Corso di Storia delle Relazioni Internazionali
A.A. 2014/2015
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Giovanni Bernardini [email protected]
L’inesorabile declino dell’URSS
• L’URSS è l’attore mancante nel quadro dei
mutamenti economici che abbiamo esaminato
durante l’ultima lezione
• Il 15 agosto del 1971 (“Nixon shock”) viene
accolto a Mosca come un sintomo di crisi
definitiva del capitalismo
• Nel bene e nel male, era invece l’inizio di un
rinnovamento che avrebbe prodotto un
capitalismo diverso
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L’inesorabile declino dell’URSS
• certo meno “equo” e più “spietato”
• ma che imprimeva un impulso impressionante
alla ricerca di nuovi metodi di produzione, di
distribuzione, di circolazione dei capitali
• Il simbolo era la nuova rivoluzione tecnologica
prodotta attorno all’informatica e ai mezzi di
comunicazione
• Nel frattempo, i sistemi di welfare resistono in
quasi tutta Europa, fornendo ancora sicurezza
ai cittadini anche durante la fase di grande
rinnovamento
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L’inesorabile declino dell’URSS
• Il sistema sovietico non regge il passo e,
indipendentemente dai numeri, si rivela
inadeguato a competere col nuovo
“turbocapitalismo”
• Dai primi anni ’70 il boom che pure l’est aveva
conosciuto negli anni precedenti è ormai un
lontano ricordo
• Le ragioni: costi dell’ “espansione imperiale”,
rigidità e inefficienze del sistema politicoeconomico, incapacità di riconversione verso
settori non “esausti” o saturi, fallimento di
ogni riforma economica, incapacità di
migliorare l’offerta di beni di consumo.
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L’inesorabile declino dell’URSS
• Crescente importazione di beni, capitali, e
tecnologia
dall’ovest
(in
particolare
dall’Europa occidentale, come avevano
previsto gli artefici della Ostpolitik).
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L’inesorabile declino dell’URSS
• Di sicuro, attraverso quei maggiori contatti
passò l’influenza della diversificazione e
liberalizzazione culturale che avrebbe reso
ancora più evidente il grigiore e l’uniformità
della vita nei paesi dell’est. Si tratta di nuove
esigenze di “consumi” che i sistemi comunisti
non riescono a esaudire.
• Allo stesso tempo, dal 1968 il socialismo perde
costantemente appeal presso i paesi del Terzo
Mondo
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L’inesorabile declino dell’URSS
• A Mosca non restava nulla della “vocazione
rivoluzionaria”
• ben presto sarebbe scomparsa anche ogni
speranza di protrarre indefinitamente la
Distensione, e con essa la “convivenza
pacifica” tra i due sistemi
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Da Nixon a Carter
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L’interregno di Ford
• Come conseguenza dello scandalo Watergate,
Nixon si dimette nel 1974
• Sostituito dal Vicepresidente Ford
• Parentesi di estrema debolezza:
– Ridimensionamento
dell’istituzione
presidenziale a vantaggio del Congresso
– Critica sempre più serrata e “bipartisan” alla
Distensione, che era stato il tratto distintivo
dell’amministrazione precedente
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L’interregno di Ford
• Per quanto riguarda questo secondo punto (la
Distensione), quando Ford e Breznev firmano
il SALT II (novembre 1974) il clima negli Stati
Uniti sta già cambiando considerevolmente
• L’accordo codifica ulteriormente la parità
strategica degli armamenti nucleari USA-URSS
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L’interregno di Ford
• Accuse “da sinistra”: sacrificio dei popoli
dell’est e accettazione della loro sottomissione
a Mosca
• Accuse “da destra”: impossibile accettare il
principio di parità con l’ “Impero del Male”, la
cui natura non era mai cambiata
• Accuse di sottovalutazione del reale
potenziale dei sovietici e della loro affidabilità
• Tornano in campo persino alcuni estensori
dell’NSC-68 a ribadire che non si poteva
rinunciare al principio di superiorità strategica
in virtù di una superiorità morale degli USA
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L’interregno di Ford
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L’interregno di Ford
• Si forma una eterogenea coalizione di forze
che avrebbe dato vita al neoconservatorismo
• Diffondere
l’idea
che
l’URSS
stava
approfittando della Distensione per estendere
la propria influenza
• Proprio in quella fase, cade il Vietnam del
Nord
• Decolonizzazione in Angola: scoppia una
guerra civile che contrappone alleati degli USA
e del Sudafrica e un movimento marxista
aiutato da Cuba (soltanto secondariamente
dall’URSS). Nel 1976 quest’ultimo dichiarerà la
vittoria.
