COMPETENZE
delle
REGIONI A STATUTO ORDINARIO
1) competenza LEGISLATIVA
2) competenza REGOLAMENTARE
3) competenza AMMINISTRATIVA
4) competenza FINANZIARIA
5) altre competenze STABILITE DALLA COSTITUZIONE
1) Competenza LEGISLATIVA
LIMITI DELLA POTESTA’ LEGISLATIVA dello STATO e delle REGIONI
-1) rispetto della COSTITUZIONE
-2) vincoli dell’ORDINAMENTO dell’UNIONE EUROPEA
(esempio: Regolamenti UE, direttive UE)
-3) OBBLIGHI INTERNAZIONALI
- art. 10 Cost.: Norme di diritto internazionale generalmente riconosciute
- art. 11 Cost.: accordi di reciproca limitazione della sovranità
- trattati internazionali
-4) LIMITI TERRITORIALE (solo per le Regioni)
TIPI DI POTESTA’ LEGISLATIVA DELLO STATO E REGIONI
Ai sensi dell’art. 117 Cost., la potestà legislativa può essere:
1) ESCLUSIVA dello STATO (art. 117, comma 2°, Cost.)
2) CONCORRENTE tra STATO E REGIONI (art. 117, comma 3°, Cost.)
3) RESIDUALE della REGIONE (art. 117, comma 4°, Cost.)
Criterio di ripartizione:
A) per MATERIE: individuando espressamente all’art. 117 Cost. le singole materie
rientranti nella competenza ESCLUSIVA DELLO STATO (2° comma) e nella
competenza CONCORRENTE tra STATO e REGIONI (3° comma);
B) RESIDUALITA’: sono di competenza delle Regioni le MATERIE che non sono
tassativamente indicate nei commi 2° e 3° dell’art. 117 Cost.
1.1) POTESTA’ LEGISLATIVA ESCLUSIVA DELLO STATO
materie espressamente indicate nelle lettere da a) ad s) dell’art.
117, comma 2°, Cost..
Tra le MATERIE rientrano:
Diritto di asilo
Ordinamento civile
Immigrazione
Ordinamento penale
Sicurezza dello Stato
Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali
Tutela della concorrenza
Norme generali sull’istruzione
Armonizzazione dei bilanci pubblici
Legislazione elettorale, organi di governo e funzioni
fondamentali di Comuni, Province e Città
metropolitane
Ordine pubblico e sicurezza
Tutela dell’ambiente e dell’ecosistema
Sistema tributario e contabile dello Stato
Tutela dei dei beni culturali
- 1.2) POTESTA’ LEGISLATIVA CONCORRENTE tra STATO E REGIONI
materie espressamente indicate nell’art. 117, 3° comma, Cost.:
Rapporti internazionali e con UE delle Regioni
Governo del territorio
Commercio con l’estero
Grandi reti di trasporto e navigazione
Tutela e sicurezza del lavoro
Ordinamento della comunicazione
Istruzione, escluse:
1) autonomia delle istituzioni scolastiche
2) istruzione e formazione professionale
Previdenza complementare e integrativa
Professioni
Produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia
Ricerca scientifica e tecnologica
Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario
Tutela della salute
Valorizzazione dei beni culturali e ambientali
Alimentazione
Promozione e organizzazione di attività culturali
Ordinamento sportivo
Casse di risparmio e rurali a carattere regionale
Protezione civile
Enti di credito agrario a carattere regionale
Nelle materie di competenza CONCORRENTE:
spetta alla LEGISLAZIONE DELLO STATO: determinare i
PRINCIPI FONDAMENTALI (CD. LEGGI QUADRO o LEGGI
CORNICE)
spetta alla LEGISLAZIONE DELLE REGIONI: determinare il
DETTAGLIO
Legge n. 131 del 2003 (cd. Legge La Loggia)
Art. 1 Attuazione dell'articolo 117, primo e terzo comma, della Costituzione, in
materia di legislazione regionale.
comma 3: Nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente, le Regioni
esercitano la potestà legislativa nell'àmbito dei princìpi fondamentali
espressamente determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi
statali vigenti.
Art. 3 Testi unici delle disposizioni legislative vigenti non aventi carattere di
principio fondamentale nelle materie di legislazione concorrente.
-1.3) POTESTA’ LEGISLATIVA RESIDUALE delle REGIONI
Ogni materia non espressamente riservata alla
legislazione esclusiva dello Stato o alla legislazione
concorrente (art. 117, comma 4°, Cost.)
Tra le principali materie:
Turismo
Commercio
(escluso
commercio con l’estero)
Istruzione
e
professionale
formazione
il Fiere e mercati
Industria
Caccia
Artigianato
Pesca
Miniere
Polizia amministrativa locale
Cave
Servizi sociali
2) COMPETENZA REGOLAMENTARE
Art. 117, comma 6°, Cost. :
2.1) spetta allo STATO:
2.1.a) nelle materie di legislazione esclusiva dello Stato
2.2.) spetta alle REGIONI:
2.2.a) in ogni altra materia (competenza legislativa concorrente e residuale)
2.2.b) delega alle REGIONI da parte dello Stato nelle materie di legislazione
esclusiva dello Stato
2.3) spetta a Comuni, Province e Città metropolitana: in relazione alla disciplina
dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite
- Con la Riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 si è superato il principio
di parallelismo delle funzioni (tendenziale collegamento tra funzione legislativa
e funzione regolamentare).
- STATUTO DELLA REGIONE VENETO: art. 19, comma 2: Il Consiglio regionale
esercita la potestà regolamentare, salvo i casi in cui la legge regionale ne
demandi l’esercizio alla Giunta regionale.
