Il dialetto non è una variazione della lingua italiana ma una vera e propria lingua a sé, derivata da una diversa e indipendente evoluzione del latino parlato in un determinato luogo. Anche il dialetto, come tutte le lingue parlate, subisce una mutazione nel corso del tempo, assumendo vocaboli dall'italiano e quindi non bisogna stupirsi se il dialetto parlato dalle persone di una certa età differisce da quello parlato da persone più giovani. La particolarità del dialetto bustocco come "isola linguistica" ligure è così marcata da rendere possibile tracciare una zona che comprende quasi tutto il comune di Busto Arsizio lasciando fuori ad esempio Gallarate a nord il cui dialetto non presenta caratteri liguri o li presenta in forma molto attenuata. All'interno dell'isoglossa vi sono comunque differenze di parlata anche fra i diversi rioni di Busto Arsizio, come San Michele e San Giovanni, e ancor di più Sacconago e Borsano, che un tempo erano Comuni autonomi e ora aggiunti a Busto Arsizio. Il dialetto bustocco è la variante del dialetto lombardo occidentale parlata a Busto Arsizio, ma alcuni studi hanno avanzato l'ipotesi che abbia origini liguri, infatti è caratterizzato da un substrato (lingua a cui un'altra si è sovrapposta e della quale appaiono ancora tracce) ligure presente dall'antichità, e modificato successivamente dalla parlata gallo-romanza comune agli altri dialetti lombardo-occidentali. Tale substrato, presente anche in altri dialetti della zona, è più marcato nel bustocco. Le parole del dialetto bustocco derivano soprattutto dal latino (alapa-slepa, sberla), dal greco (osmè-usmà, odorare), dal longobardo (ghign-grinta, grinta), dallo spagnolo (tomatos-tumatis, pomodori), dal francese (jambongiambun, prosciutto) e dall’austriaco (geld-ghell, soldo). La durezza e la sinteticità; Semplificazione di tutte le consonanti doppie: PALLONE- BALON Riduzione del suono R fino alla sua quasi scomparsa; Conservazione della vocale finale delle parole (es. in diletto lombardo tetto si dice tècc in bustocco teciu) Si stacca notevolmente sia dal varesotto che dagli altri dialetti parlati nelle località più vicine a Busto Arsizio. Al plurale quasi sempre la stessa uscita vale sia per il maschile sia per il femminile. presenza della vocale "u" non accentata alla fine dei sostantivi e degli aggettivi maschili, dei verbi e avverbi (es. gatu, secu, coldu, büceu, candu invece di gatt, secch, cald, bicér, quand, tipiche del legnanese) sparizione di alcune consonanti intervocaliche (es. lauá invece di lavurá) Spesso la "a" accentata [á] suona come una via di mezzo tra la "a" e la "o". Uso dell'articolo “el” invece che “il” Tì che te tacchet i tacc, taccum a mì i me tacc! Mì taccat i tacc a tì? Taccheti ti tò tacc, ti che te tacchet i tacc! Tu che attacchi i tacchi, attacca a me i miei tacchi! Io attaccare i tacchi a te? Attaccateli te i tuoi tacchi, Tu che attacchi i tacchi UN PASSU Un pàssu, in dul silenziu al pài ch'al ma vègn drè, lingéu lingéu, ch'a séntu dumà mén; E sübitu, da déntu, un gran turmentu al ma trabüla al ma fa gnì 'l magón. Un passo nel silenzio Sembra che mi segua, leggero leggero, che sento solo io. E subito dentro un gran tormento mi scuote, mi commuove. 'Ndabén se ti, ch'a te sé dré a cercami ? Hin i tó passi, ch'a cugnussu inscì bén ? Forse sei tu, che mi stai cercando ? Sono i tuoi passi che conosco così bene ? 'Ndabén lanscì Indué che mó te sé, sé dapartì ? Te gh'è bisögn da mén ? Forse, là dove sei ora, sei sola ? Hai bisogno di me ? Ul cöi ch'al báti, ma gir'indré sübitu, par cercáti! Ma gh'è nisögn, gh'è non ul mé bén ! Dumà chèl pássu lingéu lingéu, ch'a séntu sémpar dadré da mén Il cuore mi batte. mi giro indietro subito, per cercarti, ma non c'è nessuno, non c'è il mio bene ! Solo quel passo leggero leggero che sento sempre dietro di me