Corso di Storia delle Relazioni Internazionali A.A. 2014/2015 1 Giovanni Bernardini [email protected] L’inesorabile declino dell’URSS • L’URSS è l’attore mancante nel quadro dei mutamenti economici che abbiamo esaminato durante l’ultima lezione • Il 15 agosto del 1971 (“Nixon shock”) viene accolto a Mosca come un sintomo di crisi definitiva del capitalismo • Nel bene e nel male, era invece l’inizio di un rinnovamento che avrebbe prodotto un capitalismo diverso 2 L’inesorabile declino dell’URSS • certo meno “equo” e più “spietato” • ma che imprimeva un impulso impressionante alla ricerca di nuovi metodi di produzione, di distribuzione, di circolazione dei capitali • Il simbolo era la nuova rivoluzione tecnologica prodotta attorno all’informatica e ai mezzi di comunicazione • Nel frattempo, i sistemi di welfare resistono in quasi tutta Europa, fornendo ancora sicurezza ai cittadini anche durante la fase di grande rinnovamento 3 L’inesorabile declino dell’URSS • Il sistema sovietico non regge il passo e, indipendentemente dai numeri, si rivela inadeguato a competere col nuovo “turbocapitalismo” • Dai primi anni ’70 il boom che pure l’est aveva conosciuto negli anni precedenti è ormai un lontano ricordo • Le ragioni: costi dell’ “espansione imperiale”, rigidità e inefficienze del sistema politicoeconomico, incapacità di riconversione verso settori non “esausti” o saturi, fallimento di ogni riforma economica, incapacità di migliorare l’offerta di beni di consumo. 4 L’inesorabile declino dell’URSS • Crescente importazione di beni, capitali, e tecnologia dall’ovest (in particolare dall’Europa occidentale, come avevano previsto gli artefici della Ostpolitik). 5 L’inesorabile declino dell’URSS • Di sicuro, attraverso quei maggiori contatti passò l’influenza della diversificazione e liberalizzazione culturale che avrebbe reso ancora più evidente il grigiore e l’uniformità della vita nei paesi dell’est. Si tratta di nuove esigenze di “consumi” che i sistemi comunisti non riescono a esaudire. • Allo stesso tempo, dal 1968 il socialismo perde costantemente appeal presso i paesi del Terzo Mondo 6 L’inesorabile declino dell’URSS • A Mosca non restava nulla della “vocazione rivoluzionaria” • ben presto sarebbe scomparsa anche ogni speranza di protrarre indefinitamente la Distensione, e con essa la “convivenza pacifica” tra i due sistemi 7 Da Nixon a Carter 8 L’interregno di Ford • Come conseguenza dello scandalo Watergate, Nixon si dimette nel 1974 • Sostituito dal Vicepresidente Ford • Parentesi di estrema debolezza: – Ridimensionamento dell’istituzione presidenziale a vantaggio del Congresso – Critica sempre più serrata e “bipartisan” alla Distensione, che era stato il tratto distintivo dell’amministrazione precedente 9 L’interregno di Ford • Per quanto riguarda questo secondo punto (la Distensione), quando Ford e Breznev firmano il SALT II (novembre 1974) il clima negli Stati Uniti sta già cambiando considerevolmente • L’accordo codifica ulteriormente la parità strategica degli armamenti nucleari USA-URSS 10 L’interregno di Ford • Accuse “da sinistra”: sacrificio dei popoli dell’est e accettazione della loro sottomissione a Mosca • Accuse “da destra”: impossibile accettare il principio di parità con l’ “Impero del Male”, la cui natura non era mai cambiata • Accuse di sottovalutazione del reale potenziale dei sovietici e della loro affidabilità • Tornano in campo persino alcuni estensori dell’NSC-68 a ribadire che non si poteva rinunciare al principio di superiorità strategica in virtù di una superiorità morale degli USA 11 L’interregno di Ford 12 L’interregno di Ford • Si forma una eterogenea coalizione di forze che avrebbe dato vita al neoconservatorismo • Diffondere l’idea che l’URSS stava approfittando della Distensione per estendere la propria influenza • Proprio in quella fase, cade il Vietnam del Nord • Decolonizzazione in Angola: scoppia una guerra civile che contrappone alleati degli USA e del Sudafrica e un movimento marxista aiutato da Cuba (soltanto secondariamente dall’URSS). Nel 1976 quest’ultimo dichiarerà la vittoria. 