3) COMPETENZA AMMINISTRATIVA
Art. 118, primo comma:
“Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne
l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato,
sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.”;
Art. 118, secondo comma:
“I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni
amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo
le rispettive competenze.”.
STATUTO DEL VENETO:
Art. 11, comma 4: I Comuni, anche in forma associata, esercitano la generalità delle
funzioni amministrative.
Art. 11, comma 5: Le Province esercitano le funzioni amministrative che richiedono
un esercizio unitario nel territorio provinciale.
Art. 11, comma 6: La Regione esercita esclusivamente le funzioni amministrative ad
essa espressamente riservate dalla legge (statale o regionale).
4) COMPETENZA FINANZIARIA
Stabilita dall’art. 119 Cost.:
4.1) le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto
dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli
economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.
4.2) le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate
propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principî di coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario.
4.3) le Regioni dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al
loro territorio.
4.4) le Regioni hanno un proprio demanio e patrimonio (che produce reddito e deve
essere amministrato)
Principio di equilibrio di bilancio:
la legge 243/2012 «Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di
bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione» di attuazione
legge costituzionale 1/2012, all’art. 9 prevede che «i bilanci delle Regioni…si
considerano in equilibrio quando, sia nella fase di previsione che di rendiconto,
registrano:
- a) un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate
finali e le spese finali;
- b) un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate
correnti e le spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate di
ammortamento dei prestiti».
-5) ALTRE COMPETENZE STABILITE DALLA COSTITUZIONE
5.1) art. 75 Cost.: richiesta di referendum abrogativo di una legge da parte di
almeno 5 Consigli regionali;
5.2) art. 83 Cost.: nomina di 3 delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio
regionale per l’elezione del presidente della Repubblica;
5.3) art. 121 Cost.: proposta di legge alle Camere da parte del Consiglio
regionale;
5.4) art. 127 Cost.: promuovere la questione di legittimità costituzionale (cd.
ricorso in via principale) avanti alla Corte costituzionale verso una legge o atto
avente forza di legge dello Stato o di altra Regione, entro 60 giorni dalla sua
pubblicazione
5.5) art. 132 Cost.: i Consigli regionali sono sentiti nel procedimento di fusione
o creazione di nuove Regioni o per consentire a Province e Comuni che ne
facciano richiesta siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra;
5.6) art. 133, comma 1°, Cost.: la Regione è sentita per il mutamento di
circoscrizioni provinciali e per la istituzione di nuove Province nell’ambito della
stessa Regione;
5.7) art. 133, comma 2°, Cost.: la Regione con propria legge può, sentite le
popolazioni interessate, istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e
modificare le loro circoscrizioni e denominazioni;
5.8) art. 138 Cost.: sottoporre a referendum le leggi di revisione della
Costituzione o altre leggi costituzionali da parte di almeno 5 Consigli regionali.
ESERCIZIO della
COMPETENZA LEGISLATIVA
Esposizione del contenuto e dei limiti di alcune MATERIE:
1)
in ordine alfabetico, non di importanza: infatti per la Corte cost. “Tutti i
diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile
pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre
«sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro». Se così non
fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre
situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione
della dignità della persona. (sentenza Corte cost. n. 85 del 2013)
2)
sulla base delle sentenze della Corte costituzionale
2 PREMESSE:
1) le MATERIE TRASVERSALI
2) i PRINCIPI GENERALI
come limiti all’esercizio discrezionale del
potere legislativo
1) le materie trasversali
Tra le materie attribuite alla competenza esclusiva statale, ve ne sono alcune di carattere trasversale, che fanno
riferimento non ad oggetti precisi, ma a finalità che devono essere perseguite e che pertanto si intrecciano con una
pluralità di altri interessi, incidendo in tal modo su ambiti di competenza concorrente o residuale delle regioni
(sentenza Corte cost. n. 171/2012). Si parla anche di materie- funzioni o materie-valori.
Le principali materie trasversali sono:
- tutela della concorrenza¸ materia che l'intendimento del legislatore costituzionale del 2001 ha lo scopo di
unificare in capo allo Stato strumenti di politica economica che attengono allo sviluppo dell'intero Paese (sentenza
Corte cost. n. 14/2004); tale materia “si caratterizza dunque per la natura funzionale […] e vale a legittimare
l’intervento del legislatore statale anche su materie, sotto altri profili, di competenza regionale (sentenza Corte
cost. n. 345/2004);
- tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, con riferimento alla quale la Corte costituzionale afferma che “non si può
discutere di materia in senso tecnico, perché la tutela ambientale è da intendere come valore costituzionalmente
protetto, che in quanto tale delinea una sorta di «materia trasversale», in ordine alla quale si manifestano
competenze diverse, anche regionali, fermo restando che allo Stato spettano le determinazioni rispondenti ad
esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale” (sentenza Corte cost. n. 171/2012);
- determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere
garantiti su tutto il territorio nazionale, non è una materia in senso stretto, ma “una competenza del legislatore
statale idonea ad investire tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme
necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come
contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle (sentenza
Corte cost. n. 282/2004).
Anche alcune delle materie di competenza concorrente presentano un carattere trasversale, che consente alla
legislazione statale di incidere, sia pure solo con norme di principio, su materie rimesse alla legislazione residuale
delle regioni.
In particolare la materia del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario: per la Corte
costituzionale costituiscono principi fondamentali della materia le norme che “si limitino a porre obiettivi di
riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo della spesa corrente
e non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi” (sentenza
Corte cost. n. 193/2012).