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L’interregno di Ford
• Sembra il crollo del paradigma kissingeriano:
la Distensione come accettazione dello status
quo nel Terzo Mondo per ridurre i costi e i
rischi
• La lente bipolare della Guerra Fredda conduce
a un paradosso: l’URSS sembra più forte che
mai, proprio mentre ha imboccato la strada
del declino
• Ford, sfidato da Reagan nel suo partito,
abolisce il termine “Distensione”
• La spaccatura favorisce la vittoria a sorpresa di
Jimmy Carter
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Il “fenomeno” Carter
Carter rappresenta una vittoria “contro
l’establishment” dei partiti, contro i
politici di lungo corso (l’establishment
non glielo perdonerà).
Un esempio di sogno americano (“A
cinque anni vendevo noccioline”),
di candor intriso di una religiosità
semplice (pastore battista) di cui fa
largo uso nel suo linguaggio politico.
Ma rappresenta anche il sud nonsegregazionista, raccogliendo in qualche
modo anche l’eredità kennediana
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Il “fenomeno” Carter
• Membro della Trilateral Commission, da cui
selezionò buona parte della sua
amministrazione
• Politica estera:
– Continua tensione tra il Segretario di Stato Cyrus
Vance ed il Consigliere per la Sicurezza Nazionale
Zbigniew Brzezinski: tra prosecuzione del dialogo
con l’Unione Sovietica ed uso aggressivo e
strumentale dei diritti umani e del “terzo cesto”
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Il “fenomeno” Carter
• Sarà la seconda strategia a prevalere, e a
creare tensioni crescenti con gli alleati europei
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Jimmy Carter
• Insistenza sui diritti umani per restituire dei
criteri morali assoluti all’America, dopo la
Realpolitik “immorale” di Kissinger e della
Distensione
• È anche lo specchio della crescita di
organizzazioni non governative, e di
attenzione dell’opinione pubblica, per il tema
dei diritti umani
• Ovviamente la realtà era ben diversa, e Carter
fu accusato di molte incoerenze (sostegno al
Sudafrica)
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Jimmy Carter
• Il più grande successo di Carter fu
probabilmente l’accordo di Camp David:
riconoscimento reciproco tra Egitto e Israele
(1978), che ribadiva la centralità statunitense
nell’area
• Ma a Mosca il tema dei diritti umani spaventa:
dopo l’Atto Finale di Helsinki c’è una crescita
esponenziale di gruppi di dissidenza in tutto
l’est, sempre più difficili da reprimere a causa
dell’attenzione internazionale (caso Sakharov)
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Jimmy Carter
• Tentativi di ripresa del dialogo sul nucleare,
ma da una posizione statunitense più rigida:
l’accordo SALT II non sarà ratificato (vedi oltre)
• Cresce a Mosca l’impressione che gli Stati
Uniti stiano cerando di mettere in difficoltà il
potere sovietico, e che l’atmosfera di
collaborazione della Distensione si svanita
• Mutato il clima, qualunque occasione di
incomprensione fa crescere lo scontro
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Jimmy Carter
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Jimmy Carter
• Crisi nel Corno d’Africa: ancora una volta,
volenti o nolenti, USA e URSS sono trascinati
dalla logica stessa della Guerra Fredda in un
contesto del tutto periferico
• La sostanziale vittoria dell’Etiopia, appoggiata
da Cuba e dall’URSS, sulla Somalia (favorita
dagli USA, ma più debolmente), persuade
anche Carter che sia necessario un cambio di
atteggiamento
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Jimmy Carter
– Tornano a salire le spese militari nella NATO dopo
un lungo declino
– Critiche ad alcuni processi interni all’URSS contro
alcuni dissidenti
– Riconoscimento diplomatico della Cina Popolare
da parte degli Stati Uniti, dopo anni di
congelamento (toni decisamente antisovietici).
