M. Nussbaum L’intelligenza delle emozioni Introduzione Recuperare il rapporto tra filosofia e psicologia. Metodo socratico: possiamo dare esempi di emozioni, osservarle in altri e in noi, anche senza avere una nostra teoria delle emozioni. Le emozioni hanno chiaramente a che fare con i pensieri: “La gelosia e il dolore sono una tortura mentale; sono i pensieri che abbiamo sulle cose ad esserne fonte di sofferenza – e in altri casi di gioia”. Il trauma del neonato Nussbaum conclude la sua introduzione, sostenendo che: “Come scrive Freud, la storia della nascita dell’uomo è quella del passaggio di un essere senziente dal grembo di un protetto narcisismo alla lacerante consapevolezza di essere alla deriva in un mondo di oggetti, un mondo che non ha creato e che non controlla. In esso il neonato è consapevole di essere particolarmente debole e impotente. Il dolore fisico non può nulla rispetto alla spaventosa consapevolezza dell’essere impotenti, è quasi insopportabile senza il rifugio di un sonno simile al grembo materno. Quando ci svegliamo, dobbiamo escogitare un modo di vivere in questo mondo di oggetti. Senza l’intelligenza delle emozioni, abbiamo poche speranze di affrontare questo problema nel modo giusto”. Prima parte Bisogno e riconoscimento Un evento biografico Martha è avvertita delle condizioni gravi della mamma mentre si trova a Dublino. Parte immediatamente per Filadelfia, ma arriva dalla mamma circa venti minuti dopo la sua morte. Emergono una serie di emozioni davanti a questo evento: rabbia, senso di colpa, senso di abbandono. Da questa storia emergono alcune caratteristiche delle emozioni Il loro carattere di urgenza e di intensità; la loro tendenza ad assumere il controllo della personalità; il loro rapporto con legami importanti; l’apparente rapporto antagonistico con la razionalità; lo stretto intrecciarsi di emozioni diverse. Tesi di Nussbaum (teoria cognitivo-valutativa) Le emozioni sono forme di giudizio. Come nell’etica stoica greca: le emozioni sono riconoscimento di bisogno, di assenza di autosufficienza. Le emozioni implicano: Il pensiero di un oggetto. Pensiero della rilevanza dell’oggetto. Implicano una valutazione. Le emozioni non sono fuoco o tempesta Sono in relazione ad un oggetto. La paura mi fa vedere un certo esito della situazione e quell’esito mi rimanda qualcosa di me stesso. L’emozione mi fa vedere l’oggetto attraverso i miei occhi. Lo sono in un modo particolare. Lo sono nella modalità in cui interpretiamo la nostra relazione con quell’oggetto. Il percorso dell’emozione L’oggetto della paura o del dolore può essere lo stesso, ma cambia il modo in cui mi interpreto in relazione a quell’oggetto (per es. la perdita di una persona). Credenze (beliefs) «Per avere paura devo credere che incombano eventi negativi», Aristotele, Retorica II,5 L’emozione non nasce solo dall’oggetto, ma da una credenza circa l’oggetto. Nussbaum provava rabbia verso gli assistenti di volo che sorridevano, mentre lei era preoccupata per le condizioni della mamma: la rabbia si sciolse nel momento in cui realizzò che il sorriso degli assistenti di volo non era intenzionalmente rivolto verso di lei per suscitare la sua rabbia. Il pensiero può modificare quindi l’emozione! Pensiero – Emozione - Valore Come mai a volte, pur riconoscendo che una credenza è sbagliata, continuiamo a provare la stessa emozione? Non proviamo la stessa emozione davanti alla morte di qualunque persona. Non proviamo la stessa emozione davanti a ogni tipo di catastrofe. Nussbaum ingloba pensiero e valore dentro la definizione di emozione. Epitteto: “Sorveglia te stesso come un nemico in agguato”. Stoici: davanti alle rappresentazioni relative ad emozioni resto sempre libero di assentire o meno. Aristotele, De anima III,3 riporta l’esempio della percezione del sole: lo vedo come un oggetto grande pochi centimetri. Potrei accogliere questa apparenza