… un problema antico quanto l’uomo ... Quella dell’integrazione è problematica delicata e assolutamente attuale. Il confronto con individui di etnie e culture diverse, trasferitesi nel nostro Paese in cerca di un’ esistenza dignitosa, caratterizza ormai la nostra esperienza quotidiana. Ciò che occorre sapere è come relazionarsi con loro, cosa pretendere dal loro atteggiamento al fine di porre le basi di un’auspicabile integrazione dalla quale ciascuno trarrà vantaggio. La trattazione di un tema senza tempo, particolarmente scottante al giorno d’oggi, dalle implicazioni più disparate, ci è sembrato dover essere impostata su criteri rigorosi, finalizzati allo sviluppo di una consapevole riflessione. L’idea è stata allora quella di addentrarci nel passato con un immaginario viaggio temporale per raccogliere interessanti suggestioni storiche riguardo alla tematica in questione. Alla freddezza e alla monotonia di una semplice deposizione descrittiva, abbiamo ovviato attraverso la tecnica dell’intervista prestataci dall’opera “Le Interviste Impossibili” di Umberto Eco. La linea del tempo riportata nella successiva diapositiva illustra i periodi storici su cui abbiamo concentrato la nostra particolare attenzione. ROMA I secolo d.C. ITALIA 2000 SPAGNA 1600 STATI UNITI 1900 La parola con cui la lingua latina indicava in origine lo straniero era hostis termine che nella Roma arcaica come in tutte le società cosiddette primitive implicava un rapporto doveroso di ospitalità segnato da precisi riti di accoglienza. Ma l‘evoluzione linguistica del latino impose una nuova accezione di hostis nel senso dello straniero pericoloso da guardare con diffidenza; per designare quello inoffensivo da accogliere come ospite in casa propria, si coniò invece dalla stessa radice un nuovo vocabolo, hospes. Nella Roma arcaica lo straniero insomma era si un estraneo ma i rituali dell’ ospitalità permettevano di addomesticarlo e di riconoscere i propri diritti ; successivamente invece con il dispiegarsi dell’ imperialismo romano, egli venne percepito sempre più come un rivale. Per comprendere un po’ meglio la natura del rapporto tra romani e stranieri in piena età imperiale ci siamo tuffati nel passato per raccogliere le opinioni di due personalità d’eccezione di quel periodo: Giuseppe Flavio, ebreo palestinese che ottenne la cittadinanza romana, si stabilì a Roma e tentò di rendere compatibile la sua appartenenza culturale con l’integrazione nell’impero; Tito Flavio, imperatore romano, lungamente elogiato per le sue qualità umanitarie,ma al contempo diretto responsabile dell’inizio della diaspora ebraica nel 70 d.C. Salve a entrambi, o … meglio … ave, grazie in anticipo per aver accettato di fornirci la vostra testimonianza. Perdonerete il latino scolastico … ma procediamo con l’intervista … Vostra altezza, a voi la precedenza. Riconoscerete che le vostre scelte nei confronti del popolo ebraico conquistato sono state piuttosto radicali. “Beh … l’autorità imperiale ti costringe talora a decisioni assai impopolari … benché necessarie …” In che senso se permettete? “Vedi, quello ebraico è un popolo ingovernabile … soprattutto se si è sovrani stranieri. La loro religione gli proibisce di riconoscere la natura divina del mio potere … e così … l’uso della forza diventa inevitabile.” Dunque lei ritiene che non sarà mai possibile alcuna integrazione tra romani e giudei? “Almeno fino a quando non saranno disposti ad abbandonare le loro convinzioni più inaccettabili … Inaccettabili, per chi? “Per Roma ovviamente. La forza dell’impero che io governo fu costruita dai Cesari che mi precedettero, tra cui mio padre, sulla coesione di tutte le sue parti e nella indiscussa subordinazione al sovrano … L’infiltrazione di una componente culturale ebraica comprometterebbe la stabilità dello Stato … per questo bastano e avanzano i Greci.” Giuseppe Flavio, salve anche a voi. Un tempo combattevate contro i romani per l’indipendenza della Giudea, ora vivete sotto la protezione dell’imperatore Tito: un cambiamento a dir poco curioso … “E’ vero, da giovane provavo un odio