Fondamentale il cambiamento di leadership: il
nuovo leader cinese è Deng Xiaoping, che intende
modernizzare il paese e aprire gradualmente
all’economia di mercato (per questo è necessario
un rapporto diverso con l’Occidente)
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La Rivoluzione in Iran
• Il deterioramento del clima e del dialogo estovest sarebbe stato acuito da un evento di
portata epocale proprio perché estraneo alla
logica della Guerra Fredda
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La rivoluzione in Iran
• L’Iran era il principale alleato degli Stati Uniti
nella regione del Golfo Persico per ragioni
strategiche ed economiche
• Lo scià Reza Pahlavi aveva promosso una forte
modernizzazione di impronta occidentale e
secolare
• Ma ampie fasce della popolazione ne erano
escluse, o si opponevano per ragioni morali e
religiose
25
La rivoluzione in Iran
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La rivoluzione in Iran
• Si sviluppa un movimento estremamente
eterogeneo: partecipano liberali, marxisti e
varie forze religiose (clero incluso)
• Repressione durissima e crisi economica: il
paese precipita nel caos
• Il rientro nel paese dell’Ayatollah Khomeini
decretava la vittoria dei religiosi, avviava una
repressione di ogni altra fazione, e faceva
nascere la prima repubblica islamica, in cui il
clero era forza egemone
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La rivoluzione in Iran
• Rivoluzione “inusuale:
– Non nasce da sconfitte né da una crisi
economica/finanziaria
– Il ruolo dei militari non è primario
– Produce cambiamenti sociali profondi in
pochissimo tempo
– Teocrazia autoritaria
– “Relativamente” non violenta (inizialmente!);
ridefinisce il significato e la pratica delle rivoluzioni
moderne
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La rivoluzione in Iran
• Era una sfida storica alla logica del bipolarismo
che USA e URSS fecero fatica a comprendere,
poiché non rientrava nelle categorie
tradizionali
• Il problema era “un vuoto di potere” che l’altra
superpotenza avrebbe potuto occupare…
• …mentre Khomeini dichiarava:
“Respigete le infide superpotenze dai vostri paesi
e dalle vostre abbondanti risorse… fate
affidamento […] sulla vostra vera identità […]
salvandovi dalla miserevole umiliazione ai
piedi dell’Ovest e dell’Est”
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La rivoluzione in Iran
• L’evento fa precipitare la popolarità di Carter:
un leader titubante che non sa scegliere la
linea del rigore
• In America Latina, la rivoluzione sandinista in
Nicaragua darà l’impressione che stanno
nascendo “nuove Cuba”
• Quando gli USA danno ospitalità allo Shah, in
Iran esplodono violenti scontri e giovani
militanti fanno irruzione nell’ambasciata USA,
prendendo in ostaggio molti funzionari
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La rivoluzione in Iran
• Lunga crisi che Carter non seppe gestire: alla
vigilia delle elezioni USA (1980), tentativo
militare di liberare gli ostaggi che finisce nel
sangue e senza risultati
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L’Afghanistan
• Ma l’Iran costituisce un problema anche per i
sovietici
• L’Afghanistan era sotto un governo comunista
dal 1978, ma con una durissima lotta tra
fazioni e con forti rivolte della popolazione
• Il rischio è l’estensione della rivoluzione
islamica in Afghanistan, e da lì alle repubbliche
sovietiche confinanti
• Decisione di intervenire militarmente: il 25
dicembre 1979. Secondo i progetti doveva
essere un’operazione di qualche settimana
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L’Afghanistan
• Sarebbe stato l’ultimo disastro: 15mila morti
sovietici, isolamento e ostilità del mondo
islamico, disapprovazione mondiale e
soprattutto del “Terzo Mondo”, fine di ogni
possibilità di Distensione
• All’Afghanistan sarebbe costata un milione di
morti e cinque di milioni di rifugiati all’estero.
La causa islamica sarebbe divenuta un
elemento di mobilitazione mondiale, e in
Afghanistan sarebbero accorsi combattenti da
tutto il mondo islamico
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L’Afghanistan
• A Washington si volle interpretare l’iniziativa
come una nuova dimostrazione del rinnovato
espansionismo sovietico
– Embargo sulle vendite di beni alimentar e
tecnologia
– Boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca
– Aumento delle spese per la difesa
– Aiuti militari al Pakistan e da lì all’Afghanistan
• Questo non fu sufficiente a salvare Carter da
una sconfitta devastante alle elezioni del
1980.