2) i Principi generali
Tra i principali:
Principio di RAGIONEVOLEZZA
Nel rispetto dell’art. 28 della legge 11 marzo 1953, n. 87 : “ Il controllo di legittimità della Corte
costituzionale su una legge o un atto avente forza di legge esclude ogni valutazione di natura politica e
ogni sindacato sull’uso del potere discrezionale del Parlamento”, la Corte costituzionale ha ritenuto che
«Uno scrutinio che direttamente investa il merito delle scelte del legislatore, è possibile soltanto ove
l’opzione normativa contrasti in modo manifesto con il canone della ragionevolezza, vale a dire si
appalesi, in concreto, come espressione di un uso distorto della discrezionalità, che raggiunga una soglia
di evidenza tale da atteggiarsi alla stregua di una figura, per così dire, sintomatica di eccesso di potere e,
dunque, di sviamento rispetto alle attribuzioni che l’ordinamento assegna alla funzione legislativa”»
(sentenza Corte cost. n. 313 del 1995).
Principio di UGUAGLIANZA E NON DISCRIMINAZIONE
Secondo la Corte costituzionale «La valutazione della rilevanza delle diversità di situazioni in cui si trovano
i soggetti dei rapporti da disciplinare non può non essere riservata al potere discrezionale del legislatore,
salva l'osservanza dei limiti stabiliti nel primo comma dell‘ art. 3 della Costituzione, ai sensi del quale le
distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche e di condizioni personali e
sociali non possono essere assunte quali criteri validi per la adozione di una disciplina diversa.» (sentenza
Corte cost. n.28/1957)
Principio di PROPORZIONALITA’
Principio applicato dai giudici comunitari, secondo il quale nel sindacato giurisdizionale sull’esercizio della
competenza da parte del legislatore comunitario chiamato a effettuare valutazioni complesse, il giudice deve
limitarsi ad esaminare se esso non sia inficiato da errore manifesto o sviamento di potere o se il
legislatore non abbia manifestamente oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale. Verifica inoltre
che il legislatore abbia fatto ricorso allo strumento che permette di ottenere l’obiettivo prefissato con il
minor sacrificio possibile di altri diritti o interessi costituzionalmente protetti.
materia: AMBIENTE
art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. (competenza legislativa esclusiva dello Stato)
Il giudice costituzionale precisa che «la disciplina unitaria e complessiva del bene ambiente inerisce ad un
interesse pubblico di valore costituzionale “primario” ed “assoluto”, e deve garantire (come prescrive il
diritto comunitario) un elevato livello di tutela, come tale inderogabile dalle altre discipline di settore. Si
deve sottolineare, tuttavia, che, accanto al bene giuridico ambiente in senso unitario, possono coesistere
altri beni giuridici aventi ad oggetto componenti o aspetti del bene ambiente, ma concernenti interessi
diversi, giuridicamente tutelati. Si parla, in proposito, dell'ambiente come “materia trasversale”, nel senso
che sullo stesso oggetto insistono interessi diversi: quello alla conservazione dell'ambiente e quelli inerenti
alle sue utilizzazioni». In tali circostanze, «la disciplina unitaria di tutela del bene complessivo ambiente,
rimessa in via esclusiva allo Stato, viene a prevalere su quella dettata dalle Regioni o dalle Province
autonome, in materia di competenza propria, che riguardano l'utilizzazione dell'ambiente, e, quindi, altri
interessi. Ciò comporta che la disciplina statale relativa alla tutela dell'ambiente “viene a funzionare come
un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro
competenza”, salva la facoltà di queste ultime di adottare norme di tutela ambientale più elevate
nell'esercizio di competenze, previste dalla Costituzione, che vengano a contatto con quella
dell'ambiente».
È evidente che quando ci si riferisce all'ambiente, così come attribuito alla competenza legislativa esclusiva
dello Stato dalla lettera s) del secondo comma dell'art. 117 Cost., le considerazioni attinenti a tale materia
si intendono riferite anche a quella, ad essa strettamente correlata, dell'“ecosistema”. Peraltro, anche se i
due termini esprimono valori molto vicini, la loro duplice utilizzazione, nella citata disposizione
costituzionale, non si risolve in un'endiadi, in quanto col primo termine si vuole, soprattutto, fare
riferimento a ciò che riguarda l'habitat degli esseri umani, mentre con il secondo a ciò che riguarda la
conservazione della natura come valore in sé. (sentenza Corte cost. n. 12/2009)
continua materia: AMBIENTE
La Corte cost. sul tema della “tutela dell'ambiente” pone in evidenza i contenuti più rilevanti e le correlate
precisazioni terminologiche.
Il primo problema che si pone è quello della individuazione della materia di cui si tratta ed a tal fine per la
Corte cost. occorre guardare all'oggetto della disciplina (statale o regionale), nonché alla sua ratio,
confrontandola con l'elenco contenuto nell'art. 117 Cost. A proposito della materia “tutela dell'ambiente”,
è da osservare che essa ha un contenuto allo stesso tempo oggettivo, in quanto riferito ad un bene,
l'ambiente, e finalistico, perché tende alla migliore conservazione del bene stesso. L'individuazione nei
termini appena descritti della materia tutela dell'ambiente pone in evidenza un dato di rilevante
importanza: sullo stesso bene (l'ambiente) “concorrono” diverse competenze, le quali, tuttavia, restano
distinte tra loro, perseguendo autonomamente le loro specifiche finalità attraverso la previsione di diverse
discipline.
Questo fenomeno evidenzia che, secondo il disegno del legislatore costituzionale, da una parte sono
affidate allo Stato la tutela e la conservazione dell'ambiente, mediante la fissazione di livelli «adeguati e
non riducibili di tutela» e dall'altra compete alle Regioni, nel rispetto dei livelli di tutela fissati dalla
disciplina statale, di esercitare le proprie competenze, dirette essenzialmente a regolare la fruizione
dell'ambiente, evitando compromissioni o alterazioni dell'ambiente stesso.
