Giornalino mensile della Fisac/Cgil San Paolo Banco di Napoli
SPAZIO LIBERO
Numero 19 – Dicembre 2005
RUBRICHE:
Editoriale
Mondo filiali
Attualità
C’era una volta
Cinema e
cultura
Flash
Anno II
EDITORIALE
E’ nostra tradizione, nell’editoriale, costruire un intervento sulle tematiche generali della categoria.
Questa volta vogliamo pubblicare un messaggio che il Segeretario Generale della Fisac/Cgil, Mimmo Moccia, ci
ha inviato, come dirigenti sindacali, in occasione delle festività.
Si tratta di una piccola auto-gratificazione che ci concediamo.
“Care compagne e cari compagni”,
il percorso congressuale ha confermato la vitalità e la forza della nostra Organizzazione.
Molti giovani, soprattutto donne, stanno affiancando ed integrando l’attuale generazione di dirigenti,
rinnovando i modi del fare sindacato e dando linfa nuova e vitale alle nostre strutture.
Ho partecipato, nei giorni scorsi, ad alcuni congressi di comprensori medio-piccoli.
E’ stata una esperienza motivante e gratificante.
La serietà, l’impegno, gli sforzi politici ed organizzativi, la tenacia dei nostri quadri e delegati sono
elementi di grande conforto e di pungolante stimolo.
Ho constatato come per la FISAC/CGIL la democrazia rappresenti un valore etico, politico, civile
universalmente praticato.
Ho assistito a discussioni appassionate tutte ispirate da un comune denominatore: difendere il Paese,
salvare la Costituzione, ricostruire l’Italia partendo dalla centralità del lavoro.
Ho visto uomini e donne dare una testimonianza autentica, reale e pratica di cosa voglia dire integrità,
sacrificio, dedizione, amore per l’organizzazione, condivisione di valori e di ideali.
Dinanzi a tanto fervore e così grande passione anche il più scettico ed il più pessimista tra noi avrebbe
tratto motivi di serenità e di fiducia.
Grazie. Ora ho graniticamente per certo che la FISAC/CGIL, oltre ad avere uno straordinario passato, ha
dinanzi a sé un altrettanto straordinario futuro. Ora mi è definitivamente chiaro che riusciremo a
ricostruire e ridare dignità al nostro Paese così ignobilmente devastato.
A voi vanno la mia gratitudine ed i miei auguri più cari ed affettuosi.
Buone feste e buon anno e che nel 2006 “il vostro cielo sia sempre più blù”.
Il Segretario Generale
Mimmo Moccia
MONDO FILIALI
UN VIRILE AUGURIO
Da: Responsabile del Mercato Corsica
A: tutto il personale delle filiali
di terra
di mare
e dell’aria
Anche quest’anno le invitte milizie del personale tutto di codesto Mercato, usi ad
obbedire tacendo, hanno assolto pienamente il loro dovere, fedeli al motto “quando la
Patria chiama, gestori e consulenti rispondono”.
Primi in tutti gli obiettivi, anche a quelli di briscola e pausa pranzo, le nostre tenaci
donne, i nostri virili impiegati, partendo dalle loro trincee (che la pala scava ma che il
terminale difende) sono andati - con corsica fierezza, impavido fervore, mai fermando
il passo, sempre all’erta (all’erta sto), - dritti alla agognata meta, indicata (la meta)
con titanico pensiero, lungimirante sguardo, lucida fermezza, dal supremo intelletto
dei nostri dirigenti, nocchieri (i dirigenti) indomiti, forgiati tra i flutti della perfida
concorrenza demo-giudo-pluto-clerico-arabo-massonico-marxista, che vuole togliere
alla nostra Grande Azienda spazi vitali, sbocchi, flussi finanziari, Tabacco e ceneriere.
Ma le Montagne(se) si scalano e le sfide si vincono solo se si è dotati di fantasia latina,
ordine teutonico, cuore a sinistra, portafoglio a destra e i cosiddetti al centro, tutte
nostre peculiarità che Dio ci ha dato e guai a chi ce le tocca!!
Alla fine, anche per l’anno prossimo, riusciremo a spezzare le reni agli altri mercati,
perché un destino solenne ormai è scritto nei nostri bilanci e già aleggia tra riunioni,
poli, e webmail:
Budget ! E Budgetteremo !