13 L’interregno di Ford • Sembra il crollo del paradigma kissingeriano: la Distensione come accettazione dello status quo nel Terzo Mondo per ridurre i costi e i rischi • La lente bipolare della Guerra Fredda conduce a un paradosso: l’URSS sembra più forte che mai, proprio mentre ha imboccato la strada del declino • Ford, sfidato da Reagan nel suo partito, abolisce il termine “Distensione” • La spaccatura favorisce la vittoria a sorpresa di Jimmy Carter 14 Il “fenomeno” Carter Carter rappresenta una vittoria “contro l’establishment” dei partiti, contro i politici di lungo corso (l’establishment non glielo perdonerà). Un esempio di sogno americano (“A cinque anni vendevo noccioline”), di candor intriso di una religiosità semplice (pastore battista) di cui fa largo uso nel suo linguaggio politico. Ma rappresenta anche il sud nonsegregazionista, raccogliendo in qualche modo anche l’eredità kennediana 15 Il “fenomeno” Carter • Membro della Trilateral Commission, da cui selezionò buona parte della sua amministrazione • Politica estera: – Continua tensione tra il Segretario di Stato Cyrus Vance ed il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Zbigniew Brzezinski: tra prosecuzione del dialogo con l’Unione Sovietica ed uso aggressivo e strumentale dei diritti umani e del “terzo cesto” 16 Il “fenomeno” Carter • Sarà la seconda strategia a prevalere, e a creare tensioni crescenti con gli alleati europei 17 Jimmy Carter • Insistenza sui diritti umani per restituire dei criteri morali assoluti all’America, dopo la Realpolitik “immorale” di Kissinger e della Distensione • È anche lo specchio della crescita di organizzazioni non governative, e di attenzione dell’opinione pubblica, per il tema dei diritti umani • Ovviamente la realtà era ben diversa, e Carter fu accusato di molte incoerenze (sostegno al Sudafrica) 18 Jimmy Carter • Il più grande successo di Carter fu probabilmente l’accordo di Camp David: riconoscimento reciproco tra Egitto e Israele (1978), che ribadiva la centralità statunitense nell’area • Ma a Mosca il tema dei diritti umani spaventa: dopo l’Atto Finale di Helsinki c’è una crescita esponenziale di gruppi di dissidenza in tutto l’est, sempre più difficili da reprimere a causa dell’attenzione internazionale (caso Sakharov) 19 Jimmy Carter • Tentativi di ripresa del dialogo sul nucleare, ma da una posizione statunitense più rigida: l’accordo SALT II non sarà ratificato (vedi oltre) • Cresce a Mosca l’impressione che gli Stati Uniti stiano cerando di mettere in difficoltà il potere sovietico, e che l’atmosfera di collaborazione della Distensione si svanita • Mutato il clima, qualunque occasione di incomprensione fa crescere lo scontro 20 Jimmy Carter 21 Jimmy Carter • Crisi nel Corno d’Africa: ancora una volta, volenti o nolenti, USA e URSS sono trascinati dalla logica stessa della Guerra Fredda in un contesto del tutto periferico • La sostanziale vittoria dell’Etiopia, appoggiata da Cuba e dall’URSS, sulla Somalia (favorita dagli USA, ma più debolmente), persuade anche Carter che sia necessario un cambio di atteggiamento 22 Jimmy Carter – Tornano a salire le spese militari nella NATO dopo un lungo declino – Critiche ad alcuni processi interni all’URSS contro alcuni dissidenti – Riconoscimento diplomatico della Cina Popolare da parte degli Stati Uniti, dopo anni di congelamento (toni decisamente antisovietici). Fondamentale il cambiamento di leadership: il nuovo leader cinese è Deng Xiaoping, che intende modernizzare il paese e aprire gradualmente all’economia di mercato (per questo è necessario un rapporto diverso con l’Occidente) 23 La Rivoluzione in Iran • Il deterioramento del clima e del dialogo estovest sarebbe