Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche
Indicatori di Welfare
Lucio Morettini ([email protected])
Andrea Filippetti ([email protected])
a.a. 2014 - 2015
Politiche del lavoro
Definizione: insieme composito di interventi pubblici volti al raggiungimento e
al mantenimento di un elevato e stabile livello di occupazione e ad una
protezione del lavoratore negli aspetti materiali ed immateriali.
Politiche del lavoro
Tipologie di intervento:
• Regolazione dei rapporti di lavoro;
• Sostegno o mantenimento del reddito
• Politiche di incentivazione all’ingresso e alla permanenza nel mondo del
lavoro (o politiche proattive);
Politiche del lavoro
Regolazione dei rapporti di lavoro:
• Tipologie di forme contrattuali;
• Vincoli di assunzione ed estinzione dei rapporti;
Politiche del lavoro
Tempo determinato vs tempo indeterminato
A
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
Tempo indeterminato
Tempo determinato
Donne
Lavoratori 15-24 anni
B
90
53
80
52
70
C
51
60
50
50
40
49
30
48
20
47
10
46
0
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
Tempo indeterminato
Tempo determinato
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
Tempo indeterminato
Tempo determinato
Politiche del lavoro
Confronto tra lavoratori a tempo determinato e a tempo indeterminato.
Viene confrontata l’andamento percentuale dei due gruppi di lavoratori per il complesso dei lavoratori (figura A), lavoratori di età compresa tra i 14 e i 25 anni (figura
B), donne (figura C).
Prima della riforma Treu i contratti a termine non erano regolati nell’ordinamento italiano, a meno di un ristretto numero di professioni per cui erano previsti dei
contratti di scopo. Fino al 1997, anno della riforma, i lavoratori a tempo determinato erano sconosciuti al sistema del lavoro italiano, dove erano presenti solo
disoccupati o lavoratori a tempo indeterminato.
Con la legge 196/1997 è stato ampliato lo spettro dei contratti, creando nuove categorie di lavoratori con una «data di scadenza» e introducendo nuove figure quali
para subordinati. La situazione è stata ulteriormente «aggravata» dalla legge 30 del 2003, la legge Biagi, che ha introdotto nuove forme di lavoro a tempo
determinato, anche a cortissimo termine, ma che di fatto ha solo creato un numero più alto di contratti e aggiunto nuove e improbabili figure professionali.
Sebbene il peso complessivo dei lavoratori a tempo determinato risulti limitato nel quadro generale, a partire dalla loro introduzione a fine anni ‘90 fino ad oggi
hanno avuto una crescita sostenuta, arrivando a rappresentare il 13% della forza lavoro complessiva (figura A, dati OCSE).
L’introduzione dei contratti a tempo determinato rappresenta sicuramente un indebolimento della posizione dei lavoratori sul mercato. Questo indebolimento è
andato ad incidere principalmente sui giovani lavoratori, una delle fasce più deboli sul mercato del lavoro, per i quali la percentuale di lavoratori a tempo determinato
ha registrato una crescita tumultuosa nel corso degli ultimi 15 anni fino a rappresentare la maggioranza a partire dal 2011. Questo aumento non è tuttavia da
intendere necessariamente in chiave negativa. Dato l’aumento delle iscrizioni alle università, soprattutto nel periodo tra il 2005 e il 2010, l’aumento di lavoratori a
tempo determinato può essere anche frutto di una precisa scelta di da parte di soggetti che hanno in programma di cambiare lavoro una volta finito il corso di studi,
per cui una forma di lavoro a tempo determinato rappresenta un modo per non sentirsi legati ad una posizione lavorativa che potrebbero ritenere inadeguata una
volta terminati gli studi.
Per quanto riguarda l’altro gruppo tradizionalmente svantaggiato sul mercato del lavoro, le donne, l’introduzione dei contratti a tempo determinato non sembra
avere avuto effetti univoci. Dopo una rapida ascesa nei primi anni 2000 c’è stata una inversione di tendenza. Tuttavia le percentuali di lavoratori a tempo determinato
rimangono sempre più elevate rispetto al dato complessivo, segno che sul mercato del lavoro globale le donne sono svantaggiate indipendentemente dall’età.