profondo verso i romani … l’incontro con l’allora generale Tito poi mi ha fatto capire che anche tra loro c’è spazio per umanità e saggezza.” Umanità? Il generale Tito si rese responsabile di atti atroci nei confronti di voi ebrei … “Ricordati che Tito eseguiva degli ordini; la sua condotta da imperatore a Pompei ed Ercolano dimostra ad ogni modo la sua indole umanitaria.” E del vostro … presunto tradimento? Voi avevate guidato un gruppo di ribelli antiromani … poi vi siete consegnati al nemico … “E’ una domanda che mi aspettavo. In effetti molti ebrei mi criticarono, ma credo di aver fatto molto per favorire la loro successiva integrazione nell’impero. Nelle mie opere non ho mai ripudiato le mie radici culturali … Anzi talora ho cercato di sensibilizzare l’opinione pubblica romana … Il mio obbiettivo era dimostrare che la cultura ebraica meritava anch’essa dignità e rispetto, nonostante la presenza di minoranze anti-romane.” Eppure i suoi scritti sono comunemente considerati filo-romani … “Di certo una definizione sommaria … ma non del tutto fuori luogo: la mia convinzione è che una civile convivenza tra popoli così differenti debba necessariamente passare per il riconoscimento delle rispettive tradizioni e credenze … Ciò significa che l’integrazione comporta necessariamente un compromesso tra le parti.” Flavio Giuseppe … la ringraziamo … “ E’ stato un piacere … “ ROMA I secolo d.C. ITALIA 2000 SPAGNA 1600 STATI UNITI 1900 Col nome di moriscos si indicano i musulmani che furono forzati ad abbracciare la religione cristiana tra il 1492, anno della Reconquista, e il 1526. Il termine fu peraltro usato con connotazione dispregiativa anche per i loro discendenti fino alla definitiva espulsione degli islamici nel quinquennio 1609/1614. Il processo fu sostenuto dalle autorità ecclesiastiche, in special modo dall’arcivescovo di Toledo Francisco Jiménez de Cisneros che dal 1498 attuò una forzosa conversione di tutti gli arabi e berberi che occupavano la penisola iberica. La repressione antiislamica crebbe d’intensità negli anni a seguire e al divieto di possedere libri islamici si accompagnarono misure miranti a cancellare usanze considerate legate alla cultura islamica. Nel 1609 sotto il regno di Filippo III si giunse alla decisione dell’espulsione vista la chiara superficialità della conversione dell’elemento islamico considerato inoltre politicamente malfidato. In Spagna si ebbe un breve periodo di crisi del settore agricolo per l’improvviso calo del numero dei coltivatori, alleviato tuttavia da oro e argento provenienti dal Nuovo Mondo. Ancora una volta per capire quali fossero i termini del rapporto tra la le due componenti culturali in questione alla vigilia dell’espulsione, abbiamo deciso di raccogliere attraverso un immaginario viaggio nel passato la suggestiva testimonianza di chi quella particolare realtà la visse in prima persona: il re di Spagna e Portogallo Filippo III, esecutore della definitiva cacciata dei moriscos dalla penisola iberica ci renderà conto del punto di vista spagnolo; l’opinione della controparte islamica ci sarà offerta da Ali Hamed commerciante andaluso di origini islamiche, i cui avi furono costretti ad una conversione di facciata che mai, neanche nelle successive generazioni, seppe concretizzarsi in una fede sincera nel credo cristiano. Salve vostra maestà, la ringraziamo per la vostra disponibilità nonostante in questo periodo sia molto impegnato a risolvere importanti questioni politiche … “Beh in effetti è proprio così: sono in corso le trattative per la pace in Olanda, stiamo cercando di allacciare relazioni diplomatiche con l’Inghilterra, … per non parlare della spinosa situazione interna dei moriscos …” Ecco proprio su questo ultimo tema volevamo focalizzare l’ attenzione: come vedete la componente araba all’interno della vostra società? “Sicuramente non gode della mia stima: già mio padre, trovandosi ad affrontare lo stesso problema, fu costretto a rispondere con durezza alle loro continue sommosse, tanto da arrivare a costringerli alla conversione. Evidentemente questo provvedimento non