Corso di frane A.A. 2014/2015 Determinazione delle soglie pluviometriche di innesco di frane superficiali Studentessa: Capuano Clara 0622500167 Caratteristiche delle frane superficiali Messina, dopo l’evento del 2009. (http://www.informazionesoste nibile.info/category/contempor anea-mente/page/2/) • Vengono innescate direttamente dalle precipitazioni; • scarsa profondità della superficie di scorrimento (da alcuni decimetri fino a 1.5m); • hanno evoluzione istantanea, non danno segni premonitori; • si sviluppano principalmente su versanti inclinati fra i 18° e i 45° e che presentano una copertura eluvio-colluviale o detriticocolluviale con sottostante substrato roccioso. Caratteristiche delle frane superficiali Meccanismi di rottura per frane profonde a cinematismo lento (in alto) e superficiali a cinematismo rapido (in basso). Le frane superficiali risultano difficili da prevedere, non danno segni premonitori dell’imminente collasso, a differenza delle frane a cinematismo lento, soggette a mutevoli stati di attività. La soglia pluviometrica di innesco La soglia pluviometrica di innesco rappresenta la minima intensità o durata di pioggia necessaria ad innescare un fenomeno franoso. Frana di Tizzano, Parma (2014). L’individuazione della soglia pluviometrica dipende da: • caratteristiche geotecniche e litologiche del suolo e del substrato roccioso; • parametri morfologici; • uso del suolo; • temperatura e umidità dell’aria; • complessa interazione delle precedenti variabili. La soglia pluviometrica di innesco Allo stato attuale delle conoscenze l’approccio più efficace per determinare la soglia pluviometrica su area vasta è quello statistico basato su accadimenti delle frane avvenute in passato. Viene identificata una soglia inferiore, al di sotto della quale non accade nessun evento franoso, e tre soglie intermedie, che identificano tre diversi livelli di criticità: • probabilità bassa: inneschi isolati di frane superficiali e erosione superficiale accelerata: • probabilità media: inneschi poco diffusi di frane superficiali (<10 eventi/km2); • probabilità alta: inneschi molto diffusi di frane superficiali (>10 eventi/km2). I sistemi di allerta Presso i Centri Funzionali Regionali per il rischio idrogeologico ed idraulico vengono effettuate non solo le tradizionali previsioni meteorologiche ma anche le valutazioni di criticità idrologica e idrogeologica, connesse e conseguenti agli eventi stessi. Tale valutazione è propedeutica all’attività di allertamento di competenza della Protezione Civile. I dati disponibili I dati di pioggia utili per la stima delle soglie pluviometriche sono reperiti grazie al sistema di monitoraggio pluviometrico. La scelta del periodo di analisi dipende dal tipo di terreno. Le argille ad esempio mostrano una forte dipendenza da piogge prolungate nel tempo e da condizioni di saturazione maturate in intervalli di tempo antecedenti anche settimane rispetto al giorno di accadimento della frana. Frana di Pitta, Parma 2014. Si tratta di una formazione argilloso-calcarea. (http://www.reteambienteparma.org/2014_03_ 01_archive.html) I dati disponibili Le frane usate nei vari casi studio sono ricavate da inventari frane e le caratteristiche degli eventi franosi sono generalmente ottenuti dalla cronaca, e più raramente da tecniche di telerilevamento. Telerilevamento: tecnica che permette di studiare gli oggetti mantenendosi a distanza da loro, sfruttando l’interazione fra l’onda elettromagnetica inviata da un sensore la superficie terrestre. (Campbell, 2002; Jensen 2007). Fotografia aerea della frana di Giampilieri, Messina, 2009. (http://www.aerosistemi.com/Prog ettieseguiti.htm) Immagine satellitare di una frana nella città di Emarese, Aosta. (http://treuropa.com/it/naturalhazards/landslides/). Monitoraggio attraverso fotografie aeree Vantaggi: • metodo semplice; • con condizioni meteo favorevoli si ottengono foto molto nitide. Svantaggi: • volando a quote relativamente basse (alcuni km), riprende aree molto limitate; • gli aerei non possono volare con condizioni meteo sfavorevoli e di notte; • il vento influenza l’orientazione dell’aereo, causando problemi di distorsione delle immagini; • manutenzione e funzionamento molto costoso; • rilievi non continui spazialmente e temporalmente; • tempi di rivisitazione molto lunghi (anni); • bassa precisione e accuratezza degli spostamenti. Foto aerea della frana di Sarno, Salerno, 1998. (http://www.massimosestini.it/Rassegna Stampa.aspx?tipo=M&pf=portfolio%20a ereo) Monitoraggio attraverso satellite Vantaggi: • acquisire immagini su aree vaste; • tempi di rivisitazione che vanno