AUGURI A VOI, INDOMITI GUERRIERI, E ALLA VOSTRA FIERA PROLE.
Il responsabile
(La realtà supera la nostra fantasia, come può leggersi da un messaggio inviato da un Capo mercato in
questi giorni alle proprie filiali)
L’ETICA NON ABITA IN ITALIA
Da arbitro a giocatore (il “Tonino” di Fiorani), da regolatore a ostacolo al mercato (l’italianità del sistema
creditizio non è necessariamente una risultante del mercato), dal vigilare al girare la faccia dall’altra parte
(Cirio, Parmalat) l’elenco delle stranezze e delle inadempienze del Governatore di Banca d’Italia è lungo.
Ma quando si “scende in campo” per giocare, quando non si è più super partes, si rischia direttamente, può
capitare, in altre parole, di essere parte delle strategie degli altri giocatori.
E’ su questo punto sono due le possibili interpretazioni sul ruolo del Governatore circa i noti fatti.
•
La prima vede un disegno organizzato da una lobbie pericolosa: si tratta di un gruppo di abilissimi affaristi,
speculatori che si mettono insieme per conquistare importanti giornali e banche strategiche. Si vuole “scalare
il cielo” sostituendosi ai tradizionali poteri forti italiani che, da sempre, controllano i grandi gruppi editoriali,
l’economia, l’industria. Raccolgono enormi capitali attingendo non si sa bene a quali tesori, ma soprattutto
sanno di poter fare affidamento sull’acquiescenza di Fazio, personaggio dalle grandi ambizioni con il quale si
scambiano messaggi d’intesa.
•
L’altra versione, meno “complottitistica” e suggestiva, vede alcuni furbetti del quartierino che rubando ai
risparmiatori e ai defunti tentano di scalare imprese più grandi delle loro pur notevoli megalomanie, trovano
una sponda nel Governatore che, per debolezza o ingenuità, presta loro attenzione.
L’uno o l’altro andamento trovano un stop comunque dall’intervento della magistraura; l’uno o l’altro caso vedono
venir meno la prudenza consigliata allorquando si viene inondati di regali in famiglia.
E’ qui emerge probabilmenete uno dei problemi di fondo: l’Italia rimane un paese piccolo, piccolo, nel quale
dall’orizzonte meschino del familismo, della parrocchietta, non si è salvata neanche una delle più prestigiose
istituzioni nazionali.
Se vi sono stati fatti civilmente e penalmente rilevanti sarà cura della Magistratura verificarne la sussistenza, ma i
comportamenti dell’ex Governatore sono comunque eticamente condannabili.
Come afferma il Presidente della Repubblica, nelle istituzioni deve esservi “il rispetto non solo delle leggi, ma anche
del complesso delle norme etico-sociali che disciplinano l’esercizio di ogni pubblica funzione” segno che
moralità e correttezza vanno ripristinate.
Ultima considerazione: in Italia qualunque operazione finanziaria ha strascichi giudiziari e ciò non è colpa della
magistratura, ma della politica che non detta regole (le leggi) chiare o che (come per la rifoma del risparmio) le
tiene dolosamente nel cassetto: ancora una volta il potere giudiziario supplisce alle non scelte della politica.
PIAZZA FONTANA
Dopo 36 anni, quattro inchieste e dodici processi, la strage di Piazza Fontana non ha
colpevoli. Quella bomba, la sera del 12 dicembre 1969, strappò l’innocenza dell’Italia e la
gettò dentro una storia di stragi e depistaggi, tentati golpe e misteri insoluti. E dopo
altri otto processi, resta senza colpevoli ( fatta eccezione per l’esecutore materiale)
anche l’inchiesta gemella, quella sulla strage davanti alla questura di Milano del 17
maggio 1973. Si richiudono così – prevedibilmente per sempre – le finestre aperte sulle
stragi. Finiti i processi, pronunciate le sentenze, esaurite le ultime indagini, smarriti i
fili delle spiegazioni. I morti seppelliscano i morti. L’unica finestra che resta aperta è
quella da cui “cadde” la notte del 15 dicembre 1969 Giuseppe Pinelli, quarant’anni,
ferroviere, anarchico milanese, precipitato dalla finestra del quarto piano della questura.