In questo senso può dirsi che la competenza statale, quando è espressione della tutela dell'ambiente,
costituisce “limite” all'esercizio delle competenze regionali.
A questo proposito, è peraltro necessario precisare che, se è vero che le Regioni, nell'esercizio delle loro
competenze, non debbono violare i livelli di tutela dell'ambiente posti dallo Stato, è altrettanto vero, che,
una volta che questi ultimi siano stati fissati dallo Stato medesimo, le Regioni stesse, purché restino
nell'ambito dell'esercizio delle loro competenze, possono pervenire a livelli di tutela più elevati, così
incidendo, in modo indiretto sulla tutela dell'ambiente.
Strettamente collegata alla tutela dell'ambiente è la tutela della salute, poiché è indubbio che la salubrità
dell'ambiente condiziona la salute dell'uomo. È da sottolineare, comunque, che le due competenze hanno
oggetti diversi: per l'appunto, l'ambiente e la salute, e che la fissazione, da parte delle Regioni, di livelli più
elevati di tutela ambientale ai fini della tutela della salute umana solo indirettamente produce effetti
sull'ambiente, che è già adeguatamente tutelato dalle norme statali.
Tale possibilità è, peraltro, esclusa nei casi in cui la legge statale debba ritenersi inderogabile, essendo
frutto di un bilanciamento tra più interessi eventualmente tra loro in contrasto. (sentenza Corte cost. n.
225/2009)
continua materia: AMBIENTE
ALCUNI ESEMPI:
1) Secondo la giurisprudenza costituzionale, la disciplina della valutazione di incidenza ambientale
(VINCA) sulle aree protette ai sensi di «Natura 2000», contenuta nell’art. 5 del regolamento di cui
al d.P.R. n. 357 del 1997, deve ritenersi ricompresa nella «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema»,
rientrante nella competenza esclusiva statale, e si impone a pieno titolo, anche nei suoi decreti
attuativi, nei confronti delle Regioni ordinarie. In base al principio per cui le Regioni «non possono
reclamare un loro coinvolgimento nell’esercizio della potestà legislativa dello Stato in materia di
tutela ambientale, trattandosi di una competenza statale esclusiva» (sentenza n. 104 del 2008), la
Corte ha affermato che nemmeno l’obiettivo di preservare rigorosamente aree di eccezionale valore
ambientale sia sufficiente a legittimare l’intervento del legislatore regionale in materia di VINCA,
«neppure con l’argomento dell’assicurazione per il suo tramite, in via transitoria o definitiva, di una
più elevata tutela dell’ambiente» (sentenza n. 67 del 2011). Alla luce di tali orientamenti
giurisprudenziali deve, a maggior ragione, escludersi che il legislatore regionale possa
legittimamente adottare una disposizione che esenta alcune tipologie di interventi dalla valutazione
di incidenza ambientale, con conseguente affievolimento della tutela dell’ambiente e
dell’ecosistema. (sentenza Corte cost. n. 38/2015)
2) Secondo la giurisprudenza costituzionale, la disciplina dei rifiuti «si colloca nell’àmbito della
tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost., anche se interferisce con altri interessi e competenze, di modo
che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero
territorio nazionale (sentenza Corte cost. n. 269/2014)
3) La Corte costituzionale afferma, in due recenti decisioni (sentenze n. 70 del 2014 e n. 300 del
2013), che la disciplina delle procedure per lo smaltimento delle rocce e terre da scavo attiene al
trattamento dei residui di produzione ed è perciò da ascriversi alla «tutela dell’ambiente», affidata
in via esclusiva alle competenze dello Stato, affinché siano garantiti livelli di tutela uniformi su tutto
il territorio nazionale. Nelle medesime decisioni, la Corte ha altresì chiarito che in materia di
smaltimento delle rocce e terre da scavo non residua alcuna competenza – neppure di carattere
suppletivo e cedevole – in capo alle Regioni e alle Province autonome in vista della semplificazione
delle procedure da applicarsi ai cantieri di piccole dimensioni. (sentenza Corte cost. n. 232/2014)
continua materia: AMBIENTE
4) La Corte ha precisato che la disciplina degli scarichi in fognatura attiene alla materia
dell’ambiente, di competenza esclusiva statale (ex plurimis, sentenze n. 187 e n. 44 del 2011). Di
conseguenza, alle Regioni non è consentito intervenire in tale ambito, specie se l’effetto è la
diminuzione dei livelli di tutela stabiliti dallo Stato (ex plurimis, sentenza n. 225 del 2009). La Corte
ha inoltre precisato che la previsione del silenzio-assenso dell’amministrazione alla scadenza di un
termine più breve, rispetto a quello stabilito dalla legislazione statale, per la decisione su istanze di
autorizzazione, determina livelli inferiori di tutela in materia ambientale (ex plurimis, sentenza n.
315 del 2009), con conseguente illegittimità delle relative disposizioni regionali. (sentenza Corte
cost. n. 209/2014).
materia: CONCORRENZA (TUTELA DELLA)
art. 117, secondo comma, lett. E), Cost. «TUTELA DELLA CONCORRENZA», (competenza
legislativa esclusiva dello Stato)
-
La giurisprudenza costituzionale è costante nell’affermare che la nozione di concorrenza di cui al secondo comma,
lettera e), dell’art. 117 Cost. riflette quella operante in ambito comunitario e comprende: a) sia gli interventi
regolatori che a titolo principale incidono sulla concorrenza, quali: le misure legislative di tutela in senso proprio,
che contrastano gli atti ed i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull’assetto concorrenziale
dei mercati e che ne disciplinano le modalità di controllo, eventualmente anche di sanzione; b) sia le misure
legislative di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l’apertura, eliminando barriere
all’entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione
tra imprese, rimuovendo, cioè, in generale, i vincoli alle modalità di esercizio delle attività economiche (ex multis,
sentenze n. 270 e n. 45 del 2010, n. 160 del 2009, n. 430 e n. 401 del 2007).
