20.00 Lettera 71 Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce Carissima madre e figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondata in vera e reale virtù: perché senza il mezzo della virtù non potremmo piacere al nostro Creatore. Però che Dio sempre ha voluto dare la vita della Grazia col mezzo. Sapete bene che essendo caduto il primo uomo Adam per la disobbedienza nella colpa, colla quale colpa seguì la morte eterna; e volendone restituire a Grazia, e dargli vita eterna; egli lo fece col mezzo dell'unigenito suo Figliuolo, imponendogli, che con l’obbedienza uccidesse la disobbedienza nostra, e col mezzo della morte sua ci rendesse la vita, e consumasse e distruggesse la nostra morte E veramente così fu: che facendo egli un torniello in sul legno della Croce, questo dolce e innamorato Verbo, egli giocò alle braccia con la morte, e con la morte vinse la morte, e la morte uccise la vita: cioè che la morte della colpa nostra uccise il Figliuolo di Dio in sul legno della santissima Croce: sicché con la morte sua ci tolse la morte, e rendette Dunque la Vita è rimasta donna, ha sconfitto il dimonio infernale, che teneva e possedeva la signoria dell'uomo, del quale non deve essere signore altri che solo Dio, Signore eterno. Da questo veniamo noi alla prima morte, e perdiamo la vita, la quale abbiamo col mezzo del sangue di Cristo, cioè, quando l'anima piglia a servire la propria sensualità con disordinati desideri o di stato o ricchezza o di figliuoli o d'altra creatura, o in qualunque modo si sia, che non sia ordinato e fondato in Dio. Eziandio alcuna volta l'anima spiritualmente diventerà serva e schiava della propria volontà sotto colore di spirito, e per più avere Dio; cioè quando noi desideriamo consolazione o tribolazione, o tentazione del dimonio, o tempo o luogo a nostro modo; dicendo alcuna volta: «in altro modo vorrei avere la tribolazione, però che in questo mi pare perdere Dio. Questa porterei io pazientemente; ma quella non posso. Se io non offendessi Dio, io la vorrei: ma perché me ne pare offendere Dio, però me ne dolgo». Carissima madre, se aprite l'occhio dell'intelletto, vedrete che questa è la propria volontà sensitiva, ammantellata col mantello spirituale: però che se fosse savio, non sarebbe così; ma con fede viva crederebbe che Dio non gli permette più che lo possa portare, né senza la necessità della salute sua; perché egli è il Dio nostro che non vuole altro che la nostra santificazione. E così facciamo spesse volte delle proprie consolazioni della mente. Perché non sentendole quando vuole né in quei luoghi che desidera, ma piuttosto sente battaglie e molestie, e la mente sterile e asciutta; ne viene in pena, in amaritudine e in afflizione e in tedio grandissimo. E spesse volte per inganni del dimonio gli fa vedere che quello che ella dice allora e sa, non sia piacevole e accetto a Dio, quasi gli dica: «poiché non gli piace, perché tu sei così cattiva, lascia stare ora; e un'altra volta forse ti sentirai meglio, e potrai fare la tua orazione». Questo fa il dimonio, perché noi perdiamo l’esercizio corporale e mentale della santa orazione attuale, vocale e mentale. Perché, avendo noi perduta l'arme con che il servo di Dio si difende dai colpi del dimonio, della carne e del mondo; avrebbe da noi ciò che volesse: e arrenderebbe allora la città dell'anima a lui, e vi entrerebbe come signore. E non potrebbe essere altrimenti, avendo perduto l'arme e la forza dell'orazione; la quale orazione ci dà l'arme della vera umiltà e dell'ardentissima carità. Perché l'orazione santa ci fa conoscere perfettamente noi medesimi e la propria fragilità, e l'infinita carità e bontà di Dio. E meglio si conosce l'uno e l'altro nel tempo delle battaglie della mente asciutta; e ne trae più perfetta umiltà e sollecitudine. Onde se ella è prudente, che non serva alla propria volontà sotto colore di consolazione e non creda a dimonio, ma virilmente e con odio santo di sé perseveri nell'orazione, in qualunque modo Dio glielo dà, o con sentimento della dolcezza o con sentimento dell'amaritudine; ella guadagna più per il modo detto nell'amaritudine e nelle pene (per qualunque modo Dio lo concede), che nella dolcezza. Perché nel bisogno ne va con tutta umiltà, e con vera sollecitudine corre al suo benefattore, conoscendo che per sé non può alcuna cosa; ma solo Dio è quello in cui si spera, che può e vuole venirla ad aiutare. Dunque per farci venire a vera virtù (perché senza questo mezzo non verremmo alla virtù provata, ma potrebbe ben essere concepita per desiderio) si conviene sostenere con vera e reale pazienza le tribolazioni della mente, cioè quelle che ci dessero le creature per infamie o per altri scandali che ci fossero date. E così veniamo a virtù; perché questi sono quei mezzi che ci fanno partorire la virtù, perché è provata nelle fatiche siccome l'oro si prova nel fuoco. Perché, se nelle fatiche, non avesse fatto vera prova di pazienza, anco la schivasse per il modo detto di sopra o per alcuna altra cosa che avvenisse, sarebbe manifesto segno che non servirebbe al suo