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Ronald Reagan
• La vittoria di Reagan avveniva all’insegna di un
ritorno a una strategia di più attivo
contenimento dell’Unione Sovietica e di sfida
che ne mettesse a nudo le debolezze
• Era un ritorno ai più rigidi comandamenti dell’
NSC-68, nella convinzione che la dissoluzione
dell’ “impero sovietico” non fosse poi troppo
lontana
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Il grande comunicatore
• In this present crisis, government is not the solution
to our problem; government is the problem. From
time to time we've been tempted to believe that
society has become too complex to be managed by
self-rule, that government by an elite group is
superior to government for, by, and of the people.
Well, if no one among us is capable of governing
himself, then who among us has the capacity to
govern someone else?
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Il grande comunicatore
• We have every right to dream heroic dreams. Those who say
that we're in a time when there are not heroes, they just
don't know where to look. You can see heroes every day going
in and out of factory gates. Others, a handful in number,
produce enough food to feed all of us and then the world
beyond. You meet heroes across a counter, and they're on
both sides of that counter. There are entrepreneurs with faith
in themselves and faith in an idea who create new jobs, new
wealth and opportunity. They're individuals and families
whose taxes support the government and whose voluntary
gifts support church, charity, culture, art, and education. Their
patriotism is quiet, but deep. Their values sustain our national
life.
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Il grande comunicatore
• Restituire un obiettivo alla politica estera americana,
dopo la “ricerca dell’equilibrio” kissingeriana: lotta
all’ “impero del male”. L’URSS non è “il male”
soltanto per l’aggressività della sua politica estera,
per la sua stessa natura, che è incompatibile con i
valori fondanti del mondo libero
• La parità strategica non basta: non è soltanto un
errore, ma una perversione morale. Necessaria la
superiorità nei confronti di un nemico inaffidabile
• Non si tratta di gestire la Guerra fredda, ma di
vincerla
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Il grande comunicatore
• Un più attivo contrasto della diffusione del
comunismo porterà in particolare ad una
politica particolarmente dura nei confronti
dell’America Latina e del Terzo Mondo in
generale: uso della forza (diretta o per
procura) e dell’ “arma economica” (istituzioni
internazionali)
• Durissime prese di posizione sugli eventi in
Polonia e sul problema della dissidenza nei
paesi dell’est
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• Procedere con chi “ci sta”, anche a rischio di
sottoporre a tensioni i rapporti con alleati
storici (Europa Occidentale in primis)
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Ronald Reagan
• Restituire fiducia all’America nella sua
“missione storica”. Percezione di una “unicità”
ancora più accresciuta che in passato, visto
che gli Europei sembrano non voler rinunciare
alla loro “Distensione” (=Appeasement)
• Forte offensiva retorica: “impero del male”,
“pattumiera della storia”
• Due strade convergenti:
1)Accrescere la forza degli Stati Uniti
2) Aggravare le difficoltà dell’Unione Sovietica
41
Ronald Reagan
1) Vasto programma di modernizzazione delle
forze armate e di miglioramento tecnologico
degli armamenti. Il bilancio militare aumenta
del 50% in 5 anni.
Si tratta anche di un modo per rimettere in
moto la produzione negli Usa e guadagnare
così il favore della popolazione, colpita dalla
deindustrializzazione di molti settori
2) Ma soprattutto è una sfida lanciata all’URSS e
alla sua stagnazione economica. “Non
riusciranno a starci dietro”. L’esempio
emblematico è il progetto di “Scudo Spaziale”
42
Ronald Reagan
• Erano realmente coscienti dei limiti e dei
problemi dell’URSS?