Politiche del lavoro
Presenza di parasubordinati sul mercato del lavoro
2000000
1800000
1600000
1400000
1200000
1000000
800000
600000
400000
200000
0
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
collaboratori
2004
2005
professionisti
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
Politiche del lavoro
L’introduzione di nuove tipologie di contratto di lavoro ha creato nuove figure ibride, in cui componenti di lavoro
autonomo si fondono con quelle dei lavoratori subordinati creando i c.d. parasubordinati. L’idea alla base di questi
contratti (lavoratori a progetto, collaboratori coordinati e continuativi ecc.) era quello di creare una classe di contratti
di lavoro in cui al datore di lavoro era chiesto di fissare lo scopo del rapporto di lavoro e la tempistica massima,
mentre modalità e tempistica intermedia erano rimessi alle decisioni autonome del lavoratore. La degenerazione
nell’uso di tali contratti è stata quella di creare un lavoratore con gli oneri, soprattutto in termini di orario di lavoro e
presenza sul posto di lavoro, paragonabili a quelli di un lavoratore dipendente senza averne le tutele.
Il grafico riporta i dati ISFOL sulla distribuzione dei lavoratori autonomi tra parasubordinati (indicati come
collaboratori) e i lavoratori autonomi veri e propri (indicati come professionisti) che hanno piena possibilità di
determinare le modalità di lavoro.
Come è possibile notare il numero di professionisti è grossomodo stabile nel corso del tempo, mentre i collaboratori
hanno avuto uno scatto in avanti nei primi anni 2000 per poi avere una frenata negli ultimi anni di crisi. Questo dato ci
suggerisce che la pratica di utilizzare lavoratori parasubordinati ha iniziato a prendere piede nei primi anni 2000,
anche in seguito all’approvazione della c.d. legge Biagi (legge 30 del 2003) che ha introdotto nuove forme di contratti
a tempo determinato, mentre con la crisi i parasubordinati sono stati una delle categorie maggiormente toccata.
Politiche del lavoro
Attivazione nuovi contratti di lavoro per tipologia
5000000
4500000
4000000
3500000
3000000
2500000
2000000
1500000
1000000
500000
0
S1-2009
S2-2009
S1-2010
tempo determinato
S2-2010
tempo indeterminato
S1-2011
contratti di collaborazione
S2-2011
apprendistato
S1-2012
altro tipo di contratto
S2-2012
S1-2013
Politiche del lavoro
Anche se può non sembrare, la crisi non ha bloccato la creazione di nuovi posti di lavoro ma è un dato di fatto che i
contratti a tempo indeterminato sono strettamente minoritari. Il grafico precedente, ottenuto utilizzando dati ISFOL,
rappresenta l’andamento del numero di nuovi contratti attivati negli ultimi 9 semestri registrati, divisi per tipologia di
contratto.
Il numero di contratti a tempo determinato sono grossomodo costanti nel corso del tempo, segno che la variazione
del numero di nuovi lavoratori contrattualizzati è dovuta alle altre tipologie di contratti. Tra questi i maggiori sbalzi si
registrano tra i contratti di collaborazione, conferma ulteriore all’ipotesi che la crisi colpisca in primo luogo e con un
effetto maggiore i lavoratori più flessibili (per usare un eufemismo caro alla stampa) quali i parasubordinati.
Politiche del lavoro
Durata effettiva dei contratti cessati
5000000
4500000
4000000
3500000
3000000
2500000
2000000
1500000
1000000
500000
0
S1-2009
S2-2009
S1-2010
S2-2010
1 giorno
fino a un mese
S1-2011
2-3 mesi
S2-2011
4-12 mesi
1 anno e più
S1-2012
S2-2012
S1-2013
Politiche del lavoro
La fragilità dei parasubordinati sul mercato del lavoro è mostrata anche dalla durata media dei contratti cessati nello
stesso periodo.
Intanto dal grafico precedente, che riporta dati ISFOL, è possibile notare come la maggior parte dei contratti venga
chiusa nel secondo semestre, in corrispondenza del periodi di riapertura delle aziende dopo il periodo estivo o in
chiusura di bilanci, mostrando come i licenziamenti seguano i cicli di attività delle imprese grandi o piccole che siano.