è bastato, così io stesso sono dovuto intervenire per placare una nuova rivolta.” Ma, secondo lei, qual è la sorgente che scatena il loro malcontento? “Non so proprio come spiegarmelo … continuano a farmi richieste impossibili da soddisfare. Spesso capita che tutte queste pretese sfocino in atti sovversivi ai quali sono costretto rispondere con la forza. Stanno diventando un serio pericolo per il mio potere e credo che sarò costretto a non fermarmi davanti a nulla.” Che cosa intende con questa presa di posizione così forte? “Dal momento che l’ integrazione fra il nostro popolo e il loro sembra impossibile, credo che l’ unica soluzione possibile al momento sia quella di cacciarli allontanandoli dal mio regno. Così facendo, cercherò di garantirne la sicurezza e l’ incolumità.” Grazie infinite, vostra maestà, per il tempo concessoci … “Grazie a voi …. è stato un vero piacere.” Salve anche a lei signor Hamed grazie per essere venuto. “Grazie a voi per l’ invito e mi scuso per il ritardo … l’ affare di questa mattina ha richiesto più tempo del previsto!” Si figuri, immagino che la sua attività di commerciante sia molto impegnativa … “Si , sicuramente esige molto tempo e attenzione. Tuttavia non si incontrano molte difficoltà nel portarla avanti … Soprattutto se non si è musulmani!” Vuole dire che esiste una politica anti-islamica che vi penalizza anche sul piano economico? “Certamente: negli ultimi anni la pressione fiscale nei nostri confronti è cresciuta vertiginosamente.” Quindi la vostra integrazione nella società spagnola non va certo migliorando … “Beh … direi proprio di no. Evidentemente non hanno gradito la nostra la nostra conversione fittizia al cristianesimo e l’ odio nei nostri confronti va crescendo sempre più. E non riesco a comprenderne il motivo visto che occupiamo la penisola iberica da oltre ottocento anni e stiamo dando un grande contributo all’ economia spagnola.” Secondo lei quale sarà il prossimo provvedimento nei vostri confronti? “Alcune voci parlano di una nostra possibile espulsione dal regno ma il solo pensiero mi fa rabbrividire …” La capisco pienamente. Signor Hamed, la ringrazio e le faccio un grande in bocca al lupo per il futuro. ROMA I secolo d.C. ITALIA 2000 SPAGNA 1600 STATI UNITI 1900 Proseguendo il nostro viaggio nella storia dall’antica Roma fino ai giorni d’oggi riteniamo un’altra tappa fondamentale il primo ‘900. Questi anni infatti furono scenario di numerosi fenomeni migratori, soprattutto verso le Americhe. Milioni di Italiani lasciarono la penisola con la speranza di un futuro migliore che l’Italia non riusciva a garantire. Per questa gente l’integrazione nella società americana non fu particolarmente difficile; tuttavia ben presto quando anche la mafia siciliana sbarcò negli States, gli americani iniziarono a guardare storto la minoranza italiana. Per osservare più da vicino la questione abbiamo deciso di intervistare Luigi Pigozzi, italiano originario di Gerenzano emigrato nel 1913 a New Galilee e John Kinley Tener, il governatore della Pennsylvania. Cominciamo da lei Signor Pigozzi ci racconti un po’ della sua avventura ... come è riuscito a sistemarsi qui a New Galilee? “Per fortuna mi ha aiutato mio fratello Sisto, che vive qui da 10 anni …. Senza di lui non so come avrei fatto.” Immagino che lei sia scappato dall’Italia per sfuggire alla miseria e alla povertà, è riuscito a risolvere i suoi problemi qui in America? “Se non altro sono riuscito a trovare lavoro che mi permette di vivere senza troppe preoccupazioni. Nella zona stanno nascendo molte fabbriche che hanno un gran bisogno di manodopera e noi facciamo proprio al caso loro.” Quindi non avete incontrato troppe difficoltà ad integrarvi in questa nuova realtà sociale? “No, affatto a parte le solite accuse di essere mafiosi, ma ormai ci siamo abituati. Per loro tutti gli italiani hanno a che fare con la mafia ... anche noi del nord!” La ringrazio signor Pigozzi e buona fortuna. Ora passiamo a lei, Mr Tenner cosa ne pensa del non indifferente flusso migratorio diretto verso gli USA? “Si tratta di un fenomeno delicato