commerciale deve tenere il
libro giornale e il libro degli inventari.
Deve altresì tenere le altre scritture contabili che siano
richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa e
conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle
lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute; nonché le copie
delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite.
Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli
imprenditori
2) Iscrizione nel Registro delle Imprese
L'iscrizione ha valore di pubblicità
anziché pubblicità dichiarativa
notizia
Art.2221 c.c. Fallimento e
concordato preventivo
Gli imprenditori
che esercitano
un'attività commerciale (art. 2195
c.c.), esclusi gli enti pubblici e i
piccoli
imprenditori
(art.
2083
c.c.),
sono
soggetti,
in
caso
d'insolvenza,
alle
procedure
del
fallimento
e
del
concordato
preventivo, salve le disposizioni
delle leggi speciali
La normativa fallimentare – R.D. 16 marzo 1942 n. 267
Art. 1
Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento, sul
concordato preventivo e sull'amministrazione controllata gli
imprenditori che esercitano un'attività commerciale, esclusi gli
enti pubblici e i piccoli imprenditori ---> simmetria con art.
2221 c.c.
Sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti
un'attività commerciale; i quali sono stati riconosciuti, in sede
di accertamento ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, titolari
di un reddito inferiore al minimo imponibile. Quando è mancato
l'accertamento ai fini dell'imposta di ricchezza mobile sono
considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti
un'attività commerciale
nella cui azienda risulta essere
investito
un capitale non > lire 900.000. In nessun caso sono
considerati piccoli imprenditori le società commerciali.
Struttura della norma
1) il primo comma ricalca l'art. 2221 c.c.;
2) il secondo
fallimento:
comma
individua
gli
in funzione del reddito dichiarato
dell'imposta sulla ricchezza mobile
●
Reddito >
fallibile;
imprenditori
in
sede
di
soggetti
accertamento
minimo imponibile → Non piccolo Imprenditore, quindi
Reddito < minimo imponibile → Piccolo Imprenditore non fallibile;
In funzione del capitale investito
●
Capitale > £ 900.000 → non è piccolo Imprenditore;
●
Capitale < £ 900.00 → è Piccolo Imprenditore.
●
a
La
nozione
“fallimentare”
di
piccolo
imprenditore,
aveva
carattere
integrativo
rispetto all'art. 2083 c.c., volta a facilitare
l'opera del giudice ai fini dell'individuazione
del piccolo imprenditore
Corte Costituzionale Sentenza 22 dicembre 1989 n.
570
Medio
tempore
l'imposta
sulla
ricchezza
mobile
era
stata
abrogata,
conseguentemente rimaneva in vigore dell'art. 1 della L.F. il comma secondo che
riguardava il capitale investito.
La giurisprudenza riteneva che il criterio dettato dal secondo comma avesse
valore integrativo rispetto a quanto previsto dall'art. 2083 c.c.
La corte Costituzionale
ritiene fondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata in ordine all'art. 1 della L.F., ritenendo che “il
limite
delle 900.000 lire non è stato adeguato
alla svalutazione monetaria
verificatesi, mentre la nozione di artigiano si è man mano modificata
così
come quella di coltivatore diretto. E lo stesso legislatore, in varie leggi,
prevedendo
incentivi
per
risolvere
la
crisi
economica
ed
agevolare
l'occupazione specie giovanile, ha considerato piccole industrie quelle che
investono capitali di gran lunga superiori a lire 900.000.
Comunque essa
non realizza più le finalità che l'hanno determinata e la sua applicazione sul
piano pratico produce disparità di trattamenti ed appare affetta da illogicità
e irrazionalità. A fondare la distinzione, specie ai fini dell'assoggettabilità
o meno alla procedura fallimentare, occorre un criterio assolutamente idoneo e
sicuro. I limiti devono essere stabiliti in relazione all'attività svolta,
all'organizzazione dei mezzi impiegati, all'entità dell'impresa ed alle
ripercussioni che il dissesto produce nell'economia generale. L'insussistenza
di validi presupposti per la diversificazione delle situazioni soggettive che
si volevano diversamente e distintamente disciplinate crea anche disparità di
trattamento, tanto più che altre norme (artt. 2083 e 2221 del c.c.) pongono più
validi criteri di distinzione”.