In questa seconda accezione, attraverso la «tutela della concorrenza», vengono perseguite finalità di ampliamento
dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese, queste ultime anche quali fruitrici, a loro volta, di beni e di
servizi (sentenza n. 401 del 2007).
Come questa Corte ha più volte osservato, «Si tratta dell’aspetto più precisamente di promozione della
concorrenza, che costituisce una delle leve della politica economica statale e, pertanto, non può essere intesa
soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche
in quell’accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre
squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali»
(sentenze n. 80 del 2006, n. 242 e n. 175 del 2005, n. 272 e n. 14 del 2004).
Si è già precisato che la materia «tutela della concorrenza», dato il suo carattere «finalistico», non è una «materia
di estensione certa» o delimitata, ma è configurabile come «trasversale», corrispondente ai mercati di riferimento
delle attività economiche incise dall’intervento e in grado di influire anche su materie attribuite alla competenza
legislativa, concorrente o residuale, delle regioni (sentenze n. 80 del 2006, n. 175 del 2005, n. 272 e n. 14 del
2004).
Pertanto, in questa accezione «dinamica» della materia «tutela della concorrenza», – ricomprendente le misure
dirette a promuovere l’apertura di mercati o ad instaurare assetti concorrenziali, mediante la riduzione o
l’eliminazione dei vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e alle modalità di esercizio delle attività
economiche –, è consentito al legislatore statale intervenire anche nella disciplina degli orari degli esercizi
commerciali che, per ciò che riguarda la configurazione «statica», rientra nella materia commercio attribuita alla
competenza legislativa residuale delle Regioni (sentenza della Corte cost. n. 299/2012)
materia: CULTURA
- art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. «TUTELA DEI BENI CULTURALI», (competenza
legislativa esclusiva dello Stato)
- art. 117, terzo comma, Cost.«VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI E
PROMOZIONE E ORGANIZZAZIONE DI ATTIVITA’ CULTURALI», (competenza legislativa
concorrente Stato-Regioni)
La tutela dei beni culturali, inclusa nel secondo comma dell'art. 117 Cost. sotto la
lettera s) tra quelle di competenze legislativa esclusiva dello Stato, è materia che
condivide con altre alcune peculiarità. Essa ha un proprio ambito materiale, ma nel
contempo contiene l'indicazione di una finalità da perseguire in ogni campo in cui
possano venire in rilievo beni culturali. Essa costituisce anche una materia-attività,
condividendo alcune caratteristiche con la tutela dell'ambiente, non a caso ricompresa
sotto la stessa lettera s) del secondo comma dell'art. 117 della Costituzione. In
entrambe assume rilievo il profilo teleologico della disciplina.
Ai fini del discrimine delle competenze, ma anche del loro intreccio nella disciplina dei
beni culturali, elementi di valutazione si traggono dalle norme del decreto legislativo
22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e paesaggistici). Tale testo legislativo
ribadisce l'esigenza dell'esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali (art.
4, comma 1) e, nel contempo, stabilisce, però, che siano non soltanto lo Stato, ma
anche le Regioni, le città metropolitane, le province e i comuni ad assicurare e
sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a favorirne la pubblica fruizione e
la valorizzazione (art. 1, comma 3). (sentenza Corte cost. n. 232/2005).
continua materia: CULTURA
Per la Corte cost., la materia concernente la “valorizzazione dei beni culturali e
ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali”, affidata alla legislazione
concorrente di Stato e Regioni, ricomprende senza dubbio nella sua seconda parte,
nell'ambito delle più ampie attività culturali, anche le azioni di sostegno degli spettacoli.
Nell'attuale sistema costituzionale l'art. 117, comma terzo, Cost., contempla la materia
della “promozione ed organizzazione di attività culturali” senza esclusione alcuna, salvi
i soli limiti che possono indirettamente derivare dalle materie di competenza esclusiva
dello Stato ai sensi del secondo comma dell'art. 117 Cost. (come, ad esempio, dalla
competenza in tema di “norme generali sull'istruzione” o di “tutela dei beni culturali”).
Ciò comporta che ora le attività culturali di cui al terzo comma dell'art. 117 della
Costituzione riguardano tutte le attività riconducibili alla elaborazione e diffusione
della cultura, senza che vi possa essere spazio per ritagliarne singole partizioni come lo
spettacolo.