Inoltre tra i contratti che terminano solo una piccola parte è durata più di un anno, segno che i rapporti di lavoro che
terminano sono in grande maggioranza quelli di lavoratori precari. Tra questi contratti circa la metà ha una durata
inferiore ai 4 mesi e poiché la realizzazione di contratti di lavoro dipendente comporta degli oneri amministrativi non
indifferenti, non è difficile pensare che i contratti che terminano sono di soggetti inquadrati con contratti di
collaborazione.
Politiche del lavoro
Indice di protezione del lavoro
3.5
3
2.5
2
1.5
1
0.5
0
France
Germany
Italy
Spain
2008
2013
Sweden
United Kingdom
Politiche del lavoro
L’eccessiva proliferazione di contratti a tempo determinato a seguito delle riforme del 1997 e del 2003 e delle
posizioni lavorative nate dalla combinazione di forme contrattuali introdotte da tali leggi ha avuto come risultato
l’introduzione della figura del parasubordinato sul mercato del lavoro italiano e la progressiva riduzione della durata
media dei contratti a tempo determinato. La conseguenza intuibile è che sul mercato del lavoro italiano si è assistito
ad una riduzione delle tutele dei lavoratori.
Il grafico mostra l’indicatore sintetico di tutela del lavoro (che prende in considerazione elementi legali e sociali) per i
maggiori Paesi europei tra per il 2008 e il 2013. Sebbene questo indice sia stato criticato nella sua natura globale,
costituisce comunque un utile indice di confronto tra Paesi e momenti differenti. È possibile vedere come in Italia sia
tuttora ben tutelato, con livelli di protezioni paragonabili a quelli di Germania e Svezia. Tuttavia l’Italia, insieme con la
Spagna, è il Paese che più di tutti ha ridotto le tutele per i lavoratori a seguito della crisi.
1949
1950
1951
1952
1953
1954
1955
1956
1957
1958
1959
1960
1961
1962
1963
1964
1965
1966
1967
1968
1969
1970
1971
1972
1973
1974
1975 (c)
1976
1977
1978
1979
1980
1981
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
Politiche del lavoro
Ore di sciopero
350,000
300,000
250,000
200,000
150,000
100,000
50,000
0
Politiche del lavoro
Indicatori sintetici come quello dell’OCSE sono un’invenzione recente, frutto del raffinamento degli studi in economia
del lavoro. Una confronto storico di lungo corso e possibile considerando altri elementi quale ad esempio le ore
complessive di sciopero.
Il grafico riporta le ore complessive di sciopero per anno, ottenute dalla somma di ore di astensione dal lavoro per
ogni lavoratore per ogni anno, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. I dati sono tratti dall’archivio delle
serie storiche dell’ISTAT.
È facile vedere come il picco si sia avuto alla fine degli anni ’60, in corrispondenza della lotte per l’approvazione della
legge 300 del 1970, detta «Statuto dei lavoratori». Tale legge, oggi conosciuta principalmente per l’articolo 18,
contiene una serie di norme sulla tutela del lavoratore e della sua dignità che adesso sono date per scontate quali la
libertà di sciopero, il diritto di non essere spiato dal datore di lavoro, il diritto alla riservatezza e la tutela della
maternità.
Dopo il picco degli anni ‘60 si sono avuti altri aumenti importanti in corrispondenza di crisi economiche (come ad
esempio tra il 1973 e il 1977) e in corrispondenza di importanti riassetti del sistema industriale italiano (durante tutti gli
anni ‘80).
Politiche del lavoro
Sostegno del reddito:
• Pilastro assicurativo;
• Pilastro assistenziale dedicato;
• Pilastro assistenziale generale;
Generosità;
Finanziamento;
Requisiti d’accesso;
Politiche del lavoro
Ammortizzatori sociali:
• Garantiti
• Semi garantiti
• Non garantiti
Politiche del lavoro
Incidenza sul PIL della CIG
1.2
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
2004
2005
2006
2007
Cassa integrazione a zero ore
2008
2009
Cassa integrazione guadagni
2010
2011
2012
Politiche del lavoro
Quota della forza lavoro interessata dalla CIG
6
5
4
3
2
1
0
2004
2005
2006
2007
Cassa integrazione a zero ore
2008
2009
Cassa integrazione guadagni
2010
2011
2012
Politiche del lavoro
La Cassa Integrazione Guadagni è il più noto mezzo di tutela del lavoro esistente in Italia. Il suo funzionamento
prevede la creazione di un fondo tramite i versamenti di contributi di contributi a carico di aziende e lavoratori. A
questo fondo si accede dopo una specifica richiesta al ministero per le politiche sociali e solo dopo che il ministero
abbia verificato la situazione di necessità dell’azienda.
