I seminaristi burundesi
“Martiri della fratellanza”
Buta, 1993
Il Burundi
Dal 1993 il paese
africano del Burundi
era sconvolto da una
guerra fra etnie, gli
Hutu e i Tutsi
In 100 giorni furono
uccise 500.000
persone
Eppure, in quel clima di odio,
nel seminario minore di Buta,
il Vangelo trasformava la vita
di una quarantina di ragazzi
tra i 15 e i 20 anni, che pur
appartenendo alle due etnie,
provavano a vivere nella
fratellanza.
Nel 1997, pochi giorni dopo Pasqua, una banda di ribelli
Hutu, ubriachi e drogati, fa irruzione nel dormitorio, dove i
ragazzi stanno riposando.
Quello che vogliono dimostrare è come di fronte alla
minaccia della morte la possibilità che le due etnie possano
convivere sia fallimentare.
Ordinano quindi ai ragazzi di separarsi, gli Hutu da una
parte e i Tutsi dall’altra.
I ragazzi non si muovono: non perché paralizzati dalla
paura, piuttosto perché convinti che di fronte all’amicizia
non si possono fare distinzioni etniche: l’amico resta tale,
indipendentemente da come te lo vogliano rappresentare.
Delusi e disorientati dalla inaspettata reazione, gli
assassini scatenano l’inferno, mentre i ragazzi, tutsi e
hutu indifferentemente, restano abbracciati tra loro,
si sostengono a vicenda, si aiutano come possono.
Alla fine, su quel pavimento, immersi nel loro sangue, si contano 40 morti:
tutti ragazzi tra i 15 e i 20 anni, crivellati di colpi, sventrati dalle granate,
finiti con il machete.
La loro non è stata una morte casuale, piuttosto il risultato “di
un’atmosfera, della cultura, dell’educazione che erano state forgiate da
mesi…. Non è in quella notte tragica che quegli studenti hanno scoperto il
dramma del loro Paese. Vi avevano già riflettuto sopra. Il loro
comportamento è il prodotto di quella maturazione” , dicono adesso di
loro.
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