Insomma, si rinunci a conoscere la verità, in nome del popolo italiano. Ma è proprio così?
Attenzione: delle sentenze è bene non leggere solo l’ultima parolina, “assolto”. C’è una
sentenza , per esempio, in un processo celebrato a Palermo, che certo non condanna un
noto politico italiano (sulla scena da sempre), eppure spiega che questi fu, almeno fino
alla primavera 1980, stabilmente in rapporto con gli uomini di Cosa nostra. Così, anche
nelle sentenze che per le stragi di Piazza Fontana e della questura di Milano mandano
assolti decine di “ camerati”, prima dell’ultima parolina ci sono centinaia e centinaia di
pagine che spiegano, collegano, confermano.
Il 3 maggio 2005, pochi mesi fa, la Corte di Cassazione si pronuncia definitivamente sulla
strage alla Banca dell’Agricoltura. Assolve, ma richiamando il secondo comma
dell’articolo 530 del codice di procedura penale, che impone di prosciogliere gli imputati
in presenza di prove incomplete o insufficienti. Incomplete, ma non prive di valore!
Non solo. La sentenza conferma che la strage del 12 dicembre 1969 e molti degli attentati
che la prepararono hanno inequivocabilmente la firma di Ordine Nuovo: il gruppo
neofascista fondato da Pino Rauti (che probabilmente ritroveremo alle prossime elezioni
politiche in buona compagnia!) aveva progettato una campagna d’attentati per creare un
clima di tensione, per gettare il Paese nella paura e nel caos.
%
se
segue:”Piazza Fontana”
Le bombe dovevano risultare rosse, figlie di quello stesso variegato movimento che stava
mettendo sottosopra le scuole, le università, le fabbriche.Quelle bombe avrebbero
innescato e reso inevitabili una svolta autoritaria, una virata politica, un intervento
militare. In nome della democrazia, dell’Occidente, della lotta al comunismo.
Parallelamente agli attentati, crescevano infatti nel ventre nero dell’Italia i tentativi
di colpo di Stato, dal golpe Borghese (tutt’altro che da operetta, dimostrano i
processi) fino al “golpe bianco” di Edgardo Sogno (rivendicato dallo stesso promotore).
Poi qualcosa si è inceppato: una parte dello Stato ha avuto paura di andare fino in fondo,
ha coperto ma nel contempo frenato: ai volenterosi funzionari del partito del golpe ha
garantito impunità, ma li ha bloccati; ha approfittato di chi voleva destabilizzare per,
al contrario stabilizzare. L’avventura non ha potuto diventare tragedia assoluta,
anche perché il Paese ha reagito, non ha creduto alla pista rossa e non ha ceduto, è
sceso in piazza a difendere la democrazia.
Ora, 36 anni dopo.. sembra tutto finito. Le assoluzioni definitive del 2005 hanno chiuso
la possibilità di raggiungere una spiegazione plausibile. Eppure con le ultime sentenze
non è arrivata alcuna pista alternativa. Nessuna spiegazione diversa
è stata
ipotizzata per la strategia delle bombe. In nessuna sentenza si ipotizza che le
responsabilità possano essere individuate altrove. Questo altrove poteva essere il
gruppo anarchico di Pietro Valpreda, oppure il Kgb, oppure il gruppo di Giangiacomo
Feltrinelli, solo per citare ipotesi fantasiose che ogni tanto qualcuno sulla stampa ha
ancora il coraggio di riesumare, fingendo di non vedere le migliaia di atti che hanno
dato una paternità politica definitiva a quegli eventi.
No: la destra eversiva è il luogo politico e operativo di maturazione delle stragi. Nessuna
sentenza, nemmeno per motivare l’assoluzione dei singoli imputati, indica – neppure
come solo plausibili – piste alternative.
36 anni fa, in Italia, in una fredda giornata di dicembre, c’è chi metteva le bombe
all’interno di una Banca mietendo decine di vittime innocenti. Per la legge…non
sappiamo chi sono stati gli autori, e forse non lo sapremo mai, ma sappiamo come la
pensavano, sappiamo che erano fascisti.