Disciplina transitoria dopo la pronuncia
delal Corte Costuzionale e ante riforma
L.F. 2006
A seguito della pronuncia della Corte Costituzionale, al
fine di escludere dal fallimento il piccolo imprenditore,
vengono
utilizzati
esclusivamente
i
criteri
dettati
dall'art. 2083 c.c.
Giurisprudenza di merito:
Tribunale di Milano, sentenza 29 aprile 1993, “a seguito
della Corte Costituzionale n. 570 del 1989 per la
individuazione del piccolo imprenditore commerciale, non
assoggettabile a l fallimento, il giudice non deve fare
ricorso a un criterio quantitativamente rigido sostitutivo
e dimensionalmente più adeguato a quello soppresso, ma
apprezzando il contenuto profondamente innovativo della
decisione sopra menzionata, deve porre l'accento sul grado
di allarme sociale che l'insolvenza può determinare nel
mondo economico e tener conto dell'ammontare del capitale
investito e della struttura organizzativa dell'impresa”.
D.LGS. 9 GENNAIO 2006 N. 5
I. Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato
preventivo gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale,
esclusi gli enti pubblici ed i piccoli imprenditori.
II. Ai fini del primo comma, non sono piccoli imprenditori gli esercenti
un’attività commerciale in forma individuale o collettiva che, anche
alternativamente:
a) hanno effettuato investimenti nell’azienda per un capitale di valore
superiore a euro trecentomila;
b) hanno realizzato, in qualunque modo risulti, ricavi lordi calcolati
sulla media degli ultimi tre anni o dall’inizio dell’attività se di durata
inferiore, per un ammontare complessivo annuo superiore a euro
duecentomila.
III. I limiti di cui alle lettere a) e b) del secondo comma possono essere
aggiornati ogni tre anni, con decreto del Ministro della giustizia, sulla
base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo
per le famiglie di operai e impiegati intervenute nel periodo di
riferimento.
Le due nozioni di piccolo imprenditore
Concorso di due nozioni:
1)
la
prima
definizione
è
disciplinata
positivamente dall'art. 2083 c.c. e fondata
su criteri qualitativi;
2)la seconda nozione è introdotto dalla legge
fallimentare
ed
è
basata
su
criteri
quantitativi
Il problema del coordinamento tra le due nozioni...
Poteva
verificarsi
che
un
soggetto
qualificabile
come
piccolo
imprenditore ex art. 2083 c.c. superasse uno dei criteri dimensionali
introdotti dal secondo comma della L.F.
In giurisprudenza tale problema interpretativo veniva risolto a seconda
dei casi:
1) Il superamento di anche un solo dei limiti posti dalla legge
fallimentare implica la presunzione assoluta di imprenditore non piccolo
conseguentemente assoggettabilità al fallimento
2) Il mancato superamento dei limiti posti dalla legge fallimentare non
implica l'attribuzione della qualifica di piccolo imprenditore per
presunzione assoluta, ma necessita di un'indagine ai sensi dell'art. 2083
c.c. In caso di mancato superamento dei
parametri
della L.F.,
l'accertamento in merito alla qualifica del soggetto non poteva dirsi
concluso, nel senso che si rendeva necessario verificare caso per caso se
l'imprenditore fosse piccolo ex art. 2083 c.c., con tutte le difficoltà
connesse a tale accertamento.
Imprese soggette al fallimento e al concordato
preventivo (D.lgs. 12 settembre 2007 n. 169)
I. Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato
preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale,
esclusi gli enti pubblici.
II. Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato
preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il
possesso congiunto dei seguenti requisiti:
a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della
istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata
inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non
superiore ad euro trecentomila;
b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi
antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio
dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare
complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila annuo non superiore
ad euro duecentomila;
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro
cinquecentomila.
III. I limiti di cui alle lettere a), b e c) del secondo comma possono
essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della
giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT
dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenute
nel periodo di riferimento.