come vera, come fanno molti bambini, oppure posso discernere questa cognizione e rifiutare l’apparenza come vera. Una prima sintesi Le emozioni hanno a che fare con le credenze (indipendentemente dal fatto che esse siano vere o false) che ci formiamo. Hanno a che fare con la parte di me con la quale do senso al mondo. Le emozioni hanno a che fare con le cose a cui attribuisco valore. Contengono un ineliminabile riferimento al Sé. Sono valutazioni dalla mia prospettiva. Ruolo dell’immaginazione Provo un’emozione nella misuro in cui riesco a rappresentarmi il suo oggetto: per es. provare dolore per i morti in Cina secoli fa. Perché l’emozione si affievolisce? Da emozione situazionale ad emozione di fondo (cf morte di una persona cara). L’emozione (per es. il lutto) lacera una serie di aspettative sul futuro. Successivamente le aspettative si ristrutturano. Giudizi eudaimonistici: l’emozione valuta l’oggetto in relazione al proprio benessere. Possiamo ristrutturare i nostri giudizi: da «questa persona è importante…» a «questa persona è stata importante…». L’emozione si affievolisce in relazione al ruolo svolto dall’immaginazione. “L’esperienza del lutto è in gran parte l’esperienza di ripetute frustrazioni cognitive, e del ritessere, di conseguenza, la propria trama cognitiva”. C.S.Lewis Componente eudaimonistica delle emozioni Damasio, L’errore di Cartesio Il caso di Phineas Gage Il caso Elliot: tumore benigno al cervello. Asportazione di parte del lobo frontale. Incapacità di prendersi cura delle cose e stabilire un ordine di priorità. Poteva concentrarsi ossessivamente su un compito specifico e portarlo a compimento bene. Il QI era rimasto superiore alla media. Alterazione: emozioni, dare priorità, prendere decisioni. Incapacità di cogliere che nelle decisioni c’era in gioco qualcosa di lui. Mancava della componente eudaimonistica delle valutazioni. Sede delle decisioni (secondo Damasio) Sede delle decisioni e delle azioni È necessaria la capacità di mettersi in relazione ad uno scopo. Ampliamento della teoria neostoica Nussbaum estende la sua teoria anche agli animali. Il cognitivo non passa necessariamente attraverso il medium del linguaggio. Emozioni ed appetiti Possono essere educati mediante insegnamento e abitudine ed essere assimilati alle emozioni. emozioni Flessibili circa l’oggetto. Pervase dal valore. Cf Platone Repubblica, Libro IV appetiti Fissati sull’oggetto. Indifferenti al valore. L’emozione è diversa dallo stato d’animo (che non ha un oggetto preciso). Talvolta anche l’emozione ha un oggetto vago e allora è difficile distinguerla dallo stato d’animo. Emozioni e desideri Per Nussbaum la differenza sta nella componente valutativa che è implicita nell’emozione. Il desiderio può essere invece generica euforia, legata anche a cose che non sono nella realtà. Emozioni e infanzia Le emozioni hanno una storia Emozioni e passato Le emozioni sono come una lanterna magica mediante la quale proiettiamo nella stanza, dove realmente siamo, immagini che vengono da altre storie ed altri oggetti. Studi sull’infanzia J. Bowlby e gli stili di attaccamento. Freud e la nascita del bambino Da un narcisismo assoluto a un mondo in cui c’è un oggetto esterno. Condizione di impotenza. Nel mondo ci sono cose dannose e cose buone/utili. Il sonno è il tentativo di recedere al precedente stato di assenza di stimoli e di elusione dell’oggetto, non sostenendo a lungo il nuovo stato. Il bambino ha una rudimentale consapevolezza di entità che sono importanti perché gli forniscono ciò di cui ha bisogno. La relazione con queste entità si basa sulla possibilità di ottenere ciò che la natura non produce di per sé: cure, nutrimento, protezione. Donald Winnicot Introduce il concetto di holding: tenere in braccio. L’ambiente esterno non solo soddisfa bisogni fisici del bambino, ma gli crea un ambiente facilitante. Bowlby e la teoria dell’attaccamento