stato acuito da un evento di portata epocale proprio perché estraneo alla logica della Guerra Fredda 24 La rivoluzione in Iran • L’Iran era il principale alleato degli Stati Uniti nella regione del Golfo Persico per ragioni strategiche ed economiche • Lo scià Reza Pahlavi aveva promosso una forte modernizzazione di impronta occidentale e secolare • Ma ampie fasce della popolazione ne erano escluse, o si opponevano per ragioni morali e religiose 25 La rivoluzione in Iran 26 La rivoluzione in Iran • Si sviluppa un movimento estremamente eterogeneo: partecipano liberali, marxisti e varie forze religiose (clero incluso) • Repressione durissima e crisi economica: il paese precipita nel caos • Il rientro nel paese dell’Ayatollah Khomeini decretava la vittoria dei religiosi, avviava una repressione di ogni altra fazione, e faceva nascere la prima repubblica islamica, in cui il clero era forza egemone 27 La rivoluzione in Iran • Rivoluzione “inusuale: – Non nasce da sconfitte né da una crisi economica/finanziaria – Il ruolo dei militari non è primario – Produce cambiamenti sociali profondi in pochissimo tempo – Teocrazia autoritaria – “Relativamente” non violenta (inizialmente!); ridefinisce il significato e la pratica delle rivoluzioni moderne 28 La rivoluzione in Iran • Era una sfida storica alla logica del bipolarismo che USA e URSS fecero fatica a comprendere, poiché non rientrava nelle categorie tradizionali • Il problema era “un vuoto di potere” che l’altra superpotenza avrebbe potuto occupare… • …mentre Khomeini dichiarava: “Respigete le infide superpotenze dai vostri paesi e dalle vostre abbondanti risorse… fate affidamento […] sulla vostra vera identità […] salvandovi dalla miserevole umiliazione ai piedi dell’Ovest e dell’Est” 29 La rivoluzione in Iran • L’evento fa precipitare la popolarità di Carter: un leader titubante che non sa scegliere la linea del rigore • In America Latina, la rivoluzione sandinista in Nicaragua darà l’impressione che stanno nascendo “nuove Cuba” • Quando gli USA danno ospitalità allo Shah, in Iran esplodono violenti scontri e giovani militanti fanno irruzione nell’ambasciata USA, prendendo in ostaggio molti funzionari 30 La rivoluzione in Iran • Lunga crisi che Carter non seppe gestire: alla vigilia delle elezioni USA (1980), tentativo militare di liberare gli ostaggi che finisce nel sangue e senza risultati 31 L’Afghanistan • Ma l’Iran costituisce un problema anche per i sovietici • L’Afghanistan era sotto un governo comunista dal 1978, ma con una durissima lotta tra fazioni e con forti rivolte della popolazione • Il rischio è l’estensione della rivoluzione islamica in Afghanistan, e da lì alle repubbliche sovietiche confinanti • Decisione di intervenire militarmente: il 25 dicembre 1979. Secondo i progetti doveva essere un’operazione di qualche settimana 32 L’Afghanistan • Sarebbe stato l’ultimo disastro: 15mila morti sovietici, isolamento e ostilità del mondo islamico, disapprovazione mondiale e soprattutto del “Terzo Mondo”, fine di ogni possibilità di Distensione • All’Afghanistan sarebbe costata un milione di morti e cinque di milioni di rifugiati all’estero. La causa islamica sarebbe divenuta un elemento di mobilitazione mondiale, e in Afghanistan sarebbero accorsi combattenti da tutto il mondo islamico 33 L’Afghanistan • A Washington si volle interpretare l’iniziativa come una nuova dimostrazione del rinnovato espansionismo sovietico – Embargo sulle vendite di beni alimentar e tecnologia – Boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca – Aumento delle spese per la difesa – Aiuti militari al Pakistan e da lì all’Afghanistan • Questo non fu sufficiente a salvare Carter da una sconfitta devastante alle elezioni del 1980. 