• In certa misura sì, soprattutto per quanto
riguardava le questioni interne dell’economia,
la capacità di esaudire le richieste dei partner,
e la capacità di proiezione dell’ideologia
all’estero
• Tuttavia:
– Le lenti deformanti della contrapposizione sono
sempre le stesse
– Dal punto di vista USA, l’URSS continua a essere
un colosso militare, e lo sarà fino all’ultimo
momento (e oltre)
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Difficoltà di Mosca
• Il baricentro della Guerra Fredda torna in
Europa, dove era nata
• La novità sostanziale è che si sono aperti
canali di dialogo tra le due parti dal 1975, e
che le società dei paesi dell’est acquisiscono
un protagonismo che non avevano in
precedenza. Agli occhi del mondo è
un’ulteriore dimostrazione del fallimento del
sistema sovietico
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Difficoltà di Mosca
• Dalla fine degli anni ‘70 i regimi dell’est
dipendono in modo strutturale dai crediti
occidentali
• Il rischio è l’eccessiva dipendenza o addirittura
l’insolvenza
• MA: ogni riduzione del debito avrebbe
comportato drastiche riforme economiche
(che non si voleva introdurre) o un
contenimento delle importazioni e dei
consumi (con conseguenti proteste della
popolazione)
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Difficoltà di Mosca
• Nell’estate del 1980 il governo polacco
annuncia l’aumento dei prezzi: scioperi
immediati
• Influenza dell’elezione di Papa Giovanni Paolo
II al soglio pontificio, e in generale della
religione
• Nasce il primo sindacato non ufficiale:
Solidarnosc. Forti aiuti da parte statunitense e
grande attenzione dell’opinione pubblica
mondiale
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Difficoltà di Mosca
• Da sindacali, le richieste si fanno politiche:
riforme economiche, affermazione di diritti,
libertà religiosa, autonomia della società civile
• Il regime cede a molte richieste, e soprattutto
non c’è un intervento militare del Patto di
Varsavia
• L’URSS ritiene di non poter affrontare la crisi
internazionale che ne conseguirebbe,
soprattutto per le ritorsioni economiche
• Lavoro paziente, soprattutto degli europei
occidentali, per facilitare le riforme e
scongiurare tragedie già viste in passato
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Difficoltà di Mosca
• Il dualismo di potere in Polonia è sempre più
evidente; nel 1981 la crisi politica ed
economica peggiora. Timori di contagio in
tutto l’est
• Ma un’azione militare è fuori discussione: la
novità rispetto al passato era evidente per
chiunque
• A dicembre viene imposta la legge marziale:
arresti di migliaia di cittadini, clandestinità di
Solidarnosc, censura
• Il potere passa ai militari, e così il fallimento
sovietico è ancora più evidente
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Difficoltà di Mosca
• Non a caso, molti attori europei (e la chiesa)
considerarono la legge marziale come “il male
minore”. La distensione in Europa poteva
continuare, con l’est in posizione di evidente
debolezza
• Reazioni USA più aspre, ma Reagan non riesce
a coinvolgere gli Europei in un embargo
comune. Si aggrava il dissenso tra USA ed
Europa occidentale (dall’Afghanistan in poi)
• Di fatto, la dipendenza dell’est dall’Europa
occidentale
continuò
ad
aumentare:
cooperazione come strada maestra
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Difficoltà di Mosca
• In aree extraeuropee, nonostante i limiti
evidenziati da Mosca, l’amministrazione
Reagan riconduce ogni ideologia o
esperimento radicale all’azione sovietica
(anche quando è palese che questo non
corrisponde alla realtà)
• Non si tratta più di dare aiuti allo sviluppo, che
infatti sono ridotti al minimo e diventano una
sorta di “premio”. Ma di promuovere la totale
apertura alle logiche di mercato, favorire la
circolazione di capitali e aumentare gli scambi.
51
Difficoltà di Mosca
• Il problema non è se questo viene fatto da
regimi democratici o autoritari
• Né se questo provoca nell’immediato grandi
problemi economici per vasti strati della
popolazione, o se pone un ostacolo allo
sviluppo autonomo delle economie nazionali
• Chi si contrappone a tutto questo, viene
immediatamente associato all’URSS (anche
laddove non esisteva alcuna prova). L’esempio
storico più chiaro è il Nicaragua dopo la
vittoria del Fronte Sandinista
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Difficoltà di Mosca
• Non potendo intervenire militarmente, si
finanziano i “Contras”
• Ma anche i regimi autoritari in El Salvador e
Guatemala
• Per tutti gli anni ottanta questi episodi
costarono la vita a centinaia di migliaia di
vittime in tutta l’America Centrale
• Invasione diretta soltanto a Grenada per
rovesciare un governo filocubano. Azione
dimostrativa contro il “complesso del
Vietnam”
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Difficoltà di Mosca
• Un caso del tutto particolare, per le
conseguenze che avrebbe avuto, era
l’Afghanistan. A partire dal 1983 si sviluppa
una sofisticata rete che provvedeva
all’addestramento e all’armamento della
resistenza afghana. Gli Stati Uniti forniscono
tecnologia, l’Arabia Saudita i soldi, e i servizi
segreti pakistani si occupano della gestione
operativa.
