22.00 Lettera 353 Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce Carissime suore e figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi gustare il cibo angelico; però che per altro non siete fatte; e acciocché voi lo poteste gustare, Dio vi ricomprò del sangue del suo Figliuolo. Ma pensate, carissime figliuole, che questo cibo non si mangia in terra, cioè nell'affetto terreno, ma in alto. E però il Figliuolo di Dio si levò in alto in sul legno della santissima Croce, acciocché in alto, e in su la detta mensa prendessimo questo cibo. Ma voi mi direte: «Quale è questo cibo angelico?». Vi rispondo. È il desiderio, che è nell'affetto dell'anima; il quale desiderio trae a sé il desiderio di Dio; dei quali si fa una medesima cosa l'uno con l'altro. Questo è un cibo, che, mentre che siamo pellegrini in questa vita, trae a sé l'odore delle vere e reali virtù; le quali virtù sono cotte al fuoco della divina carità, e mangiate sulla mensa della santissima Croce, cioè sostenendo pene e fatiche per amore della virtù, e recalcitrando alla propria sensualità. E a questo modo con forza e violenza rapisce il reame dell'anima, la quale è chiamata cielo, perché cela Dio per Grazia dentro di sé. Questo è quel cibo che fa l'anima angelica; e però si chiama cibo angelico. E perché separata l'anima dal corpo, gusta Dio nella essenza sua, egli la sazia tanto, e per sì fatto modo, che nessun’altra cosa ella appetisce, né può desiderare, se non quello che più perfettamente le abbia a conservare e crescere questo cibo; e odia ciò che gli è contrario. Onde, come prudente, guarda col lume della santissima fede (il quale lume sta nell'occhio dell'intelletto), quello che gli è nocivo, e quello che gli è utile: e come ella ha veduto, così ama e spregia. Dispregia, dico, la propria sensualità, tenendola legata sotto ai piedi dell'affetto, e tutti i vizi che procedono da essa sensualità. Ella fugge tutte le cagioni che la possono inchinare a vizio, o impedire la sua perfezione; onde ella annega la propria volontà, che gli è cagione d'ogni male, e la sottomette al giogo della santa obbedienza dei comandamenti di Dio, alla quale obbedienza tutti i fedeli cristiani sono obbligati. E molte altre sono che corrono all’obbedienza dell'Ordine santo: questa è maggiore perfezione. Onde, quando l'anima è vera obbediente, ella si soggioga non tanto ai comandamenti di Dio, o la Religiosa all'Ordine suo, ma a ogni altra creatura per Dio. Ella fugge e taglia ogni piacere umano; e solo si gloria negli obbrobri, e pene di Cristo crocifisso; e le ingiurie, strazi, scherni e villanie gli sono un latte; e si diletta nelle ingiurie per conformarsi con lo sposo suo, Cristo. Ella rinunzia alla conversazione delle creature, perché spesse volte ci sono mezzo tra noi e il Creatore nostro, e fugge alla cella del conoscimento di sé e alla cella attuale. Ora a questo v'invito, carissime, cioè che sempre stiate in questa cella del conoscimento di voi, dove noi troviamo il cibo angelico dell'affetto del desiderio di Dio verso di noi; e nella cella attuale con la vigilia, e con l'umile continua e fedele orazione, spogliando il cuore e l'affetto nostro d'ogni creatura, e d'ogni cosa creata, d'amore fuori di Dio, e vestirvi di Cristo crocifisso. Perché in altro modo mangereste questo cibo in terra; e già vi dissi che in terra non si doveva mangiare. Pensate che lo sposo dolce Gesù non vuole mezzo tra l'anima, che è sua Sposa, e sé; ed è molto geloso: perché, subito ch'egli vedesse che noi amassimo cosa fuori di lui, egli si partirebbe da noi, e saremmo fatte degne di mangiare il cibo delle bestie. E non saremmo noi ben bestiali? Perciocché il cibo degli animali sarebbe, se lasciassimo il Creatore per le creature e per le cose create; e il bene infinito per le cose