“KING KONG”
L’incontro/scontro tra Natura e Civiltà
Il tema principale della storia di “King Kong” è, l’incontro/scontro tra la natura
primordiale e la civiltà tecnologica avanzata, individuando questa non solo nelle armi
con le quali il gigantesco Kong è prima catturato e poi ucciso ma, soprattutto, nella
civiltà metropolitana dell’America degli anni ’30 del secolo scorso.
La civiltà tecnologica avanzata è rappresentata anche dal “caracter” dell’artefice di tutta
l’operazione di cattura del gigantesco Kong: un regista di cinema cinico e spietato,
“Signore” dell’industria culturale dell’immaginario che domina, emblematicamente, in
tutti i suoi strumenti e aspetti, sfruttando ogni occasione per cercare di produrre
profitto e gloria calpestando, dominando e/o distruggendo ogni cosa lo ostacoli.
La natura è perfettamente rappresentata dal mondo primordiale dove vive Kong ma
soprattutto dal comportamento di questi quando è a contatto con la ragazza, in
situazioni nelle quali il Grande Gorilla è anche “Grande Uomo Scimmia”, “specchio
dell’animo selvaggio dell’uomo”, suo “doppio primitivo, sua “radice e limite ossessivo”.
Infatti, Kong è “terrificante” in situazioni di difesa/offesa, nel difendere ciò che sente suo,
la ragazza, con la quale è, però, sempre anche protettivo e tenero.
Lo scontro Natura/Civiltà si chiude nel film con il trionfo della civiltà tecnologica, a
dimostrazione del fatto che il futuro esclude, uccidendola, la natura primordiale.
Nella prima, originale e modernissima, versione del 1933 di Ernst B. Shoedsack erano
queste le principali innovazioni tematiche, cinematografiche, sociologiche e culturali,
presenti nella storia del grande Kong, catturato e poi presentato nella metropoli
moderna come “ottava meraviglia del mondo”.
Tali innovazioni sono state fondamentali per la creazione dei miti sociologici e culturali
prodotti dalla “Fabbrica” dell’immaginario collettivo moderno, importantissime per lo
sviluppo della più forte industria culturale della società capitalistica (nell’epoca della
riproducibilità tecnica): il “Cinema Americano” dell’inizio del secolo scorso.
%
segue: “King Kong
Tutte le successive versioni non hanno apportato nulla di sostanzialmente nuovo, se
non nella seconda, del 1978, nel rapporto tra la ragazza (Jessica Lange) e il suo
boyfriend (Jeff Bridges), il quale cerca di liberarla dall’ingranaggio del profitto
creato sullo sfruttamento
della “Bestia”; ingranaggio che però stritola la
ragazza imprigionandola definitivamente.
La terza versione di Peter Jackson, ora nei cinema (con marchiani errori nel casting
del film, considerando che almeno due attori - tra cui quello che interpreta il
regista - sono inadeguati per “phisique du role” e qualità della recitazione), non
fa altro che ripetere i temi originali, “mettendo in scena” pedissequamente le
situazioni e gli scenari della storia (qualche volta esagerando anche con
lungaggini
inutili
o
fuorviando-si
in
modo
inconcludente),
badando
esclusivamente ad illustrarle con le ultime tecniche di effetti visivi, ma, così, le
rende cinematograficamente più “falsamente” moderne, visto che il cinema
attuale ci ha abituati ad ogni sorta di grandi effetti speciali visivi presi dalla
“computer grafica”.
Sinceramente, da un remake ci si aspetta sempre qualcosa di nuovo e di originale;
altrimenti, tanto vale vedere la prima versione del 1933 che ci affascina sempre;
tanto più ora, perché possiede ancora la “potenza” di evocare la “meraviglia” che
dovettero sentire e vedere gli spettatori dell’epoca, quando erano assolutamente
“vergini” rispetto alla esibizione, per la prima volta, di effetti cinematografici
visivi incredibilmente avanzati, per il tempo nel quale furono prodotti.
FLASH
La Redazione
Giorgio Campo
Alfredo Conte
Antonio Coppola
Antonio D’Antonio
Mario De Marinis
Antonio Forzin
Amedeo Frezza
Rosalia Lopez
Raffaele Meo
Italo Nobile
Maria Teresa Rimedio
puoi leggerci anche su:
cgil.it/fisac.sanpaolo/bancodinapoli
Scarica

editoriale