34 Ronald Reagan • La vittoria di Reagan avveniva all’insegna di un ritorno a una strategia di più attivo contenimento dell’Unione Sovietica e di sfida che ne mettesse a nudo le debolezze • Era un ritorno ai più rigidi comandamenti dell’ NSC-68, nella convinzione che la dissoluzione dell’ “impero sovietico” non fosse poi troppo lontana 35 Il grande comunicatore • In this present crisis, government is not the solution to our problem; government is the problem. From time to time we've been tempted to believe that society has become too complex to be managed by self-rule, that government by an elite group is superior to government for, by, and of the people. Well, if no one among us is capable of governing himself, then who among us has the capacity to govern someone else? 36 Il grande comunicatore • We have every right to dream heroic dreams. Those who say that we're in a time when there are not heroes, they just don't know where to look. You can see heroes every day going in and out of factory gates. Others, a handful in number, produce enough food to feed all of us and then the world beyond. You meet heroes across a counter, and they're on both sides of that counter. There are entrepreneurs with faith in themselves and faith in an idea who create new jobs, new wealth and opportunity. They're individuals and families whose taxes support the government and whose voluntary gifts support church, charity, culture, art, and education. Their patriotism is quiet, but deep. Their values sustain our national life. 37 Il grande comunicatore • Restituire un obiettivo alla politica estera americana, dopo la “ricerca dell’equilibrio” kissingeriana: lotta all’ “impero del male”. L’URSS non è “il male” soltanto per l’aggressività della sua politica estera, per la sua stessa natura, che è incompatibile con i valori fondanti del mondo libero • La parità strategica non basta: non è soltanto un errore, ma una perversione morale. Necessaria la superiorità nei confronti di un nemico inaffidabile • Non si tratta di gestire la Guerra fredda, ma di vincerla 38 Il grande comunicatore • Un più attivo contrasto della diffusione del comunismo porterà in particolare ad una politica particolarmente dura nei confronti dell’America Latina e del Terzo Mondo in generale: uso della forza (diretta o per procura) e dell’ “arma economica” (istituzioni internazionali) • Durissime prese di posizione sugli eventi in Polonia e sul problema della dissidenza nei paesi dell’est 39 • Procedere con chi “ci sta”, anche a rischio di sottoporre a tensioni i rapporti con alleati storici (Europa Occidentale in primis) 40 Ronald Reagan • Restituire fiducia all’America nella sua “missione storica”. Percezione di una “unicità” ancora più accresciuta che in passato, visto che gli Europei sembrano non voler rinunciare alla loro “Distensione” (=Appeasement) • Forte offensiva retorica: “impero del male”, “pattumiera della storia” • Due strade convergenti: 1)Accrescere la forza degli Stati Uniti 2) Aggravare le difficoltà dell’Unione Sovietica 41 Ronald Reagan 1) Vasto programma di modernizzazione delle forze armate e di miglioramento tecnologico degli armamenti. Il bilancio militare aumenta del 50% in 5 anni. Si tratta anche di un modo per rimettere in moto la produzione negli Usa e guadagnare così il favore della popolazione, colpita dalla deindustrializzazione di molti settori 2) Ma soprattutto è una sfida lanciata all’URSS e alla sua stagnazione economica. “Non riusciranno a starci dietro”. L’esempio emblematico è il progetto di “Scudo Spaziale” 42 Ronald Reagan • Erano realmente coscienti dei limiti e dei problemi dell’URSS? • In certa misura sì, soprattutto per quanto riguardava le questioni interne dell’economia, la capacità di esaudire le richieste dei partner, e la capacità di proiezione dell’ideologia all’estero • Tuttavia: – Le lenti deformanti della contrapposizione sono sempre le stesse – Dal punto di vista USA, l’URSS continua a essere un colosso militare, e lo sarà fino all’ultimo momento (e oltre) 43 Difficoltà di Mosca • Il baricentro