finite e transitorie, che passano come il vento; la luce per la tenebra; la vita per la morte; quello che ci veste di sole di giustizia col fibbiale della obbedienza, e con le margherite della fede, speranza e perfetta carità, per quello che ce ne spoglia. E non saremmo noi ben stolte a partirci da Quello che ci dà perfetta purità (in tanto che, quanto ci accostiamo più a lui, tanto più diventiamo pure), per quelli che gettano puzza d’immundizia, contaminatori del cuore e delle menti nostre? Dio lo cessi da noi per la sua infinita misericordia. E acciò che questo non possa mai intervenire, guardiamoci dalle perverse conversazioni di quelle persone che scelleratamente menano la vita loro; e stiamo tutte sode e mature in noi medesime; sovvenendo caritativamente alla necessità dei nostri prossimi con grande diligenza; e così mostreremo di portare nel cuore Cristo crocifisso. Dico dunque, che l'anima, che ha assaggiato il cibo angelico, ha veduto col lume, che l'amore e la conversazione delle creature fuori del Creatore è un mezzo che impedisce il cibo suo; e però le fugge con grandissima sollecitudine, e ama e cerca quello che l'accresca e conservi nella virtù. E perché ha veduto che meglio gusta questo cibo col mezzo dell'orazione fatta nel conoscimento di sé; però vi si esercita continuamente, e in tutti quei modi che si possa accostare a Dio. In tre modi si fa l'orazione. L'una è continua, cioè il continuo e santo desiderio, il quale desiderio òra nel cospetto di Dio, in ciò che fa la creatura; perché questo desiderio drizza nel suo onore tutte le nostre operazioni spirituali e temporali: e però si chiama continua. Di questa pare che parli il glorioso san Paolo, quando dice: «Orate senza intermissione». L'altro modo è orazione vocale, cioè che parlando con la lingua, si dice ufficio o altre orazioni vocali; e questa è ordinata per giungere alla terza, cioè alla mentale; e così vi giunge l'anima, quando con prudenza e umiltà esercita la mente nell'orazione vocale, cioè che parlando con la lingua, il cuore suo non sia dilunga da Dio; ma si deve ingegnare di fermare e stabilire il cuore nell'affetto della divina carità. E quando sentisse la mente sua esser visitata da Dio, cioè che fosse tratta in alcun modo a pensare del suo Creatore, deve abbandonare la vocale, e fermare la mente sua con affetto d'amore in quello che sente che Dio la visita; e poi, se, cessato quello, ella ha tempo, deve ripigliare la vocale, acciò che la mente stia piena e non vota. E perché nell'orazioni abbondassero le molte battaglie in diversi modi e tenebre di mente, con molta confusione, facendoci il dimonio vedere che la nostra orazione non fosse piacevole a Dio per le molte battaglie e tenebre che avessimo; non dobbiamo lasciare però, ma stare ferme, con fortezza e lunga perseveranza; guardando che il dimonio lo fa perché noi ci partiamo dalla madre dell'orazione, e Dio lo permette per provare in noi la fortezza e costanza nostra, e acciò che nelle battaglie e tenebre conosciamo, noi non essere, e nella buona volontà conosciamo la bontà di Dio: perché esso è datore e conservatore delle buone e sante volontà, e non è negata a chiunque la vuole. E per questo modo giunge alla terza e ultima orazione, cioè mentale, nella quale riceve il frutto della fatica che sostenne nell'orazione imperfetta vocale. Ella allora gusta il latte della fedele orazione. Ella si leva sopra il sentimento grosso sensitivo, e con mente angelica s'unisce per affetto d'amore con Dio e col lume dell'intelletto vede, conosce e si veste della verità. Ella è fatta sorella degli angeli: ella sta con lo Sposo suo in su la mensa del crociato desiderio, dilettandosi di cercare l'onore di Dio e la salute dell'anime; perché vede bene, che per questo lo Sposo eterno corse