Questo riparto di materie evidentemente accresce molto le responsabilità delle Regioni,
dato che incide non solo sugli importanti e differenziati settori produttivi riconducibili
alla cosiddetta industria culturale, ma anche su antiche e consolidate istituzioni
culturali pubbliche o private operanti nel settore (come, ad esempio e limitandosi al
solo settore dello spettacolo, gli enti lirici o i teatri stabili); con la conseguenza, inoltre,
di un forte impatto sugli stessi strumenti di elaborazione e diffusione della cultura (cui la
Costituzione, non a caso all'interno dei “principi fondamentali”, dedica un significativo
riferimento all'art. 9). (sentenza n. 255/2004)
materia: FORMAZIONE PROFESSIONALE
- art. 117, quarto comma, Cost., (competenza legislativa residuale delle Regioni)
Con l’entrata in vigore della revisione costituzionale dell’art. 117 Cost., la formazione professionale è divenuta oggetto di
potestà legislativa residuale delle Regioni (sentenza n. 50 del 2005; in seguito, tra le altre, sentenze n. 269 del 2010, n. 250
del 2009, n. 213 del 2009, n. 328 del 2006). Il nucleo di tale competenza, che in linea di principio non può venire sottratto al
legislatore regionale, perciò – al di fuori del sistema scolastico secondario superiore, universitario e post-universitario – cade
sull’addestramento teorico e pratico offerto o prescritto obbligatoriamente (sentenza n. 372 del 1989) al lavoratore o
comunque a chi aspiri al lavoro: in tal modo, la sfera di attribuzione legislativa regionale di carattere residuale viene a
distinguersi sia dalla competenza concorrente in materia di istruzione (sentenza n. 309 del 2010), sia da quella, anch’essa
ripartita, in materia di professioni (art. 117, terzo comma, Cost.), nel quadro della esclusiva potestà statale di dettare le
norme generali sull’istruzione (art. 117, secondo comma, lettera n, Cost.). L’attività di «addestramento del lavoratore, per
iniziativa di un soggetto pubblico e fuori dall’ordinamento universitario, finalizzato precipuamente all’acquisizione delle
cognizioni necessarie all’esercizio di una particolare attività lavorativa» (sentenza n. 250 del 2009), inerisce tradizionalmente
alle competenze delle autonomie territoriali, ed è stata oggetto di legislazione regionale finanche anteriormente alla revisione
del Titolo V della Parte II della Costituzione.
Già la legge 21 dicembre 1978, n. 845 (Legge-quadro in materia di formazione professionale) aveva accolto, anche a tal fine,
una nozione estremamente ampia di formazione professionale, intesa come l’insieme degli interventi «finalizzati alla
diffusione delle conoscenze teoriche e pratiche necessarie per svolgere ruoli professionali e rivolti al primo inserimento, alla
qualificazione, alla riqualificazione, alla specializzazione, all’aggiornamento ed al perfezionamento dei lavoratori, in un quadro
di formazione permanente» (art. 2, comma 1). In seguito, l’art. 141 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15
marzo 1997, n. 59), al fine di ripartire le funzioni amministrative in materia di formazione professionale tra livelli di governo,
ha ulteriormente ampliato la definizione della materia, affermando che «agli effetti del presente decreto legislativo, per
“formazione professionale” si intende il complesso degli interventi volti al primo inserimento, compresa la formazione
tecnico professionale superiore, al perfezionamento, alla riqualificazione e all’orientamento professionali, ossia con una
valenza prevalentemente operativa, per qualsiasi attività di lavoro e per qualsiasi finalità, compresa la formazione impartita
dagli istituti professionali, nel cui ambito non funzionano corsi di studio di durata quinquennale per il conseguimento del
diploma di istruzione secondaria superiore, la formazione continua, permanente e ricorrente e quella conseguente a
riconversione di attività produttive. Detti interventi riguardano tutte le attività formative volte al conseguimento di una
qualifica, di un diploma di qualifica superiore o di un credito formativo, anche in situazioni di alternanza formazione-lavoro.
Tali interventi non consentono il conseguimento di un titolo di studio o di diploma di istruzione secondaria superiore,
universitaria o post-universitaria se non nei casi e con i presupposti previsti dalla legislazione dello Stato o comunitaria, ma
sono comunque certificabili ai fini del conseguimento di tali titoli». (sentenza Corte cost. n. 108/2012)
materia: ISTRUZIONE
- art. 117, secondo comma, lett. n), Cost. «NORME GENERALI SULL’ISTRUZIONE»,
(competenza legislativa esclusiva dello Stato)
- art. 117, terzo comma, Cost.«ISTRUZIONE, SALVA L’AUTONOMIA DELLE ISTITUZIONI
SCOLASTICHE E CON ESCLUSIONE DELLA ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE»,
(competenza legislativa concorrente Stato-Regioni)
Nella materia dell'istruzione si intrecciano «norme generali, princípi fondamentali, leggi
regionali», oltre che «determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche».
In tale contesto assume particolare importanza la individuazione di una precisa linea di
demarcazione tra le “norme generali sull'istruzione” e i “princípi fondamentali” di tale materia,
atteso che le prime sono espressive di competenza legislativa esclusiva dello Stato e i secondi di
competenza, pure statale, ma nel quadro di una competenza di tipo concorrente con quella
regionale.
Al riguardo, prendendo le mosse dal complesso di disposizioni costituzionali e legislative qualificate
espressamente quali norme generali sull'istruzione, alla luce dei principi enunciati dalla
giurisprudenza della Corte cost., può ritenersi che appartengono a tale categoria quelle disposizioni
statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di
essere applicate in modo necessariamente unitario ed uniforme in tutto il territorio nazionale,
assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli
utenti che fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché
la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali in possesso dei requisiti
richiesti dalla legge. In questo ambito si colloca anche la disciplina relativa alla «autonomia delle
istituzioni scolastiche», facenti parte del sistema nazionale di istruzione, autonomia cui fa espresso
riferimento il terzo comma dell'art. 117 della Costituzione.
Le norme sin qui richiamate - che, dettando discipline che non necessitano di ulteriori svolgimenti
normativi a livello di legislazione regionale, delineano le basi del sistema nazionale di istruzione sono funzionali, anche nei lori profili di rilevanza organizzativa, ad assicurare, mediante la previsione
di una offerta formativa sostanzialmente uniforme sull'intero territorio nazionale, l'identità culturale
del Paese, nel rispetto della libertà di insegnamento di cui all'art. 33, primo comma, Cost. (sentenza
Corte cost. n. 200/2009)
continua materia: ISTRUZIONE
Appartengono, invece, alla categoria delle disposizioni espressive di princípi
fondamentali della materia dell'istruzione, anch'esse di competenza statale, quelle
norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la
esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di
fruizione del servizio dell'istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura
essenziale del sistema d'istruzione che caratterizza le norme generali sull'istruzione,
dall'altro, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione)
dell'intervento del legislatore regionale il quale deve conformare la sua azione
all'osservanza dei principi fondamentali stessi.