mantenuto sotto controllo. I milioni di immigrati che arrivano nel nostro Paese possono soddisfare la richiesta di manodopera del settore industriale soprattutto quello della Pennsylvenia interessato da un forte sviluppo proprio in questo pericolo.” Rappresentano quindi una risorsa importante …. “Si, anche se non va dimenticato che ogni medaglia ha il suo rovescio. Nel caso specifico degli italiani, il pericolo è rappresentato dal gran numero di mafiosi che riescono ad infiltrarsi nella nostra società.” E come pensa di riuscire a bloccarli? “Sicuramente bisogna rafforzare i controlli nei porti, ma non è semplice dal momento che ne arrivano centinaia ogni giorno.” In poche parole lei vuole lasciare le porte degli Stati Uniti aperte solo a coloro che non rappresentano un pericolo per la società e che, al contrario, possano giovare all’economia americana. “Esattamente, e spero che il governo riesca ad attuare questo progetto al più presto, altrimenti rischiamo di perdere il controllo della situazione.” La ringrazio per la collaborazione, Mr Tenner. ROMA I secolo d.C. ITALIA 2000 SPAGNA 1600 STATI UNITI 1900 Dopo aver visto come l’ integrazione degli extracomunitari sia stata gestita nell’ antica Roma,nel Medioevo e poi nei primi anni del ‘900 siamo giunti nel 2007. Vediamo come ai giorni nostri si sia sviluppato questa importantissima problematica, che si sta interessando sempre più il nostro Paese, ora non più patri di emigrati ma meta ambita da molti giovani provenienti dai Paesi del est europeo o dell’ Africa del nord. Per questo motivo abbiamo intervistato il Dott. Barcella, presidente della Confindustria di Bergamo e Hamid, giovane marocchino emigrato da qualche anno in Italia. Ciao Hamid, grazie per averci concesso un po’ del tuo tempo. Innanzitutto volevamo chiederti quali erano le tue aspettative prima di lasciare il tuo Paese. “Sicuramente la possibilità di un futuro migliore … lontano dalla povertà … la volontà di aiutare la mia famiglia che versa in condizioni di degrado.” È stato così? “ A malincuore devo ammettere che il mio arrivo in Italia mi prospettò soltanto una serie infinita di problemi che disillusero le mie speranze: prima di tutto la lingua per non parlare del lavoro, dell’ alloggio, dell’ impossibilità di frequentare luoghi di culto, dell’ emarginazione …” Che cosa intendi per emarginazione? “L’immagine che un italiano medio ha sull’ extracomunitario è quella di un essere pigro e parassita. Ritengo che il fenomeno dell’ emigrazione venga troppo spesso strumentalizzato: troppo facile identificarlo come causa di tutti i mali italiani. Senza contare il ruolo della manodopera straniera nell’economia nazionale; certo attività come lavavetri, venditori ambulanti o spacciatori sono purtroppo piuttosto diffuse, ma non sono le sole … e soprattutto non sono quelle prevalenti. Sicuramente è più facile notarle perché operano nella strada, piuttosto che tutte le occupazioni regolari, soprattutto nel settore dell’ agricoltura e dell’ industria. Infine sottolineerei la disponibilità degli immigrati a impieghi faticosi e poco gratificanti rifiutati dai loro colleghi italiani.” E riguardo una futura integrazione … la ritieni possibile? “Non dico che sia impossibile ma di certo è un obiettivo difficile da raggiungere. Riconosco che spesso gli immigrati infrangono i principi che regolano la convivenza civile; tuttavia ciò non giustifica l’atteggiamento prevenuto di molti italiani nei confronti di intere etnie straniere.” Grazie Hamid la tua testimonianza è stata preziosa. Buonasera Dott. Barcella volevamo chiederle qualche opinione riguardo l’integrazione degli immigrati nel bergamasco. “Beh credo siamo tutti d’accordo nel ritenerlo uno dei problemi più rilevanti ai nostri giorni. I vari governi hanno cercato una soluzione con numerose proposte di legge: la legge Martelli garante di alcuni elementari diritti tra cui l’assistenza sanitaria, l’inserimento nella scuola, la difesa dello sfruttamento; la Bossi Fini che limita l’ afflusso di immigrati accettando solamente coloro che già posseggono un contratto lavorativo. Tuttavia