Il bisogno di attaccamento può essere soddisfatto anche da una figura non identica alla fonte di nutrimento. La scimmia si legherà più alla fonte di conforto che a quella di nutrimento. Il bisogno di sicurezza è a sé stante. Se il bisogno di attaccamento non viene soddisfatto, il cucciolo cresce con deficit cognitivi e disturbi comportamentali. Il bisogno di essere abbracciati e protetti è un elemento della nostra comune eredità con i primati. Bisogno di essere abbracciati Winnicott: «l'infante che viene tenuto in braccio non è consapevole di essere protetto dal cadere all'infinito, ma una leggera incertezza nel tenerlo tra le braccia gli dà una sensazione di caduta infinita». Attraverso l'abbraccio il bambino acquista la volontà di vivere nel mondo e sviluppa la convinzione che il mondo, nonostante i suoi pericoli, è abbastanza benigno da rispondere ai suoi sforzi attivi. Abbraccio come risposta dell’ambiente L'idea di non essere del tutto impotenti e che l'ambiente risponde in qualche modo alle esigenze del bambino è un fondamento essenziale dell'apprendimento. L'oggetto con cui il bambino interagisce non è più solo un oggetto che provvede ai suoi bisogni materiali, ma un oggetto che rende il mondo degno di viverci. Le cure devono essere prestate da una singola figura. Il bambino è in grado molto presto di riconoscere la persona che si prende cura di lui. A soli tre giorni un neonato è in grado di riconoscere l'odore del latte del madre posto su un pezzo di pane e di distinguerlo dal latte di un'altra madre. Stern sostiene che si prende cura meglio un soggetto che sa usare la fantasia, in modo da essere capace di immedesimarsi nel bambino. Le radici delle emozioni Nascita delle emozioni Distinzione sé-altro L’oggetto delle emozioni si chiarisce nella misura in cui si definisce questa alterità. Le prime emozioni: paura, ansia, gioia, speranza. L’amore è sperimentato come soddisfazione dei propri bisogni. La rabbia è in relazione alla frustrazione dell’onnipotenza. Il tipo di abbraccio dei genitori È fondamentale per aiutare il bambino ad uscire dalla sua onnipotenza. Dovrebbero aiutare il bambino a sentirsi onnipotente, ma anche dipendente, al centro del mondo, ma anche fiducioso negli altri. Altri tipi di abbracci genitoriali Abbracci Conseguenze Abbracci autoritari. Onnipotenza. Abbracci invadenti. Ricerca di perfezione. Abbracci che non permettono lo sviluppo di un rapporto di fiducia con il mondo. Intolleranza verso le imperfezioni proprie e del mondo. Il caso del paziente B. in Holding and Interpretation di Winnicott Il paziente B. è un giovane studente di medicina che soffre dell'incapacità di essere spontaneo e di esprimere pensieri personali in presenza di altri, dando l'impressione di essere bloccato e rivelandosi particolarmente noioso. Questa immagine di paralisi e assenza di vita era la conseguenza del tentativo di esercitare un controllo onnipotente sul proprio mondo interiore, attraverso la costante vigilanza sul linguaggio e sul pensiero. … Durante l'analisi emerse che B. aveva sofferto di cure molto ansiose e poco interattive. La madre, come lei stessa rivelò a Winnicott, esigeva da se stessa la perfezione e interpretava i bisogni del bambino come la prova di non aver raggiunto la perfezione. Questa esigenza emergeva in lei in conseguenza di un'idealizzazione del marito che lei sentiva come un quasi-padre. … Winnicott aggiunge che questa idealizzazione mostrava che la donna non amava il marito: non essendo interessata al carattere reale del marito, enfatizzava il carattere di perfezione [formazione reattiva]. Man mano che B. entrava in contatto con i ricordi di questo abbraccio soffocante, diventava consapevole della sua ricerca di perfezione in ogni cosa. Era la conseguenza della sua incapacità di permettere a se stesso di essere un bambino bisognoso. … B. sentiva la richiesta di perfezione, ricercata