Tramite la cassa integrazione l’azienda viene liberata in tutto o in toto (CIG a zero ore) dell’onere della retribuzione dei
lavoratori. Qualora il fondo non si sufficiente a coprire le richieste da parte delle aziende, la differenza è coperta dallo
stato tramite trasferimenti dalla fiscalità generale.
I grafici mostrano l’andamento della CIG negli ultimi anni. Per quanto sia fisiologico che una certa quota delle imprese
siano in crisi nel corso del tempo, l’aumento del numero di lavoratori che sono stati coinvolti nella CIG e la consistenza
delle erogazioni sono uno degli indicatori più realistici delle situazioni di difficoltà di un sistema economico.
Nel corso del tempo la CIG è arrivata ad assorbire il 4% del PIL mentre ad essere interessato è il 5% della forza lavoro.
Questo vuol dire che ad essere coinvolto è un lavoratore su 20, compresi autonomi, e disoccupati.
I dati dei grafici sono stati tratti dalla banca dati dell’INPS.
Politiche del lavoro
Politiche proattive: insieme di azioni volte all’inclusione nel mondo del lavoro
del maggior numero di soggetti possibili con particolare riguardo per le
categorie maggiormente svantaggiate dalle dinamiche del mercato del lavoro.
Principali azioni:
• Decentramento delle politiche per l’impiego;
• Apertura ai privati;
• Sorveglianza dei beneficiari;
Politiche del lavoro
Politiche del lavoro
Indici di base per la descrizione del mercato del lavoro:
•
•
•
•
Tasso di disoccupazione: si ottiene dal rapporto tra le persone in cerca di lavoro e la forza lavoro,
cioè la somma delle persone in cerca di lavoro e le persone occupate. Sono escluse dal
denominatore le persone che effettivamente non cercano lavoro quali studenti, casalinghe e
pensionati.
Tasso di occupazione: si ottiene dal rapporto tra le persone occupate e tutte le persone in teoria
occupabili cioè tutta la popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni.
Tasso di attività: si ottiene dal rapporto tra la forza lavoro, cioè la somma di occupati e persone in
cerca di occupazione, e le persone occupabili, cioè tutta la popolazione di età compresa tra i 16 e
i 64 anni.
NEET: si intendono tutti i soggetti di età compresa tra i 15 e i 64 anni che non sono occupati, non
sono in cerca di occupazione, non sono impegnati nello studio ne tantomeno in formazione
lavorativa. Rappresentano una quota di popolazione che volontariamente si astiene da qualsiasi
forma di partecipazione al mercato del lavoro senza sostituirla con la formazione personale.
Politiche del lavoro
Politiche di incentivazione:
• Regolarizzazione del sommerso;
• Contratti di apprendistato;
• Incentivi all’assunzione;
• Incentivi alla creazione di nuovi posti di lavoro;
Politiche del lavoro
Confronto tra politiche: % sul PIL
1.8
1.6
1.4
1.2
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
2004
2005
2006
2007
2008
Sostegno del reddito
2009
Politiche proattive
2010
2011
2012
Politiche del lavoro
Le politiche proattive hanno avuto sempre un peso ridotto rispetto alle politiche di
tutela del lavoro.
Il grafico, basato su dati OCSE, mette a confronto la spesa per il sostegno al reddito
(la cassa integrazione guadagni) e le politiche proattive, volte a creare nuovi posti di
lavoro. Risulta chiaro come queste ultime abbiano goduto di minore copertura
finanziari rispetto al sostegno al reddito anche in periodi pre crisi (dal 2005 al 2008),
ma con l’aggravarsi della situazione economica globale si è registrato un netto
avanzamento della spesa a finanziamento della CIG e una progressiva riduzione della
spesa per politiche proattive.
Questo dato suggerisce una chiara linea di politica economica. Al fine di evitare
ripercussioni peggiori sull’intero sistema economica, il governo ha preferito
tamponare la perdita di reddito da parte dei soggetti già presenti all’interno del
sistema produttivo, rimandando azioni di ampliamento della forza lavoro retribuita a
momenti meno concitati.