54
Disarmo nucleare
• La questione degli Euromissili aveva fatto
temere una nuova escalation, ma anche
provocato una stagione di mobilitazione a
favore del disarmo in tutto l’Occidente contro
la nuova “minaccia nucleare”
• Da parte sovietica c’è la coscienza di non
essere in grado di sostenere una nuova
stagione di costi crescenti
• Disorientamento di fronte all’aggressività di
Reagan: quali sono le sue intenzioni? Cosa
significa lo scudo spaziale?
55
Disarmo nucleare
• Tra il 1982 e il 1985 la leadership sovietica vive
la sua stagione più travagliata: da Breznev ad
Andropov a Cernenko si susseguono leader
vecchissimi e incapaci di introdurre reali
riforme
56
57
Disarmo nucleare
• Ma l’allerta sovietica nel 1983 aveva
dimostrato anche agli Stati Uniti che,
quantomeno sul piano militare, l’URSS
rimaneva
militarmente
pericolosissima
(paradossi degli armamenti nucleari)
• Anche nell’amministrazione Reagan crescono
le voci favorevoli al negoziato: dall’inizio del
1984 mano tesa a una collaborazione
costruttiva
• Da parte sovietica, il gap tecnologico è
immenso e la difesa assorbe più del 20% del
PIL
58
Gorbacev
59
Gorbacev
• Nel marzo 1985 viene eletto segretario del
PCUS. Ha soltanto 54 anni. A molti pare un
cambiamento epocale
• Nel ‘68 aveva espresso simpatia per il corso
cecoslovacco
• Successivamente aveva potuto viaggiare,
persuadendosi definitivamente del grado di
arretratezza dell’URSS
• La speranza di Gorbacev NON E’ distruggere il
socialismo, ma riformarlo
• “Non siamo circondati da eserciti invincibili,
ma da economie superiori!”
60
Gorbacev
• Tentativi di miglioramento delle relazioni col
terzo mondo
• Priorità strutturale al disarmo
• Primo incontro tra Gorbacev e Reagan a
Ginevra nel novembre 1985. Da parte USA
richiesta di ritiro dall’Afghanistan e di rispetto
dei diritti umani
• Dal 1986 è sul tavolo (per iniziativa sovietica)
un piano di riduzione bilanciata delle armi
nucleari
61
Gorbacev
• In tutto questo si inserisce l’impressione a
livello mondiale per il disastro di Chernobyl
• Nel 1987 viene sottoscritto il trattato INF:
rimossi tutti i missili nucleari dall’Europa
• Dal 1988 Gorbacev annuncia il ritiro
dall’Afghanistan
• Ma la spinta a tutto questo viene anche dalla
coscienza che le economie dell’est si stanno
letteralmente sgretolando, che i movimenti
dei dissidenti mordono il freno il tutto il
blocco, che stanno esplodendo anche tensioni
tra nazionalità in URSS
62
Fine della Guerra Fredda
• Crollo progressivo dei regimi dell’est, per la gran
parte in modo pacifico
• Polonia - 10 anni; Ungheria - 10 mesi; Germania
Est - 10 settimane; Cecoslovacchia - 10 giorni
Romania - 10 ore (più complessa la transizione
ungherese)
• Con la riunificazione tedesca (1990) e poi la
dissoluzione dell’URSS, la Guerra Fredda è finita
• Vittoria degli Stati Uniti o dell’Occidente, o
sconfitta dell’Unione Sovietica?
• Ma soprattutto: quanto ha senso questa
domanda nell’ottica degli sviluppi successivi a
livello globale?
63
Fine della Guerra Fredda
• In eredità rimangono conflitti aperti fino a
oggi, scaturiti da dinamiche locali ma che la
logica della Guerra Fredda non ha risolto:
semmai “controllato”, o peggio fomentato
• Le interazioni tra comunità/conflitti locali e
Guerra Fredda (in tutte le sue accezioni
politiche, economiche, culturali…) costituisce
ancora un campo di studio fertile e
largamente inesplorato.