della Guerra Fredda torna in Europa, dove era nata • La novità sostanziale è che si sono aperti canali di dialogo tra le due parti dal 1975, e che le società dei paesi dell’est acquisiscono un protagonismo che non avevano in precedenza. Agli occhi del mondo è un’ulteriore dimostrazione del fallimento del sistema sovietico 44 Difficoltà di Mosca • Dalla fine degli anni ‘70 i regimi dell’est dipendono in modo strutturale dai crediti occidentali • Il rischio è l’eccessiva dipendenza o addirittura l’insolvenza • MA: ogni riduzione del debito avrebbe comportato drastiche riforme economiche (che non si voleva introdurre) o un contenimento delle importazioni e dei consumi (con conseguenti proteste della popolazione) 45 Difficoltà di Mosca • Nell’estate del 1980 il governo polacco annuncia l’aumento dei prezzi: scioperi immediati • Influenza dell’elezione di Papa Giovanni Paolo II al soglio pontificio, e in generale della religione • Nasce il primo sindacato non ufficiale: Solidarnosc. Forti aiuti da parte statunitense e grande attenzione dell’opinione pubblica mondiale 46 47 Difficoltà di Mosca • Da sindacali, le richieste si fanno politiche: riforme economiche, affermazione di diritti, libertà religiosa, autonomia della società civile • Il regime cede a molte richieste, e soprattutto non c’è un intervento militare del Patto di Varsavia • L’URSS ritiene di non poter affrontare la crisi internazionale che ne conseguirebbe, soprattutto per le ritorsioni economiche • Lavoro paziente, soprattutto degli europei occidentali, per facilitare le riforme e scongiurare tragedie già viste in passato 48 Difficoltà di Mosca • Il dualismo di potere in Polonia è sempre più evidente; nel 1981 la crisi politica ed economica peggiora. Timori di contagio in tutto l’est • Ma un’azione militare è fuori discussione: la novità rispetto al passato era evidente per chiunque • A dicembre viene imposta la legge marziale: arresti di migliaia di cittadini, clandestinità di Solidarnosc, censura • Il potere passa ai militari, e così il fallimento sovietico è ancora più evidente 49 Difficoltà di Mosca • Non a caso, molti attori europei (e la chiesa) considerarono la legge marziale come “il male minore”. La distensione in Europa poteva continuare, con l’est in posizione di evidente debolezza • Reazioni USA più aspre, ma Reagan non riesce a coinvolgere gli Europei in un embargo comune. Si aggrava il dissenso tra USA ed Europa occidentale (dall’Afghanistan in poi) • Di fatto, la dipendenza dell’est dall’Europa occidentale continuò ad aumentare: cooperazione come strada maestra 50 Difficoltà di Mosca • In aree extraeuropee, nonostante i limiti evidenziati da Mosca, l’amministrazione Reagan riconduce ogni ideologia o esperimento radicale all’azione sovietica (anche quando è palese che questo non corrisponde alla realtà) • Non si tratta più di dare aiuti allo sviluppo, che infatti sono ridotti al minimo e diventano una sorta di “premio”. Ma di promuovere la totale apertura alle logiche di mercato, favorire la circolazione di capitali e aumentare gli scambi. 51 Difficoltà di Mosca • Il problema non è se questo viene fatto da regimi democratici o autoritari • Né se questo provoca nell’immediato grandi problemi economici per vasti strati della popolazione, o se pone un ostacolo allo sviluppo autonomo delle economie nazionali • Chi si contrappone a tutto questo, viene immediatamente associato all’URSS (anche laddove non esisteva alcuna prova). L’esempio storico più chiaro è il Nicaragua dopo la vittoria del Fronte Sandinista 52 Difficoltà di Mosca • Non potendo intervenire militarmente, si finanziano i “Contras” • Ma anche i regimi autoritari in El Salvador e Guatemala • Per tutti gli anni ottanta questi episodi costarono la vita a centinaia di migliaia di vittime in tutta l’America Centrale • Invasione diretta soltanto a Grenada per rovesciare un governo filocubano. Azione dimostrativa contro il “complesso del Vietnam” 53 Difficoltà di Mosca • Un caso del tutto particolare, per le conseguenze che avrebbe avuto, era l’Afghanistan. A partire dal 1983 si sviluppa una sofisticata rete che provvedeva all’addestramento e all’armamento della resistenza afghana. Gli Stati Uniti forniscono tecnologia, l’Arabia Saudita i soldi, e i servizi segreti pakistani si occupano della gestione operativa. 