Politiche del lavoro
Lavoratori dipendenti
20,000.0
18,000.0
16,000.0
14,000.0
12,000.0
10,000.0
8,000.0
6,000.0
4,000.0
2,000.0
0.0
1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009
Regolari
Non regolari
Politiche del lavoro
Uno dei principali obiettivi delle politiche proattive è quello di ridurre lo spazio
di lavoro illegale. Per quanto esistano tecniche indirette di stima del numero di
lavoratori irregolari, così come presentato nel grafico, basato su dati ISTAT,
questo numero è sempre frutto di una approssimazione. Questo dato
suggerisce che è possibile individuare l’ampiezza del problema ma non le sue
effettive dinamiche.
Inoltre poiché l’area del lavoro dipendente illegale non sembra subire
particolari ridimensionamenti nel corso del tempo, il grafico ci suggerisce che
l’area di illegalità per quanto intuibile è difficilmente affrontabile in maniera
diretta rendendo, in media, poco incisive le politiche che mirano a
contrastarla.
Politiche del lavoro
Politiche proattive: % della forza lavoro coinvolta
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
2004
2005
2006
Formazione e apprendistato
2007
Incentivi all'assunzione
2008
2009
Contratti di solidarità
2010
Creazione di nuovi posti di lavoro
2011
2012
Politiche del lavoro
Politiche proattive: % PIL
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
2004
2005
2006
2007
Formazione e apprendistato
2008
Incentivi all'assunzione
2009
2010
Creazione di nuovi posti di lavoro
2011
2012
Politiche del lavoro
Tra le principali politiche proattive rientrano i contratti di apprendistato, gli incentivi alle assunzioni, i contratti di solidarietà e
le politiche di creazione di nuovi posti di lavoro.
I contratti di apprendistato sono una forma di avviamento al lavoro che cercano di conciliare necessità di insegnamento e
inserimento nel mondo del lavoro. Tramite tale contratti i giovani lavoratori sono introdotti nel mercato del lavoro con un
orario ridotto e con responsabilità limitate ma agendo in prima persona. Dal canto loro i datori di lavoro hanno la possibilità di
formare dei lavoratori secondo le proprie esigenza senza dover pagare il costo pieno di un lavoratore alla prima esperienza. La
naturale evoluzione di tale forma di contratto è l’assunzione dell’apprendista alla fine del periodo di formazione, tuttavia tale
possibilità raramente si è realizzata nel corso del tempo.
Nella categoria dei contratti di solidarietà rientrano accordi tra gruppi di lavoratori di una stessa unità produttiva che
prevedono una riduzione collettiva della retribuzione e del monte ore lavorato al fine di evitare il licenziamento di lavoratori a
seguito di riduzioni della produzione. In pratica i lavoratori solidarizzano con chi potrebbe essere licenziato dandogli parte del
proprio stipendio. Il contributo statale si vede nella copertura dei contributi spettanti ai lavoratori che rischiano il
licenziamento.
Con le ultime due categorie, incentivi alle assunzioni ed incentivi alla creazione di nuovi posti di lavoro, si intendono una serie
di trasferimenti alle imprese al fine di invogliarle ad assumere lavoratori che sono in una situazione precaria o lavoratori che
appartengono a categorie da tutelare o infine per l’incentivazione all’ampliamento di attività che richiedono nuove forze di
lavoro.
Politiche del lavoro
Come detto in precedenza, le politiche proattive hanno un ruolo limitato in Italia rispetto ad altre politiche del lavoro.
I due grafici precedenti mostrano come tra queste politiche hanno una qualche rilevanza solo i contratti di
apprendistato e gli incentivi alle assunzioni, sia in termini economici (rappresentano oltre l’80 della spesa dedicata,
spesa che rimane sempre stabilmente al di sotto dell’1% del PIL) sia in termini di lavoratori coinvolti (in questo caso le
prime due tipologie arrivano a coprire il 90% del totale dei lavoratori interessati).
I grafici inoltre confermano qualcosa già mostrato in precedenza: con l’aggravarsi della crisi economica le politiche
proattive hanno subito un vigoroso ridimensionamento, tale da far pensare che per superare la crisi si punto
principalmente sul consolidamento del sistema economico prima che sulla sua espansione.