Effetti della riforma 2007
Eliminazione
di
qualsiasi
riferimento
qualifica di piccolo imprenditore;
●
alla
Possesso congiunto degli specifici parametri ai
fini dell'esenzione dal fallimento;
●
Requisiti dimensionali massimi;
●
Introduzione del nuovo criterio dell'esposizione
debitoria complessiva quale terzo parametro ai
fini dell'assoggettamento al fallimento;
●
Innalzamento della soglia dell'art. 15 L.F. da
25.000 a 30.000
●
Eliminato il riferimento ai piccoli imprenditori
come causa di esenzione dal fallimento?
L'art. 2221 c.c.?
I piccoli imprenditori falliscono?
Le tre interpretazioni giurisprudenziali:
1^ Orientamento
La modifica introdotto ha abrogato implicitamente l'art. 2221 c.c.,
posto
che
la
disciplina
speciale
contenuta
nella
L.F.
utilizza
esclusivamente i criteri dimensionali (art. 2 L.F.) senza più far
riferimento all'esenzione posto a favore del piccolo imprenditore.
Tale interpretazione si fonda sui seguenti motivi:
- il dato letterale dell'art. 2221 c.c. che limita il proprio ambito di
applicabilità con riserva espressa alle leggi speciali con conseguente
deroga alla regola di cui all'art. 2221 c.c.;
- fine del legislatore con l'eliminazione del riferimento alla categoria
dei piccoli imprenditori è quello di dissipare ogni dubbio interpretativo,
facendo leva ai fini dell'assoggettabilità al fallimento dei soli criteri
dimensionali
Conforme a tale interpretazione della norma, si sono espressi dei
Tribunali di merito (cfr. Trib. Tolmezzo 14 ottobre 2008; Corte Appello
Torino 15 giugno 2010).
Tribunale di Tolmezzo 14 ottobre 2008
“Questo
collegio aderisce all'interpretazione (prevalente in
dottrina) secondo cui dopo la riforma del 2007 la rilevanza della
definizione di piccolo imprenditore ex art. 2083 c.c. È stata del
tutto eliminata dalla legge fallimentare. Infatti anche se l'art.
2221 c.c. Continua ad escludere i piccoli imprenditori insolventi
dal fallimento, nondimeno il testo riscritto dell'art. 1, primo
comma, L.Fall. Non contempla più tale esenzione, rimasta invece
confermata per gli enti pubblici. Siccome comunque l'art. 2221
c.c. Comunque salve le disposizioni di legge speciale e siccome la
modifica impressa dal legislatore a quest'ultima è profonda e
consapevole, si deve ritenere che al fine di verificare il
presupposto soggettivo per il fallimento si imponga ormai la sola
analisi degli indici di cui al novellato art. 1 L.Fall., senza
riferirsi ai tradizionali criteri di cui all'art. 2083 c.c.
”
2^ orientamento
L'art. 2221 c.c. non è stato abrogato dal decreto
legislativo del 2007 e pertanto conserva il suo
contenuto normativo.
Conseguentemente il fallimento sarà escluso sia
per tutti gli imprenditori di cui all'art. 2083
c.c. sia per gli imprenditori commerciali che
possiedano congiuntamente i livelli dimensionali
posti dal comma secondo dell'art. 1 L.F.
In concreto si verificherebbe
dell'area di esclusione
un
ampliamento
3^ orientamento
Le due norme (art.
L.F) non sono in
disciplina la non
mentre la seconda
e grandi imprese.
2221 c.c. e l'art. 1 comma secondo
conflitto reciproco, ma la prima
fallibilità delle piccole imprese,
afferma la fallibilità delle medie
Il comma secondo dell'art. 1 L.F. introduce una
deroga
all'art. 2221 c.c., circoscrivendo i piccoli
imprenditori non fallibili.
Sono
fallibili
le
imprese
che
pur
avvalendosi
prevalentemente del lavoro del titolare e dei suoi
familiari, abbiano tuttavia raggiunto determinati
livelli
di
attivo
patrimoniale,
ricavi
e
indebitamento.
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IL PICCOLO IMPRENDITORE - Scuola di Economia e Statistica