Creatore, e non si lascerebbe signoreggiare a lui, ricevendo umilmente e con amore quello che il suo Signore gli dà; e non mostrerebbe segno di fede, cioè che credesse d'essere amato dal Signore. Perché se egli lo credesse in verità, di nessuna cosa si potrebbe mai scandalizzare; ma tanto gli peserebbe e avrebbe in riverenza la mano dell'avversità, quanto quella della prosperità e consolazione; perché ogni cosa vedrebbe fatta con amore. Ma però non lo vede, perché dimostra che egli sia fatto servo della propria sensualità e volontà spirituale, da qualunque lato venga, come è detto di sopra, e se l’ha fatta suo signore; e però si lascia signoreggiare a loro. Ci conviene adunque, perché questa servitù ci dà morte (cioè la servitù del mondo e la servitù della propria volontà spirituale detta), fuggirla; perché c'impedisce la perfezione, di non essere servi liberi a Dio, ma ci fa volergli più tosto servire a nostro modo che a suo; la qual cosa è sconvenevole, e fa il servizio mercenario. Dico adunque (poiché tanto male ne segue, e Dio vuole fare ogni cosa col mezzo) che noi seguiamo questa via e dottrina sua che ci ha data. Noi vediamo bene che per noi medesimi non fummo creati, ma egli medesimo ci fece, mezzo la sua carità; però che per puro suo amore ci creò alla similitudine e immagine sua, perché noi partecipassimo e godessimo della eterna sua visione. Ma noi la perdemmo per la colpa e per l’amore proprio del primo nostro padre. Onde per rendere all'uomo quello che lui aveva perduto, ci donò il mezzo del suo Figliuolo, il quale fece come tramezzatore a pacificare l'uomo con Dio, e esso tramezzatore ricevette le percosse. Perché in altro modo questa pace non si poteva fare: sì grande era stata la guerra. Però che era offeso Dio infinito; e l'uomo finito che aveva fatta l'offesa, per nessuna sua pena che avesse sostenuto, non poteva soddisfare all'infinito e dolce Dio. E però il fuoco dell'abisso della sua carità trovò il modo per fare questa pace; e perché alla giustizia fosse soddisfatto, unì sé medesimo, cioè la deità eterna, natura divina, con la nostra natura umana; ed unito Dio infinito con la natura dell'uomo finita, fu sufficiente Cristo Uomo, sostenendo le pene in sul legno della santissima Croce, a soddisfare al Padre suo e placare l'ira che veniva sopra dell'uomo. E gettando un colpo questo dolce Verbo in sul legno della Croce, cioè facendo insieme misericordia all'uomo, ha in questo modo contentata la misericordia e ha donata la grazia a noi che l'avevamo perduta, ed è contentata la giustizia che voleva che della colpa si facesse vendetta; ed egli l'ha fatta sopra il corpo suo in quella medesima natura che l'aveva offeso: però che la carne di Cristo fu della massa di Adam. Ma noi, ingrati e sconoscenti, perdiamo spesse volte per i peccati nostri la Grazia, ed entriamo in guerra con Dio: e alcuna volta è guerra mortale, e alcuna volta sdegno d'amico. La guerra mortale è quando l'anima giace nella morte del peccato mortale, facendosi Dio del mondo, della carne e dei miserabili diletti. Onde questi hanno perduto la vita in tutto. È ben vero che con la confessione e con il mezzo del sangue di Cristo la può ricuperare, mentre che vive. Sicché dunque vedete che senza il mezzo non può vivere in Grazia, né giungere alla vita durabile. Sdegno di amico e in quelli ed in quelle che servono a Dio privati del peccato mortale, e sono in Grazia e vogliono essere veri servi di Dio; ma spesse volte per ignoranza (la quale procede dalla propria volontà spirituale), la quale si ha fatta signore, che lo dilunga dalla verità, non che esca della verità, che cada in peccato mortale, ma offende la perfezione alla quale in verità vorrebbe venire, volendo eleggere il tempo e luogo, la consolazione e tribolazione e tentazione a suo modo. Allora Iddio piglia sdegno coll'anima che gli è amica, perché non gli pare che vada, né va, con quella libertà schietta che deve andare. Onde un mezzo ci ha posto, e richiede che noi lo usiamo se vogliamo che sia levato lo sdegno e lo spiacere, e non ci sia impedito il nostro andare alla perfezione dolce: cioè che noi anneghiamo la propria volontà, sicché non cerchi né voglia altro che Cristo crocifisso, e tutto il suo diletto sia di riposarsi negli obbrobri di Cristo, partorendo le virtù, concepite per santo desiderio, nella carità del prossimo, con vera umiltà. Onde dunque col mezzo di sostenere pene e fatiche secondo che Dio concede, e sterilità di mente, con vera e santa pazienza, saremo fondati in vera e reale virtù; e avremo forza e conoscimento di grandi e non di fanciullo, che non vuole andare né fare altro che a suo modo. Per altra via non vedo che possiamo passare. E però vi dissi che io desideravo di vedervi fondata in vera e reale virtù; e volendo che l'anima vostra sia unita in Dio per affetto di amore, dissi che non si poteva fare senza il mezzo della virtù, però che ogni cosa si vuole fare col mezzo come detto è. Son certa che per la infinita bontà di Dio adempirete la volontà sua e il desiderio mio. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce Gesù amore