Politiche del lavoro
Evoluzione della situazione contrattuale per lavoratori a tempo determinato
2000
100%
2005
100%
90%
90%
80%
80%
70%
70%
60%
60%
50%
50%
40%
40%
30%
30%
20%
20%
10%
10%
0%
0%
2001
2012
2006
2012
disoccupati o in mobilità
disoccupati o in mobilità
altro
altro tipo di contratto
lavoratori parasubordinati
lavoratori parasubordinati
lavoratori autonomi
lavoratori autonomi
altro tipo di contratto dipendente
altro tipo di contratto dipendente
contratto di somministrazione
contratto di somministrazione
tempo indeterminato
tempo indeterminato
Politiche del lavoro
Il grafico precedente mostra l’evoluzione della situazione contrattuale per lavoratori entrati
nel mondo del lavoro in due momenti distinti (2000, 2005) con contratti di lavoro dipendente a
tempo determinato. L’evoluzione è registrata dopo un anno di lavoro (rispettivamente 2001 e
2006) e nell’ultimo anno di osservazione disponibile nei dati ISFOL – INPS (il 2012).
La distribuzione tra tipologie di contratto nel 2012 non è molto differente per chi ha iniziato a
lavorare nel 2000 e nel 2005, oltre il 70% dei lavoratori a tempo determinato è diventata a
tempo indeterminato.
Nella rilevazione ad un anno invece c’è una sensibile riduzione dell’inquadramento a tempo
indeterminato per chi ha iniziato a lavorare nel 2005 rispetto a chi ha iniziato a lavorare nel
2000, a tutto vantaggio di altre forme di contratti di lavoro dipendente (ad esempio
reiterazione dei contratti a tempo determinato) e di contratti di lavoro parasubordinato.
In entrambi i casi invece, i lavoratori non sembrano essere particolarmente interessati dal
rischio di disoccupazione.
Politiche del lavoro
Evoluzione della situazione contrattuale per lavoratori parasubordinati
2000
100%
90%
90%
80%
80%
70%
70%
60%
60%
50%
50%
40%
40%
30%
30%
20%
20%
10%
10%
0%
0%
2001
2005
100%
2012
2006
2012
lavoratori dipendenti
lavoratori autonomi
lavoratori dipendenti
lavoratori autonomi
lavoratori parasubordinati
altro
lavoratori parasubordinati
altro
disoccupati o in mobilità
pensionati
disoccupati o in mobilità
pensionati
Politiche del lavoro
Lo stesso grafico viene riproposto per i lavoratori che iniziano le loro carriere lavorative nel 2000 e nel 2005 come
parasubordinati.
Rispetto ai dipendenti a tempo determinato va sottolineato che nella categoria di arrivo «lavoratori dipendenti» non è
possibile operare una distinzione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, ma da altre
fonti (ISFOL) sappiamo che il rapporto tra queste due categorie è circa di uno a tre (per ogni parasubordinato che
diventa lavoratore dipendente a tempo determinato ce ne sono tre che hanno un contratto di lavoro a tempo
indeterminato).
Nel confronto rispetto alla situazione precedente ci sono alcune indicazioni degne di nota. Ad esempio rispetto ai
lavoratori a tempo determinato, per i parasubordinati c’è una maggiore perpetrazione della stessa tipologia di
contratto sia nel breve periodo (i soggetti che rimangono parasubordinati sono circa il 60% nel 2001 e il 50% nel 2006)
che nel lungo periodo (tra il 12 e il 15%). Le stesse cifre per i lavoratori a tempo determinato erano pari al 22-25% nel
primo anno e il 3-5% nel 2012. Questi dati suggeriscono che i parasubordinati sono meno propensi alla stabilizzazione
soprattutto nel brevissimo periodo.
Infine è degna di nota la quota di lavoratori che iniziando a lavorare come parasubordinati nel 2000, risulta essere
pensionato nel 2012. in questa categoria rientrano professionisti che a seguito della rarefazione del mercato del
lavoro hanno dovuto accettare posizioni lavorative da parasubordinati nella fase finale della loro vita lavorativa, a
dimostrazione che anche chi una carriera apparentemente consolidata non è immune da cambiamenti imposti da
riforme legislative.
Scarica

Presentazione standard di PowerPoint