il problema non è stato risolto date le immense proporzioni del fenomeno che ostacolano qualsiasi tentativo di controllo.” Quindi secondo lei il problema riguarda le leggi? “Direi proprio di si soprattutto denoto la mancanza di una concreta politica di integrazione, ovviamente necessaria per il miglioramento non solo delle vite degli immigrati ma degli stessi cittadini italiani.” Lei ha parlato di politica di integrazione: ci faccia degli esempi … “A livello legislativo occorre incentivare ulteriormente l’occupazione legale e regolare degli stranieri, già ampiamente praticata nelle nostre imprese. Per gli oltre 5000 dipendenti extracomunitari operativi presso le aziende affiliate alla Confindustria di Bergamo è già attivo inoltre uno “Sportello stranieri” che lavora a stretto contatto con le istituzioni in particolare questura e prefettura per semplificare le pratiche burocratiche d’assunzione.” In aggiunta offriamo loro e alle loro famiglie corsi di lingua e spesso alloggi. Tutto questo perché crediamo nella necessità di una rapida integrazione di queste persone che rappresentano una considerevole forza aggiuntiva per la manodopera nel nostro Paese.” La ringraziamo per il tempo che ci ha concesso. Arrivederci. Il nostro immaginario viaggio nel passato ci ha consegnato il quadro complesso e variegato di una problematica, quella dell’integrazione tra popoli differenti, che conserva anche e soprattutto oggi grande attualità. Notizie inerenti gli immigrati nel nostro Paese, coi loro misfatti, i loro problemi, i loro sbarchi di fortuna sono ormai all’ordine del giorno tanto da correre il serio rischio di essere trascurate e persino ignorate, laddove meriterebbero di essere oggetto di profonde riflessioni. Nell’opera di documentazione e rielaborazione dei dati che ha preceduto la realizzazione del nostro progetto abbiamo cercato di penetrare il tema dell’integrazione: ora intendiamo tirare le somme del nostro lavoro ed esprimere le conclusioni che ne abbiamo saputo ricavare. Dalle testimonianze incrociate dell’Ebreo e del Romano, del Morisco e dello Spagnolo,dell’Italiano e dell’Americano, emerge la chiara necessità di un compromesso, un prezioso punto d’incontro cui pervenire attraverso un dialogo costante e scevro da pregiudizi. Si tratta a ben vedere di un obbiettivo difficile da raggiungere, che dovrà obbligatoriamente passare per un graduale, ma urgente,cambio di mentalità da entrambe le parti. Così ai cittadini del Paese ospitante sarà richiesto l’abbandono di una gratuita e deprecabile xenofobia, di quella paura generalizzata del “diverso” fortemente radicata nel pregiudizio; al contempo alla retorica vittimizzazione degli immigrati, va sostituito il riconoscimento delle loro responsabilità civili e morali, che spaziano dall’osservanza delle leggi al doveroso rispetto delle peculiarità culturali del Paese ospitante. Ciò non implica tuttavia l’ indiscriminata abiura dei relativi costumi tradizionali, che urterebbe la loro stessa dignità umana. Sembra facile a dirsi a parole: in realtà riteniamo si tratti un processo assai arduo e faticoso in cui l’opera istituzionale di sensibilizzazione debba opportunamente affiancarsi alla crescita morale collettiva. Ben vengano poi iniziative che promuovono l’integrazione straniera nella società e nel lavoro: solo la razionale consapevolezza della necessità del reciproco rispetto potrà garantire loro esiti felici. Il compromesso culturale sin qui descritto risulta insomma preliminare e propedeutico a qualsiasi intervento formale a sostegno dell’integrazione, passo decisivo nella risoluzione di questo scottante problema: la complessità risiede nel fatto che esso riguarda solo marginalmente l’ambito legislativo, quanto piuttosto la coscienza di popoli differenti e degli individui che li compongono. Bibliografia Wikipedia, the free enciclopedia; “Opera” di Giovanna Garbarino, Paravia editore; “Oltre il 2000” di Giampiero Viberti; www.confindustria.it; www.comunegerenzano.it. Ringraziamenti Federica Pilesi; Tommaso Recanatini; Alessio Rubini; Giovanni Tangherlini; Laura Volponi.