54 Disarmo nucleare • La questione degli Euromissili aveva fatto temere una nuova escalation, ma anche provocato una stagione di mobilitazione a favore del disarmo in tutto l’Occidente contro la nuova “minaccia nucleare” • Da parte sovietica c’è la coscienza di non essere in grado di sostenere una nuova stagione di costi crescenti • Disorientamento di fronte all’aggressività di Reagan: quali sono le sue intenzioni? Cosa significa lo scudo spaziale? 55 Disarmo nucleare • Tra il 1982 e il 1985 la leadership sovietica vive la sua stagione più travagliata: da Breznev ad Andropov a Cernenko si susseguono leader vecchissimi e incapaci di introdurre reali riforme 56 57 Disarmo nucleare • Ma l’allerta sovietica nel 1983 aveva dimostrato anche agli Stati Uniti che, quantomeno sul piano militare, l’URSS rimaneva militarmente pericolosissima (paradossi degli armamenti nucleari) • Anche nell’amministrazione Reagan crescono le voci favorevoli al negoziato: dall’inizio del 1984 mano tesa a una collaborazione costruttiva • Da parte sovietica, il gap tecnologico è immenso e la difesa assorbe più del 20% del PIL 58 Gorbacev 59 Gorbacev • Nel marzo 1985 viene eletto segretario del PCUS. Ha soltanto 54 anni. A molti pare un cambiamento epocale • Nel ‘68 aveva espresso simpatia per il corso cecoslovacco • Successivamente aveva potuto viaggiare, persuadendosi definitivamente del grado di arretratezza dell’URSS • La speranza di Gorbacev NON E’ distruggere il socialismo, ma riformarlo • “Non siamo circondati da eserciti invincibili, ma da economie superiori!” 60 Gorbacev • Tentativi di miglioramento delle relazioni col terzo mondo • Priorità strutturale al disarmo • Primo incontro tra Gorbacev e Reagan a Ginevra nel novembre 1985. Da parte USA richiesta di ritiro dall’Afghanistan e di rispetto dei diritti umani • Dal 1986 è sul tavolo (per iniziativa sovietica) un piano di riduzione bilanciata delle armi nucleari 61 Gorbacev • In tutto questo si inserisce l’impressione a livello mondiale per il disastro di Chernobyl • Nel 1987 viene sottoscritto il trattato INF: rimossi tutti i missili nucleari dall’Europa • Dal 1988 Gorbacev annuncia il ritiro dall’Afghanistan • Ma la spinta a tutto questo viene anche dalla coscienza che le economie dell’est si stanno letteralmente sgretolando, che i movimenti dei dissidenti mordono il freno il tutto il blocco, che stanno esplodendo anche tensioni tra nazionalità in URSS 62 Fine della Guerra Fredda • Crollo progressivo dei regimi dell’est, per la gran parte in modo pacifico • Polonia - 10 anni; Ungheria - 10 mesi; Germania Est - 10 settimane; Cecoslovacchia - 10 giorni Romania - 10 ore (più complessa la transizione ungherese) • Con la riunificazione tedesca (1990) e poi la dissoluzione dell’URSS, la Guerra Fredda è finita • Vittoria degli Stati Uniti o dell’Occidente, o sconfitta dell’Unione Sovietica? • Ma soprattutto: quanto ha senso questa domanda nell’ottica degli sviluppi successivi a livello globale? 