In particolare, lo svolgimento attuativo dei predetti principi è necessario quando si tratta
di disciplinare situazioni legate a valutazioni coinvolgenti le specifiche realtà territoriali
delle Regioni, anche sotto il profilo socio-economico. In questa prospettiva viene in
rilievo sia il settore della programmazione scolastica regionale sia quello inerente al
dimensionamento sul territorio della rete scolastica.
In altri termini, la funzione dei principi fondamentali è quella di costituire un punto di
riferimento in grado di orientare l'esercizio del potere legislativo regionale.
La legislazione delle Regioni è adottata nell'ambito di scelte che, legate a valutazioni
coinvolgenti le specifiche realtà territoriali delle Regioni, anche sotto il profilo socioeconomico, operino nel quadro di una discrezionalità volta a garantire la diretta
presenza delle Regioni medesime nella disciplina del servizio scolastico sul territorio, nel
rispetto dei princípi fondamentali fissati dal legislatore statale, nonché, ovviamente,
delle “norme generali sull'istruzione”. In questa prospettiva, dunque, la legislazione di
principio svolge una funzione di coordinamento e collegamento tra il sistema scolastico
nazionale, nella sua essenza strutturale, e gli ambiti di disciplina, connessi alle specificità
territoriali, demandati alla competenza delle Regioni (sentenza Corte cost. n. 200/2009)
materia: PROFESSIONI
art. 117, terzo comma, Cost. (competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni)
Per quanto riguarda la materia “professioni”, la giurisprudenza costituzionale è costante
nell’affermare che “compete allo Stato l'individuazione dei profili professionali e dei requisiti
necessari per il relativo esercizio” (ex multis sentenza n. 271 del 2009) e che “l'attribuzione
della materia delle “professioni” alla competenza dello Stato […] prescinde dal settore nel
quale l'attività professionale si esplica e corrisponde all'esigenza di una disciplina uniforme sul
piano nazionale che sia coerente anche con i principi dell'ordinamento comunitario“. Per la
Corte cost. in particolare, non spetta alla legge regionale né creare nuove professioni, né
introdurre diversificazioni in seno all’unica figura professionale disciplinata dalla legge dello
Stato (sentenza n. 328 del 2009), né, infine, assegnare tali compiti all’amministrazione
regionale, e in particolare alla Giunta (sentenze n. 93 del 2008, n. 449 del 2006). Infatti, la
potestà legislativa regionale si esercita sulle professioni individuate e definite dalla normativa
statale (art. 1, comma 3, del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 30, recante norme in tema
di ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell’articolo 1 della
legge 5 giugno 2003, n. 131).”
Per il giudice costituzionale “la potestà legislativa delle regioni in materia di «professioni»
deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi
profili ed ordinamenti didattici, e l'istituzione di nuovi albi è riservata allo Stato. Tale principio,
al di là della particolare attuazione che recano i singoli precetti normativi, si configura infatti
quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale (sentenza n. 230 del 2011)”.
continua materia: PROFESSIONI
ESEMPI:
1)
La legge della Regione Veneto n. 19/2006 «INTERVENTI PER LA FORMAZIONE DEGLI
OPERATORI DI DISCIPLINE BIO-NATURALI» era stata impugnata dal Governo innanzi alla Corte
costituzionale per violazione dell’articolo 117, comma 3°, Cost. per non conformità al
principio fondamentale affermato dalla giurisprudenza costituzionale e recepito dalla
normativa statale di riferimento (decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 30), secondo il quale
l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e ordinamenti didattici, è
riservata allo Stato. Con sentenza n. 300/2007 la Corte ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’intera legge in quanto contrastante con i limiti che la potestà legislativa
regionale deve rispettare nella materia concorrente delle professioni. La Corte ha ritenuto,
infatti, che attraverso tali norme sia stata individuata una nuova figura professionale, in
contrasto con il principio affermato dalla giurisprudenza costituzionale secondo cui
l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per
il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle
Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà
regionale.
2)
Quanto ai fisioterapisti, non è consentito alla legge regionale, a fronte di un profilo
compiutamente descritto dal decreto ministeriale 14 settembre 1994, n. 741 (Regolamento
concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale del fisioterapista),
sulla base dell’art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino
della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n.
421), conferire una particolare specificità al fisioterapista sportivo, giungendo a richiedere a
tal fine il conseguimento di un titolo rilasciato da enti pubblici o istituzioni sportive abilitate,
in potenziale contrasto con le competenze attribuite sul punto al Ministro dell’università e
della ricerca scientifica (art. 6, comma 3, del d. lgs. n. 502 del 1992). (sentenza Corte cost. n.
230/2011)
materia: SALUTE (TUTELA DELLA)
art. 117, terzo comma, Cost. (competenza concorrente Stato-Regioni)
Il “nuovo quadro costituzionale”, delineato dalla legge di riforma del titolo V
della parte II della Costituzione, recepisce (…) una nozione della materia ‘tutela
della salute’ “assai più ampia rispetto alla precedente materia ‘assistenza
sanitaria e ospedaliera’” Rileva, in tale prospettiva, “la stretta inerenza che le
norme presentano con l’organizzazione del servizio sanitario regionale e, in
definitiva, con le condizioni per la fruizione delle prestazioni rese all’utenza
(sentenza Corte cost. n. 54/2015)
Esempi:
- 1) La Corte cost. ha ribadito più volte che le disposizioni concernenti l’attività
sanitaria intramuraria debbono essere ricondotte alla materia della «tutela
della salute» (sentenza Corte cost. n. 54/2015).