dalla madre in risposta alla sua ansia, come la richiesta di restare immobile o addirittura di morire. B. non poteva permettersi di essere dipendente da qualcuno o di fidarsi di qualcuno. B. diceva: essere imperfetto per me voleva dire essere rifiutato. Non sono mai diventato umano. I segni di umanità erano infatti rifiutati dalla madre, che a causa della propria ansia era soddisfatta solo di un bambino tranquillo e perfetto. Intermezzo sull’abbraccio Già nei primi mesi l’abbraccio dei genitori plasma l’atteggiamento del bambino nei confronti della sua umana condizione di bisogno. O crea la consapevolezza che l’aver bisogno è cosa buona e il suo corpo indifeso è fonte di piacere e di interesse. O invia il messaggio che la perfezione è l’unico stato tollerabile e che ogni altra cosa sarà rifiutata. Per capire il paziente B di Winnicott Il paziente di Winnicott ha vissuto un'incapacità di fidarsi di essere abbracciato. Ha provato una caduta infinita nell'abbraccio dei genitori. Il suo immobilismo era il frutto di una grande rabbia. Il gioco dello stupore e della curiosità in lui è del tutto bloccato, per questo si presenta rigido, artificioso, impersonale. Il paziente B. provava anche vergogna Ogni onnipotenza infantile è accompagnata da un senso di impotenza. Quando un bambino scopre di essere dipendente dagli altri, sperimenta probabilmente un rudimentale senso di vergogna. La vergogna nei bambini La reazione istintiva è quella di provare a nasconderci agli occhi di chi potrebbe vedere la nostra carenza. Se il bambino si aspetta di controllare il mondo, come del resto tutti i bambini, proverà vergogna e forse anche rabbia quando sperimenta questa incapacità di controllo. La vergogna non vuol dire diminuzione di autostima, anzi presuppone l'autostima. È proprio perché ci si aspetta di avere un valore e persino di essere perfetti che ci si ritrae o si nascondono le prove del proprio non valore o imperfezione. … Siccome tutti i bambini provano un senso di onnipotenza, tutti sperimentano anche la vergogna, come mostrano i racconti biblici in riferimento alla nudità. Un sano sviluppo permette al bambino di passare dall'onnipotenza alla fiducia, imparando a non vergognarsi della propria condizione di bisogno, ma provando piacere nell'interscambio tra due esseri imperfetti. Perfezione e vergogna La mamma di B. pensava che ciò che è imperfetto è privo di valore. Siccome il suo bambino, in quanto bambino, era desideroso di cure e di essere protetto, era imperfetto. Il paziente diceva infatti che per lui essere imperfetto voleva dire essere rifiutato. B. sviluppa così un'ossessione circa il modo in cui gli altri lo vedono, desiderando di essere visto perfetto. La sua rigidità, il rifiuto di esprimersi, erano un modo per mantenere il controllo sulla sua realtà interiore, in modo da non provare la vergogna di permettere al suo sé bisognoso di emergere. … Una vergogna primaria per la propria debolezza e impotenza è probabilmente un carattere basilare e universale della vita umana. La madre di B. aveva impedito al figlio di accogliere questo aspetto della sua umanità. In tal modo la relazione di B. con gli oggetti esterni è diventata molto difficile. Vergogna e narcisismo Propria quando la vergogna diventa insopportabile, si cerca di nasconderla per dare un'immagine perfetta di sé. Vergogna e handicap Il bambino scopre una sua maggiore umanità e bisogno di dipendenza. La dimensione sociale (spesso gli altri bambini) rendono più dura questa scoperta. È probabile che il bambino cerchi delle modalità per compensare o nascondere la sua debolezza. Se la cultura è intollerante verso la differenza, il bambino può essere colpito da un’ipertrofia della vergona. Cosa mi ha convinto della teoria di M. Nussbaum? Esercizio Esercizio di scrittura emotiva E questo sono io Tre parole Due parole Una parola Una parola Due parole Tre parole E questo sono io