Qualche ulteriore dubbio sulle tesi di Hyman: le illusioni ottiche, le false prospettive, e gli autostereogrammi sono tutte possibili dimostrazioni del fatto che le raffigurazioni ci sono per uno spettatore che percepisca così, come noi percepiamo e che il concetto di raffigurazione non è un concetto “mind independent” come Hyman vorrebbe. Per definirlo, dobbiamo chiamare in causa il nostro sistema percettivo –il nostro reagire così a situazioni di stimolo Alla radice delle tesi della somiglianza sembra esservi tuttavia un fatto che non ha a che fare con la relazione di depiction, ma con il modo in cui tali teorie sembrano spiegare la percezione di immagine. In fondo, se la superficie pittorica è simile all’oggetto raffigurato, basta guardare ciò che c’è – la tela e i pigmenti – per risalire a ciò che non c’è: il volto raffigurato. La somiglianza ci guida nella percezione di immagine perché è una relazione che appartiene alla dimensione dell’esperienza e che ci consente di muovere dal dato alla meta del processo, dalla tela a ciò che raffigura – che denota, insomma. “For although we cannot see what a picture represents without seeing the marks of which it is composed, we can learn to perceive a depicted scene as spontaneously as we perceive the world around us—without attending to the marks on the surface, as such, in the least. […] So there is typically no need for us to attend first to the marks on a picture’s surface in order to perceive its content. But if the pictorial content of a design can be explained by resemblances in form and color between parts of the surface and the objects they depict, it does not follow that we should expect these resemblances to strike us. The content of a picture may depend on them. The content of a picture may depend on them, without the chalk, the ink or the paint – the “disinterested” paint, as Greenberg nicely call it – attracting the spectator’s attention when she perceives it” (pp. 69-70). Ma le cose stanno davvero così? Vediamo davvero la superficie della tela come insieme grezzo di dati? Può essere questo il punto di avvio di una relazione di somiglianza? Non sembra affatto ovvio che si percepisca da un lato la superficie cromatica della tela come una mera datità non strutturata, così come non sembra vero – dall’altro – che si percepisca la forma occlusiva degli oggetti che intendiamo raffigurare Tim Noble e Sue Webster Del resto, raffigurare in prospettiva è tutt’altro che facile e ci vuol del tempo per imparare…