• Alcuni dei principali sviluppi macro-politici:
64
Fine della Guerra Fredda
• Tra il 1986 e il 1988 cadono i governi autoritari
nelle Filippine e in Corea del Sud e si va a
elezioni: la motivazione (giustificazione)
anticomunista non dà più alcuna
legittimazione
• Analogo destino subiscono le dittature militari
in America Latina. Ma: questo caso mostra
quali enormi ipoteche (economiche, sociali,
politiche) la fase precedenti lasci in eredità
• Lo sviluppo più spettacolare è quello del
Sudafrica, in cui il regime di apartheid è
smantellato nel 1991
65
Fine della Guerra Fredda
• Si diffonde il cosiddetto “trionfalismo di
Guerra Fredda”: l’Occidente (e in particolare
gli Stati Uniti) si appropriano di una narrazione
che narra il trionfo della democrazia e della
libertà come conseguenza della vittoria contro
il comunismo
66
Fine della Guerra Fredda
• Ancora una volta, come per la “Guerra Fredda”, è
una narrazione che non contiene né spiega tutto
quello che accade:
• Anche in Europa: processo apparentemente
inarrestabile di integrazione (passaggio all’Unione
Europea) e ampliamento (a est). In realtà
rimangono enormi problemi di differenze tra
paesi e il contrasto tra sovranità statale e
sovrastatale, che sono all’origine della crisi
odierna
• Per l’Europa dell’est, il crollo indolore dei regimi
politici non si traduce in una transizione
altrettanto indolore dal punto di vista politico,
economico e sociale.
67
Fine della Guerra Fredda
• “Sogno” di un’Europa (e di un mondo) che
ritrovi il filo del “wilsonismo”:
autodeterminazione
• In realtà riesplodono conflitti nazionali in
qualche modo “compressi” dalla Guerra
Fredda:
– Dramma jugoslavo che fa crollare l’idea di un
progresso generalizzato post-Guerra Fredda
– Ma anche Cecoslovacchia, Belgio, minoranze exsovietiche
68
Fine della Guerra Fredda
• Fuori dall’Europa la situazione è ancora più
drammatica. Un esempio per tutti, la guerra
civile in Rwanda. dimostrazione che alcuni
conflitti avevano trovato un’identificazione
con la GF (polarizzazione), ma che in realtà
avevano radici più profonde e diverse (scontri
all’interno di paesi creati artificialmente;
risorse naturali) e che dunque erano destinati
a proseguire.
69
Fine della Guerra Fredda
• Caso più emblematico il Medio Oriente:
– Conflitto arabo-israeliano sopravvive alla
Guerra Fredda conservando tutti gli squilibri
che essa aveva determinato nell’area e
senza che sia in vista alcuna soluzione
– Guerra Iran-Iraq rientra parzialmente
nell’ottica della Guerra Fredda, ma le sue
conseguenze arrivano fino alla Prima
“Guerra del Golfo” per liberare il Kuwait
– In tutto questo, la religione inizia a
rappresentare una nuova (e imprevista)
forza di mobilitazione transnazionale
70
Fine della Guerra Fredda
• Da un lato il “mondo di nazioni”, dall’altro la
“transnazionalità” che non riguarda solo la
sfera religiosa, ma anche quella
– economica (globalizzazione finanziaria,
multinazionali)
– militare (coalizioni a geometria variabile)
– “valoriale” (ecologia, pacifismo…)
– e (importantissima) tecnologica: nel 1991 è online
il primo sito web
• Infine: l’ascesa del “gigante cinese” e il
“ritorno” della Russia, ancora tutte da
interpretare
71
Fine della Guerra Fredda
• Entrambe sfuggono (e devono sfuggire) ai
canoni interpretativi della Guerra Fredda, e
anche a quelli della prima parte del
Novecento. Ma questo non significa che
conoscere la storia precedente non aiuti a
comprenderne le dinamiche attraverso la
comparazione diacronica (es: penetrazione
cinese in Africa e America Latina).
72
Argomenti del corso
Principali chiavi di lettura
• La lunga agonia degli imperi tradizionali:
Nuovi imperi?
• La fine della centralità europea:
inesorabile? Quali nuove “centralità”? Il
termine stesso ha senso?
• L’antagonismo geopolitico e ideologico della
Guerra fredda: verso nuovi antagonismi? Su
quali basi, se non ideologiche?
• Successi e fallimenti delle istituzioni per la
sicurezza collettiva: una “battaglia persa”?
Verso un mondo “senza regole”?
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