63 Fine della Guerra Fredda • In eredità rimangono conflitti aperti fino a oggi, scaturiti da dinamiche locali ma che la logica della Guerra Fredda non ha risolto: semmai “controllato”, o peggio fomentato • Le interazioni tra comunità/conflitti locali e Guerra Fredda (in tutte le sue accezioni politiche, economiche, culturali…) costituisce ancora un campo di studio fertile e largamente inesplorato. • Alcuni dei principali sviluppi macro-politici: 64 Fine della Guerra Fredda • Tra il 1986 e il 1988 cadono i governi autoritari nelle Filippine e in Corea del Sud e si va a elezioni: la motivazione (giustificazione) anticomunista non dà più alcuna legittimazione • Analogo destino subiscono le dittature militari in America Latina. Ma: questo caso mostra quali enormi ipoteche (economiche, sociali, politiche) la fase precedenti lasci in eredità • Lo sviluppo più spettacolare è quello del Sudafrica, in cui il regime di apartheid è smantellato nel 1991 65 Fine della Guerra Fredda • Si diffonde il cosiddetto “trionfalismo di Guerra Fredda”: l’Occidente (e in particolare gli Stati Uniti) si appropriano di una narrazione che narra il trionfo della democrazia e della libertà come conseguenza della vittoria contro il comunismo 66 Fine della Guerra Fredda • Ancora una volta, come per la “Guerra Fredda”, è una narrazione che non contiene né spiega tutto quello che accade: • Anche in Europa: processo apparentemente inarrestabile di integrazione (passaggio all’Unione Europea) e ampliamento (a est). In realtà rimangono enormi problemi di differenze tra paesi e il contrasto tra sovranità statale e sovrastatale, che sono all’origine della crisi odierna • Per l’Europa dell’est, il crollo indolore dei regimi politici non si traduce in una transizione altrettanto indolore dal punto di vista politico, economico e sociale. 67 Fine della Guerra Fredda • “Sogno” di un’Europa (e di un mondo) che ritrovi il filo del “wilsonismo”: autodeterminazione • In realtà riesplodono conflitti nazionali in qualche modo “compressi” dalla Guerra Fredda: – Dramma jugoslavo che fa crollare l’idea di un progresso generalizzato post-Guerra Fredda – Ma anche Cecoslovacchia, Belgio, minoranze exsovietiche 68 Fine della Guerra Fredda • Fuori dall’Europa la situazione è ancora più drammatica. Un esempio per tutti, la guerra civile in Rwanda. dimostrazione che alcuni conflitti avevano trovato un’identificazione con la GF (polarizzazione), ma che in realtà avevano radici più profonde e diverse (scontri all’interno di paesi creati artificialmente; risorse naturali) e che dunque erano destinati a proseguire. 69 Fine della Guerra Fredda • Caso più emblematico il Medio Oriente: – Conflitto arabo-israeliano sopravvive alla Guerra Fredda conservando tutti gli squilibri che essa aveva determinato nell’area e senza che sia in vista alcuna soluzione – Guerra Iran-Iraq rientra parzialmente nell’ottica della Guerra Fredda, ma le sue conseguenze arrivano fino alla Prima “Guerra del Golfo” per liberare il Kuwait – In tutto questo, la religione inizia a rappresentare una nuova (e imprevista) forza di mobilitazione transnazionale 70 Fine della Guerra Fredda • Da un lato il “mondo di nazioni”, dall’altro la “transnazionalità” che non riguarda solo la sfera religiosa, ma anche quella – economica (globalizzazione finanziaria, multinazionali) – militare (coalizioni a geometria variabile) – “valoriale” (ecologia, pacifismo…) – e (importantissima) tecnologica: nel 1991 è online il primo sito web • Infine: l’ascesa del “gigante cinese” e il “ritorno” della Russia, ancora tutte da interpretare 71 Fine della Guerra Fredda • Entrambe sfuggono (e devono sfuggire) ai canoni interpretativi della Guerra Fredda, e anche a quelli della prima parte del Novecento. Ma questo non significa che conoscere la storia precedente non aiuti a comprenderne le dinamiche attraverso la comparazione diacronica (es: penetrazione cinese in Africa e America Latina). 72 Argomenti del corso Principali chiavi di lettura • La lunga agonia degli imperi tradizionali: Nuovi imperi? • La fine della centralità europea: inesorabile? Quali nuove “centralità”? Il termine stesso ha senso? • L’antagonismo geopolitico e ideologico della Guerra fredda: verso nuovi antagonismi? Su quali basi, se non ideologiche? • Successi e fallimenti delle istituzioni per la sicurezza collettiva: una “battaglia persa”? Verso un mondo “senza regole”? 73