dai 35 giorni (ERS e ENVISAT) ai 4 giorni per (Cosmo-SkyMed); • dettagliato studio temporale e spaziale degli spostamenti; • definizione dello stato di attività dei fenomeni franosi. Svantaggi: • presenza di distorsioni geometriche dell’immagine; • studio degli spostamenti lungo la direzione bersaglio-sensore; • non efficiente in caso di copertura nuvolosa e presenza di aree vegetate. Immagine del satellite Cosmo SkyMed. (http://www.nextme.it/scienza/universo/1 209-asi-il-satellite-cosmo-skymed-e-inorbita-qgrande-successo-italianoq) Il caso studio: le frane scelte Sono state studiate 100 frane superficiali, avvenute in Italia dal 2002 al 2012 documentate nel catalogo frane compilato dal gruppo di ricerca del CNR IRPI (Rossi et al., 2012), composto da più di 2000 eventi franosi. Gli eventi scelti sono frane singole di prima attivazione. Le caratteristiche delle frane presenti in questo catalogo (ora e luogo di accadimento, volumi e dimensioni della massa in frana) sono ricavate generalmente da articoli di cronaca e da tecniche di telerilevamento (foto aeree e immagini satellitari). Localizzazione delle 100 frane scelte. (http://www.nat-hazards-earth-systsci.net/14/2399/2014/nhess-14-23992014.html) Il caso studio: la durata dell’evento critico Una volta localizzata la frana si individua il pluviografo più vicino, al fine di determinare la durata e la pioggia cumulata dell’evento critico che ha portato all’innesco della frana. Esistono due criteri per valutare la durata dell’evento di poggia critico: 1- il primo approccio considera solo l’evento di pioggia ritenuto responsabile dell’innesco della frana; 2 – il secondo approccio considera anche le caratteristiche delle piogge precedenti l’evento critico. La scelta di un criterio o dell’altro va effettuata a seconda del tipo di terreno, e valgono per il sito studiato, non sono criteri universali. Il caso studio: il metodo esperto Proposto da Brunetti (2010) determina la durata D dell’evento critico (in ore) e dell’intensità media della precipitazione I (mm/h). L’ora in cui è avvenuta la frana è identificata come il tempo finale dell’evento piovoso (TE). La scelta del tempo iniziale TS è più difficile, e va fatta utilizzando uno dei due approcci definiti prima. Noto TS e TE, si ricava D: D = TE – TS [h] Nota D si ricava la pioggia cumulata caduta in questo intervallo di tempo. A questo punto si stima l’intensità dell’evento critico: I = E/D [mm/h] Alcune considerazioni su questo approccio: è un metodo semplice, ma fortemente dell’operatore. influenzato dalle scelte Il caso studio: la procedura automatizzata Anche in questo caso TE coincide con l’ora di innesco della frana. La durata dell’evento viene stimata con il secondo approccio, cioè l’evento viene visto come un susseguirsi di periodi asciutti e di pioggia. La procedura è stata testata impostando due periodi secchi con due durate differenti (che possono essere modificate): 1TD = 48 h e 1 TD = 72 h. La procedura calcola la I(mm/h) all’interno di finestre temporali la cui lunghezza è scelta dall’operatore. Gli autori hanno usato: W1 = 3h, W2 = 6h e W3 = 12h. Andamento dell’intensità media (mm/h) nel tempo per il caso W1. (http://www.nat-hazards-earth-systsci.net/14/2399/2014/nhess-14-2399-2014.htlm) Il caso studio: la procedura automatizzata La procedura analizza le tre curve di intensità media cumulata, partendo da TE, cercando valori delle curve caratterizzati da valori inefficaci per l’innesco della frana (andamenti “piatti”). Andamento dell’intensità cumulata (mm/h) nel tempo per il caso W1. (http://www.nat-hazards-earth-systsci.net/14/2399/2014/nhess-14-2399-2014.htlm) Infine la procedura automatizzata calcola i valori della durata, della pioggia cumulata e dell’intensità di pioggia dell’evento critico. La procedura è stata implementata in uno script, che non può essere utilizzato con misurazioni di piogge “grezze”, ossia i dati vanno pretrattati. Il caso studio: confronto fra i due metodi La procedura automatizzata fornisce 6 coppie (D,E) per ogni frana, mentre il metodo esperto ne fornisce una sola. Confrontando i risultati ottenuti con le due metodologie si evince che le due rette di tendenza sono molto vicine fra loro. Osservazione: La procedura automatizzata ricostruisce condizioni di pioggia che hanno indotto frane più gravi rispetto a quelle stimate con il metodo esperto. Le differenze fra ognuna delle 100 coppie è pari circa al 40 %. Confronto fra le coppie (D,E) calcolate con il metodo esperto (in nero) e la procedura automatizzata (in rosso). (http://www.nat-hazards-earth-systsci.net/14/2399/2014/nhess-14-2399-2014.htlm)