-2) Secondo la Corte cost., la competenza regionale in materia di
autorizzazione e vigilanza sulle istituzioni sanitarie private debba senz’altro
essere inquadrata nella più generale potestà legislativa concorrente in materia
di tutela della salute, che vincola le Regioni al rispetto dei principi
fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato (sentenza Corte cost. n. 292/2012).
materia: SERVIZI SOCIALI
art. 117, terzo comma, Cost. (competenza concorrente Stato-Regioni)
Al fine di pervenire ad una delimitazione della nozione di “servizi sociali” è necessario
fare riferimento, innanzi tutto, alla legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la
realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), la quale, all'art. 1,
comma 1, nel fissare i principi generali e la finalità della legge, ha affermato che «la
Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e
servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità,
non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di
disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di
reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e
38 della Costituzione».
Il comma 2 del medesimo articolo dispone, inoltre, che per «interventi e servizi sociali si
intendono tutte le attività previste dall'articolo 128 del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112» (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni
e agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).
Il richiamato decreto legislativo n. 112 del 1998, agli artt. da 128 a 134, disciplina le
funzioni e i compiti amministrativi relativi alla materia dei servizi sociali. In particolare, il
comma 2 dell'art. 128 dispone che con tale nozione si intendono tutte le attività
relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti e a pagamento, o di
prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno o di
difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto
quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle
assicurate in sede di amministrazione della giustizia. (sentenza Corte cost. n. 287/2004)
materia: TRIBUTI
Art. 117, comma 2°, lett. e), Cost.: sistema tributario dello Stato
= competenza legislativa esclusiva dello Stato
Art. 117, comma 3°, Cost.
: coordinamento sistema tributario= competenza concorrente
La legge n. 42/2009 di delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della
Costituzione, all’art. 7, comma 1, lett. b) stabilisce che:
per tributi delle regioni si intendono:
1) i tributi propri derivati, istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle regioni;
2) le addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali;
3) i tributi propri istituiti dalle regioni con proprie leggi in relazione ai presupposti non già assoggettati ad
imposizione erariale.
Il D.Lgs. n. 68 /2011, relativo a disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario, all’art.
8 stabilisce che:
1. Ferma la facoltà per le regioni di sopprimerli, a decorrere dal 1° gennaio 2013 sono trasformati in tributi propri
regionali:
1)
la tassa per l'abilitazione all'esercizio professionale;
2)
l'imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio marittimo;
3)
l'imposta regionale sulle concessioni statali per l'occupazione e l'uso dei beni del patrimonio indisponibile;
4)
la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche regionali;
5)
le tasse sulle concessioni regionali;
6)
l'imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili (IRESA);
2. Fermi restando i limiti massimi di manovrabilità previsti dalla legislazione statale, le regioni disciplinano la tassa
automobilistica regionale.
3. Alle regioni a statuto ordinario spettano gli altri tributi ad esse riconosciuti dalla legislazione vigente alla data di
entrata in vigore del presente decreto. I predetti tributi costituiscono tributi propri derivati.
continua materia: TRIBUTI
In base alla costante giurisprudenza della Corte costituzionale, i tributi regionali derivati e le addizionali, in
quanto istituiti e regolati dalla legge statale, rientrano nella materia «ordinamento tributario dello Stato»,
che l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. riserva alla competenza legislativa statale, a nulla
rilevando che il gettito sia attribuito alle Regioni. Osservazioni analoghe valgono per i tributi regionali
«derivati», istituiti e regolati dalla legge statale ed il cui gettito è attribuito alle Regioni. La disciplina dei
tributi «derivati» istituiti con leggi statali è riservata alla legge statale, con la conseguenza che, da un lato, il
legislatore statale può introdurre norme non solo di principio, ma anche di dettaglio, e, dall’altro,
l’intervento del legislatore regionale può integrare detta disciplina solo entro i limiti stabiliti dalla
legislazione statale stessa (sentenza Corte cost. n. 121/2013)
Per l’Avvocatura dello Stato, sarebbe erroneo ritenere che la natura di tributo proprio regionale (esempio
dell’IRESA) precluda qualsiasi intervento da parte del legislatore statale. Infatti, i tributi regionalizzati
previsti dall’art. 8, primo comma, del d.lgs. n. 68 del 2011, non sarebbero completamente assimilabili ai
cosiddetti «tributi propri istituiti», previsti solo dalla legge delega sul federalismo fiscale e mai attuati.
Mentre, infatti, questi ultimi sono tributi che le Regioni istituiscono direttamente con proprie leggi in
relazione a presupposti non assoggettati ad imposizione erariale (art. 7, primo comma, lettera b), numero
3), della legge n. 42 del 2009), i tributi ai quali fa riferimento l’art. 8, sebbene disciplinati dalla normativa
regionale, per effetto di una sorta di rinuncia da parte del legislatore statale, sarebbero comunque forme di
imposizione introdotte dalla legislazione statale. (vedi sentenza Corte cost. n. 13/2015)
Le entrate tributarie delle Regioni ordinarie derivano essenzialmente da addizionali a tributi statali, da
quote di partecipazione al gettito di tributi statali e dall’intero gettito di tributi disciplinati dalla legge
statale, con la possibilità di determinazione delle aliquote – entro limiti prefissati – da parte della Regione.
Non consta, allo stato attuale della normativa regionale, la sussistenza di tributi regionali «propri» (nel
senso di tributi istituiti e disciplinati dalla Regione). Le disposizioni regionali sono riferite ai tributi regionali
c.d. «derivati», vale a dire istituiti e disciplinati con legge statale, il cui gettito sia attribuito alle Regioni
(sentenza Corte cost. n. 32/2012).
Scarica

Competenze delle regioni a statuto ordinario