alla obbrobriosa morte della Croce, e così compì l’obbedienza del Padre e la nostra salute. Giustamente questa orazione è una madre, che nella carità di Dio concepisce i figliuoli delle virtù, e nella carità del prossimo li partorisce. Ove trovate voi il lume che vi guida nella via della verità? Nell'orazione. Dove manifestate voi l'amore, la fede, la speranza e l'umiltà? Nell'orazione. Perché se voi non amaste, queste cose non fareste; ma perché la creatura ama, però si vuole unire con quella cosa che ama, col mezzo dell'orazione. A lui domanda la sua necessità, perché conoscendo sé, nel qual conoscimento è fondata la vera orazione, si vede avere grande bisogno, sentendosi attorniata dai suoi nemici, dal mondo con le ingiurie, dal dimonio con le molte tentazioni e dalla carne, che impugna contro lo spirito ribellando alla ragione. E sé vede non esser per sé; non essendo, non si può curare; e però con fede corre a Colui che è, il quale sa, può e vuole sovvenirla in ogni sua necessità; e con speranza chiede e aspetta l’aiuto suo. Or così vuole esser fatta l'orazione, a volere quello che noi n'aspettiamo; e a questo modo, non sarà mai negata cosa giusta che noi domandiamo alla divina bontà. Ma facendo in altro modo, poco frutto ne trarreste. Dove sentiremo noi l'odore dell’obbedienza? Nell'orazione. Dove spoglieremo l'amor proprio, che ci fa impazienti nel tempo delle ingiurie o d'altre pene, e ci vestiremo d'un divino amore, che ci farà pazienti, e ci glorieremo nella Croce di Cristo crocifisso? Nell'orazione. Dove sentiremo l'odore della continenza e della purità, e la fame del martirio, disponendoci a dare la vita in onore di Dio e salute dell'anime? In questa dolce madre dell'orazione. Ella ci farà osservatrici dei santi comandamenti di Dio, e ci suggellerà i suoi consigli nel cuore e nella mente nostra, lasciandovi l’impronta del desiderio di seguirli fino alla morte. Ella ci leva dalle conversazioni delle creature, e ci dà alla conversazione del Creatore: ella empie il vasello del cuore del sangue dell'umile e immacolato Agnello, e lo ricopre del fuoco; perché per fuoco d'amore fu sparto. È vero che più e meno perfettamente riceve l'anima e gusta questa madre dell'orazione, secondo che ella si nutre del cibo angelico, cioè del santo desiderio di Dio, levandosi in alto, come detto è, a prenderlo in su la mensa della santissima Croce; altrimenti, no. E però vi dissi che io desideravo di vedervi nutrire del cibo angelico, però che in altro modo non potreste avere la vita della Grazia, né essere vere serve di Cristo crocifisso. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Ricevetti una vostra lettera, la quale udii e intesi con allegrezza, sì perché volontà avevo di sapere novelle di voi, sì per le buone novelle che in poche parole si contengono, cioè dell'avvenimento della luce sopra codesta terra: perché il cuor di Faraone è spezzato, cioè della regina, che tanta durezza ha mostrato fino a ora, essendosi partita dal capo suo, Cristo in terra; e accostatasi ad Anticristo, membro del dimonio, ha perseguitata la verità, ed esaltata la bugia. Grazia, grazia sia al nostro Salvatore, che ha illuminato il cuore vostro, o per forza o per amore che sia, e ha mostrato in voi le ammirabili cose sue. Or godiamo ed esultiamo con allegrezza cordiale, e con un santo esercizio, come detto abbiamo; sempre purificando la coscienza nostra con la confessione spesso, e con la comunione per ogni pasqua solenne; acciocché, confortate in questa vita della pellegrinazione, voi corriate virilmente alla mensa della Croce, per la dottrina dell'umile Agnello, a prendere il cibo angelico e soave, e rilucano in voi le stigmate di Cristo crocifisso. Bagnatevi nel prezioso sangue suo. Strettamente mi vi raccomando. Gesù dolce Gesù amore